La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Salı, Ekim 31, 2006

IL "SUGO" DELLA STORIA
(DALLA PERPETUA DI DON ABBONDIO ALLE ESCORT)



Dalla lettura congiunta dei due racconti emerge chiaramente la morale rivolta ai lettori: non sono rappresentati negativamente né i clienti (simili nella loro fede ingenua ma interessata a Don Abbondio, nella storia di Irina), né i volitivi alla don Rodrigo (come Andrej, nella storia di Olga), ma soltanto gli ingannatori, coloro che, come Misha, utilizzano l'illusione per sfruttare economicamente e sentimentalmente gli onesti guadagni delle meretrici. E' infatti solo contro Misha che dall'Olimpo il dito di Giove Punitore, per l'occasione tramutatosi da Greco a Greco-Ortodosso russo (magari pure ateo), scocca il fulmine (che colpisce a sua volta un dito).

Le genti possono dunque estrapolarvi il seguente messaggio (o, appunto "sugo" della storia, per dirla manzonianamente).
Per una prostituta può essere più dignitoso offrire servizi sessuali per un'ora piuttosto che lavorare un'intera giornata per una paga modesta compiendo attività scorrelate rispetto la propria cultura e alla propria preparazione (come accade a molti giovani) e inutile per una carriera soddisfacente. Una donna può trovare più dignitoso, anziché guadagnare poco in molto tempo (come fanno i suoi coetanei), guadagnare molto in poco tempo, offrendo le sue grazie. Scelta rispettabilissima, in quanto si tratta del suo corpo e della sua vita privata, sulla quale nessun uomo liberale ha diritto a giudicare.
Per un uomo può essere più dignitoso pagare per un momento di ebrezza, per abbandonarsi senza altre preoccupazioni, alle onde della voluttà, per trovare una donna disposta a recitare il suo “sogno estetico”, piuttosto che doversi sentire costretto dalla tradizione o dai capricci del caso a recitare la parte del giullare o del seduttore, per compiacere la vanagloria femminile, vagare per il mondo alla ricerca di un'impossibile anima gemella, o illudere con le parole dolci donzelle quando il suo unico desiderio è una notte di piacere.
Clienti e prostitute possono trovare più dignitosa e corretta la loro condotta rispetto a quella di coloro che contraggono matrimoni (legittimi) di interesse o giudicano degni di interesse solo i parner dotati di mezzi economici rilevanti o di una posizione di potere.
Per un uomo può essere più dignitoso accordarsi civilmente con una donna disposta a recitare a pagamento il suo sogno estetico per un tempo prestabilito, piuttosto che scegliere una fanciulla sedicente “onesta”, sostenere i rischi e i sacrifici, i disagi e le privazioni, caratteristici delle campagne militari che sono tipici, come reso immortale da Ovidio nei suoi esametri perfetti, dell'”Ars amandi”e poi, una volta raggiunto il suo cuore e con esso il piacere, finire per illuderla e abbandonarla. Non è forse questo “ratto ingannevole” più turpe di un accordo chiaro e onesto fra individui?!
Per una donna può essere più dignitoso dichiarare subito di volere un compenso per l'offerta del proprio corpo e dei suoi nascosti piaceri piuttosto che recitare la parte della turris eburnea, sfruttare il disio altrui per vedersi recitare la parte del giullare o del seduttore, ad esclusivo beneficio della propria vanagloria e poi, con fidanzamenti od unioni matrimoniali, ricevere di fatto molti doni e benefici economici, dando in cambio comunque la propria compagnia e il proprio corpo, infine andandosene quando il vaso della bramosia è colmo. Se ciò non è mercato del sesso, è almeno mercato dei sentimenti. Non è forse più turpe ?! Comunque si tratta di problemi su cui la sensibilità individuale è l'unica signora e nessuno, tanto meno a nome della collettività, può esprimersi al posto di un altro.

C'era forse per tutto quanto detto più comprensione ai tempi dei Romanov che ora nel 2006, quando, allorché una donna virtuale preferisce uno stimolo letterario al pc ad una cena reale con un pisquano, viene definita acida, o quando si mette ancora in dubbio la naturalità dei motivi per cui si cercano le escort, ignorando quanto di cui sopra e ai precedenti capitoli.
Probabilmente la colpa ricade anche su certe femministe, le quali considerano oggetto la donna solo perché decide di interpretare il segno estetico dell'uomo in cambio di un compenso economico (esattamente come un'attrice), oltre che ovviamente sui maschilisti i quali si vantano di esser dongiovanni irresistibili, pensano e pretendono le donne sempre pronte alla copula con loro (e senza nulla in cambio) o vogliono poter considerare come oggetti le Sacerdotesse di Venere.

Su questo ci siamo ampiamente dilungati.
Ora concludiamo solo dicendo che le considerazioni degli uni e delle altre sulle prostitute erano forse vere nell'ottocento, ma certo non oggi, ove, come dimostrato dai racconti del ciclo russo di CHIARA DI NOTTE il sacerdozio di venere è caratterizzato da una fortissima spinta soggettiva (e dunque della donna come soggetto e non oggetto, sia pur sempre, per natura, oggetto di desiderio).

Bellezze come Irina e le altre stanno alle lamentose manuela75 come le amazzoni dell'Iliade starebbero alle piagnone di Savonarola.
Mentre le seconde si ritirano dal campo (nel caso, il meretricio) piangendo e invocando punizioni dall'altro, le prime vi rimangono per adeguarlo alle loro esigenze, se necessario combattendo per difendere i propri interessi e i propri diritti e per rivolgere la situazione a proprio vantaggio.
Quello che Papa Borgia, ammirato da Nietzsche, chiamerebbe "Eros dionisiaco", il piacere puro ed assoluto (da ab-solutus-sciolto), discinto dai rapporti personali (dalla loro gestione) e dalle fatiche del corteggiamento e ridonato alla furia originaria della vita di natura cupida di sé antecedente la frammentazione in indivudui, l'ebbrezza assoluta (quella tipica dell'arte: nel meretricio si può godere dell'estasi più profonda e terribile della natura senza che il relativo tormento sconvolga la vita, gli interessi e i sentimenti dell'individuo) costituisce una parte inscindibile della sessualità.
Questa sessualità che, rotta ogni legge umana e divina (come appunto è tipico dell'ebbrezza dionisiaca) è santificata dalla pornografia
e celebrata, nel senso di messa in pratica nei corpi degli individui, attraverso la prostituzione (detta appunto: Sacro Antichissimo Culto di Venere Prosituta) in passato è stata volta solo al maschile.
Le femministe della FALSA LIBERAZIONE hanno così creduto di maledirla, considerandola negativa in sé solo per questo fatto (e se ne lamentano, appunto come moraliste piagnone degne della Firenze del Savonarola, invocando il proibizionismo e giustificando la loro illliberale volontà con una presunta mancanza di volontà soggettiva della prostituta).
Le Femministe libertarie invece ne riscoprono il valore intrinseco e la vogliono volgere ANCHE al femminile.

Un fulgido esempip è la "pornofemminista" Ovidie, per non dire di Marcela Jacub o Cathrine Millet, grandi sostenitrici della libertà di prostituirsi.

Esse se ne vogliono riappropriare per quanto appartiene anche a loro, come a tutti i viventi.
Duval e le vetero-femministe come manuela75 invece vorrebbero farci credere di essere ancora la situazione ottocentesca dell'eros dionisiaco, ma sono smentiti dalla realtà.
Ad esempio questo ciclo di racconti dalla russia, ed in particolare la storia di Irina, ci ha mostrato la prostituta come non più sottomessa senza altra scelta o possibilità, costretta dalla mancanza di altre doti o alternative valide di vita (come piacerebbe pensare a duval) o indotta e sfruttata d’altrui, bensì come una Donna emancipata dal fisico superbo e dalla cultura superiore che stabilisce e raggiunge i propri scopi (materiale e/o spirituali)
di ricchezza e di autostima usando gli uomini incantati dalla sua bellezza fuori dall’ordinario e rapiti dalla grandezza della sua arte scenica che li avvolge e li divora.

FINE

PENULTIMA PARTE

SULLE CONCLUSIONI PER GLI UOMINI DI BUONA VOLONTA'
Molti fra i lettori si saranno identificati con coloro che, nel racconto, non hanno bisogno di pagare per godere della bellezza di Irina o di Olga.
Moltissimi, fra coloro che abitualmente leggono Chiara_di_Notte nei forum, si chiederanno quale sia lo strano motivo per cui ella non consideri la norma accettare inviti e corteggiamenti dalla prima persona che "simpaticamente" le si presenta in un forum e ritenga invece preferibile, ad esempio, la compagnia delle lettere.
Tre cose si vanta di essere la maggioranza degli italiani: il commissario tecnico della nazionale di calcio, il boss del quartierino, e l'irresistibile Casanova. Il primo vanto è sempre innocuo (a meno che non ci si chiami Donadoni), il secondo lo è finché non si incontra un vero boss russo come Andrej, il terzo è invece sempre pericoloso, in quanto spinge a travisare ogni sorriso ed ogni occhiata, ad auto-illudersi e quindi a provare infinite volte l'essere disprezzati da chi si desidera e ammira, o comunque la sofferenza della delusione. Inoltre induce a comportamenti da giullare e, divenuto ormai la norma, dà la possibilità alle varie mediocri di ferirci psicologicamente, di trattarci con sufficienza o con aperto disprezzo ad ogni tentativo di approccio con loro, di suscitare ad arte il desiderio per compiacersi della sua negazione, atteggiarsi come chi ha tanti ammiratori e può fare a meno di tutti, e far così sentire colui, il quale dal trasporto verso la bellezza sarebbe portato ad affinare la propria anima e il proprio intelletto, uno dei tanti, un uomo senza qualità, un banale "scocciatore", di renderci ridicoli agli occhi nostri o degli amici o dei presenti, di sbeffeggiarci, svilirci, offenderci nel desiderio e di farsi gioco del nostro purissimo ed ingenguo trasporto verso la bellezza, di attirarci e respingerci con il solo scopo di umiliarci, di compiacere la loro vanagloria e di irriderci intimamente o pubblicamente.
Tutto per colpa della "speranza che delude sempre" (Turandot).
Tale "modus" risulta dannoso non solo per gli animi maschili più sensibili, ma anche per quelle donne non stronze che vorrebbero soltanto essere lasciate in pace o avere la possibilità di incontrare uomini per amicizia, senza che essa risulti soltanto una maschera per ottenere (gratis) i favori di cortigiana.
Causa di ciò, spesso, non è la malvalgità, bensì l'infelice "educazione sentimentale", la quale induce qualsiasi uomo, prima o poi, a sentire il "dovere" di "proporsi", o comunque di "fare qualcosa", quasi che non facendo nulla svilisse se stesso o la bellezza della donna.
E' dall'epoca del Ratto delle Sabine che i discendenti di Romolo, volenti o nolenti sentono tale "dovere".
Forse se anziché Romolo, quella sera il re fosse stato Numa Pompilio, notoriamente saggio ed avveduto, non esisterebbe questo "dovere" da parte degli uomini, ma si sa, il buon Quirino era tutto impeto ed ardore. Certo, se al suo posto vi fosse stato il Cunctator, Quinto Fabio Massimo, avremmo una bellissima società in cui le donne belle dovrebbero morire nella spasimante attesa che il cavaliere si faccia avanti. Come disse Ovidio Nell'Ars Amandi, "se noi uomini decidessimo, tutti insieme, di ritrarci, la donna, vinta, si farebbe aventi per prima". E allora forse ci sarebbe il problema inverso nell'amicizia. Purtroppo per quelli come me la società si è evoluta sotto questo punto di vista in maniera assai conservatrice, per cui il rapporto non è paritario mai, poiché gli uomini hanno sempre il dovere della conquista.
A rendere sgradevole (per entrambi) ciò quando il momento non è opportuno si aggiungono due fattori:

a) l'eccessivo uso da parte dei mezzi di comunicazione di massa (che agiscono con immagini e scene sull'inconscio, e pesantemente) di richiami sessuali tali da distorcere la prospettiva sulla sessualità (concentrandosi sulle forme perfette di donne discinte appartenenti ad un unico e schematico, nonché difficilmente reperibile, modello estetico), e da esaltarne il desiderio nell'uomo e l'importanza molto più di quanto non sia già in natura;

b) il mito dell'anima gemella da ricercare senza sosta per le vie nel mondo, tanto da non lasciar perdere in questa ricerca nessun tentativo (soprattutto con le persone con cui si instaura un minimo di armonia umana).

In realtà chi non segue i punti "a" e "b" non è ritenuto veramente uomo, lo si dice "sfigato" o "timido", se, per riconciliarsi alla vita di natura, e cogliere nel fluire dei sensi il palpito della vita universa godendo della bellezza di una donna, si rivolge alle escort, e "pigro" o "rinunciatario" se non vuole illudersi sulla possibilità di incontrare in una donna reale il vero amore, e si contenta di idealizzarlo.
Se si vuole però evitare il comportamento di chi, ad ogni incontro con una donna, cerca inesorabilmente di convincerla alla copula o all'innamoramento (e un uomo può rifiutare di assumere questo atteggiamento solo se per la copula può pensare alle puttane, e per l'amore alla sublimazione ideale, altrimenti la legge dei grandi numeri glie lo impone), si deve tener conto di quanto segue.

1) Il sesso facile non esiste, gratuitamente, giacché nessuna donna è per natura portata a bramare un uomo al primo sguardo, o a cedere a chi non le ha mostrato eccellenza. Non ha affatto il nostro stesso desiderio, ma il complementare. Ella preferirà sempre una buona lettura o una serata in compagnia di amiche o di amicizie virtuali ad una cena con uno sconosciuto che si vanta d'esser casanova e che brama le sue grazie senza voler dar nulla in cambio. Del resto anche chi, fra noi, è un vero amante della bellezza preferirà leggere dei capei d'or a l'aura sparse e dell'angelico seno in Petrarca, o evocare nei madrigali la bruna madonna delle languide e musicali rime tassiane, piuttosto che accompagnarsi ad una donna reale di aspetto mediocre.
Pretendere che una donna giovine e bella si conceda spontaneamente, facilmente e senza corrispettivo (in utilità economica o attrazione data da atteggiamenti, parole, atti soavi alle donne, e strani a ciò che nelle stesse situazioni piace primieramente agli uomini) è sinceramente irrealistico (dato soprattutto l'impari rapporto numerico fra le belle e i loro ammiratori) e chi ci crede è ingenua preda di donne che da lui e di lui potrebbero tollere ogni cosa. Il compenso da fornire alla donna in cambio del piacere dei sensi, quando non è materiale (come nel meretricio), è "spirituale" (ammesso si possa invocare qualcosa di nobile come lo spirito in quel gran giuoco di società che è l'ars amandi): sovente consiste
nell'interpretare il sogno della vanagloria femminile, nel soddisfarne il desiderio e farsi suo seduttore, concedendo alla donna una bellezza non corporale (che chiamo cor gentile), la quale si accompagni piuttosto alla conoscenza ("biltà di donna e di saccente core", diceva Guido de' Cavalcanti), alla cultura, alla squisitezza intellettuale, all'abilità di creare, con le parole, suoni e immagini tali da perdere la mente negli imperi dell'illusione e del sogno e di donare a chi ascolta, come nel rapimento estatico dell'arte, un'ebrezza inesausta dei sensi delle idee (non dunque ad altra bellezza corporale associo la fisicità di una donna, ma all'amore per la Bellezza stessa, ossia per tutto ciò che essa ha ispirato nei secoli agli uomini dotati d'intelletto e di sentire nobile, e, sopra ogni cosa, per l'idea immortale del Bello in tutte le espressioni attraverso le quali si rende sensibile agli occhi, alle orecchie, alle menti dei mortali: la poesia, la scultura, la pittura, il bel canto, la musica, le belle lettere e, ovviamente, le Donne).

2) il tentativo perseguirlo gratuitamente rende ridicoli.
Scriveva un insospettabile saggio nel 1952

"Si può vedere ogni giorno, in una via di grande città, che cosa succede quando
una ragazza appena desiderabile passa dinanzi ad un gruppo di giovani: questi la
scrutano e la seguono con lo sguardo "intenso", come se fossero tanti Don
Giovanni o degli affamati tornati dopo anni di Africa o di Artide; l’altra
mentre nelle pitture, nell’incedere, nelle vesti e così via non fa mistero di
tutta la sua qualificazione femminile, affetta un’aria di sovrana indifferenza e
di "distacco" (anche quando si tratta di una mezza calzetta, ove sarebbe
difficile trovar dell’altro, oltre la qualità biologica di esser nata, per caso,
donna); tanto che l’osservatore di simili scenette è portato a chiedersi
seriamente se l’una e gli altri non abbiano davvero nulla di meglio da pensare
per compiacersi di una simile commedia."

Dato che è cambiato tutto fuorché questo, per abolire ogni rischio di essere sessualmente deriso, devo potermi affidare al Sacro Antichissimo Culto di Venere Prostituta giacché altrimenti, per riconciliarmi alla vita di natura, sari costretto a cercare sempre l’approccio con ogni donna dalle parvenze simili al mio sogno estetico, concedendo a molte “stronze” la possibilità di trattarmi con sufficienza, disprezzo o irrisione, quando invece non voglio ciò succeda nemmeno al primo sguardo. Certo potrei testarle tutte e mandare a quel paese le “stronze” ma in primis esse avrebbero comunque la possibilità di ferirmi psicologicamente (dato che un minimo contatto è necessario nel tentativo), di compiacere la loro vanagloria e di irridermi intimamente o pubblicamente (anche se sarebbe solo un episodio, ma gli episodi feriscono) ed io voglio evitare ciò, in secundis anche nei casi di non stronzaggine non è piacevole subire rifiuti e non mi piace il modus vivendi di tentare N volte con N donne diverse per sperare nella n+1 esima (non sono un tester), in tertio non sono a disagio solo quando donna fa la stronza, ma anche solo quando le situazioni la pongono in condizione di poterlo essere (poi posso anche liberamente decidere di corteggiare e rischiare, ma, se ho l'alternativa, almeno lo faccio in libertà e solo le volte che mi sento preparato a ciò, molto più rare di quelle in cui desidero, e, soprattutto, nulla mi trattiene da lasciar perdere se avverto sufficienza o prepotenza nella donna, come invece non sarebbe se non vi fossero alternative metodologiche). Il corteggiamento, come detto, almeno al primo stadio, quello in cui le virtù dell’uomo (soprattutto d’intelletto) non possono ancora esser rese evidenti, è uo di questi casi, soprattutto nei luoghi di barbaro divertimento come le discoteche, nei quali l’uomo virtuoso è ridotto a un nulla, poiché non può esercitare e sfoggiare le sue fondamantali qualità, ossia la cultura e l’eloquenza. In questi luoghi di perdizione, dove volteggiano figure di donna impenetrabili e intangibili, come le ombre dei gironi danteschi, l’impossibilità di ottenere dannunzianamente l’amanza alimenta insani desii.

3) Tale tentativo e la sciocca credenza che alle donne interessi il sesso "libero" allo stesso modo dà troppe possibilità di divertimento alle "stronze".
Mentre una giovane donna è apprezzata e disiata, come Beatrice, al primo sguardo ("benigna sen va sentendosi laudare") un giovinotto ha necessità di una "occasione" per dare sfoggio di quelle virtù che potrebbero renderlo gradito agli occhi dell'amata. Questo fa sì che vi sia una chiara disparità nel rapporto (tale disparità è il vero motivo della ricerca di sacerdotesse di Venere da parte degli uomini gaudenti). Non sempre l'occasione esiste (e se esiste, proprio per la sua cruciale rarità, ha spesso la tensione di un esame, non certo il piacere di un divertimento). Non sempre l'occasione è facile (per valutazioni numeriche e di circostanza). Quasi mai: più probabile che le virtù possedute, anche se reali, non siano la vera chiave del consenso di lei (bisognerebbe essere fortunati ad avere in tasca proprio la chiave della porta desiderata) o che, anche qualora lo siano, non riescano ad essere estratte dalla tasca, o vengano perdute nel buio della mediocrità dei divertimenti di massa o nella confusione delle banalità moderne. Spesso dunque il disio resta unilaterale ed allo stadio di illusione. Eppure l'incantamento estetico-amoroso rimane reale per l'uomo, giacché è parte della natura.
Qualsiasi uomo scorga fra le parvenza la bella dama, tosto è spinto verso di lei da quella stessa forza che muove le stelle scorrenti del cielo, che spinge la fiera per i boschi a seguitare la femmina, che fa sbocciare ad arte i fiori laddove la bellezza fiorosce, che ricopre i nidi di piccole rondini e manda pel mondo le colombe e i conigli a Venere santi.
La vita si propaga per istinto (“Aeneadum Genitrix, hominum divumque voluptas, Alma Venus caeli subter labentia signa, quae mare navigerum, quae terre frugiferentis…”) l’arte si genera dall’istinto, i versi sgorgano dagli animi bramosi dei poeti che rimirano le dame.
“Desìo degli uomini e piacere degli dèi, Alma Venere che sola dai alimento alla vita, senza Te nulla può sorgere sotto le stelle scorrenti del cielo o alle radiose piagge della luce. Tu fai che il mare sia sparso di navi e le terre siano feconde di messi: tra i viventi di ogni essere nuovo Tuo è il merito se viene concepito, se ha nascita e se vede la luce; Te, o Dea, fuggono i venti quando arrivi, e le nubi del cielo; ai Tuoi piedi ad arte la terra fa spuntare fragranti i suoi fiori, a te sorridono le distese marine, e nel cielo fatto sereno una chiara luce e diffusa sfavilla. Cosi’, non appena un giorno rivela Primavera, e dischiuso lo Zefiro fa sentire il suo soffio fecondo, sono primi gli uccelli dalle candide piume, o Divina, a dar segno di te e del tuo arrivo, il cuore scosso dalla tua forza.” (Lucrezio, "De Rerum Natura", Inno a Venere)
La donna, al contrario, proprio perché raramente desidera un uomo per la bellezza e se ne invaghisce al primo sguardo, e più facilmente ella vuole prima sondarne il valore per ammirarvi altre virtù, quali la bravura nel creare sogni e illusioni, nel far vivere all'amata "la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude", e non ultime la cultura e l'eloquenza, tutte virtù che si esplicano primieramente attraverso la capacità e l'ordine del dire, senza le qual cose la ragione stessa sarebbe vana, non rimane ammaliata da principio (lo sarà forse dopo), e resta libera di decidere senza incantamenti.
Per questo, almeno all’inizio della conoscenza, ed al contrario di quanto credon gli sciocchi, è l’uomo e non la donna a trovarsi in una condizione di debolezza. E questo chi è ben risaputo ad esempio da chi ha interpretato la escort ben (è il motivo della di lei forza contrattuale). L’uomo è già invaghito e agisce secondo i riflessi condizionati dell’istinto (seppur filtrati dalle convenzioni sociali), ed il suo intelletto e la sua immaginazione sono angustiati dal desiderio, non permettendogli, spesso, di mostrare il meglio delle proprie virtù intellettive, culturali e oratorie, né di sentirsi a proprio agio e rilassato, mentre la donna si deve ancora invaghire e la sua mente è pronta per lasciarsi inebriare "dalle parole che dici umane" o per capire l’inadeguatezza dell’aspirante amante, comunque più libera di scegliere.
E' infatti evidente che, mentre un uomo mira alla bellezza, una donna ama altre virtù, quali la capacità di dimostrare il proprio valore, di affermarsi, la capacità di far sentire alla fanciulla di vivere in una favola, l'abilità di perdere la donna negli imperi occulti del sogno, la brama di erudizione e di squisitezze intellettuali, la sete di cultura, la tensione all'eccellenza nel fare come nel dire ed altre infinite virtù che si esprimono soltanto con l'uso della parola, con la modulazione della voce, con il tempo dato al corteggiamento e che in un giovane ed inesperto non possono per forza di cose svilupparsi in quella prima età nella quale sulle donne fiorisce la bellezza.
Chi sfrutta questa situazione di debolezza maschile non già per vivere il proprio normale e legittimo corteggiamento, ma solo e soltanto per deridere l’aspirante corteggiatore di fronte a sé o ad altri, per farsi gioco e beffe di lui per ribadire con pura vanagloria la propria posizione di preminenza su di lui, e mostrargli quanto lui è insignificante e banale e sostituibile mentre lei è invece unica e da tutti idolatrata viene vista da me come una vera prepotente molestatrice.

4) Cercare la recita del sogno estetico nelle escort serve a non dover illudere, a non illudersi e a non soffrire nel reale.
L'amore "non a pagamento" esprime tutta la sua profonda crudeltà: verso le donne perché le rende potenziali vittime di continui tradimenti, i quali metteranno a dura prova la loro autostima, poiché nella bellezza (da cui nasce il desiderio verso di loro e di conseguenza derivano i loro privilegi sociali e privati) si saranno identificate, e non capiranno come il ricercare la medesima bellezza incarnata in altre donne non implichi, per il loro uomo, il rifiutare loro, e verso gli uomini, poiché la femmina, attirando tutti e respingendone la maggior parte (poiché questo significa la selezione) provocherà in essi profonda ed intima sofferenza, prima sessuale, per la frustrazione dell'inappagamento di ciò che è stato ad arte suscitato, e immediatamente dopo emotiva, per il fatto di essere rifiutati ad onta delle doti e delle caratteristiche che si sono tentate di affinare e mostrare e nelle quali si è finito per identificarsi, o di sentirsi derisi, sbeffeggiati, illusi e feriti nel desiderio, proprio in quanto in loro vi sia di più vero ed insito nelle carni, offesi e umiliati nel proprio puro e ingenuo trasporto verso la bellezza (magari messi in ridicolo, di fronte a sé o agli altri, per i propri tentativi o per il puro gusto da parte delle belle di guardarli dall'alto al basso e di farli sentire alcuni dei tanti, banali scocciatori o con il solo scopo di provocare per compiacersi del negarsi ed infoltire così le schiere di ammiratori). Questo disagio emotivo molto profondo, anche se spesso interiorizzato e ritenuto normale, si profonda facilmente in un vero e proprio disagio esistenziale, nell'osservare come l'amanza, nel cui raggiungimento si crede di identificare la propria felicità, sfugga tanto più lontano quanto più intenso è il desiderio di coglierla e più animosi si fanno i tentativi di carpirla, e nel rendersi conto di quanto tutte le nostre virtù e le nostre imprese, nelle quali abbiamo trasferito noi stessi nella speranza arcana del summum bonus, non valgono in fine né ad ottenere ciò che abbiamo bramato né a farci apprezzare dall'altra. Con i meccanismi ben noti dalla psicoanalisi e per i quali la sfera sessuale influenza fin nel vertice dello spirito le espressioni dell'uomo, questo disagio emotivo nato dal sesso e divenuto esistenziale è causa tanto (come mostrato) dell'infelicità globale dell'essere umano quanto della sua vulnerabilità nella sfera erotico-sentimentale, tanto rispetto al genio della specie (il quale la utilizza per gli scopi della natura) quanto rispetto ad una donna sufficientemente cinica e intelligente da capire come sfruttarla per per fini sia materiali (spesso soldi, ottenuti sovente in modo subdolo, ingannevoli o addirittura ricattatorio) sia "spirituali" (la vanagloria di cui sopra e su cui ci dilungheremo in seguito).
Per me l’escorting è quello che la grande tragedia attica classica era per il mondo greco: una momentanea interruzione del regno apollineo nella quale è dato all’uomo sperimentare le ebbrezze e le follie dell’insondabile regno dionisiaco senza rompere per sempre l’ordine razionale di cui è parte, provare la furia orgiastica della vita primordiale cupida di sé e antecedente la frammentazione in individui senza esserne annientato per sempre, attingere insomma dal substrato profondo e terribile dell’esistenza senza venirne distrutto; le escort sono come grandi attrici sulla scena, permettono all’uomo di vivere l’estasi senza che il relativo tormento sconvolga la vita fuori dal palco: se poi uno si fa prendere la mano pretendendo di proseguire la finzione anche fuori da "teatro" peggio per lui; i savi pagano solo il biglietto, salato ma pur sempre razionale, e godono della bellezza e della furia della natura senza essere dilaniati nella realtà; tale rappresentazione scenica permette all’uomo giusto di non essere più dipendente dalle donne che lo vorrebbero usare come strumento attraverso il disio sessuale suscitato ad arte: chi sa che può attingere all’ebbrezza pagando il biglietto alle donne non si lascia dilaniare nel reale da esse.

5) Non è normale ottenere i favori di una donzella. Non basta che vi siano motivi "ostativi" all'evento, ma devono esistere motivi validi "a favore" di esso. E tali motivi sono rari come le vincite alla roulette. Chi si ostina a giocare sui "grandi numeri" e a sperare che la prossima sia la volta buona è come il giocatore ingenuo che aspetta l'uscita di un numero in ritardo, non sapendo che i numeri non hanno memoria e che ogni volta che si rigioca la probabilità torna la stessa (bassa). E questo anche senza contare che nel mondo le roulette (e le donne) truccate (in tutti i sensi) abbondano.

6) Pagare è l'unico modo, per chi non è un Casanova vero, per avere come come amante una di quelle donne dalla bellezza tanto "alta e nova" da poter essere, in condizioni ordinarie, soltanto vagheggiate di giorno, nel sogno ad occhi aperti di chi le mira gir per via, o castamente disiate di notte, come l'imminente luna e le stelle palpitanti, dall'anima sospesa di chi, nel silenzio e nello stupore, eleva a loro lo sguardo sospirando, le quali nella vita "ufficiale" fanno magari le modelle, e per avere un'esistenza molto agiata sono disposte ad arrotondare concedendosi per una notte a clienti, invaghiti dalle loro fattezze e dalla loro classe, disposti a pagarle cifre ben superiori allo stipendio medio di un impiegato.

7) COME SI FA A CHIEDERE PERCHE'?
Pare evidente, anzi lampante, dai discorsi che le più belle e desiderate, quelle davanti alla cui parvenza "parlare null'omo pote ma ciascun sospira", proprio perché potrebbero avere qualsiasi storia con qualsiasi uomo, provano solo sovrano disprezzo per chi pensa di poter ottenere un'avventura con loro, e concedono le loro grazie solo a chi riesce, con arte sopraffina e inimitabile di parola e di gesta (sostenuta da non comuni doti di bellezza, intelletto, ricchezza o virilità, a seconda di quel che ogni donna considera più importante) a farle infatuare di sé, oppure per denaro o comunque interesse.
Se non si paga l'incantamento estetico-amoroso diviene ossessione: non si può certo pensare di dover vivere in castità o in frustrazione fino all'anima gemella....
Le donne intanto possono divertirsi perché a loro basta cedere, mentre un uomo deve sempre "fare qualcosa" per rendersi gradito agli occhi dell'amata (comunque disiata al primo sguardo: "chi è questa che vien c'ognom la mira che fa tremar di chiaritate l'aere e mena seco amor
sì che parlare null'omo pote ma ciascun sospira") o almeno (per aver speranza) recitar da giullare per far divertire la donna, o da seduttore per compiacere la sua vanagloria (anche se magari in forme moderne o anticonvenzionali).
Il proprio bisogno naturale e fisiologico o, nei casi più elevati, estetico-ideale, di bellezza non può essere appagato dai rari ed improbabili casi di incontro "gratuito".


Allora lasciamo che ogni volta si abbia quel desiderio lo si cerchi di appagare con le escort in grado di recitare il sogno estetico completo, anziché andare per le vie del mondo cercando amiche per dialogare, con la segreta speranza che poi il dialogo si trasformi in passione. Smettiamola di illuderci. Meglio l'illusione a pagamento.
Smettiamola di chiamare pigro o insicuro chi a priori rifiuta di cercare prima di tutto la comunanza di interessi, l'intesa, l'amicizia nelle donne, anche quando ha bisogno di sesso o di amore, perché "da cosa nasce cosa", e di dire che questo è il modo umano mentre l'altro (il cercare le escort per questo, e il loro elisir d'amore) sarebbe solo "consumista". Ho spiegato prima (nei punti 1 e 2) perché proprio questo criticato comportamento sia invece in grado di lasciare l'amicizia (quella vera) al libero incontrarsi delle anime, non spinte da altro interesse o da necessità "probabilistiche".

Non è pigrizia, perché da giovani ci si prova,poi però quando si vede (da esperienza proprie e altrui, dal mondo, dal cinema ecc.) che il più delle volte si perde solo del tempo o si
finisce per rendersi ridicoli (quando non capita di peggi e di soffrire
emotivamente) se si è intelligenti si cambia meta.
Anche puttanieri non si nasce, lo si diventa. Come puttane. A volte la
scelta non è data dalla libido, ma dalla ragione (è il mio caso). Io
l'ho scelto freddamente, anni fa. Non lo sono diventato per caso o
compulsivamente.
Non è pigrizia: è consapevolezza dell'irrealtà di certe situazioni
(nulla è gratis) della disparità di numeri e di desideri, e voglia di
evitare atteggiamenti inutili e alla fine, quando insistentemente ripetuti, anche non dignitosi (oltre che, nel caso di uomini sensibili come me, di evitare a priori la possibilità di lasciarmi irridere, umiliare o sbeffeggiare nel desiderio dalle stronze o comunque di farmi sentire "uno fra i tanti", un banale scocciatore, di guardarmi dall'alto al basso, di guardarmi a prima vista con sufficienza se non con aperto disprezzo, e di ferirmi in seguito emotivamente o di provocarmi disagio psicologico, soprattutto nelle situazioni "asimmetriche" in cui è evidente la bellezza ma non il suo corrispondente intellettuale, ossia il cor gentil, che solo potrebbe consentire all'uomo di star di paro a quel dono divino).
Non c’entra la paura di non riuscire: è un calcolo delle probabilità (e non venitelo ad insegnare a me), un puro calcolo razionale. Deriva da una disparità di numeri: tutti bramano la donna bella e giovane e conforme al sogno estetico dell’anima moderna (abbastanza restrittivo), mentre al contrario le donne hanno desideri più vasti, apprezzano varie virtù, varie forme e varie età dell’uomo (per cui tanti potrebbero eventualmente piacere loro), le belle (nel senso specificato) sono poche e la concorrenza è altissima, anche quelle di bellezza mediocre sono circondate da stuoli di ammiratori. E’ un rapporto di mille a una.
Deriva da una disparità di desiderio: tutti gli uomini bramano, accanto ovviamente agli altri rapporti, una notte di ebbrezza e di piacere con una dama ammaliante, mentre le donne in genere non si concedono se non per amore o per interesse, oppure perché infatuate (ossia come se fossero innamorate, per opera del seduttore che ha saputo interpretare la parte del dongiovanni conquistando la vanagloria femminile).
La probabilità diviene una su un milione, poiché non si può pretendere di pensare che proprio colei da noi bramata fisicamente sarà attratta da noi e dalle nostre eventuali doti d’intelletto e di eloquenza. Né si può pensare che colei che ci apprezzerà sarà a noi gradita fisicamente. Inoltre si potrebbero possedere doti valide e virtù deduttive, ma non quelle gradite alla donna in questione. Si possono avere tante chiavi ma delle porte sbagliate. Oppure si potrebbe avere la chiave giusta, ma potrebbe essere impossibile usarla per le circostanze inopportune (come i moderni luoghi di divertimenti in cui l’uomo d’intelletto è ridotto ad un nulla, giacché non può mostrare le sue principali doti, ossia la cultura e l’eloquenza, senza le qual cose la ragione stessa sarebbe vana, mentre la beltà muliebre è comunque resa evidente ed esplica la tutta la sua attrattiva).
E in ogni caso: perché doversi considerare in obbligo a fare qualcosa? Perché doversi sentire, in ciò che dovrebbe essere un ristoro dalle fatiche dello studio e del lavoro, sotto esame? Perché dover accettare di porre la donna, a priori, su un piedistallo, conferirle doni e offerte votive (in senso materiale o figurato), preghiere e corteggiamenti? Perché pagare comunque in moneta o in sentimento, sincerità (quando si recita da seduttori per la sua vanagloria) o dignità (quando si fa da giullari per farla divertire) per lei, e ricevendo in cambio la sola speranza? Perché dover accettare la tensione psicologica da lei imposta (attraverso il suscitare ad arte il nostro desiderio, attraverso il volerci far recitare da seduttori, attraverso il suo metterci alla prova per pura vanagloria, per diletto, per autostima o a volta anche per derisione e umiliazione)?
Anche nei casi di non stronzaggine non è comunque piacevole ricevere continuamente rifiuti come regola (non si può pretendere di pensare di essere graditi nella maggioranza dei casi).
Perché provare n volte con la speranza che la n+1 esima sia quella giusta?
Non siamo tester!
Troviamo dunque quella giusta lasciando fare al destino! Senza sforzo e senza insistenza, con serenità e fiducia in noi, senza volerci forzare né spingere gli eventi....

E' d'uopo cessare di vedere in ogni donna desiderabile la possibile amante, di illudersi ch'ella possa corrispondere il nostro profondo sentire che ci muove ad amare la sua bellezza o di tentare di illuderla con arti ingannatrici (anche perché, lasciando da parte ogni altra considerazione umana, sono pochi coloro che in esse eccellono davvero come Misha, e se neppure essi riescono ad aggirare le difese di Irina e Vlada e di altre, non vi può essere realistica speranza per i tanti sedicenti dongiovanni).
Se ella preferisce altro alla nostra compagnia o se desidera altri piaceri da quelli che noi per natura vogliamo da lei non è saggio ingannare o lasciar illudere noi o lei. Insistere o provare ogni volta ad "offrirci", come par naturale nelle italiche terre, conduce soltanto a conoscere l'affanno e la delusione reiterata (la probabilità è minima, l'errore in una simulazione di BER), con conseguente afflizione erotico-sentimentale, oppure a far conoscere alle pulcelle l'amarezza di non poter avere amici privi di secondi fini non dichiarati.
Dobbiamo dunque comportarci come se le donne che conosciamo normalmente sessualmente non esistessero
e considerare soltanto le escort come possibili attrici del nostro sogno estetico.
In tal modo otteniamo il duplice fine di far provare il duro gelo dell'indifferenza a quelle che disprezzano i propri ammiratori, punendo la loro stolta superbia, e di poter offrire un'amicizia disinteressata alle donne che invece ci sono affini per sentimento e intelletto o mostrano di meritare il nostro apprezzamento anche per doti diverse da quelle "amatorie".

Per essere indifferenti alle "stronze" e amici alle altre servono le "attrici" disposte a concedersi a pagamento (altrimenti, poiché il naturale bisogno, legato alla sfera sensitivo o sublimato a quella intellettiva, di godere della Bellezza è inderogabile, a pena di ossessione e di infelicità profonda, sarebbe la teoria della probabilità, ed in particolare la legge dei grandi numeri, ad imporci di "tentar la fortuna" con ogni donna catturi il nostro sguardo).
Sceglierle è un segno di buon senso e di buon costume sentimentale, altro che di pigrizia!

Sì, sono possibili i contatti umani anche con donne non escort, ma quelli di amicizia, mica di
godimento estetico: quello non c'è liberamente e facilmente, non c'è gratis, ma sempre legato ai fattori descritti in precedenza; mentre va assolutamente evitato qualsiasi contatto umano con le cosiddette "stronze", al fine di non dar loro possibilità alcuna, nemmeno al primo sguardo, di provocarci del male psicologico o di trattarci con sufficienza).

Fa parte dell'Etica Nicomachea evitare di agire se la possibilità (in questo caso quasi sempre chimerica) del piacere è annullata dalla probabilità (quasi sempre certezza) e realtà del dolore correlato.

Proprio chi ha mostrato l'insussistenza di certe facili realtà (vedi i dongiovanni e i gaudenti gratuiti),
Proprio chi ha fatto volare via i castelli di carta dei faciloni
vanitosi,
Proprio chi non perde occasione per mettere in ridicolo e umiliare, davanti a sé o agli altri, chi si illude di poter avere rapporti con donne del proprio livello intellettivo ed estetico,
Proprio chi disprezza colui che sbava dietro ad ogni creatura femminea vagamente assomigliante a qualcosa in grado di suscitare un palpito di desiderio, e pur di avere una speranza fa e dice cose incredibili o poco dignitose, bugie e assurdità, o non resistendo al fascino della bellezza si appresta a far da cavalier servente e diviene di fatto uno zerbino privo di personalità, o cedendo all’abbandono dei sensi si comporta in modo poco consono come un fanciullo incontinente o una lumaca che lascia la scia,
Proprio chi mostra atteggiamenti di sufficienza quando non di aperto disprezzo verso colui il quale tenta un qualsiasi approccio a fine sessuale (esplicito o implicito, diretto o sfumato), perché non le piace come la guarda bramoso, come le parla anelante, come la segue sperando,
Proprio chi rende evidente l’insussistenza dei falsi miti (l’uomo denim, l’italiano amato da tutte ecc.,
Proprio chi continua a ricordare, a raccontare e a inventare gli
infiniti modi in cui donne pari suo possono irridere nel desiderio,
mettere a disagio emotivo, sbeffeggiare pubblicamente o
psicologicamente, far sentire nullità, illudere e sbranare, o distruggere nell'intimo
i propri non graditi ammiratori e spasimanti,
Proprio chi insegna a disprezzare colui che non è all'altezza,
Proprio costei dovrà capire ed anche apprezzare questa scelta erotico-sentimentale.

Pazartesi, Ekim 30, 2006

IL MESSAGGIO SOTTESO DELL'AUTRICE

SUL MERETRICIO
Eccettuate coloro che sono costrette da qualcuno mediante minaccia o debito capestro, le quali devon chiamarsi vittime e non prostitute, le prostitute (siano esse nascoste sotto le vesti di "accompagnatrici per uomini d’affari" o sotto quelle di "ballerine") sono coloro che, anziché vendere le proprie capacità, il proprio intelletto o le proprie braccia per cifre modeste, come gli altri, preferiscono vendere piacere, spesso a cifre più elevate rispetto alle persone loro coetanee.
Se ciò sia dignitoso o meno, lecito o no, tollerabile o no, se ne valga la pena e quale sia il prezzo di questa pena, PUO' ESSERE STABILITO SOLO DALLA SINGOLA PERSONA INTERESSATA.Quello che pensano gli altri, il volgo vile, il clero, i falsi sapienti, è irrilevante.

In ciò che riguarda esclusivamente due persone adulte e consenzienti (ivi compresa, fra le altre cose, la sfera sessuale) le regole (e i principi da cui debbano essere ispirate: cosa sia dignitoso, equo, accettabile, morale, cosa debba essere il sesso, ecc.) sono stabilite da loro e solo da loro.
L'importante è che nessuna delle due persone venga costretta mediante violenza, minaccia, inganno o abuso di autorità, non già che la sua scelta sia motivata dal calcolo razionale e dell'interesse materiale piuttosto che dall'amore, dal piacere, dalla libidine, dalla vanagloria e da quant'altro, giacché si tratta di motivazioni assolutamente personali e ingiudicabili.

SUL SESSO LIBERO:
Manuela75 pensa che farsi belle e sfruttare la bellezza per i propri fini sia una mancanza di libertà.
Messer Duval pensa che una donna emancipata si debba comportare, nel desiderio, come un uomo, ossia disiando la bellezza e non facendosi bella, e ricercando incontri ogni sera (sesso libero).
Qui si confondono le scelte libere con le scelte casuali. Se per scelta libera si intende una scelta che nasce senza motivo alcuno allora la libertà non esiste nella sessualità, né maschile né femminile.
Mai come in quell'ambito gli individui sono condizionati. Il sesso, ed il piacere ad esso correlato, non è dunque mai libero nel senso di "casuale", ma sempre condizionato e motivato.
Quando non è motivato dal genio della specie lo è dall'interesse razionale.
La donna perde valore se cede al sesso facile con chi le va. Non è una questione di libertà (sesso libero non coincide con libertà sessuale, che è invece possibilità di decidere in autonomia), bensì di autostima e opportunità. Concedendosi facilmente e sovente (ancorché in maniera casuale) la donna perde quella posizione di privilegio data dal desiderio che sa suscitare. Non ottiene nulla se non il piacere reciproco e decade dal suo stato di meta "ideale", quasi irraggiungibile, che tanto potere e tanta attrattiva esercita sull’uomo (è la natura del desiderio)
Il presupposto perché il valore attribuito al "bene" che custodisce, ossia la sua bellezza, le sue grazie, la sua avvenenza, la sua capacità attrattiva (fisica e intellettuale), sia elevato è proprio che tale bene sia difficilmente reperibile. Se tutti coloro che, casualmente, non le dispiacciono possono ottenere subito le sue grazie, esse inevitabilmente sono svilite, in quanto, comportandosi tutte così, anche coloro i quali non sono graditi potranno trovare facilmente il medesimo bene. L’unico modo per rendere assolutamente nobile quel bene e degno di sacrificio è restare, come donna bella e disiata, sommamente preziosa e difficile da cogliere. Per questo si concederà solo ai migliori, intesi come coloro i quali mostrano d’innanzi a lei, nelle prove cui si sottopongono, nelle parole, nei gusti, nelle azioni, nei comportamenti, nelle scelte, e anche d’innanzi alla vita e al mondo, di saper raggiungere l’eccellenza in quella dote che ella, nel suo personale e insindacabile giudizio, ritiene precipua (di solito può essere la bellezza, l’intelligenza, la ricchezza o la virilità), oppure anche ad altri, ma in cambio di qualcosa di indubbio valore. Questo qualcosa, nel mondo mercantile, non può che essere il denaro (tanto denaro), o comunque un’agiatezza di vita: i modi sono "sociali" ma il desiderio è "naturale" (da ambo le parti). Questa è la prostituzione in senso lato (che comprende ovviamente anche l’escorting) la quale nasce non dunque da un’inferiorità della donna ma da un suo naturale privilegio e dalla voglia di mantenerlo e farlo fruttare oggettivamente. Forme più sfumate di prostituzione al di là del culto di venere e del matrimonio sono i corteggiamenti in cui per la donna si donano anche solo vaghezze materiali come gioielli da favola, vacanze in luoghi da sogno, vestiti firmati, auto sportive, oggetti di gran lusso. Tutto è vanità, ancor prima che interesse. Il denaro è, nella prostituzione non dettata dal bisogno (quindi dalle top escort alle fidanzate vip) una semplice unità di misura, ma è quella universale.
Quello che non capiscono donne come manuela (perché scomodo per sé e per la propria invidia) o non vogliono capire uomini come duval (per non sentirsi gazzelle) è il motivo profondamente psicoanalitico delle donne che si fanno belle ed usano la bellezza per autoaffermarsi.
E' una questione di autostima e di sessualità parallele: l’uomo cerca l’apprezzamento (anche economico perché oggettivo) in attività legate a quello per cui ritiene di essere ammirato dalle donne o ritiene essere l’archetipo di riferimento da perseguire e in cui identificarsi (l’intelletto, la forza, la cultura ecc.), la donna farà parallelamente la stessa cosa negli ambiti che ritiene più vicini alla sua essenza femminea (ossia la bellezza, il fascino, la seduttività) e in quello per cui sa di essere massimamente desiderata dagli uomini (la bellezza sensuale): di qui il concedersi per interesse non come necessità, ma come modo per stimare le proprie doti, per misurare il proprio valore, per avere una conferma oggettiva di sé (certo vi sarebbe il pubblico, ma le donne amanti dell’avventura e della sfida vogliono confrontarsi con ogni singolo per vedere con ciascuno fin dove si possono spingere, fino a che punto arriva il desiderio suscitato in loro: il denaro non è in questo caso un mezzo di sostentamento o anche solo di arricchimento, o, meglio, non solo di arricchimento, ma un metro di misura veritiero e inconfutabile, ché le fole e le parole degli umani volano mentre i denari restano, e tutte possono avere promesse vane e stupidi regali, mentre non è da tutte ottenere un compenso da grande artista per la propria prestazione, e l’uomo così diviene lo specchio in cui mirare riverberate le proprie attrattive, corporali e intellettuali, e con esse l’immagine della propria vanità, ma è esattamente quello che fanno gli uomini negli altri mestieri)
Vi sono sì mille altri modi per farsi pagare tanto, e sentirsi valutati economicamente, ma il denaro in quel caso non sarebbe il metro di misura di QUELLA dote in cui ogni donna per natura sa d’esser massimamente disiata e ammirata dall’essere profondo dell’uomo. E’ naturale dunque che persegua l’autoaffermazione proprio nella sua bellezza o comunque cerchi una stima oggettiva di essa.
E’ naturale che primieramente l’uomo ricerchi ed ammiri in una donna le sue belle forme, l'armonia del corpo, la vaghezza del viso e l'altre grazie corporali,
Ad ogni modo, sin dal primo istante, si vede, nella donna, la femmina, il che non è dispregiativo (almeno in un contesto in cui si parla di sessualità, non di lavoro, di studio, ecc.) e la si sceglie in base alla bellezza e i desideri profondi che sa suscitare (ma in questo caso profondo è sinonimo di istintuale, naturale, insito nelle carni, di ciò che è antico, e non di intellettuale ed elevato e frutto del pensiero). Con gli occhi dell’immaginazione e i sensi del corpo si desidera subito, con la stessa naturalità di una cascata irrompente nella calura dell’estate o di un’aurora sorgente sull’onde lucenti del mare, vivere momenti di ebbrezza e di piacere discinto da tutto e tutti (o, per chi non pone fiducia alla fugacità delle gioie terrene, di sublimare gli istinti e i desideri nella divina grandezza dell'arte, o comunque ad un livello intellettivo, in opere, suoni, immagini, nel quale possano dare piacere per più tempo di qualche minuto, e tramandare il ricordo ai posteri, ma questo è già il discorso successivo).

...E SULLA BELLEZZA
Tornando al racconto, è notevola la descrizione che l'autrice fa delle due bellezze contrapposte: quella aurea di Olga e quella bruna di Irina.
La prima è descritta, al pari della Beatrice di Dante che "benigna sen va sentendosi laudare", dall'esterno, per gli effetti che provoca sugli spettatori circostanti, mentre la seconda è narrata dall'interno, a partire dal suo modo di volersi mostrare al mondo.
Entrambe paiono eteree e impalpabili come lumi di stelle lontane, e chi, pagandole, può sognare per una notte di raggiungerle, sembra soddisfare il desiderio di cogliere un fiore particolare, una rosa del paradiso, una bellezza eccezionale, una perla rara e preziosa, una donna, insomma, la cui bellezza stia tanto in alto da non potersi raggiungere nel mondo comune. Diceva il Leopardi che l'inesperto amante rimira nel volto della luna l'effigie della donna che dentro di sé desidera. Per questo appartengo alla schiera di coloro che, ad esempio, amano, sopra ogni, cosa un'accompagnatrice alta e statuaria, come le modelle della televisione, non già per "nequitia", ma per avere il piacere di poterla contemplare "suspiciens", come direbbero i Latini (letteralmente "guardando dal basso verso l'alto"), proprio come si fa per la notturna lampa, provando quell'anelito alla bellezza, quello slancio purussimo verso l'idealità, quel senso di sospensione fra cielo e terra, quell'abbandono soave al desiderio, propri del giovincello che, nel silenzio della sera, tra sogno e realtà, rimiri nella luna la fanciulla amata. La luna, l’intatta luna, la vergine luna, la graziosa luna è, per ogni uomo nato sotto il segno del cancro, l’immagine, quasi il simbolo, della speranza vergine, incolume, dell’ignoranza completa del male, delle sventure, de’ patimenti, il fiore, insomma, primissimo della vita. Proprio il non poterle tangere, il doverle ammirare in una lontana dimensione d’incanto e di sogno avvolge quelle gioie e quelle speranze tipiche dell'animo fanciullesco con un alone di luce diffusa, con un’aurea di idealità armoniosa e beata destinata inesorabilmente a svanire a contatto con le terrestri cure. Come la luna la escort è un sogno, che si materializza solo per poche ore, sia pure a pagamento. Ciò non ne svilisce il significato, se l'arcana bellezza della donna permette lo schiudersi purissimo di quel desiderio.
Può essere bionda, come le madonne petrarchesche dagli "occhi soavi e più chiari che il sole" da far giorno seren la notte oscura", e rappresentare, nella sua chioma d’angelo magnifico, tutta la bellezza delle piagge luminose della luce e delle distese marine baciate dal sole mattutino,
e chiamarsi Olga,
può essere mora, come l'eccelsa del Poema Paradisiaco, e come l’alta e sottile creatura dalle lunghe chiome, simili alle scure acque silenziose d’un fiume segreto in una notte d’oblio, refluenti attorno al suo viso, dolce e chiaro come la luna quando riluce placida sul mare notturno, e raffigurare, tra le onde della voluttà, tutto il mistero della bocca che perde le anime e tutta la purezza di quella che dice "Ave", e nomarsi Irina:
in ogni caso il suo vero nome è poesia.
Se la Donna è come un verso, non può e non deve essere apprezzata dalla Ragione, ma deve essere amata dall’anima nell’istante in cui si fa visibile,
allora l’uomo è come la prosa ampia, elegante ed armoniosa del Boccaccio: ha bisogno di tempo e di spazio per esplicare tutto il suo fascino e deve soprattutto comunicare un senso.
Una donna potrà apprezzare un uomo dopo averlo conosciuto nel fondo dell’animo, così come si apprezza un romanziere, il suo pensiero e il suo stile, dopo aver letto le sue opere, ma per un Uomo non esiste fiamma d’amore vero che non scaturisca dalla vista, il più nobile dei sensi, come sosteneva Cavalcanti. Dall’ammirazione per la Bellezza l’uomo dotato di intelletto si eleva alla contemplazione di quel mondo Ideale dello spirito a cui ha anelato a lungo nelle sue speculazioni filosofiche o nelle sue estasi artistiche. La Donna, sacerdotessa di Citera sulla Terra, proprio come un verso perfetto, deve rispettare, nel corpo e nello spirito, nel vestire e nel guardare, nel comportamento e nelle movenze i canoni classici di armonia, di compostezza e di equilibrio, raffigurando al contempo l’elegante slancio della bellezza terrena verso quella divina con la grazia dello stelo di un giglio proteso verso la luce.

IL VERISMO DELLO STILE CHIARESCO - LA REALTA' SOCIALE
Al pari dei racconti del Verga, quelli di Chiara di Notte utilizzano il realismo dei personaggi e delle loro esperienze di vita per illuminare ed efficacemente descrivere e spiegare un'intera realtà sociale, pur senza perdere in nulla in quanto a valore artistico. Ciò significa che si è dunque raggiunto quel difficile equilibrio fra rappresentazione artistica (attinente all'universale) ed efficacia realistica (attinente al particolare) nel quale risiede ogni grande composizione letteraria romanzesca.
La realtà sociale protagonista delle due storie è quella della prostituzione d'alto livello nella Russia post-comunista. Essa viene presentata in maniera più libertaria in cui nei nostri sedicenti paesi libertari d'occidente sia dato di concepire ad anche di attuare.
Figura centrale e rappresentativa di questa realtà è la "matrona" Vlada, il cui ruolo non è certo quello della maitresse d'ottocentesca memoria, né tanto meno quello della sfruttatrice tristemente nota nei livelli più bassi della prostituzione rumena o albanese in Italia, bensì quello di una "matriuska", ossia piccola madre, nel senso più profondo che tale termine ha avuto nel paese di Caterina "La Grande". Ella appare una guida quasi "materna" per le sue giovani e ammalianti (ma all'inizio disorientate) "lavoratrici": non prende soldi da loro, ma permette loro di prenderli (e in quantità e senza imbrogli o ingiuste ruberie) dai clienti e dall'hotel. Rappresenta non lo sfruttamento, bensì l'autorità e dimostra come in un paese nel quale il comunismo, fra i molti danni, ha avuto comunque il merito di promuovere l'istruzione, l'emancipazione femminile (quella vera e pragmatica, non quella campata per aria e propagandata dal "comunismo" e dal "femminismo" italiano sessantottino) e di distruggere la morale cristiana, sradicando il pregiudizio paolino sul corpo, nemico del sesso facile e della prostituzione. Lì, come si intuisce dai racconti, l'assenza di una Chiesa forte e influente che dettasse regole morali ha portato a considerare questo mestiere come "naturale" per chi fosse abbastanza carina da poterlo esercitare.
Nell'esercizio del mestiere di accompagnatrice quale viene presentato dai racconti di Chiara di Notte si evince come esista ivi una gerarchia, ma non costrizioni, soprusi e inganni, nè sfruttamenti.
Le ragazze di Vlada dimostrano come fra le donne che scelgono la prostituzione autonomamente e consapevolmente, vi siano anche coloro la cui decisione non è motivata da bisogno economico (o da qualsivoglia forma di necessità), ma, forse dalla vanità (del vedersi ricercate, idolatrate, pagate, per una notte di ebbrezza e di piacere, cifre degne di grandi artisti), dalla necessità di autostima (vedere uomini ricchi fare letteralmente follie per loro, magari per avere l'illusione di un sentimento particolare, o uomini normali essere disposti a devolvere il loro intero stipendio per una sola notte di ebbrezza e di piacere, fornisce una conferma oggettiva della loro avvenenza) o, semplicemente dalla voglia di sfruttare il "desiderio di natura" dell'uomo (senza tuttavia ingannarlo) al fine di potersi permettere sfizi e capricci materiali (creme, vestiti firmati, gioielli, auto sportive, viaggi da sogno) altrimenti solo sognati e non certo necessari alla sopravvivenza o al soddisfacimento degli istinti,
Assodato questo, si deve concludere che il mestiere non è infamante in sé (ed è scelto infatti anche da donne "normali" in condizioni "normali") e dunque non ha in sé nulla di male nemmeno quando, nell'altro caso, viene intrapreso per risolvere condizioni economiche non "esaltanti".
Si tratta in entrambi i casi di utilizzare il sesso come mezzo, e di concedersi per calcolo anziché per sentimento, piacere o vanagloria: essendo il sesso qualcosa di intimo e personale, ognuno ha diritto a stabilire cosa debba rappresentare per sé e non può essere giudicato dall'esterno (se i patti sono chiari e non si inganna il prossimo io non vedo nulla di male, né da una parte, né dall'altra, al contrario di quanto avviene in certi rapporti "gratuiti" pieni di menzogne, illusioni create ad arte, derisioni, e sfruttamento dei sentimenti).
Nelle faccende private e soprattutto sessuali uno stato veramente liberale non dovrebbe entrare, se non per sancire che ognuno ha diritto a stabilire i propri valori e le proprie scelte e per impedire che taluni, con violenza, minaccia, inganno o abuso di autorità, impongano la propria volontà su altri.
La libertà risiede nel poter scegliere, ed il fatto che la scelta sia dettata da un interesse razionale anziché da una libidine irrazionale (come avverrebbe nel sesso gratuito) o dalla altrettanto irrazionale vanagloria (nel caso di certe dame "Oneste") non limita la libertà della scelta stessa, anzi, per me l’amplifica (dato che si può essere più facilmente schiavi delle passioni piuttosto che della ragione, Seneca docet).
Ovviamente il sesso deve essere libero nel senso che l’individuo deve poter scegliere con chi, che cosa e, secondo me, anche perché. Fra i perché vi è, di fatto, anche quello dell’interesse. Questo vale in tutte le condizioni e a tutti i livelli, laddove non vi è violenza e inganno ma la scelta è autonoma.
Stando a quanto pensano donne come manuela75 e uomini come duval, il sesso utilizzato come mezzo parrebbe invece per le femmine una strada obbligata e imboccata controvoglia, l'unico modo per ottenere "il cibo" o l'indispensabile "riparo": essi di fatto ritengono che coloro che si fanno belle per sentirsi disiate, per piacere al e per ottenere dal maschio, facciano ciò per bisogno e farebbero altrimenti (magari restando brutte) se avessero l'indipendenza economica, se fosse dato loro di "sopravvivere" con le proprie sole forze o se avessero altre doti e possibilità per affermarsi ed essere apprezzate. Non colgono come la prostituzione, (secondo quanto spiegato altrove da Madonna Chiara) sia nel senso stretto del mestiere, sia in quello lato di avere una vita agiata attraverso unioni e fidanzamenti, possa essere una SCELTA e non un bisogno (un modo per avere di +, per sfruttare un privilegio, e non già un obbligo per "non perire" o per avere il minimo indispensabile impossibile altrimenti) e come sia "naturale" sia per chi la sceglie razionalmente, sia per chi ne usufruisce mosso da desiderio naturale di bellezza, corporale e (nei casi più elevati) ideale.
Prima lo abbiamo dimostrato sotto l'aspetto della "biologia", citando Schopenhauer, in seguito (capitolo sul presunto sesso libero) lo dimostreremo riferendoci alla Psicoanalisi.
Sappiamo però che anche la spiegazione più chiara ed il racconto più veritiero saranno del tutto inefficaci con donne come manuela75 e con uomiini come duval, giacché, al di là di ogni ideologia, fa molto comodo la visione della meretrice come "poverina", "oppressa" e "costretta dalla vita", infelice senza altre doti o possibilità, alle une (le femministe) per promuovere una visione vittimistica utile a far sentire in colpa gli uomini nel loro desiderio di natura, al fine di tiranneggiarli tramite la sfera sessuale
(esattamente come ha fatto per secoli la casta sacerdotale proibizionista), agli altri (i maschilisti) per sentirsi "superiori" alle meretrici dai cui servigi dipendono e non sentire la propria posizione di "gazzella" innanzi alla "leonessa", alla quale in questa visione viene negata la posizione di libertà e di forza della scelta, nonché il poter eccellere (magari più del cliente) anche in doti diverse da quelle "corporali". E' una contraddizione solo apparente che le tesi dei maschilisti (e duval ha ampiamente dimostrato nei suoi racconti "erotici" il livello di sottomissione in cui raffigura le sue donne, nonché come esse ricoprano la funzione di mero "instrumentum" sessuale, ben diverso da quello di attrici del proprio sogno estetico attribuito loro dal
del puttaniere-poeta) siano affini per presupposti a quelle vetero-femministe. Come scriveva Nietzsche, infatti, è relativamente facile far tacere i propri sensi di colpa, ma è in possibile tacitare l'amor proprio.
Entrambe le schiere (femministe vittimiste e maschilisti prepotenti) non tengono conto come, se da un lato il bisogno muove l'evoluzione estrema e spinge l'uomo ad affinare le proprie virtù e a scoprire in sé risorse di forza e creatività impensabili prima, come mai potrebbe fare altro desiderio o libero arbitrio, e nessun desiderio è più profondo e vero e pungente e "spingente" di quello di natura (il "bisogno" naturale ha ad esempio affinato le arti ingannatorie di Misha, così come in individui parimenti bramosi ma più nobili, come ad esempio D'Annunzio, ha affinato il potere ammaliante dei versi musicali), dall'altro i vantaggi dati dalla natura, le doti che si posseggono per lettera di privilegio e non necessitano di eccessivo sforzo per fare frutti sono invece applicati appena si può, in modo scorrelato dal bisogno (ed è il caso delle ragazze di Vlada).
Detta come duval o manuela75, sembra che solo le donne (e in particolare, non si sa come, quelle giovani e belle) abbiano "quel" bisogno (ossia di lavorare e guadagnare per comprarsi il pane) e gli uomini lo sfruttino dall'altro di loro eventuali ipotetici privilegi, mentre sarebbe quasi vero il contrario (nella società pseudogalante le d. se non hanno voglia di lavorare possono quasi sempre trovare chi le mantiene o spillare soldi attraverso matrimoni, divorzi, mantenimenti intra o extra legali, mentre lo stesso non vale per l'uomo, il quale per campare deve sempre lavorare): ad ogni modo quel bisogno (lavorare per vivere) all'ordinarietà non può essere chiamato costrizione, poiché risulta il medesimo che muove il 90% delle persone ad agire nella società (è il motore del mondo capitalista individualista e mercantile): altrimenti saremmo tutti schiavi. Fare un'eccezione per le prostitute è meramente sessuofobico.
Non è vero che nessuna lo farebbe se non fosse costretta d'altrui o da bisogno (e vi sono le controprove). Inoltre tanti uomini e donne fanno per bisogno mestieri molto faticosi o degradanti o poco pagati che non sono svolti da nessuna persona appena più benestante, ma non sono per questo detti sfruttati (mentre di "puttane" ve ne sono anche fra persone mediamente benestanti, tanto uomini quanto donne). Fa parte del mondo.
Anche l'uomo, sia quello che va sia quello che non va ha dovuto provvedere (spesso con tempo e fatica, di cui magari il ricorso al meretricio è un ristoro)soddisfare lo stesso bisogno che la prostituta soddisfa vendendo il servizio carnale, e lo ha dovuto fare obbligatoriamente altrimenti, dato che per lui non esiste QUELLA possibilità. Se vuole (o ha bisogno e/o brama di) guadagnare tanto in poco tempo deve inventare metodi alternativi o accontentarsi della paga media (come possono ben fare le donne): se ci prova infrangendo la legge nessuno ha pietà di lui e dei suoi soggettivi "bisogni" di denaro ed è considerato semplicemente un ladro (non un bisognoso).
Quindi in ogni situazione dalla più normale alla più estrema la donna ha una possibilità in più, non in meno.
Questa è la verità pura e semplice il resto è moralismo (ed ha anche MENO bisogno di guadagnare poiché la sua accettazione sociale, il sorriso del prossimo, l'ammirazione degli astanti e l'interesse dell'altro sesso non dipendono, come per l'uomo, dal grado di preminenza economica o mediatica raggiunto, ma semplicemente dal suo essere, dalla sua grazia, dalla sua bellezza, a volte neanche tanto e dalla sua leggiadria).
In base a quale principio, poi, vendere i propri favori dovrebbe essere meno dignitoso che vendere il proprio intelletto o le proprie braccia o anche semplicemente il proprio tempo per la volontà altrui (di chi paga magari anche poco e per qualcosa di scorrelato al nostro studio o ai nostri interessi)? Forse che i genitali custodiscano più dignità e individualità della mente e dell'azione? E in base a quale altro principio arbitrario ottenere sesso tramite uno scambio mercantile e consensuale (da ambo le parti ritenuto "vantaggioso" o comunque più accettabile di altro) dovrebbe essere men degno di ottenerlo tramite quella supplica mascherata (e spesso ridicola o ridicolizzante per chi vi si adegua e vi si illude) che è il corteggiamento. E chi stabilisce cosa sia più o meno dignitoso o lecito mercificare? Perché la mente sì e il corpo no? O perché il corpo asessuato sì e quello sessuato no? Chi ha il diritto di dire ciò? San Paolo? Le femministe?
A me sembra che vi sia un unico motivo filosofico, il pregiudizio paolino e due motivi pratico-ideologici: per le femministe, rendere impossibile il sesso facile in modo da costringere gli uomini al corteggiamento per poi tiranneggiarli anche se non si è belle (ché le belle diverrebbero, per disparità di numeri e desiderio, irraggiungibili senza poterle più allettare con il denaro), per i maschilisti, poter dire ad ogni pié sospinto: "taci, tu, che sei solo una puttana".

Pazar, Ekim 29, 2006

...SEGUE
CRITICA LETTERARIA AL CICLO RUSSO - PARTE II













SUI CONTENUTI COMUNI AI DUE RACCONTI

Queste verità sono celate non solo dalle parole della cattiva letteratura romantica, ma, ai nostri tempi, dal falso mito del femminismo, che lascia intendere come ad un maggior grado di emancipazione per le donne si accompagnerebbe una maggior facilità per gli uomini a trovare donne belle e disponibili, basandosi sulla supposizione secondo cui le donne sarebbero pari agli uomini anche in ambito sessuale, e cercando di convincere il mondo che i differenti comportamenti (nei fatti) rispetto agli uomini siano dettati da retaggi culturali, imposizioni o convenzioni sociali o addirittura da mancanza di alternative.
Questa concezione pretende che le donne esse abbiano gli stessi desideri sessuali, la stessa pulsione verso la bellezza carnale e ideale e gli stessi comportamenti bramosi e poligami tipicamente virili, quando nella realtà effettuale ciò sarebbe invece tanto innaturale quanto, per un uomo, partorire.
Ciò inganna fortemente gli uomini più stolti (ossia i 5/6 del genere, come direbbe Schopenhauer) i quali si illudono che una donna libera sarebbe tanto sessualmente disinibita da concedersi a chi le va ogni sera (e soprattutto che ella desideri davvero ciò), attribuendo il non verificarsi di questo fatto al persistere di "cattivi pre-giudizi" sociali contro le donne che si concedono facilmente e liberamente.
Tale credenza è alimentata da alcune donne le quali, per apparire “emancipate”, fingono per l'uomo, ed in particolare per il corpo muscoloso maschile, un desiderio che non hanno, ossia che avrebbero anche tutto il diritto ad avere ed esprimere, ma che rimane inesorabilmente artefatto.
Se ciò fosse vero non vi sarebbe bisogno per gli uomini di pagare o di faticare tanto a conquistare, o pagherebbero o faticherebbero parimenti le donne. Visto che invece tanto il mercato quanto il corteggiamento funzionano a senso unico si deve dedurre che si tratta di una messa in scena di talune moderne donzelle per non “apparire da meno” dei loro coetanei maschi, per “essere al passo coi tempi”, ma senza un profondo valore istintuale e naturale.
Non è raro trovare fanciulle le quali, quando sanno d'esser udite da orecchie maschili, si scambiano apprezzamenti su giovani maschi dal fisico prestante o su possibili divertimenti serali.

Da un punto di vista meramente estetico, intellettivo o anche "ludico" come nell'esempio, è assolutamente giusto esporre con egual misura le bellezze corporali maschili e femminili.
Da un punto di vista erotico-sessuale è totalmente differente. Il corpo maschile non suscita nella donna (lo suscita forse in un altro uomo, se la sua parte omosessuale è sviluppata) lo stesso profondo, vero, cupido e creativo desiderio che quello femminile fa sorgere in petto all'uomo, fatalmente attratto dalla claritade angelica del viso, dalla figura alta, dalle chiome fluenti e lunghe, dalle linee scolpite delle membra, dalle forme dei seni rotonde, dallo slancio statuario della persona, dalla piattezza d'un ventre perfetto, dalla liscia pelle e levigata, dalle fattezze tutte d''un corpo dea, e dall'altre grazie che, come diceva Dante, "è bello tacere".
E' infatti evidente che, mentre un uomo mira alla bellezza, una donna ama altre virtù, quali la capacità di dimostrare il proprio valore, di affermarsi, la capacità di far sentire alla fanciulla di vivere in una favola, l'abilità di perdere la donna negli imperi occulti del sogno, la brama di erudizione e di squisitezze intellettuali, la sete di cultura, la tensione all'eccellenza nel fare come nel dire ed altre infinite virtù che si esprimono soltanto con l'uso della parola, con la modulazione della voce, con il tempo dato al corteggiamento e che in un giovane ed inesperto non possono per forza di cose svilupparsi in quella prima età nella quale sulle donne fiorisce la bellezza.
Di qui il primo lato della disparità.

Per gli stessi motivi, però, una donna non bella, reale o virtuale che sia, avrà, come disse Madonna Chiara in uno dei suoi primi 3d sull'immondo forum, tanto poco seguito quanto ne avrebbe un uomo brutto, stolto, povero e senza cultura, a dispetto di ogni sentimento e di ogni ulteriore qualità personale. Al contrario, un uomo, mostrandosi virtuoso, o comunque capace di imporsi in qualche modo nel mondo (se nel mondo eroico ed omerico la gloria era conseguita mostrando la propria virtù sul campo di battaglia, in un mondo capitalista come quello moderno la stessa stima è raggiunta con la capacità di produrre ricchezza ) potrà sopperire a carenze fisico-estetiche, se, come cavaliere, può dimostrare quando vale. Egli, dalla pubertà alla vecchiaia, non farà altro che cercare di trarre piacere dalla vastità multiforme dell'universo femmineo, nella misura in cui le sue possibilità glie ne daranno modo.
Di qui l'altro lato della stessa disparità.

Come scrive Nietzsche nella "Gaia Scienza":

"nonostante tutte le concessioni che sono disposto a fare al pregiudizio monogamico, non potrò tuttavia ammettere mai che si parli di uguali diritti nell'amore per l'uomo e per la donna: infatti non ce ne sono. Il fatto è che l'uomo e la donna intendono per amore ognuno qualcosa di diverso e in ambedue i sessi appartiene alle condizioni dell'amore il fatto che un sesso non presuppone nell'altro lo stesso sentimento, lo stesso concetto di amore.
[...] io penso che non si potrà superare questo contrasto di natura mediante nessun contratto sociale, neppure con la migliore volontà possibile di giustizia: benché possa essere auspicabile che quanto v'è di crudo, di terribile, d'enigmatico, di immorale in questo antagonismo non ci venga posto costantemente dinanzi agli occhi. L'amore infatti, pensato come cosa totale, grande, piena, è natura, e in quanto natura qualcosa di immorale per tutta l'eternità."

Mentre una giovane donna è apprezzata e disiata, come Beatrice, al primo sguardo ("benigna sen va sentendosi laudare") un giovinotto ha necessità di una "occasione" per dare sfoggio di quelle virtù che potrebbero renderlo gradito agli occhi dell'amata.
Questo fa sì che vi sia una chiara disparità nel rapporto. Tale disparità è il vero motivo della ricerca di sacerdotesse di Venere da parte degli uomini gaudenti.
E' anche il motivo per cui, in assenza di cacciatori, i clienti sono gazzelle e le escort leoni. Ed è ridicolo come gli uomini "denim" del forum lo neghino.
E' ridicolo soprattutto che, solo per rendere omaggio ad un pensiero sessuofobo contrario al desiderio di natura, neghino di bramare il congiungimento carnale con l'idea di bellezza attraverso la varietà delle creature viventi.

Un fanciullo brama la donzella avvenente così come un fiore sboccia, un usignolo canta, un prato fiorisce, una cascata irrompe, e quando il suo desire si volge in attività d’intelletto allora i versi e le rime scorrono con quella medesima magia propria dei prodigi di natura, come l’avvento della Primavera o il riflesso sull’onda lucente di quella conchiglia d’argento che chiamiamo Luna.

Con le escort è possibile essere (o, meglio, credere di essere) gli unici arbitri del proprio appagamento sessuale e, a prezzo di moneta, far ricadere il piacere dei sensi nel campo della certezza (o comunque del ragionevolmente probabile). Non vi è nulla di male in questo, come invece sostengono i preti, i quali in ogni tempo hanno limitato la libertà personale attraverso l'imposizione dei sensi di colpa e ora tremano per il fatto che le azioni della nostra vita (un tempo subdolamente controllata) e soprattutto le valutazioni di essa, siano nelle nostre mani.

Un uomo che vede la bella dama, e tosto la brama con tutto il sue essere, è pervaso da quello stesso fremito che mosse Jacopo da Lentini, notaio del Grande Federico II di Svevia, a inventare il metro perfetto del sonetto per celebrare la sua divina bellezza, è inondato da quello stesso languore che rende sublimi e inimitabili le Rime del Tasso, è permeato di quello stesso desire che spinse Catullo a comporre i carmi immortali di Lesbia, è invaso da quello stesso ardore che generò le novelle Rinascimentali e le rime petrarchiste di schiere di dotti dalle raffinate squisitezze intellettuali.

Raramente una donna desidera un uomo per la bellezza e se ne invaghisce al primo sguardo, più facilmente ella vuole prima sondarne il valore per ammirarvi altre virtù, quali la bravura nel creare sogni e illusioni, nel far vivere all'amata "la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude", e non ultime la cultura e l'eloquenza, tutte virtù che si esplicano primieramente attraverso la capacità e l'ordine del dire, senza le qual cose la ragione stessa sarebbe vana.
Per questo ogni uomo d'animo nobile è portato ad essere poeta o scrittore e ogni poeta e scrittore brama eternare la donna in prosa o in rima nella perfezione dell'opera d'arte.
Proprio il naturale desiderio dell’uomo nei confronti del corpo della donna ha creato l’arte, mentre il gusto delle donne boccaccesche l’ha affinata e consegnata alla Storia.
"Chi è questa che vien c'ogn'om la mira/ che fa tremar di chiaritate l'aere/ e mena seco amor sì che parlare/ null'omo pote ma ciascun sospira" esclama, con Guido Cavalcanti, chi vede la bella signorina.
Il privilegio "stilnovista" di essere amate dall'anima nel momento stesso in cui si rendono visibili dovrebbe far capire alle ragazze come il naturale disio dell’uomo per il corpo della donna sia da sempre il motore della Vera arte.

E INVECE SI DICE CHE TUTTO DIPENDE DA CAUSE "SOCIOCULTURALI"

Gli uomini come duval (e le donne non belle o invidiose, come manuela75) si convincono così che ad esempio nessuna donna si concederebbe per interesse (nella prostituzione o nel fidanzamento più o meno ufficiale) se fosse davvero libera di farlo senza, che nessuna donna userebbe il sesso come mezzo o porterebbe alle estreme conseguenze il privilegio di natura d'esseri desiderata al primo sguardo se avesse altre possibilità per affermarsi e ottenere o altre doti per farsi apprezzare, che nessuna donna porrebbe tanta cura alla propria bellezza se non fosse a ciò spinta dai modelli della televisione o da un'imposizione culturale o se avesse altri modi per essere ammirata e stimata, che in un mondo libero da pregiudizi sessisti le donne gradirebbero spettacoli di spogliarelli come gli uomini o cercherebbero al pari degli uomini il libero divertimento sessuale ed altre amenità del genere.

IN REALTA' E' TUTTO NATURA

Essere belle è per le donne altrettanto naturale quanto è per gli uomini disiare la bellezza. Sono le società talebane che proibiscono questo con motivi religioso-morali al fine(pratico) di controllare la società guidando gli individui fin nel profondo delle pulsioni e dei desideri. Un mondo libero non può dannare i desideri di natura, né i modi che uomini e donne scelgono per appagarli (o per trarre dall'appagamento di altri in essi un vantaggio individuale, come nella prostituzione libera).
La teoria femminista portata avanti da gente come manuela75 (e creduta, perché tutto sommato comoda per chi vuol sentirsi in posizione di forza, da uomini retrò come duval) riprende per motivi opposti ma uguali lo stesso principio delle teorie talebane (come del resto le crociate contro la prostituzione e la pornografia, entrambe invece, quando non imposte d'altrui, libere espressioni della sessualità individuale e collettiva). E' strano che ciò venga proposto da una donna nello stesso momento in cui altre donne, in fuga da società talebane e sessuofobiche, cercano di raggiungere, a rischio della loro stessa vita, lo stile di vita e di parvenza che tu critichi e vedono nel vestire occidentale e nel modo di farsi belle delle donne libere un simbolo ed una speranza di emancipazione.

E' naturale il desiderio che muove il maschio verso la bellezza corporale della donna, la claritade del suo viso, le sue chiome fluenti, le divine lunghezze delle membra, le rotondità del petto, lo slancio statuario del corpo, le grazie tutte della sua angelica figura, alta, e cara allo sguardo suspiciente, e della pelle liscia e levigata, soave al tatto, è altrettanto naturale il disio della femmina di corrispondere a tale ideale estetico e d'esser così da tutti rimirata, apprezzata, bramata e idolatrata al primo sguardo.

E' immediatamente conseguente ad ogni animo razionale come sia "normale" per le donne sfruttare tale desiderio per fini materiali o sentimentali, ove il verbo sfruttare non deve assumere NECESSARIAMENTE la valenza negativa di approfittare indebitamente, ma quella semplicemente di "mettere a frutto" per legittimi scopi individuali, quali possono essere quelli economici (quando ciò avviene senza inganno né costrizione, come nell'escortaggio indipendente, non contiene in sé nulla di male: diverso il caso in cui vi siano la costrizione verso di sé, come nella prostituzione coatta, oppure l'inganno nei confronti del prossimo, come in certe "donne oneste" da matrimonio o altra unione, o da ricatto sentimentale o legale + o meno occasionale: finché tutto avviene invece con chiarezza e consensualità da ambo le parti, la donna-prostituta, in senso stretto o allargato, può essere vista al pari di una "artista" che sfrutta l'amore per la bellezza di un mecenate al fine di avere compensi regali o vita agiata) esattamente come un pittore mette a frutto il dono della sua mano, il poeta quello della sua penna o, più prosaicamente, un professionista o un operaio quello del suo intelletto o delle sue braccia.

Si intuisce come per chi ha scritto il racconto commercio stesso sia lecito e nell'ordine delle cose, e quindi non possa essere condannato né dalla parte di chi vende né da quella di chi compra. Al massimo si danno giudizi di valore soggettivi riguardo alle qualità intellettuali e fisiche degli uomini, alla loro credulità e alla loro illusione di amore o di potere, mentre sono invece i predati della catena alimentare.

Non siamo noi a scegliere cosa soddisfare: noi scegliamo solo i mezzi e i modi.
E' la natura stessa che ci indica cosa ci piace, non possiamo farci piacere qualcosa ad arbitrio, almeno nei bisogni naturali.
non possiamo essere appagati se non soddisfiamo la brama di bellezza e di piacere che la natura stessa ci inculca nei petti.

Perché un uomo si avvicina ad una donna (attraente)? Non intendo per l'amicizia, la quale è invero rara, se sincera, ed è propria dell'uomo (in natura non esiste), ma per quanto si dice "amore"? Perchè lo ritiene giusto? Perché esegue un calcolo o una dimostrazione che a ciò lo convincono? Perché la società glie lo insegna? Perché lo ritiene moralmente accettabile o positivo? NO! perché la natura lo spinge a ciò, come spinge le fiere ad inseguire la femmina nei boschi, come muove le stelle scorrenti del cielo e dà vita alle distese luminose del mare e alle terre che producono frutti! Come narra il De rerum natura di Lucrezio.

Se così non fosse, e si fosse spinti da mero edonismo o necessità estetico-intellettuale, si sceglierebbe di mirare la Venere di Milo o le Tre Grazie del Canova piuttosto che attaccar discorso con certe donzelle (dal comportamento magari intriso di stronzaggine e di vanagloria) solo perché sono le uniche creature viventi, nel raggio di qualche miglio, in grado di assomigliare a qualcosa in grado di suscitare un minimo palpito di desiderio.
Spesso converrebbe anche all'uomo poter scegliere di non desiderare (quante sofferenze e quante spese eviterebbe!) carnalmente e il fatto che non possa significa che non è lui a decidere (così come, ad onta del vanto femminile, non è nemmeno emancipazione dalla natura o merito intellettivo della donna la sua "razionalità erotico- sentimentale", ma meramente un'espressione raffinata del suo istinto sessuale, il quale non è desiderare ma farsi desiderare, e poi selezionare l'eccellenza). Si possono inibire le pulsioni, non cambiarle né annullarle.

Non è inoltre saggio intraprendere la via dell'ascesi (i desideri naturali non appagati, tramite i ben noti meccanismi della psicoanalisi, divengono necessariamente altrettante forme di ossessione, e nell'ossessione non c'è libertà) come non sarebbe saggio curare la fame con il digiuno (non si può pretendere di combattere la natura negando i suoi istinti e reprimendo le sue pulsioni, poiché in questo vincerebbe sempre, e il tentativo servirebbe solo ad accrescere l'infelicità e a creare ossessioni e sensi di colpa utili invece a chi li può sfruttare, come la casta sacerdotale in passato).

Saggio non negare di avere dei bisogni naturali o ignorarne il soddisfacimento limitando la propria volontà (altrimenti sarebbero saggi i seguaci dell'endura)
bensì appagarli se possibile nel modo più nobile, raffinato e gaudente
senza lasciarsi guidare, attraverso di essi, dal genio della specie (che ha interessi diversi, coincidenti con quelli della natura e non con quelli dell'individuo
o peggio (attraverso l'insoddisfazione di essi e il miraggio di ottenerli) da altre volontà.

Ciò è massimamente raggiungibile nel meretricio dove non si dipende come nell'amor naturale dal capriccio delle femmine "oneste"
ma soltanto da un accordo razionale con una professionista
la quale recita il nostro sogno estetico per una notte.

Se poi si pensa di poter proseguire la scena anche fuori da teatro (ciò cui la meretrice naturalmente ci induce per spennarci) si cade in errore e lo sbranamento è tanto inevitabile quanto meritato per la mancanza di giudizio nel distinguere l'elisir d'amore dalla realtà effettuale.

SULLE DIFFERENZE FORMALI FRA I DUE RACCONTI
LA STORIA DI IRINA
LA FORMA MELODICA


Per gli Antichi Greci le Muse erano figlie di Mnemosyne, e dunque legate alla memoria, alla funzione di conservare il ricordo, preservandolo dalla furia del tempo e dalla morte.

L'uomo, per cause biologiche, ricorda molto di quello che vede, abbastanza di quello che sente e poco di quello che legge. Quello che sente ha inoltre maggior probabilità di essere ricordato se è legato da un'armonia musicale. Per questo fin dai tempi antichi i veri grandi poeti si sono curati di rendere i propri versi densi di immagini e risuonanti di melodie e di ritmi. Tanto è vero ciò, che la definizione di poesia, cui riferirsi in un periodo di crisi come quello attuale potrebbe essere: "creazione di suoni e immagini attraverso l'arte del dire".
Persino gli dèi erano asserviti alla melodia e incantati dalla bellezza delle immagini. Chi da loro doveva ottenere qualcosa doveva dunque eccellere in quell'arte.
Le prime forme di Poesia avevano dunque una funzione meramente pratica, legata anche alla religione.
E' una delle poche cose in cui (poverini) hanno ragione gli utilitaristi. La poesie non è l'emblema dell'inutilità (la divina inutilità dell'arte che distinguerebbe l'uomo dall'animale) né nasce come funzione di omaggio o di sudditanza a un'entità superiore. Ha in sé invece l'utile e la volontà di potenza. La poesia, il canto e la metrica nascono proprio per incatenare gli dei e far compiere loro la volontà degli uomini. Il poeta incanta gli dèi come Orfeo incantava gli animali e, come il personaggio del mito, piega anche il volere divino. Perché la musica e le parole melodiche sono ritmo e il ritmo è come una catena: impone di seguirlo.
Questa è la nascita della poesia.

Anche ai giorni nostri, del resto, siamo soliti associare naturalmente il ricordo dei momenti importanti della nostra vita sentimentale a una musica, ad un canto, ad un'immagine o ad un suono.

Lo stesso schema formale è seguito dal racconto di Irina, nel quale la narrazione è inframmezzata dalle frasi ch'ella diceva ai clienti, poste dall'autrice come una melodia che accompagna la storia.
Lo schema è assai noti in poesia, da Catullo al Pascoli, ma reinterpretato nella prosa è in grado di dare un ritmo "musicale" alla narrazione, dal significato molto profondo. Da un lato si accosta al tema delle ripetitività delle invenzioni di Irina e dell'ingenuità dei clienti che vi credevano, dall'altro eleva, tramite la "catena chiusa" del ritmo, il messaggio della storia a quello stesso grado di "necessità" e di "universalità" che abbiamo notato nella Ringkomposition della storia di Olga.

La "melodia che incatena" (persino gli dèi) restituisce fin ad un livello inconscio l'idea del fascino incantatore che s'emana dalla figura eterea d'Irina, da cui nessun uomo che ami la bellezza può fuggire.

"Ché qualunche nel mondo è più orgoglioso,
È da Amor vinto, al tutto subiugato;
Né forte braccio, né ardire animoso,
Né scudo o maglia, né brando affilato,
Né altra possanza può mai far diffesa,
Che al fin non sia da Amor battuta e presa." (M.M.Boiardo "Orlando Innamorato")



CRITICA LETTERARIA ALLE NOVELLE DEL CICLO “RUSSO” DI CHIARA DI NOTTE (parte I)

"LA STORIA DI OLGA"
LA FELICE INVENZIONE DELLA FORMA

E' definito dalla critica letteraria nordica il genere della Ringkomposition come quel testo costituito da un prologo e un epilogo in parallelo (per contenuti, stile o semplicemente per un'immagine capace di concentrare l'attenzione del lettore, o per un concetto in grado di fungere da filo conduttore ed illuminare il resto della composizione), i quali, corrispondendosi, racchiudono il corpus centrale, cui è affidato il messaggio dell'opera, chiudendo questa appunto ad anello.

Si possono trovare esempi di tale tecnica compositiva sin dall'Antichità in ogni luogo dell'universo mondo: in Grecia, in Egitto, in Cina, in Indonesia e in Russia (ah il fato!). Gli esempi più famosi si ritrovano nell'Iliade di Omero e nel Libro dei Numeri della Bibbia.

Recentemente una studiosa di antropologia, Mary Douglas, ha sostenuto come il leggere con gli occhi dei moderni testi antichi così composti abbia causato nei secoli la loro incomprensione o addirittura il loro oblio ed ha avanzato l'ipotesi secondo la quale il ripetersi immutato dello schema ad anello presso popoli e letterature diverse sarebbe ascrivibile ad un particolare modo raginamento della mente umana da lei chiamato "Thinking in Circles".

Ovvio che un'antropologa cerchi di ricondursi ad una causa biologica. Da amante della poesia mi limito ad osservare che si tratta della ripresa a livello di narrazione di quello che in un singolo verso sarebbe la ben nota figura retorica del chiasmo, ampiamente usata nella tradizione poetica e significativamente amata in ogni tempo dagli "arcaisti". Forse più che con la biologia lo schema formale ha attinenza con il contenuto filosofico della mente dello scrittore. Racchiudere in un circolo il messaggio dell'opera significa in definitiva sostenere la sua immutabilità fino alla fine dei tempi. Significativamente la composizione ad anello è scelta da Parmenide nel suo poema in cui sostiene le ragioni dell'essere immutabile e necessario (quello che "non può non essere") e possiede dunque una valenza simile a quella del serpente che si morde la coda rappresentante l'emblema dell'Eterno Ritorno dell'Uguale ripreso da Nietzsche.

In una poesia può significare anche il voler proteggere, come gemma preziosa, come perla in una conchiglia, il messaggio, ma per un racconto "filosofico" (che sia in versi o in rima non ha importanza) la sensazione è quella di rendere "etermare" tale messaggio, dando l'idea che i personaggi agenti, i fatti narrati e le situazioni evocate, epurate dalla contingenza con la quale sono letterariamente trattati nel corpo centrale, siano in realtà non "casuali" o semplicemente "realistici" o "probabili", ma, siano essi basati sulla realtà o sulla immaginazione, "necessari", ossia abbiano attinenza con le "cose necessarie universali perpetue", con l'essere che non cambia mai e si ripete continuamente, all'infinito, al contrario del "divenire" di Eraclito.

Per questo il messaggio che emerge dalla parte centrale di una ring composition non assume il valore di una possibilità accidentale o di un particolare caso della vita narrato dall'autore, così divenuto ma che avrebbe anche potuto essere diversamente, bensì quello di elemento universale della vita e necessario dell'essere, che non avrebbe potuto essere diverso e che, vissuto, all'infinito, si ripeterà sempre uguale, un concetto che Kundera nell'Insostenibile leggerezza dell'essere chiamerebbe "pesantezza".

Anche in questo racconto il lettore percepisce sin dall'inizio l'inevitabilità del destino di Olga, la necessità dei fatti non ancora narrati ma che devono inevitabilmente accadere. La sorpresa ed il motivo che spinge il lettore a voler leggere comunque il racconto con la stessa forza con la quale una persona reale vorrebbe vivere ugualmente la propria vita pur presentendone gli aspetti inevitabili risiede nel particolare, magistralmente descritto, che lega il prologo all'epilogo.

Non è cosa nuova per i letterati che sia un'immagine a chiudere ad anello una composizione. Quello che nessuno studioso di Ringkomposition ha mai visto, né concepito, nemmeno Mary Douglas, è che tale immagine consista a sua volta in un anello.

Al massimo le genti italiche erano avvezze a sentir racchiuso il messaggio poetico fra due versi quasi identici,
come nel carme VIII di Catullo, quello in cui il poeta, per sfuggire all'amore infelice per Lesbia, apostrofandosi per nome all'inizio ed alla fine (quasi a rimarcare l'inevitabilità e l'eternità della decisione, e ad autoconvincersi), promette a se stesso di non più cercarla e non più soffrire, e sceglie di rinchiudere fra i primi e gli ultimi versi risuonanti di lamentoso canto per l'infelicità presente, l'idilliaca gioia amorosa del passato (cantata dai versi centrali).

Questa doppia implicazione (formale e visiva) del tema dell'anello è semplicemente geniale, soprattutto perché in tal modo l'autrice non ha bisogno di spezzare la fabula del racconto introducendo un complicato intreccio.

Risulta un vero peccato che, come il finale di "C'era una volta in America", quello della storia forse non sarà immediatamente compreso dal pubblico. Soprattutto in Italia, la patria del melodramma, in cui si piange per ogni cosa, si recita a soggetto per ogni incontro galante, fino al grottesco, ed ognuno si atteggia a "piccolo boss" capace di "far pagar caro" lo sgarro o l'insulto ("lei non sa chi sono io"), ma non ha poi né il potere né la ferocia per fare seguito concreto alle parole, radi e sparuti saranno coloro che, leggendo l'epilogo, potranno concepire come per spietata vendetta un uomo di poche parole ma tanti fatti (andrej) possa realmente far tagliare l'anulare allo scapestrato di turno. I più numerosi penseranno che Misha si sia giocato l'anello scommettendo contro l'Italia ai mondiali e abbia cambiato modi di tenere la sigaretta solo perché quello precedente era dettato da brama di sfoggiare il gioiello (un po' come coloro che si arrotolano le maniche per mostrare il rolex). Quanti, come lo scrivente, hanno cara l'immagine della escort davanti alla cui alta figura "parlare null'omo pote ma ciascun sospira" si saranno convinti che un ammaliato Misha abbia infranto la sua regola di conquista ed abbia ceduto l'anello al monte dei pegni pur di potersi permettere il pagamento di una notte di ebbrezza e di piacere con la divina beltade di Irina.

Personaggi come Misha e Andrej (ma anche come Irina e Vlada) sono non solo difficili da incontrare, ma anche impossibili da concepire per gli italici cori.

Ritornano le parole di Machiavelli, quando, lamentandosi della scarsa serietà della guerra in Italia dopo la battaglia di Anghiari (nella quale vi fu un solo morto, e solo perché caduto da cavallo),
diceva che, mentre in italia se ne parla, all'estero si fa.
Nelle corti si componevano versi e si cantavano poemi sui paladini di Carlomagno e le crociate mentre all'estero si combatteva sul serio.


LA GENIALITA' DELL'IMMAGINE
La semplicità della narrazione, unita alla felicità dell'immagine, contribuisce a conferire un ulteriore valore artistico alla verità del messaggio.
Simplex sigilllum veri.
Nonostante lo stile volutamente colloquiale, costellato di periodi inizianti per "e" o per "ma", di indicativi usati al posto dei congiuntivi (in maniera non grammaticalmente scorretta ma stilisticamente non elegante), la coerenza interna del racconto ed il suo equilibrio formale creano un mondo letterario all'interno del quale il messaggio contenuto nel corpo centrale appare in tutta la sua forza espressiva, in tutta la sua semplicità, in tutta la sua grandezza, con le stigmate del fatto universale e necessario.

Vi sono filosofi massimamente intelligenti, specialmente razionalisti, che riescono, con il loro ragionamento, a spiegare l'impossibile e a dimostrare l'indimostrabile, come Kant, a trattare dei massimi sistemi del mondo e persino a provare l'esistenza di Dio (come ha fatto Godel).
Vi sono filosofi stupidi, che pur utilizzando un linguaggio tecnico e un ragionare rigoroso, non spiegano nulla, non provano nulla di nuovo e riescono solo a confondere quello che il lettore già sa.
Vi sono poi i filosofi geniali, in primis Nietzsche e Schopenahuer, irrazionalisti, i quali, con la felicità di un paragone, con la profondità di un concetto evocato, con la chiarezza di un'immagine, riescono a spiegare persino la metafisica a chi ne è digiuno, a far sì che anche il più distratto e impreparato dei lettori abbia chiaro il più profondo dei ragionamenti e la più ardua delle verità, non già (o, meglio, non solo) con il meccanismo dimostrativo del ragionamento, ma con l'immediato possesso di verità dell'intuito.
Questo è il genio.

Si può non condividere la filosofia, ma non si può non ammirare la genialità di Schopenahuer. Si può odiare Nietzsche come filosofo, ma non lo si può non amare come poeta, come poeta dei concetti.

Allo stesso modo, qualunque cosa sia dato pensare di Chiara_di_Notte, qualunque giudizio sia lecito su di lei e sulla qualità letteraria dei suoi scritti, sulla fondatezza delle sue idee e delle sue convinzioni, non si può non riconoscerle non dico di essere fra le menti più intelligenti del web, ma senza dubbio fra le più geniali.

Schopenhauer ha usato l'immagine del leone e della gazzella per convincere il lettore di come la sofferenza sia inscindibilmente legata alla vita, come essa sia mossa, dalla natura secondo leggi meccanicistiche assolutamente aliene dai sentimenti di felicità e di pietà tipicamente umani, ed insensibili alle esigenze ed alle sofferenze degli individui, e come in essa, per natura, per la "voluntas", la parte di male sopravanzi quella di bene.

Si può non seguire la via della “noluntas”. La si può contestare. Non si può dimenticare l'immagine da cui il messaggio del Maestro trae il convincimento prima della dimostrazione. Si potranno dimenticare i suoi ragionamenti: non si potrà mai dimenticare la sensazione provata nella lettura.

Lo stesso vale per gli scritti di Madonna Chiara (e l'accanimento e il seguito di cui tutti la fanno oggetto lo dimostrano inequivocabilmente). Come Schopenhauer e Nietzsche, per la loro genialità, erano allontanati dalla cultura dominante e razionalista, così Chiara di Notte è esiliata dall'immondo forum.

Anche in questo caso la nitidezza poetica del messaggio giunge a noi tramite le immagini dell'arte del dire.
Anche Madonna Chiara ha utilizzato in passato, nell'immondo forum, l'immagine del leone (o, meglio, della leonessa) e della gazzella per esemplificare e validare la propria teoria sull'escorting, nonché per chiarire il proprio pensiero su quei clienti i quali, considerando "poverine senza altre doti o possibilità" le loro accompagnatrici, e trascurando la natura delle predatrici, non si rendono neppure conto di trovarsi al fondo della catena alimentare.
Qui utilizza invece l'immagine dell'anello per esprimere un altro concetto, parimenti importante e in qualche modo correlato al precedente.

Il messaggio, in questa storia, è pronunziato da Vlada (la vera protagonista del racconto) e forse non sarà colto da una buona fetta dei gaudenti:
il sesso cosiddetto “libero” non esiste, è una stupidaggine utopica degli Anni Settanta, come il comunismo o gli ideali delle varie "occupazioni" studentesche.

NELLA SESSUALITA' gli uomini e le donne non sono mossi dal libero arbitrio, ma dal genio della specie.
La natura inculca nel petto dell'uomo una brama infinita di cogliere l'ebbrezza ed il piacere dei sensi da quante più donne possibili, e ne fa nascere il desiderio immediatamente e al primo sguardo, con l'immediatezza del fulmine e l'intensità del tuono, ma con la soavità di plenilunio di giugno dopo la pioggia, non appena la bellezza si fa sensibile a lui nelle fattezze del corpo muliebre, nella claritate del viso, nelle forme dei seni rotonde, nelle membra scolpite, nella figura slanciata, nelle chiome fluenti e nell'altre grazie ch'è bello tacere.
Parimenti inscrive nell'istinto della donna la dote di farsi sommamente desiderare e seguire in ogni dove, (come una fiera nei boschi) dal maggior numero possibile di maschi, in modo da ampliare al massimo la rosa di coloro che sono disposti a competere per lei e dai quali selezionare chi mostra eccellenza nelle caratteristiche volute per la riproduzione e il bene della discendenza (o, razionalizzato nelle società più evoluto, quelle doti materiali o intellettuali che rendono un uomo gradito o utile alla femmina, o conferiscono prestigio sociale).
Tutto ciò risponde ai fini della natura, non a quelli dell'uomo (ed è infatti motivi di infinite infelicità individuali, da quelle dei giovani uomini intimamente feriti dalle "stronze" a quelle delle donne tradite): il desiderio maschile serve garantire la massima propagazione dell'istinto vitale, quello femminile a garantire la selezione dell'eccellenza.
Questo è l'amore naturale "l'inganno che la natura ha dato agli uomini per propagarne la specie".
Tutto il resto, nell'amore, è solo costruzione dell'uomo, della sua ragione, della sua arte, della sua parola, e, più profondamente, del suo inconscio.

L'aveva già compreso Schopenhauer:
"L'uomo tende per natura all'incostanza in amore, la donna alla costanza. L'amore dell'uomo cala sensibilmente non appena è stato soddisfatto: quasi tutte le altre donne lo eccitano più di quella che già possiede, perciò desidera variare. Invece l'amore della donna aumenta proprio da quel momento. Ciò dipende dal fine della natura, la quale mira a conservare la specie e quindi a moltiplicarla il più possibile. L'uomo infatti può comodamente generare in un anno più di cento figli, se ha a disposizione altrettante donne: la donna invece, per quanti uomini abbia, potrebbe comunque mettere al mondo un solo figlio all'anno (a prescindere dalle nascite gemellari). Perciò l'uomo va continuamente alla ricerca di altre donne, mentre la donna si attacca saldamente a un unico uomo: la natura infatti la spinge a conservarsi, d'istinto e senza alcuna riflessione, colui che nutrirà e proteggerà la futura prole." (LA METAFISICA DELL'AMORE SESSUALE)
Se da un lato è evidente (e il “vizio” narrato dalla storia di Olga è solo uno degli esempi lampanti) come l'uomo, nella sua ricerca di bellezza corporale e ideale, sia mosso dall'impulso naturale al sesso, dall'altro non risulta assolutamente vero, come par dire taluno o vantarsi taluna, che la sessualità delle donne sia meno presente o risulti meno centrale nell'esistenza. Semplicemente si esprime in un modo diverso, ma ciò non significa affatto ricopra una minor importanza nella vita, anzi. Il modo ad essa proprio è più quello del selezionare e dell'accudire che non quello del bramare continuamente e infinitamente il congiungimento carnale, è più afferente al sentirsi desiderate che non al desiderare, il quale è il modo maschile per eccellenza (ed è motore d'arte ed ispirazione di poesia negli uomini nati alle cose dell'intelletto).
La sessualità è sempre presente nell'inconscio, altrimenti le femmine, ad esempio, non si farebbero belle (“per piacere a loro stesse”) anche quando non ne avrebbero razionalmente bisogno: è invece naturale per le femmine essere massimamente belle e desiderate almeno quanto è per noi maschi naturale desiderare la bellezza.

SEGUE...