La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Salı, Mayıs 29, 2007

UCCIDIAMO IL CHIARO DI LUNA

di Filippo Tommaso Marinetti

1.

- Olà! grandi poeti incendiarî, fratelli miei futuristi!...Olà! Paolo Buzzi, Palazzeschi, Cavacchioli, Govoni, Altomare, Folgore, Boccioni, Carrà, Russolo, Balla, Severini, Pratella, D'Alba, Mazza! Usciamo da Paralisi, devastiamo Podagra e stendiamo il gran Binario militare sui fianchi del Gorisankar, vetta del mondo!

Uscivamo tutti dalla città, con un passo agile preciso, che sembrava volesse danzare cercando ovunque ostacoli da superare. Intorno a noi, e nei nostri cuori, immensa ebrietà del vecchio sole europeo, che barcollava tra nuvole color di vino...Quel sole ci sbatté sulla faccia la sua gran torcia di porpora incandescente, poi crepò, vomitandosi tutto all'infinito.

Turbini di polvere aggressiva; acciecante fusione di zolfo, di potassa e di silicati per le vetrate dell'Ideale!...Fusione d'un nuovo globo solare che presto vedremo risplendere.

- Vigliacchi! - gridai, voltandomi verso gli abitanti di Paralisi, ammucchiati sotto di noi, massa enorme di obici irritati, già pronti per i nostri futuri cannoni.

"Vigliacchi! Vigliacchi!...Perché queste vostre strida di gatti scorticati vivi?...Temete forse che appicchiamo il fuoco alle vostre catapecchie?...Non ancora!...Dovremo pur scaldarci nell'inverno prossimo!...Per ora, ci accontentiamo di far saltare in aria tutte le tradizioni, come ponti fradici!...La guerra?...Ebbene, sì: essa è la nostra unica speranza, la nostra ragione di vivere, la nostra sola volontà!...Sì, la guerra! Contro di voi, che morite troppo lentamente, e contro tutti i morti che ingombrano le nostre strade!...

"Sì, i nostri nervi esigono la guerra e disprezzano la donna, poiché noi temiamo che braccia supplici s'intreccino alle nostre ginocchia, la mattina della partenza!...Che mai pretendono le donne, i sedentarî, gl'invalidi, gli ammalati, e tutti i consiglieri prudenti? Alla loro vita vacillante, rotta da lugubri agonie, da sonni tremebondi e da incubi grevi, noi preferiamo la morte violenta e la glorifichiamo come la sola che sia degna dell'uomo, animale da preda.

"Vogliamo che i nostri figliuoli seguano allegramente il loro capriccio, avversino brutalmente i vecchi e sbeffeggino tutto ciò che è consacrato dal tempo!

"Questo v'indigna? Mi fischiate?...Alzate la voce!...Non ho udita l'ingiuria! Più forte! Che cosa? Ambiziosi?...Certamente! Siamo degli ambiziosi, noi, perché non vogliamo strofinarci ai vostri fetidi velli, o gregge puzzolente, color di fango, canalizzato nelle strade antiche della Terra...Ma "ambiziosi" non è la parola esatta! Noi siamo piuttosto dei giovani artiglieri in baldoria!...E voi dovete, anche a vostro dispetto, abituarvi al frastuono dei nostri cannoni! Che cosa dite?...Siamo pazzi?...Evviva! Ecco finalmente la parola che aspettavo!...Ah! Ah! Bellissima trovata!...Prendete con cautela questa parola d'oro massiccio, e tornatevene presto in processione, per celarla nella più gelosa delle vostre cantine! Con quella parola fra le dita e sulle labbra, potrete vivere ancora venti secoli...Per conto mio, vi annuncio che il mondo è fradicio di saggezza!...

"E' perciò che noi oggi insegnamo l'eroismo metodico e quotidiano, il gusto della disperazione, per la quale il cuore dà tutto il suo rendimento, l'abitudine all'entusiasmo, l'abbandono alla vertigine...

"Noi insegnamo il tuffo nella morte tenebrosa sotto gli occhi bianchi e fissi dell'Ideale...E noi stessi daremo l'esempio, abbandonandoci alla furibonda Sarta delle battaglie, che, dopo averci cucita addosso una bella divisa scarlatta, sgargiante al sole, ungerà di fiamma i nostri capelli spazzolati dai proiettili...Così appunto la calura di una sera estiva spalma i campi d'uno scivolante fulgòre di lucciole.

"Bisogna che gli uomini elettrizzino ogni giorno i loro nervi ad un orgoglio temerario!...Bisogna che gli uomini giuochino d'un tratto la loro vita, senza spiare i biscazzieri bari e senza controllare l'equilibrio delle roulettes, stando chini sui vasti tappeti verdi della guerra, covati dalla fortunosa lampada del sole. Bisogna, - capite? - bisogna che l'anima lanci il corpo in fiamme, come un brulotto, contro il nemico, l'eterno nemico che si dovrebbe inventare se non esistesse!...

"Guardate laggiù, quelle spiche di grano, allineate in battaglia, a milioni...Quelle spiche, agili soldati dalle baionette aguzze, glorificano la forza del pane, che si trasforma in sangue, per sprizzar dritto, fino allo Zenit. Il sangue sappiatelo, non ha valore né splendore, se non liberato, col ferro o col fuoco, dalla prigione delle arterie! E noi insegneremo a tutti i soldati armati della terra come il sangue debba essere versato...Ma, prima, converrà ripulire la grande Caserma dove voi pullulate, insetti che siete! Ci vorrà poco...Frattanto, cimici, potete ancora tornare, per questa sera, agl'immondi giacigli tradizionali, su cui noi non vogliamo più dormire!"

Mentre volgevo loro le spalle, io sentii, dal dolore della mia schiena, che troppo a lungo avevo trascinato, nella rete immensa e nera della mia parola, quel popolo moribondo, coi suoi ridicoli guizzi di pesce ammucchiato sotto l'ultima ondata di luce che la sera spingeva alle scogliere della mia fronte.

2.

La città di Paralisi, col suo gridìo di pollaio, coi suoi orgogli impotenti di colonne troncate, con le sue cupole tronfie che partoriscono statuette meschine, col capriccio dei suoi fumi di sigaretta sopra bastioni puerili offerti ai buffetti... scomparve alle nostre spalle, danzando al ritmo dei nostri passi veloci.

Davanti a me, ancora distante alcuni chilometri, si delineò ad un tratto il Manicomio, alto sulla groppa di una collina elegante, che sembrava trotterellare come un puledro.

- Fratelli, - diss'io - riposiamoci per l'ultima volta, prima di muovere alla costruzione del gran Binario futurista!

Ci coricammo, tutti fasciati dall'immensa follia della Via Lattea, all'ombra del Palazzo dei vivi, e subito tacque il fracasso dei grandi martelli quadrati dello spazio e del tempo...Ma Paolo Buzzi, non poteva dormire, poiché il suo corpo spossato sussultava ad ogni istante alle punture delle stelle velenose che ci assalivano da ogni parte.

- Fratello! - mormorò - scaccia lontano da me codeste api che ronzano sulla rosa porporina della mia volontà!

Poi si riaddormentò nell'ombra visionaria del Palazzo ricolmo di fantasia, da cui saliva la melopea cullante ed ampia della eterna gioia.

Enrico Cavacchioli sonnecchiava e sognava ad alta voce: - Io sento ringiovanire il mio corpo ventenne!...Io ritorno, d'un passo sempre più infantile, verso la mia culla...Presto, rientrerò nel ventre di mia madre!...Tutto, dunque, mi è lecito!...Voglio preziosi gingilli da rompere... Città da schiacciare, formicai umani da sconvolgere!...Voglio addomesticare i Venti e tenerli a guinzaglio...Voglio una muta di venti, fluidi levrieri, per dar la caccia ai cirri flosci e barbuti.

La respirazione dei miei fratelli dormenti fingeva il sonno di un mare possente, su una spiaggia. Ma l'entusiasmo inesauribile dell'aurora traboccava già dalle montagne, tanto copiosamente la notte aveva dovunque versato profumi e linfe eroiche. Paolo Buzzi, bruscamente sollevato da quella marea di delirio, si contorse, come nell'angoscia di un incubo.

- Li udite i singhiozzi della Terra?...La Terra agonizza nell'orrore della luce!...Troppi soli si chinarono al suo livido capezzale! Bisogna lasciarla dormire!...Ancora! Sempre!...Datemi delle nuvole, dei mucchi di nuvole, per coprire i suoi occhi e la sua bocca che piange!

A queste parole il Sole ci porse dall'estremità dell'orizzonte, il suo tremulo e rosso volante di fuoco.

- Alzati, Paolo! - gridai allora. - Afferra quella ruota!...Io ti proclamo guidatore del mondo!...Ma, ahimè, noi non potremo bastare al gran lavoro del Binario futurista! Il nostro cuore è ancora pieno di un ciarpame immondo: code di pavoni, pomposi galli di banderuole, leziosi fazzoletti profumati!...E non abbiamo ancora scacciate dal nostro cervello le lugubri formiche della saggezza...Ci vogliono dei pazzi!...Andiamo a liberarli!

Ci avvicinammo alle mura imbevute di gioia solare, costeggiando una sinistra vallata, ove trenta gru metalliche sollevano stridendo, dei vagoncini pieni d'una biancheria fumigante, inutile bucato di quei Puri, lavati già da ogni sozzura di logica.

Due alienisti comparvero, categorici, sulla soglia del Palazzo. Io non avevo fra le mani che uno smagliante fanale d'automobile; e fu col suo manico di lucido ottone che inculcai loro la morte.

Dalle porte spalancate, pazzi e pazze scamiciati, seminudi, eruppero a migliaia, torrenzialmente, così da ringiovanire e ricolorare il volto rugoso della Terra.

Alcuni vollero subito brandire, come bastoni d'avorio, i campanili lucenti; altri si misero a giuocare al cerchio con delle cupole...Le donne pettinavano le loro lontane capigliature di nuvole con le acute punte di una costellazione.

- O pazzi, o fratelli nostri amatissimi, seguitemi!...Noi costruiremo il Binario sulle cime di tutte le montagne, fino al mare! Quanti siete?...Tremila?...Non basta! D'altronde la noia e la monotonia troncheranno in breve il vostro bello slancio...Corriamo a domandar consiglio alle belve dei serragli accampati alle porte della Capitale. Sono gli esseri più vivi, i più sradicati, i meno vegetali! Avanti!...A Podagra! A Podagra!...

E partimmo, scarica formidabile di una chiusa immane.

L'esercito della follia si avventò di pianura in pianura, calò per le valli, ascese rapido alle cime, con lo slancio fatale e facile d'un liquido entro enormi vasi comunicanti, e infine mitragliò di grida, di fronti e di pugni le mura di Podagra che risuonò come una campana.

Dopo avere ubbriacati, uccisi o calpestati i guardiani, la gesticolante marea inondò l'immenso corridoio melmoso del serraglio, le cui gabbie, piene di velli danzanti ondeggiavano nel vapore delle urine selvatiche e oscillavano più leggiere che gabbie di canarini fra le braccia dei pazzi.

Il regno dei leoni ringiovanì la Capitale. La ribellione delle criniere e il voluminoso sforzo delle groppe inarcate a leva scolpivano le facciate. La loro forza di torrente, scavando il selciato, trasformò le vie in altrettanti tunnel dalle vôlte scoppiate. Tutta la tisica vegetazione degli abitanti di Podagra fu infornata nelle case, le quali, piene di rami urlanti, tremavano sotto la impetuosa grandinata di sgomento che crivellava i tetti.

Con bruschi slanci e con lazzi da clowns, i pazzi inforcavano i bei leoni indifferenti, che non li sentivano, e quei bizzarri cavalieri esultavano ai tranquilli colpi di coda che ad ogni istante li gettavano a terra...Ad un tratto, le belve si arrestarono, i pazzi tacquero, davanti alle mura, che non si muovevano più...

- I vecchi son morti...I giovani sono fuggiti!... Meglio così!...Presto! Siano divelti i parafulmini e le statue!...Saccheggiamo gli scrigni colmi d'oro...Verghe e monete!...Tutti i metalli preziosi saranno fusi, pel gran Binario militare!...

Ci precipitammo fuori, coi pazzi gesticolanti e le pazze scarmigliate, coi leoni, le tigri e le pantere cavalcate a nudo da cavalieri che l'ebbrezza irrigidiva contorceva ed esilarava freneticamente.

Podagra non fu più che un immenso tino, pieno di un rosso vino dai gorghi spumosi, che colava veemente dalle porte, i cui ponti levatoi erano imbuti trepidanti e sonori...

Attraversammo le rovine dell'Europa ed entrammo nell'Asia, sparpagliando lontano le orde terrorizzate di Podagra e di Paralisi, come i seminatori gettano la semente con un gran gesto circolare.

3.

A notte piena, eravamo quasi in cielo, su l'altipiano persiano, sublime altare del mondo, i cui gradini smisurati portano popolose città. Allineati all'infinito lungo il Binario ansavamo su crogiuoli di barite, di alluminio e di manganese, che a quando a quando spaventavano le nuvole con la loro esplosione abbagliante; e ci sorvegliava, in cerchio, la maestosa ronda dei leoni che, erette le code, sparse al vento le criniere, foravano il cielo nero e profondo coi loro ruggiti tondi e bianchi.

Ma, a poco a poco, il lucente e caldo sorriso della luna traboccò dalle nuvole squarciate. E, quando ella apparve infine, tutta grondante dell'inebriante latte delle acacie, i pazzi sentirono il loro cuore staccarsi dal petto e salire verso la superficie della liquida notte.

Ad un tratto, un grido altissimo lacerò l'aria; un rumore si propagò, tutti accorsero...Era un pazzo giovanissimo, dagli occhi di vergine, rimasto fulminato sul Binario.

Il suo cadavere fu subito sollevato. Egli teneva fra le mani un fiore bianco e desioso, il cui pistillo s'agitava come una lingua di donna. Alcuni vollero toccarlo, e fu male, poiché rapidamente, con la facilità di un'aurora che si propaga sul mare, una verdura singhiozzante sorse per prodigio dalla terra increspata di onde inattese.

Dal fluttuare azzurro delle praterie, emergevano vaporose chiome d'innumerevoli nuotatrici, che schiudevano sospirando i petali delle loro bocche e dei loro occhi umidi. Allora, nell'inebbriante diluvio dei profumi, vedemmo crescere distesamente intorno a noi una favolosa foresta, i cui fogliami arcuati sembravano spossati da una brezza troppo lenta. Vi ondeggiava una tenerezza amara...Gli usignuoli bevevano l'ombra odorosa con lunghi gorgoglii di piacere, e a quando a quando scoppiavano a ridere nei cantucci giocando a rimpiattino come fanciulli vispi e maliziosi. Un sonno soavissimo vinceva lentamente l'esercito dei pazzi, che si misero a urlare dal terrore.

Irruenti, le belve si precipitarono a soccorrerli. Per tre volte, stretti in gomitoli balzanti, e con assalti uncinati di rabbia esplosiva, le tigri caricarono gli invisibili fantasmi di cui ribolliva la profondità di quella foresta di delizie...

Finalmente, fu aperto un varco: enorme convulsione di fogliami feriti, i cui lunghi gemiti svegliarono i lontani echi loquaci appiattati nella montagna. Ma, mentre ci accanivamo, tutti, a liberar le nostre gambe e le nostre braccia dalle ultime liane affettuose, sentimmo a un tratto la Luna carnale, la Luna dalle belle coscie calde, abbandonarsi languidamente sulle nostre schiene affrante.

Si udì gridare nella solitudine aerea degli altipiani:

- Uccidiamo il chiaro di Luna!

Alcuni accorsero alle cascate vicine; gigantesche ruote furono inalzate, e le turbine trasformarono la velocità delle acque in magnetici spasimi che s'arrampicarono a dei fili, su per alti pali, fino a dei globi luminosi e ronzanti.

Fu così che trecento lune elettriche cancellarono coi loro raggi di gesso abbagliante l'antica regina verde degli amori.

E il Binario militare fu costruito. Binario stravagante che seguiva la catena delle montagne più alte e sul quale si slanciarono tosto le nostre

veementi locomotive impennacchiate di grida acute, via da una cima all'altra, gettandosi in tutti i precipizi e arrampicandosi dovunque, in cerca di abissi affamati, di svolti assurdi e d'impossibili zig-zag...Tutt'intorno, da lontano, l'odio illimitato segnava il nostro orizzonte irto di fuggiaschi. Erano le orde di Podagra e di Paralisi, che noi rovesciammo nell'Indostan.

4.

Accanito inseguimento...Ecco scavalcato il Gange! Finalmente il soffio impetuoso dei nostri petti fugò davanti a noi le nuvole striscianti, dagli avvolgimenti ostili, e noi scorgemmo all'orizzonte i sussulti verdastri dell'Oceano Indiano, a cui il sole metteva una fantastica museruola d'oro..

Sdraiato nei golfi di Oman e del Bengala, esso preparava perfidamente l'invasione delle terre.

All'estremità del promontorio di Cormorin, orlato di una poltiglia di ossami biancastri, ecco l'Asino colossale e scarno la cui groppa di cartapecora grigiastra fu incavata dal peso delizioso della Luna...Ecco l'Asino dotto, dal membro prolisso rammendato di scritture, che raglia da tempo immemorabile il suo rancore asmatico contro le brume dell'orizzonte, dove tre grandi vascelli s'avanzavano immobili, con le loro velature simili a colonne vertebrali radiografate.

Subito, l'immensa mandra delle belve cavalcate dai pazzi protese sui flutti musi innumerevoli, sotto il turbinìo delle criniere che chiamavano l'Oceano alla riscossa. E l'Oceano rispose all'appello, inarcando un dorso enorme e squassando i promontorî prima di prender lo slancio. Esso provò lungamente la propria forza, agitando le anche e ripiegando il ventre sonoro fra le sue vaste fondamenta elastiche.

Poi, con un gran colpo di reni, l'Oceano poté sollevare la propria massa e sormontò la linea angolosa delle rive...Allora, la formidabile invasione cominciò.

Noi marciavamo nell'ampio accerchiamento delle onde scalpitanti, grandi globi di schiuma bianca che rotolavano e crollavano, docciando le schiene dei leoni...Questi, allineati in semicerchio intorno a noi, prolungavano da ogni parte le zanne, la bava sibilante e gli urli delle acque. Talvolta, dall'alto delle colline, guardavano l'Oceano gonfiare progressivamente il suo profilo mostruoso, come una immensa balena che si spingesse innanzi su un milione di pinne. E fummo noi che lo guidammo così fino alla catena dell'Imalaia, aprendo, come un ventaglio, il formicolìo delle orde in fuga che volevamo schiacciare contro i fianchi del Gorisankar.

- Affrettiamoci, fratelli miei!...Volete dunque che le belve ci sorpassino? Noi dobbiamo rimanere in prima fila malgrado i nostri lenti passi che pompano i succhi della terra...Al diavolo queste mani vischiose e questi piedi che trascinano radici!...Oh! noi non siamo che poveri alberi vagabondi! Vogliamo delle ali! Facciamoci dunque degli aeroplani.

Saranno azzurri gridarono i pazzi azzurri,per sottrarci meglio agli sguardi del nemico, e per confonderci con l'azzurro del cielo, che, quando c'è vento, garrisce sulle vette come un'immensa bandiera.

E i pazzi rapirono mantelli turchini alla gloria dei Budda, nelle antiche pagode, per costruire le loro macchine volanti.

Noi ritagliammo i nostri aeroplani futuristi nella tela color d'ocra dei velieri. Alcuni avevano ali equilibranti e portando i loro motori, s'inalzavano come avoltoi insanguinati che sollevassero in cielo vitelli convulsi.

Ecco: il mio biplano multicellulare a coda direttiva: 100 HP, 8 cilindri, 80 chilogrammi...Ho fra i piedi una minuscola mitragliatrice, che posso scaricare premendo un bottone d'acciaio...

E si parte, nell'ebbrezza di un'agile evoluzione, con un volo vivace, crepitante, leggiero e cadenzato come un canto d'invito a bere e a ballare.

Urrà! Siam degni finalmente di comandare il grande esercito dei pazzi e delle belve scatenate!...

Urrà! Noi dominiamo la nostra retroguardia: l'Oceano col suo avviluppamento di schiumanti cavallerie! Avanti, pazzi, pazze, leoni, tigri, e pantere! Avanti, squadroni di flutti!...I nostri aeroplani saranno per voi, a volta a volta,bandiere di guerra e amanti appassionate! Deliziose amanti che nuotano, aperte le braccia, sull'ondeggiar dei fogliami, o che indugiano mollemente sull'altalena della brezza!. Ma guardate lassù, a destra, quelle spole azzurre...Sono i pazzi, che cullano i loro monoplani sull'amaca del vento del sud!...Io intanto, sto seduto come un tessitore davanti al telaio e vo tessendo l'azzurro serico del cielo!

Oh quante fresche vallate, quanti monti burberi, sotto di noi!...Quanti greggi di pecore rosee, sparsi sui declivi delle verdi colline che si offrono al tramonto!...Tu le amavi,anima mia!...No! No! Basta! Tu non godrai più, mai più, di simili insipidezze!...Le canne colle quali un tempo facevamo delle zampogne formano l'armatura di questo aeroplano!...Nostalgia! Ebbrezza trionfale! Presto avremo raggiunti gli abitanti di Podagra e di Paralisi, poiché voliamo rapidi ad onta delle raffiche avverse...Che dice l'anemometro?...Il vento che ci è contrario ha una velocità di cento chilometri all'ora!...Che importa? Io salgo a duemila metri, per sorpassare l'altipiano...Ecco! Ecco le orde!...Là, là, davanti a noi, e già sotto ai nostri piedi!...Guardate, laggiù, a picco, fra gli ammassi di verdura, la tumultuante follia di quel torrente umano che s'accanisce a fuggire!

Questo fracasso?...E lo schianto degli alberi! Ah! Ah! Le orde nemiche sono ormai cacciate contro l'alta muraglia del Gorisankar!...E noi diamo loro battaglia!...Udite? Udite i nostri motori come applaudono?...Olà, grande Oceano Indiano, alla riscossa!

L'Oceano ci seguiva solennemente,atterrando le mura delle città venerate e gettando di sella le torri illustri, vecchi cavalieri dall'armatura sonora, crollati giù dagli arcioni marmorei dei templi.

Finalmente! Finalmente! Eccoti dunque davanti a noi gran popolo formicolante di Podagrosi e di Paralitici, lebbra schifosa che divora i bei fianchi della montagna...Noi voliamo rapidi contro di voi, fiancheggiati dal galoppo dei leoni, nostri fratelli, e abbiamo alle spalle l'amicizia minacciosa dell'Oceano, che ci segue da vicino per impedire che s'indietreggi!...E' soltanto una precauzione, poiché non vi temiamo!...Ma voi siete innumerevoli!...E potremmo esaurire le nostre munizioni, invecchiando durante la carneficina!

Io regolerò il tiro!...L'alzo a ottocento metri! Attenti!...Fuoco!...Oh! l'ebbrezza di giocare alle biglie della Morte!...E voi non potrete carpircele!

Indietreggiate ancora? Questo altipiano sarà presto superato!...Il mio aeroplano corre sulle sue ruote, scivola sui pattini e s'alza a volo di nuovo!...Io vado contro il vento!...Bravissimi, i pazzi!

Continuate il massacro! Guardate! Io tolgo l'accensione e calo giù tranquillamente, a volo librato, con magnifica stabilità, per toccar terra dove più ferve la mischia!

"Ecco la furibonda copula della battaglia, vulva gigantesca irritata dalla foia del coraggio, vulva informe che si squarcia per offrirsi meglio al terrifico spasimo della vittoria imminente! E' nostra, la vittoria...ne sono sicuro, poiché i pazzi lanciano già al cielo i loro cuori, come bombe!...L'alzo a cento metri! Attenti!

Fuoco!...Il nostro sangue?...Sì! Tutto il nostro sangue, a fiotti, per ricolorare le aurore ammalate della Terra!...Sì, noi sapremo riscaldarti fra le nostre braccia fumanti, o misero Sole, decrepito e freddoloso, che tremi sulla cima del Gorisankar!...

UCCIDIAMO IL CHIARO DI LUNA (NOTE)

Oggi era una grigia giornata di pioggia, che avrebbe intristito il ricordo delle radiose giornate del maggio 1915, se non fosse intervenuto un fatto irresistibilmente comico a rallegrare la Sublime Porta. Un caro Amico del Sultano ha chiesto spiegazioni in merito all'incompleto post del 24 maggio, avendo interpretato come "Chiaro di Luna" la donna virtuale realmente esistente (e linkata a questo blog) e supponendo dunque eventuali attentati orditi dai servizi segreti di Costantinopoli ai di lei danni. Poiché questo Amico del Sultano è persona intelligente, non oso immaginare come avranno allora frainteso la mia frase i veri pisquani. Magari qualcuno dall'Immondezzatio avrà fantasticato di guerre mondiali virtuali fra la Sublime Porta e Chiara di Notte.

Permettetemi tutti di ridere sovranamente.

Non avrei mai pensato che il trascurare Marinetti da parte della scuola e dalla cultura "democratica" avrebbe potuto mostrare un risvolto così divertente.

"Uccidiamo il Chiaro di Luna" fu il motto futurista per eccellenza, forgiato da Marinetti per incitare gli animi alla vita attiva e guerriera dopo il languente e femmineo momento della belle epoque e la corruzione spirituale degli agi e della lussuria tipici della pace (e del NEUTRALISMO) senza altro scopo, simboleggiato dall'immagine tardo-romantica del plenilunio sulla laguna di Venezia, un tempo serenissima potenza marinara e ora soltanto luogo di sospiri per turisti e mercimoni di ogni genere (giova ricordare che il sei-settecentesco neutralismo di Venezia, il continuare ad esistere "per accidente", rinunciando alla forza militare e reggendosi sulla sola diplomazia fu il motivo per cui la stessa fu tanto debole da non resistere al primo soffio di vento, permettendo a Napoleone di cancellare in pochi giorni una storia millenaria).
Marinetti esorta dunque a privilegiare in senso etico ed estetico l'aspetto industriale, attivo e militaresco degli arsenali e delle industrie a quello turistico e pseudo-poetico, ma in realtà soltanto putrido e languente, della laguna e del suo plenilunio, simboleggiando con questo la necessità per la Nuova Italia (quella che si prepara alla sfide del Novecento) di assomigliare più a una nuova potenza serenissima e dominante (come la Venezia conquistatrice e creatrice del Rinascimento) che non alla "cortigiana decrepita"(ossia alla Venezia ridotta a luogo di incontro amoroso per turisti stranieri e paganti).
Questo significa "uccidere il chiaro di luna": non uccidere la poesia o cancellare le grandezze del passato, ma eliminare i resti di una cultura sterile e impolverata e ritornare a quello spirito che permise un tempo proprio la creazione di quella grandezza (che non va conservata e mummificata come in un museo a prender la polvere, ma continuata e accresciuta). Riuscire in questa opera significa creare poesia nuova, non emulare quella vecchia. Lo stesso, per i futuristi, valeva nella politica. Medesima era la loro visione lirica ed eroica della vita.
"Preparatevi alla bomba" non è una frase di Marinetti, ma è semplicemente mia. Significa, dannunzianamente, prepararsi a cantare non più come nelle serenate, ma "con la bocca rotonda del cannone" (era il giorno della dichiarazione di guerra) e, più nello specifico, avrebbe voluto significare di prepararsi a leggere il mio furente post commemorativo (che ora penso di non postare più, vedendo come sono frainteso).

E' vero che Chiara di Notte è alta e bella ed attorniata di magnifiche chiome oscure come la luna, e splende lassù nella sua inarrivabile chiaritate da tutti rimirata con sguardo suspiciente e con sospiri senza parole, ma è altrettanto vero che (nonostante i miei sonetti) non è ancora la DEA della luna. Non tutto quanto si riferisce alla luna può essere pensato come riguardante lei. Per questo la frase "uccidiamo il chiaro di luna", se proprio deve essere interpretata nel contesto di questo blog (ossia in base al MOTIVO per cui l'ho citata), vuole significare solo il ritorno ad uno stile di vita improntato allo splendore e alla forza del sole (che è assieme fede e ragione) ed un abbandono delle "mollitie" (per dirla alla latina) che hanno caratterizzato fin troppo, nel fare e nel dire, il mio comportamento lunare e femmineo sino ad ora.
Nessuna uccisione di donna è in vista. E per non permettere quella della memoria e della poesia, pubblico ora (vedi sopra) il VERO testo di Marinetti (così chi ha frainteso ha modo di imparare qualcosa).

SALUTI DALLA SUBLIME PORTA

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Perşembe, Mayıs 24, 2007

LE RADIOSE GIORNATE DI MAGGIO

Preparatevi alla bomba. Uccidiamo il chiaro di luna.

(prossimamente......)

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Cuma, Mayıs 18, 2007

A PROPOSITO DI GERONTOCRAZIA














Si narra che nel luglio del 1402, alla sera della battaglia di Ankara, ove Timur-i-Lang, noto agli Europei con il nome di Tamerlano, sconfisse le truppe del Sultano Ottomano Beyazid I detto "la Folgore", il vincitore di Nicopoli, colui che aveva battuto i crociati ed era temuto da tutta la Cristianità (la quale infatti quella sera inspirò profondamente sollevata), il Sultano non volesse ancora, arrendersi, nemmeno quando fu chiaro come nessuno componente del suo esercito fosse scampato alla cattura o alla distruzione. Avendo intrapreso la battaglia con una notevole superiorità di uomini e mezzi, e in territorio amico, Beyazid non voleva credere alla sconfitta e si rifiutava di accettarla. I carcerieri mongoli dovettero usare la forza su di lui per trascinarlo al cospetto del loro Khan. Nonostante fosse ormai vecchio e malato il veterano delle mille battaglia lottava ancora fisicamente, usando allo stremo le uniche forze che gli erano rimaste. Venne gettato a terra pieno di lividi, di furore e di grida. Allora Timur "lo zoppo", che pure era noto in tutta l'Asia e oltre per la sua spietatezza contro i nemici che non si arrendono e contro chiunque provasse a intralciargli la marcia, rivelò uno squarcio di profonda umanità, dicendo: "Strani sono i destini degli uomini e misteriosi i voleri di Allah. Tu sei vecchio e malridotto. Io pure sono vecchio, stanco e sciancato, ed ormai non riesco quasi più a camminare. Ha posto tutte le sorti e tutti i poteri del mondo nelle mani di due vecchi".

Non so se i politici italiani abbiano studiato la storia di Tamerlano o se provino fra loro la medesima compassione, ma sicuramente non hanno le virtù, il prestigio e le capacità né di Timur né di Beyazid. Ne hanno soltanto, giusto giusto, l'eta, in media. Credono dunque di poter proseguire la stessa storia, con il medesimo finale, privi del genio politico e delle glorie passate mostrate da chi ha davvero FATTO la storia.

La questione generazionale, in politica, è un vero problema, correlato al più generale problema del "culto della mediocrità", nascente dalle scuole (ove i migliori non possono essere premiati per non dispiacere ai "più deboli") e terminante nei vertici dello stato (ove il Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento e non dai cittadini, e viene scelto non fra coloro che maggiormente si sono distinti per coraggio, abilità e risultati conseguiti, ma fra chi è riuscito a farsi notare di meno, a mantenere una posizione mediana vagamente amica di tutti e non troppo nemica di nessuno, a navigare insomma "sanza infamia e sanza lodo" nel mare della politica).

La questione generazionale altrove, invece, è solo un falso problema. Voler costringere alle dimissioni (o farle promettere) chi supera una certa soglia d'età, senza altra giustificazione (come è stato recentemente proposto da eminenti personaggi dell'economia e della finanza), risulta più di una ingiustizia: risulta un errore, perché si cura l'effetto al posto della causa e si confonde l'apparenza con la realtà.

In un ambiente meritocratico, infatti, nel quale selezione spinge gli uomini a studiare, ad impegnarsi duramente, a migliorarsi oltre ogni immaginazione, a competere, a trovare nuove insperate risorse e ad eccellere, arriva sempre il momento in cui, naturalmente, il giovane in crescita e affamato di successo supera l'anziano ormai appagato, così come prima o poi nella savana il giovane leone rampante sconfigge il vecchio capobranco, senza bisogno di ricambi prefissati o decisi dall'alto.
Se ciò non avviene significa che si è in una situazione "democratica" e quindi non meritocratica, nella quale tutti sono più o meno apprezzati e l'avanzamento è per "rispetto e anzianità", l'assunzione per "amicizia e comunicazione", la selezione per scelta "politica". E' così che si genera la mediocrità. In essa, mediocre per mediocre, tanto vale tenersi quello più anziano, che almeno ha più esperienza.
Questo è anche innaturale.
Del resto, da una società nella quale fin dalle elementari, anziché selezionare e premiare i migliori e punire o almeno escludere chi non si impegna per essere tale, si pensa a "non lasciare indietro nessuno", a "seguire i più deboli", a "includere tutti" e a non permettere vantaggi "ai più bravi" (quasi il loro valore ed il loro impegno fossero colpa in quanto potenziale "forza") non mi aspetterei nulla di meglio.

SALUTI DALLA SUBLIME PORTA

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Çarşamba, Mayıs 16, 2007

LE PAGELLE DI BARCELLONA

"Cara al sol con la camisa nueva" recitava l'inno falangista, ricordando che tornerà la primavera " que por cielo, tierra y mar se espera" prima di gridare "Arriba Espana". Anche questa volta c'erano la primavera, il sole, il cielo terso e il profumo dei fiori terrestri, ma QUESTA VOLTA gli Spagnuoli, tanto fiduciosi nella vittoria, sono stati invece duramente battuti da una alleanza Italo-Brasiliana.

MASSA FELIPE: 10 e Lode
Realizzare un "hat trick" (pole position, vittoria e giro più veloce) costituisce di per sé un capolavoro, ma compiere tutto ciò in casa dell'avversario diretto, e per giunta svergognandolo alla partenza ruota contro ruota, costituisce motivo di gloria immortale. Non sono mai stato tenero con Felipe. Negli ultimi anni pareva aver offuscato la propria fama di demolitore di avversari che si era costruito vincendo tutto nelle categorie minori tanto da meritarsi i test in formula 1 già nel 2001, giovanissimo. Negli ultimi mesi non mi era piaciuto perché alla determinazione del giovane perfezionista pareva aver sostituito la boria del campioncino appena arrivato. Ora invece, grazie a quest'impresa e al dolore che ha saputo infliggere agli spagnoli che ghermivano le tribune pronti a festeggiare Alonso e sbalorditi da tanto grande sconfitta, merita il titolo di aspirante campione vero. Non ho tema di essere smentito nel dichiarare questo gran premio la gara della svolta, quella che segna la nascita definitiva di un campione, il passaggio da pilota forte a corridore fortissimo, da giovane promettente e veloce a punto di riferimento per la categoria, come fu per Schumacher a Interlagos nel 94, quando (con sole due gare vinte alle spalle) sconfisse in pista e senza appello il tre volte iridato Ayrton Senna (che, come domenica Alonso, correva in casa con i favori del pronostico e un supporto di pubblico calcistico: quando si dice "corsi e ricorsi storici") o come fu per lo stesso Senna a Estoril nell'85, quando con la Lotus letteralmente umiliò, alla sua prima vittoria, campioni del mondo passasti e futuri come Prost, Piquet, Lauda, Rosberg, Mansell (12 titoli mondiali in cinque) e piloti non propriamente "fermi" come Alboreto, De Angelis, Patrese, Laffite, Berger, Boutsen, Tambay (tutti prima o dopo vincitori di Gran Premi).
Non mi ero esaltato per le vittorie di Massa lo scorso anno, perché ottenuto in circostanze favorevoli (con una vettura prestazionalmente superiore alla concorrenza e Schumacher messo fuori gioco da fattori esterni), ma ora, d'innanzi alla vittoria nello scontro diretto con Alonso, devo oggettivamente riconoscere la piena grandezza del Brasiliano.

HAMILTON LEWIS: 10
Non si può negare il massimo dei voti ad un debuttante che sale in cima alla classifica della massima formula. A memoria d'uomo, l'ultimo ad esservi riuscito si chiamava Ayrton Senna. Non sono necessari ulteriori commenti. Come sia stato il solo a contenere il distacco da Massa in termini accettabili e come abbia ancora una volta dimostrato una maggiore consistenza in gara rispetto al bicampione iridato compagno di squadra sono fatti che tutti hanno potuto verificare con i propri occhi. E rimarranno scritti a lettere d'oro nella storia del mondiale.

ROSBERG NICO: 9 1/2
Non esistono più parole per descrivere l'abilità di questo giovanissimo pilota, che oltre a portare sulle spalle il peso del nome d'arte del grande Keke deve portare dietro la schieda il propulsore Toyota e un cambio innovativo di dubbia affidabilità. Nonostante i risicati mezzi a disposizione (la Willams è di fatto l'unico team privato) si piazza sesto, permettendosi il lusso di lasciarsi indietro colossi come Renault, Toyota e Honda. Non è tutto merito dell'abilità di Patrick Head e dell'esperienza di Frank Willams, dato che Alexander Wurz, con la stessa vettura, è distante anni luce.

KUBICA ROBERT: 9
Qualificarsi quinto e arrivare quarto con la BMW, terza forza del mondiale, equivale ad una vittoria per i non-Ferrari non-Mercedes gp. Questa volta batte anche il compagno di squadra Heidfeld, complice forse un minor quantitativo di carburante. Il pilota polacco si conferma comunque come un solido corridore, veloce in qualifica e consistente in gara. Tutto sue è difatti il merito di non lasciarsi mai avvicinare da nessuno degli inseguitori e di non prendere troppo distacco dalle imprendibili monoposto rosse e argento.

COULTHARD DAVID: 8 1/2
Conferma le buone prestazioni del Bahrein con fine settimana da incorniciare, sia per essere rientrato nei primi dieci in qualifica, sia per la consistenza dimostrata in gara nonostante il finale palpitante a causa del guasto al cambio che rischiava di fargli perdere la ottima quinta piazza. Evidentemente il tramonto di questo pilota non contiene solo oscurità (come la gara di Melbourne), ma emette ancora qualche bagliore.

SATO TAKUMA: 8
Una gara maiuscola per un pilota minuscolo. Non voglio dire altro. L'otto è pieno come nella pianta del circuito di Suzuka di proprietà dell'Honda casa madre che il giapponese ha ancora una volta strabattuto.

KOVALAINEN HEIKKI: 7 1/2
Ridicolizza Fisichella sia in qualifica sia in gara e alla fine conquista anche due punti mondiali (contro lo zero tagliato del compagno di squadra), con una Renault non certo competitiva. Non è affatto un cattivo risultato per un pilota debuttante che alla prima gara, molto ingiustamente e altrettanto superficialmente, i giornalisti (assieme allo stesso Briatore) avevano definito disastroso e deludente. La forza d'animo per continuare a lottare nonostante i ripetuti tentativi di farlo apparire un pilota lento e con la valigia gli ha permesso di esprimere in pista la propria classe e la propria forza. Si imbarazzino pure i giornalisti italiani che stravedono per Fisichella.

SUTIL ADRIAN: 7
Lo stare davanti al più esperto compagno di squadra Albers sia in qualifica sia in gara gli fa meritare un voto discreto, anche se il penultimo posto non sarebbe tale. Certo che con la Spyker, unica fra i team di seconda fascia ad essere onesta e a correre con una monoposto propria (con tutti i rischi e le inefficienze connesse) anziché scopiazzare o adattare monoposto esistenti della casa madre pagante (ogni riferimento a Toro Rosso e SuperAguri è totalmente voluto), di più non farebbe nemmeno il vero Schumacher.

HEIDFELD NICK: 6 1/2
Avrebbe potuto fare grandi cose, con la sosta ritardata per aver imbarcato più carburante, se ai box non avessero pasticciato dandogli il segnale di ripartenza prima che il meccanico della ruota anteriore destra avesse avvitato il bullone. Il resto segue da sè.

TRULLI JARNO: 6
Se si guarda all'ottima posizione di partenza in terza fila ci si ricorda di come Jarno Trulli sia ancora il pilota che dieci anni fa stupiva tutti all'A1 Ring percorrendo con autorità al comando il primo tratto di gara con la Prost-Honda. Dispiace però vedere tanto talento sprecato in una squadra che di grande ha solo il nome e lo spreco di budget. La carriera di Trulli pare un ciclico ripetersi delle medesime avventure e disavventure: perennemente veloce in qualifica, perennemente perfetto nel trarre il massimo dalla vettura, perennemente destinato a rompere quando è fra i primi, a correre con vetture che in mano ai compagni di squadra si posizionano nella seconda metà dello schieramento o ad andarsene dal team nell'anno in cui la vettura diventa vincente. E' successo così nel 98, quando alla sua prima stagione con la Prost, la nuova vettura si dimostrò una caffettiera, è successo così nel bienno 2000-2001, quando, dopo anni di vittorie con Hill e Frentzen, la Jordan, cui Jarno approdò, non era più un top team (e l'italiano faceva miracoli a collezionare terze file in griglia e podii in gara), è successo così a fine 2004, quando è passato dalla Renault (che con lui fu vincente e vinse solo a montecarlo) alla Toyota (che pareva un futuro top team dai grandi mezzi). Direbbe una professoressa: se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo.

RAIKKONEN KIMI: 5 1/2
E' bravo ad approfittare del duello fra Massa e Alonso per sfilare quest'ultimo alla esse dopo il via e a resistere alle sue pressioni. Peccato che sia la vettura a non resistere alla gara e a tradirlo. Non si può incolpare il finlandese di ciò, così come non si poteva incolpara Massa per il motore di Melbourne. E' un dramma, però, che Kimi perda per questo la testa del mondiale e si trovi in posizione molto svantaggiata tanto rispetto al compagno di squadra quanto rispetto ai due della McLaren-Mercedes. Questa leggere insufficienza sia di monito a lui ed alla squadra.

LIUZZI VITANTONIO: 5
Si qualifica fra i primi sedici, ma la squadra non è in grado di fargli disputare il turno successivo di qualifica che lo avrebbe messo in lizza per i primi dieci posti. In gara un guasto idraulico lo ferma. L'insufficienza non è per lui, ma per la Toro Rosso.

DAVIDSON ANTHONY: 4 1/2
Poiché rimane abbondantemente dietro il giapponese compagno di squadra sia in qualifica sia in gara, l'insufficienza è netta. C'è poco da commentare, se non sottolineare il fatto che di piloti britannici, giovani e veloci ve ne sarebbero tanti nelle formule minori.

ALONSO FERNANDO: 4
Con aria da bravo di Don Rodrigo cerca al via di spaventare Massa, il quale però non è Don Abbondio e non teme le schioppettate (anzi, le ruotate). Il duello finisce male per lo spagnolo, che deve desistere a farsi superare da Hamilton e Raikkonen. Nel procedere della gara non riesce mai né a recuperare né a inventarsi qualcosa per tentare di ribaltare la situazione. E' solo fortunato che Raikkonen rompa, altrimento oggi sarebbe quarto nel mondiale (ossia ultimo fra i driver che dispongono delle vetture migliori). Visto che per la seconda volta consecutiva è più lento di Hamilton, nonostante abbia voluto vietare di provare all'inglese, per impedirgli di imparare, il voto ci sta tutto. Il suo è stato un comportamento antisportivo e perdente. Il coloured della Mclaren lo ha comunque svergognato in pista, senza ordini di scuderia. Così sia sempre punita la superbia spagnola.

ALBERS CHRISTIJAN: 3 1/2
Ultimo in qualifica ed ultimo in gara: di più di questo mezzo voto, con tutta la clemenza che Allah mi concede, non posso dare.

WEBBER MARK: 3
Nella gara in cui il decotto compagno Coulthard fa faville, la giovane promessa australiana dovrebbe fare fuochi d'artificio e invece fa soltanto sbadigliare. Ci vuole proprio un bel tre, da stampare in faccia con la mano, per svegliarlo.

SPEED SCOTT: 2 1/2
Più alla squadra che a lui si rivolge il suo voto, dimezzato rispetto a quello di Liuzzi perché lo statunitense è stato ancora una volta battuto nettamente dall'italiano.

WURZ ALEXANDER: 2
Con l'auto con la quale Nico Rosberg giunge sesto, l'austriaco è capace solo di ritirarsi per incidente al primo giro dopo essere partito diciottesimo. Dovrei dare qualcosa di più di due?

FISICHELLA GIANCARLO: 1 1/2
E' un piacere dimezzare il tre per questo pilota romano. Data l'insussistenza delle sue prestazioni non vi è motivo di spendere consistenti parole.

SCHUMACHER RALF: 1
La gara è insussistente, lontana anni luce da quella che stava disputando il compagno Trulli. Il voto cade a fagiolo per il fratello di Michael. Michael Schumacher era e resterà a lungo il numero uno fra i piloti di tutti i tempi. Ralf Schumacher, invece, merita e meriterà spesso l'1 come voto in una scala da 1 a 10.

BARRICHELLO RUBENS: 1/2
Come se non bastasse la lentezza della Honda ferma più della più ferma terra nel mondo Aristotelico, il brasiliano si impegna per scontrarsi col compagno di squadra. Il mezzo voto è per il semplice fatto che almeno gli riparte davanti dopo la sosta per la sostituzione del musetto.

BUTTON JENSON: 0
Il voto rispecchia il valore dell'intelligenza dei piloti e della vettura Honda. Per il pilotino inglese, però, un tempo grande promessa e l'anno scorso vincitore a Budapest, un po' mi spiace.

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