C'è oggi in America
Questo succede in America (e sempre più nell’occidente tutto).
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"Diario segreto di una nazi-femminista
Un uomo è stato riconosciuto innocente e risarcito per 5 anni di carcere quando il diaro segreto della misandrica che lo aveva fatto incarcerare per stupro con la sua sola parola è finito su internet ed all’attenzione dei giudici [Fonte]:
«Mi sento un po’in colpa per averlo fatto incarcerare, ma la sua mancanza di rispetto per le donne è terribile. Ricordo quanto poco ci rispettava… pensa che le donne siano oggetti sessuali. È un tale imbroglione. Voleva Holly e me mentre era fidanzato. L’ho accusato perchè era la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E perchè ho sempre voluto qualcosa di forte nella mia vita. Altrimenti mi annoio. Bisogna cambiare, sono stanca di uomini che si approfittano di me… e di me che gliela do. Non sono una ninfomane come tutti pensano. Non sono abbastanza forte da dire di no. Sono stanca di essere una puttana. Basta.
Ieri sono andata da due avvocate per denunciarlo civilmente. So che è sbagliato, ma che altro posso fare? Normalmente non sono una persona cattiva, ma mi ha fatto arrabbiare. Se sono vendicativa, peggio per lui. Probabilmente mi sentirò in colpa, un giorno.
Parlando di soldi, lo denuncio. Ho bisogno disperato di soldi. La mia coscienza mi ha impedito di farlo, ma devo pagare un debito e farò quello che serve.»
Cinque anni di galera.
Una persona è stata umiliata e sequestrata in carcere, ha perso il lavoro, gli studi, una carriera nello sport. La nazi-femminista non ha ricevuto nessuna punizione. La società, preparata ad affrontare la violenza incarcerando un uomo sulla sola base della parola di una puttana, sta solo ora sviluppando gli anti-corpi per i reati nazi-femministi.
La violenza di genere è la calunnia femminista."
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Questa donna è vittima a sua volta della demagogia femminista americana, la quale, nel suo tentativo di far sentire in colpa gli uomini “per natura”, in ogni momento della loro vita quotidiana, a prescindere dalle effettive azioni e idee dei singoli (nemmeno la propaganda di Gobbels era riuscita a far sentire in colpa gli “indesiderati” in maniera così capillare, a ricordar loro la loro “inadeguatezza” in ogn momento e in ogni intimità), ogniqualvolta desiderano, ogniqualvolta mirano, ogniqualvolta provano ingenuo trasporto per la bellezza non appena questa si manifesta ai sensi nelle lunghe chiome, del claro viso, nello slancio della figura, nelle membra statuarie, nelle forme rotonde dei seni, nella piattezza del ventre, nelle perfette e (a volte) lunghissime gambe modellate, nella pelle liscia ed abbronzata e nell'altre grazie che, come direbbe Dante, “è bello tacere”, è riuscita a convincere la quasi totalità della popolazione femminile ad identificare l’espressione poligama del naturale disio di bellezza e piacere dei sensi e delle idee con la “cultura maschilista” o “retrograda” (come se i desideri di natura potessero variare per contratto sociale o decisione ed educazione dei singoli!).
Non sta scritto da nessuna parte che il cercare di godere della bellezza nella vastità multiforme delle creature femminili implichi necessariamente vedere tutte queste a priori come meri oggetti (e non solo come persone oggetto di desiderio secondo natura e soggetto di possibile scelta sentimentale o anche solo ludica) o addirittura come bambole da manipolare e cui mancare di rispetto (come non esistesse la possibilità di accordi chiari e consensuali per trovare sempre un compromesso fra le esigenze di entrambi). Casomai sono il comportamento perfido e l’ideologia menzognera di molte di esse, in occidente, a spingere anche i più pacifici e rispettosi fra gli uomini a trattare con azioni e parole certe donne per come si meritano (ovvero replicando con crudeltà e falsità alle loro perfidie sessuali e alle loro bugie morali).
Mancanza di rispetto è invece, con vestimenti (svestimenti), movenze, parole (dette o non dette), o comunque atteggiamenti, sguardi, comportamenti volutamente ambigui, il suscitare, per capriccio, moda, vanità, interesse economico-sentimentale (aumento del potere contrattuale su tutto il genere, o sull’uomo voluto, tramite il negarsi), gratuito sfoggio di preminenza erotica o addirittura sadico diletto (dell’attrarre chi si vuole solo respingere, del sollevare nel sogno chi si vuol far solo cadere nel disprezzo, dell’illudere chi si vuol solo deridere e far sentire nullità innanzi a colei che da tutti tutto può avere, del suscitare disio solo per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa possibile per la psiche e a volte pure il corpo del malcapitato, possa far provare le pene dell’inferno della negazione dopo le promesse del paradiso della concessione) disio in uomini che non si ha alcuna intenzione di conoscere per un eventuale rapporto (sia esso basato sul divertimento o sul sentimento) o anche solo per verificarne l’eccellenza nelle doti volute (ed eventualmente godersele in un flirt dalle possibilità aperte), ma solo di trattare come freddi specchi su cui testare l’avvenenza o come pezzi di legno innanzi a cui permettersi di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi tensione emotiva, qualsiasi dolore di corpo e di psiche, qualsiasi umiliazione pubblica o privata, qualsiasi inflizione di senso di nullità momentaneo, inappagamento fisico e mentale fino all’ossessione, disagio da sessuale ad esistenziale).
Purtroppo tutto questo (che genera sofferenza emotiva sul momento ed alla lunga produce mali come l’anoressia sessuale, il precoce bisogno di prostitute, l’incapacità di sorridere alla vita e al sesso e di approcciarsi a quello opposto senza vedervi potenziale fonte di ferimenti, inganni, perfidie e tirannie, o addirittura il suicidio o comunque l’assenza di interesse per la vita e speranze di felicità) è chiamato “diritto della donna” e chi lo contesta come “violenza psicologica sugli uomini” è detto a scelta “maschilista”, “retrogrado” o “giustificatore della violenza” o, nel migliore dei casi, trattato come un bambino troppo patetico e sensibile.
In ogni caso, anche a prescindere dai motivi di “vendetta sentimentale”, che esistano persone tanto perfide da accusare falsamente per vendetta o altro (in questo caso denaro) è purtroppo nell’ordine delle cose (come lo è che esistano uomini tanto malvagi da uccidere per qualsiasi motivo o da stuprare). Non è invece nell’ordine delle cose di uno stato di diritto che un cittadino possa finire in galera con la sola parola dell’accusa. Ciò significa permettere alle persone false di nuocere, come se uno stato non avesse leggi contro la violenza e l’omicidio e permettesse a stupratori e assassini di infierire sulle vittime.
La mia non è una crociata "contro le femmine"
Io sono fermamente convinto che la stragrande maggioranza delle donne sane di mente, nemmeno sapendo di doversi vendicare di qualcosa, nemmeno sapendo di poterne trarre un grande vantaggio, nemmeno sapendo di poter rimanere impunita, sarebbe mai capace di denunciare qualcuno per una violenza mai avvenuta, come sono sicuro che anche le attiviste sono convinte che la maggioranza degli uomini non sarebbe mai capace, nemmeno sapendo di poter contare su una sostanziale impunità, di usare violenza su una fanciulla indifesa.
E dirò di più: sono anche convinto che molte donne in particolare (se non altro per non avere impostazioni mentali "cavalleresche" e per non essere soggette al timore di essere tacciate di "maschilismo" o di "fare branco" come potrebbero esserlo gli uomini nella stessa situazione) sanno sentire profondamente l'ingiustizia subita da un innocente accusato da un'altra donna, sanno comprendere tutta la gravità del trauma psicologico da lui subito e sanno attivarsi per cercare per quanto possibile di rimediare (del resto chi più degli altri si batte per la libertà di Parlanti sono le ragazze di "Prigionieri del Silenzio", alla faccia della tanto decantata "solidarietà maschile").
Se però si supponessero tutte le persone buone e giuste non servirebbero nè leggi, nè stato, nè giudici. La legge esiste proprio per tutelare il cittadino anche nel caso peggiore in cui incontri la persona più violenta o più falsa della terra.
Quando si ragiona di legge si deve abbandonare ogni proposito moralistico di capire perchè e per come le persone non siano nè buone nè sincere, e si deve ragionare realisticamente ex-summo-malo, pensando a come fare perchè, posto che certe persone siano malvagie e bugiarde al massimo grado, le loro violenze o le loro menzogne non abbiano comunque libero agire all'interno dello stato.
Il fine dello stato è proprio quello di riuscire a imporre la giustizia e la protezione dei cittadini anche in un mondo in cui gli stessi non sono affatto, nella loro maggioranza, "buoni" e "sinceri".
Non è un buono stato quello che per funzionare presuppone come condizione necessaria bontà e sincerità.
Come non ci si deve limitare a inveire moralisticamente contro la malvagità di chi uccide, ma si deve predisporre un sistema giudiziari in grado di impedire gli omicidi (con prevenzione e repressione), così non ci si può contentare di maledire moralmente la donna che accusa falsamente, ma si ha l'obbligo di costruire un sistema di diritto in grado di impedire alle sue simili di far finire in carcere gli innocenti.
Il mondo del diritto ha da secoli compreso gli strumenti per realizzare ciò.
Per difendersi dalla violenza si rendono reato lo stupro, la rapina, il furto e l'omicidio (scoprendo i colpevoli con strumenti investigativi punendoli con pene giudiziarie proporzionate al danno provocato e dimostrato), per difendersi dalla falsità si fa obbligo di provare ogni accusa.
E non mi si dica che basta il fatto che la calunnia e la falsa testimonianza siano reati.
In primis, le pene per tali reati sono risibili al confronto di quelle per lo stupro (ed anche del trauma psicologico subito da chi, accuasto ingiustamente, subisce un processo in auta, sui media e nella vita relazionale), tanto da rendere comunque "vantaggioso" il "rischio" per chi voglia accusare falsamente (cos'è un anno con la condizionale al confronto di 5-10 anni senza i benefici della Gozzini?).
In secundis, anche se le pene per calunnia e falsa testimonianza fossero draconiane o comunque comparabili a quelle per stupro, risulterebbe difficile, una volta abolita la presunzione di innocenza, che chi accusa falsamente venga scoperta (potrebbe esserlo solo nel caso fortuito della presenza di telecamere in loco, della delazione di qualche amica a conoscenza del "perfido piano" o dell'ingenuità commessa nel lasciare tracce della realtà dei fatti come sms o messaggi sul web). Vi è infatti a monte un fatto di "epistemologia" ben spiagato dal buon Popper. Mentre è sempre possibile dimostrare l'esistenza di quanto esiste, non sempre è possibile provare la non esistenza di quanto non esiste. Si può dimostrare la non esistenza dei fantasmi, di dio o del puro spirito? Possiamo provare di non essere mai andati sulla luna con l'ippogrifo? Come potremmo difenderci dall'accusa di aver commesso qualcosa di inesistente? Nei processi per stregoneria era praticamente impossibile essere assolti proprio per l'impossibilità di dimostrare di non aver commesso atti la cui esistenza non può essere nè affermata nè negata da prove certe (proprio in quanto extra-scientifici ed extra-fisici). Lo stesso capita a chi è accusato di violenza quando si intenda per essa anche ciò che non lascia segni riscontrabili oggettivamente.
Pretendere la presunzione di innocenza anche nei casi di violenza sessuale (esattamente come in tutti gli altri reati) non significa assumere che tutte le donne siano talmente false e perfide da accusare un innocente per capriccio, vendetta, ricatto o sadismo, ma impedire che quel sottoinsieme di donne false e perfide possa causare danni a qualunque uomo. Esattamente come pretendere che lo stupro sia seriamente perseguito non significa assumere che tutti gli uomini siano stupratori, ma giustamente pretendere che quel sottoinsieme tanto violento e malvagio non possa nuocere impunemente.
Le donne (femministe a sud) che accostano la presunzione di innocenza ad una sorta di “pretesa di impunità” o “difesa degli stupratori” stanno dicendo che, pur di non lasciare impuniti reati consideati gravi (ma anche l'omicidio è grave, eppure non per questo si condannano all'ergastolo o a trent'anni persone sulla cui colpevolezza non vi sono riscontri oggettivi o altri elementi tali da fugare ogni dubbio ragionevole) si può (anzi, si deve) condannare sulla base di parole e non di fatti. Bell'esempio di giustizia!
Come se non fossero obbligati a sapere che, se i diritti umani valgono, come disse qualcuno prima di me, centinaia di criminali possono anche restare liberi, ma un solo innocente in carcere rende l'intero sistema legale un sistema criminale!
E il motivo è presto detto.
Nel primo caso (colpevoli fuori), l'unica colpa dello stato è quella di non essere riuscito (nonostante tutta la buona volontà) a fare giustizia di un crimine commesso da altri, da criminali che comunque ha cercato e cerca sempre di identificare, perseguire e far condannare secondo ovviamente le regole del sistema giudiziario. E' ancora nell'ordine delle cose che un criminale delinqua ed è ancora plausibile che purtroppo non lo si riesca a punire legalmente. La colpa del delitto resta però tutta del criminale.
Nell'altro caso (innocente dentro) è invece lo stato a compiere un crimine ex-novo (ovvero privare della libertà un cittadino innocente) e in prima persona (ovvero a fare l'esatto contrario di quanto dovrebbe per suo stesso statuto, perchè commette direttamente un'ingiustizia e una violenza contro un cittadino anzichè proteggerlo dall'ingiustizia e dalla violenza degli altri). La colpa del delitto è qui tutta dello stato (che dal nulla crea un'atto violento e ingiusto). Questo è fuori dall'ordine delle cose, perchè costituisce la negazione del motivo per cui esiste lo stato (ovvero difendere i cittadini dall'arbitrio, dal danno ingiusto, dalla forza illegittima).
Non si tratta più di non riuscire a riparare ad un crimine già commesso da altri, ma di commettere un nuovo crimine in prima persona. Vi è la stessa differenza fra chi non riesce a riparare qualcosa (di già rotto da altri) e chi qualcosa rompe per azione propria.
Questo principio garantista non è una mia personale opinione, è uno dei fondamenti di ogni stato retto dal diritto e dalla giustizia.
E in Italia...
E frattanto che succede in Italia?
Che chi si vanta di essere “paritaria”, anziché preoccuparsi di come questo nazifemminismo possa attraversare l'atlantico, accusa di “maschilismo” chi lo denuncia e attribuisce l'esistenza di fatti come quello riportato alla “fantasia maschile” (come non fossero veri)!
Vorrebbero addirittura che la sola accusa fosse creduta in sé se proferita da una donna contro un uomo in tema di reati sessuali anche in assenza di riscontri oggettivi e testimonianze terze!
Non si contentano che, al contrario di quanto sarebbe in uno stato di diritto (in cui nessuno potrebbe essere condannato senza riscontri oggettivi o testimonianze terze valevoli come prove oggettive perchè disinteressate), l'Italia del codice Rocco (elaborato in un periodo in cui lo stato aveva interesse a poter condannare cittadini senza prove certe) può anche fondare una sentenza di condanna sulla sola parola dell'accusa (se questa viene sentita anche come teste con obbligo di dire la verità), anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze (come se, magicamente e sofisticamente, fosse possibile distinguere, nella stessa persona , nelle stesse parole, quanto dice la parte in causa con la testimone, come se, contro quanto mostrato da kant, l'essere fosse un predicato, la verità di una proposizione fosse ricavabile solo dal suo senso logico in abstracto e non dalla sua verifica sperimentale concreta, come se i famosi talleri immaginati fossero qualitativamente diversi da quelli reali), ma pretenderebbero pure che tale parola venisse assunta come prova anche prima e anche senza una scrupolosa verifica della sua attendibilità (per evitare di condannare imputati sulla cui colpevolezza sussistano dubbi ragionevoli), svolta sia in relazione alla credibilità intrinseca di quanto riferito, sia rispetto alla credibilità soggettiva di chi parla (ricavabile da indagini sulla sua dirittura morale, sui suoi eventuali interessi a mentire, e sui suoi comportamenti abituali).
Se la sola parola dell'accusa vale già come prova, se il tentativo di metterla in dubbio funziona come ulteriore prova di colpa (del genere “ti inventi che l'accusa è falsa proprio perchè sai di essere colpevole”), se è l'accusato e non l'accusa a dover trovare prove a sostegno della propria tesi e a soccombere in caso di insufficienza di esse, se il solo pretendere dalla donna di fornire riscontri oggettivi o testimonianze terze al proprio racconto è considerata una “mancanza di rispetto verso il genere femminile”, se il mettere in dubbio tanto la parola dell'accusa quanto quella della difesa per poi cercare nei fatti elementi a sostegno all'una o all'altra tesi e, in mancanza di essi, prosciogliere per insufficienza di prove, anziché essere visto come normale procedimento per la ricerca del vero e come garanzia del diritto è presentato come “protezione dello stupratore anziché della vittima”, se l'indagare sulla credibilità oggettiva e soggettiva del racconto accusatorio prima di fondarvi un giudizio di colpevolezza è considerato “seconda violenza”, se la gravità di un'accusa funge già da presunzione di colpa (come nei processi per stregoneria: il crimine contro dio è tanto grave che non si possono concedere garanzie a chi lo commette), se si parla di vittima e colpevole ancora prima di aver accertato i fatti in maniera oggettiva e prescindente dal solo teorema accusatorio,
allora siamo chiaramente e incontestabilmente in un processo inquisitorio.
Siamo nell'era del terrore femminista e della caccia al maschio violentatore o pedofilo.
E' ora di smetterla, in generale, con la possibilità di far finire in galera un cittadino sulla sola parola dell'accusa (sia donna o uomo, adulto o bambino, non ha importanza), anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze.
E' ora di smetterla, soprattutto, con la vaga e omnicomprensiva definizione di “violenza sessuale”, la quale può includere, a discrezione unilaterale della presunta vittima, letteralmente tutto ciò di cui a posteriori e secondo i proprio soggettivi parametri una donna possa, per qualsiasi motivo, accusare un uomo.
E' ora di smetterla con l'includere fra fatti penalmente rilevanti anche quanto non lascia tracce oggettivamente riscontrabili, anche quanto non ha oggettivamente nulla né di violento né di molesto ma ha la sola colpa di esprimere (in maniera più o meno poeticamente vaga o popolarmente schietta, nobilmente raffinata o banalmente triviale) disio naturale per il corpo della donna e di non essere a posteriori da questa gradito (dopo che però lo ha implicitamente indotto e socialmente preteso!), anche quanto non include nulla più del classico gioco delle parti fra maschio e femmina (voluto dalle donne e dalla natura, nel quale il primo fa la prima mossa, insiste, resiste ai no, ritenta e reinventa nuove strategie e la seconda fugge, si nega e lotta come chi vuol essere vinta, non per allontanare ma per accrescere disio, testare interesse, prendere tempo per decidere con calma, per verificare la presenza o l'eccellenza delle doti volute, per godersele se presenti o divertirsi comunque della situazione di potere psicosessuale se assenti), anche quanto viene “commesso” senza la benché minima violenza nel senso classicamente inteso con ciò dal diritto e dalla ragione.
E' ora di finirla con il considerare stupro una prestazione sessuale non pagata, un filmato sul cellulare, uno scherzo di mano con una collega fino ad un attimo prima contenta di scherzare disinibitamente. E' ora di piantarla con il chiamare vittima la segretaria che cede alle richieste del capo nella speranza di promozioni e poi resta delusa, la moglie che manda in bestia il marito rifiutandosi di adempiere a quei doveri coniugali di cui pretende i corrispettivi diritti (la fedeltà sessuale imposta per giunta contronatura all'uomo), la fidanzata che non sa se concedersi o meno e poi si pente di aver lasciato fare. E' ora di abbandonare le considerazioni sulle “pressioni psicologiche” che renderebbero nullo il consenso dato al momento nei fatti quando simili considerazioni non si fanno per le violenze psicologiche esercitate dalle donne attraverso l'arma erotico-sentimentale (fidanzate, amate) o quella emotiva e sessuale (stronze da discoteca).
E' ora di tornare a circoscrivere i reati sessuali a quanto ogni mondo civile ha da sempre giustamente riconosciuto e punito come “stupro”. E' ora di tornare a far gravare sull'accusa l'onere di dimostrare non solo che il rapporto sessuale è avvenuto, ma che è avvenuto con oggettiva violenza. E di ritenere, in assenza di prove fattuali o di testimonianze di persone davvero estranee all'esito della causa, che, se vi è anche solo il minimo dubbio sulla possibilità che atteggiamenti, vestimenti, atti, detti, sguardi o comunque comportamenti della denunciante siano compatibili con un'ipotesi di consensualità (o anche solo di buona fede da parte dell'accusato) si debba assolvere per insufficienza di prove (senza per questo necessariamente dare della puttana o della falsa alla donna, almeno non prima si siano accertati i fatti) o per mancanza di dolo (senza per questo dover affermare, come le femministe falsamente sostengano voglia dire, che con certi comportamenti “le donne se la cercano” o, peggio “gli uomini sono giustificati a stuprare”).
Era il tuo fidanzato/amichetto quello che su tuo invito è entrato in camera, e non un estraneo intrufolatosi a forza nella tua casa? Bene, se tu non mi dimostri con referti medici o prove di fatto (tipo evidenze o testimonianze di una colluttazione volta alla costrizione) che vi è stata una violenza io suppongo ancora possibile l'ipotesi della consensualità in un rapporto fra amanti (e del successivo litigio), quindi assolvo (mancano le prove).
Per moda o custume ti vesti, ti muovi e ti comporti da puttana, o comunque, per capriccio, vanità, vantaggio economico-sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica, trovi interessante risultare agli occhi degli uomini ambigua come una Salomé? Se non dimostri al di là di ogni dubbio di aver subito una violenza (non sostengo certo come vorrebbero farmi dire le femministe che “l'abbigliamento seducente o il comportamento disinibito giustificano lo stupro”) io posso ancora supporre che il tuo atteggiamento ambigui sia stato travisato in buona fede per disponibilità, quindi assolvo (manca il dolo).
Ti diletti (per costringere ogni uomo a tentare, insistere e a mostrare il meglio di sé nei tentativi, e a testare così il suo reale valore, la sua reale eccellenza nelle doti per te importanti e soprattutto il suo reale interesse nei tuoi confronti) nell'indurre l'uomo al gioco di madonna e messere in cui questo tenta n volte, quella nega n volte e alla n+1 esima cede? Se non provi che per violare il tuo ultimo no ha usato una forza eccessiva per il solito gioco delle parti presente anche in natura, per me può anche trattarsi di un'avventura erotica da te così voluta, qundi assolvo (manca un vero dissenso).
Era il tuo capo quello cui ti sei concessa? Se non mi dimostri che ti ha minacciata in qualche modo, per me tu non hai alcuna sudditanza psicologica: stai solo giocando le tue carte al tavolo delle trattative. Quindi assolvo (manca la rilevanza penale dei fatti).
Questo non punirebbe certi “soprusi”? Anche certe stronzaggini delle femmine non sono punite da legge alcuna! Persino certi omicidi restano impuniti quando vi sono dubbi.
Se qualcosa è tale da non lasciare nemmeno tracce riscontrabili dagli inquirenti sulla propria effettiva gravità e soprattutto realtà, evidentemente non sarebbe tanto grave anche qualora fosse reale, quindi non deve avere rilevanza penale (perchè non ha senso, per qualcosa di minimo e presunto, rischiare danni veri e reali come la distruzione della vita di cittadini innocenti). Se si trattasse davvero di qualcosa “peggiore dell'omicidio” allora i suoi effetti sarebbero non solo riscontrabili dagli inquirenti, ma visibili a tutti in maniera chiara e oggettiva, come lo è un cadavere!
Crepate stronze stuprazioniste! Vedetevela con quelli di Lotta Continua! Fra menzogneri di sinistra formate belle coppie!
P.S.
Vi è anche in tutta questa storia l'effetto della de-responsabilizzazione femminile.
Ella è stanca di fare la puttana. Quindi denuncia. Perchè la colpa non è ovviamente di lei che liberamente (per non saper resistere alle proprie inclinazioni) sceglie di comportarsi da troia. Ma dell'uomo che, desiderandola, glie lo permette. Conclusione mia (logica): queste donne hanno bisogno di un mondo fatto di soli gay (i quali, ignorandole, le priverebbero della desiderabilità indispensabile per essere puttane) o di soli talebani (i quali, privandole della libertà, impedirebbero loro di agire nella maniera troieggiante da esse stessa censurata). Solo così non avrebbero pentimenti, le poverine.
Chissà cosa direbbe l'America se io facessi lo stesso ragionamento per il ladro, lo stupratore o l'assassino che non sa resistere alla tentazione. Ma certe morali puritane valgono solo per le donne.
P.P.S.
Il diario non è stato scoperto solo ora. Era noto fin dai tempi del primo processo, prima che il giovane venisse condannato e incarcerato. E' stato semplicemente stralciato dalle prove presentate alla giuria solo perchè una corte femministicamente orientata (conformemente alle leggi per cui "non si può mettere in dubbio la credibilità di una donna che denuncia violenza indagando sulla sua reputazione") ha ritenuto il "valore probatorio" di tali rivelazioni autobiografiche superato dal rischio di "influenzare negativamente l'immagine della teste".
Ecco perchè movimenti come "Femminismo a sud" devono essere annientati con ogni mezzo se inneggiano all'applicazione integrale di tali modi di procedere anche in Italia. Ecco perchè certe troiette pelasgiche devono essere (per il bene dello stato) sopraffatte assolutamente quando diffondono l'idea che "una vittima di violenza non deve essere sottoposta a interrogatori volti a verificarne l'attendibilità perchè sarebbe come violentarla ancora" (notare il ragionamento circolare del considerare già vittima di violenza la denunciante sulla base della sua stessa denuncia di cui si dovrebbe vaglire l'attendibilità: "non si deve più verificare che questo è vero, perchè....è vero") e che "non si può rischiare di rovinare la reputazione o la privacy di una donna per difendere uno stupratore" (come se fossimo nell'Ottocento delle spose vergini, come se non fossimo in uno stato di diritto in cui nessuno può avere la reputazione menomata solo per certi comportamenti non condivisi da certe morali e in cui a chi accusa spetta l'onere della prova).
Ma poi, della "reputazione" e della "tutela psicologica" di chi stiamo parlando?
Se stiamo parlando di una vera vittima, le verifica può solo dimostrarne la sincerità, e quindi gettare ulteriore discredito sull'accusato e comprensione sull'accusatrice. Se stiamo parlando di una stronza mentitrice, è invece giusto che la sua "reputazione" sia distrutta, se non per contrappasso con quello che ha fatto alla reputazione dell'uomo accusato ingiustamente, almeno per salvare altri innocenti da altre possibili accuse. Quanto alla psiche di una che prima agisce da puttana e poi racconta di essere stata stuprata, non serve tutelarla al processo, perchè evidentemente aveva già problemi in partenza.
E comunque: è più a rischio la psiche di un innocente che subisce il trauma (materiale, economico, mentale e a volte pure fisico, date le leggi anacronistiche fra carcerati contro i "violentatori") del carcere e della gogna mediatica (e della perdita di fiducia di amici e conoscenti, o comunque della prospettiva della distruzione della propria vita come la si conosceva e amava e di ogni residua speranza di felicità), o di una ragazza che, in ogni caso, può starsene seduta sul banco dell'accusa e fregarsene del mondo?
Comunque, in uno stato di diritto nessuna reputazione e nessuna privacy può essere considerata preminente rispetto al rischio di condannare un innocente, quindi una scrupolosa verifica al di là di ogni dubbio, e senza riguardo per alcuna ideologia, dell'attendibilità oggettiva e soggettiva della parola dell'accusa (ivi comprendendo le sue abitudini sessuali, suoi atteggiamenti abituali e le sue qualità morali) deve essere assolutamente presente (e non avere la minima possibilità logica di essere interpretabile altrimenti), se la valutazione di veridicità della deposizione della presunta vittima è decisiva per l'esito del processo.
Se poi mancano riscontri oggettivi, per me si dovrebbe assolvere comunque (unus testis nullus testis), ma qui servirebbe cambiare il Codice Rocco fascista...
P.P.P.S.
Da parte di qualcuno che vuole difendere la giuria si cita questo come tipico caso di "date rape" difficile da valutare (senza il diario, ovviamente).
Il cosiddetto "date rape" (stupro all'appuntamento) non dovrebbe manco esistere come reato grave.
1) Se una donna accetta senza violenza di uscire con un uomo o di riceverlo in intimità significa che tale uomo non le è poi tanto sgradito quanto potrebbe esserlo il primo sconosciuto per la strada. Anche in caso di realtà del fatto, esso non avrebbe dunque la gravità, per il corpo e la psiche della donna, di un vero stupro (non me la raccontano le femmine con "tu sei un uomo e non puoi capire". Capisco benissimo che essere forzate ad un rapporto con una persona non gradita sia terribilmente traumatico, ma capisco anche che non si può stuprare la logica sostenendo la sussistenza di tale trauma anche nel caso di un uomo tanto poco sgradito da essere accettato come pretendente, e non si può stuprare il buon senso sostenendo che chi sino ad un minuto prima era vicino ad essere considerato un principe divenga d'improvviso un rospo solo perchè qualcosa nel suo sguardo, nel suo atto o nell'ambiente è cambiato: se poi egli, dimentico di ogni galanteria, forza la donna oltre la misura del gioco naturale delle parti, sempre violenza è, ma non certo terribile come lo stupro).
2) Esiste (in tali casi) almeno 1/2 di possibilità che i no della donna significhino non già inviti a desistere e ad andarsene, bensì a restare, riprovare, sorprendere con nuovi diversi tentativi, poichè da tale capacità di resistere ai dinieghi la donna misura il reale grado d'interesse dell'uomo (e quindi la propria avvenenza, appagando la vanità), accresce il di lui desio (e quindi il proprio potere), prende tempo per valutare con calma e senza impegno l'eventuale presenza o eccellenza in lui delle doti di sentimento e intelletto volute per un rapporto, per goderne già la presenza o dileggiarne l'assenza e per indugiare in quella situazione di preminenza erotica e di vantaggio psicologico data dall'essere sul piedistallo in quanto mirata e disiata di per sè per la bellezza innanzi a chi, messo alla prova con la tensione di un esame, deve offrire e soffrire di tutto per mostrarsi alla sua altezza (chi sostiene le donne non si comportino così quando sono davvero interessate ad un uomo mente per la gola): in tal caso l'uomo può benissimo aver agito in buona fede (tanto più che chi interpreta quei no per dei veri no subisce il disprezzo a vita dalle donne quale pavido nel corteggiamento e finisce costretto a cercare la propria amante col telescopio fra l'intatta luna e le scintillanti stelle).
3) Nel rimanente 50% dei casi molti sono quelli delle solite stronze che, per capriccio, vanità, interesse economico-sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica si dilettano ad attrarre chi vogliono solo respingere, a fingere di apprezzare solo chi vogliono far poi sentire un puro nulla, uno fra tanti, un banale scocciatore, a sollevare nell'illusione chi desiderano solo manipolare e far cadere nell'abisso della delusione come un pupazzo, a scegliere fra tanti uno da attrarre e ingannare col disio e poi disprezzare nel profondo, o far sentire ridocolo davanti a se stesso o agli altri, a indurre un uomo a farsi avanti solo per chiamarlo poi molesto quando maldestramente o ingenuamente cerca di carpirne i favori implicitamente fatti balenare ad arte con (s)vestimenti, movenze, sguardi e parole non dette, a suscitare disio solo per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e doloroso possibile per il corpo e la psiche del malcapitato, da una raffinata e meditata perfidia, possa provocare le pene dell'inferno della negazione dopo le implicite promesse del paradiso della concessione.
In tali casi l'impossibilità pratica (in pressochè tutti i casi di "date rape") di procedere in assenza di prove evidenti non metterebbe in pericolo l'incolumità di alcuna fanciulla innocente. Metterebbe solo in guardia le stronze dalla presenza nel mondo della legge di azione-reazione (che non è maschilismo, ma fisica). E anche se tutto fosse provato, nei casi di stronzaggine dimostrata il "colpevole" dovrebbe poter invocare o la provocazione o la legittima difesa (psicosessuale).
Le puttanelle spastiche del sito "a sud" pretendono invece, pur di affermare il diritto assoluto e soggettivo a "fare le stronze se ne hanno voglia", di abolire la presunzione di innocenza nei reati sessuali (lasciando possibile condannare un uomo sulla sola parola della donna, senza non solo cercare riscontri oggettivi o testimonianze terze, ma senza neppure verificarne l'attendibilità intrinseca ed estrinseca, perchè ciò sarebbe, per loro "seconda violenza").
Per me invece, che già faccio fatica sopportare (ma il diritto me lo impone) la non esistenza di un'autorizzazione a far violenza su le stronze psicosessualmente violente, le femministe pronte ad abolire la presunzione di innocenza nei reati sessuali in favore del diritto alla stronzaggine nei comportamenti sessuali e quindi contente di vedere tanti innocenti in carcere pur di poter continuare a "mettere le minigonne", a dire "guai a chi fa commenti" e a "giocare con la semplice e prevedibile sessualità dei maschi" meritano davvero, non per mio soggettivo desiderio di vendetta, ma per oggettivo contrappasso, di essere violentate e uccise. Sono comunque meno innocenti di gran parte di coloro che sono o potrebbero essere in carcere in questo occidente.
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