La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Salı, Nisan 27, 2010

Risposta agli imbecilli che scrivono su Gonews.

La settimana scorsa leggevo questo

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Ha conosciuto due ragazzi in discoteca e si è fatta riaccompagnare a casa, ma uno dei due avrebbe minacciato di lasciarla in un'area di servizio sulla Firenze-Pisa-Livorno pretendendo un rapporto sessuale completo. La ragazza, annebbiata dall'alcol, prima avrebbe acconsentito ma successivamente ha chiamato la polizia e ha denunciato la violenza. Sono in corso indagini da parte della squadra mobile di Firenze. La vittima è una diciannovenne che vive nella provincia di Firenze: ieri sera aveva passato la serata in un locale di Montelupo (Firenze).
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Ed io, commentavo:
Una ragazza è libera di fare ciò che vuole e non deve essere costretta a nulla (se vi è oggettivamente costrizione vi è violenza a prescindere da tutto), ma non è libera di chiamare violenza ciò a cui ha acconsentito per interesse o per abbandono all'ebbrezza dell'alcool o della trasgressione.

Come si fa a parlare di costrizione se la stessa ragazza ammette di aver acconsentito alla richiesta per essere riaccompagnata a casa?
Se ciò è vero, non è una violenza, è uno scambio consensuale di sesso per passaggio in auto.
Minaccia è quando si prospetta un danno ingiusto a chi si rifiuti di accondiscendere ad una pretesa, mentre quando si condiziona qualcosa di non dovuto a priori (come un passaggio in auto, o anche solo il portarlo a termine) al soddisfacimento di una richiesta si ha solo una proposta.
La ragazza avrebbe potuto scendere e proseguire il viaggio con mezzi proprio.
Se ha accettato è perchè ha voluto farsi accompagnare a casa. Quindi il consenso c'era, e motivato.
Non è un suo diritto naturale essere accompagnata sotto casa da sconosciuti, quindi il condizionare il buon esito del passaggio ad un rapporto sessuale non configura minaccia di danno ingiusto, ma solo proposta cui si può dire sì o no senza vedersi privati di alcuna libertà e di alcun diritto.
Ma qui quando una donna si pente dell'accordo che ella stessa ha accettato si considera lo stesso (a posteriori) costrizione, contro ogni ragione e ogni e ogni etica (vale qui e vale per la "prostituzione" in senso lato, dalle "poverine sulla strada" alle donne in carriera/attrici/dipendenti pronte a scambiare sesso per vantaggi materiali e poi a denunciare il tutto come "molestia").

P.S.
Non si consideri l'ubriachezza della donna come giustificazione del suo denunciare a posteriori come violenza quanto è invece avvenuto con il suo consenso.
Perchè si deve sempre dare la responsabilità solo all'uomo e assolvere sempre la donna anche quando dovrebbe essere in grado di intendere e volere? Forse che la si tratti come minorata? Se un uomo è considerato in grado di intendere e volere anche ubriaco, e l'ubriachezza non costituisce assoluzione se violenta o comunque provoca danni al prossimo (come incidenti, risse, omicidi), allora anche il consenso dato dalla dotta ubriaca deve essere considerato valido in quanto espressione di una persona capace di intendere e volere. E se si dice all'uomo incapace di controllarsi sotto l'effetto di alcool: "se non sei certo di te stesso e non vuoi, una volta ubriaco, rischiare di stuprare o di provocare incidenti risse e omicidi, allora non ubriacarti, o ubriacati solo in casa tua", si deve dire anche alla donna incapace di controllare la propria sessualità sotto l'effetto degli stessi alcoolici: " se non sei certa di te stessa e non vuoi, una volta ubriaca, rischiare di finire a letto con chi poi non ti piace da sobria o comunque di compiere atti sessuali di cui poi ti pentiresti, allora non ubriacarti, o ubriacati solo in casa tua". Del resto anche all'uomo può capitare sotto i fumi dell'alcool di accettare con le donne di attuare o di subire certi comportamenti di cui di norma si vergognerebbe o da cui addirittura fuggirebbe, di ricercare o accettare rapporti con donne che sotto l'effetto dell'alcool gli paiono belle e interessanti ma che poi una volta sobrio non riesce più a sopportare (tanto da voler tornare indietro nel tempo e rifiutare ogni rapporto con loro, tanto da sentire di essere caduto in una trappola possibile solo per la particolare situazione). Può per questo dire di essere stato stuprato?

Ora arriva la conferma che avevo ragione.

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Una settimana fa aveva denunciato di essere stata vittima di una violenza sessuale, consumata in un'area di servizio in provincia di Firenze e compiuta da un giovane conosciuto in discoteca qualche ora prima. La versione della ragazza sarebbe però messa in dubbio dal contenuto di un video dell'impianto di sicurezza, dove i due sono ripresi mentre si scambiano effusioni prima e dopo essersi appartati. Il resoconto delle indagini della polizia è stato consegnato alla procura. La ragazza, un'italiana di 19 anni, aveva detto di aver passato la notte in una discoteca di Montelupo (Firenze) e di essersi fatta accompagnare a casa da due giovani italiani conosciuti quella sera. Durante una sosta in un'area di servizio, uno dei due l'avrebbe violentata. Nel video delle telecamere di sicurezza, però, si vedrebbero il giovane e la ragazza che si appartano per pochi minuti e che si scambiano effusioni e baci anche prima di risalire in auto. Dopo aver visto quelle immagini, la ragazza avrebbe modificato il proprio racconto, contraddicendosi e sostenendo che i due le avevano fatto bere un cocktail con una sostanza allucinogena. Una versione smentita dagli esami tossicologici. Secondo i due giovani, la denuncia della ragazza potrebbe essere una vendetta per un litigio avvenuto fra i tre a fine serata.
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Anzichè vergognarsi di aver fatto passare due ragazzi innocenti come stupratori, colgono l'occasione per infierire su chi aveva avuto il coraggio di tenere ferma la possibilità del rapporto consensuale.

La più stronza e la più falsa ha un nick maschile
bigz
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te come gli altri non hai mai messo in dubbio che i ragazzi fossero innocenti. giustificavi la loro opera supponendo fossero colpevoli. non rigirare la frittata e vergognati per le centinaia di ragazze che vengono giornalmente violentate nel mondo a causa di gente che la pensa come te. rileggiti i miei commenti e vedrai che non ho commentato il caso singolo, anzi ho chiaramente detto che non mi riferivo ad esso, ma alla generalizzazione. te ti sei permesso di prendere in giro una ragazza solo perché si sentiva toccata da questo fatto in modo alquanto vigliacco e puerile.
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Non rigirare tu la frittata. E' la ragazza (e chi sta con lei a priori) a dover provare al di là di ogni ragionevole dubbio l'effettiva gravità e l'effettiva realtà dei fatti denunciati, non i ragazzi accusati a dover fugare i dubbi sulla loro innocenza. In dubio pro reo.
Ma visto che qui si parla di numeri sulla violenza lasciando la definizione di essa alla soggettiva sensibilità della presunta vittima e la dimostrazione dei fatti ad una sola campana (mentre l'altra è tenuta a tacere e se parla viene reputata degna a priori solo del riso o del disprezzo), non ha senso discutere razionalmente.

Quanto alla vergogna...
vergognati tu per le centinaia di vittime innocenti del femminismo (tutt'ora in carcere) che considera a priori la donna come unica fonte di verità e sensibilità e vittima e distrugge oggettività del diritto e presunzione di innocenza.

Tu sarai responsabile se l'Italia diventerà come oggi gli Usa:

http://www.carloparlanti.it/

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=33518381

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=7846045

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=8012294

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=9090025

Più sottile l'argomentazione di un altro nick maschile:
[quote]
Nessuno ha sputato sentenze, si vede che lei legge quello che vuole leggere. Nessuno ha detto che erano colpevoli. Io nel mio commento ho detto: "se c'è reato".
Poi ho fatto un discorso su quello che hanno commentato, nel senso che una che beve troppo con degli sconosciuti e poi accetta da loro un passaggio "è una che se la cerca la violenza" a detta dei più.
Una cosa inaccettabile in una società civile.
Mi vorrebbe dire che lei è di questa corrente di pensiero?
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Guarda che il video è esattamente compatibile con quanto detto dai tuoi nemici e da te considerato "giustificazione della violenza".
Ella era consenziente perchè si è concessa in cambio del buon esito del passaggio. Ed essendo consenziente (sia pure per interesse e non per amore) ha fatto tutte le effusioni del mondo.
Il punto è proprio questo: non è che i ragazzi siano innocenti perchè quello che è stato scritto nell'articolo era falso. Sono innocenti proprio perchè quello che è stato scritto nell'articolo era vero e non era reato. Invece tu e le femministe avete voluto considerare reato chiedere un rapporto sessuale in cambio del buon esito di un passaggio. La polizia ha riscontrato che in tutto questo non vi è stata alcuna costrizione e dunque la violenza sessuale non sussiste. Esattamente come dicevano i tuoi nemici (ed io).

C'è sempre chi vuole travisare.
alessio:
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Nessuno ha sputato sentenze, si vede che lei legge quello che vuole leggere. Nessuno ha detto che erano colpevoli. Io nel mio commento ho detto: "se c'è reato".
Poi ho fatto un discorso su quello che hanno commentato, nel senso che una che beve troppo con degli sconosciuti e poi accetta da loro un passaggio "è una che se la cerca la violenza" a detta dei più.
Una cosa inaccettabile in una società civile.
Mi vorrebbe dire che lei è di questa corrente di pensiero?
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A parte che le sentenze in questi casi sono sputate sempre dai giornalisti (per montare ciclicamente psicosi, per avallare tesi preconcette o comunque per fare notizia, scalpore e scrivere quanto la massa che ama indignarsi, arrabbiarsi e gridare, più che fare la fatica di pensare con calma e riflettere oggettivamente, vuol leggere) e purtroppo spesso anche dalla magistratura (la quale avvalla con troppa leggerezza ogni richiesta di custodia cautelare in carcere accettando come "gravi indizi" di colpevolezza la semplice parola dell'accusa, ritenuta credibile non si sa secondo quale oggettivo criterio, anche prima e anche senza "prove" dirette, riscontri fattuali, testimonianze terze o altri elementi atti a validare oggettivamente la tesi della violenza), io non ho mai detto quanto attribuitomi. Vedi il mio commento sopra. Il mio pensiero non è che una ragazza che chiede un passaggio "se la cerchi", ma che una ragazza che accetta un passaggio (o il buon fine di un passaggio già cominciato) in cambio di un rapporto sessuale non è una vittima di violenza. La costrizione non vi è, poichè ella ha la testa per decidere liberamente cosa sia per lei conveniente/morale/accettabile e le gambe per andarsene se la proposta dell'accompagnatore la scandalizza. E, non essendo un obbligo di legge accompagnare le ragazze sottocasa, la "minaccia" di non farlo non costituisce minaccia di danno ingiusto (necessaria all'integrazione del reato di violenza tramite minaccia).

La conclusione è di una imbecille che finge di non vedere il punto.
ilaria79:
[quote]
a me fate paura ma voi!!! prima di tutto nel precedente articolo abbiamo commentato per quello che c'era scritto, ora commentiamo per quello che l'articolo riporta ora, poi cosa vuol dire se una ragazza accetta un passaggio o beve un pò di più è una poco di buono o come la definite voi santarelli, se ha detto delle bugie è giusto che paghi lei se sono stati i ragazzi pagheranno loro, la legge poi farà il suo percorso
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Appunto!
Il grave è proprio che anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze certe delle presunte violenze si presentano sistematicamente in questi articoli i ragazzi come mostri.
Poi la smentita passa sotto silenzio. Quando, per la fortuna degli innocenti, arriva. Qualche volta per fortuna la falsità viene soperta. Ma se, come vogliono stupidità cavalleresca e demagogia femminista, la presunzione di innocenza viene di fatto meno (per la volontà di non far sentire la denunciante "trascurata" e "poco creduta"), diviene difficile nei casi in cui non vi siano telecamere.

A parte merita di essere bastonata una stronza particolare.
occhiverdi:
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quoto tutti i commenti di big-z, alessio e sabrina - il resto dei commenti sono la prova del contenuto degli stessi, ovvero gente che continua a non voler capire e a tacciare tutte le ragazze di essere "zoccoline", facili e quant'altro e difesa a spada in generale (non nel caso in questione) dei maschi ritenuti sempre innocenti, provocati, e comunque difendibili.
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Come osi? Occhi verdi e lingua biforcuta! Verde come il veleno dei serpenti! Come osi rigirare la frittata?
Tralasciando il discorso moralista su "zoccole" e "ragazzi provocati difendibili", ci sono le evidenze delle false accuse
(Usa: http://www.carloparlanti.it/
Inghilterra: http://www.crimeblog.it/post/4270/uk-20enne-accusa-un-coetaneo-di-averla-stuprata-solo-per-poter-ottenere-un-risarcimento-niente-carcere
Italia: http://ilrestodelcarlino.ilsole24ore.com/bologna/2009/01/13/143979-nostro_figlio_accusato_stupro.shtml
http://www.youtube.com/donnadisonesta#p/u/3/VzrR0SvZWDM
)
e le scelte scriteriate del governo in tema di "sicurezza", platealmente incostituzionali (abolizioni della possibilità dei domiciliari, come se la detenzione preventiva potesse essere un'anticipo di pena e se la gravità di un'accusa potesse fungere da anticipo di colpa, e negazione dei benefici della Gozzini, misure non applicate nemmeno ai casi di omicidio, strage e infanticidio) ma trasversalmente approvate da gran parte del mondo femminile (e da quello maschilista-cavalleresco).

Siete voi che distruggete la presunzione di innocenza in questi casi!
Siete voi che considerate "seconda violenza" richiedere alla donna di provare oggettivamente la "prima" presunta "violenza"!
Siete voi che considerate "maschilista" chiunque osi dubitare della versione che vede massimamente colpevoli i ragazzi denunciati!

Fomentando addirittura il carcere preventivo!
Ovvero l'andare in galera per la sola parola della donna (considerata con criteri non so quanto scientifici "credibile"), presa come grave indizio di colpevolezza, anche prima e anche senza che la presunta violenza venga provata al di là di ogni ragionevole dubbio in unregolare processo con riscontri oggettivi e testimonianze terze!

E non dite che non è così, perchè se così non fosse, il ragazzo di Bologna denunciato dall'amichetta che si è messa a piangere dicendo di essere stata violentata nel bagno della disco, e solo dopo due anni è stata smentita dalle indagini difensive, non avrebbe passato 700 giorni ai domiciliari (ed ora sarebbe carcere vero), se così non fosse quel rumeno dell'altro giorn o (poi scagionato dalla testimonianza di una vicina che aveva sentito il litigio fra lui e lei per via del rumore per le scale) non sarebbe finito in galera perchè l'italiana ha detto di essere stata aggredita sessualmente e salvata dal cane!
Quali gravi indizi vi potevano essere se non la semplice parola dell'accusa giudicata credibile a priori secondo criteri di stupidità cavalleresca e demagogia femminista?

E voi fomentate questa situazione descrivendo il clichè a senso unico del "maschio violentatore", non tenendo presente nè presunzione di innocenza nè gradazione della colpa.
Il clichè opposto che tu critichi (uomini sempre difendibili), sebbena parimenti falso in quanto ugualmente assolutizzante, non è applicato più da diverso tempo (ammesso lo sia mai stato) in ambito giudiziario. Anzi, fa tanta paura il solo sospetto di cadervi che sovente (specie in Usa e in GB) si crede a priori alla parola della donna anche quando l'oggettività del diritto e la presunzione di innocenza dovrebbero imporre il dubbio legittimo (in attesa di prove). Ecco perchè anche in casi in cui non solo non vi sono prove di colpevolezza, ma vi sono addirittura prove dell'innocenza (se non altro l'impossibilità fisica dei fatti narrati dall'accusa) si può venire condannati (come Parlanti e, come lui, tanti altri), e in casi in cui non vi sono prove (come quello del ragazzo inglese) deve intervenire la "soffiata" di un'amica (supportata dalle telecamere) per scarcerare chi, a questo punto, è stato arrestato e imprigionato solo sulle parole (in uno stato di diritto testimonianze terze e riscontri oggettivi dovrebbero servire all'accusa, non alla difesa per far assolvere un innocente fino a prova contraria). E questi sono fatti. Come è un fatto che voi cavalieri e femministe vorreste anche l'Italia ridotta nella situazione d'oltremanica e d'oltreatlantico, solo per farvi belli della "lotta contro la violenza" (ovviamente della violenza psicofisica cui è sottoposto un innocente in carcere o un accusato ingiustamente, con tanto di trauma processuale, linciaggio mediatico e sensazione di trovarsi abbandonato da tutti, come l'accusato di un processo inquisitorio, impossibilitato a difendersi e ulteriormente accusato di "seconda violenza", "mancanza di rispetto per la donna" o "ammissione di colpa implicita nella negazione insistita", ad ogni contestazione delle accuse, nulla vi cale).


Il più stronzo di tutti merita una risposta più articolata (e pure un po' oltre il mio reale pensiero, o, meglio, oltre quanto nel caso sentirei giusto e sarei in grado di fare) a parte.
Alessio:
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vede la differenza tra l'essere umano e la bestia stà proprio li.
Avere l'intelligenza di sapersi fermare. Lo sò che è frustrante, ma il cervello dell'animale che si dice più evoluto su questa Terra dovrebbe avere una razionalità invece che cedere solo all'impulsività.
Se non si ha l'intelligenza di fermarsi si è delle bestie. Un rapporto sessuale non voluto è violenza. Punto e basta.
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Anche se provocato con intenzionale perfidia devo "usare il cervello" e fermarmi?
Un cervello che impone a me (persino nella mia più profonda natura) la limitazione e la frustrazione, e alla controparte (nella stessa sfera e nella corrispondente natura) lascia la libertà di permettersi di tutto senza conseguenze (pure di infierire, magari con tirannie, umiliazioni, irrisioni e perfidie d'ogni genere, su di me tramite ciò per cui risulto, psicologicamente e fisiologicamente, più debole e vulnerabile, ovvero il disio dei sensi) è un cervello che non vale nulla e non serve a nulla. E non è neppure intelligente.
MEGLIO ESSERE BESTIE!
INTELLIGENTE ESSERE BESTIE!
LA BESTIA E' PIU' VITALE E PIU' SANA DELL'UOMO CORROTTO DALLA PSEUDOINTELLETTUALITA' CAVALLERESCA O FEMMINISTA.
MEGLIO USARE LA VIOLENZA DIRETTA CHE LASCIARE CAMPO LIBERO ALLA MENZOGNA E ALLA PERFIDIA (strumenti della violenza psicologica e costume di gran parte delle stronze moderne fatto passare come "sopportabile per gli uomini", "normalitù" o addirittura "diritto della donna").

Così almeno si pone intelligentemente un limite alla prepotenza femminea, la quale altrimenti proseguirebbe senza remore fino all'infinito qualitativo e quantitativo!

Magari, provocato, ora sto anche volutamente (e comprensibilmente) esagerando proprio per mostrare l'esagerazione della tesi a me opposta, ma....
ANCHE IL FARE LE STRONZE E' VIOLENZA.

Quello che forse con troppa veemenza verbale i "vostri nemici" stanno tentando di dire, è che il "fare le stronze" (ormai divenuto costume nei luoghi di divertimento come in quelli di lavoro, negli incontri brevi e occasionali per via o in discoteca come in quelli più lunghi e sentimentali), ovvero trattare con sufficienza o aperto disprezzo chiunque tenti un qualsiasi avvicinamento erotico-sentimentale, mostrare pubblicamente, per capriccio, vanità , aumento del proprio valore economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza, le proprie grazie solo per attirare, illudere e sollevare nel sogno chi poi si vuole far cadere con il massimo del fragore, della sofferenza e del ridicolo, diffondere disio agli astanti e attrarre a sè (o addirittura indurre ad arte a farsi avanti e a tentare un approccio) sconosciuti che non si è interessate a conoscere ma solo a ingannare, far sentire nullità e frustrare sessualmente, dilettarsi a suscitare ad arte disio per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche da una raffinata, intenzionale e premeditata perfidia, possa far patire le pene infernali della negazione a chi è stato dapprima illuso dal paradiso della concessione, attirare e respingere con l'intenzione di infliggere continuamente tensione psicologica, ferimento intimo, senso di nullità , irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, inappagamento fisico e mentale degenerante se ripetuto in ossessione e disagio scivolante da sessuale ad esistenziale (con rischio di non riuscire più a sorridere nel sesso e di avvicinarsi ad una donna senza vedervi motivo di patimento, tirannia e perdita di ogni residuo interesse per la vita), usare insomma sugli l'arma della bellezza in maniera per certi versi ancora più malvagia di quanto certi bruti usino sulle donne quella fisica) non è un diritto, è una vera e impunita forma di violenza sessuale psicologica ai nostri danni, perchè i danni (piaccia o no al femminismo) esistono (e vanno dalla cosiddetta "anoressia sessuale" al suicidio, dal precoce bisogno di prostitute ad un disagio psichico ora celato con l'ironia ed ora pronto ad esplodere in eccessi di aggressività: che per millenaria consuetudine "cavalleresca" o per moderno appiattimento sul femminismo, gli uomini tendano a negare spesso anche a loro stessi le proprie sofferenze, non toglie che essi in tali casi siano davvero vittime). E quello che rende accesi i termini della discussione è la constatazione che proprio per affermare questo assai dubbio "diritto" (peraltro sempre e solo imposto dall'alto da certe lobbies culturali e mai espresso come volontà di questo o quel popolo) si pongano in dubbio persino oggettività e dimostrabilità del confine fra lecito e illecito e presunzione di innocenza.

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Pazartesi, Nisan 26, 2010

FINALMENTE UNA SPLENDIDA NOTIZIA!

Quella della madre che ha cercato di uccidersi annegando i pargoli era pura follia (e sul fatto che ad un'infanticida confessa e dimostrata si concedano i domiciliari, mentre un semplice accusato di stupro debba andare per forza in galera sulla sola parola della donna, anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza ci sarebbe molto da dire, ma in altra sede), questa al contrario è comprensibile reazione all'ennesima interpretazione a senso unico antimaschile della legge sul divorzio. Quella era volontà perversa di morte, questa è volontà vitale ed indomita di non arrendersi alle ingiustizie perpretrate dalla società e dalle donne.

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"Sono stanco, mi arrendo". Si costituisce dopo la strage
Lunga caccia all'uomo per rintracciare Oscar Bianchera, 42 anni che questa mattina ha ucciso la ex moglie di 40 anni, un'altra donna di 71 anni ed un conoscente con cui aveva avuto un dissidio. Dopo la strage telefona alla madre: ho fatto un macello.

Il corpo senza vita, coperto da un lenzuolo, di Daniela Gardoni uccisa dall'ex marito Omar Bianchera a Volta Mantovana.

Mantova, 25-04-2010

Poco piu' di un'ora per seminare terrore e morte in un fazzoletto di terra di circa di dieci chilometri. Poco piu' di un'ora per stroncare con due pistole e un fucile a pompa l'esistenza di tre persone e ferirne una quarta, sconvolgendo il 25 aprile di due tranquilli e ricchi paesi del Mantovano, Volta Mantovana e Monzambano. Omar Bianchera, autotrasportatore, 44 anni, stamani ha deciso di chiudere i conti con tutti coloro verso i quali provava rancore, trucidandoli: l'ex moglie, una vicina di casa e un conoscente con cui aveva avuto affari in passato. Tutti uccisi con "colpi mirati, precisi", dira' poi un medico del 118 di Mantova. Quello di Bianchera e' infatti apparso subito un piano tanto lucido quanto spietato. A un conoscente l'aveva promesso: "Mia moglie la uccido", tanto che quella di Daniela Gardoni, 43 anni, e' apparsa quasi una tragedia annunciata. La donna, martedi' scorso, era uscita vincitrice da una causa di separazione, al termine della quale l'ex marito avrebbe dovuto versarle parecchi soldi. Lui l'ha attesa dalle sette di mattina nei pressi della casa della donna in via Risorgimento, a Volta Mantovana. Quando Daniela Gardoni, due ore dopo, e' uscita di casa ne e' nata una lite. La donna, terrorizzata, e' salita a bordo della sua Ford Focus e Bianchera ha cominciato a sparare. L'ex moglie, probabilmente, cercava di raggiungere la vicina stazione di carabinieri ma, forse perche' gia' colpita, si e' schiantata contro un'altra auto, finendo contro il muro di un'abitazione. Bianchera, da freddo killer, ha spintonato un ragazzo sceso dal suo scooter per soccorrerla e ha sparato due colpi alla donna, uccidendola. Poco piu' di dieci minuti dopo la morte e' arrivata per Maria Bianchera, 71 anni, in localita' Piccard, dove l'autrasportatore abitava. Contro la vicina, con la quale sembra ci fossero contrasti per i confini dei loro terreni, ha sparato cinque colpi, freddandola. Bianchera, pero', non aveva ancora finito il suo compito di giustiziere. La spietata vendetta e' proseguita nella frazione Pille di Monzambano, in linea d'aria distante meno di un chilometro da Piccard. L'autotrasportatore, che pare da qualche tempo avesse cominciato a fare uso pesante di droghe, e' andato a cercare Luigi Platter, padre di Walter, 34 anni, viticoltore. In questo caso, gli attriti erano legati ai locali che Bianchera aveva affidato alla famiglia Platter anni prima perche' gestisse una birreria. Non ha trovato Luigi, ma Walter, che era in auto con la moglie, Virginia Deidone', 32 anni e i loro due figli piccoli. Anche i questo caso, nonostante la presenza della donna e dei bambini, il killer non ha avuto pieta': Walter Platter e' stato crivellato di colpi, la moglie e' rimasta leggermente ferita a un braccio e ha avuto la forza di correre in strada a chiedere aiuto. Quando i carabinieri, che erano intervenuti per l'omicidio di Maria Bianchera, omonima, ma non parente dell'omicida, sono arrivati sul posto, l'assassino era probabilmente ancora nei pressi. Il plurimocida e' riuscito a fuggire attraversando un canale d'irrigazione e a raggiungere la propria Punto di colore nero, parcheggiata a poca distanza. Immergendosi nell'acqua ha neutralizzato i cani che hanno perso le sue tracce. E' quindi scattata la caccia all'uomo, con posti di blocco, elicotteri, nel Mantovano ma anche nel Bresciano. Bianchera, dopo la mattanza, aveva chiamato la madre e le aveva detto: "Ho fatto un macello". Il suo telefonino aveva agganciato una cella di Pozzolengo, nel Bresciano, e, attraverso questo particolare, i carabinieri di Mantova, Monzambano e Volta Mantovana hanno capito in quale direzione stava cercando di fuggire. Braccato dai militari che ne seguivano gli spostamenti del suo telefono cellulare, senza alcuna via di scampo, l'autotrasportatore da Anfo, una localita' del Lago d'Idro, ha chiamato il 113. La Polizia ha girato la segnalazione ai carabinieri che sono andati a prenderlo. Si e' arreso quasi docilmente, ha consegnato le armi della strage. La sua domenica di follia era finita.
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Splendida notizia.

Questa bisogna usare come arma di difesa e offesa in un mondo in cui le femmine e il femminismo pensano di averla vinta per il semplice fatto di aver manipolato gli animi, la morale, il sentire comune, i media, di aver sovvertito ogni logica, ogni etica, ogni valore ed ogni diritto e di aver guadagnato alla propria causa le leggi, i costumi, la tv e i giudici: la maggior disposizione nostra ad uccidere e ad essere uccisi, che mai potranno toglierci perchè discende dalla nostra natura GUERRIERA.
Così devono essere giustiziate le responsabili di qualunque tipo di sbranamento economico-sentimentale. E lo stesso trattamento (o, meglio, le rimanenti pallottole) dovrebbe essere usato anche contro quelle donne virtuali che giustificano o glorificano l'atto dello sbranare l'uomo nelle sue ricchezze materiali e sentimentali.

E non mi si dica che sono senza pietà. Chi fosse capace di pietà capirebbe la tragedia di molti padri separati. Invece, le "cretine a sud" guardano il mondo a senso unico e hanno il coraggio di chiamare "maschilisti negazionisti" chi semplicemente mostra loro l'evidenza di certe disparità legali e morali odierne (tangibili con mano!). Sono loro che negano l'evidenza e quinsi sono NEGAZIONISTE. Le evidenze erano quelle che io rilevavo da anni:
http://la-sublime-porta.blogspot.com/2007/03/le-pseudopsicologhe-e-san-giuseppe-gli.html

Ma qui si preferisce proseguire con vittimismi retrospettivi e anacronismi morali per negare la realtà dei fatti di oggi, verificabile. Ma che crepino quelle cretine e chi le segue! Non sono degne neanche dei miei insulti.
Finisco di dire quello che ho da dire sul fatto.

Peccato solo che in questo caso non sia rimasta al "killer" qualche pallottola per freddare le donne come la spagnola sull'aereo, pronte a denunciare per "violenza sessuale" chiunque anche per fatto la cui gravità e soprattutto la cui realtà sono tutte da dimostrare (invetate spesso di sana piante per svariati motivi, o comunque esistenti solo nell'arbitrario giudizio e nel soggettivo sentire della presunta vittima) o i giudici come i Gip e i Guo di quel caso, che condannano la gente sulla sola parola della donna senza alcuna prova diretta della presunta "violenza" (ammesso si possa considerare tale una mano che con delicatezza sfiora, magari inavvertitamente).

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Leggo questa notizia:
"Mano morta" in aereo Condannato a 18 mesi

L'episodio è accaduto su un volo della Ryanair decollato da Madrid e atterrato a Orio al Serio. Secondo l'accusa, l'uomo avrebbe palpeggiato per tre volte il seno di una donna seduta accanto

Bergamo, 23 aprile 2010 - Quello della "mano morta" in autobus o in metrò è un malcostume purtroppo diffuso. Tale pratica in aereo non si era ancora vista, fino a quando ci ha provato un 39enne milanese abitante a Madrid, che è stato poi condannato a un anno e mezzo (con la condizionale). L’episodio è accaduto su un aereo della Ryanair decollato dalla capitale spagnola e atterrato a Orio al Serio. Secondo l’accusa l’uomo avrebbe toccato per tre volte il seno a una vicina di posto, una 35enne spagnola abitante a Milano, inventandosi un’originale manovra: apriva il giornale e fingeva di ‘sconfinarè fino al petto della donna.

Quest’ultima s’è lamentata, chiedendogli di smettere e invitandolo a cambiare posto. Niente da fare. Finchè la donna si è lamentata con una hostess, che l’ha fatta accomodare nei sedili riservati all’equipaggio. Una volta giunta a Orio, la spagnola ha denunciato il milanese, che per parte sua ha respinto le accuse. È stato comunque accusado di volenza sessuale e processato al tribunale di Bergamo. Il pm ha chiesto 16 mesi e 20 giorni, il Gup ha deciso per 18 mesi.

fonte Agi

E noto innanzitutto due cose: l'uso dell'indicativo al posto del condizionale per qualcosa di cui non esiste affatto certezza e l'assenza aprioristica di ogni remore nel cancellare anche la sola possibilità che il fatto, sia pur vero, avrebbe potuto benissimo essere davvero un incidente.

A un mio amico indiano è capitato di essere accusato di molestie (e di non poter più volare) per aver semplicemente sfiorato col gomito (in maniera involontaria e non del tutto per colpa sua, trattandosi di uno "scontro" fra passeggeri frettolosi) una passeggera in aereoporto.

Vedo che certe cose potrebbero succedere non solo in America.

E anche se in questo caso fosse tutto vero sarebbe esagerato e segno di uno squilibrio giuridico senza precedenti.
Se toccare un culo (o un seno) costa anni di carcere e esclamare un complimento qualche mese, allora il fare le stronze, come ormai costume in ogni luogo e tempo, dalla strada alla discoteca, dalla scuola all'età adulta, suscitando ad arte il disio per poi compiacersi della sua negazione, infliggendo, per vanità, capriccio, interesse economico-sentimentale (autostima) o sadico diletto, tensione emotiva, irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, senso di nullità, frustrazione intima, sofferenza fisica e mentale, inappagamento a volte fino all'ossessione e disagio se ripetuto da sessuale ad esistenziale (con rischio di non riuscire più in futuro a sorridere alla vita e al sesso, né di avvicinarsi ad una donna senza vedervi motivo di patimento, tirannia e perdita di ogni residuo interesse per la vita) dovrebbe essere punito con decenni, perchè il danno alla psiche è notevolmente maggiore (e va dalla cosiddetta "anoressia sessuale" al suicidio, da una quasi patologica timidezza al farsi avanti con le ragazze alla completa impossibilità futura a sorridere e volere in tema di corteggiamente in particolare e di "amore" in generale, e quindi anche di "vita" in senso pieno, dal precoce bisogno di prostitute ad un disagio psichico ora celato con l'ironia ed ora pronto ad esplodere in eccessi di aggressività).
Il fatto che gli uomini, per obbligo culturale a mostrarsi forti e cavalieri e per plagio psicologico femminista (che li dipinge come carnefici anche quando sono vittime) in genere non lo ammettano non significa non esista.

E, comunque, fatto più grave, non si può condannare sulla sola parola dell'accusa.
Altrimenti chiunque a capriccio può far finire in galere il vicino di posto.
Perchè avrebbe dovuto denunciare falsamente?
Beh, se non esiste più la presunzione di innocenza e le donne vengono credute a priori, non serve neanche un motivo valido: bastano un pizzico di capriccio, di sadico diletto o di rancore generalizzato verso gli uomini (fomentato delle menzogne della cultura ufficiale e dalle propagande antimaschili dello stile pubblicitario).
Senza contare la possibilità di avere un risarcimento per nulla: data la prassi di credere a priori alla donna non corre praticamente rischio di essere scoperta e se anche fosse non rischierebbe quasi nulla (o comunque meno di quanto fa rischiare all'uomo). Il gioco vale la candela in ogni caso. Sarebbe come se non servisse dimostrare di aver avuto un incidente per avere un indennizzo o di aver subito un danno effettivo per far andare in galera il vicino antipatico. Non importerebbe neanche supporre le donne come particolarmente cattive, basterebbe considerare la natura umana nella sua versione "comune" (la quale, quando non ha limiti e paure da parte dello stato, mostra spesso di non avere remore).
E invece per la donna accusatrice si fa sempre valere l'eccezione di bontà e si prendere per verità assoluta la sua sola parola dicendo: "ma non ci sono evidenti motivi per cui dovrebbe mentire". Peccato che allora non vi sarebbero neanche motivi evidenti perchè un uomo avrebbe dovuto commettere "violenza sessuale" (con costi molto minori dei processi ci sono fior di meretrici...)

Poi vedo i commenti delle stronze (e degli maschipentiti) dei centri antiviolenza (vere e proprie associazioni a delinquere di stampo femminista, e non certo solo per questo fatto):

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Nanni Brusaferri:
bene

Cesare Stifani:
Bene!

Patrizia Caciale:
ok

Luciana Corrado
Troppo poco, altrochè!

Jean Louis Chanteloup
da qualche parte bisogna pur comininciare!in questo caso tagliandogliela la manina galeotta...visto che é pure morta!!!!!!

Ignazio Caporale
e una cosa che condivido la donna va amata ,rispettata,e nello stesso tempo adorata,come la madonna.........

Antonella Semeraro
piace questo elemento...

Manuela Pagano
spero che le donne si siano convinte che è ora di preoccuparsi alla grande della propria tutela e difesa e tiri fuori le palle che quelli che governano sicuramente non hanno.
basta con queste schifezze. perbacco siamo persone degne di esigere rispetto e allora??? Facciamo qualcosa .

Cinzia Bertolaso
fatto bene!!! chissà...

Valentina Corona
E invece secondo è giusto,perchè è uno schifoso,e per la persona che ha subito questo,può essere comunque un trauma!
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La donna va adorata come la madonna?
Bestemmiata come la madonna, vorrai dire!
Non ne posso più di dover concedere alle donne il "diritto" a permettersi letteralmente di tutto davanti all'uomo (toccare senza essere toccate, insultare senza essere insultate, irridere senza essere irrise, aggredire fisicamente o verbalmente senza ricevere gesti o parole di replica, e poi qualsiasi provocazione, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi umiliazione pubblica o privata, qualsiasi diletto volto ad infliggere senso di nullità, dolore nel corpo e nella psiche, inappagamento fisico e mentale fino all'ossessione e disagio se reiterato da sessuale ad esistenziale.) senza debbano temere nulla poichè protette dal loro status di dame intoccabili, tanto simile a quello delle scimmie sacre del templio di Behares*[vedi Nota Finale] così ben descritto da Schopenhauer.
L'idolatria per il sesso femminile a tanto è giunta!
Ora serva una vera violenza per respingerla.
E questa donna spagnola assieme alla sedicente Valentina Corona, per quello che hanno fatto e detto, dovrebbero essere la prime MERITATE vittime. Chiunque abbia a cuore la giustizia e la verità dovrebbe esercitare su di loro una vera violenza (di quelle che subirono dai marocchini le spagnole repubblicane nella guerra civile e le ciociare nella seconda guerra mondiale), in modo che il loro fare e il loro dire cessino di denunciare come "violenza" qualunque cosa e di considerare"giusto" condannare gli uomini senza prove o comunque per fatti le cui effettive gravità e realtà sono tutti da dimostrare.

Già rimproveravo su questo i giudici.
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"Se si seguissero questi tuoi principi garantisti certe violenze non sarebbero quasi mai punite", mi si risponde da quei siti da te linkati.
Allora dico l'indicibile. Questi giudici dovrebbero riflettere sulla liceità, per un sistema giuridico fondato sulla ragione e sul diritto (nonchè sulla proporzionalità della pena: danno grave -> pena grave, danno lieve ->pena lieve, danno non rilevabile -> nessun reato), di includere in un reato grave come la violenza sessuale quanto manco lascia segni oggettivamente rilevabili per gli investigatori (e quindi può difficilmente, anche qualora vero, essere accostato al grave trauma psicofisico dello stupro, al contrario ben evidente e riscontrabile sotto ogni punto di vista, e giustificare una pesante pena detentiva per il colpevole), anzichè inneggiare alla possibilità di condannare qualcuno senza prove.

Per poter affermare i loro "immortali principi" (ivi compreso ancora una volta "il diritto della stronza"), accettano il rischio di mandare in galera degli innocenti. Cosa direbbe Nietzsche (e non solo lui) a questo punto?
Schifo, schifo, schifo!
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Ora rispondo da par mio, sul tema a gentaglia come Jean Louis Chanteloup e Manuela Pagano.
Volete la legge dell'occhio per occhio? Ebbene, sia. PER ME E' TEMPO CHE GLI UOMINI SMETTANO DI PENSARE A "DIFENDERE LE DONNE" (già sin troppo tutelate da leggi femministe e costumi cavallereschi, nonchè sin troppo pericolose per quanto la natura ha dato loro in ipercompensazione della presunta minore forza fisica: perfidia sessuale, tirannia erotica, veleno sentimentale, menzogna, intrigo, violenza psicologica, violenza fisica per interposta persona, violenza sociale, uso strumentale delle persone e delle leggi, manipolazione dell'animo, cui sono avvezze se non altro per il ruolo di madre, intorpidimento dei sensi e delle idee con effetto da "nero di seppia" sulla verità e capovolgimento di ogni diritto e di ogni ragione, cui sono possibilitate dalle leggi e dai modi di non-pensare attuali) E INIZINO A DIFENDERE SE STESSI, I PROPRI LEGITTIMI INTERESSI, LA PROPRIA IMMAGINE, I PROPRI DIRITTI, specie quando questi sono calpestati da tali evidenti disparità di trattamento giudiziario e morale.

Sessualmente, poi, alle donne viene riconosciuta la libertà di (s)vestirsi come pare loro (consciamente per moda, capriccio, vanità, interesse economico sentimentale, gratuito sfoggio di preminenza erotica, oppure inconsciamente, poichè dietro il "vestirsi all'occidentale" si cela l'istinto di natura di apparire massimamente belle e disiabili per attrarre quanti più maschi possibile e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute, presente nel profondo a prescindere dall'intenzione cosciente di conoscere uomini o ricercare con essi rapporti più o meno intimi) mostrando a piacimento le loro grazie, ma all'uomo viene fatto divieto di mirare liberamente quanto mostrato (sono stati recentemente inflitti dieci giorni di carcere ad un passeggero colpevole di aver solo guardato quanto la donna gli poneva innanzi in maniera da questa ritenuta prolungata e fastidiosa), alle donne viene concessa la libertà di esprimere (consciamente o meno) in ogni modo, tempo e luogo il proprio naturale istinto d'esser belle e disiate (chè, come detto, questo vi è dietro il diritto a "vestirsi come le pare" o a "esprimere la propria femminilità") e addirittura di esagerare a piacere nell'illudere, nel suscitare disio e provocare attrazione negli astanti, ma all'uomo non è parimenti permesso di esprimere il suo corrispettivo istinto di disiare al primo sguardo la bellezza, inseguirla e cercare di ottenerla (nemmeno, con le nuove vaghe e omnicomprensive leggi sulle molestie, se le espressioni di esso non mostrano oggettivamente nè violenza nè prepotenza nè prevaricazione nè volontà di costringere, giacchè la sola sensiblità femminile pare far giurisprudenza definendo a posteriori e secondo i propri soggettivi parametri cosa sia il reato),
le donne hanno insomma il diritto di mostrare e gli uomini il dovere di non guardare quanto mostrato, le donne il permesso di seguire il proprio comportamento naturale e l'uomo il dovere di reprimere la propria corrispondente della mia natura, le donne il diritto ad essere disinibite e l'uomo il dovere legare a sottoporsi a mille inibizioni, le donne il permesso ad essere ambigue e l'uomo il dovere a risultare "sessualmente corretto" (nel senso stabilito fuori da ogni etica, da ogni logica, da ogni natura e da ogni buon senso dal femminismo pc angloamericano).
Per le donne viene addirittura sancito (a costo di distruggere il beneficio del dubbio per chi vien accusato di violenza da una femmina almeno ad principio non certo costretta con la forza a seguirlo) il discutibile diritto ad attrarre, per capriccio, vanità, bisogno d'autostima, aumento del proprio valore economico-sentimentale o gratuito sfoggio di premiennza erotica, chiunque si trovi a tiro anche quando fin da principio non vogliono alcun rapporto con loro, a diffondere pubblicamente disio presso tutti gli astanti e tutti i perfetti sconsciuti che esse non hanno alcuna intenzione di conoscere, ma solo di ingannare, di far sentire nulli di fronte a lei, e di rendere sessualmente frustrati, e addirittura quello di dilettarsi a suscitare disio per poi compiacersi della sua negazione e di come questa, resa al massimo grado beffarda, umiliante e dolorosa da una meditata e intenzionale perfidia, possa far patire nel corpo e nella psiche del "prescelto" pene infernali dopo le promesse implicite di paradiso, provocando con tutto ciò continuamente negli uomini, in maniera assolutamente impunita dalla legge ed anzi da questa istigata, tensione emotiva, ferimento intimo, irrisione al disio, umiliazione pubblcia e privata, sofferenza nel corpo e nella psiche, inappagamento fisico e mentale degenerante alla lunga in ossessione e disagio (se ripetuto) scivolante dal sessuale all'esistenziale.
Per gli uomini che siano accusati di aver cagionato il minimo e presunto danno fisico o psicologico ad una donna valgono invece leggi draconiane pronta ad infliggere anni di carcere per una mano morta o a distruggere vite e carriere per una proposta ritenuta "volgare". Che quanto urta la particolare sensibilità femminile (atti, detti, sguardi o toccate) debba essere considerato offensivo, punito dalla legge e giustificante la vendetta più ampia, crudele, dolorosa e soggettiva da parte della donna e quanto invece ferisce (in maniera spesso assai più grave, come si può oggettivamente rilevare dal numero di suicidi cagionati da una donna o, senza arrivare agli estremi, dalla diffusione fra i maschi di problemi come l'anoressia sessuale o il precoce bisogno di prostitute) l'altrettanto particolare (e non già inesistente) sensibilità maschile (ad esempio il comportamento intriso di stronzaggine, divenuto regola nelle femmine moderne, anche quando non usano le mani, e spesso motivato da prepotenza, vanagloria, necessità di autostima o sadismo o comunque volontà di provocare sofferenza emotiva) sia trascurabile, non penalmente rilevante, appartenente alla normalità, alla tollerabilità o comunque al "diritto della donna" e non provocante in sé offesa o umiliazione (anche se è quanto l'uomo prova, di fronte a sé o agli altri, quanto sente come intima ferita nella sessualità e può provocargli traumi, blocchi psicologico e metterlo a disagio emotivo, momentaneo e poi esistenziale) è PURO ARBITRIO di questa ginecocrazia plebea.

*N.B.
Dimostrano assai scarsa "intelligenza psicologica" queste "donne contro la violenza" se non capiscono come almeno parte dell'ostilità generalizzata o latente verso il sesso femminino derivi non da malvagità maschile, ma da umana reazione a tali millenarie pretese (e perfidie) e disparità cavalleresche: il dovere di dare la precedenza alle donne in ogni senso fisico e psicologico, davanti ad una porta come davanti ad una discussione nella quale la soggettiva sensibilità femminile non può essere nemmeno lontanamente sfiorata mentre quella maschile può venire impunemente ferita, irrisa e umiliata, il dovere di comportarsi nel corteggiamento ma anche in ogni atto quotidiano come un vassallo costretto alla corveè per il suo signore senza nulla in cambio, il dover dare tutto in pensiero, parole ed opere per la sola speranza o per un solo sorriso e disporsi a patire sorridendo e ringraziando qualunque insulto, umiliazione ed offesa pur di evitare il minimo o presunto ferimento alla “soggettività femminile” (nonchè tutto quanto sembrerebbe un obbligo imposto dalle donne agli uomini per il proprio individuale e naturale interesse e mascherato per "onore", "civiltà", e addirittura, non c'è limite alla credulità di certi uomini "potere maschile").

Etiketler:

Cumartesi, Nisan 10, 2010

Cantiamo in coro: "ANCHE OGGI DEI GIUDICI DI MERDA, ANCHE OGGI DEI GIUDICI DI MERDA"...











"E SE (in mancanza di riscontri oggettivi e altri
elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall'esterno, all'una o all'altra tesi) NON ASSOLVERA' VIOLENZA SARA'"

LA PREMESSA


Sia chiaro quanto segue.

Concordo con il "femmiinsmo" che ogni donna (come ogni uomo del resto) abbia diritto a scegliere autonomamente se, come, quando, con chi, perché e in che modo “accoppiarsi” e a non essere costretta da chicchessia a compiere o subire atti sessuali contro la propria volontà, ma non posso concordare con certe pretese femministe d'oltreatlantico o d'oltremanica di imporre all'uomo l'obbligo di "dimostrare di aver avuto un consenso esplicito". Per motivi probabilmente tanto di natura quanto di cultura, le donne per prime in genere pretendono che sia l'uomo a sopportare i rischi e le fatiche della cosiddetta conquista (ad agire o inscenare e indovinare quanto a loro gradito), e poichè in una sfera tanto soggettiva come quella amorosa quanto piace all'una dispiace all'altra (e prima di conoscerlo per esperienza non lo si può indovinare per speculazione) bisogna sempre tentare senza sapere a priori se il tentativo avrà successo (ovvero sarà gradito), poichè una preventiva dichiarazione, una richiesta esplitica, o comunque un rigido schematismo comportamentale fugherebbero ogni effetto sorpresa, ogni atmosfera erotica ed ogni spontaneità necessaria alla riuscita dell'amor naturale, non si possono dichiarare tutte le intenzioni, richiedere tutte le autorizzazioni, o domandare ove la controparte gradisca "l'attacco" (come non lo si potrebbe fare con il "nemico"), ma si deve procedere per tentativi regolandosi poi su come procedere o ritirarsi in base alle reazioni (a come si vienea accettati o respinti), tentando di indovinare dalle parole dette e da quelle non dette quali siano le reali intenzioni della donna, e poichè la donna pretende di sentirsi conquistata non è accettato arrendersi ai primi dinieghi, ma bisogna (come nelle battaglie) insistere, resistere e contiunuare nel rischio e nello sforzo, e se già il primo tentativo può essere considerato a posteriori molestia e la riuscita in quella schermaglia amorosa pretesa dalle donne per sentirsi "conquistate" (e nella quale all'uomo spetta di inseguire chi, fuggendo, vuol essere seguita e di vincere le resistenze di chi, lottando, vuole essere vinta) addirittura stupro, allora, come ha un po' animatamente sostenuto il nostro amico, si dice a tutte le "normali" grazie e arrivederci e ci si rivolge solo e soltanto alle prostitute, le cui modalità sono chiare ed esplicite, le cui pretese sono soltanto economiche e con le quali sono dunque possibili accordi razionali, consensuali e noti a tutti a priori su cosa fare e non fare, senza inganni, ferimenti o fraintendimenti.
Non si è mai visto nessuno avere successo con donne che non siano prostitute dichiarate semplicemente chiedendo in maniera esplicita all’oggetto del suo disio di poter godere delle sue grazie corporali. Chi facesse così potrebbe suscitare solo o ilarità o sdegno, se non altro per il fatto di voler imporre un meccanicismo da stato burocratico nell’atto più naturale della vita. Obbligare (con la minaccia di pesanti pene detentive) un uomo a richiedere sì espliciti dalle donne significa dunque nella realtà dei fatti imporgli la castità a vita (sex-workers a parte).

Concordo con il "femminismo" che non possano l'iniziale assenso, l'abbigliamento discinto e il comportamento disinibito costituire giustificazione per la violenza, ma prima pretendo che la gravità e la realtà violenza siano state, nei singoli casi concreti, oggettivamente dimostrate e non basate sul soggettivo sentire della donna e sulla sua parola accusatrice priva di riscontri come prove mediche o indizi e testimonianze di lotta, resistenza e tentativi di fuga. Non vi dovrebbe essere neanche bisogno, quando non vi siano riscontri scientifici della violenza, per un uomo di citare a propria difesa consenso iniziale, abbigliamento e comportamento.
Quando invece questo ancora accade? Nei casi in cui una donna sollecita per prima l'incontro, si veste come per far colpo, non si ribella agli approcci dell'uomo, ma anzi li incoraggia, e poi, quando questo si fa avanti, non lo respinge con risolutezza, non gli fa chiaramente capire di non volere, non chiama aiuto, non cerca di fuggire e poi, per un qualsisi motivo (per un litigio successivo, per capriccio, vendetta arbitraria, ricatto, interesse o gratuito sfoggio di preminenza sociale nell'essere creduta a priori mentre l'altra campana è tenuta a tacere, diletto sadico, rancore verso gli uomini, paura di svelare un tradimento, o semplice timore di apparire "leggera" per aver accettato un rapporto temuto compromettente per uno stupido concetto di "rispettabilità" o per vari motivi economico-sentimentali) denuncia di esservi stata costretta.
In uno stato di diritto dotato di presunzione di innocenza dovrebbe essere la donna a dimostrare di aver subito violenza, non l'uomo a provare a convincere della consensualità del rapporto (essendo reato la mancanza di consenso al rapporto, non già, come nel medievo talebano, il rapporto stesso). E se non vi è alcun riscontro oggettivo (nè un referto medico, nè testimonianze di tentativi di fuga o di lotta disperata) elementi quali il comportamento disinibito, l'abbigliamento discinto e soprattutto l'iniziale accettazione o proposta dell'invito dovrebbero rendere più probabile l'ipotesi della consensualità che non quella della costrizione (o perlomeno non far apparire quest'ultima come certezza tale da portare alla condanna).
Invece, pur di sostenere il diritto (generico e per me pure moralmente dubbio) della donna a permettersi davanti all'uomo qualunque provocazione, qualunque inganno, qualunque perfidia o comunque qualunque ambiguità , senza doverne affrontare le conseguenze poichè protetta da uno status di "dama intangibile" (prodotto da un misto di stupidità cavalleresca e demagogia femminista), quando non vi sono prove certe si crede sempre alla tesi della violenza, anche nei casi specifici (vedi il rapporto fra fidanzati) in cui ogni buon senso la dovrebbe vedere come la più improbabile. Perchè accade questo? Perchè evidentemente, se si lasciasse uno spiraglio di dubbio alla tesi opposta (ovvero a quella secondo cui vi sarebbe stato consenso) la propaganda femminista avrebbe troppo timore di lasciar credere che il possibile o implicito assenso iniziale, l'abbigliamento discinto o il comportamento disinibito costituiscano un permesso per l'uomo a "farsi avanti" sessualmente (l'obiettivo delle "femministe" è infatti quello di non dare mai all'uomo, di fatto, la possibilità di sentirsi certo del consenso, per permettere alle donne l'onnipotenza giudiziaria su di lui).
In tal modo, per affermare in abstracto il diritto della donna persino a (per usare il linguaggio del nostro amico) "fare la stronza" si distrugge nei singoli casi concreti il Diritto in quanto tale (che è presunzione di innocenza e necessità di provare tutte le accuse, non accettare per vera tutta la storia solo perchè vi sono riscontri sulla prima parte).

Ed ' così, fraintendendo in maniera sistematica ed ideologica il pensiero di molti fra gli uomini attuali, che, oggi, chiunque reclami l'oggettività del diritto viene tacciato di voler continuare a violentare/molestare le donne e chiunque pretenda la presunzione di innocenza passa per chi vuole a tutti i costi difendere/giustificare gli stupratori.

Quello che forse con troppa veemenza verbale io ed altri (puntualmente linciati da certi "cretinismi femminili" come "maschilisti stupratori") stiamo tentando di dire, è che il "fare le stronze" (ormai divenuto costume nei luoghi di divertimento come in quelli di lavoro, negli incontri brevi e occasionali per via o in discoteca come in quelli più lunghi e sentimentali), ovvero trattare con sufficienza o aperto disprezzo chiunque tenti un qualsiasi avvicinamento erotico-sentimentale, mostrare pubblicamente, per capriccio, vanità , aumento del proprio valore economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza, le proprie grazie solo per attirare, illudere e sollevare nel sogno chi poi si vuole far cadere con il massimo del fragore, della sofferenza e del ridicolo, diffondere disio agli astanti e attrarre a sè (o addirittura indurre ad arte a farsi avanti e a tentare un approccio) sconosciuti che non si è interessate a conoscere ma solo a ingannare, far sentire nullità e frustrare sessualmente, dilettarsi a suscitare ad arte disio per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche da una raffinata, intenzionale e premeditata perfidia, possa far patire le pene infernali della negazione a chi è stato dapprima illuso dal paradiso della concessione, attirare e respingere con l'intenzione di infliggere continuamente tensione psicologica, ferimento intimo, senso di nullità , irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, inappagamento fisico e mentale degenerante se ripetuto in ossessione e disagio scivolante da sessuale ad esistenziale (con rischio di non riuscire più a sorridere nel sesso e di avvicinarsi ad una donna senza vedervi motivo di patimento, tirannia e perdita di ogni residuo interesse per la vita), usare insomma sugli l'arma della bellezza in maniera per certi versi ancora più malvagia di quanto certi bruti usino sulle donne quella fisica) non è un diritto, è una vera e impunita forma di violenza sessuale psicologica ai nostri danni, perchè i danni (piaccia o no al femminismo) esistono (e vanno dalla cosiddetta "anoressia sessuale" al suicidio, dal precoce bisogno di prostitute ad un disagio psichico ora celato con l'ironia ed ora pronto ad esplodere in eccessi di aggressività: che per millenaria consuetudine "cavalleresca" o per moderno appiattimento sul femminismo, gli uomini tendano a negare spesso anche a loro stessi le proprie sofferenze, non toglie che essi in tali casi siano davvero vittime). E quello che rende il nostro amico "rdvsnc" verbalmente veemente e me verbalmente prolisso, è la constatazione che proprio per affermare questo assai dubbio "diritto" (peraltro sempre e solo imposto dall'alto da certe lobbies culturali e mai espresso come volontà di questo o quel popolo) si pongano in dubbio persino oggettività e dimostrabilità del confine fra lecito e illecito e presunzione di innocenza.
Magari lo stupro può essere una reazione esagerata alla stronzaggine (specie quando questa non è continuata), ma anche certe pene pretese dal femminismo (si pensi a quelle per inoffensive palpate, a volte pure pretese da certe donne) sono esagerate per certi episodi di violenza sessuale (non tutti identificabili con quanto ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e punito come stupro),
ed anche invocazioni all'ergastolo, alla mutilazione fisica o alla distruzione psicologica (tramite gogne mediatiche o castrazioni chimiche) sono esagerate pure per i veri e dimostrati stupri (nulla, in uno stato di diritto, può ledere il diritto all'integrità, neppure la colpevolezza nel peggiore dei delitti).
In uno stato di diritto io non ho diritto a stuprare una "stronza" come una donna stuprata non ha diritto a uccidere o evirare il proprio violentatore (la giustizia, come insegna Platone, non è "occhio per occhio", ma tendenza verso il Bene).
Se invece scendiamo nel soggettivismo, allora ognuno è libero di stabilire le proprie vendicative corrispondenze, ed io non sono meno libero delle più vendicative fra le donne.


IL FATTO

E' stata emessa questa sentenza della cassazione.

[quote]
"Il rapporto sessuale che non avviene consensualmente è sempre stupro.

La Terza Sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 34870/2009 ha ribadito il proprio consolidato orientamento in tema di reati sessuali confermando così la condanna per violenza sessuale nei confronti di un 32enne di Firenze, colpevole di aver costretto l’ex fidanzata ad avere un rapporto senza il suo consenso.

Nella motivazione della sentenza, osserva, altresì la Suprema Corte, “è del tutto insignificante l’abbigliamento della ragazza (dovendosi ritenere ormai pacifica la libertà per ognuno di indossare ciò che si vuole e dovendosi escludere che un abbigliamento potenzialmente seduttivo della donna “giustifichi” in alcun modo un abuso sessuale) sia perché la parte lesa ha sempre mantenuto costante e fermo il punto focale della sua accusa, l’essere stata costretta ad un coito da lei non consentito”.

Il ricorrente ha cercato di valorizzare l’abbigliamento (verosimilmente succinto) della vittima quasi che esso potesse costituire una causa di giustificazione del gesto violento, ma come è stato evidenziato dalla Corte di Cassazione “il consenso agli atti sessuali, deve perdurare nel corso dell’intero rapporto senza soluzioni di continuità”, trattandosi di una sfera soggettiva in cui sono tutelati, nella loro massima ampiezza, la dignità e la libertà, sia fisica che psichica della persona.

Infatti in tema di libertà sessuale non è necessario che il dissenso della vittima si manifesti per tutto il periodo di esecuzione dei delitto, essendo sufficiente che si estrinsechi all'inizio della condotta antigiuridica; conseguentemente l'imputato non può invocare a sua giustificazione di avere agito in presenza di un consenso dell'avente diritto, quando vi è stata la tempestiva reazione della vittima.

La prosecuzione di un rapporto nel caso in cui il consenso originariamente prestato venga poi meno a seguito di un ripensamento o della non condivisione delle forme o modalità di consumazione dell'amplesso, integra il reato di cui all'art. 609 bis c.p..

In tema di reati sessuali, poiché la testimonianza della persona offesa è spesso unica fonte del convincimento del giudice, è essenziale la valutazione circa l'attendibilità del teste; tale giudizio, essendo di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene il modo di essere della persona escussa, può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria ai fini della formazione del libero convincimento del giudice, ben può tenersi conto delle dichiarazioni della parte offesa, la cui testimonianza, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una vera e propria fonte di prova, sulla quale può essere, anche esclusivamente, fondata l'affermazione di colpevolezza dell'imputato, purché la relativa valutazione sia adeguatamente motivata. E ciò vale, in particolare, proprio in tema di reati sessuali, l'accertamento dei quali passa, nella maggior parte dei casi, attraverso la necessaria valutazione del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall'esterno, all'una o all'altra tesi."
[/quote]

Avevo anch'io udito di questa sentenza, ma mi ero limitato a dire:

"Si può essere d'accordo in teoria su quanto affermato dai magistrati sulla non giustificabilità del sopruso, ma prima di parlare di sopruso spero abbiano verificato al di là di ogni dubbio le effettive gravità e soprattutto realtà della presunta violenza, e non si siano affidati alla semplice parola dell'accusa (la quale, per quanto credibile, genuina, coerente, consonante e riscontrabile fino ad un momento prima della presunta violenza, resta semprr di parte). Perchè se non vi sono prove dirette e testimonianze terze della presunta violenza, tutto quanto vogliono indicare come non giustificabile la violenza (invito partito da lei, abbigliamento discinto, comportamento disinibito, consenso iniziale) farebbe, a rigor di logica, pensare come più probabile un rapporto consensuale che non una violenza (o comunque non escluderebbe a priori l'ipotesi si una consensualità). Non vorrei che per affermare il peraltro moralmente dubbio diritto della donna a "fare la stronza" senza limiti si indebolisse la presunzione di innocenza."

E invece è proprio così.
Il più altro grado della giustizia in Italia ha stabilito (nella sua brama di "fare costume", in questo caso di affermare la assai dubbia liceità di quel costume da me altrove ben particolareggiatamente definito come "stronzaggine") che si può condannare senza riscontri oggettivi nè testimonianze terze chiunque, per la sola parola della donna (ritenuta "intrisecamente credibile" dal giudice), quindi non siamo più in uno stato di diritto.

In uno stato di diritto si devono mettere in dubbio tanto la parola dell'accusa quanto quella della difesa per poi cercare "riscontri oggettivi o altri elementi" in grado di dare "maggiore credibilità, dall'esterno, all'una o all'altra tesi". E se questo non è possibile (perchè magari "la testimonianza della persona offesa è spesso unica fonte del convincimento del giudice"), come direbbero i Latini (ma quasi mi vergogno a nominarli in questo contesto di barbaria giudiziaria), "in dubio pro reo". Qua invece, nel dubbio, il "libero convincimento" del giudice può far finire in galera qualsiasi cittadino per la sola parola di una donna, anche prima ed anche senza sia stato possibile ricostruire la vicenda con prove dirette della presunta violenza e con riscontri fattuali e testimonianze terze sull'effettiva gravità e soprattutto realtà di quanto contestato all'imputato.
Nessuno, dopo questa motivazione, avrà mai più diritto a presentare l'Inquisizione come massimo esempio di violazione dei diritti umani. L'inquisizione operava in un mondo in cui nei processi ordinari manco esisteva l'avvocato difensore. La Cassazione ha emesso una sentenza in un mondo che studia Beccaria. Non vi sono "scusanti ambientali". E' davvero uno stupro (del diritto) senza attenuanti.

Se la semplice parola dell'accusa viene assunta a priori come prova solo perchè ritenuta "credibile" (ma allora perchè non dovrebbe essere credibile anche la parola dell'accusato?), se il solo metterla in dubbio o chiederle di portare prove concrete e testimonianze terze per essere creduta viene considerato mancanza di rispetto o ulteriore prova di colpa (come pare ipotizzabile per un giudice di merito pronto a condannare l'imputato senza alcuna prova e a considerare tale la sola testimonianza dell'accusa non confermata da nulla di esterno ad essa), se, solo perchè il suo racconto è riscontrabile fino ad un certo punto, viene presa per verità anche su quanto non è affatto dimostrato da prove dirette o da testimonianze terze, se si lascia alla difesa l'onere di dimostrare falsa l'accusa non provata, allora siamo chiaramente e incontestabilmente in un processo inquisitorio.

PARTE OGGETTIVA

Per quanto credibile, coerente, genuina e priva di voglia di infierire, la dichiarazione dell'accusa è sempre di parte e non può essere in sè considerata fondamento di verità (nè può essere presa per vera su tutto solo perchè credibile in abstracto e riscontrabile nei fatti fino ad un momento prima del presunto stupro: chiunque volesse mentire si limiterebbe a far proseguire il racconto in maniera credibile ma inventata o esagerata ad arte), ma deve essere confermata puntualmente da prove oggettive e testimonianze di persone terze.
In caso contrario si tratta di mera AUTOREFERENZILITA'. Come dire: questo teorema è vero perchè, assumendolo per vero, tutto ha senso, è coerente e consonante. Pare la presunta prova ontologica di Sant'Anselmo sull'esistenza di Dio ("negli attributi di un essere perfetto vi deve logicamente essere anche l'esistenza"). Credevo che i giudici di un'era che si vanta figlia dell'illuminismo avessero almeno letto (e interiorizzato) la critica di Kant su tali tipi di "dimostrazioni": l'esistenza non è un predicato (ovvero una cosa reale differisce da una cosa immaginaria non per qualità intrinseche, come appunto la "razionalità" o la "perfezione", ma per il mero fatto di essere realmente verificabile e non soltanto ipotizzabile: in altre parole, l'esistenza di qualcosa può essere verificata solo per esperienza e mai per sola speculazione).
La verità è provata " perché la parte lesa ha sempre mantenuto costante e fermo il punto focale della sua accusa"? Ma sono giudici o bambini? Anche chi mente può tenersi fermo su un punto, specie se è quello che permette di mandare in galera l'altro.
La testimonianza della vittima fa può fare piena prova perchè "è ritenuta credibile in sè con motivazione adueguata"? Ma cosa, se non la tautologia, costituisce il massimo esempio di "verità credibile in sè" (ad esempio, "io uguale ad io") con motivazione perfettamente logica e razionale? Ed ha mai una quasiasi forma di tautologia potuto costituire il fondamento di verità per una qualsiasi indagine sul mondo reale? Non è forse proprio l'eccesso di "perfezione logica" e di "verità chiusa in sè" a rendere sospetta di tautologia (e quindi di verità scorrelata alla realtà) una affermazione sul mondo concreto?

Ammetto di non essere un esperto di diritto penale italiano, ma mi pare che la fede assoluta nelle "fonti di prova" emergenti soltanto "attraverso la dialettica dibattimentale" (e non tramite riscontri oggettivi e testimonianze terze) sia un vituperio per ogni ragionevolezza:
1) perchè una verità processuale stabilita in tal modo dipende in maniera critica più dalle abilità dialettiche degli avvocati che dai fatti realmente accaduti
2) perchè anche chi è innocente, e proprio per questo è emotivamente scosso dal trauma del carcere o comunque del processo, può apparire irrazionale (quindi incredibile) e contraddittorio, mentre anche chi mente, proprio perchè freddamente agisce in maniera da provocare all'altro un danno calcolato, può apparire al contrario credibile e coerente (specie se ha avuto tutto il tempo per pianificare la storia "credibile, coerente, genuina, consonante e senza intenzione di infierire").

Non è ammissibile in un mondo in cui si ha la pretesa di ricostruire la storia dell'uomo e della terra con tecniche sofisticatissime, affidarsi, per la verità processuale, a chi "racconta una storia più credibile" (anche se non supportata da nulla di diverso dalla propria parola). Mi rifiuto di pensare che saper raccontare bugie credibili possa permettere ad ogni donna di far finire in galera chiunque a capriccio. Perchè questo segue dalla sentenza dei giudici.

"E ciò [l'accusa che può valere come prova] vale, in particolare, proprio in tema di reati sessuali"?. Illogico e aberrante. Specialmente lì, ove la vaga e onnicomprensiva definizione voluta dalla "femministe" ed accettata dai "cavalieri" può mandare in galera chiunque per la sola parola della donna (la quale, come ogni essere umano, può essere buona come malvagia, onesta come bugiarda, e potrebbe, esattamente come in condizione inversa potrebbero fare, e in altri paesi fanno, gli uomini, mentire, per via di un litigio successivo, per capriccio, vendetta arbitraria, ricatto, interesse "economico-sentimentale", o gratuito sfoggio di preminenza sociale nell'essere creduta a priori mentre l'altra campana è tenuta a tacere, diletto sadico, rancore verso l'altro sesso, paura di svelare un tradimento, o semplice timore di apparire "leggera" per aver accettato un rapporto temuto compromettente per uno stupido concetto di "rispettabilità", o per vari motivi non sempre individuabili, intuibili o comprensibili dall'esterno), per qualsiasi atto, gesto, detto, toccata o persino sguardo non abbia oggettivamente nulla nè di violento nè di molesto ma abbia la sola colpa di esprimere desiderio naturale per il corpo della donna e di non essere da questa a posteriori gradito (dopo che però magari lo ha implicitamente indotto o socialmente preteso), o comunque per fatti la cui gravità e la cui realtà effettive sono tutte da verificare, bisognerebbe pretendere l'oggettività del diritto e la presunzione di innocenza!
Invece no! Pur di "dare ragione" al femminismo e alla voglia di onnipotenza giuridica di certe donne, distruggono ogni diritto ed ogni ragione.

Rido del riferimento alla "adeguata motivazione". Come fa il giudice di legittimità a stabilire se una motivazione è adeguata? Con ogni probabilità si limiterà a valutare che una versione sia più credibile (o coerente, consonante, razionale o tutti i termini che piaccino ai giudici) dell'altra. Ma questo non prova un bel nulla. Chiunque conosce la vita sa che spesso la realtà umana è incredibile, incoerente, dissonante, irrazionale e chi più ne ha più ne metta. Non si può condannare un cittadino solo perchè la sua versione appare "meno probabile" di quella dell'accusa. Siamo in un processo penale, non in un dibattito storiografico (in cui quanto è più probabile viene fatto passare per storia). Vi deve essere la ragionevole certezza che nessuna versione da cui l'imputato possa risultare innocente sia vera. Questo sarebbe lo stato di diritto.

Quando leggo certe assonanze fra ciò che scrivono "le femministe a sud" e ciò che (con il dolore di cittadini innocenti fino a prova contraria) scrivono i giudici rischio davvero di divenire misogino, perchè vedo quel diritto e quella ragione, faticosamente costruiti nei millenni da quegli uomini di buona volontà, i quali, da Cicerone a Beccaria, hanno spesso lottato, con la sola forza della calma e del ragionamento, contro una marea storica di irrazionalità, soprusi e arbitrii, venire gettati al vento in nome di una tutela ("sono tutelati nella loro massima ampiezza, la dignità e la libertà, sia fisica che psichica della persona") di fatto a senso unico (perchè io, in quanto maschio, posso, proprio per colpa di questa ipertutala pro-femmina, subire bellamente il trauma personale, materiale, psicologico, e a volte anche fisico, del carcere da innocente, ed avere la vita, la psiche, la salute rovinate dalle conseguenze giuridiche, economiche, finanziarie, personali, fisiche, di un'accusa lanciata per capriccio, vanità, vendetta arbitraria, voglia di risarcimento, ricatto, interesse economico-sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza sociale, o comunque per qualcosa di non provato al di là di ogni dubbio ragionevole).

"Se si seguissero questi tuoi principi garantisti certe violenze non sarebbero quasi mai punite", mi si risponde da quei siti da te linkati.
Allora dico l'indicibile. Questi giudici dovrebbero riflettere sulla liceità, per un sistema giuridico fondato sulla ragione e sul diritto (nonchè sulla proporzionalità della pena: danno grave -> pena grave, danno lieve ->pena lieve, danno non rilevabile -> nessun reato), di includere in un reato grave come la violenza sessuale quanto manco lascia segni oggettivamente rilevabili per gli investigatori (e quindi può difficilmente, anche qualora vero, essere accostato al grave trauma psicofisico dello stupro, al contrario ben evidente e riscontrabile sotto ogni punto di vista, e giustificare una pesante pena detentiva per il colpevole), anzichè inneggiare alla possibilità di condannare qualcuno senza prove.

Per poter affermare i loro "immortali principi" (ivi compreso ancora una volta "il diritto della stronza"), accettano il rischio di mandare in galera degli innocenti. Cosa direbbe Nietzsche (e non solo lui) a questo punto?
Schifo, schifo, schifo!

E tutto questo anche senza considerare che un "libero" (ma allora perchè non dire arbitrario?) "convincimento" (ma sarebbe più corretto dire "convinzione") può sorgere o essere influenzato da elementi extragiudiziari e soggettivi ben lontani dall'imparzialità, come ad esempio (in questo caso) le pressioni mediatiche e culturali del momento o pregiudizi contro l'accusato dettati da stupidità cavalleresca o demagogia femminista (ma anche, in altri casi, dal "maschilismo" tanto lamentato dalle attiviste femministe). Per questo, in ogni caso, qualsiasi "convincimento" non può essere "libero" nel senso di arbitrario, ma solo in quello di "imparziale rispetto ad elementi extragiudiziari", e quindi deve essere VINCOLATO a riscontri oggettivi, prove dirette, testimonianze certe e "altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall'esterno, all'una o all'altra tesi".
Negando questo,non si capisce sulla base di cosa, se non di una aprioristica considerazione della donna come unica fonte di verità e sensibilità umane, una tesi possa essere giudicata "intrisecamente credibile", quando non può essere confermata da nulla di oggettivo e di indipendente da essa: vince dunque in un processo non chi riesce a provare il vero, ma chi sa raccontare storie più verosimili?

Forse quando Lucaks accusava Nietzsche di essere un "distruttore della ragione" non aveva previsto che, al contrario, non i nietzscheani, ma gli antinietzscheani "egalitari e femministi" sarebbero arrivati a tanto.
Ben sarebbe invece di giovamento la massima del filologo di Rocken: "le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose della verità".

In ogni caso, anche immaginando un giudice obiettivo e senza pregiudizi, una "valutazione probatoria" basata sulla mera "plausibilità" di un racconto piuttosto che di un altro fa a pugni con ogni principio di "scientificità" o quantomeno di "ricerca del riscontro oggettivo e reale" su cui si fonda il mondo sedicente moderno. Sarebbe come pretendere di descrivere la realtà secondo l'aristotelismo di Don Ferrante (non provato da nessun riscontro concreto, ma a parole perfettamente logico, coerente e all'apparenza incontestabile) e non secondo il metodo galileiano.

La "validazione della tesi accusatoria" si può fondare sul fatto che uno splendido, plausibile e coerente ragionamento del giudice la vede come realistica, mentre la tesi difensiva si mostra dialetticamente contraddicibile?
Ma questi sono metodi da sofisti! Tutta la logica e la coerenza del mondo non possono stabilire alcun valore di verità se non si applicano a "riscontri oggettivi o ad " altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall'esterno, all'una o all'altra tesi", ma continuano a riferirsi soltanto alle parole!
Possibile che nessuno se ne renda conto?

Praticamente questi "giudici" stanno dicendo che, pur di non lasciare impuniti reati consideati gravi (ma anche l'omicidio è grave, eppure non per questo si condannano all'ergastolo o a trent'anni persone sulla cui colpevolezza non vi sono riscontri oggettivi o altri elementi tali da fugare ogni dubbio ragionevole) si può (anzi, si deve) condannare sulla base di parole e non di fatti. Bell'esempio di giustizia!
Mi viene quasi da riprendere le parole di Berlusconi: "ai giudici si dovrebbe fare un esame di sanità mentale" e "questa gente a dire queste cose dovrebbe provare un minimo di vergogna".

Come se non fossero obbligati a sapere che, se i diritti umani valgono, come disse qualcuno prima di me, centinaia di criminali possono anche restare liberi, ma un solo innocente in carcere rende l'intero sistema legale un sistema criminale!

E il motivo è presto detto.

Nel primo caso (colpevoli fuori), l'unica colpa dello stato è quella di non essere riuscito (nonostante tutta la buona volontà) a fare giustizia di un crimine commesso da altri, da criminali che comunque ha cercato e cerca sempre di identificare, perseguire e far condannare secondo ovviamente le regole del sistema giudiziario. E' ancora nell'ordine delle cose che un criminale delinqua ed è ancora plausibile che purtroppo non lo si riesca a punire legalmente. La colpa del delitto resta però tutta del criminale.
Nell'altro caso (innocente dentro) è invece lo stato a compiere un crimine ex-novo (ovvero privare della libertà un cittadino innocente) e in prima persona (ovvero a fare l'esatto contrario di quanto dovrebbe per suo stesso statuto, perchè commette direttamente un'ingiustizia e una violenza contro un cittadino anzichè proteggerlo dall'ingiustizia e dalla violenza degli altri). La colpa del delitto è qui tutta dello stato (che dal nulla crea un'atto violento e ingiusto). Questo è fuori dall'ordine delle cose, perchè costituisce la negazione del motivo per cui esiste lo stato (ovvero difendere i cittadini dall'arbitrio, dal danno ingiusto, dalla forza illegittima).
Non si tratta più di non riuscire a riparare ad un crimine già commesso da altri, ma di commettere un nuovo crimine in prima persona. Vi è la stessa differenza fra chi non riesce a riparare qualcosa (di già rotto da altri) e chi qualcosa rompe per azione propria.
Questo principio garantista non è una mia personale opinione, è uno dei fondamenti di ogni stato retto dal diritto e dalla giustizia.

Pretendere la presunzione di innocenza anche nei casi di violenza sessuale (esattamente come in tutti gli altri reati) non significa assumere che tutte le donne siano talmente false e perfide da accusare un innocente per capriccio, vendetta, ricatto o sadismo, ma impedire che quel sottoinsieme di donne false e perfide possa causare danni a qualunque uomo. Esattamente come pretendere che lo stupro sia seriamente perseguito non significa assumere che tutti gli uomini siano stupratori, ma giustamente pretendere che quel sottoinsieme tanto violento e malvagio non possa nuocere impunemente.

Io sono fermamente convinto che la stragrande maggioranza delle donne sane di mente, nemmeno sapendo di doversi vendicare di qualcosa, nemmeno sapendo di poterne trarre un grande vantaggio, nemmeno sapendo di poter rimanere impunita, sarebbe mai capace di denunciare qualcuno per una violenza mai avvenuta, come sono sicuro che anche le attiviste sono convinte che la maggioranza degli uomini non sarebbe mai capace, nemmeno sapendo di poter contare su una sostanziale impunità, di usare violenza su una fanciulla indifesa.
E dirò di più: sono anche convinto che molte donne in particolare (se non altro per non avere impostazioni mentali "cavalleresche" e per non essere soggette al timore di essere tacciate di "maschilismo" o di "fare branco" come potrebbero esserlo gli uomini nella stessa situazione) sanno sentire profondamente l'ingiustizia subita da un innocente accusato da un'altra donna, sanno comprendere tutta la gravità del trauma psicologico da lui subito e sanno attivarsi per cercare per quanto possibile di rimediare (del resto chi più degli altri si batte per la libertà di Parlanti sono le ragazze di "Prigionieri del Silenzio", alla faccia della tanto decantata "solidarietà maschile").

Se però si supponessero tutte le persone buone e giuste non servirebbero nè leggi, nè stato, nè giudici. La legge esiste proprio per tutelare il cittadino anche nel caso peggiore in cui incontri la persona più violenta o più falsa della terra.
Quando si ragiona di legge si deve abbandonare ogni proposito moralistico di capire perchè e per come le persone non siano nè buone nè sincere, e si deve ragionare realisticamente ex-summo-malo, pensando a come fare perchè, posto che certe persone siano malvagie e bugiarde al massimo grado, le loro violenze o le loro menzogne non abbiano comunque libero agire all'interno dello stato.
Il fine dello stato è proprio quello di riuscire a imporre la giustizia e la protezione dei cittadini anche in un mondo in cui gli stessi non sono affatto, nella loro maggioranza, "buoni" e "sinceri".
Non è un buono stato quello che per funzionare presuppone come condizione necessaria bontà e sincerità.
Come non ci si deve limitare a inveire moralisticamente contro la malvagità di chi uccide, ma si deve predisporre un sistema giudiziari in grado di impedire gli omicidi (con prevenzione e repressione), così non ci si può contentare di maledire moralmente la donna che accusa falsamente, ma si ha l'obbligo di costruire un sistema di diritto in grado di impedire alle sue simili di far finire in carcere gli innocenti.
Il mondo del diritto ha da secoli compreso gli strumenti per realizzare ciò.
Per difendersi dalla violenza si rendono reato lo stupro, la rapina, il furto e l'omicidio (scoprendo i colpevoli con strumenti investigativi punendoli con pene giudiziarie proporzionate al danno provocato e dimostrato), per difendersi dalla falsità si fa obbligo di provare ogni accusa.

E non mi si dica che basta il fatto che la calunnia e la falsa testimonianza siano reati.
In primis, le pene per tali reati sono risibili al confronto di quelle per lo stupro (ed anche del trauma psicologico subito da chi, accuasto ingiustamente, subisce un processo in auta, sui media e nella vita relazionale), tanto da rendere comunque "vantaggioso" il "rischio" per chi voglia accusare falsamente (cos'è un anno con la condizionale al confronto di 5-10 anni senza i benefici della Gozzini?).
In secundis, anche se le pene per calunnia e falsa testimonianza fossero draconiane o comunque comparabili a quelle per stupro, risulterebbe difficile, una volta abolita la presunzione di innocenza, che chi accusa falsamente venga scoperta (potrebbe esserlo solo nel caso fortuito della presenza di telecamere in loco, della delazione di qualche amica a conoscenza del "perfido piano" o dell'ingenuità commessa nel lasciare tracce della realtà dei fatti come sms o messaggi sul web). Vi è infatti a monte un fatto di "epistemologia" ben spiagato dal buon Popper. Mentre è sempre possibile dimostrare l'esistenza di quanto esiste, non sempre è possibile provare la non esistenza di quanto non esiste. Si può dimostrare la non esistenza dei fantasmi, di dio o del puro spirito? Possiamo provare di non essere mai andati sulla luna con l'ippogrifo? Come potremmo difenderci dall'accusa di aver commesso qualcosa di inesistente? Nei processi per stregoneria era praticamente impossibile essere assolti proprio per l'impossibilità di dimostrare di non aver commesso atti la cui esistenza non può essere nè affermata nè negata da prove certe (proprio in quanto extra-scientifici ed extra-fisici). Lo stesso capita a chi è accusato di violenza quando si intenda per essa anche ciò che non lascia segni riscontrabili oggettivamente.

Vorrei trovare meno spesso la parola "credibilità" e più spesso la parola "oggettività".

Concludo con una massima del maestro di Nietzsche: "o si pensa o si crede" (A. Schopenhauer, Scritti sulla religione). E la commento facendo notare come un giudice serio non debba affatto "credere" a questo piuttosto che a quella, bensì "pensare" se i riscontri oggettivi e le testimonianze di persone terze danno ragione all'uno o all'altra. E, nel dubbio, assolvere per insufficienza di prove (così come, nel dubbio, uno scienziato non enuncerebbe mai come verità provata una mera ipotesi non verificata dai fatti oggettivi).
Questa è ragione. Il resto è religione. E il pericolo del mondo moderno è l'assurgere del femminismo a religione ufficiale dell'occidente.
Ecco perchè, nonostante tutta la volontà possibile, non posso accettare di entrare in siti i cui argomenti magari coincidono con i miei su certi temi, ma poi si mostrano fondati su dogmi mitico-religiosi (in questo caso di tipo matriarcale).


PARTE SOGGETTIVA

Nè oggi, nè nel cinquecento, nè mai fu è o sarà ammissibile che una donna abbia il diritto ad essere sessualmente ambigua pretendendo l'uomo resti "sessualmente corretto". E chi stabilisce poi la correttezza? La donna sola? E se per capriccio, vanità, interesse o gratuito sfoggio di preminenza si bea di essere ambigua (e di giocare per sadico diletto), perchè io non posso altrettanto a capriccio risolvere l'ambiguità a modo mio? Se ha lasciato le cose nel dubbio ha anche implciitamente accettato che l'altro capisca nell'uno come nell'altro modo.
Poi per me non è affatto pacifico che la donna abbia il diritto a permettersi di tutto davanti all'uomo (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi umiliazione pubblica o privata, qualsiasi inflizione, tramite l'arma erotica, di sofferenza alla psiche o al corpo, di inappagamento fisico e mentale fino all'ossessione, di disagio da sessuale ad esisentenziale con conseguenze variabili dall'incapacità futura di sorridere alla vita e al sesso e di approcciare una donna senza vedervi fonte di inganno o tirannia, al suicidio) senza dover temere le conseguenze poichè protetta dal proprio "status" di dama intangibile.
Anzi, il tentativo di affermarlo è cosa che in me scatena ira guerriera e funesta.

In tali casi bisognerebbe verificare nell'ordine che:
1) il diniego sia stato sinceramente tale e non abbia fatto parte di quella di una tecnica femminile volta ad accrescere disio nell'uomo, a testare il suo interesse interesse e a guadagnare tempo per valutare e godersi le eventuali doti che lo si costringe a mostrare.
Non sarebbe la prima volta che un apparente diniego significa in realtà un invito non ad andarsene o a rinunciare (fatto che porterebbe la donna a disprezzare l'uomo) ma a riprovare, tentare, insistere e resistere, perchè dalla capacità di un uomo di sopportare ciò molte verificano la loro avvenenza. Per saperlo si può soltanto provare, non si può nè indovinarlo a priori nè chiedere dichiaratamente. Quello si fa solo con le puttane. Con le altre rovinerebbe la naturalezza del rapporto. Un rapporto naturale, infatti prevede un graduale scivolamento fra le onde della voluttà, in cui chi fa il primo passo non può mai sapere se sarò gradito, ma deve tentare alla cieca e poi proseguire gradatamente di volta in volta verificando le reazioni di accettazione/diniego (le quali non sono quasi mai esplicite e verbali, ma quasi sempre implicite e non verbali, come sguardi, sospiri, parole non dette, carezze trattenute, respingimenti deboli, abbandoni forti) ed agendo di conseguenza. E se il solo tentativo è stupro allora tanto vale andare solo con le puttane, almeno fintantoché le "donne oneste" non accetteranno di concedersi ovunque in maniera esplicita anche senza l'atmosfera che ora pretendono (e la quale si dissolve con l'obbligo di richieste chiare in carta bollata come quelle pretese di fatto dalla legge per non cadere nell'accusa di stupro).
2) l'uomo abbia davvero avuto l'intenzione di forzare e non sia stato semplicemente tratto in inganno da una ambiguità voluta dalla donna o da una situazione involontariamente (rispetto alla volontà di entrambi) dubbia.
Con le puttane si può chiedere esplicitamente e a priori cosa si può e cosa non si può fare, accordandosi sul contraccambio. Con le donne normali si deve invece seguire la natura: vi deve essere uno spontaneo scivolamento dal mondo razionale degli individui a quello dionisiaco della voluttà , senza forzature.
Per natura prima ancora che per cultura l'uomo è costretto alla fatica della conquista, per cui non può né aspettare che la donna si faccia avanti per prima né chiedere a priori ed esplicitamente un permesso formale e scritto per questo o quello come fosse in un ufficio burocratico (giacché tal meccanicismo burocratico rovinerebbe qualsiasi naturalità dell'amore), ma deve tentare, deve agire per primo senza sapere se il suo gesto, la sua parola, il suo tentativo di contatto, saranno graditi: deve di volta in volta fare il primo passo (con il gesto, la parola e il tatto) e vedere le reazioni. E queste non sono quasi mai esplicite e dichiarate o verbali (le parole in certi momenti sono di troppo), ma quasi sempre implicite, nascoste in sguardi, sorrisi, gesti, movimenti di tacita accettazione, respingimenti finti o finte lotte di chi non vuol vincere, o addirittura, come fra gli animali, fughe di chi vuol essere seguita e "parole" e suoni che sembrano di diniego e invece invitano a insistere e vincere le resistenze. Come chiunque in guerra sia costretto a dare battaglia, l'uomo deve agire senza sapere se la propria azione avrà successo, non può l'uomo chiedere al "nemico" quale attacco gradisca, ma deve provare, rischiare, sorprendere, insistere e resistere, per scoprirlo, regolandosi poi in base alle reazioni.
Solo l'esito della prova può dirgli se procedere nell'attacco o ritirarsi. Prima del contatto (sia esso con la parola, lo sguardo, il gesto o il tocco), infatti, neppure la donna può sapere se volere o non volere, giacché certe cose si valutano per esperienza, non per speculazione: non esiste donna che non sia puttana pronta a concedersi a prescindere da tutte quelle sfumature di luci, parole, sospiri, sguardi, carezze, labbra sfiorate, frasi non dette e pensieri non mai immaginati che solo la situazione ambientale crea e nessun ragionamento aprioristico può far realmente provare. E prima di poter valutare la reazione della donna nemmeno l'uomo può essere sicuro di essere stato accettato o meno. E se lo stesso primo tentativo vale come molestia e addirittura l'errore nell'interpretare la reazione della donna come stupro, allora tutti gli uomini andranno giustamente a puttane.
3) la donna sia davvero una fanciulla innocente che non desidera alcun contatto sessuale e non una stronza che si diletta a susciatare ad arte il disio per poi compiacersi della sua negazione (e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche del malcapitato, da una premeditata e intenzionale perfidia, possa provocare pene fisiche e mentali degne dell'inferno dopo la promessa della concessione di paradiso e comunque, specie se reiterate, tali da segnare per sempre la vittima nella sfera psicosessuale, in maniera simile a quanto i bruti fanno nella stessa sfera tramite la violenza fisica, sino a renderle impossibile continuare a vivere serenamente non solo la sessualità, ma anche le gioie quotidiane, ad avere una vita sessuale normale, ad approcciare le persone dell'altro sesso senza vibrare di paura e di disgusto e senza sentir riemergere dal profondo l'ansia del trauma), ottenendo in cambio quanto moralmente ampiamente meritato (ovvero un trauma nella sfera psichica e sessuale di intensità pari o superiore a quello da lei inflitto per capriccio, vanità, interesse economico sentimentale, gratuito sfoggio di preminenza o addirittura sadico diletto).



Cosa farei soggettivamente?
Questa "fanciulla" ha dapprima intenzionalmente ingannato sessualmente il fidanzato, come fanno tante per capriccio, vanità, interesse "economico sentimentale" o gratuisto sfoggio di preminenza, suscitando ad arte il desiderio solo per compiacersi della sua negazione, e poi lo ha denunciato per una violenza alquanto dubbia.
Probabilmente nè il suo abbigliamento nè il suo comportamento erano casuali o frutto di "abitudini disinibite diffuse fra i giovani". Probabilmente ha calcolato tutto fin dall'inizio per punirlo della rottura, lasciandogli credere tanto con l'abbigliamento quanto soprattutto con il comportamento, di amarlo ancora (o perlomeno di desiderare di stare con lui) fino a fare impazzire i suoi sensi di desiderio e la sua anima di rammarico per il non essere più fidanzati, per poi negarglisi proprio quando o il suo corpo non poteva più fare a meno di lei o la sua mente non poteva più capire un eventuale diniego.
Forse addirittura non si è trattato nemmeno di una violenza intenzionale da parte di lui in seguito alla frustrazione per il rifiuto conseguente la provocazione, nè di una violenza inconsapevole causata dall'ambiguità dei "contrasti amorosi" in generale e di questa situazione in particolare. Forse ella stessa ha voluto trovarsi in quella situazione ed ha pianificato minuziosamente ogni dettaglio dell'abbigliamento, del comportamento e della situazione affinchè lui non riuscisse più a fermarsi o non capisse di doversi fermare proprio per poterlo far finire in galera!

Questo è un modo di vendicarsi dell'ex che merita a sua volta come vendetta una vera e traumatica violenza del genere di quelle commesse dall'armata rossa sulle (quelle sì innocenti) donne germaniche. Certo, non ho riscontri oggettivi nè altri elementi per sostenere questa tesi rispetto a quella dei giudici. Ma la Cassazione ha appena finito di dire che i riscontri oggettivi e gli "altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall'esterno, all'una o all'altra tesi" non servono per giudicare e condannare una persona innocente fino a prova contraria. E allora io condanno la donna seguendo la versione che il mio "libero convincimento" (peraltro basato su esperienze personali ammesse da donne) sente come più credibile. Occhio per occhio.
Sono ingiusto?
Sono giusto come la giustizia italiana. Del resto, il giudice di merito, prima di convincersi della credibilità del racconto di una ex-fidanzata (e dunque di una persona, alla pari degli ex-fidanzati, potenzialmente desiderosa di vendetta sentimentale), quali elementi ha per escludere l'ipotesi di una ricostruzione falsa o esagerata ad arte dei fatti (magari non necessariamente coincidente con il mio esempio estremo, ma comunque tale da non poter essere valutata fonte di prova se non confermata da riscontri oggettivi)? Solo le parole e la plausibilità? Ma le parole possono mentire e l'apparente plausibilità ingannare (del resto anche l'ipotesi della vendetta dell'ex è plausibile). Se non ha riscontri oggettivi nè altri elementi come può escluderla a priori? E se non può escluderla con sicurezza come può condannare? Ammette il rischio plausibile di condannare un innocente? Ma questo è contrario al diritto.
E allora fra me, libero cittadino che trea le proprie conclusioni morali, e il giudice, investito dallo stato del potere di condannare e assolvere, chi è più ingiusto quando opera secondo il proprio "libero convincimento"?


PARTE CONCLUSIVA

In uno stato di diritto l'uso legittimo della violenza deve spettare alla pubblica autorità ed essere vietato al singolo cittadino.
I giudici, però, ci hanno appena mostrato come in tema di reati sessuali non siamo più uno stato di diritto (in cui dovrebbero vigere la presunzione di innocenza, l'impossibilità di essere sottoposti a procedimenti giudiziari sul "libero arbitrio" di questo o quel giudice, e la necessità, prima di emettere qualsiasi provvedimento restrittivo della libertà personale, di provare ogni accusa al di là di ogni dubbio con riscontri oggettivi e testimonianze terze).
Quindi ricadiamo in un altro caso, quello su cui ben si espresse il padre della patria Giuseppe Mazzini: quando uno stato opprime il popolo e priva i cittadini dei loro diritti, questi hanno non solo il diritto, ma pure il dovere di ribellarsi, usando anche la violenza e il "terrorismo", laddove questi siano gli unici mezzi per sostenere la giustizia conto una preponderanza di forze del potere politico e militare dello stato oppressore.

E non è solo la "morale dei diritti umani" (quale appunto quello ad avere una giustizia non inquisitoria) a motivare questo mio invito all'insurrezione contro lo stato "femminista-cavalleresco", ma la ragionevole visione politica del Machiavelli.
Perchè certe sentenze sono emesse da giudici (spesso uomini) non certamente in sè femministi e probabilmente neanche troppo convinti dentro di loro della liceità e della giustizia di certe decisioni e di certi "principi" (come mostrano sia sentenze di senso contrario in passato, sia pene esagerate talvolta inflitte alla maniera di chi fa qualcosa di eclatante per "discolparsi")?
Perchè hanno paura di essere tacciati di "vetero-maschilismo" dalla propaganda mediatica (di stampo femminil-femminista) e di venire bollati come "nemici delle donne da combattere" dalla cultura politicamente corretta, e, di conseguenza, di perdere il posto, di venire a propria volta incriminati di qualcosa, o comunque di venire socialmente emarginati o mediaticamente linciati. Ecco perchè cessano di difendere il diritto e la ragione (e il garantismo) di cui invece in altri ambiti si mostrano strenui assertori (a volte pure troppo).
Ecco dunque che per farli tornare alla ragione si deve anteporre loro una paura maggiore.
Come insegna il Machiavelli, "l'amore è tenuto da uno vincolo che per essere la natura degli uomini triste, può essere tosto sciolto allo proprio comodo, mentre il timore è tenuto da una paura di pena che non abbandona mai".
Noi sostenitori dei diritti degli uomini dobbiamo dunque smetterla di implorare comprensione, pietà, amore da chi ci combatte (per conto d'altrui) e affrontare il terrore con altro terrore.
Se questi giudici avessero come prospettiva, ad ogni sentenza antimaschile emessa con disprezzo dell'oggettività del diritto e della presunzione di innocenza, di prendersi una pallottola in testa mentre rincasano, di morire bruciati vivi nella loro auto, di essere riempiti di piombo dal fuoco concentrato di lupare e kalashnikov, o anche solo di venire rapiti e processati da una giustizia sommaria quanto la loro, di essere amputati della mano che ha scritto la sentenza o privati (violentemente) di quei figli che spesso tolgono ai padri, oppure, almeno di essere bastonati dalle vittime della loro ingiustizia, gambizzati dai condannati innocenti, o minacciati feriti alla gola (anche solo superficialmente) dalle vittime delle menzogne femminee divenute sentenze, allora ci penserebbero non due, ma tre volte prima di distruggere il diritto e la ragione in nome della "tutela della donne".
Visto che (come mostra quest'ultima sentenza) l'appello al diritto la spiegazione secondo ragione non bastano più a tutelaci dal sopruso, allora dobbiamo essere altrimenti convincenti con i giudici.
E' inutile inviare ricorsi in cassazione, meglio far pervenire ai giudici di merito una bella e CHIARA letterina.
"Signori giudici, voi non avete capito, o per meglio dire non volete capire, che cosa significa UOMO INNOCENTE FINO A PROVA CONTRARIA. Voi state giudicando degli onesti galantuomini, che le femmine e la polizia denunciarono per capriccio.
Noi vi vogliamo avvertire che se uno solo di questi galantuomini sarà condannato, voi salterete in aria, sarete distrutti, sarete scannati, come pure i vostri familiari. Ora, non vi reste che essere giudiziosi"

Con uno stato retto da questi giudici, Cosa Nostra appare un ottimo esempio.
VAI DI TRITOLO!
Questi giudici (e mi riferisco a quelli di merito, pronti a considerare prova una dichiarazione di parte, più che a quelli di cassazione, impossibilitati a giudicare sulla validità del ragionamento probatorio e vincolati al peraltro assurdo principio del "Libero convincimento" del giudice, da cui possono poi derivare ingiustizie di ogni senso, tanto innocenti in carcere senza prove quanto colpevoli fuori pur con prove a carico) meritano di fare la fine di Falcone e Borsellino.

In conclusione, non si tratterebbe di violenza ingiusta, ma di uso della forza volto a ripristinare il diritto e la ragione laddove questi sono stato sovvertiti con la menzogna, la propaganda e l'uso strumentale del potere giudiziario e mediatico.

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