La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Salı, Haziran 28, 2011

"Ferraresi, Ferraresi, ma ci c... siete voi?"

Debutto con questo coro ultras per protestare contro la censura ai miei danni da parte del quotidiano online estense.com

Questo è quanto era scritto prima di pranzo:

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Condannato per lo stupro della moglie
Tre anni per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale a un ferrarese

Tre anni e venti giorni per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale sulla moglie. Ieri il gup Monica Bihetti, in rito abbreviato, ha condannato un ferrarese di 40 anni denunciato dalla coniuge.

Gli episodi contestati dalla pm Angela Scorza (che aveva chiesto quattro anni di reclusione) risalgono agli anni 2006 e 2007. In questo periodo “buio” la donna – quando si decise a sporgere denuncia – raccontò ai carabinieri di essere stata vittima di continui maltrattamenti e, in un caso, anche di una violenza sessuale. Circostanze che lei riferì a distanza di mesi dal rapporto avuto contro la sua volontà.

In un primo momento infatti ci fu solo una denuncia che parlava di strattonamenti, offese, schiaffi, senza mai arrivare allo stupro. Due mesi dopo invece la versione della donna si arricchisce di nuovi particolari: la violenza e il furto della propria borsetta.

Per quest’ultimo episodio, avvenuto sull’uscio di casa e riconducibile al fatto che l’uomo gliela aveva presa solo per costringerla a entrare, c’è stata l’assoluzione.

In quel periodo i due erano separati. Poi sono tornati a vivere insieme. Fino al processo e alla condanna.

13 Commenti in: “Condannato per lo stupro della moglie”

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Maria Elena ha scritto il 22 giugno 2011 alle 11:34

La maggior parte delle violenze contro le donne sono in famiglia, ricordiamolo! Denunciamo ciò che ci accade, se saremo in tante a denunciare saranno costretti a prenderci in considerazione!

Commento controverso. Cosa ne pensi? Thumb up 13 Thumb down 6
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Residente ha scritto il 22 giugno 2011 alle 14:21

Domanda da ignorante: la donna inizialmente non aveva parlato di stupro e solo due mesi dopo ne parlò. basta questo perchè il marito sia condannato? Come ha potuto provare una tale affermazione?

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maria elena ha scritto il 22 giugno 2011 alle 18:58

come provare un furto, uno strattonamento, botte e quant’altro? io non lo so, di certo se c’è stata condanna c’era la prova

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Tiziano Rotoloni ha scritto il 22 giugno 2011 alle 21:16

Come afferma la stessa persona che l’ha posta, la domanda è da ignorante, ma la risposta “se c’è stata condanna c’era sicuramente la prova” mi pare veramente da trinariciuto. Mai sentito parlare di errori giudiziari? Non sto affatto dicendo che sia questo il caso, anzi. Ma trovo questa fiducia cieca molto pericolosa. Sempre meglio ragionare con la propria testa e parlare solo quando si sanno le cose. Ovvero, se non si è informati sui fatti meglio tacere, invece di dire “sicuramente” e usare il termine “prova” senza sapere che cosa significa… quale sarebbe “la prova”? Qua siamo ad un buio medievale totale…

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Maria Elena ha scritto il 23 giugno 2011 alle 8:45

Siamo ad un buio medievale totale ogni volta che non viene creduta una donna vittima del crimine più schifoso che si possa immaginare. Siamo stanche che voi uomini facciate i vostri comodi e di dover subire perché siamo in famiglia, evviva le denunce, denunciamo sempre più questi cosiddetti mariti e fidanzati che altro non sono se non aguzzini e ricordiamo l’appuntamento del 9 e 10 luglio a Siena per una nuova manifestazione per i nostri diritti come quella del 13 febbraio. Per inciso devo capire perché per una condanna per stupro si deve parlare di “errore giudiziario”. Anche l’errore giudiziario va provato altrimenti si parla per dare aria alla bocca. Vero Tiziano?

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Tiziano Rotoloni ha scritto il 23 giugno 2011 alle 11:10

O fai apposta, o non sai leggere quello che ho detto. Non ho mai detto che QUESTO sia un errore giudiziario (non potrei dirlo in quanto, a differenza tua, non parlo di quello che non so).
Ho detto che gli errori giudiziari esistono (mai sentito parlare di Enzo Tortora?) per cui tutto il ragionamento “di certo se c’è stata condanna c’era la prova” mi pare una sciocchezza megagalattica. Anzi peggio, mi pare una cosa pericolosa e medievale. (in ogni caso carissima, non serve per forza “la prova” che in questo caso sarebbe imbarazzante, era questo che “residente” chiedeva… basterebbero testimonianze attendibili)
E trovo anche ridicola la tua caratterizzazione “uomini cattivi, donne buone”, oltre che l’attacco personale rivoltomi (immagino unicamente in quanto uomo). Ma con me caschi male: io sono andato, da uomo cattivo quale sono, al “se non ora quando”. E tu, ci sei davvero andata? O sei solo andata qualche giorno dopo allo strip maschile?

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giovi ha scritto il 23 giugno 2011 alle 12:05

Quante sono le donne che sono nella stessa situazione? Purtroppo prima che ti diano veramente ascolto, devi fare denunce su denunce, se poi non hai testimoni la denuncia rischia di diventare carta che va ad alimentare altra carta su una scrivania…..Finchè non succede qualcosa, poi sui giornali a lettere cubitali”MORTE ANNUNCIATA”. M nessuno pensa che questi uomini sono schizofrenici lucidi, che fanno le cose solo quando non c’è nessuno, così da non avere testimoni? Perchè prima di credere ad una donna bisogna aspettare la sua morte o quasi? Provate a leggere gli ultimi avvenimenti di cronaca e poi ditemi chi ha il coraggio di mettere un pollice rosso……..ma dopo averlo messo scrivetemi un commento e spiegatemi….L’ho già detto ma lo ripeto ancora..

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Maria Elena ha scritto il 23 giugno 2011 alle 19:15

Caro rotolino certo che sono andata al se non ora quando, a bologna, ma sei sicuro di esserci andato tu? La tua frase sullo “strip maschile” mi indicherebbe il contrario… Comunque guarda caso si parla di stupro e ti viene in mente l’errore giudiziario e enzo Tortora, chissà come mai… Boooh

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Marco ha scritto il 23 giugno 2011 alle 23:25

@ Maria Elena:
Sono pienamente d’accordo con te sul fatto che le vittime di violenze e stupro vadano ascoltate e credute,ma chiunque esse siano, indipendentemente da sesso ed età. Che questo crimine sia il più schifoso, meschino e subdolo non ci sono dubbi…ma è altrettanto vero che costoro che li commettono non possono neanche essere considerati n’è uomini n’è persone!

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Maria Elena ha scritto il 24 giugno 2011 alle 11:25

Certo indipendentemente dal sesso, ma quanti uomini sono vittime di stupro? Infinitamente meno delle donne credo…

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Marco ha scritto il 24 giugno 2011 alle 14:04

Indubbiamente….anche se molti bambini sono vittima di stupri e violenze! Partendo comunque dal presupposto che queste cose non dovrebbero succedere…nel qual caso ci vorrebbero pene molto più severe, pene che vengono oggi considerate illegali[...]

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Flavio Zabini ha scritto il 28 giugno 2011 alle 13:15

Vergognatevi Maria Elena e tutti voi che, per cavalleria o femminismo, vorreste abolire la presunzione di innocenza! Il vero medioevo consiste nel vostro processo inquisitorio, in cui la semplice parola dell’accusa viene assunta a priori come prova solo perchè ritenuta “credibile” (ma allora perchè non dovrebbe essere credibile anche la parola dell’accusato?), in cui il solo metterla in dubbio o chiederle di portare prove concrete e testimonianze terze per essere creduta viene considerato mancanza di rispetto o ulteriore prova di colpa (o addirittura “seconda violenza” come dicono le femminista made in usa, quasi la “prima” fosse automaticamente dimostrata dal tentativo stesso dell’uomo di difendersi dalle accuse della donna) in cui, solo perchè il suo racconto è riscontrabile fino ad un certo punto, viene presa per verità anche su quanto non è affatto dimostrato da prove dirette o da testimonianze terze, in cui si lascia alla difesa l’onere di dimostrare falsa l’accusa non provata!

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Flavio Zabini ha scritto il 28 giugno 2011 alle 13:21

Io non difendo gli stupratori, ma il diritto di ogni individuo nato maschio a non essere trattato da stupratore prima che il presunto stupro sia provato al di là di ogni ragionevole dubbio in un regolare processo, possibilmente con riscontri oggettivi e testimonianze terze rispetto all’accusa.
Vergognoso non è il mio commento, ma che chiunque possa andare in galera sulla sola parola dell’accusa, anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza (e se apri i giornali questo succede assai più spesso che nei “rari casi delle pazze). Vergognosi sono i tentativi femminili di accostare agli stupratori chi semplicemente sostiene la presunzione di innocenza, la tassatività del diritto, la proporzionalità della pena e la necessità del dolo. Vergognoso è quanto sostengono le associazioni [...] di stampo femminista che prendono contributi dallo stato e si spacciano per “difesa della donna”. Quello che dicono è vergognoso.

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Flavio Zabini ha scritto il 28 giugno 2011 alle 13:39

La gravità di un’accusa non può fugere da presunzione di colpa, anzi! Più essa è grave, più cautela richiede. Perchè proprio nel caso di “stupro” mi viene in mente “l’errore giudiziario”?
Innanzitutto potrei rovesciare la domanda e chiedere: “perchè proprio nei processi per stupro si dovrebbe rovesciare l’onere della prova”? Perchè, evidentemente, voi femministe volete processare e condannare non l’effettiva gravità e realtà dei fatti concreti commessi o meno dal singolo uomo, ma l’uomo in quanto tale, per voi “stupratore”, per quanto in altri tempi e in altri luoghi i suoi simili avrebbero fatto o farebbero alle donne (secondo la vulgata femminista), alla faccia non solo della presunzione di innocenza e dell’oggettività del diritto (distrutta dalla legge del ’96 che lascia alla presunta vittima la possibilità di definire a posteriori e secondo i propri soggettivi parametri il confine fra lecito e illecito), ma anche della responsabilità penale che può essere solo personale.

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Flavio Zabini ha scritto il 28 giugno 2011 alle 13:46

Vergognoso è abolire la presunzione di innocenza (e dire: “nel dubbio il violentatore deve finire in carcere e, se per caso innocente, aspettare di poterlo dimostrare”).
Vergognoso è non considerare la responsabilità personale (e dire: “poichè la maggioranza degli stupri è vera e non denunciata – fatto tutto da dimostrare n.d.r.- quando c’è una denuncia bisogna procedere subito come i fatti fossero già provati”).
Vergognoso è considerare la gravità di un’accusa come un anticipo di colpevolezza (e volere l’abolizione dei domiciliari per chi attende il processo, la condanna sulla sola parola della presunta vittima, con la scusa “lo stupro è grave e non può rimanere impunito”, come se anche in reati massimamente gravi come l’omicidio si potesse condannare qualcuno a decenni di anni di carcere senza prove certe, senza manco l’esistenza di un cadavere).

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Flavio Zabini ha scritto il 28 giugno 2011 alle 13:47

Vergognoso è che chiunque debba temere una denuncia (e quindi anche un ricatto) e una condanna a un anno e un mese (stando al modus operandi del tribunale di Bologna da me segnalato qualche giorno fa) per violenza/molestie se non ha testimoni quando è solo con una donna.
Vergognoso è che una palpata al seno possa essere punita più gravemente che una falsa denuncia di stupro.
Vergognoso è che si possa condannare un cittadino innocente fino a prova contraria sulla sola parola dell’accusa, anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza, accettando la testimonianza della presunta vittima come unica fonte di prova (perchè magari coerente, credibile in sé, riscontrabile fino ad un attimo prima del presunto stupro, apparentemente ragionevole, ricca di dettagli e priva di voglia di infierire sull’imputato) con argomentazioni degne dei sofisti (ovvero basate sulle parole e non sui fatti) e dimentiche dell’insegnamento kantiano….

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Flavio Zabini ha scritto il 28 giugno 2011 alle 13:49

…l’essere non è un predicato e quindi la differenza fra qualcosa di reale e qualcosa di immaginario non è in una qualche qualità – perfezione, razionalità, ecc.-, ma nel semplice fatto, conoscibile solo per esperienza e mai per speculazione, che una esiste e l’altra no).
Vergognoso è parlare di credibilità oggettiva per un racconto che riscontri oggettivi non ha (è vero che molti racconti falsi si possono scoprire come tali per le loro incoerenze ed illogicità, ma è anche vero che chi sa mentire, o ha buoni avvocati che suggeriscono come mentire, può raccontare yna storia oggettivamente credibile in abstracto pur essendo falsa nel caso concreto) e di credibilità soggettiva per chi è parte in causa nel processo (bisognerebbe verificare non solo l’assenza di motivi evidenti di astio, ma anche quella di ogni ipotetico immaginabile motivo non conosciuto – e data la complessità della psiche umana potrebbero essere infiniti-, e non basterebbe, perchè se la presunta vittima è…

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Flavio Zabini ha scritto il 28 giugno 2011 alle 13:50

…parte civile ha già un eventuale motivo per mentire nell’ottenere il risarcimento e, anche se non lo è, con il fatto stesso di essere l’accusatrice dichiara implicitamente di voler vedere l’imputato condannato e quindi di essere, appunto, “di parte”).
Vergognoso è soprattutto sostenere, innanzi a degli innocenti finiti alla gogna mediatica e sociale, con la vita oggettivamente rovinata per sempre sotto ogni punto di vista sentimentale, economico, morale e relazionare, nonché con la psiche e a volte anche il corpo segnati indelebilmente dall’esperienza del carcere, con tutto quanto consegue secondo il codice barbarico dei carcerati per gli accusati di violenza sulle donne, ma anche secondo la mentalità politicamente corretta per cui mettere in dubbio la parola di una donna è già prova di colpa e “seconda violenza” e quindi la terribile sensazione di chi è accusato sapendosi innocente è simile a quella di una vittima della santa inquisizione, che…

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Flavio Zabini ha scritto il 28 giugno 2011 alle 13:52

…“una falsa denuncia non porta a nulla di male”.
Tenete poi presente che se sono ancora relativamente pochi i casi di falsa denuncia, è solo perchè la gente, proprio come te, pensa ancora di vivere in uno stato di diritto in cui servano riscontri oggettivi per parlare di prova. Là dove il femminismo giudiziari è più avanzato, i casi aumentano in proporzione alla differenza di pena fra chi rischia la condanna per stupro e chi la rischia per falsa testimonianza e alla “facilità” a vedere inflitta la condanna (nonchè all’entità e alla rapidità del risarcimento: in Inghilterra c’è già chi denuncia per quel motivo).
Voi sarete responsabili se l’Italia diventerà come oggi gli Usa:
http://www.carloparlanti.it/
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=33518381
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=7846045
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=8012294
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=9090025

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Flavio Zabini ha scritto il 28 giugno 2011 alle 13:53

In generale, dubito perchè, mentre per l’omicidio serve almeno un cadavere, per il furto almeno la refurtiva, per l’aggressione almeno il referto medico, per la calunnia almeno i testimoni, per lo stupro si può arrivare al processo e alla condanna anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza.

Io non penso che “in generale le donne mentano”. Penso solo che tutti gli esseri umani, a prescindere da età e sesso possono mentire, per i più diversi motivi. Proprio perchè chiunque può mentire, nessuno può essere creduto sulla parola quando accusa.
L’ascolto del racconto accusatorio deve servire solo per iniziare le indagini, ma a priori
tanto la parola dell’accusa quanto quella della difesa devono essere messe in dubbio per poi cercare riscontri oggettivi o altri elementi a sostegno dell’uno o dell’altra tesi.


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Flavio Zabini ha scritto il 28 giugno 2011 alle 13:54

In mancanza di essi non si può nè trattare l’uomo come stupratore nè la donna come mentitrice e si deve assolvere per insufficienza di prove.
Se invece tutto ciò, anzichè come ricerca della verità e difesa del diritto è visto come “seconda violenza” o “difesa dello stupratore”, e il solo mettere in dubbio la parola della donna funziona come ulteriore prova di colpa (del genere “ti inventi che l’accusa è falsa proprio perchè sai di essere colpevole”), se è l’accusato e non l’accusa a dover trovare prove a sostegno della propria tesi e a soccombere in caso di insufficienza di esse,
se la gravità di un’accusa funge già da presunzione di colpa (come nei processi per stregoneria: il crimine contro dio è tanto grave che non si possono concedere garanzie a chi lo commette), se si parla di vittima e colpevole ancora prima di aver accertato i fatti in maniera oggettiva e prescindente dal solo teorema accusatorio, allora siamo chiaramente e incontestabilmente in un processo inquisitorio.

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Flavio Zabini ha scritto il 28 giugno 2011 alle 13:57

Siamo nell’era del terrore femminista e della caccia al maschio violentatore o pedofilo.
In particolare, in questo caso ho diritto a dubitare poichè nemmeno l’articolo fa cenni su eventuali prove oggettive o testimonianze terze, mentre ammette che la denuncia è sporta molto a posteriori (e guarda caso quando i due avevano litigato) e che il pm è una donna. Ci sono abbastanza elementi di dubbio. E dire che “se c’è la condanna c’è la prova” significa cadere in uno stupido ragionamento circolare del genere: “ho ragione perchè se non avessi ragione non sosterrei questa tesi”. E’ l’accusa a dover provare al di là di ogni dubbio la colpa, non la difesa a dover trovare prove d’innocenza. E’ il magistrato a dover convincere con rigore logico e oggettivi riscontri chi legge la sentenza non il cittadino dubbioso a dover provare che il magistrato ha sbagliato.
[/quote]
I miei commenti c'erano. Poi ha risposto Maria Elena.

Io avevo replicato così (prima che mi cancellassero i commenti).

1. E il fatto che 8 commenti su 10 mi siano stati cancellati cosa mi dovrebbe far pensare?
Il fatto che tu voglia trattare una presunta vittima come una vittima provata dimostra quanto il tuo processo non sia affatto equo.
Sei come questo stato "veteromaschilista" che due anni fa ha introdotto il patrocinato gratuito per le presunte vittime di violenza (significa che l'avvocato viene pagato dallo stato anche quando la donna è ricca o denuncia per avere il risarcimento). Cosa ingiusta, perchè implica che lo stato, prima ancora di aver potuto provare (magari con riscontri oggettivi e testimonianze terze) l'accusa al di là di ogni ragionevole dubbio in un regolar processo, prima ancora addirittura che le prime indagini possano chiarire effettive realtà e gravità dei fatti contestati, considera già la donna vittima (e quindi l'uomo colpevole) sulla sola parola della denunciante (come da stupidità cavalleresca e demagogia femminista).
Questo rende il processo non più equo perchè dà ai giudici l'idea che lo stato abbia interesse a condannare o comunque che stia dalla parte dell'accusa, che consideri positivamente l'accoglimento della tesi accusatoria e negativamente un'eventuale assoluzione.
Solo con un processo che metta in dubbio la parola dell'accusa come quella della difesa per cercare elementi atti a validare l'una o l'altra tesi (e che nel dubbio assolva per insufficienza di prove, evitando di trattare tanto l'accusatrice come bugiarda quanto l'imputato come violento) è possibile stabilire la verità, non certo supponendo a priori vera la colpevolezza.
Si giustifica insomma l'assistenza gratuita con un argomento (aiutare le vittime di violenza) che potrebbe essere preso per vero solo dopo la conclusione di quello stesso processo che si deve ancora svolgere e per cui si chiede l'assistenza! E' un ragionamento circolare.
Per tutti i motivi per cui qualcuno può sostenere che una vittima di violenza non deve spendere i propri soldi (anche quando potrebbe permetterselo) in avvocato io no ho altrettanti per sostenere che un accusato innocente non dovrebbe spendere i propri (anche quando li ha) per mostrare la propria innocenza.
E poichè non si può sapere a priori in quale delle due situazioni si sia, o si fornisce l'assistenza legale gratuita sia alle accusatrici sia agli accusati o non la si fornisce a nessuno che non abbia i requisiti di indigenza...

2.
Il tuo discorso smarrisce il lume della ragione. E' all'imputato che spetta la presunzione di innocenza: accusatori, testimoni e pubblico non ne hanno bisogno (non essendo loro sotto processo e non rischiando di conseguenza nulla più dell'apparire imbecilli quando dicono quanto dici tu ora).
La ricerca della verità (scientifica come processuale, nella misura in cui la giurisprudenza pretende di costiture una scienza) prevede di sgomberare il campo da verità precostituite e di porre su chi afferma l'onere di provare che la cosa è (come insegna Popper, mentre è possibile provare l'esistenza di ciò che è, spesso non è possibile dimostrare la non esistenza di cià che non è: come si farebbe a provare di non aver mai viaggiato sulla luna o di non aver mai parlato con i fantasmi?). Questo implica la necessità, in ambito giuridico, di uscire dalla prospettiva dell'una e dell'altra parte, di mettere in dubbio tanto la parola dell'accusa quanto quella della difesa, per poi cercare, senza pregiudizi, riscontri oggettivi, testimonianze terze o altri elementi atti ad avvalorare dall'esterno l'una o l'altra tesi e, qualora ciò nonostante gli sforzi investigativi e processuali non portasse a risultato certo, assolvere per insufficienza di prove ("in dubio pro reo"). Prima o senza vi siano prove oggettive o testimonianze terze rispetto all'accusa, non si può dire nè che l'uomo sia un violentatore nè la donna una mentitrice. Non si può però, per il semplice fatto di non voler gettar sospetti sulla presunta vittima, trascurare l'eventualità (magari improbabile finchè si vuole ma sempre possibile) che questa possa mentire per qualsiasi prevedibile o imprevedibile motivo, giacchè ciò equivarrebbe a considerare colpevole l'accusato anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze imparziali (e quindi indubitabili) della presunta violenza.
Se la parola dell'accusa viene considerata a priori come credibile, se il solo metterla in dubbio viene reputato "mancanza di rispetto per la donna", se il solo chiedere sia rigorosamente circostanziata e corroborata da fatti è marchiato come "maschilismo", se l'indagare sulla di lei attendibilità soggettiva e credibilità oggettiva viene presentato come "seconda violenza", se il tentativo di rilevare una mancanza di coerenza nelle vicende raccontate dall'accusa, una loro infondatezza rispetto ai fatti dimostrati e dimostrabili, una loro aleatorietà nel confine fra lecito e illecito è preso come "sacrilegio" e ulteriore prova di cola, se chiunque provi non dico a difendere l'imputato ma anche solo a ipotizzare una versione dei fatti in cui egli non sia colpevole è bollato come "violento e retrogrado", se si parla all'indicativo di donna come vittima e l'uomo come violento, lasciando a questo non solo l'onere, se vi riesce, di dimostrare la propria non colpevolezza, ma anche quello di farlo senza urtare la suscettibilità dell'accusa e senza cadere nel rischio di "offendere dio" (in questo caso la figura della donna) allora siamo chiaramente e incontestabilmente nel processo inquisitorio di medievale memoria.
Essere amici delle donne non può significare concedere ad esse di essere credute a priori quando accusano un cittadino innocente sino a prova contraria.
Non siamo nel processo per calunnia o stregoneria alla donna, siamo in quello per violenaz all'uomo: è lui a rischiare. Quindi non puoi, con la scusa di non "infangare", "ferire", "violentare psichicamente" la presunta vittima, vietare di mettere in dubbio la sua versione o pretendere da essa coerenza, dimostrabilità e riscontri oggettivi.
Altrimenti diviene come negli Usa, dove Tyson (e con lui tanti altri meno famosi) è dovuto andare in galera sulla sola parola di un'accusatrice
che già in passato aveva accusato falsamente altri uomini, senza poter citare a propria difesa tale fatto
(proprio per la tua demagogia femminista del "non infangare la vittima", "non farne il processo", "non violentarla con richieste di riscontri").
E' così che divengono norma casi come questo.
http://www.carloparlanti.it/
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Il femminismo è il nazismo del xxi secolo.
Vergogna eterna a chi lo sostiene!


Ciò di cui ti lamenti deriva dalla porcheria giuridica pretesa dal femminismo.

In uno stato di diritto, in mancanza di riscontri oggettivi o testimonanze terze della presunta violenza, si arriverebbe sempre all'assoluzione per insufficienza di prove. Nell'Italia del Codice Rocco fascista, invece, poichè la presunta parte lesa può fungere anche da testimone, sulla cui parola "Può fondarsi, anche esclusivamente, il convincimento di colpevolezza dell'imputato" (sono parole della SC di Cassazione), si può giungere alla condanna praticamente senza prove. In una tal situazione è ovvio che l'imputato, non potendo spesso provare altrimenti la propria innocenza, arrivi a citare quelle che tu (giustamente) chiami "assurdità" (l'abbigliamento discinti, l'atteggiamento disinibito ecc.).
Se l'Italia fosse uno stato di diritto, non vi sarebbe alcun bisogno di citare l'abbigliamento discinto o l'atteggiamento disinibito per sperare di essere scagionati, nè tantomeno servirebbe indagare sulla "vita", la "psiche" e la "morale" della presunta vittima: basterebbe, almeno per gli innocenti, la mancanza di prove oggettive.
Tutto ciò, che definisci frutto del "maschilismo", è invece una conseguenza dell'intrusione femminista nella giurisprudenza, un disperato tentativo di uomini spesso innocenti, a volte colpevoli di fatti ben minori di quelli contestati, di non essere rovinati per la vita: lamentatene con le tue simili, che hanno preteso di usare il codice penale derivato da una dittatura per la propria battaglia ideologica.


3. Concordo con il "femminsmo" che ogni donna (come ogni uomo del resto) abbia diritto a scegliere autonomamente se, come, quando, con chi, perché e in che modo “accoppiarsi” e a non essere costretta da chicchessia a compiere o subire atti sessuali contro la propria volontà, ma non posso concordare con certe pretese femministe d'oltreatlantico o d'oltremanica di imporre all'uomo l'obbligo di "dimostrare di aver avuto un consenso esplicito". Per motivi probabilmente tanto di natura quanto di cultura, le donne per prime in genere pretendono che sia l'uomo a sopportare i rischi e le fatiche della cosiddetta conquista (ad agire o inscenare e indovinare quanto a loro gradito), e poichè in una sfera tanto soggettiva come quella amorosa quanto piace all'una dispiace all'altra (e prima di conoscerlo per esperienza non lo si può indovinare per speculazione) bisogna sempre tentare senza sapere a priori se il tentativo avrà successo (ovvero sarà gradito), poichè una preventiva dichiarazione, una richiesta esplitica, o comunque un rigido schematismo comportamentale fugherebbero ogni effetto sorpresa, ogni atmosfera erotica ed ogni spontaneità necessaria alla riuscita dell'amor naturale, non si possono dichiarare tutte le intenzioni, richiedere tutte le autorizzazioni, o domandare ove la controparte gradisca "l'attacco" (come non lo si potrebbe fare con il "nemico"), ma si deve procedere per tentativi regolandosi poi su come procedere o ritirarsi in base alle reazioni (a come si vienea accettati o respinti), tentando di indovinare dalle parole dette e da quelle non dette quali siano le reali intenzioni della donna, e poichè la donna pretende di sentirsi conquistata non è accettato arrendersi ai primi dinieghi, ma bisogna (come nelle battaglie) insistere, resistere e contiunuare nel rischio e nello sforzo, e se già il primo tentativo può essere considerato a posteriori molestia e la riuscita in quella schermaglia amorosa pretesa dalle donne per sentirsi "conquistate" (e nella quale all'uomo spetta di inseguire chi, fuggendo, vuol essere seguita e di vincere le resistenze di chi, lottando, vuole essere vinta) addirittura stupro, allora, come ha un po' animatamente sostenuto il nostro amico, si dice a tutte le "normali" grazie e arrivederci e ci si rivolge solo e soltanto alle prostitute, le cui modalità sono chiare ed esplicite, le cui pretese sono soltanto economiche e con le quali sono dunque possibili accordi razionali, consensuali e noti a tutti a priori su cosa fare e non fare, senza inganni, ferimenti o fraintendimenti.
Non si è mai visto nessuno avere successo con donne che non siano prostitute dichiarate semplicemente chiedendo in maniera esplicita all’oggetto del suo disio di poter godere delle sue grazie corporali. Chi facesse così potrebbe suscitare solo o ilarità o sdegno, se non altro per il fatto di voler imporre un meccanicismo da stato burocratico nell’atto più naturale della vita. Obbligare (con la minaccia di pesanti pene detentive) un uomo a richiedere sì espliciti dalle donne significa dunque nella realtà dei fatti imporgli la castità a vita (sex-workers a parte).

Concordo con il "femminismo" che non possano l'iniziale assenso, l'abbigliamento discinto e il comportamento disinibito costituire giustificazione per la violenza, ma prima pretendo che la gravità e la realtà violenza siano state, nei singoli casi concreti, oggettivamente dimostrate e non basate sul soggettivo sentire della donna e sulla sua parola accusatrice priva di riscontri come prove mediche o indizi e testimonianze di lotta, resistenza e tentativi di fuga. Non vi dovrebbe essere neanche bisogno, quando non vi siano riscontri scientifici della violenza, per un uomo di citare a propria difesa consenso iniziale, abbigliamento e comportamento.
Quando invece questo ancora accade? Nei casi in cui una donna sollecita per prima l'incontro, si veste come per far colpo, non si ribella agli approcci dell'uomo, ma anzi li incoraggia, e poi, quando questo si fa avanti, non lo respinge con risolutezza, non gli fa chiaramente capire di non volere, non chiama aiuto, non cerca di fuggire e poi, per un qualsisi motivo (per un litigio successivo, per capriccio, vendetta arbitraria, ricatto, interesse o gratuito sfoggio di preminenza sociale nell'essere creduta a priori mentre l'altra campana è tenuta a tacere, diletto sadico, rancore verso gli uomini, paura di svelare un tradimento, o semplice timore di apparire "leggera" per aver accettato un rapporto temuto compromettente per uno stupido concetto di "rispettabilità" o per vari motivi economico-sentimentali) denuncia di esservi stata costretta.
In uno stato di diritto dotato di presunzione di innocenza dovrebbe essere la donna a dimostrare di aver subito violenza, non l'uomo a provare a convincere della consensualità del rapporto (essendo reato la mancanza di consenso al rapporto, non già, come nel medievo talebano, il rapporto stesso). E se non vi è alcun riscontro oggettivo (nè un referto medico, nè testimonianze di tentativi di fuga o di lotta disperata) elementi quali il comportamento disinibito, l'abbigliamento discinto e soprattutto l'iniziale accettazione o proposta dell'invito dovrebbero rendere più probabile l'ipotesi della consensualità che non quella della costrizione (o perlomeno non far apparire quest'ultima come certezza tale da portare alla condanna).
Invece, pur di sostenere il diritto (generico e per me pure moralmente dubbio) della donna a permettersi davanti all'uomo qualunque provocazione, qualunque inganno, qualunque perfidia o comunque qualunque ambiguità , senza doverne affrontare le conseguenze poichè protetta da uno status di "dama intangibile" (prodotto da un misto di stupidità cavalleresca e demagogia femminista), quando non vi sono prove certe si crede sempre alla tesi della violenza, anche nei casi specifici (vedi il rapporto fra fidanzati) in cui ogni buon senso la dovrebbe vedere come la più improbabile. Perchè accade questo? Perchè evidentemente, se si lasciasse uno spiraglio di dubbio alla tesi opposta (ovvero a quella secondo cui vi sarebbe stato consenso) la propaganda femminista avrebbe troppo timore di lasciar credere che il possibile o implicito assenso iniziale, l'abbigliamento discinto o il comportamento disinibito costituiscano un permesso per l'uomo a "farsi avanti" sessualmente (l'obiettivo delle "femministe" è infatti quello di non dare mai all'uomo, di fatto, la possibilità di sentirsi certo del consenso, per permettere alle donne l'onnipotenza giudiziaria su di lui).
In tal modo, per affermare in abstracto il diritto della donna persino a (per usare il linguaggio del nostro amico) "fare la stronza" si distrugge nei singoli casi concreti il Diritto in quanto tale (che è presunzione di innocenza e necessità di provare tutte le accuse, non accettare per vera tutta la storia solo perchè vi sono riscontri sulla prima parte).

Ed ' così, fraintendendo in maniera sistematica ed ideologica il pensiero di molti fra gli uomini attuali, che, oggi, chiunque reclami l'oggettività del diritto viene tacciato di voler continuare a violentare/molestare le donne e chiunque pretenda la presunzione di innocenza passa per chi vuole a tutti i costi difendere/giustificare gli stupratori.

Quello che forse con troppa veemenza verbale io ed altri (puntualmente linciati da certi "cretinismi femminili" come "maschilisti stupratori") stiamo tentando di dire, è che il "fare le stronze" (ormai divenuto costume nei luoghi di divertimento come in quelli di lavoro, negli incontri brevi e occasionali per via o in discoteca come in quelli più lunghi e sentimentali), ovvero trattare con sufficienza o aperto disprezzo chiunque tenti un qualsiasi avvicinamento erotico-sentimentale, mostrare pubblicamente, per capriccio, vanità , aumento del proprio valore economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza, le proprie grazie solo per attirare, illudere e sollevare nel sogno chi poi si vuole far cadere con il massimo del fragore, della sofferenza e del ridicolo, diffondere disio agli astanti e attrarre a sè (o addirittura indurre ad arte a farsi avanti e a tentare un approccio) sconosciuti che non si è interessate a conoscere ma solo a ingannare, far sentire nullità e frustrare sessualmente, dilettarsi a suscitare ad arte disio per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche da una raffinata, intenzionale e premeditata perfidia, possa far patire le pene infernali della negazione a chi è stato dapprima illuso dal paradiso della concessione, attirare e respingere con l'intenzione di infliggere continuamente tensione psicologica, ferimento intimo, senso di nullità , irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, inappagamento fisico e mentale degenerante se ripetuto in ossessione e disagio scivolante da sessuale ad esistenziale (con rischio di non riuscire più a sorridere nel sesso e di avvicinarsi ad una donna senza vedervi motivo di patimento, tirannia e perdita di ogni residuo interesse per la vita), usare insomma sugli l'arma della bellezza in maniera per certi versi ancora più malvagia di quanto certi bruti usino sulle donne quella fisica) non è un diritto, è una vera e impunita forma di violenza sessuale psicologica ai nostri danni, perchè i danni (piaccia o no al femminismo) esistono (e vanno dalla cosiddetta "anoressia sessuale" al suicidio, dal precoce bisogno di prostitute ad un disagio psichico ora celato con l'ironia ed ora pronto ad esplodere in eccessi di aggressività: che per millenaria consuetudine "cavalleresca" o per moderno appiattimento sul femminismo, gli uomini tendano a negare spesso anche a loro stessi le proprie sofferenze, non toglie che essi in tali casi siano davvero vittime). E quello che mi rende verbalmente veemente e prolisso è la constatazione che proprio per affermare questo assai dubbio "diritto" (peraltro sempre e solo imposto dall'alto da certe lobbies culturali e mai espresso come volontà di questo o quel popolo) si pongano in dubbio persino oggettività e dimostrabilità del confine fra lecito e illecito e presunzione di innocenza.
Magari lo stupro può essere una reazione esagerata alla stronzaggine (specie quando questa non è continuata), ma anche certe pene pretese dal femminismo (si pensi a quelle per inoffensive palpate, a volte pure pretese da certe donne) sono esagerate per certi episodi di violenza sessuale (non tutti identificabili con quanto ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e punito come stupro),
ed anche invocazioni all'ergastolo, alla mutilazione fisica o alla distruzione psicologica (tramite gogne mediatiche o castrazioni chimiche) sono esagerate pure per i veri e dimostrati stupri (nulla, in uno stato di diritto, può ledere il diritto all'integrità, neppure la colpevolezza nel peggiore dei delitti).
In uno stato di diritto io non ho diritto a stuprare una "stronza" come una donna stuprata non ha diritto a uccidere o evirare il proprio violentatore (la giustizia, come insegna Platone, non è "occhio per occhio", ma tendenza verso il Bene).
Se invece scendiamo nel soggettivismo, allora ognuno è libero di stabilire le proprie vendicative corrispondenze, ed io non sono meno libero delle più vendicative fra le donne.

E questo è quello che stavo scrivendo quando ho notato che ogni mio ulteriore messaggio viene cancellato.

Poi tu parli di "stato che non equipara uomini e donne".

Come se le donne non godessero, per un misto di stupidità cavalleresca e demagogia femminista consolidatosi in occidente (ne parlavo QUI), di privilegi (culturali e legislativi) sconosciuti persino alle caste superiori delle società gerarchiche (le quali almeno, a maggiori diritti vedevano corrispondere maggiori doveri, e non la possibilità di scaricare sugli altri le proprie responsabilità ed erano sempre costrette ad esercitare direttamente la violenza, con i rischi e l'onestà del caso, e non tramite interposta persona o subdolamente con il vittimismo)!

Come se i giovani maschi non crescessero con enormi danni alla psiche, all'autostima e quindi alla vita per colpa di una "moda" cinematografica, adolescenziale e culturale femminile avente come costume raffigurare "divertente" la violenza fisica e psicologica sugli uomini e doverosa la loro umiliazione nel profondo ed irrisione nel disio, dopo aver mostrato ogni figura maschile o come bruto e violento da punire in ogni modo o come un freddo specchio su cui provare l'avvenenza, un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi inflizione di tensione emotiva, irrisione al disio, umiliazione sessuale, riduzione al nulla davanti a sè o agli altri, dolore nel corpo e nella psiche, inappagamento fisico e mentale se reiterato fino all'ossessione e all'impossibilità di sorridere alla vita e al sesso, disagio da sessuale ad esistenziale con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale al suicidio), un vuoto pupazzo da sollevare nell'illusione solo per farlo cadere nella delusione con il massimo possibile di sofferenza fisica e mentale e di umiliazione pubblica e privata!


Come se le false accuse (per capriccio, vendetta arbitraria, interesse materiale o morale, anche solo quello di poter mantenere la propria immagine di dama intangibile negando a posteriori il consenso ad un rapporto "compromettente", gratuito sfoggio di preminenza nell'esser credute a priori mentre l'altro deve tacere e se parla è tenuto degno del riso e dello sdeno, patologico bisogni di attenzione, voglia di ricattare o di ricevere un risarcimento o semplice sadico diletto nel mostrare di poter rovinare la vita di chiunque con la sola parola, a fidanzati, amanti occasionali, mariti, ex-mariti o semplici sconosciuti al posto sbagliato nel momento sbagliato) non esistessero, anzi non potessero esistere!

Come se il 40 percento dei casi di violenza non fosse falso o esagerato ad arte dalle ex per trattare da una posizione di forza la causa di divorzio!
http://www.paternita.info/downloads/giornali/09-01-31_falsedenuncie.html

Come se appunto non si fosse già, alla prova dei fatti, all'estremo opposto di quanto da te lagnato, quello di un mondo in cui gli uomini (finchè utili tenuti socialemnte attivi) hanno solo doveri senza diritti, solo difetti senza pregi, e solo accuse senza difese, quello di una società pronta a trattare da violentatori cittadini innocenti fino a prova contraria, ancora prima di aver provato la preseunta violenza al di là di ogni dubbio in un regolare processo in modo oggettivo e chiaro a tutti, mediante riscontri fattuali incontrovertibili o testimonianze concordanti di persone terze rispetto ad accusa e difesa, spesso ancora prima di poter aver anche solo vagamente ricostruito i fatti, quello della gogna morale, mediatica e a volte pure giudiziaria cui è immediatamente sottoposto, basta leggere i giornali, chiunque, anche il più educato, stimato e pacifico dei ragazzi, venga accusato da una donna anche per fatti le cui effettive gravità e realtà sono tutte da verificare.

Come se fatti come questi non fossero la norma nei paesi anglosassoni
http://www.falseaccuse.org/2010/05/bugiarda-seriale-un-uomo-si-suicida.html
http://www.falseaccuse.org/2010/02/solidarieta-alla-calunniatrice.html
http://www.falseaccuse.org/2010/04/trascorre-tre-anni-in-carcere-per-uno.html
http://www.falseaccuse.org/2010/04/scagionato-dallaccsa-di-stupro-dopo-un.html
http://www.falseaccuse.org/2010/09/indietro-nel-tempo-accusa-un-giovane-di.html
http://www.falseaccuse.org/2010/09/falso-stupro-in-inghilterra.html
http://www.falseaccuse.org/2010/10/la-storia-di-lee-trundle-accusato.html

E in Italia...

E frattanto che succede in Italia?
Che chi si vanta di essere “paritaria”, anziché preoccuparsi di come questo nazifemminismo possa attraversare l'atlantico, accusa di “maschilismo” chi lo denuncia e attribuisce l'esistenza di fatti come quello riportato alla “fantasia maschile” (come non fossero veri)!
Vorrebbero addirittura che la sola accusa fosse creduta in sé se proferita da una donna contro un uomo in tema di reati sessuali anche in assenza di riscontri oggettivi e testimonianze terze!
Non si contentano che, al contrario di quanto sarebbe in uno stato di diritto (in cui nessuno potrebbe essere condannato senza riscontri oggettivi o testimonianze terze valevoli come prove oggettive perchè disinteressate), l'Italia del codice Rocco (elaborato in un periodo in cui lo stato aveva interesse a poter condannare cittadini senza prove certe) può anche fondare una sentenza di condanna sulla sola parola dell'accusa (se questa viene sentita anche come teste con obbligo di dire la verità), anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze (come se, magicamente e sofisticamente, fosse possibile distinguere, nella stessa persona , nelle stesse parole, quanto dice la parte in causa con la testimone, come se, contro quanto mostrato da kant, l'essere fosse un predicato, la verità di una proposizione fosse ricavabile solo dal suo senso logico in abstracto e non dalla sua verifica sperimentale concreta, come se i famosi talleri immaginati fossero qualitativamente diversi da quelli reali), ma pretenderebbero pure che tale parola venisse assunta come prova anche prima e anche senza una scrupolosa verifica della sua attendibilità (per evitare di condannare imputati sulla cui colpevolezza sussistano dubbi ragionevoli), svolta sia in relazione alla credibilità intrinseca di quanto riferito, sia rispetto alla credibilità soggettiva di chi parla (ricavabile da indagini sulla sua dirittura morale, sui suoi eventuali interessi a mentire, e sui suoi comportamenti abituali).

Per non lasciarci con troppo rancore…
Su due cose siamo d’accordo, almeno.
SE uno stupro è vero, è un fatto gravissimo.
SE un cittadino innocente fino a prova contraria finisce in carcere senza prove è pure un fatto grave.
Stiamo litigando solo su cosa venga considerato per accertare i due casi.
Tutto quello che tu spieghi è quanto SI DOVREBBE fare per “scoprire casi fasulli”, non quanto davvero SI FA. O, meglio, lo si fa, ma poi si mette in galera (o comunque si rinvia a giudizio) il presunto colpevole anche in caso di assenza di riscontri positivi in tal senso.

Se io mi sbaglio ed hai ragione tu a dire che si fanno tutte le verifiche “ginecologiche” del caso, mi spieghi come è possibile che fra le motivazioni delle sentenze di condanna vi siano referti medici che, confermando la possibilità di un rapporto sessuale ma non già la certezza della sua non consensualità (che sarebbe data da quanto giustamente descrivi), vengono considerati “compatibili con la violenza” (appunto come se l’onere della prova fosse invertito)?

Se io mi sbaglio, e non è vero che si venga arrestato al solo grido di una ragazza, mi spieghi come è possibile che un ragazzo della mia città abbia passato due anni ai domiciliari (http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/2009/01/13/143979-nostro_figlio_accusato_stupro.shtml)
dopo che l’amichetta si è messa a piangere e urlare in maniera credibile dicendo di essere stata violentata nel bagno della discoteca e poi sia stato scagionato solo dopo che le indagini difensive (cosa di cui non vi dovrebbe essere bisogno se non vi sono prove oggettive a favore dell’accusa) hanno trovato testimoni a favore?

Mi spieghi come è possibile che un immigrato venga sbattuto in galera per stupro di qualche minorenne (che evidentemente doveva giustificare fuitine col fidanzatino) e venga rilasciato solo se e quando le telecamere della zona dimostrano la non sussistenza del fatto (cerca casi come questo: ce ne è più d’uno, di quelli accertati, figurati di quelli dubbi)?

Mi spieghi come è possibile (il caso da te linkato) che un padre finisca in galera e possa uscire (in attesa di giudizio) solo quando al riesame emergono dubbi sulla credibilità della figlia (la quale avrebbe il movente della vendetta per l’opposizione del padre al rapporto con il fidanzato)?

Mi spieghi come è possibile che due ragazzi vengano condannati in primo grado per “stupro” (dopo una campagna colpevolista femminista su strada e tv) nonostante la totale assenza dei riscontri “vaginali” da te citati (il referto medico indicava solo segni compatibili con un rapporto consenziente e ferite compatibili con una caduta dalle scale) e che abbiano dovuto attendere l’appello per veder stabilito che il rapporto era stato consenziente, il violento litigio (in cui la ragazza, con problemi di nervi di suo, aveva iniziato a distruggere la casa degli imputati) successivo ad esso e le ferite conseguenti la caduta per le scale (negata dalla ragazza ma confermata da una testimone oculare) dopo che gli imputati l’avevano trascinata via a forza?

Mi spieghi come è possibile che un’intera compagnia di amici finisca in carcere solo perchè, dopo mesi, la ragazza del gruppo riferisce di essere stata stuprata in casa mentre il suo ragazzo dormiva (!) ed esca solo quando il riesame si accorge delle assurde incongruenze del racconto (non ascoltate ovviamente dal gip, che aveva preso per oro colato il referto della psicologa di turno – ah la psicologia, che scienza)?

Mi spieghi come è possibile che clienti di prostitute (colpevoli forse di non aver pagato la prestazione, ma probabilmente non di altro) vengano condannati per violenza con prove variabili dalla richiesta di cancellare la scheda d’albergo alla presenza di un martello nel bagagliaio dell’auto di un muratore e comunque per nulla attinenti con la ginecologia che tu suggerisci di studiare?

E tutto questo, se cerchi un po’ in rete, accade quasi quotidianamente in Italia. Provo in fretta di trovare i link da cui ho tratto i fatti raccontati.

L'immigrato e la minorenne
http://www.repubblica.it/2006/09/sezioni/cronaca/dodicenne-branco-bologna/dodicenne-sviluppi/dodicenne-sviluppi.html

Il caso del padre e della figlia: hai già detto tu. Io aggiungo solo che anche se la "colpa" non è della ragazza ma del padre violento, ciò non diminuisce la gravità del fatto. Inoltre, anche sapere che chi denuncia falsamente gode (in maniera motivata, come i malati di mente) dell'impunità non è confortante.

Il "caso di via Libia" (recentemente riaperto, ma solo in sede civile, dalla solita Cassazione, evidentemente paurosa di essere accusata di "maschilismo" se conferma sentenze di assoluzione che facendo leva su testimonianze dei vicini e assenza di segni scientifici di stupro mettono in dubbio la parola della donna):
http://www.wikio.it/comments?group=105501594

"gita ai lidi ferraresi"
http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/violenza-sessuale-stupro-gruppo-assoltibresciani-462489/?postcomment=true

le prostitute per la cassazione
http://www.corriere.it/cronache/10_marzo_03/cassazione-sentenza-stupro-prostituta-non-pagata_445abba2-26d3-11df-b168-00144f02aabe.shtml

i clienti condannato con il martello da muratore come prova regina
http://www.foggiaweb.it/ultimenotizie/?p=1533

lo studente e la escort
http://www.ilcittadinomb.it/stories/Cronaca/141152_escort_di_vimercate_in_sicilia_stuprata_da_studente_universitario/
(scusa se non trovo ora il link in cui si parla di prestazione non pagata e scarcerazione del giovane, ma come sai, mentre le accuse di fatti presunti vengono strombazzate sempre,i proscioglimenti hanno solo qualche trafiletto - che è più difficile da ripescare in rete: qua si preferisce far ironia sulla vita, universitaria e non solo, rovinata dall'accusa)

Ecco perchè parlo di associazioni a delinquere in relazione ad un certo femminismo.

La risposta classica delle femministe sarebbe quella di contrappormi altri casi reali in cui dall'altra parte del mondo (o da culture nate nell'altra parte del mondo) una donna viene trattata come schiava dal marito o casi in cui, anche da noi, la vita di una donna viene distrutta da un uomo malvagio.

Paragonare questi due estremi costituisce un'impostura.

Nei casi che le femministe mi vorrebbero contrapporre, si tratta di atti criminali e ingiusti agiti da singoli uomini CONTRO il sentire della comunita' (almeno della nostra) e le leggi dello stato, contro cioe' il volere degli altri uomini (nessuno di noi, o almeno nessuno di coloro cui mi ispiro o che ritengo degno di vivere in civilta', pensa sia giusto trattare tutte le donne come schiave, ucciderle o usare arbitrariamente violenza su alcune di loro).
Nei casi citati da me si tratta invece di crimini ed ingiustizie compiute direttamente ed ex-novo dallo stato, in nome della giusizia e della legge e per volontà di donne trattate come vittime quando non come unica fonte di verità e sensibilità umane (secondo stereotipi che le femministe criminialmente alimentano per questioni ideologiche e di cui quelle associazioni a delinquere chiamate "centri antiviolenza" sono dirette responsabili morali per via delle loro campagne demoniazzatrici contri i padri e delle loro pseudoargomentazioni, contrarie ad ogni diritto e ad ogni ragione, del genere "lo stupro è grave quindi non può mai rimanere impunito", come se, ad esempio, nei casi non certo meno gravi di omicidio si potesse condannare l'imputato all'ergastolo senza prove certe, pur di non lasciare impunito il crimine, "il trauma della vittima è enorme, quindi nel dubbio non si può mettere fuori lo stupratore", come se la gravità di un'accusa potesse fungere da presunzione di colpa, o "la maggioranza degli stupri è vera e spesso non denunciata, quindi in caso di denuncia bisogna arrivare celermente e quasi sistematicamente alla condanna", come se la responsabilità penale non fosse personale e se potessero esistere meccanismi di "compensazione" fra ingiustizie e crimini agiti e subiti da persone diverse).
La gravità dal punto di vista umano delle vittime sarà pure uguale, ma dal punto di vista superiore della civiltà non lo è. Un conto sono la violenza, l'ingiustizia e la menzogna agite da singoli criminali (che lo stato non riesce a fermare in tempo o a punire successivamente, nonostante cerchi di riconscerli e perseguirli con gli strumenti delle leggi, dei tribunali, delle polizie), un conto sono atti di violenza, ingiustizia e menzogna (come privare un cittadino della sua libertà sulla base di una accusa falsa o esagerata ad arte) agiti contro cittadini innocenti da quello stesso stato che dovrebbe invece proprio da essi tutelare.

La gravità non risiede tanto nell'esistenza di fanciulle tanto false e perfide (le quali, in ogni caso, lo dico chiaramente, sono una netta minoranza nel genere femminile, come una netta minoranza in quello maschile sono i violentatori, minoranze che generano ribrezzo all'interno del loro stesso sesso) da accusare un uomo di una violenza mai avvenuta. Si sa che esistono le persone false e perfide (come esistono gli uomini malvagi e brutali da violentare fanciulle indifese). La legge esiste per proteggersi anche da queste persone. La gravità risiede nel fatto che lo stato permetta a quel sottoinsieme di donne perfide e false nuocere massimamente, per colpa di una legge con la quale qualunque donna può far andare in galera qualunque uomo con la sua sola parola, anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della violenza.
Sarebbe come se uno stato permettesse al sottoinsieme violento e malvagio degli uomini di andare in giro stuprando impunemente. Accettare l'abolizione della presunzione di innocenza nel caso dei reati sessuali equivarrebbe ad accettare una legge tanto talebana da permettere a quella minoranza di uomini tanto perversa da considerare normale stuprare le donne di agire impunemente.
E' questa la mia risposta a chi sostiene che la critica ad un certo femminismo equivalga a volere un mondo in cui gli uomini siano liberi di stuprare:

"non è vero come dicono le femministe che la presunzione di innocenza nei reati sessuali implichi libertà di stuprare per i violenti. Come non è vero che si debba sempre operare una scelta disgiuntiva fra innocenti in carcere e colpevoli fuori e che il garantismo renda sistematica la seconda ipotesi. Come insegna Popper, di ciò che esiste si può sempre provare l'esistenza, mentre non sempre è possibile provare la non esistenza di quanto non esiste. Nello specifico poi, in un mondo in cui da una sigaretta si risale ad un attentatore, non è credibile che sia possibile costringere ad un rapporto chi non lo vuole senza lasciare tracce. Quindi le prove di quanto ogni mondo civile ha da sempre giustamente riconosciuto e punito come stupro si possono sempre trovare. Non sempre invece è possibile dimostrare la non esitenza di fatti inventati, esagerati ad arte o definito come violenza solo a posteriori e secondo i soggettivi parametri della presunta vittima, magari secondo quanto solo la demagogia femminista può pretendere di inserire nella vaga e omnicomprensiva definizione "moderna" di stupro. "Se si seguissero questi tuoi principi garantisti certe violenze non sarebbero quasi mai punite", mi si risponde da siti femministi e ora pure da certi "docenti di magistrati". Questi giudici (e queste femministe, se hanno ancora un cervello) dovrebbero riflettere sulla liceità, per un sistema giuridico fondato sulla ragione e sul diritto (nonchè sulla proporzionalità della pena: danno grave -> pena grave, danno lieve ->pena lieve, danno non rilevabile -> nessun reato), di includere in un reato grave come la violenza sessuale quanto manco lascia segni oggettivamente rilevabili per gli investigatori (e quindi può difficilmente, anche qualora vero, essere accostato al grave trauma psicofisico dello stupro, al contrario ben evidente e riscontrabile sotto ogni punto di vista, e giustificare una pesante pena detentiva per il colpevole), anzichè inneggiare alla possibilità di condannare qualcuno senza prove."

Tirannide è tutto quanto, pur di perseguire i propri fini, usa lo stato per esercitare la violenza e l'arbitrio, la falsità e la perfidia, ovvero fa svolgere ad esso il contrario della funzione per cui lo stato esiste: tutelare i cittadini dalla violenza e dall'arbitrio così come dalla falsità e dalla perfidia, proteggerli da danni ingiusti anche nel caso incontrino le persine più violente e più malvagie, più false e più perfide.

IL FEMMINISMO E' IL NAZISMO DEL XXI SECOLO.
E con le naziste non discuto.

Contro le menzogne di Maria Elena e le sue simili valga sempre quanto da me vergato qui:
http://la-sublime-porta.blogspot.com/2011/02/propaganda-radiofonica-oggi-alla-radio.html


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Çarşamba, Haziran 01, 2011

ECCO DUE DONNE CHE MERITANO DAL VERO STUPRO E STERILITA': VOSTRA GRAZIA E SERENA SUNDA DI YAHOOANSWER E' stato postato su Yahooanswer lo sfogo di una (ex)femminista, fondatrice di centri antiviolenza, la quale racconta come questi si siano trasformati in fabbriche di odio misandrico e di false accuse verso gli uomini in generale e i padri in particolare. Due femministe non si sono limitate come le altre a negare ciò sia vero (magari anche contro l'evidenza dei dati ammessi spesso dagli stessi pm o rilevati da fonti indipendenti rispetto a quelle legate agli stessi centri antiviolenza su cui si basano le statistiche e la cultura ufficiale) o a sostenere che si tratti di casi isolati, ma hanno addirittura affermato "con tutte le schifezze fatte dagli uomini tutto questo è il minimo". E allora io dico quanto segue. 1. Ovviamente fra il "fare schifezze" includi anche il trasformare il chaos in kosmos, il passare dalla preistoria alla storia, dalle caverne ai palazzi rinascimentali, dalle pitture rupestri al cenacolo, dagli oggetti di pietra alle mirabilie della tecnologia, dai suoni gutturali alle rime dei carmi, dal ricercare cibo e riparo al produrre la sovrabbondanza, dal dipendere dall'ambiente al costruire da sè il proprio ambiente e quasi la propria stessa natura. Se i grandi popoli indoeuropei fondatori di città e civiltà (l'India del Veda, la Persia Iranica, la Grecia di Omera, Roma Repubblicana, la Germania Sacra e Imperiale), capaci di generare opere degne degli dèi per grandezza, potenza e durata, di compiere imprese esprimenti forza, coraggio e splendore più che umani e tali da costituire il mito fondativo di intere epoche, di concepire nell'arte come nella religione, nella politica come nella storia, nel pensiero come nella società mirabili strutture pensate per misurare i millenni e non essere raggiunte dai contemporanei nè superate dai posteri, si sono fondati su un sentimento virile ed eroico del mondo ci sarà un motivo. Se fosse stato per voi saremmo ancora prigionieri della specie, del tutto indifferenziato delle società matriarcali senza classi (prive di forma e quindi di qualsiasi possibilità di dare valori, significati e bellezze alla vita e al mondo), fuori dalla storia o comunque storicamente recessivi (come tutti i popoli esaltati da comununismo e femminismo). Non è un caso se i periodi di decadenza di tutte le civiltà avvengono sotto il segno femminile: è avvenuto per Rome e Bisanzio, per Venezia e per la Francia pre-rivoluzionaria, per l'Etruria e per l'Egitto, sta avvenendo ora (anche se gli sciocchi lo chiamano progresso). La concezione della vita come continuo superamento (e quindi della giustizia come necessità di porre in alto il tipo umano più eccellente in tale superamento, ad esempio il guerriero ed il sapiente, corrispondenti alle vie tradizionali di azione e non azione) è legata a doppio filo con la considerazione della vera nascita come quella spirituale e ascendente data dal padre, non come quelle corporale e conservativa data dalla madre. Laddove tale visione viene sostituita dalla volontà di conservarsi più a lungo, più egalitariamente e più comodamente possibile, in quel tranquillo e pacifico benessere materiale e morale da bestiame bovino voluto in ogni tempo dalla plebe, dalle femmine e dalle vacche, il nobile, il grande, l'eroico (quali possiamo leggere nell'Eneide, nell'Iliade, nella Baghavad Gita, nei Poemi Persiani, nell'Edda, nel Beowulf) divengono favola, follia, malefatta, l'opera di grandezza crimine, la forza colpa, la debolezza virtù, la malattia progresso. E ciò ha le sue conseguenze anche negli aspetti materiali che stanno a cuore agli stessi egalitario-femminei. E' così che le civiltà muoiono (perchè viene a mancare la spinta vitale, formatrice, che le distingueva dal chaos senza forma). 2. Non si possono valutare con i criteri individualisti ed eudemomici di oggi i costumi, le leggi e i principi del mondo ordinato secondo criteri comunitari e anagogici di ieri. Che il fine esistenziale dell'uomo sia seguire la felicità individuale, poter essere, fare e avere di tutto, e la giustizia sia uguaglianza in tutto e per tutto, sono idee del tutto moderne. L'uomo della tradizione concepiva come bene l'affrontare ogni colpa ed ogni dolore pur di compiere la propria opera di grandezza sentita come necessaria a divenire ciò che si è, il tollerare ogni sacrificio per un fine trascendente l'individuo effimero, il compiersi ricoprendo socialmente un ruolo conforme alla propria natura e all'ordine cosmico. Si può aborrire tutto ciò e sostenere gli ideali rivoluzionari di uguaglianza e libertà, ma non si può negare che fino a quando il mondo tradizionale è esistito come fedele a se stesso ha seguito tali principi comunitari e anagogici, non la prepotenza e gli interessi di singoli individui "più forti". Quando i maggiori mezzi e i maggiori diritti spettanti a chi, essendo più in alto, aveva più doveri, sono divenuti strumento per comodità, arbitri e violenze individuali, la cosiddetta aristocrazia è presto caduta. Ad un uomo (o ad una donna) della tradizione, il vivere secondo i nostri criteri parrebbe innatuarle e ingiusto quanto a noi vivere secondo gli schemi tradizionali ora aborriti, proprio perchè il suo "io" era un'identità di sangue e spirito in grado, per grandezza, potenza e durata, di andare di là dall'individuo effimero, il suo bene era sacrificare il miglir sè per il nobile, il bello, il grande, l'eroico, o comunque per fini comunitari e anagogici e la sua giustizia il porre in alto quanto ha più valore in ciò. E ciò non valeva solo e tanto per chi stava in basso, ma anche e soprattutto per chi stava in alto. Un esempio per tutti: fra i due consoli romani, il plebeo poteva anche ritornare sconfitto, mentre il patrizio aveva l'obbligo di combattere fino alla fine e di non sopravvivere in nessun caso al suo esercito. Se il principio fosse stata le semplice prepotenza individuale o di classe, sarebbe avvenuto il contrario. Invece, conformemente all'etica eroica, a maggior diritti corrispondevano maggiori doveri, ad una posizione di preminenza nella società un obbligo a sacrificarvi anche il bene supremo. Allo stesso modo era considerato anche il sacrificio della donna: la sua obbedienza alla famiglia era la stessa dovuta dagli uomini (nessuno poteva "fare quello che gli pareva") e il suo subordinarsi al marito era del medesimo grado e della medesima dignità di quanto dovuto da quest'ultimo verso il capo del gruppo umano di appartenenza (come il soldato deve sacrificarsi senza poter scegliere il nemico, così la sposa deve spendersi senza poter scegliere secondo criteri eudeministici ed individuali). Se tutto ciò pare oggi aberrante e oppressivo, si seguano pure le nuove tendenze a voler essere tutti liberi, felici ed uguali, ma non si accusino gli uomini di oggi di voler perpetrare una presunta oppressione unilaterale che a ben guardare non era tale neanche per causa degli uomini di ieri. Se si vuol continuare il gioco anacronistico, ci sarebbe da spiegare quale interesse egoistico dell'uomo lo abbia spinto ad accogliere su di sè il dovere di morire in guerra salvando le donne, di offrire ad esse mantenimenti e protezioni (ancora oggi pretesi dal femminismo in maniera direttamente proporzionale a quanto questo blatera di diritti e dipinge il passato come sfruttamento della donna), di non approfittare di quanto potrebbe fare in natura (ovvero copulare con tutte disinteressandosi del destino loro e della prole). Si dia pure la libertà a tutti, ma non si attribuiscano agli uomini di oggi presunte colpe degli uomini di ieri, nè si continuino a pretendere per le donne antichi privilegi assieme ai moderni diritti. 3. Se anche fosse vera la tesi pseudostorica e pseudomorale del femminismo, voler infierire con ingiustizie, falsità e tirannie contro i nati maschi di oggi per atti che sarebbero stati o sarebbero commessi da loro simili in altri tempi e luoghi viola gravemente quei principi di diritti individuali che il femminismo stesso sostiene di difendere (nelle donne e in tutti). Delle due l'una: o, come ritiene la moderna dottrina dei diritti umani, gli uomini e le donne devono essere valutati esclusivamente per colpe e meriti individuali, e allora non rileva quanto gli appartenenti al medesimo gruppo umano (per sesso, etnia, lingua, cultura, classe sociale) fanno o hanno fatto di bene o di male (e in tal caso le vendette femministe violano i diritti universali dell'uomo) oppure, come riteneva la cultura del passato, esiste un legame fra individui appartenenti ad un medesimo gruppo umano che va al di là delle responsabilità individuali e tramanda meriti e colpe a tutti (generazione per generazione) in ogni tempo e luogo e allora da un lato non si capisce come tali gruppi debbano essere astrattamente "uomini" e "donne" (come se fossero speci indipendenti capaci non si sa come di tramandarsi culture e valori da generazione a generazione in modo autonomo) e non piuttosto le diverse famiglie, le diverse caste, le diverse razze, i diversi popoli concretamente esistiti o esistenti (che al contrario di "uomini" e "donne" hanno sì la capacità di perpetuarsi storicamente mantenendo una specifica visione del mondo e una specifica azione storica) e dall'altro si finisce per giustificare quanto nello stesso "patriarcato" (basato sui diritti non degli individui ma della famiglia come identità di sangue e spirito) è considerato "malefatta" (ovvero sacrificare libertà e diritti individuali per il gruppo d'appartenenza). Se chi si considera in qualche modo discendente di una certa famiglia, di una certa casta, di una certa razza, di un certo popolo potrebbe (al limite) prendere su di sè colpe e meriti dei suoi predecessori (poichè di essi porta il nome, il sangue, i beni e può proseguire l'azione storica), chi nasce uomo o donna non ha alcun legame specifico con uomini e donne del passato per il fatto di essere maschio o femmina. Nè storicamente nè biologicamente è possibile ritenere ciò. Ammesso e non concesso (come spiegato sopra) il passato sia "una schifezza", non erano gli uomini di oggi ad agirla e non erano le donne di oggi a subirla. Perchè dovrebbero le donne di oggi pretendere rivalse verso chi non ha agito per quanto esse non hanno subito? Quale etica è questa? 4. Anche volendo valutare secondo eudemonia e individualismo, il punto di partenza è, da parte della donna, un sentimento del mondo di prepotenza matriarcale secondo cui ella detiene per natura il fondamento sacrale di ogni valore (la propria sessualità) e prima di essere concesso deve dunque essere implorato o conquistato a prezzo di immani rischi, fatiche, sofferenze e a volte pure irrisioni, frustrazioni, umiliazioni, tirannie dall'uomo. Pari affermare implicitamente che la donna abbia diritto a mantenere quella naturale preminenza nelle sfere più rilevanti davanti alla natura, alla discendenza e alla felicità individuale, per compensare la quale l'uomo collettivamente aveva costruito le mirabili strutture dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società ingiustamente chiamate oppressione unilaterale (ma in realtà umano ed equo tentativo di bilanciare in influenza sul mondo a apprezzamento sociale ed amoroso quanto dato alle donne dalla natura, affinchè anche l'uomo abbia la stessa libertà di scelta e la stessa forza contrattuale delle donne nella realtà della vita al di là delle apparenza sociali) e individualmente ancora oggi tenta con lo studio, il lavoro, la posizione sociale, la cultura, il potere, la ricchezza, la fama, il successo, e quant'altro consegue al merito o alla fortuna individuali di bilanciare tutto ciò che alle donne è dato in desiderabilità e potere, dalle disparità naturali nell'amore sessuale e nella riproduzione e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri. Tutto ciò pone, al di là dell'apparenza egalitaria dei diritti formali, l'uomo in una condizione di subordinazione psichica, sessuale e quindi sociale nei confronti di colei dal cui gesto che consente o meno possono discendere il paradiso e l'inferno. Anche senza arrivare agli estremi, significa che qualsiasi donna (quando non vi è la bellezza, subentra l'illusione del disio), possiede un potere contrattuale e una desiderabilità amorosa, sociale, universale difficilmente compensabile senza il denaro dall'uomo e difficilmente conciliabile con un reale principio di uguaglianza fra i sessi! La donna gode già del privilegio di natura e quindi di cultura di essere universalmente mirata, amorosamente disiata e socialmente accettata da tutti e al primo sguardo di per sè, per la grazia, la leggiadria, la bellezza (quando non c'è vi supplisce l'illusione del desiderio), senza bisogno di mostrare obbligatoriamente altre doti, compiere forzatamente altre imprese o raggiungere per forza certe posizioni nella società (cui invece sono costretti i cavalieri, i quali senza ciò sono puro nulla, socialmente trasparenti e negletti dall'altro sesso). In termini di potere ha già il modo proprio (notato persino da Rousseau) di influire sulle cose e sugli uomini, all'interno di quei ruoli ad essa propri per natura e non cancellabili nemmeno dalla più misogina delle società (madre, sorella, amante, o anche solo amica/confidente) o comunque in ogni rapporto umano non banale (in cui l'influenza della donna sull'uomo è molto maggiore di quella inversa), grazie al poter agire su quanto negli uomini vi è di più profondo e irrazionale. Ricchezze e poteri sono i mezzi con cui l'uomo bilancia (in desiderabilità personale e influenza reale sul mondo) quanto alle donne è dato per natura dalle disparità di desideri nell'amore sessuale e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri (e quindi a plasmare un'anima pur mo' nata, a intuire bisogni e desideri prima anche siano espressi, a prevedere nell'infante comportamenti sociali e tendenze naturali, a siglare per prima la pagina bianca dell'infanzia dell'uomo, a influenzare quanto poi sarà la sua intima personalità). Non possono essere tolti da chi ne ha bisogno per compensare per essere dati a chi li può usare in aggiunta ad altre armi. Sono disposto a combattere per impedire questo. I limiti sono necessari per tutti se si vuole una forma. E una forma sana di civiltà e di vita si regge su un'armonia di equilibri e compensazioni. Dobbiamo smettere di fare il gioco di chi, prima, ci ha convinti, con favole egalitarie e distorsioni moralistiche e anacronistiche della storia (consistenti nel valutare con i parametri eudemonici e individualisti di oggi le ragioni del mondo anagogico e comunitario di ieri, nel quale gli uomini non avevano affatto la libertà di fare di tutto, ma il dovere di sacrificarsi nel proprio ruolo, esattamente come le donne), a smantellare tutte quelle mirabili strutture (dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società), edificate nei millenni dai più forti, dai più saggi, dai più geniali e dai più coraggiosi epigoni maschili (dei grandi popoli indoeuropei fondatori di città e civiltà grazie ai loro valori virili e aristocratici) proprio al fine di permettere agli uomini di compensare tutto quanto in desiderabilità e potere è dato alle donne per natura (dalle disparità di desideri e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madre) e poi, senza più limiti nè remore nè regole, fa uso delle proprie armi naturali per raggiungere (sempre dietro il paravento della "parità" formale) un'incontrastata preminenza nelle sfere più rilevanti davanti alla natura, alla discendenza e alla felicità individuale (aiutata in questo peraltro da leggi applicate a senso unico contro ogni etica, ogni natura e ogni diritto, come nel caso di aborto, divorzio e violenza sessuale). Socialmente, quanto la loro parola menzognera appella spesso "maschilismo", è semplice autodifesa maschile, necessaria, non già per opprimere (ché non è l'obiettivo dei savi) bensì per limitare i loro soprusi e le loro angherie prepotenti (storicamente è la reazione alla prepotenza del Matriarcato). Del resto basta guardare alle società matriarcali già presenti in natura, dalle api agli elefanti, per rendersi conto di quanto infinitamente infelice sia in esse la vita del maschio. Il grado di coscienza proprio dell'essere umano la renderebbe poi intollerabile. Erra chi pensa la femmina della specie umana essere men crudele o addirittura (fatto impossibile in natura) più comprensive ed inclini al compromesso o alla pietà. Il fatto che la donna non sia affatto portata per natura alla mediazione ed alla conciliazione, bensì al litigo, alla tirannia e al trarre le estreme conseguenze dai propri privilegi è data dal loro orinario comportamento laddove godono di privilegio per natura e ordine sociale: il CORTEGGIAMENTO Basti pensare a come struttano il nostro desiderio di natura per farci recitare da giullare o da seduttore, a seconda che vogliano divertirsi o che bramino compiacere la propria vanagloria, o, come avviene spesso con quelle che si ritengono dame corteggiate, per spingerci a far da "cavalier servente" disposto a priori ad affrontare rischi e sacrifici degni, come diceva Ovidio nell'ars amandi, delle campagne militari, a sopportare, insomma, rinunce e privazioni, per non ricevere in cambio nulla se non la sola speranza. Sovente poi esse traggono le estreme conseguenze dai loro privilegi, senza trattenimento di regola morale alcuna o di remora razionale. Basti pensare a come molte, oggi come sempre, sfruttino il loro privilegio sociale per potersi permettere di tutto (dall'essere apprezzate e disiate al primo sguardo al ricevere trattamenti particolari in ogni ambito pubblico, dal venir considerate "rare e preziose" e dunque ricevere attenzione per quanto possono provare o sentire mentre gli stessi sentimenti e le stesse eventuali ferite emotive sono neglette quando capitano agli altri, al potersi permettere comportamenti di ogni genere, sanzionati o vituperati negli altri, solo per il loro "status", "in quanto donne", dallo sfruttare la legge giuridica e convenzionale per far accettare come vera la propria versione dei fatti e minacciare denunce per capriccio, vendetta o ricatto all'utilizzare senza giustizia alcuna le regole economico-sociali per sbranare economicamente e sentimentalmente gli uomini, nei matrimoni, nelle unioni o anche solo nei dai capricci materiali di doni e regali considerati d'obbligo per avere contatti con loro alle varie molestie erotico-sentimentali spesso elargite con noncuranza o addirittura perfidia, e divenute modus vivendi, ad onta dei disagi emotivi, delle umiliazioni private o pubbliche, delle irrisioni intime nel desiderio, e di tutte le altre sofferenze trasmutate da sessuali ad esistenziali causate a chi, volente o nolente ne è oggetto senza possibilità di replica o di difesa) senza dover temere le reazioni e senza dare in cambio nulla, né giustificazione, né ringraziamenti, se non alterigia e disprezzo. Non oso pensare che sarebbe (e che cosa effettivamente era nelle società matriarcali) se tale posizione di preminenza (nella sfera diciamo "erotico-sentimentale") non fosse più compensata dall'uomo in altre sfere con la fama, col prestigio, col denaro, col potere, con la cultura, e con tutto quanto ogni uomo savio si sforza di ottenere al massimo grado per essere ammirato e disiato allo stesso modo in cui la donna lo è per le grazie corporali. Molti e molte nascondono volutamente questo fatto, parlano di presenti discriminazioni e di necessarie educazioni alla parità. Si può anche essere educati alla parità, ma la disparità naturale provoca intime e profonde sofferenze di per sé, gravi e verissime infelicità se si è autocoscienti, e diviene fonte di reiterate umiliazioni e di continue frustrazioni se è guidata da un intelletto raffinato come quello femminile. L'evidenza di questo si mostra manifestamente in quella condizione di uguaglianza fra uomini, in quella specie di stato "di natura" che è il periodo scolastico, nel quale nulla è dato al giovane maschio, ancora privo di posizioni sociale e ricchezze, per compensare la invece già rigogliosa bellezza muliebre. Le giovin ragazze fanno ivi sovente un uso della propria avvenenza (o, a volte, dell'illusione del desiderio che fa vedere e bramare all'uomo la bellezza anche dove essa non v'è) ancora più malvagio e tirannico di quanto la già di per sé malvagia maggioranza dei maschi (almeno i cinque sesti del genere) non faccia della propria forza fisica e prepotenza (verso il restante sesto che detiene il senno e studia ed è deriso). Tiranne vanaglorios e vanitose prepotenti, ecco cosa sono! Non è vero, come sostengono le donne per giustificarsi, che la loro cattiveria sia reazione al maschilismo, ma, al contrario, è il maschiismo l'umana e pacata reazione (umana perché anche le donne reagirebbero, e molto più veementi, assolutiste e perfide, alla situazione inversa) alla tirannia che le donne in ogni modo e in ogni tempo cercano di imporre. Si può giocare all'infinito a ribaltare la causa con l'effetto ("é nato prima l'uovo o la gallina"?), ma è d'uopo considerare quanto segue (Non ha senso citare al forza fisica dell’uomo come causa prima fra gli umani. Innanzitutto essa non decide sulla superiorità di un gruppo su un altro dai tempi dell’Uomo di Neanderthal, che era più forte ma è stato eliminato. In secondo luogo essa, pur cercando di essere una compensazione alla più profonda e sottile perfidia naturale della donna, non è mai pari negli effetti. La forza fisica da sola non pareggia la perfidia. Inoltre, allo stato di natura (come l'etologia può osservare in innumerevoli speci) la forza fisica dei maschi non si volge mai contro la femmina, bensì contro altri maschi in combattimenti aventi la femmina per causa e per fine (addirittura le cagne usano astuti stratagemmi per indurre i loro "compagni" a combattere con un altro cane, anche quando questi sarebbero restii ma devono farlo per "etica", e compiacersi così del proprio "valore" e del proprio "potere"). E' dunque, la forza meramente fisica, solo una delle ennesime qualità che la femmina pretende per concedersi. E' quindi ancora una volta espressione del potere femminile, non di quello maschile. Quindi non è vero che le donne sono perfide per difendersi dalla forza fisica, ma piuttosto che gli uomini hanno costruito il "maschilismo" (inteso come insieme di forze non meramente fisiche, ma intellettive, etico-spirituali, nonchè tecnologiche), per pareggiare, non tanto con la forza fisica quanto con la cultura e la società, la naturale perfidia femminile. Non vi sono stupri allo stato di natura e raramente un uomo stupra da solo, per mero istinto naturale: più spesso in branco. Questo dimostra che il potere naturale della donna, basato sulla sessualità, rispetto a quello dell’uomo, basato sulla forza, è superiore e non vi sarebbe bisogno per lei di “cattiveria” per difendersi. L’uomo pareggia questo potere con l’organizzazione sociale, la cultura e lo spirito, ossia la creazione di un superio che nasce dalle singole anime e da esse si eleva ad un’oggettività superiore.). Essendo il potere delle donne fondato sulla natura e sugli istinti ad essa correlati, ed essendo quello degli uomini invece fondato sull'arte (intesa in senso lato come ciò che è opera delle mani dell'uomo) sulla parola, sulle costruzioni culturali, sociali e poetiche si deve concludere essere il secondo una limitazione del primo e non viceversa, giacché Costruzioni dell'intelletto umano sono successive allo stato di natura (Il desiderio sessuale e il suo sfruttamento a fini femminili sono preesistenti alla maggiore forza fisica del maschio umano rispetto alla femmina, tanto che in natura vi sono molte specie in cui è la femmina a divorare il maschio e mai viceversa. Inoltre il potere conferito dal suscitare desiderio sessuale è superiore a quello dato dalla forza fisica, poiché una volta che si ha il controllo della volontà che governa quella forza essa non può nuocere. Ciò è dimostrato anche dal fatto che presso gli umani le società matriarcali abbiano preceduto quelle patriarcali, ad onta del fatto che l’uomo fosse già fisicamente più forte della donna e a scorno delle tesi femministe su una perfidia suppositamente data dalla reazione alla prepotenza fisica. Quindi risulta assolutamente errato introdurre la presunta superiorità fisica del maschio per tentare di invertire l’ordine temporale di questi fatti: la realtà è questa, il maschilismo è reazione pacata alla prepotenza della femmina). 5. Se le femministe trovano giusto perpretrare ingiustizie contro uomini innocenti colpevoli solo del loro sesso, per fatti compiuti in altri tempi e luoghi non da loro, ma da loro simili, allora qualche uomo potrebbe trovare le presunte discriminazioni come autodifesa da una perenne perfidia femminea. Almeno si potrebbe rilevare che mentre la deprecata civiltà dell'uomo ha saputo edificare, assieme alla tecnologia e alla scienza, principi del diritto come la presunzione di innocenza, la responsabilità penale personale, il femminismo sta distruggendo ogni ragione ed ogni diritto, ogni etica ed ogni logica. Per prediligere mille colpevoli liberi ad un solo innocente in galera, vi è un motivo logico ed uno etico. Quello logico dipende dal fatto che, come insegna Popper, mentre è sempre possibile mostrare l'esistenza di quanto è, non sempre risulta possibile dimostrare la non esistenza di quanto non è (come si farebbe a dimostrare di non aver visto i fantasmi, di non essere stati sulla luna con l'ippogrifo, di non aver operato fatture?). Quello etico discende dalla natura stessa dello stato, istituito per proteggere i cittadini dalla violenza e dall'ingiustizia. Quando, nonostante l'impegno degli inquirenti e dei giudici, non è possibile punire un colpevole (per mancanza di prove o per mancata individuazione), resta il reato impunito commesso da un criminale, ma non ne viene commesso un altro (e l'effetto deterrente resta verso gli altri, perchè, non esistendo il delitto perfetto nessuno può sapere a priori se, commettendo il crimine, si troveranno o meno prove).Quando invece un innocente viene incarcerato ingiustamente, si ha un nuovo crimine (la privazione della libertà) commesso ex-novo dallo stato stesso (il quale finisce per agire in prima persona quell'ingiustizia da cui dovrebbe proteggere). Poichè lo stato non può agire contro la propria natura (che è quella di ragionare ex-summo malo, non supponendo a priori tutti gli uomini buoni e giusti, ma agendo per proteggere i cittadini anche nel caso incontrino le persone più violente o più false della terra), non può accettare il rischio di incarcerare un innocente. Per questo, come per proteggere i cittadini dalle persone più malvagie e violente rende reato il furto, la rapina, l'omicidio, lo stupro, così, per difendere tutti dalle persone più false e perfide, impone di provare ogni accusa. Sono poi la ragione e il diritto a volere la responsabilità penale personale. Come può essere conforme a ragione considerare colpevole di presunte ingiustizie passate chi all'epoca dei fatti non era manco nato? Come può essere conforme a diritto perpretrare ingiustizie contro uomini innocenti colpevoli solo del loro sesso per fatti compiuti in altri tempi e luoghi non da loro, ma da loro simili? 6. Solo le donne pretendono di fare le battaglie rimanendo intoccabili. Se mi trascinano in guerra per impormi un modello di società che aborro devono accettare che io usi tutte le forze fisiche e mentali di cui dispongo per contrastarle. Non hanno alcun diritto a chiamare "crimini" violenze e omicidi nei loro confronti: si tratta, una volta che esse hanno dichiarato guerra a noi, al nostro mondo, alla nostra sensibilità, alla nostra natura, di ovvie conseguenze dell'agone della lotta. Nella lotta ognuno usa le armi che ha. Se le donne non si vergognano anzi si vantano di usare senza limiti remore nè regole le armi femminili (perfidia sessuale, tirannia erotica, raggiro sociale, ricatto psicologico, veleno sentimentale, follia amorosa) perchè io dovrei avere sensi di colpa nell'impiegare quelle maschili (abbondanza di forze fisiche e mentali, per dare una forma al substrato informe femmineo ed ordinarlo socialmente all'interno di un mondo retto da valori virili e aristocratici, e affermato tramite la tecnologia)? Se le armi di cui la natura le ha dotata in ipercompensazione della presunta debolezza fisica (il veleno amoroso, l'illusione dei sensi, la prepotenza sessuale, la tirannia vanagloriosa, l'intrigo erotico-sentimentale, la falsità, il raggiro, la violenza psicologica, lo sfruttamento cosciente di desideri, sentimenti e persone, l'uso strumentale di leggi e costumi, il vittimismo) non hanno freni nè compensazioni anzi sono incoraggiata da leggi femministe e costumi cavallereschi fino a permettere impunemente ad ogni donna di ridurre ogni uomo alla figura dell'esule ottocentesco privato di famiglia, casa, roba, allontanato dai figli, dalla patria, dagli averi e dagli affetti, a volte pure imprigionato (con accuse false o strumentali prese per vere dall'assurdo ragionamento probatorio permesso da stupidità cavalleresca e demagogia femminista, che danno alla parola della donna il potere non solo di definire a posteriori e secondo i propri soggettivi parametri il confine fra lecito e illecito, ma di valere pure come fonte di prova anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza/molestia, per non dire dell'assoluta asimmetria con cui quanto urta la particolare sensibilità femminile -atti, detti, sguardi o toccate- viene considerato offensivo, punito dalla legge e giustificante la vendetta più ampia, crudele, dolorosa e soggettiva da parte della donna e quanto invece ferisce - in maniera spesso assai più grave, come si può oggettivamente rilevare dal numero di suicidi cagionati da una donna o, senza arrivare agli estremi, dalla diffusione fra i maschi di problemi come l'anoressia sessuale o il precoce bisogno di prostitute- l'altrettanto particolare -e non già inesistente- sensibilità maschile -ad esempio il comportamento intriso di stronzaggine, divenuto regola nelle femmine moderne, anche quando non usano le mani, e spesso motivato da prepotenza, vanagloria, necessità di autostima o sadismo o comunque volontà di provocare sofferenza emotiva- è reputato trascurabile, non penalmente rilevante, appartenente alla normalità, alla tollerabilità o comunque al "diritto della donna" e non provocante in sé offesa o umiliazione, anche se è quanto l'uomo prova, di fronte a sé o agli altri, quanto sente come intima ferita nella sessualità e può provocargli traumi, blocchi psicologico e metterlo a disagio emotivo, momentaneo e poi esistenziale) o comunque costretto a subire processi e a dare risarcimenti, allora la risposta che il femminismo chiama "stupro" non è un crimine, ma una sana brutalità necessaria a contrastare menzogna e perfidia (e a mettere finalmente in ginocchio un tipo particolare di femmina ingannatrice e corruttrice). Anche da un punto di vista morale ciò è formalmente giusto. Bisogna soprattutto vedere se l'accusatrice è una innocente fanciulla vittima di una unilaterale, improvvisa e immotivata violenza oppure una stronza che per costume si diletta a suscitare ad arte il disio per poi compiacersi della sua negazione (e di come questa, resa da una scientifica e pianitifaca perfidia massimamente beffarda per il disio, umiliante per l'animo e dolorosa per il corpo e la psiche dei malcapitati, possa provocare le pene dell'inferno della privazione dopo le promesse del paradiso della concessione) e non mostra nè limiti nè remore nè regole nel divertirsi sadicamente secondo il suo costume consistente nell'utilizzare (per vanità, capriccio, patologico bisogno di autostima, interesse economico-sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica) l'arma erotica al fine di ferire la psiche di qualunque uomo le capiti a tiro. Se infatti la donna per prima ha attratto ad arte e finto di accettare l'interessamento, come può poi pretendere che l'uomo interpreti univocamente i successivi dinieghi come rifiuto sincero e non piuttosto come prova del reale grado di interessamento da parte sua (giacchè anche in base a quanto un uomo è disposto a tentare, insistere e resistere innanzi ai dinieghi della donna questa misura la propria avvenenza, il grado di interesse dell'uomo e decide se concedersi o meno)? Se si è dilettata a suscitare ad arte il disio per poi compiacersi della sua negazione (e del trauma che un rifiuto, reso intenzionalmente il più crudele, beffardo e umiliante possibile, verso chi è stato scelto fra tanti. e indotto con ogni mezzo a farsi avanti solo per essere sottoposto alla pena dell'inferno dopo la promessa di concessione del paradiso, genera nelle sessualità più fragili e nelle menti più sensibili) perchè dovrebbe poi vedere come fatto grave e "senza scuse" la decisione dell'uomo di non trattenersi nella frustrazione? Ammesso e non concesso sia umanamente possibile trattenersi in certi frangenti d'ebrietà alcolica o sessuale, perchè mai dovrebbe essere preteso come obbligo tale sforzo? Perchè un uomo dovrebbe accettare di soffrire per non ferire nella sessualità chi lo ha intenzionalmente ferito con le armi della sessualità stessa? Perchè chi si è visto infliggere dalle armi della bellezza, dell'attrazione e dell'inganno tensione emotiva, ferimento intimo, derisione e disprezzo nel profondo naturale di sè, irrisione al disio, senso di nullità, umiliazione pubblica e privata, sofferenza fisica e mentale, addirittura inappagamento fino all'ossessione e se reiterato disagio da sessuale ad esistenziale (con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale alla perdita di ogni altro interesse per la vita e di ogni residua speranza di felicità, fino al possibile suicidio, passando per l'incapacità futura di sorridere ancora alla vita e al sesso o di poter approcciare una donna senza sentirla come potenziale fonte di ferimenti, inganni, tirannie e perfidia d'ogni sorta), non dovrebbe reagire cercando con le proprie armi di infliggere alla controparte un trauma sempre nella sfera sessuale di gravità pari o superiore? Quando ero giovane tentavo anche di vedere le donne sempre come gemme rare e preziose da difendere e proteggere ad ogni costo e lo stupro come peggiore delle violenze. Poi, dopo essere stato trattato con sufficienza se non con aperto disprezzo non da miss italia, ma da donne di bellezza men che mediocre, dopo aver sperimentato quanto illusorie siano le credenze sull'anima gemella con cui dialogare come il poeta alla luce della luna confidando i teneri sensi, i tristi e cari moti del cor, la ricordanza acerba, dopo aver toccato con mano l'esistenza di donne il unico scopo esistenziale pare quello di suscitare ad arte il desiderio per poi compiacersi della sua negazione e infliggere così tensioni psicologiche, ferimenti intimi, sofferenze emotive, irrisioni al disio, umiliazioni pubbliche o private, dolori d'ogni sorta nel corpo e nella psiche, inappagamenti fisici e mentali fino all'ossessione e disagio da sessuale ad esistenziale, al solo fine della propria vanagloria, del proprio patologico bisogno d'autostima, del proprio sadico diletto, del proprio interesse economico-sentimentale o del proprio gratuito sfoggio di preminenza erotica, dopo averle viste trattare l'uomo come uno specchio su cui testare la propria avvenenza, un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto, un giullare da far impazzire e illudere per crudele scherno e poi deludere, un burattino da manovrare per divertimento e poi gettare a piacere dopo averlo irriso, e averle addirittura sentito affermare esplicitamente il loro ruolo essere quello di usare l'illusione della bellezza come arma per far patire gli uomini fisicamente e mentalmente, per tenerli ad arte nell'inappagamento corporale e psicologico, per farli sentire un nulla innanzi a loro, per tiranneggiarli in ogni ambito, per rendere la loro vita un susseguirsi di irrisioni d'ogni sorta, di umiliazioni private e pubbliche e di frustrazioni sempiterne d'ogni disio, per gettarli in un abisso di pene da inferno dopo aver promesso il paradiso, per rendere loro impossibile vivere la sessualità in maniera tranquilla e appagante, e far dimenticare il sorriso e la libertà dei giorni in cui ancora non si amava, per togliere ad essi ogni altro interesse per la vita ed ogni residua speranza di gioia, e il ruolo dell'uomo dover essere quello di accettare sorridendo senza fiatare tutto questo e tutto faticare, tutto offrire, tutto soffrire per loro nella vana speranza, dopo aver visto coetanei indotti non solo alla depressione, ma persino al suicidio dalle donne dalla cui bellezza e dal cui veleno sentimentale sono stati intenzionalmente illusi e morsi, ho lasciato perdere ogni prospettiva cavalleresca, ho cambiato idea, ed ora credo nella pariteticità degli stupri compiuti dai bruti con la forza e di quelli compiuti dalle donne con la perfidia. Non è accettabile venga stabilito un diritto per le donne a fare le stronze, poichè per gli uomini (che non valgono umanamente certo di meno e non sono affatto meno sensibili nonostante le apparenze contrarie cui sono stati costretti ed educati nel corso dei secoli dalla società "cavalleresca" e dalle donne) l'essere ridotti a freddo specchio su cui provare l'avvenenza, a pezzi di legno innanzi a cui permettersi di tutto, a burattini da manovrare e poi gettare dopo averlo irriso, il sentirsi insignificanti innanzi a colei che tutti vogliono e tutto può, l'essere attirati solo per esser fatti apparire innanzi a sè e agli altri puro nulla, l'esser trattati come molesti, noiosi o privi di qualità dopo essere stati attratti ad arte, l'esser additati come banali scocciatori dopo essere stati indotti a tentare un approccio, il subire sofferenze fisiche o mentali come conseguenza dell'ingenuo trasporto verso la bellezza, o addirittura il venire scelti fra tanti solo per patire l'inganno più forte, l'illusione più dolorosa, l'umiliazione più profonda, l'esser sollevati per un attimo dalla turba dei disianti, l'essere ingannati da una promessa di paradiso e poi venire sadicamente dichiarati indegni, stupidi e dannati, gettati nell'abisso più profondo della frustrazione sempiterda d'ogni disio, nell'inferno dei patimenti fisici e mentali, nel girone dei senza speranza delle cui pene ridere, e, se l'inganno va anche oltre, l'essere oggetto di perfidie sessuali, tirannie erotiche e sbranamenti economico-sentimentali, provoca almeno alla lunga nella psiche danni paragonabili a quelli subito da chi per un trauma sessuale non può più vivere quella sfera serenamente e felicemente. Anche volendo sorvolare su come certi "comporatmenti da animali" e certe "violenze senza scuse" possano interpretarsi come brutali ma legittime reazioni umane alla stronzaggine femminile**, e limitandoci a casi oggettivamente assai meno gravi, le donne moderne si mostrano come incoerenti quando allargano la definizione di violenza per porsi fra le "vittime innocenti". Prima affermano come diritto un costume consistente nell'andare per via, per discoteche o per uffici, mostrando liberamente le proprie grazie e suscitando sempre, comunque ed ovunque, negli astanti, un disio che non possono, almeno in quei frangenti, appagare e quindi sono causa di frustrazione (e di potenziale degenerazione in ferimento intimo, irrisione al disio, senso di nullità, umiliazione pubblica e privata, se la dama di turno si diletta ad usare tutte le sue arti per attirare chi vuole respingere, per suscitare in lui, attraverso quanto mostrato agli occhi della vista e a quelli dell'immaginazione, attraverso gli sguardi eloquenti, le parole dette e non dette, le movenze del corpo, gli ammiccamenti del viso e tutte le possibili ambiguità sensuali, il disio nel profondo solo per potersi appagare della sua negazione davanti a sè e al mondo, in inappagamento fisico e mentale degenerante in ossessione, se ciò viene troppo spesso reiterato, in sofferenza fisica e mentale, se una raffinata e studiata perfidia si compiace di prolungare e rendere massimamente beffarda, umiliante e dolorosa possibile la pena dell'inferno della negazione dopo il paradiso della concessione, o addirittura, se anche il veleno sentimentale entra nel gioco, in disagio da sessuale ad esistenziale, con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale alla perdita di ogni altro interesse per la vita e di ogni residua speranza di felicità, fino al possibile suicidio, passando per l'incapacità futura di sorridere ancora alla vita e al sesso o di poter approcciare una donna senza sentirla come potenziale fonte di ferimenti, inganni, tirannie e perfidia d'ogni sorta: ecco perchè sin da principio non si dovrebbe transigere su certi comportamenti "emancipati" e "disinibiti", altro che moralismo o "caccia alle streghe") e poi si lamentano se qualcuno in maniera più o meno implicita o esplicita, più o meno maldestra o poetica, più o meno coinvolgente le mani o l'intelletto, più o meno volgare o raffinata, tende verso di loro con ingenuo trasporto per la bellezza e cerca di carpirne i favori. Inaccettabile! Le leggi rilevano sistematicamente e puniscono duramente lo stupro (a volte anche senza o anche prima che l'effettiva gravià e l'effettiva realtà della presunta violenza sia chiaramente dimostrata ed oggettivamente rilevata nei fatti), ma con altrettante sistematicità e durezza non è invece punita la denuncia falsa o esagerata ad arte (sebbene il crimine sia parimenti mostruoso: il subire l'accusa ingiusta, la pubblica gogna, le violenze fisiche e psicologiche del carcere, il sentire da innocenti il mondo intero, spesso amici e conocenti compresi, come nemico implacabile pronto solo a distruggere senza sentire ragioni, il non riuscire ad essere ascolati e il venir bollati a priori degni del riso o del disprezzo, il non avere nessuno al di fuori forse dei famigliari disposto a credere alla verità vissuta e il subire un lungo processo o una lunga detenzione costituscono uno stupro psicologico non certo meno grave di quello fisico e capace di infliggere alla vita, alla mente, all'animo e alla residua speranza di felicità e tranquillità nella sfera quotidiana e in quella sessuale danni paragonabili a quelli subiti dalle donne realmente violentate) Per una pacca sul sedere si prendono ormai anni di carcere, mentre per quelle toccate che con mezzi diversi dalle mani e capaci di violare e molestare la sessualità in maniera molto più profonda, le ragazze si permettono sui coetanei (provocando ferimenti molto più gravi alla psiche, facendo le stronze *** (infliggendo irrisione al disio, ferimento intimo, umiliazione pubblica e privata, sofferenze infernali del corpo e della psiche, inappagamento fisico e mentale degenerante se continuato in ossessione, o comunque in problemi a lungo termine, dall'anoressia sessuale all'incapacità di approcciarsi alle ragazze o anche solo di sorridere alla vita e al sesso o addirittura disagio da sessuale ad esistenziale, conducente a volte persino al suicidio) non vi è alcuna figura di reato. Vergognoso non sono io che sostengo ad ogni azione poter corrispondere una reazione uguale e contraria, vergognose siete voi che pretendete per voi sole il diritto a colpire nel sesso senza essere in esso colpite, a ferire la psiche senza subire il rischio di ferimenti, ad infliggere (per capriccio, vanità, interesse economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica) traumi tramite la sfera emotiva, fisica e mentale implicita nella sessualità senza dover accettare di poter subire dalle vostre vittime un trauma pari o superiore nelle medesime sfere. A posteriori, vorrei che le "schifezze" di cui si accusano gli uomini fossero state vere. Se le donne sono da sempre stronze come le femminil-femministe di oggi si sarebbe trattato di mera legittima difesa maschile. E dirò di più. I loro discorsi, per la sfacciataggine del mentire (negando la realtà effettuale ben conosciuta dalle stesse) o per la perfidia dell'argomentare (usando argomenti logicamente favorevoli agli uomini come fossero a sostegno delle donne: vedi il caso dei falsi stupri qui ammessi ma ritenuti "giusti") dimostrano come alle donne dovrebbe essere precluso qualsiasi ruolo nella vita pubblica in generale e nella legge in particolare (conforme alla volontà dei grandi popoli indoarii fondatori di città e civiltà con i loro valori virili e aristocratici). 7. Le donne che ritengono giusto un sistema tale da permettere a qualsiasi donna di usare l'accusa falsa, strumentale o esagerata ad arte per mandare in galera (e quindi alla gogna mediatica e sociale, con la vita oggettivamente rovinata per sempre sotto ogni punto di vista sentimentale, economico, morale e relazionare, nonchè con la psiche e a volte anche il corpo segnati indelebilmente dall'esperienza del carcere, con tutto quanto consegue secondo il codice barbarico dei carcerati per gli accusati di violenza sulle donne, ma anche secondo la mentalità politicamente corretta per cui mettere in dubbio la parola di una donna è già prova di colpa e "seconda violenza" e quindi la terribile sensazione di chi è accuasato sapendosi innocente è simile a quella di una vittima della santa inquisizione) a capriccio uomini innocenti (anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta "violenza") meritano una violenza vera, totale e totalizzante. Le donne che affermano come corretto un sistema legale tale da poter ridurre in qualsiasi momento (e senza prove) la vita di un uomo a quella dell'esule ottocentesco privato famiglia, casa, roba, figli, di ogni ricchezza materiale e morale, di ogni rispettabilità sociale, di ogni possibilità economica e psicologica di rifarsi una vita, di ogni interesse residuo per il mondo e di ogni futura speranza di felicità, quando non della libertà e della saluta con accuse ingiuste e carcere preventivo, meritano di vedersi strappati i figli, anzi, di ricevere colpi alle ovaie tali da renderne non più in grado di fare più figli. Quindi il mio proclama è: trovate chi si nasconde dietro i nick di Vostra Grazia e Serena, fate loro patire violenza e sterilità.

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