La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Perşembe, Mart 10, 2011

ECCO PERCHE' HO RAGIONE DI ESSERE ANTIGIUDAICO

Guardate cosa scrive "libertàperisraele".
«Guerra ai troppi sguardi molesti» Indiani messi alla gogna su Internet

Fra femministe e sionisti è una bella lotta a mentire e far sentire l'altro in colpa per natura.
Adesso la naturale attenzione sessuale è diventata un crimine tanto da chimare "vittima" chi ha il privilegio naturale di esserne al centro?
E violenza un semplice sguardo?
Ma allora sono io che mi sento violentato dalle donne che "vestendosi come pare a loro" mi provocano inganno ai sensi, frustrazione alla psiche ed alla lunga disagio da sessuale ad esistenziale.
Il tuo dire: "non è colpa mia/non mi interessa che la tua natura sia repressa/sofferente e il tuo corpo e la tua psiche si sentano feriti e alla lunga danneggiati, perchè io mi vesto, mi muovo e mi comporto con gli altri come mi pare" è simmetrico nella sua prepotenza individualistica e sessista ad un discorso maschile del genere: "non è colpa nostra se vi dà fastidio quando vi tocchiamo o se state male quando siete costrette ad un rapporto non voluto!". Se la libertà delle proprie azioni ha un limite in quanto esse generano nel corpo e nella psiche del prossimo, ciò deve valere anche per il vostro "vestirvi come vi pare" (e non solo per il nostro "non toccare").
Non è accettabile che la donna possa passeggiarmi innanzi (per via o, peggio, sul lavoro) mostrando liberamente le sue fattezze e suscitando consapevolmente o meno disio ed io non possa altretanto liberamente mirare, seguire e disiare e cercare di ottenere come sarebbe in natura, o (se da umani non si ha alcuna voglia di corteggiare), semplicemente esprimere con lo sguardo, la parola e il gesto il proprio naturale apprezzamento o commentare quanto il disio fa venire alla mente.
Quanto non accetto è che quando si parla di comportamenti in un modo o l'altro legati alla sessualità alla sua illimicata licenza nell'esprimere la propria natura (nel poter suscitar disio, attirare e mostrarsi) debba corrispondere il mio obbligo (nel disiare, seguire e mirare), a reprimere, limitare, nascondere la mia natura corrispondente. Perchè poi deve valere solo la sensibilità della donna?
Anche per la mia corrispondente e non già inesistente sensibilità maschile potrebbero risultare molesti certi atteggiamenti definiti "diritto della donna" o "bel gioco dell'essere donna" da demagogia femminista e stupidità cavalleresca.
Si sente offesa nella dignità di donna ad essere vista come oggetto di disio (il che è natura)? E allora io perchè non dovrei sentirmi ancora più offeso nella mia dignità di uomo ad essere trattato come un freddo specchio innanzi a cui le donne testano la loro avvenenza, come un pezzo di legno innanzi a cui si possono permettere di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi tensione psicologica, qualsiasi derisione al più profondo disio) o addirittura un pupazzo da attirare e respingere, da sollevare solo per farlo poi cadere con il massimo del dolore e del disprezzo?
Certi comportamenti suscitano disagio? Quanto suscita disagio è soggettivo.
Io mi sento a disagio anche solo quando la donna appare nel mio campo visivo ponendomi innanzi (senza io lo chieda) le proprie grazie corporali, poiché suscita un disio che non potendo essere almeno in quel caso appagato genera frustrazione.
E tale rimane il mio sentimento sia che secondo natura continui a guardare (giacché la situazione mi fa sentire un puro nulla innanzi a colei che tutto può poiché da tutti è disiata) sia che costringendomi contro natura guardi dall'altra parte (poiché comunque il disio è già stato suscitato e anche la semplice consapevolezza di esser vicini a quanto non si può raggiungere fa permanere lo stato di frustrazione).
E se la donna di turno, per capriccio, vanità , autostima o diletto sadico, sfrutta la situazione per infliggere ferimento intimo suscitando ad arte il disio compiacendosi poi della sua negazione, per provocarmi intenzionalmente sofferenza emotiva, irrisione al disio, frustrazione nel profondo, umiliazione pubblica o privata, inappagamento fisico e mentale, per rendermi ridicolo davanti a me stesso o agli altri qualora tenti un qualsiasi approccio, per causarmi dolore fisico o psicologico nell'attirarmi e nel respingermi, per trattarmi come uno qualunque, un banale scocciatore, dopo avermi scelto fra tanti e illuso solo per farmi patire l'inferno dopo la speranza di paradiso, per appellarmi molesto dopo avermi appositamente attratto e indotto implicitamente a farmi avanti in maniera da lei considerata magari maldestra, se insomma usa l'arma erotico sentimentale per infierire su chi psicologicamente si trova in svantaggio nei primi momenti di incontro (occasionale e breve come sentimentale e lungo) con l'altro sesso, allora mi suscita un disagio da sessuale ad esistenziale.

Per chi violenta così la natura (mirare e disiare è naturale per l'uomo così come per la donna mostrarsi bella e disiata) e l'etica (se ad una donna è giustamente concesso mostrare nel modo che vuole quello che vuole per il tempo che vuole ad un uomo deve essere parimenti consentito mirare come vuole per il tempo che vuole quanto da lei liberamente mostrato) servirebbe davvero un bel rogo collettivo, specie se con attività lobbistiche si propone di diffondere tale moralismo antimaschile e contronatura contro tutti i maschi del pianeta.
Ho risposto qua alle stronze come voi.
http://la-sublime-porta.blogspot.com/2011/03/ecco-chi-farei-la-festa-oggi-milly1979_08.html

Ma che cavolo di discorso è? Tu puoi mostrare e io non guardare? Tu puoi sfoggiare liberamente (per vanità, capriccio, moda, autostima, accrescimento di valore economico-sentimentale, o gratuito sfoggio di preminenza erotica) le tue grazie, nel modo che vuoi e per il tempo che vuoi ed io non posso altrettanto liberamente guardare quanto (da te) mostrato (secondo natura)? Tu puoi "tenere le cosce di fuori" (o le tette, o le natiche) passando sulla pubblica via ed io non posso, nel medesimo luogo, rivolgere ad esse lo sguardo e il disio (da te per prima oggettivamente suscitato con il fatto stesso di mostrare pubblicamente quelle fattezze che, in conseguenza non della mia volontà, ma delle disparità di desideri volute dalla natura, hanno valenza sessuale)?
E perchè il tuo mostrare è raffinato e il mio guardare porco?
Sono entrambi desideri di natura! E' solo ipocrisia il fatto che tu presenti il "mostrare le belle gambe depilate", o il "lasciar intravedere il bel seno dal tailleur" o il "fasciare il bel sederino in jeans aderenti" non come istinto (qual è) ma come "cultura" ( mentre al contrario chiami "fare il porco" il guardare secondo natura le stesse forme da te mostrate).
Come si fa a negare che nel diritto a “vestirsi come ci pare” si nasconda il legittimo e naturalissimo disio femminile (magari inconscio) di farsi guardare (anche quando la mente cosciente non ha intenzione di incontrare o conoscere uomo alcuno, perchè l'istinto non può saperlo)? Mi considerate stupido? Sappiate che odio la vostra ipocrisia! Vestitevi e agite come vi pare! Posso accettare cio’, ed evitare il burqua e l’altre cose e restrizioni talebane, se ovviamente si riconsoce il corrispondente diritto a guardare cio’ che la donna per sua decisione autonoma ha deciso di mostrare. Altrimenti si tratta di uno squilibrio inaccettabile. Se io devo “trattenermi” dal guardare (e non si capisce perche’) la donna si deve “trattenere” dal mostrarsi (secondo me non e’ giusto neanche questo in un mondo non talebano, ma segue coerentemente dal primo divieto), come avviene presso gli Arabi. Io speravo in un occidente emancipato in cui le donne potessero farsi guardare senza essere violentate e gli uomini guardare senza essere accusati.
Non ho motivo per ritenere che essere oggetto di disio sessuale sia piu’ offensive per una donna di quanto non lo sia per un uomo essere considerato un freddo specchio su cui provare la propria avvenenza (e questo sta dietro la pretesa di vestirsi e svestirsi o addirittura provocare come vogliono), o, peggio, un pezzo di legno davanti a cui permettersi letteralmente di tutto sapendo che non puo’ e non deve reagire (come invece magari farebbe nelle corrispondenti situazioni con un altro uomo). Perche’ questo attualmente succede in occidente! Questo e’ quanto succede per le strade, nelle discoteche e persino a volte nei luoghi di lavoro! E diro’ di piu’: mentre il comportamento dell’uomo e’ spesso soltanto naturale, quello della donna ha in piu’ la stronzaggine premeditata.
E non mi venire a dire che solo con questo “giustifico lo stupro” (se parlerò io dopo di stupro non è per “animalità” nostra, o perchè come pensano gli stolti il mirare e disiare la bellezza conduca allo stupro, bensì per stronzaggine vostra, nel comportamento prima che nel vestimento, per giusta e razionale vendetta verso le stronze mentitrici e perfide come te, negatrici di ogni natura e di ogni ragione e perciò meritevoli di vera violenza quando chiamano con quel nome qualcosa di naturale e di pacifico come uno sguardo o una carezza! Quindi non c'entra con quanto stiamo dicendo).
Non mi venire a parlare di stupri in questo caso. Si parlava di qualcosa di naturale come guardare quanto per istinto attira l'attenzione. Lo stupro invece non e’ natura! Nessun animale stupra. E’ una deviazione del desiderio naturale. Non nasce affatto dallo sguardo, nasce da deformazioni mentali indotte dalla societa’ o dal perverso sviluppo della psiche individuale (magari da eccessiva repressione da un lato o eccessiva malvagita’ intenzionale dall’altro), non certo dal disio naturale in se’ (solo una femminista antimaschile puo’ sostenere cio’).

Medievale è il discorso che impone agli uomini l'obbligo di trattenersi mentre dà alla donna la libertà di "esprimere se stessa", che crea con ciò disparità, privilegi, e quindi ingiustizie, arbitrii, frustrazioni e corvèe amorose (di cui il corteggiamento è l'espressione classica e le leggi sulla cosiddetta molestia quella moderna), che concede alla donna di potersi permettere letteralmente di tutto senza prendersi la responsabilità delle proprie azioni (poichè protetta dal vittimismo femminista), senza dover temere le reazioni (poichè protetto dallo status di dama intangibile), senza dover pensare a quanto (in questo caso in termini di inganno, irrisione, ferimento e disagio da sessuale ad esistenziale) il suo agire "libero" provoca sulle emotività altre da sè.
Il mio è un discorso fondato sulla natura, sulla ragione e sulle logiche corrispondenze. Che poi gli istinti, la razionalità e le implicazioni logice, morali e naturali siano "maschiliste" quando le donne vogliono affermare la propria prepotenza sessuale al di là di ogni etica, di ogni ragione e di ogni logica è un altro discorso.

P.S.
Anche solo per questa difesa del femminismo antimaschile, della morale contronatura, della condanna del semplice istinto maschile (accostato allo stupro anche quando è un innocente sguardo disiante avente la naturalità di un fiore che sboccia, dell'avvento della primavera o del riflesso sull'onda lucente del mare notturno della conchiglia d'argento che si chiama luna), della disparità fra il diritto femminile a mostrarsi belle e disiate e il dovere maschile di non guardare e non disiare, meritereste l'OLOCAUSTO!

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Salı, Mart 08, 2011

ECCO A CHI FAREI LA FESTA OGGI: MILLY1979 DI HWUPGRADE (ha anche la mia stessa età)

Appartiene all'insieme di stronze occidentali prepotenti sessualmente (nel senso del "diritto a vestirci come ci pare") e moralisticamente sessufobiche (in senso antimaschile: "chi guarda o pensa alle mie tette deve essere castrato"): quelle che vogliono tutti i diritti (compreso quello moderno di suscitar consciamente o meno disio) lasciando a noi maschi solo i doveri (compreso quello biblico di non guardare e non disiare). Ecco cosa dice. Poichè la discussione è chiusa da tempo, le rispondo qua.

[quote]
è la persona che si eccita vedendo una donna scollata ad avere problemi.
e cmq a me è successo anche in tailleur per andare in ufficio.
il fatto che io donna, mostri una scollatura, non preevede ovviamente, che tu manico possa permettermi di mostrarmi l'uccello, ma guarda, neanche di fare pensieri sconci sulle mie tette.
lo trovo disgustoso, il sol pensiero mi fa venire rabbia.
Quello che mi diapiace è che molte donne non reagiscono in modo adeguato a queste situazione...dovrebbe esserci come pena il taglio del pene, in pubblico...
[/quote]

Ma che cavolo di discorso è? Tu puoi mostrare e io non guardare? Tu puoi sfoggiare liberamente (per vanità, capriccio, moda, autostima, accrescimento di valore economico-sentimentale, o gratuito sfoggio di preminenza erotica) le tue grazie, nel modo che vuoi e per il tempo che vuoi ed io non posso altrettanto liberamente guardare quanto (da te) mostrato (secondo natura)? Tu puoi "tenere le cosce di fuori" (o le tette, o le natiche) passando sulla pubblica via ed io non posso, nel medesimo luogo, rivolgere ad esse lo sguardo e il disio (da te per prima oggettivamente suscitato con il fatto stesso di mostrare pubblicamente quelle fattezze che, in conseguenza non della mia volontà, ma delle disparità di desideri volute dalla natura, hanno valenza sessuale)?
E perchè il tuo mostrare è raffinato e il mio guardare porco?
Sono entrambi desideri di natura! E' solo ipocrisia il fatto che tu presenti il "mostrare le belle gambe depilate", o il "lasciar intravedere il bel seno dal tailleur" o il "fasciare il bel sederino in jeans aderenti" non come istinto (qual è) ma come "cultura" ( mentre al contrario chiami "fare il porco" il guardare secondo natura le stesse forme da te mostrate).
Come si fa a negare che nel diritto a “vestirsi come ci pare” si nasconda il legittimo e naturalissimo disio femminile (magari inconscio) di farsi guardare (anche quando la mente cosciente non ha intenzione di incontrare o conoscere uomo alcuno, perchè l'istinto non può saperlo)? Mi considerate stupido? Sappiate che odio la vostra ipocrisia! Vestitevi e agite come vi pare! Posso accettare cio’, ed evitare il burqua e l’altre cose e restrizioni talebane, se ovviamente si riconsoce il corrispondente diritto a guardare cio’ che la donna per sua decisione autonoma ha deciso di mostrare. Altrimenti si tratta di uno squilibrio inaccettabile. Se io devo “trattenermi” dal guardare (e non si capisce perche’) la donna si deve “trattenere” dal mostrarsi (secondo me non e’ giusto neanche questo in un mondo non talebano, ma segue coerentemente dal primo divieto), come avviene presso gli Arabi. Io speravo in un occidente emancipato in cui le donne potessero farsi guardare senza essere violentate e gli uomini guardare senza essere accusati.
Non ho motivo per ritenere che essere oggetto di disio sessuale sia piu’ offensive per una donna di quanto non lo sia per un uomo essere considerato un freddo specchio su cui provare la propria avvenenza (e questo sta dietro la pretesa di vestirsi e svestirsi o addirittura provocare come vogliono), o, peggio, un pezzo di legno davanti a cui permettersi letteralmente di tutto sapendo che non puo’ e non deve reagire (come invece magari farebbe nelle corrispondenti situazioni con un altro uomo). Perche’ questo attualmente succede in occidente! Questo e’ quanto succede per le strade, nelle discoteche e persino a volte nei luoghi di lavoro! E diro’ di piu’: mentre il comportamento dell’uomo e’ spesso soltanto naturale, quello della donna ha in piu’ la stronzaggine premeditata.

Riserva quell'insulto per qualcuno d'altro. Con me le tue menzogne non funzionano.
A parte il fatto che il maiale (Orazio docet "Epicuri de grege porcus") è un animale infinitamente più simpatico e creativo delle velenose vipere quali voi siete, e che è assurdo definire "maiale" chi brama appagare di quando in quando il naturale bisogno di godere della bellezza non appena questa si fa sensibile ai sensi nelle grazie femminee, mentre non viene definito ghiro chi mostra il bisogno di dormire tutte le notti o cinghiale chi esprime il desiderio di mangiare tre volte al giorno, la tua affermazione (come quella di tutte le donne quando mescolano biologia e filosofia morale) è priva di senso, in quanto il bisogno d'ebbrezza e piacere dei sensi è proprio a tutti gli esseri viventi maschili e non ai soli suini.
Tornando agli umani (e alle merde umane quale te), vai a fare la morale da un'altra parte. Qui non è logicamente, eticamente e naturalmente ammissibile che il mondo femminile presenti sotto le spoglie di "bontà" e "purezza" il proprio comportamento naturale (e quindi di origine chiaramente animale come quello dell'uomo) consistente nel mostrarsi in ogni modo tempo e luogo belle a disiabile (inconsciamente, per attirare più maschi possibile e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute, consciamente per pura vanità, supina accettazione di mode e costumi, patologico bisogno d'autostima o gratuito sfoggio di preminenza erotica) e pretenda al contempo di far apparire "più animale" o comunque "impuro" e "malvagio" e addirittura "vergognoso e colpevole" il corrispondente comportamento naturale maschile consistente nel mirare, disiare (con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono) e cercare di ottenere la bellezza nella varietà multiforme delle creature femminine, poichè entrambi le tendenze (tanto il suscitare disio, il rifuggire e il negarsi per attirare tutti e selezionare solo chi mostra eccellenza nelle doti qualificanti la specie, quanto l'esprimere subitaneo disio e voler godere della bellezza di tutte) concorrono al fine naturale di propagazione e selezione della vita, entrambi, in quanto natura, sono di là dal bene e dal male (almeno fino a che la cattiva coscienza di chi agisce per capriccio, vanità, interesse economico sentimentale o gratuito sadismo non introduca un'intenzionale perfidia e un scientifico inganno) e nessuno dei due potrebbe esistere senza l'altro.
E cercare di dipingere come puro e giusto il proprio comportamento naturale (in questo caso monogamo, non concedersi facilmente, apparire belle e disiabili per attrarre quanti più contendenti e selezionare fra tutti chi eccelle nelle doti volute, rimanendovi poi fedele) bollando al contempo come impuro e malvagio il suo opposto complementare (in questo caso poligamo, mirare, disiare e seguire con l'intensità del tuono e la rapidità del fulmine la bellezza e cercare di ottenerla nella varietà delle forme viventi), che non solo parimenti è naturale (e quindi di là dal bene e dal male), ma che è anche assolutamente necessario, perchè senza di esso lo stesso comportamento decantato come buono non potrebbe essere agito, è la forma più grave di immoralità.

Le tue allusioni su nostre presunte "malattie psicologiche" (o trasformazioni in animali), sono quindi parimenti prive di fondamento (morale e razionale).
Essere (con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono) mossi da disio per la bellezza non appena questa si mostra ai sensi è del tutto naturale (e a volte persino poietico) e non ha nulla "da curare con lo psicologo" (il che significherebbe solo "de-naturarsi").
E' l'essere sottoposti allo sfoggio sfacciato e insistente delle grazie corporali (attraverso vestimenti e svestimenti) e alla costante, volontaria o involontaria, esplicita o implicita, provocazione di disio in modi e tempi ben superiori alle intensità e alle frequenze naturali a provocare potenzialmente qualcosa di patologico.
E' il dover continuamente trattenere, nascondere, frustrare (e addirittura, secondo quanto vorresti tu, condannare moralmente come "violenza") tale disio suscitato a generare sofferenze nel corpo e nella psiche.
Il tuo dire: "non è colpa mia/non mi interessa che la tua natura sia repressa/sofferente e il tuo corpo e la tua psiche si sentano feriti e alla lunga danneggiati, perchè io mi vesto, mi muovo e mi comporto con gli altri come mi pare" è simmetrico nella sua prepotenza individualistica e sessista ad un discorso maschile del genere: "non è colpa nostra se vi dà fastidio quando vi tocchiamo o se state male quando siete costrette ad un rapporto non voluto!". Se la libertà delle proprie azioni ha un limite in quanto esse generano nel corpo e nella psiche del prossimo, ciò deve valere anche per il vostro "vestirvi come vi pare" (e non solo per il nostro "non toccare").
Non è accettabile che la donna possa passeggiarmi innanzi (per via o, peggio, sul lavoro) mostrando liberamente le sue fattezze e suscitando consapevolmente o meno disio ed io non possa altretanto liberamente mirare, seguire e disiare e cercare di ottenere come sarebbe in natura, o (se da umani non si ha alcuna voglia di corteggiare), semplicemente esprimere con lo sguardo, la parola e il gesto il proprio naturale apprezzamento o commentare quanto il disio fa venire alla mente.
Quanto non accetto è che quando si parla di comportamenti in un modo o l'altro legati alla sessualità alla sua illimicata licenza nell'esprimere la propria natura (nel poter suscitar disio, attirare e mostrarsi) debba corrispondere il mio obbligo (nel disiare, seguire e mirare), a reprimere, limitare, nascondere la mia natura corrispondente. Perchè poi deve valere solo la sensibilità della donna?
Anche per la mia corrispondente e non già inesistente sensibilità maschile potrebbero risultare molesti certi atteggiamenti definiti "diritto della donna" o "bel gioco dell'essere donna" da demagogia femminista e stupidità cavalleresca.
Si sente offesa nella dignità di donna ad essere vista come oggetto di disio (il che è natura)? E allora io perchè non dovrei sentirmi ancora più offeso nella mia dignità di uomo ad essere trattato come un freddo specchio innanzi a cui le donne testano la loro avvenenza, come un pezzo di legno innanzi a cui si possono permettere di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi tensione psicologica, qualsiasi derisione al più profondo disio) o addirittura un pupazzo da attirare e respingere, da sollevare solo per farlo poi cadere con il massimo del dolore e del disprezzo?
Certi comportamenti suscitano disagio? Quanto suscita disagio è soggettivo.
Io mi sento a disagio anche solo quando la donna appare nel mio campo visivo ponendomi innanzi (senza io lo chieda) le proprie grazie corporali, poiché suscita un disio che non potendo essere almeno in quel caso appagato genera frustrazione.
E tale rimane il mio sentimento sia che secondo natura continui a guardare (giacché la situazione mi fa sentire un puro nulla innanzi a colei che tutto può poiché da tutti è disiata) sia che costringendomi contro natura guardi dall'altra parte (poiché comunque il disio è già stato suscitato e anche la semplice consapevolezza di esser vicini a quanto non si può raggiungere fa permanere lo stato di frustrazione).
E se la donna di turno, per capriccio, vanità , autostima o diletto sadico, sfrutta la situazione per infliggere ferimento intimo suscitando ad arte il disio compiacendosi poi della sua negazione, per provocarmi intenzionalmente sofferenza emotiva, irrisione al disio, frustrazione nel profondo, umiliazione pubblica o privata, inappagamento fisico e mentale, per rendermi ridicolo davanti a me stesso o agli altri qualora tenti un qualsiasi approccio, per causarmi dolore fisico o psicologico nell'attirarmi e nel respingermi, per trattarmi come uno qualunque, un banale scocciatore, dopo avermi scelto fra tanti e illuso solo per farmi patire l'inferno dopo la speranza di paradiso, per appellarmi molesto dopo avermi appositamente attratto e indotto implicitamente a farmi avanti in maniera da lei considerata magari maldestra, se insomma usa l'arma erotico sentimentale per infierire su chi psicologicamente si trova in svantaggio nei primi momenti di incontro (occasionale e breve come sentimentale e lungo) con l'altro sesso, allora mi suscita un disagio da sessuale ad esistenziale.

P.S.
Sono io che mi posso arrabbiare quando, mostrandomi implicitamente o esplicitamente le tette, una donna mi suscita pensieri per te sconci e per me fonte o di distrazione da quanto stavo pensando o di frustrazione per quanto mi tocca poi pensare. Non solo mi distraggono senza io l'abbia chiesto dai miei pensieri, ma mi ricordano la preminenza erotica di chi, essendo da tutti subitaneamente disiata, può permettersi e ottenere tutto da tutti e su tutti, psicologicamente e materialmente, sessualmente e socialmente. E per colmo dei colmi, mentra sfoggia tale prepotenza erotica, se lamanta del privilegio con chi la subisce. Stronza!

[quote]
ma infatti sono doccardo.
ora si parlava di uomini, e io da donna ti ho espresso cosa ne penso.
Se anche donne fanno questo (e io non posso saperlo, a meno che non becco una lesbica vogliosa), anche per loro la giusta punizione.
[/quote]
Che esprimere in maniera ingenua, spontane e comunque priva di intenzioni violente o offensive il proprio disio di natura meriti una "punizione" è idea altamente sessuofobica, contronatura e generatrice di vere perversioni (per repressione).
Ma visto che, sempre per natura, è l'istinto dell'uomo a volgersi (con la rapidità del fulmini e l'intensità del tuono) nel mirare, disiare, seguire (con lo sguardo, il pensiero, il comportamento) la bellezza non appena questa si manifesta in quelle grazie che, come direbbe Dante, "è bello tacere", mentre il corrispondente nella donna è apparire in ogni modo, tempo e luogo belle e disiabili (per attirare quanti più maschi possibile e selezionare fra tutti chi eccelle nelle doti volute, anche quando la mente razionale non pensa ad alcun rapporto con alcun uomo), il tuo pensiero è la quintessenza della morale femminista antimaschile.
IO MI RIFIUTO DI SENTIRMI IN COLPA O IN DIFETTO per la parte più profonda e vera di me, per quanto di più puro (nel senso di desiderato in sè e sciolto dal fine) e di delicato (giacchè non solo le debolezze erotiche si profondano spesso in altrettante debolezze sentimentali, ma il fatto stesso di mostrare trasporto ingenuo per la bellezza ci pone in condizione di dipendenza psicofisica da chi è disiata, la quale potrebbe sfruttare la situazione per permettersi ogni perfidia sessuale, ogni tirannia erotica, ogni avvelenamento sentimentale, o comunque per trattarci da freddi specchi su cui provare l'avvenenza, da pezzi di legno innanzi a cui permettersi di tutto, da giullari su cui divertirsi, da ammiratori da cui prendere tutto in pensieri, parole e opere dando in cambio la sola speranza, o da punching-ball su cui sfogare per vanità la propria sete di preminenza psicosessuale) esista nella mia natura di uomo.


[quote]
beh, ti ripeto pensare che quello che mi guarda stia pensando: "cavolo che tette quella gli ci ficcherei l'uccello" non è molto piacevole
[/quote]
E tu pensi che sia piacevole la situazione in cui voi potete, consciamente (per moda, capriccio, vanità, "esprimere femminilità") o inconsciamente (per il vostro istinto naturale ad apparire belle e disiate, corrispondente al nostro mirare e disiare e solo nascosto da frasi come "piacere a noi stesse" o "diritto a vestirci come ci pare") diffondere disio fra gli astanti e noi, posti innanzi non per volontà nostra alle vostre grazie, non solo non possiamo appagare (almeno in quel frangente) tale disio (con le conseguenze di inganno ai sensi e frustrazione alla psiche da me spiegate sopra e alla lunga conducenti a problemi quali "anoressia sessuale" al suicidio, dal precoce bisogno di prostitute ad un disagio psichico ora celato con l'ironia ed ora pronto ad esplodere in eccessi di aggressività: che per millenaria consuetudine "cavalleresca" o per moderno appiattimento sul femminismo, gli uomini tendano a negare spesso anche a loro stessi le proprie sofferenze, non toglie che essi in tali casi siano davvero vittime), non solo non possiamo esprimerlo innocentemente con sguardi, parole, atteggiamenti (come si farebbe in natura in tutte le speci), anche senza arrivare al "corteggiamento", ma non possiamo nemmeno pensarlo (pena il taglio del pisello, o, fuor di metafora, la denuncia capitata anni fa a quel viaggiatore reo di uno "sguardo troppo insistente al seno della passeggera di fronte")?

Perchè l'espressione gioiosa, diretta, spontanea, e comunque priva di intenzioni violente ed ostili, di un desiderio di natura deve essere ricambiata con la violenza o comunque con l'ostilità? Perchè chi esprime con il gesto, lo sguardo e la parola un sincero trasporto verso la bellezza, e dunque un sincero interesse ed un immediato apprezzamento per chi ne è portatrice, deve essere trattato con disprezzo, irritazione e addirittura rivalsa? Perchè chi mira e parla con disio deve essere ricambiato con sguardi di disprezzo e con parole di odio proprio da chi desidera, proprio mentre desidera e proprio perchè desidera? Perchè il disio diviene dunque in sè una sorta di crimine giustificante la vendetta e la sua prima espressione una molestia? Non avete mai pensato (e qui estendo la domanda a tutte le "donne moderne") che queste domande urlano nell'emotività ferita di qualunque giovane maschio si sia abbandonato con lo sguardo, la parola o il gesto all'ingenuo trasporto verso la bellezza (senza alcuna intenzione di offendere, costringere o violare) e sia stato trattato con malcelata sufficienza, aperto disprezzo o addirittura con quell'ostilità rabbiosa ben rappresentata dal videogioco? Non avete mai pensato che proprio questo disagio inconfessato eppure evidente, e non assurde ed astruse teorie sul “non accettare un rapporto paritario con la donna” o sul “piacere di sottomettere pagando” muova gran parte dei giovani clienti di sacerdotesse di Venere Prostituta?
Ma poi: VAFFANCULO!
Se il tuo pubblico mostrare non è considerato sconcio (anzi, è "esteticamente piacevole e culturalmente evoluto, elegantemente alla moda"), non può esserlo neanche il mio guardare quanto da te mostrato (che ha la stessa naturalità di un fiore che sboccia, di un usignuolo che canta, dell'avvento della primavera, del riflesso sull'onda lucente del mare notturno di quella conchiglia d'argento ch'ha nome luna). Se il tuo (consciamente o meno) suscitare disio è socialmente accettabile lo deve essere anche il mio esprimerlo pacificamente all'esterno o il mio sognarlo internamente. Sono entrambi comportamenti naturali. Entrambi sorgono dal profondo dell'istinto (più o meno mascherato dalle convenzioni sociali e dalle fole culturali, più o meno elaborato o reso conscio all'intelletto cosciente). E il mio non è men degno del tuo, nè più dipendente da una mia colpa. Sono io ad essere giustamente arrabbiato, quando penso che la stessa donna la quale implicitamente o esplicitamente, con parole, sguardi, movenze, atteggiamenti o vestimenti, mostra le proprie grazie esercitando il proprio "diritto" a diffondere disio su di me pensa di potermi imporre il "dovere" non solo di non seguirlo come sarebbe in natura (o, se da umani non si ha alcuna voglia di corteggiare, semplicemente esprimere con lo sguardo, la parola e il gesto il naturale apprezzamento o commentare quanto il disio fa venire alla mente), non solo di non guardare, ma pure di non pensare!
Cosa significa questa disparità di diritti/doveri? Che la mia natura disante sia moralmente inferiore alla sua disiata? Che la mia sensibilità sia di serie rispetto alla sua B? Che io debba vivere nella repressione degli istinti e lei nell'espressione degli stessi? Che io sia il suo punching ball sessuale?

P.S.
La rabbia viene a me, cara la mia stronza di donna occidentale, quando chi mi mostra innanzi le grazie sta pensando che il disio su me suscitato sia impuro e sconcio (mentre considera il proprio esplicito o implicito mostrar grazie suscitando disio puro e culturalmente evoluto)! O che io disiante sia per lo stesso fatto di disiare privo di anima o meritevole di perfidie, inganni, ferimenti fisici e psichici.
A voi non piacerà essere considerata solo due tette e un culo, ma a me può non piacere essere visto come un semplice spettatore anonimo, uno qualsiasi, uno su cui provare in ogni modo la propria avvenenza e la propria autostima come fossi un freddo inanimato specchio, un pezzo di legno davanti a cui vare tutto o di duro metallo immune alla sofferenza emotiva.

Se qualche scrupolo sull'abbandonare la filosofia escortistica e sul pensare ad incontri normali è rimasto in me, esso è subito fugato dall'udire discorsi siffatti. Quando infatti immagino che, anche dovessi riuscire a vincere la mia naturale timidezza, il mio insormontabile disagio emotivo d'innanzi al corteggiamento, la mia scarsa fiducia sul poter essere apprezzato e la mia infinita razionalità calcolatrice a priori (la quale mi fa rinunciare a rischiare cose certe per premi improbabili), mi trovere innanzi uno sguardo di sovrano disprezzo verso me che desidero suspiciente (e proprio perché desidero) e un pensiero quasi di disgusto per le fole del mio disio naturale (e proprio nell'essenza più profonda e vera di esso), il mio impulso non si volge più alla copula, bensì al pianto.

Se le donne, specialmente quelle tanto belle da poter avere qualsiasi rapporto con qualsiasi uomo, pensano così, allora sarò sempre disprezzato al primo sguardo
come loro saranno apprezzate da me per grazia e leggiadria?
Se voi diffondete questo implicate per me nel reale essere guardato con sospetto o con aperta sufficienza da chi ammiro al primo sguardo per beltà di donna?
Quando guardare con disio significa ricrere in me lo stupore che ebbe il mondo vedendo la nuda Venere nascer dall'onde del greco mare sulla sua bianca conchiglia, risentire quella brama che fu di Callimaco, di Catullo e di Properzio, e che rimane eterna nei carmi greci e latini, riprovare quel trasporto che rapì Guido, Lapo e Dante al mirar passeggiare “monna Vanna, monna Lagia e colei ch'è nel numer de' le Trenta”, rivivere quel distacco fra cielo e terra che in Petrarca fece germogliare lo stile puro e rarefatto dei sonetti perfetti senza uguali nel mondo, lasciarsi prendere dal quella tensione al mondo ideale e perfetto propria dei poeti Rinascimentali, primo fra tutti il cardinal Bembo, e che portarono a compiuta perfezione la lingua e lo stile della vera poesia italiana, abbandonarsi come il Tasso alle onde della voluttà dell'Aminta e al languore delle Rime, lasciarsi infine prendere dalla cupida volontà di bellezza divinamente effusa dal D'Annunzio nei versi immortali del Poema Paradisiaco?

Essere disprezzato nell'intimo del mio essere uomo proprio nei primi momenti in cui sono mosso da desiderio verso la bellezza femminile (che poi cerco di sublimare ma in speculazioni filosotiche ed estasi artistiche ed eternare in pensieri parole ed opere ma questo è un altro
discorso) non può da me essere accettato: questo proprio no.

CONCLUSIONE RAZIONALE
Non è tanto una questione di istinto, quanto di ragione.
Cara la mia "donna moderna", non è ammissibile (per la stessa ragione prima ancora che per l'istinto) che al loro diritto a suscitare disio corrisponda il nostro dovere a reprimerlo, che al loro mostrarsi debba corrispondere il nostro non guardare (troppo), che al loro esprimere liberamente il naturale istinto di sentirsi belle e disiate debba corrispondere il nostro non poter mirare (disianti), seguire (con lo sguardo e l'azione) e cercare di ottenere (come sarebbe in natura) la bellezza, esprimendone il disio in maniera gioiosa, spontanea e per nulla ostile o violenta, che al loro esagerare a piacere nel diffondere disio, nell'illudere e persino nell'irridere, nell'umiliare e nel far patire nel corpo e nella psiche debba corrispondere il nostro obbligo assoluto a non uscire di un millimetro da limiti stabiliti peraltro non in maniera chiara ed oggettiva a propri, ma, a posteriori, in maniera vaga, soggettiva e dipendente dal loro solo capriccio, che quanto provoca il minimo e presunto ferimento alla loro soggettiva sensibilità sia punito da leggi e costumi nella maniera più vasta e dolorosa possibile mentre quanto in maniera ben più profonda ferisce la nostra diversa e non già inesistente psiche sia considerato inesistente o irrilevante come gravità, normalità da sopportare da parte nostra, diritto della donna o addirittura bello di essere donna!

E trovi pure il solito coglione moderno che ti dà ragione...
[quote]Kers:
fino ad un certo punto... sei tu che ti senti provocato non loro a provocarti...
[/quote]
Ma lo sanno benissimo cosa provocano,non sono bimbe inconsapevoli, quindi stai zitto, perchè essendoci l'intenzione (esse sole liberamente e automamente decidono di mostrare le loro grazie agli astanti) c'è anche la colpa! La vuoi dare tutta a noi, che per natura non possiamo non desiderare (possiamo al massimo trattenere il disio avendo come conseguenza la frustrazione e la sofferenza fisiche e mentali), e non a loro che liberamente scelgono di suscitare disio (e di porci nella condizione di doverci trattenere contronatura o comunque di percepire inganno ai sensi e frustrazione alla psiche)? Allora, esagerando, è come dire: imponendo un semplice rapporto sessuale, non sono io che stupro (ovvero che provoco un trauma grave), sono loro che si sentono stuprate (ovvero che hanno la psiche atta a sentire un trauma subendo atti sessuali, per i quali io non percepirei trauma alcuno)!
In primis non l'arbitrio maschile, ma la natura stabilisce la corrispondenza tra i sensi e il rapporto sessuale, giacchè, quando la primavera fiorisce e zefiro dispiega il suo soffio fecondo, il disio dei primi è ciò con cui i maschi vengono chiamati a ricercare il secondo, per riprodurre la vita specie per specie. Se dunque le femmine umane intendono, per motivi afferenti la loro particolara vanagloria, spezzare questa amorosa e naturale corrispondenza devono comunicarlo ogni volta preventivamente ed in maniera chiara.
In secundis, se anche tale corrispondenza fosse propria alla sola soggettività maschile, se anche il fatto di sentirsi sessualmente truffati, molestati, ingannati e irrisi, ovvero illusi e delusi, da una donna che susciti ad arte il disio solo per compiacersi della sua negazione fosse correlato ad una situazione psicologica specifica dell'uomo, avremmo comunque il diritto a vedere vietato da leggi e costumi quanto ci fa sentire irrisi nel disio, feriti nell'intimo, sofferenti nell'emotività e violanti nella psiche esattamente come leggi e costumi vietano quanto offende, ferisce o urta la soggettività femminile.
Per noi magari non costituirebbe una molestia sentirci toccati e non sarebbe un trauma così grave essere forzati ad un rapporto sessuale (secondo natura), ma poichè tali fatti possono far sentire una donna offesa, ferita o urtata nell'intimo (molestie sessuali) e addirittura violata nella psiche (stupro) , le molestie sessuali e lo stupro vengono da noi considerati reati da punire proporzionalmente al danno procurato alla vittima, nell'interesse della tutela della donna. Allo stesso modo si dovrebbero tutelare gli uomini dalle molestie (visive, verbali, gestuali, emotive) delle stronzette e dalle violenze sessuali psicologiche (e a volte pure materiali, morali e giudiziarie) delle stronze.
Dire che la colpa del mio male è della mia eccessiva o sbagliata sensibilità, della mia incapacità ad accettare di essere sessualmente irriso e frustrato e a subire continuamente illusione e delusione, attrazione e repulsione, invito e disprezzo da chi mi ha invitato a disiare, è come dire che la colpa delle sofferenze di chi è vittima di violenza sia non del violentatore, ma dell'eccessiva e "sbagliata" sensibilità femminile incapace di sopportare rapporti forzati senza sentirsi traumatizzata.
Lo schema (aberrante) di ragionamento è lo stesso, cambia solo la gravità del trauma (se ci riferiamo a quanto ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e punito come stupro, altrimenti, se allarghiamo la definizione al concetto omnicomprensivo attuale di "violenza sessuale" troviamo anche fatti che lasciano sulle vittime femminili ben meno traumi psichici di quelli causati dalla reiterata stronzaggine femminile sui giovani maschi, vittime oggi sempre più incontestabilmente di danni variabili dalla cosiddetta "anoressia sessuale" al suicidio, dal precoce bisogno di prostitute ad un disagio psichico ora celato con l'ironia ed ora pronto ad esplodere in eccessi di aggressività: che per millenaria consuetudine "cavalleresca" o per moderno appiattimento sul femminismo, gli uomini tendano a negare spesso anche a loro stessi le proprie sofferenze, non toglie che essi in tali casi siano davvero vittime).
O vuoi forse dire che solo la sensibilità femminile possa farsi legge mentre quella maschile debba essere negletta dalle leggi e calpestata dai costumi?
Che quanto urta la particolare sensibilità femminile (atti, detti, sguardi o toccate) debba essere considerato offensivo, punito dalla legge e giustificante la vendetta più ampia, crudele, dolorosa e soggettiva da parte della donna e quanto invece ferisce (in maniera spesso assai più grave, come si può oggettivamente rilevare dal numero di suicidi cagionati da una donna o, senza arrivare agli estremi, dalla diffusione fra i maschi di problemi come l'anoressia sessuale o il precoce bisogno di prostitute) l'altrettanto particolare (e non già inesistente) sensibilità maschile (ad esempio il comportamento intriso di stronzaggine, divenuto regola nelle femmine moderne, anche quando non usano le mani, e spesso motivato da prepotenza, vanagloria, necessità di autostima o sadismo o comunque volontà di provocare sofferenza emotiva) sia trascurabile, non penalmente rilevante, appartenente alla normalità, alla tollerabilità o comunque al "diritto della donna" e non provocante in sé offesa o umiliazione (anche se è quanto l'uomo prova, di fronte a sé o agli altri, quanto sente come intima ferita nella sessualità e può provocargli traumi, blocchi psicologico e metterlo a disagio emotivo, momentaneo e poi esistenziale)?
In tertiis, basterebbe un argomento puramente logico a concludere la discussione. Chi suscita ad arte il disio dei sensi innanzi ALL'UOMO non può oggettivamente non essere considerata responsabile di inganno, ferimento e frustrazione qualora sappia fin da principio di non voler appagare ciò che NELL'UOMO (ovvero nello specifico della emotività maschile) ha suscitato, a prescindere dall'importanza e dal significato filosoficamente attribuiti ai sensi e al sesso.
L'unica eccezione potrebbe essere fatta per chi non sappia di suscitare un tale disio con un certo comportamento, ma questa incosapevolezza può essere considerata credibile per ben poche "innocenti" creature femminili...
Negli altri casi vi è il dolo. La donna sa che il suo comportamento suscita un disio che per il fatto stesso di non poter essere appagato (almeno non in quella situazione) genera nell'uomo un senso di frustrazione, irrisione, umiliazione e nullità. Vi è dunque il dolo: la donna sa che per me sensi=sesso e ne approfitta per ferirmi, umiliarmi, irridermi o tiranniegggiarmi (e anche se valesse l'eguazione "sensi=solo sensi" sarebbe comunque un ingannatrice, non concedendo di solito agli ammiratori di toccarla coi sensi).
Nella maggioranza dei casi non si può dunque considerare la stronza innocente con la spiegazione secondo cui per lei, in quanto donna, non varrebbe l'equazione maschile "sensi=sesso". Con lo stesso tuo ragionamento si potrebbe per assurdo dire: lo stupratore non sa che per la donna rapporto forzato= trauma, quindi lo stupratore è innocente.

E qui la donna salterà su a dire che "come nel medioevo giustifico lo stupro".
Non c'entra il medioevo (delle cui presunte “oppressioni” vi lamentante femministicamente ma dei cui reali privilegi cavallereschi pretendente il mantenimento), stronza! C'entrano le corrispondenze logiche, cretina!
Mi rifiuto di continuare a discutere con chi disconosce la verita’ evidente e naturale che PRIMA esiste il farsi disiare e guardare della donna POI il disio e lo sguardo dell’uomo, e MAI (il che sarebbe illogico) VICEVERSA (prima vi e' chi si fa seguire, poi chi segue, prima vi è quanto attrae l'attenzione e poi chi segue con lo sguardo, prima vi è la fonte di desiderio, poi chi desidera, così come prima vi è un campo gravitazionale e solo dopo l'attrazione di un grave). E cio’ non e’ “colpa” ne’ degli uomini ne’ delle donne, ma della natura. Guardate I corteggiamenti degli animali! Gli impulsi maschili e femminili sono complementari ed è menzognero dire che i nostri (disiare e seguire) sono "immorali e violenti" e i vostri "esser disiate e farsi seguire" sono puri e pacifici.
E non mi venire a dire che solo con questo “giustifico lo stupro” (se parlerò io dopo di stupro non è per “animalità” nostra, o perchè come pensano gli stolti il mirare e disiare la bellezza conduca allo stupro, bensì per stronzaggine vostra, nel comportamento prima che nel vestimento, per giusta e razionale vendetta verso le stronze mentitrici e perfide come te, negatrici di ogni natura e di ogni ragione e perciò meritevoli di vera violenza quando chiamano con quel nome qualcosa di naturale e di pacifico come uno sguardo o una carezza! Quindi non c'entra con quanto stiamo dicendo).
Non mi venire a parlare di stupri in questo caso. Si parlava di qualcosa di naturale come guardare quanto per istinto attira l'attenzione. Lo stupro invece non e’ natura! Nessun animale stupra. E’ una deviazione del desiderio naturale. Non nasce affatto dallo sguardo, nasce da deformazioni mentali indotte dalla societa’ o dal perverso sviluppo della psiche individuale (magari da eccessiva repressione da un lato o eccessiva malvagita’ intenzionale dall’altro), non certo dal disio naturale in se’ (solo una femminista antimaschile puo’ sostenere cio’).

Medievale è il discorso che impone agli uomini l'obbligo di trattenersi mentre dà alla donna la libertà di "esprimere se stessa", che crea con ciò disparità, privilegi, e quindi ingiustizie, arbitrii, frustrazioni e corvèe amorose (di cui il corteggiamento è l'espressione classica e le leggi sulla cosiddetta molestia quella moderna), che concede alla donna di potersi permettere letteralmente di tutto senza prendersi la responsabilità delle proprie azioni (poichè protetta dal vittimismo femminista), senza dover temere le reazioni (poichè protetto dallo status di dama intangibile), senza dover pensare a quanto (in questo caso in termini di inganno, irrisione, ferimento e disagio da sessuale ad esistenziale) il suo agire "libero" provoca sulle emotività altre da sè.
Il mio è un discorso fondato sulla natura, sulla ragione e sulle logiche corrispondenze. Che poi gli istinti, la razionalità e le implicazioni logice, morali e naturali siano "maschiliste" quando le donne vogliono affermare la propria prepotenza sessuale al di là di ogni etica, di ogni ragione e di ogni logica è un altro discorso.

CONCLUSIONE SENTIMENTALE
La constatazione di dover soddisfare i bisogni naturali (esattamente come gli animali), le pulsioni più profonde e i desideri sessuali, a pena di vera infelicità sia sensitiva sia intellettiva, frustrazione intima, disagio da fisico ed erotico-sentimentale ad esistenziale e financo ossessione, non significa che il modo in grado di rendere l'uomo più felice (o meno infelice) in essi sia quello della natura, se non altro per il fatto che il mondo in cui viviamo realmente e da cui traiamo gioie e dolori non è direttamente quello degli oggetti e degli eventi, ma, mediatamente, quello della nostra percezione, del nostro intimo e soggettivo sentire.

Non seguire la via dell'ascesi, ma appagare i desideri di natura senza ferire, in sé e nelle persone dirette interessate, la particolare (e imprevedibile dalla natura) sensibilità individuale deve essere il modo umano.

Come voi potete provare ferimento psicologico nell'essere continuamente inseguita da una muta di maschi insistenti e bramosi (anche se ciò è pienamente natura), ed è vostro dire a costoro "non mi interessa nessuno, lasciatemi in pace" e vivere in altro modo la vostra sessualità, così io posso sentirmi profondamente a disagio, nei sensi e nei pensieri, nel dover corteggiare o sentire ferite emotive in gran parte delle occasioni di contatto "naturale" con le pulcelle.

Infine vi svelo un segreto. Anche dedicare sonetti disinteressatamente (quelli che di solito si userebbero per far omaggio) alle puttane (che scoperebbero lo stesso e sono considerate male dalle altre donne) e trattare la puttana come la più delicata e nobile delle amanti (proprio perché vilipesa dalla società delle altre donne) avviene in me per mostrare disprezzo verso le "oneste" che non hanno saputo o voluto apprezzare (pretendendo recite ridicole o volendomi da principio ingannare per mero diletto e sadismo) e far veder loro quanto di bontà e gentilezza si siano perse facendo le stronze, trasformandola in altrettanta stronzaggine di chi, come me, per protesta versa le "libagioni sentimentali e galanti" sotto i loro occhi (sempre disiosi di esse come lo è un viaggiatore nel deserto), nel "deserto sentimentale" del meretricio, lasciandole a bocca asciutta (un po' una corrispondente rivalsa).

E' amore a queste per odio a quelle. A chi vorrebbe tiranneggiarmi sfruttando le mie debolezze erotico-sentimentali, a chi vuol solo provocarmi frustrazione e farmi sentire una nullità, a chi dall'alto delle sua posizione di privilegio data dalla bellezza mi guarda con sufficienza o aperto disprezzo, a chi mediterebbe di irridermi e deridermi, intimamente o pubblicamente, suscitando ad arte in ogni modo il desiderio per poi compiacersi della sua negazione, a chi vorrebbe dilettarsi a prendersi gioco di me o a mostrare il proprio potere attirandomi sottilmente e poi respingendomi, con l'unico scopo del proprio diletto e del rendermi ridicolo agli occhi degli amici e dei presenti, dell'offendere il mio desiderio di natura, del farsi gioco del mio purissimo ed ingenguo trasporto verso la bellezza, a tutte coloro che insomma sono avvezze a provare su di chi le mira il proprio fascino, non già per vivere il proprio normale e legittimo corteggiamento, ma solo e soltanto per deridere l’aspirante corteggiatore di fronte a sé o ad altri, per farsi gioco e beffe di lui per ribadire con pura vanagloria la propria posizione di preminenza su di lui, e mostrargli quanto lui è insignificante e banale e sostituibile mentre lei è invece unica e da tutti idolatrata, a tutte le donne che esprimono la propria stronzaggine suscitando ad arte il desiderio carnale in un uomo quando il loro obiettivo non è avere un rapporto con lui, e nemmeno verificare nel corteggiamento se egli avrebbe o meno le doti per piacere (ché non si può capire al primo sguardo), ma solo compiacersi del proprio potere, illuderlo, deriderlo o sbeffeggiarlo o misurare la di lui capacità di sopportazione della tensione psicologica da loro indotta, a tutte costoro io posso dire:
"non mi avrete, non riuscirete a infliggere le vostre violenze psicologiche su di me a irridermi nella mi essenza di uomo, a molestarmi sessualmente in ciò che per voi è un gioco, io non ho bisogno di voi e me ne vo' con le mie puttane".ù

SENTENZA FINALE
Non perchè ti vesti "provocante" (ogni donna ha per me il diritto a vestirsi come le pare senza dover temere di essere stuprata o molestate, anche se, almeno fino a quando le espressioni restano ingenue, naturali e prive di volontà di violare, offendere o costringere, non può imporre agli uomini il dovere di non esprimere con la parola, lo sguardo, il gesto, il complimento, l'invinto, la parola o il pensiero quanto le grazie mostrare fanno venire alla mente), ma perchè vuoi imporre un'inaccettabile disparità fra il diritto delle donne a mostrarsi (esplicitamente o implicitamente) belle e disiabili e il dovere degli uomini di non guardare e non disiare, fra la libertà per le donne di seguire il proprio naturale istinto a diffondere (con vestimenti, movenze, sorrisi, parole implicite o atteggiamenti espliciti) disio fra gli astanti e l'obbligo per gli uomini di trattenere non solo nel gesto, non solo nel detto, non solo nel guardo, ma persin onel pensiero il disio suscitato (non per loro volontà), e soprattutto perchè, con la tua morale vuoi, in una maniera più perfida dei comandamenti biblici contronatura e con una sistematicità sconosciuta persino alla propaganda antisemita di Goebbels, far sentire colpevoli gli uomini per natura, in ogni momento della loro vita in cui sentono prorompere il natural disio per il corpo della donna, ogniqualvolta mirano, ogniqualvolta sognano ad occhi aperti, ogniqualvolta disiano a bocca spalancata, ogniqualvolta pensano al piacere, ogniqualvolta tacitamente apprezzano le grazie mostrate e non possono non bramarle nell'intimo del loro essere, per QUESTO e non per altro MERITERESTI DI ESSERE STUPRATA!!!!!!!!
(otto punto esclamativi perchè è l'8 marzo)

P.S.
Uso il condizionale, perchè, sebbene tu e le tue simili, per il fatto di far sentire il colpa l'uomo per natura, meritereste di subire una vera violenza alla vostra natura, io non avrei mai il cuore di stuprare davvero (massimo potrei ordinare ciò ad altri, per quanto mi fate schifo). Quindi la vostra punizione sarà sempre quella prevista dai paesi civili dell'oriente: frustate, frustate, frustate e, se non la smettete, burqua (lo stupro vi farebbe ancora sentire desiderate e quindi apprezzate, e voi che disprezzate chi mira, chi disia, chi vi apprezza, non lo meritate affatto).

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