La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Pazartesi, Mayıs 23, 2011

Sorpresa: esiste già l'inversione dell'onere della prova, e se ne vantano pure!

Non ci credete?
Leggete qua:
http://www.comunicazionedigenere.com/2011/01/15/lo-riconosce-il-parlamento-le-femministe-hanno-invertito-lonere-della-prova/

E se non vi fidate dei "maschilisti", andate direttamente alle fonti
Sportello Donna

Documento Parlementare

La risposta immediata e provocatoria è la seguente. Ecco perchè i grandi popoli fondatori di città e civiltà hanno escluso le donne (e gli uomini plebei ed effemminati) dalla vita pubblica: distruggete ogni ragione ed ogni diritto!

La risposta meditata è invece la seguente

Io sapevo che in uno stato di diritto la parola di tutti i cittadini ha, almeno a priori (prima che venga confermata o smentita da fatti e testimonianze terze) uguale dignità (e quindi credibilità) innanzi alla legge,
che tanto la parola dell'accusa quanto quella della difesa devono essere messe in dubbio, per poi ricercare riscontri fattuali o altri elementi atti ad avvalorare l'una o l'altra tesi e, in assenza di essi, si fa valere il principio latino "in dubio pro reo",
che nessuno può essere trattato da violentatore prima che la presunta violenza sia provata al di là di ogni ragionevole dubbio in un regolare processo, con riscontri oggettivi e testimonianze terze rispetto all'accusa.

Qua invece mi si dice (a colpi di decreti sicurezza e sentenze di cassazione) che, se vengo accusato,
la mia parola vale meno di quella della donna, perchè io sono considerato imputato che può mentire ed ella non solo accusa ma anche testimone che deve dire la verità,
che posso finire in galera sulla sola parola della donna (ritenuta credibile con criteri da sofisti, basati non sui fatti ma sulle parole, sulla loro presunta coerenza interna e sulla loro capacità di mostrarsi coerenti, genuine, ricche di particolari, prive di rancore o volotà di infierire sull'imputato, come se, al contrario di quanto dimostrato da Kant, l'esistenza fosse un predicato ed anche teorie campate in aria, molto più della presunta prova ontologica dell'esistenza di Dio di Sant'Anselmo, non potessero essere logicamente coerenti e credibili in sè, come se raccontare storie credibili ed apparantemente inattaccabili non fosse prerogativa di ogni bravo mentitore o possibilità di ogni bravo avvocato), anche prima ed anche senza riscontri oggettivo o testimonianze terze della presunta violenza,
che già la parola dell'accusa vale in sè come prova (basta che il racconto sia coerente, credibile, pacato, ricco di particolari e privo di voglia di infierire: un gioco da ragazzi, o da ragazze, per chiunque sia bravo/a a mentire o abbia in ciò il suggerimento di un bravo avvocato sofista),
e spetta a me, accusato, trovare prove a mia discolpa sufficienti a convincere il giudice a non prendere più per vera la "testimonianza" dell'accusatrice.
(eventuali sue contraddizioni, esagerazioni, reticenze vengono giustificate con il "trauma subito", anche se non ancora provato, e ogni tentativo di sostenere il contrario, di prederle per sintomi di falsità, invenzione o comunque "ricordo confuso e poco credibile", magari in buona fede, pretendendo dalle deposizioni dell'accusatrice coerenza temporale, chiarezza e riscontro puntuali, magari non viene ritenuto "seconda violenza" come nel femminismo americano, ma viene processualmente messo a tacere a colpi di massime delle Cassazione).

Se non è ritorno all'inquisizione questo non so cosa possa esserlo.
A questo punto, avendo ancora una vita davanti, inizio a preparare seriamente la mia fuga verso paesi non inquinati dal femminismo (o, se vogliamo, dal vetero-maschilismo cavalleresco, che forse in questi casi è ancor peggio, almeno in Italia).

Come posso vivere tranquillo e felice sapendo che qualunque donna possa in qualunque momento per qualunque motivo (per capriccio, vendetta arbitraria, interesse materiale o morale, anche solo quello di poter mantenere la propria immagine di dama intangibile negando a posteriori il consenso ad un rapporto "compromettente", gratuito sfoggio di preminenza nell'esser credute a priori mentre l'altro deve tacere e se parla è tenuto degno del riso e dello sdeno, patologico bisogni di attenzione, voglia di ricattare o di ricevere un risarcimento o semplice sadico diletto nel mostrare di poter rovinare la vita di chiunque con la sola parola, a fidanzati, amanti occasionali, mariti, ex-mariti o semplici sconosciuti al posto sbagliato nel momento sbagliato) farmi finire il galera con la sola parola?
Sarebbe come per una donna vivere in uno stato talebano in cui sia consentito dallo stato stuprare liberamente.

E non è vero come dicono el femministe che la presunzione di innocenza nei reati sessuali implichi libertà di stuprare per i violenti. Come non è vero che si debba sempre operare una scelta disgiuntiva fra innocenti in carcere e colpevoli fuori e che il garantismo renda sistematica la seconda ipotesi.

Come insegna Popper, di ciò che esiste si può sempre provare l'esistenza, mentre non sempre è possibile provare la non esistenza di quanto non esiste. Nello specifico poi, in un mondo in cui da una sigaretta si risale ad un attentatore, non è credibile che sia possibile costringere ad un rapporto chi non lo vuole senza lasciare tracce. Quindi le prove di quanto ogni mondo civile ha da sempre giustamente riconosciuto e punito come stupro si possono sempre trovare.
Non sempre invece è possibile dimostrare la non esitenza di fatti inventati, esagerati ad arte o definito come violenza solo a posteriori e secondo i soggettivi parametri della presunta vittima, magari secondo quanto solo la demagogia femminista può pretendere di inserire nella vaga e omnicomprensiva definizione "moderna" di stupro.
"Se si seguissero questi tuoi principi garantisti certe violenze non sarebbero quasi mai punite", mi si risponde da siti femministi e ora pure da questi "docenti di magistrati".

Questi giudici dovrebbero riflettere sulla liceità, per un sistema giuridico fondato sulla ragione e sul diritto (nonchè sulla proporzionalità della pena: danno grave -> pena grave, danno lieve ->pena lieve, danno non rilevabile -> nessun reato), di includere in un reato grave come la violenza sessuale quanto manco lascia segni oggettivamente rilevabili per gli investigatori (e quindi può difficilmente, anche qualora vero, essere accostato al grave trauma psicofisico dello stupro, al contrario ben evidente e riscontrabile sotto ogni punto di vista, e giustificare una pesante pena detentiva per il colpevole), anzichè inneggiare alla possibilità di condannare qualcuno senza prove.


Praticamente questi "giudici" stanno dicendo che, pur di non lasciare impuniti reati consideati gravi (ma anche l'omicidio è grave, eppure non per questo si condannano all'ergastolo o a trent'anni persone sulla cui colpevolezza non vi sono riscontri oggettivi o altri elementi tali da fugare ogni dubbio ragionevole) si può (anzi, si deve) condannare sulla base di parole e non di fatti. Bell'esempio di giustizia.

Sembra di essere tornati (con la scusa di destra delle "sicurezza" e quella di sinistra della "battaglia in favore delle donne") al terrore giudiziario che giustifica la presunzione di colpevolezza con "interessi superiori". Pare che la lezione di Beccaria sia passata in vano. Ormai pur di non ammettere un presunto stupratore in libertà si preverisce rischiare di condannare uomini innocenti (sulla base di presunte "statistiche sulla violenza" secondo cui il secondo caso è molto meno probabile del primo) e come se le due cose fossero sullo stesso piano. Invece no. Non lo sono se siamo in uno stato di diritto (che deve garantire tutti, nessuno escluso, e non può sacrificare un cittadino ai "numeri"): un conto è che lo stato non riesca nonostante gli sforzi di polizia e tribunali a punire un crimine già commesso da un criminale, altro conto è che compia ex-novo in prima persona un crimine contro un cittadino innocente.


La demagogia femminista ha preteso di inserire nel reato di violenza sessuale non solo e non tanto quanto ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e punito come stupro, ma letteralmente tutto ciò di cui una donna possa a posteriori, e secondo i propri soggettivi parametri, accusare un uomo.
La magistratura cavalleresca, per assecondare il femminismo, non si è limitata ad affermare in abstracto la grave rilevanza penale (già di per sè discutibile) di fatti ben lontani dallo stupro, ma, poichè dimostrare tali fatti al di là di ogni dubbio sarebbe stato praticamente (e oserei dire giustamente) impossibile stante la presunzione di innocenza accordata per gli accusati di tutti gli altri reati (dall'omicidio all'associazione mafiosa),
ha preteso, pur di riuscire a condannare in concreto gli uomini per fatti la cui gravità e soprattutto realtà sarebbero tutte da dimostrare, di scardinare ogni secolare principio del diritto.

Persino massime latine la cui saggezza è evidente ad un liceale, quali “nemo idoneus testis in re sua” (nessuno è adatto a testimoniare in qualcosa in cui ha interesse, perchè è ovvio che dirà sempre quanto gli conviene, come appunto nel caso di chi, accusando qualcuno, dichiara già di volere la sua condanna) e “unus testis nullus testis” (un testimone, nessun testimone: non ci si può basare sulle parole di una sola persona, perchè questa, per un qualsiasi motivo magari non ravvisabile dall'esterno, potrebbe mentire, dimenticare, o, involontariamente, distorcere i fatti, come spesso avviene anche nei testimoni ai processi che vogliono ad ogni costo "essere utili alla giustizia", ecco perchè i fatti possono essere provati solo da più testimonianze concordanti fra loro), vengono irrise come "retaggi del passato". Mi sembrano le femministe che sostengono la scienza, il diritto, la ragione essere "prodotti del patriarcato" e dover venire abbattuti assieme ad esso, come se tutto quanto gli uomini hanno storicamente costruito (o scoperto) non per opprimersi a vicenda, ma per risolvere con la ragione le dispute, per giungere ad una conoscenza dei fatti epurata da interessi personali, accidenti soggettivi e coinvolgimenti emotivi, per tutalare il singolo dal sopruso e dall'arbitrio (persino dal possibile sopruso e dal possibile arbitrio dei giudici e dello stato) non potesse essere applicato ad un pacifico e paritario rapporto fra i sessi!

Mi piacerebbe poi capire come farebbero i giudici a dimostrare che la mia accusatrice non sia mossa da astio. La psicanalizzano?
E se anche mancasse l'astio, non è già la possibilità di avere un risarcimento o un qualsiasi altro vantaggio dalla mia condanna un motivo di legittimo sospetto?
E non potrebbero esistere (come ho cercato di esemplificare) anche altri motivi per mentire, ignoti a priori a me o ai giudici?
Sarebbe come dire che poichè uno storico di oggi non ha motivo di calunniare personaggi del passato, gli si deve credere su qualunque cosa affermi, che ne so, sulle colpe di Nerone.
E perchè, se è necessario trovare un movente per la possibile calunnia prima di non prendere per vera la parola della donna, non è necessario trovare un movente per la violenza sessuale prima di dire che la mia versione innocentista non è vera? Potrei difendermi da un'accusa dicendo semplicemente: "io non violento perchè non ne ho motivo, per appagare i miei bisogni sessuali vado a prostitute"?

L'unica obiezione è "la maggioranza delle violenze non è denunciata".

A parte che non è dimostrato da nessuna statistica (la riuscita della dimostrazione implicherebbe anche la riuscita del processo e la condanna)....
A parte che la responsabilità penale è personale e un innocente non può pagare per le colpe di individui appartenenti al medesimo gruppo umano...
Comunque in nessun reato chi accusa può essere creduto sulla parola senza portare riscontri oggettivi e testimonianze terze.
Così non fosse chiunque potrebbe accusare chiunque altro di qualsiasi cosa per qualsiasi motivo in qualsiasi momento.
Sarebbe un mondo invivibile (il vicino denuncerebbe il vicino per ripicca di un litigio, chi si alza male denuncerebbe il primo che incontra per puro sfogo di malvagità, chiunque denuncerebbe furti subiti per avere risarcimenti ecc.)
Non si capisce perchè qui si dovrebbe fare eccezione (statne l'uguaglianza dei cittadini dinnanzi alla legge).

Mano a mano che si indebolisce la presunzione di innocenza (e quindi si riducono la quantità e l'importanza di ciò che l'accusa deve dimostrare per essere creduta, aumentando anche per eventuali accuse false la probabilità di andare a buon fine e facendo tenere a zero quella di essere eventualmente scoperte)
e si aumentano le disparità di pena fra chi viene condannato per violenza e chi viene riconosciuta colpevole di calunnia (e quindi si rende più vantaggioso il tentativo di falsa accusa, per capriccio, vendetta arbitraria, interesse di qualsiasi natura o gratuito sfoggio di preminenza sociale nell'esser credute a priori mentre l'altra campana è tenuta a tacer o presa degna solo del riso o del disprezzo)

anche i casi di falsa accusa aumentano inevitabilmente (l'essere umano approfitta sempre di quanto gli viene concesso, anche nel male, o comunque di questo deve tener conto lo stato nel fare le leggi per tutelare i cittadini non solo dalle persone violente e malvagie, ma anche da quelle false e perfide: per difendersi dalle prime si rendono reato la violenza, il furto, la rapina, l'omicidio, per le seconde si impone di provare ogni accusa).

Posto che lo stato di diritto garantisce a chiunque di non essere condannato penalmente fino a quando la sua presunta colpevolezza non è dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio,

come si fa a considerare come piena prova (su cui può essere anche esclusivamente basato il convincimento della colpevolezza dell'imputato) la semplice testimonianza dell'accusa (anche prima ed anche senza riscontri oggettivi o testimonianze terze)
e a considerare motivazione valida della sua credibilità
un ragionamento "probatorio" da sofisti, non basato cioè sui fatti ma sulle sole parole (sulla loro presunta coerenza interna e sulla loro capacità di mostrarsi coerenti, genuine, ricche di particolari, prive di rancore o volotà di infierire sull'imputato, come se, al contrario di quanto dimostrato da Kant, l'esistenza fosse un predicato ed anche teorie campate in aria, molto più della presunta prova ontologica di Sant'Anselmo, non potessero essere logicamente coerenti e credibili in sè, come se raccontare storie credibili ed apparantemente inattaccabili non fosse prerogativa di ogni bravo mentitore o possibilità di ogni bravo avvocato)?
Si tratta di una verifica operata sì da un giudice terzo, ma riguardante la sola parola dell'accusatrice e sciolta non solo da ogni raffronto con la deposizione dell'imputato, ma da qualsivoglia controllo di elementi esterni (atti a far propendere oggettivamente per l'una o l'altra tesi)!

Si parla di credibilità soggettiva della dichiarante e di attendibilità oggettiva della testimonianza.
Quanto alla prima a me pare non possa essere sufficiente che non appaiano motivi evidenti per cui l'accusa debba mentire, o che quelli ipotizzati dall'imputato siano infondati, ma si dovrebbe dimostrare che nessun altro immaginabile motivo di menzogna sussista.
E, per quanto si possano prima ipotizzare e poi escludere con ragionamenti logici a partira dalle emergenze processuali eventuali motivi di astio o rancore,
rimarrà sempre il dubbio (del tutto ragionevole) che l'accusa, essendo parte in causa, menta se non altro per prevalere nel processo (ed avere il risarcimento), o per motivi a priori non conoscibili dal giudice e dall'imputato.

Quanto alla seconda, volendo prescindere dagli eventuali motivi soggettivi per mentire (non tutti i crimini, calunnia compresa, hanno sempre motivi razionalmente spiegabili e ricostruibili) e concentrandosi sulla attendibilità in sè della testimonianza, rimarrà perlomeno il dubbio (anche questo pienamente ragionevole) che il racconto dell'accusa sia coerente, credibile, pacato, ricco di particolari e privo di voglia di infierire (ovvero abbia tutte le caratteristiche pretese per essere considerato oggettivametne attendibile) non perchè sia vero, ma perchè sia stato ben concepito da una persona brava a mentire o semplicemente assistita da un bravo avvocato esperto di retorica e di sofismi.

Ma può una persona innocente fino a prova contraria essere condannata solo perchè il racconto dell'accusa appare attendibile e non perchè lo si sia provato per vero? Solo perchè la versione dell'accusa sembra più probabile di quella della difesa e non perchè si sia davvero dimostrato che nessuna versione in cui l'imputato sia innocente possa essere vera?

Se si vuole pensar bene, si tratta della deformazione professionale di persone in buona fede abituate a vivere a contatto con il sistema giuridico italiano il quale, alla pari del Don Ferrante dei promessi sposi, ha la sistematica pretesa di ricostruire la verità con argomenti da sofisti (ovvero basati sulle parole e non sui fatti), di poter decidere fra accusa e difesa persino "in assenza di riscontri oggettivi o altri elementi atti ad avvalorare dall'esterno l'uno o l'altra tesi", di essere capace di scindere (colmo dei colmi), persino all'interno della testimonianza di una delle due parti in causa (eh sì, quanto resta del codice rocco fascista permette anche questo: far valere come fonte di prova la testimonianza di chi querela) il vero dal falso, i fatti reali e gravi da quelli immaginari o esagerati ad arte, gli elementi riferiti obiettivamente da quelli introdotti nel racconto per dolo o suggestione (che pure si ammette possano esservi), l'amore della verità dall'interesse o dal risentimento personali, il teste insomma dalla parte in causa, anche in assenza di verifica sperimentale.
A volte sarebbe oppurtuno (e la ragione, prima ancora del diritto, lo vorrebbe), quando non si hanno elementi, astenersi dal giudicare, piuttosto che farlo sulla base di supposizioni non verificate. Ragionare come certi togati e certi ermellini (pretendendo comunque di poter decidere) significa non certo "essere più intelligenti, più evoluti, più capaci di giudicare", me semplicemente ignorare totalmente (e incautamente) gli insegnamenti dell'illuminismo (per il quale non si può mai prescindere dalla verifica sperimentale) e di Kant (per cui "l'esistenza non è un predicato").
Per contestare la "prova ontologica" di Sant'Anselmo sull'esistenza di dio ("fra gli attributi di un essere perfetto vi deve necessariamente essere l'esistenza", del tutto simile alla tesi "un racconto intrisecamente credibile e ricco di particolari deve necessariamente essere vero"), il Kant della "Critica alla ragion pura" (o forse era la Ragion Pratica ma anch'io ho vuoti di memoria) cita il famoso esempio dei talleri (la moneta prussiana del Settecento): "fra cento talleri reali e cento talleri immaginati la vera differenza non risiede in diverse proprietà qualitative (ovvero in diversi predicati, in quanto si piò dire degli uni o degli altri: sono parimenti lucenti, parimenti metallici, parimenti desiderabili per il loro valore), ma nel semplice fatto che gli uni esistono e gli altri no, fatto verificabile solo con l'esperienza e giammai con la sola speculazione (ecco perchè "l'esistenza non è un predicato").

Ah, ma ora che ci penso avevo già detto tutto qua:
http://la-sublime-porta.blogspot.com/2010/04/la-premessa-sia-chiaro-quanto-segue.html

Allora taccio per sempre (ora agirò).

P.S.
Io non difendo gli stupratori, ma il diritto di ogni individuo nato maschio a non essere trattato da stupratore prima che il presunto stupro sia provato al di là di ogni ragionevole dubbio in un regolare processo, possibilmente con riscontri oggettivi e testimonianze terze rispetto all’accusa.
Vergognoso non è il mio commento, ma che chiunque possa andare in galera sulla sola parola dell’accusa, anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza (e se apri i giornali questo succede assai più spesso che nei “rari casi delle pazze). Vergognosi sono i tentativi femminili di accostare agli stupratori chi semplicemente sostiene la presunzione di innocenza, la tassatività del diritto, la proporzionalità della pena e la necessità del dolo. Vergognoso è quanto sostengono le associazioni a delinquere di stampo femminista che prendono contributi dallo stato e si spacciano per “difesa della donna”. Quello che dicono è vergognoso.
Vergognoso è sostenere implicitamente che denunciare per violenza un innocente per “trarsi da qualche impaccio” (o per vendicarsi di un tradimento) sia una “scemata” tutto sommato tollerabile.
Vergognoso è abolire la presunzione di innocenza (e dire: “nel dubbio il violentatore deve finire in carcere e, se per caso innocente, aspettare di poterlo dimostrare”).
Vergognoso è non considerare la responsabilità personale (e dire: “poichè la maggioranza degli stupri è vera e non denunciata – fatto tutto da dimostrare n.d.r.- quando c’è una denuncia bisogna procedere subito come i fatti fossero già provati”).
Vergognoso è considerare la gravità di un’accusa come un anticipo di colpevolezza (e volere l’abolizione dei domiciliari per chi attende il processo, la condanna sulla sola parola della presunta vittima, con la scusa “lo stupro è grave e non può rimanere impunito”, come se anche in reati massimamente gravi come l’omicidio si potesse condannare qualcuno a decenni di anni di carcere senza prove certe, senza manco l’esistenza di un cadavere).
Vergognoso è che chiunque debba temere una denuncia (e quindi anche un ricatto) e una condanna a un anno e un mese (stando al modus operandi del tribunale di Bologna da me segnalato qualche giorno fa) per violenza/molestie se non ha testimoni quando è solo con una donna.
Vergognoso è che una palpata al seno possa essere punita più gravemente che una falsa denuncia di stupro.
Vergognoso è che si possa condannare un cittadino innocente fino a prova contraria sulla sola parola dell’accusa, anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza, accettando la testimonianza della presunta vittima come unica fonte di prova (perchè magari coerente, credibile in sé, riscontrabile fino ad un attimo prima del presunto stupro, apparentemente ragionevole, ricca di dettagli e priva di voglia di infierire sull’imputato) con argomentazioni degne dei sofisti (ovvero basate sulle parole e non sui fatti) e dimentiche dell’insegnamento kantiano (l’essere non è un predicato e quindi la differenza fra qualcosa di reale e qualcosa di immaginario non è in una qualche qualità – perfezione, razionalità, ecc.-, ma nel semplice fatto, conoscibile solo per esperienza e mai per speculazione, che una esiste e l’altra no).
Vergognoso è parlare di credibilità oggettiva per un racconto che riscontri oggettivi non ha (è vero che molti racconti falsi si possono scoprire come tali per le loro incoerenze ed illogicità, ma è anche vero che chi sa mentire, o ha buoni avvocati che suggeriscono come mentire, può raccontare yna storia oggettivamente credibile in abstracto pur essendo falsa nel caso concreto) e di credibilità soggettiva per chi è parte in causa nel processo (bisognerebbe verificare non solo l’assenza di motivi evidenti di astio, ma anche quella di ogni ipotetico immaginabile motivo non conosciuto – e data la complessità della psiche umana potrebbero essere infiniti-, e non basterebbe, perchè se la presunta vittima è parte civile ha già un eventuale motivo per mentire nell’ottenere il risarcimento e, anche se non lo è, con il fatto stesso di essere l’accusatrice dichiara implicitamente di voler vedere l’imputato condannato e quindi di essere, appunto, “di parte”).
Vergognoso è soprattutto sostenere, innanzi a degli innocenti finiti alla gogna mediatica e sociale, con la vita oggettivamente rovinata per sempre sotto ogni punto di vista sentimentale, economico, morale e relazionare, nonché con la psiche e a volte anche il corpo segnati indelebilmente dall’esperienza del carcere, con tutto quanto consegue secondo il codice barbarico dei carcerati per gli accusati di violenza sulle donne, ma anche secondo la mentalità politicamente corretta per cui mettere in dubbio la parola di una donna è già prova di colpa e “seconda violenza” e quindi la terribile sensazione di chi è accusato sapendosi innocente è simile a quella di una vittima della santa inquisizione, che “una falsa denuncia non porta a nulla di male”.
Tieni poi presente che se sono ancora relativamente pochi i casi di falsa denuncia, è solo perchè la gente, proprio come te, pensa ancora di vivere in uno stato di diritto in cui servano riscontri oggettivi per parlare di prova. Là dove il femminismo giudiziari è più avanzato, i casi aumentano in proporzione alla differenza di pena fra chi rischia la condanna per stupro e chi la rischia per falsa testimonianza e alla “facilità” a vedere inflitta la condanna (nonchè all’entità e alla rapidità del risarcimento: in Inghilterra c’è già chi denuncia per quel motivo)
Tu sarai responsabile se l’Italia diventerà come oggi gli Usa:

http://www.carloparlanti.it/

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=33518381

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=7846045

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=8012294

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=9090025

Etiketler:

Oltre i confini dell'abominio giuridico femminil-femminista: la "Deuce's Law"

Le femministe vorrebbero la cosiddetta "deuce's law":

Provata a digitare su google e verificate che si tratta di qualcosa del genere
"La presunzione di innocenza non deve applicarsi ai reati sessuali. [...] Chi viene accusato di reati sessuali avrà l’onere di provare la propria innocenza. [..]. Le vittime decideranno se il crimine è avvenuto. La pena sarà la castrazione immediata ed irreversibi"
Quando ho letto questo in un blog, avre voluto postare un commento del seguente tenore.
Cara inventrice, che differenza c'è fra questo e il nazismo?
Per motivi di sicurezza accetti di condannare le persone senza dimostrazione delle loro colpe individuali, ma solo perchè appartenenti ad un gruppo potenzialmente "nemico" (ebrei=sfruttatori, uomini=stupratori).
Non credo che i blog che postano questo meritino i miei commenti. Mi limito dunque in tre capitoletti a ribadire contro tale abominio giuridico i principi solari del diritto che già fu di Roma.

Premessa

La tua ("a priori siamo tutti non consenzienti quindi è l'accusato a dove provare la consensualità") non è una argomentazione. Il fatto che prima dell'espressione del consenso si sia supposti non consenzienti non significa affatto che, di norma, il rapporto sia avvenuto senza consenso. Tanto è vero che la maggioranza dei rapporti avviene proprio consensualmente.

Del resto ciascuno di noi si suppone (fino ad espressione del consenso) non consenziente all'acquisto di qualcosa, ma ciò non significa che qualunque venditore sia perseguibile se non dimostra di non averci imposto la vendita con la violenza.

In qualunque reato, a tutela della libertà di tutti i cittadini, l'onere della prova spetta all'accusa. La violenza sessuale non deve fare eccezione, giacchè anche per essa si va in galera come per gli altri reati. Nel caso, il reato non consiste nel rapporto sessuale, ma nella mancanza di consenso. Ergo è quest'ultima a dover essere provata dall'accusa, non il rapporto sessuale in sè, come vorresti tu.

Chiunque può mentire, quindi nessuno può essere creduto sulla parola quando accusa.
Chiunque può essere irrazionale o malvagio, quindi nessuno ha diritto a definire a posteriori e secondo i propri soggettivi parametri il confine fra lecito e illecito.

Non sono io, ma tu a gettare dubbi sulla razionalità delle donne, quando per difenderle pertendi di distruggere i principi di presunzione di innocenza (secondo cui nessuno può finire in galera sulla sola parola dell'accusa, anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza), di tassatività del diritto (secondo cui il confine fra lecito e illecito deve essere oggettivamente stabilito in maniera chiara e a priori e non lasciato ad una definizione a posteriori e soggettiva e, e per giunta di parte in quanto della presunta vittima) e di proporzionalità della pena (per cui non si possono dare pene da omicida a chi ha provocato sì un trauma, ma di natura psicologica come quanto sopportato spesso dagli uomini a causa della stronzaggine delle donne, nè tantomeno esiste un crimine tale da giustificare la violazione del diritto indisponibile alla salute).
La chicca dell'abolizione dell'appello proprio per quei reati in cui ricostruire la verità è più difficile ti pone di diritto nella top ten delle persone da eliminare almeno dal virtuale.

Il tuo discorso smarrisce il lume della ragione. E' all'imputato che spetta la presunzione di innocenza: accusatori, testimoni e pubblico non ne hanno bisogno (non essendo loro sotto processo e non rischiando di conseguenza nulla più dell'apparire imbecilli quando dicono quanto dici tu ora).
La ricerca della verità (scientifica come processuale, nella misura in cui la giurisprudenza pretende di costiture una scienza) prevede di sgomberare il campo da verità precostituite e di porre su chi afferma l'onere di provare che la cosa è (come insegna Popper, mentre è possibile provare l'esistenza di ciò che è, spesso non è possibile dimostrare la non esistenza di cià che non è: come si farebbe a provare di non aver mai viaggiato sulla luna o di non aver mai parlato con i fantasmi?). Questo implica la necessità, in ambito giuridico, di uscire dalla prospettiva dell'una e dell'altra parte, di mettere in dubbio tanto la parola dell'accusa quanto quella della difesa, per poi cercare, senza pregiudizi, riscontri oggettivi, testimonianze terze o altri elementi atti ad avvalorare dall'esterno l'una o l'altra tesi e, qualora ciò nonostante gli sforzi investigativi e processuali non portasse a risultato certo, assolvere per insufficienza di prove ("in dubio pro reo"). Prima o senza vi siano prove oggettive o testimonianze terze rispetto all'accusa, non si può dire nè che l'uomo sia un violentatore nè la donna una mentitrice. Non si può però, per il semplice fatto di non voler gettar sospetti sulla presunta vittima, trascurare l'eventualità (magari improbabile finchè si vuole ma sempre possibile) che questa possa mentire per qualsiasi prevedibile o imprevedibile motivo, giacchè ciò equivarrebbe a considerare colpevole l'accusato anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze imparziali (e quindi indubitabili) della presunta violenza.
Se la parola dell'accusa viene considerata a priori come credibile, se il solo metterla in dubbio viene reputato "mancanza di rispetto per la donna", se il solo chiedere sia rigorosamente circostanziata e corroborata da fatti è marchiato come "maschilismo", se l'indagare sulla di lei attendibilità soggettiva e credibilità oggettiva viene presentato come "seconda violenza", se il tentativo di rilevare una mancanza di coerenza nelle vicende raccontate dall'accusa, una loro infondatezza rispetto ai fatti dimostrati e dimostrabili, una loro aleatorietà nel confine fra lecito e illecito è preso come "sacrilegio" e ulteriore prova di cola, se chiunque provi non dico a difendere l'imputato ma anche solo a ipotizzare una versione dei fatti in cui egli non sia colpevole è bollato come "violento e retrogrado", se si parla all'indicativo di donna come vittima e l'uomo come violento, lasciando a questo non solo l'onere, se vi riesce, di dimostrare la propria non colpevolezza, ma anche quello di farlo senza urtare la suscettibilità dell'accusa e senza cadere nel rischio di "offendere dio" (in questo caso la figura della donna) allora siamo chiaramente e incontestabilmente nel processo inquisitorio di medievale memoria.

Essere amici delle donne non può significare concedere ad esse di essere credute a priori quando accusano un cittadino innocente sino a prova contraria.

Punto 1.

Che sia chi afferma a dover provare l'esitenza di quanto affermato e non chi nega a dover dimostrare la non esistenza è fin dall'alba della civiltà, alla base di ogni ragione e di ogni diritto.

Vi sono sia un motivo etico, sia un motivo logico infatti per preferire mille uomini colpevoli liberi ad anche un solo innocente incarcerato.

Il motivo etico è presto detto.

Nel primo caso (colpevoli fuori), l'unica colpa dello stato è quella di non essere riuscito (nonostante tutta la buona volontà) a fare giustizia di un crimine commesso da altri, da criminali che comunque ha cercato e cerca sempre di identificare, perseguire e far condannare secondo ovviamente le regole del sistema giudiziario. E' ancora nell'ordine delle cose che un criminale delinqua ed è ancora plausibile che purtroppo non lo si riesca a punire legalmente. La colpa del delitto resta però tutta del criminale.
Nell'altro caso (innocente dentro) è invece lo stato a compiere un crimine ex-novo (ovvero privare della libertà un cittadino innocente) e in prima persona (ovvero a fare l'esatto contrario di quanto dovrebbe per suo stesso statuto, perchè commette direttamente un'ingiustizia e una violenza contro un cittadino anzichè proteggerlo dall'ingiustizia e dalla violenza degli altri). La colpa del delitto è qui tutta dello stato (che dal nulla crea un'atto violento e ingiusto). Questo è fuori dall'ordine delle cose, perchè costituisce la negazione del motivo per cui esiste lo stato (ovvero difendere i cittadini dall'arbitrio, dal danno ingiusto, dalla forza illegittima).
Non si tratta più di non riuscire a riparare ad un crimine già commesso da altri, ma di commettere un nuovo crimine in prima persona. Vi è la stessa differenza fra chi non riesce a riparare qualcosa (di già rotto da altri) e chi qualcosa rompe per azione propria.
Questo principio garantista non è una mia personale opinione, è uno dei fondamenti di ogni stato retto dal diritto e dalla giustizia.

Pretendere la presunzione di innocenza anche nei casi di violenza sessuale (esattamente come in tutti gli altri reati) non significa assumere che tutte le donne siano talmente false e perfide da accusare un innocente per capriccio, vendetta, ricatto o sadismo, ma impedire che quel sottoinsieme di donne false e perfide possa causare danni a qualunque uomo. Esattamente come pretendere che lo stupro sia seriamente perseguito non significa assumere che tutti gli uomini siano stupratori, ma giustamente pretendere che quel sottoinsieme tanto violento e malvagio non possa nuocere impunemente.

Io sono fermamente convinto che la stragrande maggioranza delle donne sane di mente, nemmeno sapendo di doversi vendicare di qualcosa, nemmeno sapendo di poterne trarre un grande vantaggio, nemmeno sapendo di poter rimanere impunita, sarebbe mai capace di denunciare qualcuno per una violenza mai avvenuta, come sono sicuro che anche le attiviste sono convinte che la maggioranza degli uomini non sarebbe mai capace, nemmeno sapendo di poter contare su una sostanziale impunità, di usare violenza su una fanciulla indifesa.
E dirò di più: sono anche convinto che molte donne in particolare (se non altro per non avere impostazioni mentali "cavalleresche" e per non essere soggette al timore di essere tacciate di "maschilismo" o di "fare branco" come potrebbero esserlo gli uomini nella stessa situazione) sanno sentire profondamente l'ingiustizia subita da un innocente accusato da un'altra donna, sanno comprendere tutta la gravità del trauma psicologico da lui subito e sanno attivarsi per cercare per quanto possibile di rimediare (del resto chi più degli altri si batte per la libertà di Parlanti sono le ragazze di "Prigionieri del Silenzio", alla faccia della tanto decantata "solidarietà maschile").

Se però si supponessero tutte le persone buone e giuste non servirebbero nè leggi, nè stato, nè giudici. La legge esiste proprio per tutelare il cittadino anche nel caso peggiore in cui incontri la persona più violenta o più falsa della terra.
Quando si ragiona di legge si deve abbandonare ogni proposito moralistico di capire perchè e per come le persone non siano nè buone nè sincere, e si deve ragionare realisticamente ex-summo-malo, pensando a come fare perchè, posto che certe persone siano malvagie e bugiarde al massimo grado, le loro violenze o le loro menzogne non abbiano comunque libero agire all'interno dello stato.
Il fine dello stato è proprio quello di riuscire a imporre la giustizia e la protezione dei cittadini anche in un mondo in cui gli stessi non sono affatto, nella loro maggioranza, "buoni" e "sinceri".
Non è un buono stato quello che per funzionare presuppone come condizione necessaria bontà e sincerità.
Come non ci si deve limitare a inveire moralisticamente contro la malvagità di chi uccide, ma si deve predisporre un sistema giudiziari in grado di impedire gli omicidi (con prevenzione e repressione), così non ci si può contentare di maledire moralmente la donna che accusa falsamente, ma si ha l'obbligo di costruire un sistema di diritto in grado di impedire alle sue simili di far finire in carcere gli innocenti.
Il mondo del diritto ha da secoli compreso gli strumenti per realizzare ciò.
Per difendersi dalla violenza si rendono reato lo stupro, la rapina, il furto e l'omicidio (scoprendo i colpevoli con strumenti investigativi punendoli con pene giudiziarie proporzionate al danno provocato e dimostrato), per difendersi dalla falsità si fa obbligo di provare ogni accusa.

E non mi si dica che basta il fatto che la calunnia e la falsa testimonianza siano reati.
In primis, le pene per tali reati sono risibili al confronto di quelle per lo stupro (ed anche del trauma psicologico subito da chi, accuasto ingiustamente, subisce un processo in auta, sui media e nella vita relazionale), tanto da rendere comunque "vantaggioso" il "rischio" per chi voglia accusare falsamente (cos'è un anno con la condizionale al confronto di 5-10 anni senza i benefici della Gozzini? o addirittura delle pene alla Strauss-Kahn negli Usa?).
In secundis, anche se le pene per calunnia e falsa testimonianza fossero draconiane o comunque comparabili a quelle per stupro, risulterebbe difficile, una volta abolita la presunzione di innocenza, che chi accusa falsamente venga scoperta (potrebbe esserlo solo nel caso fortuito della presenza di telecamere in loco, della delazione di qualche amica a conoscenza del "perfido piano" o dell'ingenuità commessa nel lasciare tracce della realtà dei fatti come sms o messaggi sul web). Vi è infatti a monte un fatto di "epistemologia" ben spiagato dal buon Popper. Mentre è sempre possibile dimostrare l'esistenza di quanto esiste, non sempre è possibile provare la non esistenza di quanto non esiste. Si può dimostrare la non esistenza dei fantasmi, di dio o del puro spirito? Possiamo provare di non essere mai andati sulla luna con l'ippogrifo? Come potremmo difenderci dall'accusa di aver commesso qualcosa di inesistente? Nei processi per stregoneria era praticamente impossibile essere assolti proprio per l'impossibilità di dimostrare di non aver commesso atti la cui esistenza non può essere nè affermata nè negata da prove certe (proprio in quanto extra-scientifici ed extra-fisici). Lo stesso capita a chi è accusato di violenza quando si intenda per essa anche ciò che non lascia segni riscontrabili oggettivamente.

E con questo ho detto anche il motivo logico.

Se le donne e i femministi ragionano come te, ecco perchè i grandi popoli fondatori di città e civiltà hanno escluso le donne (e gli uomini plebei ed effemminati) dalla vita pubblica: distruggete ogni ragione ed ogni diritto.


Punto 2.

Il principio di tassatività del diritto (ovvero "è punito dalla legge tutto e solo ciò che dalla legge stessa è chiaramente e tassativamente definito reato in maniera chiara a tutti a priori") esiste dall'alba della civiltà per permettere la coesistenza fra persone con sensibilità diverse (possibile solo se queste si accordano su confini da tutti condivisi e rilevabili fra lecito e illecito) e per proteggere tutti dalla possibilità che qualcuno usi la legge a capriccio (inventandosi a posteriori e secondo i propri soggettivi parametri i reati, rendendo "penalmente rilevanti" atti normali o comunque colpendo persone ignare di infrangere la legge e obiettivamente non colpevoli di alcun danno oggettivo)

Grazie alla vaga ed omnicomprensiva definizione del reato di violenza sessuale voluto dalla demagogia femminista ed accettato dalla stupidità pseudocavalleresca dei moderni, in esso ricade non solo e non tanto quanto ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e punito come stupro, ma letteralmente qualsiasi cosa una donna possa a posteriori e persino senza prove raccontare di aver subito da un uomo (indipendentemente dalla gravità, dalla realtà e dal fatto magari di aver concesso o lasciato credere di concedere l'assenso).
Quando si pretendeva la prova di un corpo stuprato per accusare di stupro (così come si pretende almeno il cadavere per parlare di omicidio) bastava un referto medico negativo per scagionare un uomo accusato ingiustamente, mentre ora si può finire in galera a tempo indeterminato per la sola parola di una donna (alla quale viene riconosciuto, contro l'oggettività del diritto e la necessità di definizioni chiare e note a priori di reato, il diritto di stabilire a posteriori, e secondo i propri soggettivi parametri, il confine fra lecito e illecito, e, contro la presunzione di innocenza, di essere creduta anche senza riscontri oggettivi).
Basta che il di lei racconto sia credibile, accurato e corrispondente alla realtà fino al momento del presunto stupro (riconoscimento dei luoghi, delle situazioni e delle persone), poi, se anche il rapporto è stato consensuale, non avendo gli accusati modo di provare la propria innocenza (come fanno a dimostrare di non aver violentato quando si considera violenza anche quanto non lascia segni riscontrabili scientificamente?), la violenza viene "dimostrata" con il solo racconto della presunta vittima (assunto de facto come prova).
Chi assicura che non si sia appartata volontariamente e, magari in preda all'alcool o all'ebbrezza della trasgressione, si sia concessa senza violenza alcuna e, poi, per mascherare magari il tradimento del fidanzato di allora (se l'aveva), per vergogna verso la famiglia, per nascondere (a conoscenti e amici) certi propri atteggiamenti "licenziosi", per non far conoscere all'esterno di aver compiuto volontariamente e coscientemente atti che qualcuno avrebbe potuto giudiare "immorali",
o comunque per non ammettere, davanti al mondo in cui normalmente viveva, di aver volontariamente e coscientemente tenuto (nel mondo "vacanziero") un comportamento giudicato "compromettente" per le proprie relazioni sociali,
non abbia parlato di stupro?
O chi assicura che il motivo di tutto non sia stato estorcere denaro con l'accusa e l'accordo extragiudiziale (che pure in sede civile è avvenuto)?
Non è certo, ma non è comunque da escludere.
E si può condannare un cittadino ai molti anni di carcere pervisti per la violenza sessuale solo sulla parola della presunta vittima, senza che i riscontri fattuali siano univoci, ma anzi con la possibilità non nulla che lo stupro non sia mai avvenuto?
Se la definizione del confine fra lecito e illecito è lasciata alla arbitraria interpretazione e alla irriproducibile (e spesso inconoscibile) sensibilità della presunta vittima, come sarà possibile anche per chi non ha fatto nulla di male dichiararsi innocente? Se una donna dichiarerà di essersi sentita "violentata", come farà l'uomo accusato a sostenere il contrario, non essendo nelle sue facoltà entrare nella psiche della controparte e mostrare che non vi è stata sensazione di violenza? Che la donna menta o meno, l'uomo potrà soltanto dire di non aver avuto intenzione di violentare e di non aver compiuto nulla di oggettivamente violento. Se però l'oggettività del diritto è sostituita dalla soggettività femminile la condanna risulterà sistematica (poichè il reato verrà definito a posteriori e a capriccio della presunta vittima).
Grazie alla vaga ed omnicomprensiva definizione del reato di violenza sessuale voluto dalla demagogia femminista ed accettato dalla stupidità pseudocavalleresca dei moderni, in esso ricade non solo e non tanto quanto ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e punito come stupro, ma letteralmente qualsiasi cosa una donna possa a posteriori e persino senza prove raccontare di aver subito da un uomo (indipendentemente dalla gravità, dalla realtà e dal fatto magari di aver concesso o lasciato credere di concedere l'assenso):
dalla segretaria che, senza costrizione alcuna (perchè sinceramente attratta da una "digressione amorosa", o perchè speranzosa di favori materiali), si concede al "capo" (a volte solo ex-capo) e poi (perchè delusa del rapporto o scontenta dello "scambio") denuncia di essere stata "costretta dalla condizione psicologica di subalternità",
alla ragazza che accetta di uscire con un coetaneo e alla fine dell'incontro (o perchè in preda all'ebbrezza dell'alcool o della trasgressione, o perchè portata in quel frangente, dall'atmosfera creatasi intorno o da bisogni erotico-sentimentali interni, a cedere al corteggiamento) gli permette di godere della sua tanto agognata bellezza e poi, pentendosi della propria decisione, dice di aver subito uno "stupro silenzioso", mentre era incosciente o mentre coscientemente ha accettato il rapporto "solo perchè vinta dall'insistenza",
dalla moglie che sostiene di aver subito violenza solo perchè il marito (senza usare alcuna coercizione, ma le medesime armi dell'avversaria nella "lotta per il potere" contrattuale all'interno di un rapporto di coppia) ha insistito per ricevere quanto un tempo secondo giustizia apparteneva ai doveri coniugali (ovvero il reciproco dovere di cercare per quanto umanamente possibile di soddisfare sessualmente il coniuge, corrispettivo del reciproco diritto a riceverne fedeltà sessuale) e si è rifiutato di accettare coperture di comodo per quanto in effetti è semplice sfruttamento legalizzato delle disparità di desideri naturali a meri fini di tirannia femminile (resa possibile da leggi che, imponendo il dovere di non cercare fuori dal matrimonio l'appagamento del bisogno di bellezza e piacere dei sensi senza il diritto ad averlo appagato all'interno del matrimonio, rendono svantaggiato e potenziale oggetto di "ricatti familiari" chi ha un bisogno naturale più forte),
alla ex-fidanzata che (magari dopo essere più volte ritornata dal "violento") racconta (senza alcuna possibilità di prova evidente e di riscontro fattuale) di essere stata costretta a prolungare contro la sua volontà un amplesso pur iniziato (per sua stessa ammissione) consensualmente, o di essere stata "violentata" per il fatto stesso di aver accettato (senza però alcuna minaccia o coercizione violenta) durante il fidanzamento di soddisfare le numerose richieste di rapporti sessuali (avanzate da chi credeva di trovarsi innanzi una fanciulla disinibita e piena di desiderio per lui, non già una frigida capace di concedersi solo controvoglia, di dissimulare ogni volta per chissà quale inconoscibile motivo la propria contrarietà finchè la relazione è durata e di denunciare il tutto come violenza una volta che questa è terminata), tutte possono, secondo la teoria giudiziaria femminista, ricoprire la parte delle "vittime di stupro" e, si badi bene, non solo mentendo sapendo di mentire, ovvero inventando fatti chiaramente considerabili violenti ma la cui veridicità possa (proprio per questo) essere smentita da indagini oggettive, bensì semplicemente dando la propria interpretazione soggettiva su fatti altrimenti non costituenti reato.

Addirittura negli usa (verso cui però anche l'europa si sta muovendo) anche solo chiedere all'accusatrice di fornire descrizioni dettagliate e dimostrabili dei fatti, riscontri oggettivi della presunta violenza, prove certe, oggettivamente valutabili e razionalmente quantificabili dell'effettiva gravità e realtà del danno ricevuto (il quale solo giustifica, in uno stato di diritto, una grave condanna) è considerato "seconda violenza" (esattamente come nel processo inquisitorio secondo la caricatura anticlericale, nel quale il mettere in dubbio l'accusa, tanto da parte dell'imputato quanto da parte del suo difensore, costituiva di per sè prova di colpevolezza o comunque aggravante del reato ipotizzato), quando al contrario è soltanto mettendo in dubbio entrambe le versioni e cercando senza pregiudizi riscontri nei fatti all'una o all'altra è possibile stabilire la verità.
Mike Tyson non ha potuto far valere il fatto che l'accusatrice aveva falsamente accusato un altro
brian ha dovuto dimostrare la consensualità del rapporto (quando di norma dovrebbe essere l'accusa a dover provare la non-consensualità, non essendo il rapporto reato in sè ma solo se dovuto a minaccia o costrizione)
parlanti è in carcere senza prove. Ecco, questa è la "presunzione di innocenza" americana. chiunque può andare in galera a tempo determinato per la sola parola di una donna senza riscontri oggettivi.
E l'uguaglianza è questa: qualsiasi accusa anche solo minimamente afferente al sesso diviene nell'inconscio collettivo di giudici, poliziotti e media identificata con la colpa più grave immaginabile, anche quando nulla ha a che fare con quanto ogni mondo civile ha in ogni tempo definito e punito come stupro.
Ecco che così non esiste più non solo una presunzione di innocenza, ma nemmeno, per i colpevoli, una pena proporzionata all'effettiva ed oggettiva gravità della colpa.
qualsiasi minimo o presunto ferimento alla soggettiva sensibilità femminile nella sfera sessuale è considerato crimine massimo da punire nella miniera più ampia, dolorosa e umiliante possibile (e senza possibilità di normale difesa), mentre ferimenti anche più gravi alla diversa e non già inesistente sensibilità maschile vengono passati come trascurabile banalità, divertente normalità o addirittura diritto della donna.
Toccare un sedere costa anni di carcere, mentre "toccare" in maniera molto più dolorosa, frustrante, e provocante ferimento emotivo, irrisione profonda, umiliazione pubblica e privata, sofferenza fisica e mentale, disagio da sessuale ad esistenziale il corpo o la psiche maschili (facendo ad esempi ripetutamente le stronze nella maniera che ho definito mille volte e che tutti, interessate comprese, sanno per vera) è addirittura divenuto stile pubblciitario o hollywoodiano.
Cercare disperatamente di ristabilire un contatto con chi, nonostante tutto, è ancora la madre dei suoi figli, può costare al marito una condanna decennale, mentre ridurre la sua vita quella di un esule ottocentesco privato di casa, famiglia, roba, beni materiali e morali, figli, interesse per la vita e residue speranze di felicità non costa nulla alla ex-moglie (anzi fa guadagnare molto).
Cercare di ottenere un rapporto sessuale in una maniera per la quale la demagogia femminista ha anche solo un minimo dubbio di consensualità (uso di alcool, corteggiamento insistente, promesse di favori lavorativi, atteggiamento da conquistatore ecc.) è considerato tanto grave da giustificare almeno dieci anni di carcere (anche quando i presunti danni alla presunta vittima, quando esistono, spariscono dopo la prima tinozza d'acqua bollente o vengono dimenticati dopo un congruo risarcimento)
e provocare intenzionalmente ad un uomo danni ben più gravi e ben più certi (violenze fisiche e mentali nella sfera sessuale, come ballbusting pretestuoso o la stronzaggine del suscitare ad arte il disio e poi compiacersi della sua negazione e di come essa, resa massimamente dolorosa, umiliante e beffarda possibile da una studiata perfidia e da una premeditata e sperimentata tecnica, possa far patire all'uomo le pene fisiche e mentali dell'inferno della privazione dopo le promesse del paradiso della concessione, farlo sentire una nullità, ferirlo emotivamente, renderlo ridicolo davani a sè e agli altri, umiliarlo in pubblico e in privato, provocargli irrisione al disio, sofferenza fisica e mentale, inappagamento fino all'ossessione e disagio da sessuale ad esistenziale, o addirittura, e i casi famosi non sono mancati, mutilazioni, devastazioni del corpo o della psiche tali da impedire di vivere ancora felicemente il sesso, come comunemente avviene ogni sera alle vittime delle tante stronzette da discoteca, spoliazioni di ogni ricchezza materiale e sentimentale, legalizzata come divorzio e mantenimento, confisca dei beni e privazione dei figli con qualche denuncia enfatizzata ad arte, distruzione con metodi femminili della famiglia e di ogni affetto privato e di ogni rispettabilità sociale, addirittura omicidi)
vengono trattati come follie momentanee da curare con qualche mese di clinica.

E anche in europa si sta introducendo questa porcheria per la quale (alla faccia dell'uguaglianza) un uomo può finire in galera solo sulla parola dell'accusatrice senza riscontri oggettivi (mentre ovviamente non vale il contrario, e non solo perchè la disparità di desideri è tale che sono sempre e solo gli uomini a doversi far avanti e quindi a rischiare accuse di violenza, ma anche perchè, quando la violenza è femminile, come nel caso di accuse false di stupro che producono nella vittima, sottoposta da innocente a carcere, gogna mediatica, distruzione affettiva del mondo e pericoli di violenze fisiche e psicologiche di ogni genere quali ritorsioni, un trauma comparabile a quello di una vera vittima di stupro). E nessuno se ne lamenta.
Basta dunque essere ritenuti credibili e saper raccontare storie credibili per far finire in galera qualsiasi uomo senza prove?
Ma non è pazzesco e indegno pure del medio-evo? Come si può tollerare una cosa del genere in uno stato di diritto? Come si può concedere a tutte le donne su tutti gli uomini un potere di distruzione arbitraria della vita quale avevano i re, i principi e le polizie segrete nei momenti più bui della storia? Nessuno che osi dubitare (come ogni ricerca della verità pretende) sulla veridicità a priori delle accuse?
Vi sono mille motivi per accusare falsamente:
capriccio, vendetta arbitraria, ricatto, interesse economico-legale o gratuito sfoggio di preminenza nell'esser credute a priori e considerate unica fonte di verità e sensibilità umana mentre l'altra campana è tenuta a tacere o reputata degna del riso o del disprezzo.
E anche se non ve ne fossero, deve sempre spettare all'accusa provare la sussistenza di un reato, non alla difesa dimostrarne la non esistenza (del resto, come insegna l'epistemologia di Popper, di quanto esiste è sempre possibile in linea di massima provare l'esistenza, mentre di quanto non esiste non sempre è possibile provare la non-esistenza). Non è necessario pensar male delle donne in particolare. Anche le persone più irreprensibili possono, in ogni ambito della vita, voler accusare falsamente qualcuno di un certo reato per i più reconditi e inspiegabili motivi, specie se rischiano poco o nulla (rispetto all'accusato) e sanno di essere credute gettando una presunzione di colpa sull'accusato. Più si toglie la presunzione di innocenza, più si incoraggia fra le persone la tentazione e il costume di togliere di mezzo gli "indesiderati" tramite la delazione (come nei regimi totalitari).
Per questo in tutti gli altri reati, prima di chiedersi perchè l'accusa dovrebbe mentire, ci si chiede se esistono prove del fatto denunciato. Non si può basare un'azione penale soltanto sulla parola di chi accusa, per quanto credibile possa apparire nel presente o essere stata in passato.
Perchè poi la credibilità della parola di una donna vale e quella di chi si deve difendere da lei no, anche se magari in passato è stato sempre credibile come e più di lei? Allora vi è disparità giuridica! Le "dame" sono trattate da aristocratiche con il diritto di definire i confini fra lecito e illecito e far valere la propria parola come prova anche di quanto non avvenuto.
In uno stato di diritto non solo la parola di tutti deve avere uguale valore, ma è preferibile un colpevole fuori che un innocente dentro, quindi in dubio pro reo.


Punto 3.

Quanto alla proporzionalità della pena, non servirebbe neanche sostenere come una mutilazione (o, nel caso estremo, la morte) non possa mai essere proporzionata a crimine alcuno. Il fine dello stato non è quello di vendicarsi, ma quello di proteggere tutti i cittadini (tramite pene in grado di punire i rei sì da fungere da deterrente ma al contempo anche di riabilitarli).

Nessun motivo di sicurezza o di progresso può violare i diritti umano individuali.

Un uomo non può essere privato dei diritti umani fondamentali (fra cui quello a non perdere la libertà ad opera dello stato, prima che l'accusa sia provata al di là di ogni dubbio e ancor di più quello di mantenere la propria integrità fisica, a prescindere dalle sue colpe) per nessun motivo.
E l'argomento "protezione della donna" non funziona, sia perchè nel caso del crimine impunito la violazione del diritto della donna all'integrità è commessa non dallo stato ma dal criminale (che lo stato comunque cerca di individuare, dimostrare colpevole nel caso e punire), sia perchè nessun innocente in carcere "bilancia" i crimini commessi dai colpevoli nè tantomeno annulla l'effetto deterrente della legge nei confronti di un potenziale criminale (il quale, prima di commettere il suo delitto, non può sapere se saranno o meno trovate prove contro di lui, non esistendo a priori il delitto perfetto, e quindi è comunque trattenuto).
Questi vostri pensieri non sono compatibili con i principi di uno stato di diritto, per cui la responsabilità penale è personale e l'ingiustizia e la violenza commesse (o lasciate commettere) dallo stato contro anche un solo cittadino incolpevole costituiscono un crimine intollerabile, che non può essere giustificato (o normalmente accettato come possibile) per nessun motivo di "pubblica sicurezza", "bene comune" o "dignità o protezione della donna".
Nessun (neanche uno) innocente può essere (realmente o potenzialmente) toccato per "compensare" le malefatte dei colpevoli (tanti o pochi che siano).
Un sistema di prevenzione del crimine che comporti il rischio concreto di nuocere a cittadini incolpevoli (e tali sono, in generale, tutti, persino gli accusati di violenza, prima che la presunta colpa sia provata al di là di ogni ragionevole dubbio in un regolare processo con riscontri oggettivi e testimonianze terze rispetto all'accusa, e, in particolare, tali sarebbero gli uomini le cui abituali o occasionali amanti omettessero, per motivi variabili dalla ingenua dimenticanza alla vendetta, al sadismo o alla calcolata perfidia, di avvisare della presenza fra le loro gambe di tale "protezione" prima di concedersi loro consensualmente) non è ammissibile in uno stato di diritto, per quanti vantaggio "probabilistici" (in termini di sicurezza) possa portare al resto della popolazione.
Sarebbe pari alle proposte leghiste o neocon di mettere in quarantena tutti i musulmani con la motivazione di salvare così milioni di vite dal pericolo terrorista e di nuocere ad assai pochi "innocenti" (comunque sacrificabili per il "benessere e la sicurezza" del "popolo").

Valgono solo all'interno della mitologia matriarcale (e non all'interno del paradigma liberale) considerazioni del genere "milioni di donne salvate dallo stupro valgono più di qualche marito di psiocopatica con il pisello tagliato".
Quantitativamente, non puoi sapere se siano più rilevanti le potenziali vittime femminili salvate dallo stupro o le vittime maschili innocenti di questo sistema antistupro.
Non puoi sapere infatti nè quanti stupri eviterà questo aggeggio (potrebbe anche non evitarne nessuno, una volta che gli stupratori adottino tecniche di "esplorazione" o di "sodomizzazione"), nè se quanti stupratori, morsi dal dolore, arriveranno ad uccidere la loro vittima.
Non puoi inoltre conoscere neanche se e quante donne "normali" (non necessariamente psicopatiche), una volta permessi dallo stato la vendita (a basso prezzo) e l'utilizzo (senza limitazioni) di questa trappola (molto più facile e immediata dei sanguinari metodi di accanimento contro i genitali maschili fino ad ora conosciuti e agiti solo dalle psicopatiche), la useranno al di là del fine di autodifesa, per capriccio, vendetta arbitraria contro qualcuno, rancore generalizzato contro gli uomini o sadico diletto, pressochè sicure dell'impunità garantita dal poter dire "l'ho fatto per difendermi da una violenza" (con poliziotti, giornalisti e giudici delle indagini preliminari che, anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza, non osano quasi mai mettere in dubbio la parola accusatrice di una donna contro un uomo, per timore di apparire "maschilisti"): nel caso delle denuncie negli usa, ad esempio, il progressivo estinguersi della presunzione di innocenza e il costante aumentare del divario di pena fra chi è giudicato colpevole di stupro e chi è riconosciuta come calunniatrice ha aumentato la percentuale delle accuse false e strumentali fino al 40%.
Qualitativamente, ti basi solo su una visione del mondo in cui la sola donna (e il suo sesso) è fonte di ogni valore e quindi di ogni diritto per affermare che le potenziali vittime maschili innocenti di questo aggeggio valgano meno delle potenziali vittime femminili salvate da possibili stupri, per considerare le sofferenze fisiche e psichiche
(per non dire del possibile dramma economico-giudiziario e del trauma del carcere da innocente) dei "mariti di psicopatiche" morsi dalla vagina dentata meno rilevanti rispetto ai traumi, potenzialmente subiti o evitati, dalle "mogli di mariti violenti", per sostenere doverosa l'introduzione di qualcosa di potenzialmente positivo per le donne e contemporaneamente molto negativo (per possibili i reali e possibili traumi fisici e psicologici) per gli uomini.
Ecco dove si esprime la tua prepotenza matriarcale: "questo può portare un vantaggio alle donne? Quindi deve essere assolutamente e immediatamente applicato, anche se comporta un concreto rischio di sofferenza e ingiustizia per gli uomini!"
Tu consideri implicitamente gli uomini (e il loro sesso) creature di serie b.
Cosa diresti se io rispondessi con il tuo stesso tono canzonatorio (dell'affermazione "milioni divite rovinate valgono meno di un graffietto sul santo pisello?" o di quella "un marito di psicopatica che deve fare un'operazione in più non vale forse milioni di donne salvate?"): "ma perchè milioni di uomini potenzialmente salvati da una castrazione fisica o mentale (temporanea o permanente che sia) devono valere meno di qualche moglie di violento con la passera penetrata una volta di più? Perchè l'integrità fisica e psichica degli uomini non deve essere tutelata solo per non rischiare qualche rapporto sessuale in più non apertamente voluto dalla donna? Che vaginocentriche queste donne per cui sfiorare la loro passera dovrebbe essere più grave del dolore fisico e mentale di una ferita nelle parti più intime e delicate di un uomo, un danno alle quali è invero peggio di un omicidio!"

Non ragiona chi non è d'accordo con te? Perchè poi se io sostengo che lo stato non può concedere a qualunque donna di acquistare uno strumento per castrare con facilità, momentaneamente (come dice l'articolo), o (se sorgono complicazioni) permanentemente qualunque uomo (presunto stupratore o meno) sono “pisellocentrico”, mentre se tu sostieni che, pur di non lasciare impuniti gli stupri, chiunque sfiori una vagina deve (attraverso la commercializzazione legale di questo coso) correre il rischio di subire un dolore inimmaginabile nel corpo e nella mente (con il rischio di castrazione fisica o psichica), non saresti “vaginocentica”?
Perchè si deve parlare solo di donne e non di uomini quando l'argomento riguarda oggettivamente entrambi? Non ti rendi conto neanche tu della tua prepotenza matriarcale?

Ancora una volta quando si parla di possibili "violenze sulle donne" si dimenticano tutti i principi dello stato di diritto, della ragione e della logica, tutti i diritti umani, da quello all'integrità fisica a quello della presunzione di innocenza, pur di non apparire "anticavallereschi", di non contraddire i dogmi del femminismo (donna-vittima, uomo carnefice), di non dispiacere alle donne (anche quando esprimono sete di vendetta o di violenza preventiva o comunque irrazionali distruzioni di principi garantisti).
Se valgono i diritti umani, non tanto e non solo persino il vero stupratore ha diritto a non venire torturato o castrato, ma soprattutto un solo innocente colpito ingiustamente rende criminale l'intero sistema legale che permette di privarlo della libertà o dell'integrita fisica e psichica. Non si può certo giustificare una possibile tortura contro un uomo incolpevole con l'argomento "quel piccolo rischio verso pochi uomini salva milioni di donne".

Il tuo discorso è del tutto simile a quello di chi, per salvare "milioni di vite di cittadini innocenti" mette in carcere senza difesa, senza processo e senza diritti chiunque sia accusato di terrorismo (come se la gravità di un'accusa potesse fungere da presunzione di colpa). "Cos'è qualche piccola tortura, qualche piccolo carcere senza rispetto dei diritti umani, al confronto di un altro 11 settembre evitato?" E' un'argomentazione in pieno stile "Bush": guerra preventiva (o comunque misure contrarie al diritto) contro i "terroristi" che in realtà può colpire chiunque fra gli innocenti.

E' pericolosamente simile a quello giacobino di chi, per "non lasciare senza difesa e senza giustizia" le tante vittime di veri stupri" non esita a sbattere in galera sulla sola parola dell'accusa (anche prima e anche senza riscontri oggettivi o testimonianze terze della presunta violenza) qualunque uomo, giustificando tale stupro del diritto con affermazioni del genere "lo stupro è grave quindi non può mai rimanere impunito", come se, ad esempio, nei casi non certo meno gravi di omicidio si potesse condannare l'imputato all'ergastolo senza prove certe, pur di non lasciare impunito il crimine, "il trauma della vittima è enorme, quindi nel dubbio non si può mettere fuori lo stupratore", come se la gravità di un'accusa potesse fungere da presunzione di colpa, o "la maggioranza degli stupri è vera e spesso non denunciata, quindi in caso di denuncia bisogna arrivare celermente e quasi sistematicamente alla condanna", come se la responsabilità penale non fosse personale e se potessero esistere meccanismi di "compensazione" fra ingiustizie e crimini agiti e subiti da persone diverse).
La gravità dal punto di vista umano delle vittime sarà pure uguale, ma dal punto di vista superiore della civiltà non lo è. Un conto sono la violenza, l'ingiustizia e la menzogna agite da singoli criminali (che lo stato non riesce a fermare in tempo o a punire successivamente, nonostante cerchi di riconscerli e perseguirli con gli strumenti delle leggi, dei tribunali, delle polizie), un conto sono atti di violenza, ingiustizia e menzogna (come privare un cittadino della sua libertà sulla base di una accusa falsa o esagerata ad arte o addirittura provocargli ferite fisiche e mentali dolorose e/o permanenti con la giustificazione dell'autodifesa) agiti (o permessi, con l'autorizzazione alla vendita di aggeggi come questo) contro cittadini innocenti da quello stesso stato che dovrebbe invece proprio da essi tutelare.

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Cuma, Mayıs 06, 2011

RODERIGO SEI UN BASTARDO!

http://www.metaforum.it/archivio/2006/index51d1.html?t8816.html

Ti avevo già attaccato, ma ora hai passato ogni limite.
Davanti ai dati dei falsi stupri portati da un tuo interlocutore o comunque a ragionevoli dubbi sui metodi americani di indagine sugli stessi (sistematicamente guidati dal principio "uomo colpevole - donna vittima) arrivi a scrivere:

[quote=Roderigo il bastardo]Ogni negazionista dichiara sia cosa orrenda massacrare gli ebrei. Solo che non è accaduto. Se è accaduto, lo è stato in modo marginale. Gli ebrei, le presunte vittime, sul presunto Olocausto hanno costruito un mito, per ricattare moralmente il mondo e dominarlo. Le testimonianze dei sopravvissuti sono piene di dettagli sbagliati e incongruenti. Esistono decine e decine di studi che dimostrano scientificamente che l'Olocausto non è avvenuto, ma per ragioni di «politically correct» non vengono pubblicati. I ricercatori in questione sono sempre documentatissimi in cifre e dati. La loro arma privilegiata è il discredito delle vittime, delle testimonianze, della comunità scientifica.
I negazionismi di qualsiasi cosa trattino sembra adottino sempre lo stesso cliché.
[/quote]
Non è negazionismo pretendere che le accuse siamo dimostrate oggettivamente al di là di ogni ragionevole dubbio in un processo regolare, possibilmente con riscontri oggettivi e testimonianze terze, è chi afferma ad avere l'onere della prova. Si chiama diritto.
Ma forse chi conosce solo la giustizia di Salomone non è in grado di capire i principi di cui Roma è stata un faro.

Siete voi ad essere "affermazionisti"

Il discorso va rovesciato. Sono gli inquisitori di ogni epoca che identificano il mettere in dubbio l'accusa come una prova di colpa o un "crimine contro dio" (o, in questo caso, l'inviolabile donna), considerano credibile a priori la parola dell'accusa ed empio chi osa contestarla, se ne infischiano della mancanza di riscontri oggettivi o della presenza di contraddizioni nel racconto accusatorio e seguendo un'ideologia preconcetta ricostruiscono sistematicamente la vicenda in modo tale da rendere colpevole l'accusato.

I "NAZISTI" SIETE VOI. Siete voi che trascurate i dati oggettivi (è addirittura una colpa portarne) quando non si accordano alla vostra visione. Siete voi che stuprate il diritto e soprattutto la ragione (la quale imporrebbe di verificare rigorosamente l'attendibilità soggettiva della presunta vittima, la credibilità oggettiva del suo racconto, nonchè, si spera, l'accordo con eventuali riscontri oggettivi).
Siete degli inquisitori peggiori di TORQUEMADA (almeno lui ammetteva l'avvocato difensore: per voi questi non ha nemmeno ragione di esistere, dato che la sua attività è "seconda violenza verso la donna").

Se la semplice parola dell’accusa viene assunta a priori come prova solo perchè ritenuta “credibile” (ma allora perchè non dovrebbe essere credibile anche la parola dell’accusato?), se il solo metterla in dubbio o chiederle di portare prove concrete e testimonianze terze per essere creduta viene considerato mancanza di rispetto o ulteriore prova di colpa (o addirittura “seconda violenza” come dicono le femminista made in usa, quasi la “prima” fosse automaticamente dimostrata dal tentativo stesso dell’uomo di difendersi dalle accuse della donna) se, solo perchè il suo racconto è riscontrabile fino ad un certo punto, viene presa per verità anche su quanto non è affatto dimostrato da prove dirette o da testimonianze terze, se si lascia alla difesa l’onere di dimostrare falsa l’accusa non provata, allora siamo in un processo inquisitorio. Le attiviste “contro la violeza sulle donne” replicano che “sarà uno su cento il caso di falsa denuncia, mentre gli altri 99 sono veri e a volte non vengono denunciati”. Ammesso ciò per vero (e non lo è, dato che certe statistiche americane, volutamente trascurate da governi e media per i loro interessi elettorali/culturali, danno le false denuncie per violenza/molestia ormai al 40 percento e comunque è logicamente comprensibile come la percentuale di accuse false sia a sua volta inversamente proporzionale alla validità della presunzione di innocenza e direttamente proporzionale allo squilibrio di pena fra chi viene condannato per stupro e chi viene scoperta a mentire: usando come giustificazione per l’indebolimento della presunzione di innocenza l’eveventuale bassa percentuale di denuncie false, si provoca contestualmente un aumento potenziale delle stesse), in primis si deve notare l’assurdo del dire “con certezza scientifica” (o comunque tale da giustificare la pubblicazione dei nomi dei sospetti) che le violenze siano più di quelle denunciate quando per dire se una violenza sia grave e soprattutto reale sarebbe necessario proprio un processo (che ovviamente non c’è in assenza di denuncia: già con denuncie e processi è difficile stabilire con esattezza le effettive gravità e soprattutto realtà dei fatti contestati, figuriamoci senza denuncie e senza processo, solo in base a pianti e accettazioni aprioiristiche della tesi donna-vittima uomo carnefice), e in secundi non è comunque una buona argomentazione che “poichè 99 stupri su 100 restano impuniti” (magari semplicemente perchè manca la denuncia, non perchè esiste la presunzione di innocenza, la quale non è ostacolo qualora, come spesso avviene nei casi reali, vi siano le prove), “quello che viene denunciato deve portare alla condanna anche nel dubbio”, poichè se i diritti umani valgono, come disse qualcuno prima di me, centinaia di criminali possono anche restare liberi, ma un solo innocente in carcere rende l’intero sistema legale un sistema criminale.

E, non contento, pretendi di dare ragione a chi chiede di abolire criteri oggettivi per stabilire quanto un racconto sia credibile o meno.

In uno stato di diritto la presunzione di innocenza deve prevalere su presunte esigenze di sicurezza, così come sulla demagogia politica o femminista che sia. Inoltre, un innocente in carcere dovrebbe essere considerato fatto assai più grave di mille colpevoli fuori (VEDI NOTA). Questa richiesta solo che il femminismo è contrario ad ogni ragione e ad ogni etica, quindi anche ad ogni diritto. Evidentemente non si dà peso a atti come questi:
http://www.falseaccuse.org/2010/05/bugiarda-seriale-un-uomo-si-suicida.html http://www.falseaccuse.org/2010/02/solidarieta-alla-calunniatrice.html http://www.falseaccuse.org/2010/04/trascorre-tre-anni-in-carcere-per-uno.html http://www.falseaccuse.org/2010/04/scagionato-dallaccsa-di-stupro-dopo-un.html http://www.falseaccuse.org/2010/09/indietro-nel-tempo-accusa-un-giovane-di.html http://www.falseaccuse.org/2010/09/falso-stupro-in-inghilterra.html http://www.falseaccuse.org/2010/10/la-storia-di-lee-trundle-accusato.html
IL FEMMINISMO E’ IL NAZISMO DEL NOSTRO SECOLO.

E tu, perfido giudeo-femminista, lo confermi.
[quote]Un’altra proposta riguarda l’abolizione del cosiddetto “controllo McDowell”, dal nome dell’ufficiale che lo mise a punto. E’ il sistema usato negli ultimi dieci anni dall’esercito per determinare se una denuncia di violenza subita è credibile o meno e si compone di 57 domande. Ognuna di esse vale da mezzo a cinque punti: se la somma è superiore a 16, l’accusa di stupro è “probabilmente falsa”, se va oltre i 36 punti è “falsa”, se sfora quota 76 è “esagerata”. Ma raggiungere i 16 punti è tremendamente facile: se la donna ha problemi con il proprio marito o fidanzato, prende tre punti. Se ha problemi finanziari, un punto. Persino “esigere” di essere medicata da un dottore donna fa guadagnare un punto. Così si spiega come la media nazionale di denunce di stupro considerate false si fermi all’8 per cento, mentre nell’esercito raggiunga il 60 per cento.[/quote]
E' "facile" raggiungere 16 punti? Perchè, per voi dovrebbe essere "facile" mandare in galera un uomo con la sola parola, anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza? Addirittura senza controllare in modo rigoroso e oggettivo l'attendibilità dell'accusatrice?
Per voi avere motivi di rancore verso l'accusato non è un elemento che, in assenza di altri riscontri, potrebbe, se non far credere falsa la denuncia, almeno far sorgere dubbi sufficienti a non procedere contro un cittadino innocente fino a prova contraria?
Avere bisogno del denaro del risarcimento non fonda oggettivamente un legittimo sospetto sull'eventuale strumentalità dell'accusa? Se non è così, allora qualunque donna potrebbe smettere di lavorare a mantenersi accusando a destra e a manca! Del resto quello che rischia (accusa di spergiuro spesso neanche conducente all'arresto) è infinitesimo a quello che fa rischiare all'uomo e quello che può guadagnare è tanto rispetto a quanto può perdere se scoperta (poco o nulla, non certo un risarcimento del genere di quelli imposti all'uomo). Certo, la gran parte delle donne non lo farebbe mai, per nessuna cifra al mondo, ma, come detto più volte, lo stato non può fondare le leggi supponendo i cittadini "buoni e onesti". Come c'è chi uccide per denaro c'è anche chi per denaro mente! Ed è criminale quello stato che rende "economicamente conveniente" il crimine o, peggio, l'uso strumentale della giustizia!
Come fate ad affermare con certezza che è infondato il dato del 60 percento dell'esercito (che ha un metodo criticabile ma comunque oggettivo e ragionevole) e non quello dell'8 percento della media nazionale (che include casi evidenti come quello di Parlanti, o dubbi come quello di Tyson, accusato da una donna che aveva già mentito più volte in passato)?
L’intera mentalità che sta dietro al “controllo” è a dir poco maschilista, e lo dimostrano le dichiarazioni che lo stesso McDowell ha fatto nel corso degli anni. Una volta, a un seminario tenuto alla sezione Inchieste Speciali dell’Aeronautica statunitense, l’allora tenente colonnello divise in tre categorie le donne che denunciano il presunto stupro subito: “le narcisiste, le psicopatiche e le immature-impulsive che si sentono inadeguate”. E continuò asserendo che spesso queste donne, “diavolesse arrapate nel pieno della loro sessualità”, provano piacere nel raccontare la violenza di cui sono state vittime, spiegando come si rischi di mettere in galera soldati innocenti se si dà troppo ascolto a queste denunce.
Volete mettere in dubbio la validità di un metodo solo perchè scopre delle "diavolesse" malate di mente o di sesso?
Anche voi quando parlate di possibili stupratori descrivete dei totali psicopatici.
Anche stuprare una donna non è affatto un atto normale ed implica per chi lo fa una non comune dose di malvagità e violenza (checchè ne dicano le femministe, non certo probabilisticamente riscontrabile nel primo uomo che si può incrociare per via o in disco). Non per questo venite considerate "fantasiose menti malate femminili" se esprimete la vostra comprensibile paura di imbattervi in un uomo simile (fatto magari improbabile ma sempre possibile) e se pretendente, per tali casi, adeguata protezione dalle legge.
E allora perchè noi dovremmo essere trattati da "fantasione menti malate maschili" se esprimiamo la preoccupazione di incontrare donne tanto perfide e tanto false da usare l'accusa in modo strumeentale per trarre un vantaggio o per provocare all'uomo indelebili traumi mentali, insopportabili umiliazioni pubbliche possibili gogne mediatiche (per la totale mancanza di presunzione di innocenza in certi casi trattati dai media) e terribili vicissitudini giudiziarie (per colpa di recenti legislazioni contrarie al diritto e alla ragione)?

Parlare "male" delle false accusatrici è come parlare male degli stupratori: doveroso! E' inaccettabile che si difendano le false accusatrici con la scusa di voler difendere il genere femminile. Sarebbe come difendere gli uomini violenti per non gettare fango sul genere maschile!
La giustizia non deve affermare in abstracto se gli uomini siano violenti e stupratori o le donne false e perfide. Deve, caso per caso, valutare nel concreto l'effettiva realtà e gravità dei fatti dimostrati. In ciò, deve, senza alcun pregiudizio, mettere in dubbio tanto la parola dell'accusa quanto quella della difesa per poi cercare riscontri oggettivi o altri elementi atti ad avvalorare dall'esterno l'una o l'altra tesi. E, in caso non si trovi nulla di oggettivo e riscontrabile, non deve nè chiamare l'uomo "maiale stupratore" nè la donna "puttana mentitrice". In dubio pro reo. Senza prove oggettive non si può condannare nè l'uomo per violenza nè la donna per calunnia.
Non è un pregiudizio verificare a posteriori i motivi per cui alcune donne hanno mentito (come non è un pregidizio studiare le dinamiche psicologiche degli uomini dimostratamente violenti).
E' invece un pregiudizio sostenere che mettere in dubbio la parola di una donna sia in sè "maschilismo". E' invece il principio di presunzione di innocenza, secondo cui nè una donna nè un uomo hanno "diritto" ad essere creduti a priori sulla parola quando accusano un'altra persona!
Care donne che vi offendete perchè pensiamo che l'accusa di stupro possa essere usata anche per vendetta, o siete ingenue o siete false. Le false denuncie esistono. E quindi esisteranno anche i casi temuti da noi uomini. Se vi offendete (perchè VOI non lo fareste mai), noi avremmo il simmetrico diritto ad offenderci quando voi pensate agli stupratori (perchè NOI non lo saremmo mai). Come esistono uomini tanto malvagi da arrivare allo stupro esistono donne tanto perfide da arrivare ad usare l'accusa come arma.
E a queste non si devono dare armi ulteriori (come non le si devono dare agli stupratori.

In realtà esiste la malvagità in misura eguale nei due sessi (solo che in un caso è violenza aperta, nell'altro violenza psicologica e menzogna). Se poi certe donne si offendono per il fatto che io calcoli anche il caso di una donna tanto false e perfida (da accusare falsametne di stupro, io mi offendo per il fatto che tu calcoli i casi di uomini tanto violenti e malvagi (da stuprare).
Ed esistono entrambi i casi purtroppo! Anzi, negli usa ove la presunzione d'innocenza sta andando a farsi benedire siam in rapporto 1:1 fra i due casi (e comunque la minor rilevanza numerica non è una giustificazione alla mancata prevenzione, dato che proprio l'impensabilità di un crimine può fungere, tramite l'incredulità a priori degli inquirenti, da viatico per l'impunità di chi lo agisce).
Se supponiamo tutte le persone buone e oneste non servono nè leggi nè strumenti di difesa. Ma le leggi devono garantire difesa anche nel caso di incontrare persone violente e false. Anche supponendo buoni e onesti gli uomini questi aggeggi non servono: non ci sarebbero gli stupri. Potrei dire: ma come puoi pensare che un uomo arrivi a fare tanto male ad una donna? Eppure succede (da parte di una minoranza di uomini violenti). E allo stesso modo tu dici "come può una donna arrivare a fare tanto male a un uomo immotivatamente? E io rispondo: eppure succede (da parte di una minoranza di donne false). Succede ora con le accuse false di stupro agite per vendetta o ricatto e succederebbe ancor di più con questa modifica di legge.

CONCLUSIONE
Già è al di là della mia ragione accettare che si possa condannare un cittadino innocente fino a prova contraria sulla sola parola, senza prove oggettive, solo perchè il racconto della presunta vittima appare credibile in abstracto
(è vero che molti racconti falsi si possono scoprire come tali per le loro incoerenze ed illogicità, ma è anche vero che chi sa mentire, o ha buoni avvocati che suggeriscono come mentire, può raccontare yna storia oggettivamente credibile in abstracto pur essendo falsa nel caso concreto: come insegna il Kant nell'esempio dei talleri, l’essere non è un predicato e quindi la differenza fra qualcosa di reale e qualcosa di immaginario non è in una qualche qualità – perfezione, razionalità, ecc.-, ma nel semplice fatto, conoscibile solo per esperienza e mai per speculazione, che una esiste e l’altra no)
e perchè non vi sono apparenti motivi (bisognerebbe verificare non solo l’assenza di motivi evidenti di astio, ma anche quella di ogni ipotetico immaginabile motivo non conosciuto – e data la complessità della psiche umana potrebbero essere infiniti-, e non basterebbe, perchè se la presunta vittima è parte civile ha già un eventuale motivo per mentire nell’ottenere il risarcimento e, anche se non lo è, con il fatto stesso di essere l’accusatrice dichiara implicitamente di voler vedere l’imputato condannato e quindi di essere, appunto, “di parte”) per cui ella debba mentire (se questo ragionamento - non ho motivo di mentire quindi dico la verità - fosse accettato per la scienza storica, chiunque potrebbe far passare per vera qualsiasi racconto con l'argomento di non avere alcun motivo per inventarsi il falso, non avendo interessi nelle vicende passate e, applicato sempre alla giurisprudenza, permetterebbe a chiunque si alzi con la luna storta alla mattina di mandare in galera, per capriccio, vendetta, interesse - dato che può comunque costituirsi parte civile - gratuito sfoggio di preminenza sociale nell'esser creduto a priori, sfogo momentaneo o rancore generalizzato verso un dato tipo umano - magari solo perchè ricorda qualcuno di ostile o perchè il suo sguardo irrita - o comunque per un motivo inspiegabile o non conoscibile dall'esterno - il primo che passa semplicemente raccontando qualcosa di plausibile).
Voi vorreste addirittura che si potesse usare la sola tesi accusatoria anche quando vi sono incoerenze logiche e motivi riscontrabili per una potenziale calunnia!
E come farebbe allora a difendersi un accusato ingiustamente (sia esso l'8 o il 60 percento dei casi non importa)?

Sono rari i motivi di una false denuncia dite?
Se non serve provare oggettivamente nulla, se, non essendoci prove, basta la capacità di raccontare una storia credibile (confermata fino ad un attimo prima del presunto stupro, senza esagerazioni o apparente voglia di infierire, coerente e consonante ecc.) per portare l'altro ad essere condannato, se, in assenzao di riscontri oggettivi o testimonianze terze, ci sono buone possibilità di ottenere fiducia sulla parola e poche di vedere l'altro assolto per insufficienza di prove, se in caso positivo si hanno risarcimenti e attenzioni e in caso negativo condanne simboliche, se il rischio proprio è remoto e comunque molto minore di quello fatto correre all'altro (finire da innocente alla gogna mediatica e sociale, con la vita oggettivamente rovinata per sempre sotto ogni punto di vista sentimentale, economico, morale e relazionare, nonché con la psiche e a volte anche il corpo segnati indelebilmente dall'esperienza del carcere, con tutto quanto consegue secondo il codice barbarico dei carcerati per gli accusati di violenza sulle donne, ma anche secondo la mentalità politicamente corretta per cui mettere in dubbio la parola di una donna è già prova di colpa e "seconda violenza" e quindi la terribile sensazione di chi è accuasato sapendosi innocente è simile a quella di una vittima della santa inquisizione), allora i motivi per una falsa denuncia possono moltiplicarsi, dall'interesse (volontà di ottenere un risarcimento) al gratuito sfoggio di preminenza nell'esser creduta a priori mentre la controparte è tenuta a tacere e se parla presa degna del riso o del disprezzo aprioristici, fino al delirio di onnipotenza (sfogarsi contro il primo uomo che passa per rancori legati alla sfera sessuale): possono essere persino una scommessa alla DON RODeRIGO (mostrare a sè e al mondo di poter rovinare la vita a chiunque con la sola parola) o un diletto sadico (poter infliggere qualsiasi male, fino alla galera, al primo che passa a seconda del capriccio di giornata). Certo è improbabile, ma proprio il fatto che sia ritenuto improbabile rende a chi lo fa la quasi certezza dell'impunità. Certo serve una donna particolarmente perfida, sadica e priva di remore e pietà, ma anche per supporre uno stupro serve presupporre un uomo particolarmente malvagio, violento e privo di pietà e remore.

Siete voi, roderighi d'italia che armate la mano di certe stronze. Bastardo giudeo-femminista, tu sarai responsabile se l’Italia diventerà come oggi gli Usa:

http://www.carloparlanti.it/

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=33518381

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=7846045

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=8012294

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=9090025

Di fronte a questo stato di cose, avanzo io a nome degli uomini liberi e apollinei la mia richiesta.

LA MIA RICHIESTA
Che chi si vanta di essere “paritaria”, anziché preoccuparsi di come questo nazifemminismo possa attraversare l'atlantico, accusa di “maschilismo” chi lo denuncia e attribuisce l'esistenza di fatti come quello riportato alla “fantasia maschile” (come non fossero veri)!
Vorrebbero addirittura che la sola accusa fosse creduta in sé se proferita da una donna contro un uomo in tema di reati sessuali anche in assenza di riscontri oggettivi e testimonianze terze!
Non si contentano che, al contrario di quanto sarebbe in uno stato di diritto (in cui nessuno potrebbe essere condannato senza riscontri oggettivi o testimonianze terze valevoli come prove oggettive perchè disinteressate), l'Italia del codice Rocco (elaborato in un periodo in cui lo stato aveva interesse a poter condannare cittadini senza prove certe) può anche fondare una sentenza di condanna sulla sola parola dell'accusa (se questa viene sentita anche come teste con obbligo di dire la verità), anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze (come se, magicamente e sofisticamente, fosse possibile distinguere, nella stessa persona , nelle stesse parole, quanto dice la parte in causa con la testimone, come se, contro quanto mostrato da kant, l'essere fosse un predicato, la verità di una proposizione fosse ricavabile solo dal suo senso logico in abstracto e non dalla sua verifica sperimentale concreta, come se i famosi talleri immaginati fossero qualitativamente diversi da quelli reali), ma pretenderebbero pure che tale parola venisse assunta come prova anche prima e anche senza una scrupolosa verifica della sua attendibilità (per evitare di condannare imputati sulla cui colpevolezza sussistano dubbi ragionevoli), svolta sia in relazione alla credibilità intrinseca di quanto riferito, sia rispetto alla credibilità soggettiva di chi parla (ricavabile da indagini sulla sua dirittura morale, sui suoi eventuali interessi a mentire, e sui suoi comportamenti abituali).

Se la sola parola dell'accusa vale già come prova, se il tentativo di metterla in dubbio funziona come ulteriore prova di colpa (del genere “ti inventi che l'accusa è falsa proprio perchè sai di essere colpevole”), se è l'accusato e non l'accusa a dover trovare prove a sostegno della propria tesi e a soccombere in caso di insufficienza di esse, se il solo pretendere dalla donna di fornire riscontri oggettivi o testimonianze terze al proprio racconto è considerata una “mancanza di rispetto verso il genere femminile”, se il mettere in dubbio tanto la parola dell'accusa quanto quella della difesa per poi cercare nei fatti elementi a sostegno all'una o all'altra tesi e, in mancanza di essi, prosciogliere per insufficienza di prove, anziché essere visto come normale procedimento per la ricerca del vero e come garanzia del diritto è presentato come “protezione dello stupratore anziché della vittima”, se l'indagare sulla credibilità oggettiva e soggettiva del racconto accusatorio prima di fondarvi un giudizio di colpevolezza è considerato “seconda violenza”, se la gravità di un'accusa funge già da presunzione di colpa (come nei processi per stregoneria: il crimine contro dio è tanto grave che non si possono concedere garanzie a chi lo commette), se si parla di vittima e colpevole ancora prima di aver accertato i fatti in maniera oggettiva e prescindente dal solo teorema accusatorio,
allora siamo chiaramente e incontestabilmente in un processo inquisitorio.
Siamo nell'era del terrore femminista e della caccia al maschio violentatore o pedofilo.

E' ora di smetterla, in generale, con la possibilità di far finire in galera un cittadino sulla sola parola dell'accusa (sia donna o uomo, adulto o bambino, non ha importanza), anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze.
E' ora di smetterla, soprattutto, con la vaga e omnicomprensiva definizione di “violenza sessuale”, la quale può includere, a discrezione unilaterale della presunta vittima, letteralmente tutto ciò di cui a posteriori e secondo i proprio soggettivi parametri una donna possa, per qualsiasi motivo, accusare un uomo.
E' ora di smetterla con l'includere fra fatti penalmente rilevanti anche quanto non lascia tracce oggettivamente riscontrabili, anche quanto non ha oggettivamente nulla né di violento né di molesto ma ha la sola colpa di esprimere (in maniera più o meno poeticamente vaga o popolarmente schietta, nobilmente raffinata o banalmente triviale) disio naturale per il corpo della donna e di non essere a posteriori da questa gradito (dopo che però lo ha implicitamente indotto e socialmente preteso!), anche quanto non include nulla più del classico gioco delle parti fra maschio e femmina (voluto dalle donne e dalla natura, nel quale il primo fa la prima mossa, insiste, resiste ai no, ritenta e reinventa nuove strategie e la seconda fugge, si nega e lotta come chi vuol essere vinta, non per allontanare ma per accrescere disio, testare interesse, prendere tempo per decidere con calma, per verificare la presenza o l'eccellenza delle doti volute, per godersele se presenti o divertirsi comunque della situazione di potere psicosessuale se assenti), anche quanto viene “commesso” senza la benché minima violenza nel senso classicamente inteso con ciò dal diritto e dalla ragione.
E' ora di finirla con il considerare stupro una prestazione sessuale non pagata, un filmato sul cellulare, uno scherzo di mano con una collega fino ad un attimo prima contenta di scherzare disinibitamente. E' ora di piantarla con il chiamare vittima la segretaria che cede alle richieste del capo nella speranza di promozioni e poi resta delusa, la moglie che manda in bestia il marito rifiutandosi di adempiere a quei doveri coniugali di cui pretende i corrispettivi diritti (la fedeltà sessuale imposta per giunta contronatura all'uomo), la fidanzata che non sa se concedersi o meno e poi si pente di aver lasciato fare. E' ora di abbandonare le considerazioni sulle “pressioni psicologiche” che renderebbero nullo il consenso dato al momento nei fatti quando simili considerazioni non si fanno per le violenze psicologiche esercitate dalle donne attraverso l'arma erotico-sentimentale (fidanzate, amate) o quella emotiva e sessuale (stronze da discoteca).
E' ora di tornare a circoscrivere i reati sessuali a quanto ogni mondo civile ha da sempre giustamente riconosciuto e punito come “stupro”. E' ora di tornare a far gravare sull'accusa l'onere di dimostrare non solo che il rapporto sessuale è avvenuto, ma che è avvenuto con oggettiva violenza. E di ritenere, in assenza di prove fattuali o di testimonianze di persone davvero estranee all'esito della causa, che, se vi è anche solo il minimo dubbio sulla possibilità che atteggiamenti, vestimenti, atti, detti, sguardi o comunque comportamenti della denunciante siano compatibili con un'ipotesi di consensualità (o anche solo di buona fede da parte dell'accusato) si debba assolvere per insufficienza di prove (senza per questo necessariamente dare della puttana o della falsa alla donna, almeno non prima si siano accertati i fatti) o per mancanza di dolo (senza per questo dover affermare, come le femministe falsamente sostengano voglia dire, che con certi comportamenti “le donne se la cercano” o, peggio “gli uomini sono giustificati a stuprare”).

Era il tuo fidanzato/amichetto quello che su tuo invito è entrato in camera, e non un estraneo intrufolatosi a forza nella tua casa? Bene, se tu non mi dimostri con referti medici o prove di fatto (tipo evidenze o testimonianze di una colluttazione volta alla costrizione) che vi è stata una violenza io suppongo ancora possibile l'ipotesi della consensualità in un rapporto fra amanti (e del successivo litigio), quindi assolvo (mancano le prove).
Per moda o custume ti vesti, ti muovi e ti comporti da puttana, o comunque, per capriccio, vanità, vantaggio economico-sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica, trovi interessante risultare agli occhi degli uomini ambigua come una Salomé? Se non dimostri al di là di ogni dubbio di aver subito una violenza (non sostengo certo come vorrebbero farmi dire le femministe che “l'abbigliamento seducente o il comportamento disinibito giustificano lo stupro”) io posso ancora supporre che il tuo atteggiamento ambigui sia stato travisato in buona fede per disponibilità, quindi assolvo (manca il dolo).
Ti diletti (per costringere ogni uomo a tentare, insistere e a mostrare il meglio di sé nei tentativi, e a testare così il suo reale valore, la sua reale eccellenza nelle doti per te importanti e soprattutto il suo reale interesse nei tuoi confronti) nell'indurre l'uomo al gioco di madonna e messere in cui questo tenta n volte, quella nega n volte e alla n+1 esima cede? Se non provi che per violare il tuo ultimo no ha usato una forza eccessiva per il solito gioco delle parti presente anche in natura, per me può anche trattarsi di un'avventura erotica da te così voluta, qundi assolvo (manca un vero dissenso).
Era il tuo capo quello cui ti sei concessa? Se non mi dimostri che ti ha minacciata in qualche modo, per me tu non hai alcuna sudditanza psicologica: stai solo giocando le tue carte al tavolo delle trattative. Quindi assolvo (manca la rilevanza penale dei fatti).

Questo non punirebbe certi “soprusi”? Anche certe stronzaggini delle femmine non sono punite da legge alcuna! Persino certi omicidi restano impuniti quando vi sono dubbi.
Se qualcosa è tale da non lasciare nemmeno tracce riscontrabili dagli inquirenti sulla propria effettiva gravità e soprattutto realtà, evidentemente non sarebbe tanto grave anche qualora fosse reale, quindi non deve avere rilevanza penale (perchè non ha senso, per qualcosa di minimo e presunto, rischiare danni veri e reali come la distruzione della vita di cittadini innocenti). Se si trattasse davvero di qualcosa “peggiore dell'omicidio” allora i suoi effetti sarebbero non solo riscontrabili dagli inquirenti, ma visibili a tutti in maniera chiara e oggettiva, come lo è un cadavere!
Crepate stronze stuprazioniste! Vedetevela con quelli di Lotta Continua! Fra menzogneri di sinistra formate belle coppie!


NOTA
Nel primo caso (colpevoli fuori), l’unica colpa dello stato è quella di non essere riuscito (nonostante tutta la buona volontà ) a fare giustizia di un crimine commesso da altri, da criminali che comunque ha cercato e cerca sempre di identificare, perseguire e far condannare secondo ovviamente le regole del sistema giudiziario. E’ ancora nell’ordine delle cose che un criminale delinqua ed è ancora plausibile che purtroppo non lo si riesca a punire legalmente. La colpa del delitto resta però tutta del criminale. Nell’altro caso (innocente dentro) è invece lo stato a compiere un crimine ex-novo (ovvero privare della libertà un cittadino innocente) e in prima persona (ovvero a fare l’esatto contrario di quanto dovrebbe per suo stesso statuto, perchè commette direttamente un’ingiustizia e una violenza contro un cittadino anzichè proteggerlo dall’ingiustizia e dalla violenza degli altri). La colpa del delitto è qui tutta dello stato (che dal nulla crea un’atto violento e ingiusto). Questo è fuori dall’ordine delle cose, perchè costituisce la negazione del motivo per cui esiste lo stato (ovvero difendere i cittadini dall’arbitrio, dal danno ingiusto, dalla forza illegittima). Non si tratta più di non riuscire a riparare ad un crimine già commesso da altri, ma di commettere un nuovo crimine in prima persona. Vi è la stessa differenza fra chi non riesce a riparare qualcosa (di già rotto da altri) e chi qualcosa rompe per azione propria. Questo principio garantista non è una mia personale opinione, è uno dei fondamenti di ogni stato retto dal diritto e dalla giustizia. Pretendere la presunzione di innocenza anche nei casi di violenza sessuale (esattamente come in tutti gli altri reati) non significa assumere che tutte le donne siano talmente false e perfide da accusare un innocente per capriccio, vendetta, ricatto o sadismo, ma impedire che quel sottoinsieme di donne false e perfide possa causare danni a qualunque uomo. Esattamente come pretendere che lo stupro sia seriamente perseguito non significa assumere che tutti gli uomini siano stupratori, ma giustamente pretendere che quel sottoinsieme tanto violento e malvagio non possa nuocere impunemente. Io sono fermamente convinto che la stragrande maggioranza delle donne sane di mente, nemmeno sapendo di doversi vendicare di qualcosa, nemmeno sapendo di poterne trarre un grande vantaggio, nemmeno sapendo di poter rimanere impunita, sarebbe mai capace di denunciare qualcuno per una violenza mai avvenuta, come sono sicuro che anche le attiviste sono convinte che la maggioranza degli uomini non sarebbe mai capace, nemmeno sapendo di poter contare su una sostanziale impunità , di usare violenza su una fanciulla indifesa. E dirò di più: sono anche convinto che molte donne in particolare (se non altro per non avere impostazioni mentali “cavalleresche” e per non essere soggette al timore di essere tacciate di “maschilismo” o di “fare branco” come potrebbero esserlo gli uomini nella stessa situazione) sanno sentire profondamente l’ingiustizia subita da un innocente accusato da un’altra donna, sanno comprendere tutta la gravità del trauma psicologico da lui subito e sanno attivarsi per cercare per quanto possibile di rimediare (del resto chi più degli altri si batte per la libertà di Parlanti sono le ragazze di “Prigionieri del Silenzio”, alla faccia della tanto decantata “solidarietà maschile”). Se però si supponessero tutte le persone buone e giuste non servirebbero nè leggi, nè stato, nè giudici. La legge esiste proprio per tutelare il cittadino anche nel caso peggiore in cui incontri la persona più violenta o più falsa della terra. Quando si ragiona di legge si deve abbandonare ogni proposito moralistico di capire perchè e per come le persone non siano nè buone nè sincere, e si deve ragionare realisticamente ex-summo-malo, pensando a come fare perchè, posto che certe persone siano malvagie e bugiarde al massimo grado, le loro violenze o le loro menzogne non abbiano comunque libero agire all’interno dello stato. Il fine dello stato è proprio quello di riuscire a imporre la giustizia e la protezione dei cittadini anche in un mondo in cui gli stessi non sono affatto, nella loro maggioranza, “buoni” e “sinceri”. Non è un buono stato quello che per funzionare presuppone come condizione necessaria bontà e sincerità . Come non ci si deve limitare a inveire moralisticamente contro la malvagità di chi uccide, ma si deve predisporre un sistema giudiziari in grado di impedire gli omicidi (con prevenzione e repressione), così non ci si può contentare di maledire moralmente la donna che accusa falsamente, ma si ha l’obbligo di costruire un sistema di diritto in grado di impedire alle sue simili di far finire in carcere gli innocenti. Il mondo del diritto ha da secoli compreso gli strumenti per realizzare ciò. Per difendersi dalla violenza si rendono reato lo stupro, la rapina, il furto e l’omicidio (scoprendo i colpevoli con strumenti investigativi punendoli con pene giudiziarie proporzionate al danno provocato e dimostrato), per difendersi dalla falsità si fa obbligo di provare ogni accusa. E non mi si dica che basta il fatto che la calunnia e la falsa testimonianza siano reati. In primis, le pene per tali reati sono risibili al confronto di quelle per lo stupro (ed anche del trauma psicologico subito da chi, accuasto ingiustamente, subisce un processo in auta, sui media e nella vita relazionale), tanto da rendere comunque “vantaggioso” il “rischio” per chi voglia accusare falsamente (cos’è un anno con la condizionale al confronto di 5-10 anni senza i benefici della Gozzini?). In secundis, anche se le pene per calunnia e falsa testimonianza fossero draconiane o comunque comparabili a quelle per stupro, risulterebbe difficile, una volta abolita la presunzione di innocenza, che chi accusa falsamente venga scoperta (potrebbe esserlo solo nel caso fortuito della presenza di telecamere in loco, della delazione di qualche amica a conoscenza del “perfido piano” o dell’ingenuità commessa nel lasciare tracce della realtà dei fatti come sms o messaggi sul web). Vi è infatti a monte un fatto di “epistemologia” ben spiagato dal buon Popper. Mentre è sempre possibile dimostrare l’esistenza di quanto esiste, non sempre è possibile provare la non esistenza di quanto non esiste. Si può dimostrare la non esistenza dei fantasmi, di dio o del puro spirito? Possiamo provare di non essere mai andati sulla luna con l’ippogrifo? Come potremmo difenderci dall’accusa di aver commesso qualcosa di inesistente? Nei processi per stregoneria era praticamente impossibile essere assolti proprio per l’impossibilità di dimostrare di non aver commesso atti la cui esistenza non può essere nè affermata nè negata da prove certe (proprio in quanto extra-scientifici ed extra-fisici). Lo stesso capita a chi è accusato di violenza quando si intenda per essa anche ciò che non lascia segni riscontrabili oggettivamente. In uno stato di diritto nessuno può essere trattato da colpevole fino a quando le accuse non sono provate al di là di ogni dubbio in modo oggettivo e chiaro a tutti, mediante riscontri fattuali incontrovertibili o testimonianze concordanti di persone terze rispetto ad accusa e difesa. Se la semplice parola dell’accusa viene assunta a priori come prova solo perchè ritenuta “credibile” (ma allora perchè non dovrebbe essere credibile anche la parola dell’accusato?), se il solo metterla in dubbio o chiederle di portare prove concrete e testimonianze terze per essere creduta viene considerato mancanza di rispetto o ulteriore prova di colpa (o addirittura “seconda violenza” come dicono le femminista made in usa, quasi la “prima” fosse automaticamente dimostrata dal tentativo stesso dell’uomo di difendersi dalle accuse della donna) se, solo perchè il suo racconto è riscontrabile fino ad un certo punto, viene presa per verità anche su quanto non è affatto dimostrato da prove dirette o da testimonianze terze, se si lascia alla difesa l’onere di dimostrare falsa l’accusa non provata, allora siamo in un processo inquisitorio. Le attiviste “contro la violeza sulle donne” replicano che “sarà uno su cento il caso di falsa denuncia, mentre gli altri 99 sono veri e a volte non vengono denunciati”. Ammesso ciò per vero (e non lo è, dato che certe statistiche americane, volutamente trascurate da governi e media per i loro interessi elettorali/culturali, danno le false denuncie per violenza/molestia ormai al 40 percento e comunque è logicamente comprensibile come la percentuale di accuse false sia a sua volta inversamente proporzionale alla validità della presunzione di innocenza e direttamente proporzionale allo squilibrio di pena fra chi viene condannato per stupro e chi viene scoperta a mentire: usando come giustificazione per l’indebolimento della presunzione di innocenza l’eveventuale bassa percentuale di denuncie false, si provoca contestualmente un aumento potenziale delle stesse), in primis si deve notare l’assurdo del dire “con certezza scientifica” (o comunque tale da giustificare la pubblicazione dei nomi dei sospetti) che le violenze siano più di quelle denunciate quando per dire se una violenza sia grave e soprattutto reale sarebbe necessario proprio un processo (che ovviamente non c’è in assenza di denuncia: già con denuncie e processi è difficile stabilire con esattezza le effettive gravità e soprattutto realtà dei fatti contestati, figuriamoci senza denuncie e senza processo, solo in base a pianti e accettazioni aprioiristiche della tesi donna-vittima uomo carnefice), e in secundi non è comunque una buona argomentazione che “poichè 99 stupri su 100 restano impuniti” (magari semplicemente perchè manca la denuncia, non perchè esiste la presunzione di innocenza, la quale non è ostacolo qualora, come spesso avviene nei casi reali, vi siano le prove), “quello che viene denunciato deve portare alla condanna anche nel dubbio”, poichè se i diritti umani valgono, come disse qualcuno prima di me, centinaia di criminali possono anche restare liberi, ma un solo innocente in carcere rende l’intero sistema legale un sistema criminale. VERGOGNA ETERNA A CHI (individui e nazioni) LO SOSTIENE!

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