La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Cuma, Şubat 26, 2010

PREMESSA:

Quando le cose si sono verificate simili per n volte l'agitata preoccupazione lascia il posto alla freddezza della conoscenza: perchè si conoscono i rimedi.
In tutti i periodi di decadenza emerge il substrato umano femmineo (perchè le forze formatrici che hanno formato una civiltà rendendola ciò che è vengono meno e tutto tende a degenerare al piattume primordiale e indifferenziato delle società matriarcali senza classi).
Ciò è avvenuto per Babilonia, per l'Egitto, per la Fenicia come per Bisanzio, Venezia, e pure per la Francia pre-rivoluzionaria. Il suo emergere è progressivo e coincidente con lo scomparire (dietro le apparenze di una raffinata zivilization) di ogni forma superiore (kultur) e con lo sprofondare della civiltà nel tutto indifferenziato e caotico.
Tutto questo ha fine solo quando si tocca il fondo e popoli diversi, barbari, non corrotti, distruggono quanto rimane di quella civiltà e sulle sue rovine e con le sue rovine ne edificano un'altra.
Fa parte della tragedia storica.
Ecco cosa invece scrivono i commedianti della farsa moderna e come io intendo risponder loro.

SVOLGIMENTO:
Non è che le donne siano “migliori”, è che sparito il senso virile e ascendente della vita: non esiste più un concetto sano di eccellenza, è questo il problema. Difatti qui tutto decade (dall'arte alla filosofia, dall'economia alla letteratura, dalla scienza alla musica, passando per i costumi) e l'occidente è destinato a soccombere a popoli più giovani e virili (come appunto quello erede dell'Impero Ottomano).
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La rivoluzione tedesca. La società sta diventando più femminile: e in molti fanno fatica ad adattarsi
E arrivano le richieste per creare una nuova figura un incaricato per le pari opportunità maschili

"Tuteliamo gli uomini
il nuovo sesso debole"

dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI


BERLINO - Povero maschio, stai messo male. Hai perso la guerra dei sessi, almeno nelle società più avanzate. Le donne, in realtà moderne come quella tedesca ma non solo, ti hanno sorpassato o ti stanno detronizzando in ogni campo. Hanno imparato a conciliare carriera e figli, studiano di più e meglio, hanno un approccio più flessibile con le nuove tecnologie. Fumano e bevono meno, sono più sane, hanno una vita più lunga, è più raro che scelgano il crimine. La situazione degli uomini oggi, in Germania e nelle altre società postindustriali, è talmente drammatica e desolata che rende necessaria una nuova istituzione, una nuova figura: un incaricato governativo o un ombusdman, che si prenda cura delle pari opportunità per gli uomini. I quali ormai, non c'è nulla da fare, sono divenuti il nuovo sesso debole.
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Quello che dice costui, pur se in parte vero e meritevole di essere detto, è fortemente distorto dalla propaganda femminista e dai dogmi dell'egalitarismo. Non ha senso parlare di colpe e merito di genere, o di bravura delle donne, o di complicati problemi psicologici dei singoli o della società. La faccenda è molto semplice (simplex sigillum veri).
Le femmine godono di privilegi di natura (evidenti sia, soprattutto nel ruolo di amante e soprattutto di amata, in desiderabilità e potere grazie alle disparità di numeri e desideri a lei favorevoli e da lei sfruttate in ogni modo, tempo e luogo senza limiti, nèremore né regole, sia, in ogni rapporto non solo e non tanto sessuale o erotico-sentimentale, in influenza sul mondo tramite quell'influsso naturale su quanto in ogni uomo vi è di più profondo e irrazionale, derivante dalla sua predisposizione naturale all'esser madre e dunque al plasmare un'anima come si fa coi fanciulli pur mo' nati, all'intuire in anticipo i desideri e i bisogni, a parlare senza parole e a intendere senza mostrarlo, a vedere quanto alla coscienza altrui è ancora oscuro, a leggere dentro senza esser letta, e in virtù del quale in ogni rapporto non banale l'influenza della donna sull'uomo è molto maggiore di quella inversa) che le forze fisiche e intellettuali degli uomini hanno sempre compensato, prima che la compensazione a livello comunitario (tramite quelle mirabili strutture dell'arte, della religione, della politica, della società, della storia, del pensiero che hanno fondato la civiltà) venisse chiamata "oppressione" e quella a livello personale (tramite il sacrificare tutto, fin da fanciulli, alla carriera, come le donne, a parità di condizioni, possono permettersi di non fare, pur avendo poi per natura e/o cultura le stesse cose in termini di accettazione sociale e influenza sul mondo) "discriminazione" (anche quando discende da meriti o fortune individuali). Ecco da dove derivano le “difficoltà” dei maschi: non da incapacità innate, ma da impossibilità imposte di compensare con l'azione sociale (come farebbe anche in tante società animali a partire da quella delle taccole) quanto alle donne è dato in partenza da cultura e natura, perchè, o viene impedito in corso d'opera da appiattimenti egalitari (come le "azioni positive") o, se riesce, viene condannato a posteriori in quanto “oppressore” e “discriminatore” delle donne, quando non viene in anticipo psicologicamente distrutto fin da ragazzo dalla cultura femminista della scuola dell'obbligo (nella quale le qualità propriamente maschili vengono definite come “fonte di ogni male”, anche quando hanno chiaramente costituito, nel bene come nel male, la struttura etico-spirituale dei grandi popoli fondatori di città e civiltà, senza la cui forza generatrice di storia vivremmo ancora sulle palafitte, oppure negate nella loro specificità maschile, come nel caso delle doti “sentimentali” di cui i poeti maschi di ieri, ma anche quei fanciulli di oggi, tanto seri nell'atto creativo del gioco quanto ingenui nel trasporto per la bellezza, e pronti molto più delle coetanee ad eternare in rime, filosofie, musiche, pitture o poemi la persona amata e disiata quanto a uccidere o morire per causa essa, sarebbero testimonianza, ma che continuano ad essere propagandate contro ogni evidenza come “femminili”).

Quando però spara aperte menzogne non posso tacerle.
Se per la Germania posso anche credere che le donne bevano e fumino meno degli uomini (anche se in Italia avviene il contrario), non posso certo far passar liscia una stronzata come “hanno un approccio più flessibile con le nuove tecnologie”. Non so cosa significhi approccio flessibile, ma se si intende la capacità di concepire, sviluppare e rendere belle, utili e funzionanti le mirabilie della tecnologia, essa è a pressochè esclusivo appannaggio degli uomini (o di donne capaci, come Minerva, di pensare e sentire con rigore e chiarezza apollinei e virili, il che, per il nostro discorso, è lo stesso), nonostante tutta la demagogia femminista inculcata fin dalla scuola (in mano alle donne quasi totalmente), nonostante tutta la propaganda antimaschile della pubblicità femminilmente orientata e della cultura ufficiale femminista, nonostante le quote rosa volute per le donne all'università e in azienda sotto varie forme (da condizioni di favore nelle iscrizioni e nei testi d'ingresso a vere e proprie regole esplicite nelle assunzioni e nei concorsi, per non dire dei mille dissimulati ma non innoffensivi privilegi galanti o femministi loro concessi da docenti uomini e da docenti donne) e nonostante la circolazione di idee sulla presunta inutilità degli uomini in un mondo tecnologico propugnata da donne sedicenti evolute le quali, magari inebriate dalle interfacce web (scritte da uomini o comunque rese possibili per la scienza informatica ideata e portata avanti da uomini) a prova di utonta (anzi, di “ustronza”) blaterano di tecnologia pur non sapendo nemmeno assemblare un pc o risolvere un'equazione differenziale (come potrebbero sopravvivere senza uomini in un mondo tecnologico è un interessante mistero). Si può anche ridere di queste contraddittorie menzogne, ma, specie se ripetute in tenera età ad individui particolarmente sensibili o comunque ancora privi (per l'età o le vicende alterne della vita) della possibilità di sentirsi valutati dal mondo, possono portare a danni psicologici di non lieve entità (ed io, se permettete, ne so qualcosa).

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La proposta dell'ombudsman per le pari opportunità maschili sembra provocatoria, e vuole esserlo. Viene dal congresso sulla condizione maschile "Nuovi uomini. Ma è davvero necessario? Dibattito sull'approccio degli uomini a sentimenti ed emozioni" che si è tenuto all'università Heinrich Heine di Duesseldorf, per ironia della sorte anch'essa ormai un bastione del potere femminile: 60 studenti su cento sono ragazze. Come il 57 per cento dei maturandi nei ginnasi, le scuole superiori di qualità. Insomma, bisogna inventare un nuovo uomo, adattarlo al mondo nuovo, ma senza strappargli la sua virilità. Non è uno scherzo, hanno ammonito sociologi e psicologi nella conferenza al capezzale del maschio.
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Le università di qualità un bastione del potere femminile?
No, qua hanno semplicemente cambiato la definizione di "qualità" adattandola alla mediocrità della media delle donne anzichè all'eccellenza dei migliori fra gli uomini (ciò che davvero fa compiere salti di livello qualitativo è ancora compiuto da uomini, specie nella tecnologia).
Io ho vissuto per sei mesi in Germania, e posso confermare che lì, come in America, dove si producono strumenti della tecnica e non chiacchiere della politica o della pseudocultura o del marketing vi sono ancora gli uomini a costituire l'ossatura portante.
Detta come va detta, le femmine eccellono rispetto ai maschi o nelle facoltà materasso ove il giudizio di "bene" è totalmente arbitrario (come in ambito umanisico) e spesso capovolto rispetto alla realtà dei fatti (come nel caso di certe teorie psicologiche o psicanalitiche fatte passare per scienza) , o nelle facoltà ex-serie in cui il livello di rigore e precisione rischiesto è fortemente calato con le ultime riforme (che hanno reso certi corsi di laurea un tempo selettivi simili ad un prolungamento del liceo in cui basta seguire le lezioni con costanza, svolgere il compitino, imparara la lezioncina per ben figurare, senza più bisogno come un tempo di imporsi un metodo di lavoro nuovo, di capire le cose intimamente e di saper risolvere un problema ogni volta "nuovo" da soli).
Del resto, dove basta il trac trac quotidiano le donne vanno bene dove serve uno slancio eroico verso il sapere vi sono sempre e solo uomini. Mi è parso evidente sin dal liceo, perchè fra quel sesto di maschi che detiene il senno mancante ai restanti 5/6 di imbecilli (tanto da bilanciare la quantità totale di intelletto dei due generi) vi sono i geni creatori di mirabili opere dell'arte come della tecnica, della cultura come della storia (mancanti invece fra le mediamente bravine donne).
Per valutare la qualità dello studio qua si basano sul livello medio (e allora dicono essere le donne le più brave), mentre io mi baserei su quello raggiunto dal ristretto gruppo dei migliori (e allora diciamo di essere noi i genii creatori)
Che le femmine siano più brave è vero solo facendo la media, non certo prendendo i migliori fra i due generi, ma del resto anche ai tempi di Schopenhauer i cinque sesti degli uomini erano composti da imbecilli che avrebbero rovinato ogni media "di genere".
Quanto qualifica il genera maschile è costituito dal rimanente sesto, fra cui solo possono trovarsi i veri premi nobel (con buona pace delle femministe convinte una donna possa, senza le varie "oppressioni patriarcali e maschiliste" arrivare ove arrivano i migliori fra gli uomini, ove questi uomini sono arrivati spesso nonostante le peggiori forme di povertà ed esclusione sociale, come nel caso dei poeti maledetti o dei matematici vissuti in miseria).
Quando una donna comporrà un'Opera lirica degna della Tosca, dimostrerà un teorema fondamentale, progetterà un'autovettura da corsa funzionante o partorirà un'Eneide, allora ci ricrederemo. Ma penso che arriveremo prima noi a partorire bambini.
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"La promozione delle pari opportunità negli anni Sessanta e Settanta è stata un successo", dice il sociologo Klaus Hurrelmann, ma inevitabilmente le donne hanno vinto a spese degli uomini. "Ci siamo dimenticati di loro, associandoci alla lotta del femminismo e delle donne". Con il risultato, tra l'altro, per le nuove donne vincenti di sempre maggiori difficoltà per trovare il "signor giusto". Donne vincenti ma a corto di uomini.


È colpa anche dei maschi, ovviamente. Attraverso le tempeste della rivoluzione femminista, della caduta dei Muri, di Internet, hanno continuato ad aggrapparsi al loro ruolo tradizionale di capofamiglia che lavora, ammonisce Hurrelmann.
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Si potrebbe parlare di colpa se vi fosse una possibilità di scelta.
Ma se per la donna la carriera è una scelta, per l'uomo è un obbligo, in quanto non ha il privilegio di natura e cultura di essere universalmente mirato, amorosamente disiato e socialmente accettato in sè e per sè per la grazie, la leggiadria, la bellezza (o, meglio, l'illusione del desiderio), come la "donna", senza bisogno di mostrare obbligatoriamente altre doti o compiere particolari imprese, ma, proprio in quanto "uomo", DEVE (a prescindere dal volerlo o meno) costruirsi una visibilità, una desiderabilità, una accettazione tramite la propria azione affermatrice nella società, e se non vi riesce rimane negletto dalle donne e trasparente per la società (poichè non possiede neppure quell'influsso psicologico esercitato dalle donne per natura su quanto negli uomini vi è di più profondo e irrazionale).
Solo se riesce a primeggiare socialmente può realisticamente sperare di essere scelto da quelle donne della cui bellezza sente primario bisogno, a prescindere dagli schemi culturali,e dalle credenze ideologiche, perchè fin dalla natura la femmina pretende, in cambio del proprio concedere quanto di più fortemente e intersoggettivamente desiderato e valutato esista al mondo, ovvero le proprie grazie, almeno l'eccellenza nelle doti qualificanti di volta in volta la specie e conferenti primato o prestigio sociali. Una donna più ricca, più colta e con più possibilità di divertimento, successo e potere pretende semplicemente di più, dal suo uomo, in termini di posizione sociale, ricchezza, e possibilità di offrire miglioramenti di vita, oppure, vuole un uomo che eccella in qualcosa di diverso (come ad esempio un artista o un premio Nobel), ma di certo non si contenta dei “buoni sentimenti” (come del resto non se ne accontenterebbe un uomo).
Tutti i riscontri disincantati sulla realtà quotidiana confermano questo. E la spiegazione è biologioca (spesso psicologi e sociologi pretendono di descrivere e spiegare l'uomo come fosse puro spirito, senza tenere presente come prima di tutto sia un essere vivente, come anche la sua anima sia un prodotto dell'evoluzione naturale e come il suo comportamento, i suoi bisogni e i suoi pensieri ultimi siano determinati, sia individualmente sia socialmente, dalle strutture biologiche di cui è costituito).

Poiché l'uomo, se avesse a disposizione cento donne, potrebbe generare in un anno cento figli al pari del re priamo, mentre la donna, anche se avesse cento uomini potrebbe partorirne uno solo nello stesso tempo, la natura, la quale ha a cuore l'accrescimento e la selezione della specie, non già la felicità degli individui, fa sì che il primo desideri godere delle bellezze corporali del maggior numero di donne possibili e cerchi dunque sempre anche 100 donne contemporaneamente subitaneamente attratto al primo sguardo dalle loro forme e dalle loro chiome, mentre la seconda voglia prima di tutto esser sommamente bella e disiabile per poi attorniarsi sì magari anche di 100 uomini, ma non per copulare con tutti, bensì per selezionare, fra coloro attirati dalle sue grazie, colui che mostra di eccellere nelle doti volute da lei e non necessariamente estetiche (non solo bellezza, ma anche cultura, sensibilità, potere, forza, intelligenza, cuore, o quant'altro ogni singola donna soggettivamente ritiene importante) e d'essere il miglior padre per la futura prole.
No, non solo per le puttane, che sono una minoranza, servono i denari, ma per gran parte delle donne "normali", giacché l'istinto femminile non è disiare diffusivamente come l'uomo, ma selezionare l'eccellenza, la quale in un mondo capitalista tende ineluttabilmente ad identificarsi più o meno velatamente con quella economica. Oggettivamente, al di là di ogni demagogia anti-consumistica, il denaro è quanto di meglio esista per fornire non solo una base su cui vivere serenamente in coppia, ma anche una possibilità di garantire il benessere e l'avvenire ai figli. Per questo l'uomo deve possederne anche se non si parla di "puttane". Anche le donne normali lo pretendono. Non è una questione di interessi, ma di desideri.
Tutto ciò continua a muovere i desideri indipendentemente da quanto pensano, studiano e progettano gli individui nelle loro singole vite, e quindi rimane vero anche quando magari né l'uomo, né la donna desidererebbero consciamente avere figli o amanti o inseguire donne o attirare uomini. L'uomo desidera un seno anche quando non pensa all'allattamento del fanciullo e la donna desidera il migliore fra gli uomini anche quando non pensa di farsi mantenere o di procreare. E' la natura a far desiderare agli uomini e alle donne quanto è utile alla propagazione, all'accrescimento e alla selezione della specie e a rendere desiderabile la persone del sesso opposto che "corrisponde individualmente" e possiede le doti più utili alla specie.
Chi non capisce questo o lo nega per portare avanti tesi "sociali" lo fa o per imbecillità, o per l'illusione di credere l'amore qualcosa di puro e di divino, o per poter continuare a costringere a proprio comodo e capriccio gli uomini a vivere contro natura e a farli sentire in colpa quando non vi riescono.
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Non hanno capito appieno che le donne, specie le giovani d'oggi, vogliono e sanno far coesistere carriera e successo con famiglia e ruolo di genitrice.
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Abbiamo capito benissimo, ma non abbiamo la possibilità di fare altrettanto, vedi sopra.
Per noi la carriera è l'unico modo (in un mondo capitalista, s'intende), di bilanciare in desiderabilità e potere quanto alle donne è dato per natura dalle disparità di desideri nell'amore sessuale e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madre.
E non tirate vuoli le solite fumisterie femministe. Quanto affermo come necessario per l'uomo non è per comandare, è solo per scopare o, meglio, per sentirsi apprezzati, come voi, senza neanche rendervene conto, lo siete di per sè per la grazia, la leggiadria, l'essenza mondana, la bellezza (anche quando non c'è subentra l'illusione del desiderio).
E, comunque la si pensi su natura, cultura ed emancipazione femminile, noi uomini dobbiamo costruire qualcosa di intersoggettivamente valido e immediatamente apprezzato al pari della bellezza per essere universalmente mirati, amorosamente disisati e socialmente accettati come voi lo siete per le vostre grazie corporali, altrimenti le occasioni (di incontro e apprezzamento reciproco) non avvengono. Figuriamoci se avviene di poter diventare padre!
Vi sono in effetti uomini che, seguendo la critica al modello dell'uomo impegnato tutto sul successo lavorativo, vivono infischiandosene del lavoro e della carriera, di compensare con lo studio, il lavoro, il denaro, il potere, la cultura, il prestigio, il successo, la fatica, l'impegno, la fortuna e/o il merito individuali quanto in desiderabilità e potere è dato alle donne per natura : peccato siano proprio coloro i quali sono qui criticati dal professore, coloro che "si lasciano andare".
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Il quadro generale descritto dal professor Matthias Franz lascia poche speranze. Vediamolo: ben più ragazzi che non ragazze (60 su cento) interrompono gli studi. Le donne in media vivono 5 anni più a lungo. Sanno condurre una vita più sana, indulgono meno dei maschi ai malsani piaceri di fumo, alcol e droghe, sono colpite più raramente da infarto o altre malattie cardiovascolari. A scuola e nelle università sono più brave, si applicano con più concentrazione, e con idee più chiare su cosa vogliono fare da grande. "Insomma, nell'istruzione, nella salute ma anche quanto a conoscenza della propria identità, i maschi offrono un quadro desolato". E senza un aiuto, istituzionale e politico, rischiano di non farcela.
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Del resto, quando o per mancanza effettiva di doti personali, o per assenza di impegno o per sfortuna, o per oggettiva impossibilità imposta dall'esterno (ad esempio: ambiente gerontocratico, assenza di meritocrazia o comunque di possibilità di farsi valere quandi si è giovani e pieni di forze mentali) non si riesce a conquistare una certa posizione nella società, è comprensibile (ed in una certa misura ragionevole e giusto) non voler avere nulla a che fare con la società e con le donne, perchè nella prima si rimarrebbe de facto apolidi (poichè privi di armi, come possono essere per le donne la bellezza e l'influsso psicologico correlato alla predisposizione all'esser madre, per agire su di essa) e dalle seconde si potrebbero rimediare soltanto inganni profondi, irrisioni al disio, umiliazioni pubbliche e private, ferimenti intimi, sofferenze nel corpo e nella psiche rese infernali dalle implicite promesse della concessione di un paradiso, inappagamenti fisici e mentali e disagi da sessuali ad esistenziali, e non perchè le donne siano particolarmente "cattive" (ovvero più cattive di qualunque essere umano si trovi realmente nella condizione di poter infierire sull'altro o comunque di esercitare una forza contrattuale infinitamente superiore a quella subita), ma semplicemente perchè un uomo privo di posizione sociale, ricchezza, potere, cultura, fama, prestigio, successo non ha in un potenziale incontro (il quale, se amoroso, ha sempre qualcosa dello scontro) alcuna arma da contrapporre a quella della bellezza, alcun valore con cui bilanciare (in desiderabilità e potere) un eventuale rapporto (il quale è sempre un dare e avere), alcuna dote, al pari della bellezza oggettivamente valida e immediatamente apprezzabile, per essere mirato da tutti, disiato al primo sguardo e accettato dalla società così come le donne lo sono per le grazie corporali (con cui quindi bilanciare il rapporto di forza contrattuale).
Prescindendo comunque dai risultati lavorativi che un uomo può conseguire, perchè, una volta fatte sparire (come forme ordinatrici della società e fonte di valore e diritto) quelle identità di sangue e spirito (famiglia, casta, razza, popolo) capaci di andare di là per grandezza, potenza e durata, dall'effimero individuo e di giustificare il sacrificio di quest'ultimo per qualcosa che lo trascende e in cui può continuare ad identificarsi un uomo ragionevole dovrebbe continuare a sacrificarsi nel matrimonio, nel lavoro, nella società?
Per non far sentire sole le donne? Anche volendo essere così sentimentali, perchè sacrificarsi per non far star sola colei che (sempre secondo le statistiche citate) non ha remore nell'abbandonare, secondo il proprio interesse individuale o il proprio capriccio sentimentale, quell'uomo che si è tanto sinceramente innamorato da non poter più concepire una vita lontano da lei (fino a ricorrere una volta abbandonato al suicidio o alla droga) o che comunque ha per lei ha sacrificato tanti frutti del proprio lavoro, del proprio tempo, delle proprie fatiche e delle proprie speranze di felicità?
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Persino sul futuro della coppia non sono più loro, i tradizionali 'capofamiglià da secoli, a decidere. Il più delle volte è la donna a scegliere il divorzio o la fine della relazione, nota il sociologo Gerhard Amendt. E aggiunge: l'uomo che deve accettare divorzio o fine di un amore, il più delle volte non reagisce con un feeling di nuovo inizio della vita, ma ripiegandosi su se stesso. Per anni o per sempre.
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Evidentemente per noi l'espressione che nelle rime del Tasso l'amante rivolge all'amata: "vita de la mia vita" non è come per loro un ornamento sentimentale, ma un vero sentimento del vivere. Evidentemente, sebbene la cinematografia e i romanzi rosa vogliano farci credere il contrario, le donne sembrano sentimentali, gli uomini invece lo sono, gli uomini sembrano crudeli, le donne invece lo sono. Per le donne il tanto decantato amore pare solo uno stato di felicità e appagamento da perseguire con calcolo razionale prima e pochi scrupoli poi (verso chi, pur ancora amante, non è sentito più come funzionale a tale stato di felicità e appagamento e quindi viene gettato via come un tovagliolo usato), mentre per noi è davvero una passione che, una volta suscitata dà senso all'esistenza e non rende possibile altra esistenza senza di essa. Una volta che la persona amata viene perduta, si perde anche il senso e l'essenza della vita, per cui il suicidio o l'oblio di sè nella droga divengono le uniche vie d'uscita (assieme all'omicido/suicidio con cui tornare per l'eternità assieme all'amata). Se davvero le parole delle donne sull'amore fossero vere, dovrebbero loro per prime comportarsi così. Il fatto che invece siano gli uomini a suicidarsi maggiormente per loro e che esse vedano ciò come strano o mostruoso dimostra quanto sia innata in loro la dissimulazione sentimentale.
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Così come a scuola e nelle università, i maschietti che si vedono e si sentono sorpassati dalle ragazze
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Adesso basta! Mi viene voglia di prendere una ad una le femmine prese ad esempio e confrontarle con me in termini di voti (facendo il dovuto paragone con il grado di difficoltà delle diverse facoltà universitarie). Mi si possono attribuire tutti i difetti ma non quello di non aver studiato. E nonostante tutto anch'io rientro nel quadro degli “sfigati” del professore. Quindi il problema non sta qui.
E poi, cosa conta che i 5/6 di noi siano emeriti imbecilli e facciano calare la media, quando fra il restante sesto vi è non solo tutto il senno per riequilibrare la situazione, ma anche il genio in grado di far compiere salti di livello qualitativo all'azione a lla conoscenza umane (vedi la vera avanguardia della scienza e della tecnica)? O di far conscere sulla terra le bellezze del cielo (vedi le poesia e la musica)
L'ineguale distribuzione delle qualità intellettive fra gli uomini (opposta a quella quasi “egalitaria” fra le donne tutte mediamente “intelligenti” ma mai geniali) è conforme ai fini della natura: per far ascendere la vita è necessario il sesso di chi si accresce, compete e si afferma e quello di chi, attirando tutti, selezione chi vince (e non già abbia pretese di partecipare alla competizione magari approfittando dei privilegi spettanti a chi di essa è premio e meta).
Del resto, persino all'atto del concepimento ogni ovulo, in quanto oggetto di fecondazione, ha rilevanza per la qualità del nascituro, mentre solo lo spermatozoo che primeggia ha valore e influenza. Ecco perchè il maschile, al contrario del femminile, non va valutato facendo la media, ma prendendo il meglio. Il contributo maschile alla vita ascendente è dati dal livello dell'eccellenza, non da quello della media. La media conta solo per le femmine che in quanto tutte potenzialmente madri hanno il compito di selezionare i migliori maschi.
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reagiscono chiudendosi su se stessi, lasciandosi andare nella quasi tossicodipendenza dai videogiochi, esplodendo in disperati accessi di aggressività. O cercando rifugio in famiglia, nel nido di mamma e papà, comodo ma senza domani.
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Sparite, con gran gioia degli egalitari e delle femministe, le idealità per cui gli uomini della tradizione sacrificavano loro stessi (prima ancora della "libertà" dei figli e delle donne che il femminismo vanta di aver reinventato), l'uomo moderno può benissimo decidere di vivere finalmente la vita per se stesso, non più per dio, par la patria e per la famiglia e nemmeno per compiacere la donna, i capitalisti o i politici. Ovvero può decidere di spassarsela infischiandosene di tutto e di tutti (del resto, cosa hanno fatto le femministe pretendendo il diritto all'aborto, se non reclamare il diritto a spassarsela senza preoccuparsi delle conseguenze per nascituri e società?). E spassarsela può significare fare l'ultras se si è appassionati di calcio, continuare a vivere in famiglia se lo si trova vantaggioso, non ammazzarsi di lavoro e responsabilità se si vede che comunque la condizione sociale non cambierebbe granchè, andare a puttane e non pensare al matrimonio o ai figli se si ama vivere secondo la propria natura poligama.

Posso capire la critica a quei comportamenti lesivi dell'ordine pubblico e della sicurezza urbana, ma finchè un cittadino non danneggia oggettivamente il prossimo, perchè deve essere sottoposto a critica morale o a lavaggio del cervello psicologico solo perchè vuole tutelare la propria libertà (fisica e sessuale), la propria tranquillità (materiale e sentimentale) e i propri averi non sposandosi, risparmiando sulla casa restando in famiglia, facendosi accudire dalla madre (unica donna la cui fedeltà e la cui sincerità sono garantite dalla Onnipossente Natura), appagando il proprio bisogno sentimentale non fidanzandosi con donne reali ma abbracciando le superne creazioni della musica e della poesia (le quali, essendo partorite dai più delicati fra gli uomini, sanno donare sfumature di sentimento e vette di nobiltà d'animo sconosciute alle donne reali, così bassamente "pragmatiche" dietro le loro parvenze "sentimentali"), restando libero di divertirsi a piacimento in tutto e per tutto e appagando di quando in quando il proprio bisogno di godere la bellezza nella varietà multiforme delle creature femminine grazie delle sacerdotesse di Venere?
Perchè, se tale felicità e serenità di vita è possibile, da non sposati, anche senza dannarsi nella ricerca di un lavoro impegnativo e strapagato, si dovrebbe sacrificare tutto di sè per far carriera, per sposarsi o per inserirsi nella società nel modo voluto dallo psicologo? Perchè la scelta di godersi la vita finchè la situazione familiare lo permette sarebbe senza futuro? E quale sarebbe questo futuro? Sposarsi? Avere dei figli?
Ma questo è in contrasto con quanto ammesso dallo stesso psicologo.

Sono le donne a chiedere il divorzio?
Certo, perchè divorziare è reso vantaggioso dalla legge e permette impunemente di infierire a piacimento
contro i beni, gli affetti e (con le mille possibili accuse false o indimostrabili rese sempre più possibili da leggi come lo stalking) la libertà di un uomo

Sono le donne a conciliare meglio la carriera con il ruolo di genitrici?
E' difficile che l'uomo possa avere un ruolo come genitore laddove i figli da lui concepiti assieme ad una donna possono essere da questa "annullati" anche senza il suo consenso e quelli già nati gli possono essere portati via con pretesti (come denuncie false o gonfiate di stalking o violenze) o con procedure sistematicamente a senso unico nell'affidamento.

Stanti così le cose, dovrebbe un uomo compiere scelte diverse da quelle che gli garantiscono più vantaggi e sicurezze? il suo futuro sarebbe sottoporsi agli arbitri che l'interpretazione a senso unico delle leggi su aborto, divorzio e violenza sessuale permetterebbe alle donne una volta instaurata una relazione?

Instaurare una relazione affettiva con chi si arroga il diritto a decidere della vita e della morte dei figli concepiti insieme?
Sposarsi con chi per un qualsiasi capriccio potrebbe chiedere il divorzio portandosi via casa, famiglia, roba e riducendo la vita dell'ex marito a quella dell'esule ottocentesco?
Gettarsi fra le braccia di chi senza prove e sulla sola parola potrebbe far finire in galera il compagno o l'amante occasionale dicendo di essersi concessa ma di aver detto no dentro di sè o di essere stata vittima di un corteggiamento troppo convincente o di richieste troppo assidue?

Se il futuro è questo mi tengo caro il presente.
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L'uomo forte insomma è leggenda macho di ieri, passé, nota lo svizzero Walter Hollstein, studioso della psicologia maschile. Il maschio di oggi non ha saputo adattarsi a un mondo divenuto più femminile, nel potere ma anche nella cultura e nei costumi. "Agli uomini si chiedono sempre più spesso qualità femminili: più comunicazione, più capacità di mostrare sentimenti ed emozioni". Meno decisionismo, meno potere. E il maschio va in tilt.
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Diciamo che il maschio di oggi è stanco di sentire menzogne su di sé e sulle donne da parte di chi si dice psicologo senza aver mai studiato cosa non già la psiche dei maschi di oggi (deformata da mito egalitario, sistema di valori eudemonico, propaganda culturale femminista e demagogia pubblicitaria antimaschile) ma quella dei maschi sani ha liberamente generato come espressione di sé. E soprattutto senza considerare evidenze di natura con cui ogni giovane maschio deve fare i contri a prescindere dalla cultura. Ma di questo ho già ripetutamente parlato anche troppo.
Dico solo due cose.
Punto primo: quale autorità possiede questo psicologo per affermare che il mondo abbia bisogno di meno decisionismo, meno potere e più empatia?
Il muoversi secondo criteri "empatici" (ovvero scegliendo "a simpatia" a chi affidare un incarico importante o persino un appalto, con chi schierarsi in caso di conflitto, se essere pro o contro qualcuno o qualcosa) anzichè secondo quanto l'evidenza di fatti dimostrabili e la chiarezza di ragionamenti logici mostrerebbero come necessario e l'incapacità di prendere decisioni chiave e di affermare un concetto di potere in grado di dare forma al futuro di una comunità (e non semplicemente di adattarsi di volta in volta agli eventi subiti), di pro-gettarla nella storia (e non semplicemente di constatarne l'inevitabile declino storico-politico) sono fra le cause principali del soccombere in ogni campo dell'intero occidente rispetto alle potenze emergenti dell'Asia vicina e lontana (ove invece che "empatia" la parola d'ordine è "ingegneria", ovvero uso dell'ingegno finalizzato alla progettazione).
Punto secondo: che le femmine siano più empatiche, comunicative e capaci di provare ed esprimere sentimenti è una frottola da loro propagandata per secoli e sostenuta dai più mendaci poeti idolatri della donna. La donna è semplicemente più abituata ad essere ascoltata, osservata e accontentata a priori (per le disparità di disio che la avvantaggiano) , più chiacchierona (che non significa più espressiva) e più pronta a gridare ai quattro venti, gettare a manate e vendere a staia quel sentimentale che è il contrario del vero sentimento (il quale ama stare al riparo dall'occhio vile del volgo, in un hortus conclusus in cui conservarsi puro per il proprio ideale).
Tutte quelle doti (la delicatezza d'animo, la propensione al sogno, la sensibilità esasperata per i moti dell'interiorità, la variopinta finezza di sentimento, la squisitezza sincera di modi, la soavità di pensiero, il trasporto ingenuo per la bellezza, lo slancio della grande passione,l'amore per il bello, il nobile, il grande e l'eroico, la capacità di sacrificare il miglior sè al proprio ideale)
attribuite dal genio dei poeti alle donne appartengono in realtà alla parte più profonda e nascosta (nonchè rinnegata per obbligo sociale e per vantaggio delle femmine) dei più compiuti fra gli uomini (compiuti perchè rimasti compiutamente fanciulli).
Per secoli ciò è stato da noi espresso nella poesia (poichè era represso nella società).
Oggi come ieri, però, nella realtà dei fatti e non in quella degli psicologi, se un uomo si dimostra sinceramente debole e sentimentale (qualità necessarie per essere davvero "sensibile", giacchè quanto è solido come una roccia non può percepire alcuna sfumatura di sentimento) viene disprezzato (come già lo fu il Leopardi, incarnazione della più pura sincerità e della più frale delicatezza di sentimento anche davanti alla lucida visione della tragica condizione esistenziale dell'uomo): è inutile che si propagandi il contrario (illudendo così gli uomini più sensibili di poter essere apprezzati "per quello che sono", e inducendoli poi davvero, per la delusione, al suicidio, alla droga o a comportamenti esageratamente aggressivi).
Il sentimentale può essere un'arma per la donna, che già per la bellezza induce all'attenzione (e alla sublimazione della debolezza erotica in debolezza sentimentale), ma l'uomo, che è costretto se non dalla società almeno dalla natura e dalle sue disparitù di numeri e desideri alla fatica della conquista, deve possedere ben altre armi.
Solo avendo qualcosa di oggettivamente valido ed immediatamente apprezzabile al pari della bellezza per bilanciare in desiderabilità e potere un eventuale rapporto
ha la speranza di scegliere (o essere scelto da) chi desidera o comunque di vivere libero e felice nella sfera amorosa e oltre.
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"Deve imparare più empatia, capire meglio se stesso".
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Proprio perchè abbiamo capito bene noi stessi abbiamo deciso di rompere con la società e con le donne, che negano la nostra natura, i nostri bisogni e i nostri valori (oltre che le nostre qualità, siano esse quelle spirituali e ascendenti che già hanno fatto passare l'umanità dalla preistoria alla storia e saranno necessario per passare dall'uomo all'oltreuomo, siano quelle di sentimento e di intelletto evidente in secoli di ineguagliata poetica ma negate oggi per compiacere le scrittrici femministe).
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Di questo passo, forse sembrerà necessaria persino una politica delle quote. Non più quote rosa, ma quote per i maschi.
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Basterebbe che le donne decidessero se preferiscono i nuovi diritti (quelli reclamati dal femminismo) o gli antichi privilegi (di cultura e natura). Non possono continuare a pretendere entrambi. Frattanto, non ci resta altro da fare che bilanciare in desiderabilità e potere quanto ad esse è dato dalla bellezza Ecco perchè lavoriamo in cerca di una posizione elevata
La parità è erronea se vi sono disparità naturali da bilanciare. Quando si vede che l'eccellenza nello studio non vale a fornire una più alta posizione sociale giustamente lo si abbandona.
Siamo in ciò semplicemente più furbi. Noi giochiamo solo per vincere e per vincere qualcosa di serio. Quando non vi è oggettivamente speranza è ragionevole essere disperati.
Dovremmo perdere tempo e fatica per quanto non serve a bilanciare in d e p quanto le donne hanno per natura (e che in un mondo capitalista può essere bilanciato solo con il denaro)?
Certo che altrimenti mi ripiego in me stesso, o mi si danno armi valide o lascio perdere ogni tentativo di conquista (specie se non vi è nulla di valido da conquistare).
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Con le quote, con l'ombudsman, con nuovi sforzi per capire se stessi, urge inventare l'uomo nuovo.
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Ecco che si arriva alle parola d'ordine di ogni mito egalitario e progressista: “uomo nuovo”.
E si pretende che io mi sforzi di diventarlo, sacrificando persino la mia felicità e i miei interessi (i quali consisterebbero nel restare da solo o coi genitori, e nel giocare con la serietà del fanciullo ai giochi che più mi appagano e nel rimanere libero per ogni divertimento ed ogni godimento poligamo della bellezza), per conformarmi a quanto voluto dalle donne moderne e dalla società di oggi.
Ma non si può pretendere che io mi sacrifichi per qualcosa in cui non credo, in cui non posso identificarmi e in cui vedo la negazione della mia natura, come una società appiattita sui valori femmineo-pacifistici dell'egalitarismo introdotto nella morale dal cristianesimo e poi fattosi storia con le varie rivoluzioni giacobine, socialiste e femministe. Per me tutto questo è segno di decadenza, come mi mostra la storia.
Questo esaltare la pace e le donne è tipico di chi sa concepire il vivere solo come mera conservazione senza altro scopo da quel pacifico e tranquillo benessere materiale e morale da bestiame bovino voluto in ogni tempo dalla plebe, dalle femmine e dalle vacche. Se fossimo rimasti a questa visione femmineo-pacifistica saremmo rimasti fuori dalla storia, prigionieri della specie, o comunque appiattiti al tutto indifferenziato delle società matriarcali senza classi (incapaci di ordinare il chaos in kosmos, di conoscere valori, bellezze e significati superiori all'illusoria felicità individuale ed alla patetica fuga dal dolore e quindi di fare degli strumenti della tecnica strumenti per un nuovo paradigma).
Se invece siamo passati dalla preistoria alla storia, se in essa abbiamo conosciuto il nobile, il bello, il grande e l'eroico, quali ce li mostrano l'Iliade, l'Eneide, i poemi persiani o la Baghavad Gita, se siamo passati dalle caverne ai palazzi risorgimentali, dalle pitture rupestri al cenacolo, dai suoni gutturali alle liriche immortali, dagli oggetti di pietra alle meraviglie tecnologiche, dal dover cercare cibo e riparo a poter produrre abbondanzae sicurezza, dall'essere determinati e dominati dall'ambiente al poter decidere di esso, di sè, della propria stessa natura e del proprio destino,è stato grazie a quei popoli indoeuropei fondatori di città e civiltà e ai loro valori virili e aristocratici,comportanti la concezione della vita non quale conservazione di sè e ripetizione di forme di vita sempre uguali, bensì quale continuo superamento con il conseguente ordinamento gerarchico in grado di porre in alto il tipo umano in ciò più eccellente (guerrieri e sapienti).
Ora, dopo il compimento di quasi duemila anni di sovversione egalitaria, siamo a un bivio: da una parte, l'ultimo uomo che ha inventato la felicità, l'uguaglianza, i diritti umani, e (conforme alla credenza sulla natura lineare del tempo consustanziale al giudeocristianesimo e sulla hegeliana "necessità storica") sogna di far terminare la storia in un verde pascolo in cui tutti sono felici (e uguali) poichè non succede più nulla, dall'altra parte il superuomo che vuole provocare una frattura nel tempo della storia e rigenerare quest'ultima, conformemente ad una visione sferica del tempo (in cui il più antico mito è meta e modello per il futuro).
Superfluo rimarcare come nel primo caso l'umanità ricadrebbe prigioniera della specie, ovvero di una vita quale mera ripetizione di forme sempre uguali (in particolare forme eudemoniche e demoliberali), perdendo la qualità peculiare (che l'ha contraddistinta nei tempi storici))di poter continuamente modificare la propria stessa natura, non cristallizzandone una ma riprendendo di volta in volta dagli altri animali l'uno o l'altro aspetto secondo la propria volontà e le proprie necessità, mentre nel secondo compirebbe un salto di livello qualitativo paragonabile a quello fra uomo naturale e uomo storico (ecco il terzo uomo).
In tale caso non possono non essere meta e modello per il futuro i valori fondamentali (etico-spirituali) della Grecia omerica, di Roma, della Persia iranica, dell'India dei veda, della Germania sacra e imperiale e di tutte quelle "genti eroiche" capaci di compiere imprese esprimenti forza, coraggio e splendore più che umani e tali da fondare città e civiltà, di generare opere di grandezza, potenza e durata degne degli dei e tali da costituire il mito fondativo di intere epoche, di concepire nell'arte come nella religione, nella politica come nella storia, nel pensiero come nella società, strutture mirabili nate per misurare i millenni e non essere raggiunte dai contemporanei nè superate dai posteri.

Perchè dovrei arrendermi nella sfera etico-spirituale?
Perchè dovrei accettare come fonte del valore e come definizione di bene quanto proposto da chi, per odio e invidia verso ciò che era in alto e tendeva verso l'alto (come dimostrano le fasi ascendenti della storia e della civiltà segnate dal principio solare e apollineo della Grecia, di Roma, dell'India dei Veda, della Persia degli Arii), ha distrutto ciò in cui avrei potuto identificarmi? Perchè dovrei accettare la resta totale alla sovversione?
Come nei riguardi della sovversione cristiana dei valori Nietzsche continua a rivendicare come bene quanto è sinonimo di forza, guerra, rischio, coraggio, aristocrazia, selezione, vita ascendente, disinteresse per l'eudemonia e malora per i malriusciti, contro ogni spirito dei tempi, così anche rispetto a questa sovversione femminea (che del cristianesimo e dell'egalitarismo è proseguimento) io continuo ad affermare come bene e come fonte di valore e diritto quanto è virile e aristocratico in senso eminente, contro ogni tendenza egalitaria di ieri e di oggi (certo che il domani apparterrà a noi anti-moderni e anti-umanisti, costi quello che costi in termini di "felicità individuale" e "dolore umano").
Per me la fonte del valore rimane spirituale e ascendente come nel mondo virile e aristocratico dei grandi popoli indoeuropei fondatori di città e ciivltà, rispetto a cui femminismo e giudeo-cristianesimo sono chiari elementi di decadenza storica, estetica, morale e psicologica.

Resa impossibile, con la sconfitta militare del fronte anti-egalitario nell'ultima guerra mondiale, una resistenza propriamente armata, e, con le persecuzioni economiche, sociali e giudiziarie verso chi non si allinea alla versione ufficiale della storia e della morale, pure la resistenza ideologico-culturale, l'unica forma possibile di resistenza è quella esistenziale.
Se rimango fanciullo rimango, in ogni senso, intoccabile da parte del mondo moderno.
Il mio rifiuto a "maturare" è la testimonianza della fedeltà al mondo della tradizione contrapposto a quello moderno.
Nietzsche impazzì perchè diventare folli era il modo migliore per restare sani in un mondo che aveva ormai sovvertito ogni valore. Io ri-divento fanciullo perchè restare immaturi è l'unico modo per maturare in un mondo che ha ucciso ogni senso anagogico dell'essere uomini.

Un mondo quale quello moderno, totalmente effeminato nei valori, materialisticamente egalitario,
individualisticamente eudemonico, volto all'utile e al tempo, incapace di definire altro che crimine o follia ogni tentativo di ordinare l'umano secondo i criteri del sacro e dell'eterno, abituato a chiamare favola ogni slancio (fuori dall'io) al nobile, al bello, al grande e all'eroico (quali pure sono eternamente mostrati dall'Eneide, dall'Iliade, dalla Baghavad Gita, dai Poemi Persiani) e pazzia ogni rifiuto dell'illusoria felicità individuale e della patetica fuga dal dolore,
inetto a concepire diversamente da una mostruosità un ordinamento sociale volto non ad interessi materiali (ridotti al rango di mezzi) ma al superamento dell'umano (secondo le vie di azione e non azione) e a porre in alto il tipo umano più eccellente in tale superamento (guerrieri e sapienti),
disabituato a concepire come vera vita quella spirituale ed ascendente data dal padre (contro quella corporale e conservativa semplicemente materna)
non merita uomini.
Rifiutandomi di divenire "uomo" come lo pretenderebbe il mondo moderno, mantengo del fanciullo la (per i contemporanei, pericolosa) furia dionisiaca capace di creare e distruggere mondi, ovvero quanto servirà, una volta distrutto il mondo attuale, per generarne uno nuovo.
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Capace di adattarsi al nuovo potere delle donne.
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Una personalità lunare, avvezza a prendere valore dall'altro da sé, si adatta passivamente all'ambiente. Una personalità solare, il cuo valore brilla per forza propria, agisce per conformare l'ambiente a sé. Non accetto di vivere da luna come fossi una donna. E la storia esiste proprio perchè sono esistiti gli uomini “solari”che hanno fatto passare l'umanità dalla specie alla storia, dal cercare cibo in natura al produrlo con forza propria, dall'essere determinati dall'ambiente al determinarlo tramite la tecnica. Perchè dovrei far parte del “grande riflusso” e diventare un uomo “che si adatta” (a subire) anziché cercare di agire per affermarsi?
E anche volendo lasciar perdere il discorso anagogico, anche dal punto di vista strettamente eudemonico non è possibile “adattarsi” al “nuovo potere delle donne” se non trovando il modo per bilanciarlo con doti intersoggettivamente valide e immediatamente apprezzabili al pari della bellezza femminile, con cui “star di paro” alla bella donna (oggi pure ricca, colta, intelligente e potente, secondo quanto racconta questo articolo). Qualsiasi altro “adattamento” altro non è che un accettare di essere potenziali vittime di “dame” il unico scopo esistenziale pare quello di suscitare ad arte il desiderio per poi compiacersi della sua negazione e infliggere così tensioni psicologiche, ferimenti intimi, sofferenze emotive, irrisioni al disio, umiliazioni pubbliche o private, dolori d'ogni sorta nel corpo e nella psiche, inappagamenti fisici e mentali fino all'ossessione e disagio da sessuale ad esistenziale, al solo fine della propria vanagloria, del proprio patologico bisogno d'autostima, del proprio sadico diletto, del proprio interesse economico-sentimentale o del proprio gratuito sfoggio di preminenza erotica, di “dame” avvezze a trattare l'uomo come uno specchio su cui testare la propria avvenenza, un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto, un giullare da far impazzire e illudere per crudele scherno e poi deludere, un burattino da manovrare per divertimento e poi gettare a piacere dopo averlo irriso, di “dame” fiere di affermare esplicitamente il loro ruolo essere quello di usare l'illusione della bellezza come arma per far patire gli uomini fisicamente e mentalmente, per tenerli ad arte nell'inappagamento corporale e psicologico, per farli sentire un nulla innanzi a loro, per tiranneggiarli in ogni ambito, per rendere la loro vita un susseguirsi di irrisioni d'ogni sorta, di umiliazioni private e pubbliche e di frustrazioni sempiterne d'ogni disio, per gettarli in un abisso di pene da inferno dopo aver promesso il paradiso, per rendere loro impossibile vivere la sessualità in maniera tranquilla e appagante, e far dimenticare il sorriso e la libertà dei giorni in cui ancora non si amava, per togliere ad essi ogni altro interesse per la vita ed ogni residua speranza di gioia, e il ruolo dell'uomo dover essere quello di accettare sorridendo senza fiatare tutto questo e tutto faticare, tutto offrire, tutto soffrire per loro nella vana speranza, di “fanciulle” capaci di ridurre dei propri coetanei, con la bellezza e il veleno sentimentale con cui li hanno intenzionalmente illusi e morsi, non solo alla depressione, ma persino al suicidio.
Non tutte le donne certo sono così, ma non è nè moralmente nè razionalmente accettabile che un uomo possa trovarsi senz'armi alla mercè di quel sottoinsieme di tiranne vanagloriose e di stronze prive di limiti, regole e pietà che potrebbe incontrare abbandonandosi ingenuamente all'arte del corteggiar pulzelle (prima del contatto non si può sapere se una fanciulla sia stronza e già dopo il primo contatto o si è già stati feriti nel corpo o nella psiche o è troppo tardi per poter sfuggire alla trappola, alla tirannia, all'inganno o alla perfidia che la stronza di turno ha preparato senza farcene accorgere), come non sarebbe accettabile che una fanciulla innocente possa trovarsi senza difesa alla mercè di un sottoinsieme di uomini violenti e privi di scrupoli. Per difendere le fanciulle dai bruti vi sono sempre stati “cavalieri” ed organi di polizia e leggi. Per difendere i fanciulli dalle stronze non sono invece mai nè state istituite leggi nè tantomeno si sono instaurati costumi (stupidità cavalleresca e demagogia femminista incentivano al contrario lo stronzeggiare senza limiti nè remore nè regole, dato che permettono alla donna letteralmente di tutto davanti all'uomo senza dover temere le reazioni per via del suo status di intoccabile che la rende arrogante peggio delle scimmie sacre del templio di Benhares). Se proprio vogliamo giocare alla novità utopica, una nuova donna capace di “cavalleria erotico-sentimentale” sarebbe necessaria più di un uomo nuovo.

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Magari anche pronto a cercare carriera o vocazione della vita in campi tradizionalmente femminili, dall'insegnamento agli asili.
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Insegnanti maschi servono per la società, per allevare giovani maschi aventi un modello di virilità diverso sia dalla brutalità bassamente fallica e dalle ferocia meramente guerriera cui si riduce presso le visioni del mondo matrilineari sia dalla figura del giullare cui irridere nel disio, del pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto, del freddo specchio su cui provare l'avvenenza, del pupazzo da sollevare nell'illusione e gettare nella delusione per sadico diletto quale viene presentato dallo stile pubblicitario del “girl power”.
Certo vanno pagati adeguatamente perchè solo nelle favole l'uomo può essere socialmente e amorosametne accettato solo per la bellezza e la "leggiadria" e non anche e soprattutto per la posizione sociale.
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Povero maschio, dicono i congressisti di Duesseldorf, ha perso la guerra tra i sessi e va aiutato.
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Non hanno nessun merito le femmine di vivere in un periodi di decadenza che favorisce la loro natura bassamente corporale e conservativa. Non hanno dunque vinto nessuna guerra. Semplici iene sfruttatrici sono, non amazzoni.
Ed io non accetto l'aiuto di chi prima ha smantellato tutte le mirabili strutture (dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società) edificate nei millenni dai saggi (dei popoli fondatori di città e civiltà) per compensare tutto quanto in desiderabilità e potere è dato alle donne per natura (dalle disparità di desideri e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madre) e poi senza limiti nè remore nè regole fa uso delle proprie armi naturali per raggiungere (sempre dietro il paravento della "parità" formale) un'incontrastata preminenza nelle sfere più rilevanti davanti alla natura, alla discendenza e alla felicità individuale (aiutata in questo peraltro da leggi applicate a senso unico contro ogni etica, ogni natura e ogni diritto, come nel caso di aborto, divorzio e violenza sessuale).
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Se non nascerà pian piano l'uomo nuovo, anzi il maschio nuovo, ci perderanno anche le nuove donne: mancheranno loro partner affidabili.


(25 febbraio 2010)
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Preferisco morire da uomo fedele ai miei valori virili e aristocratici piuttosto che vivere da “uomo nuovo” deformato dalla sovversione femmineo-egalitaria. Se la mia tragedia individuale e collettiva deve servire per rovinare i piani eudemonici di questo tipo di donne sono felicissimo di essere infelice. E preferisco perire fedele ai miei principi e danneggiando massiammente certe donne nei loro bisogni vitali e sentimentali piuttosto che essere felice vivendo con loro e facendo, come marito, amante o cavalier servente, il loro bene.
Periscano con tutto l'occidente.
Allah è Grande!

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Cuma, Şubat 19, 2010

TUTTA LA CITTA' (FEMMINISTA) NE PARLA (ED IO RISPONDO QUI ALLO STRAPARLARE DI FEMMINE TIRANNICHE E MENTITRICI)

Dopo due millenni di stupidità cavalleresca e due decenni di demagogia femminista la figura della donna ha ormai raggiunto l'apice (quasi parodistico) di ogni possibile sopravvalutazione estetico-filosofica, dato che non solo è posta in ogni dove, dallo stile pubblicitario* [NOTA 1] alla cultura ufficiale* [NOTA 2] ad unico emblema di bellezza, di modernità, di interesse e quindi di ogni qualità sensitivia e intellettiva nobilmente umana (basta guardare i cartelloni pubblicitari, accendere la tv o girare nei locali ove le donne, come fossero appunto gemme rare e preziosa da ricercare e difendere ad ogni costo, entrano quasi sempre gratis o comunque nei luoghi di divertimento o di lavoro ove esse sono a priori ricevute da sorrisi e complimenti), ma persino il "Maschilista" berlusca sceglie le candidate solo in quanto donne (per dare alla sua "politica" un'immagine di bellezza, modernità, interesse* [NOTA 3]).

Date queste premesse, questa mattina, accendendo per sbaglio l'autoradio a pochi chilometri dall'ufficio, mi è toccato sentire un'ascolatrice (dico così anche se la cretina non ha ascoltato ma ha solo parlato) di RadioTre esordire con le solite lagnanze femministeggianti: “Questo paese ha un futuro? Altri ascoltatori hanno detto che non glie ne importa niente della vita privata di Bertolaso, delle escort ecc. Quello che non sta bene a me è la figura della donna che emerge....bla...bla...bla.....” ( - ora basta- interrompo io - sono arrivato (Ah, no, ma devo rimettere in moto a parcheggiare di qua) “questa concezione del corpo femminile....” ma vaffanculo.

Dico solo tre cose:

1. Finché la “figura” rimane nell'ambito della sfera individuale non deve rilevare cosa essa rappresenti (avendo ognuno di noi il diritto alla propria specifica visione del mondo e dell'umano).
Se invece esiste il diritto ad intervenire (e a rettificare) allora io potrei ritenere da sradicare la concezione dell'uomo sottesa de facto ai rapporti non dichiaratamente "commerciali":
un attore costretto a recitare da giullare cui irridere nel disio o da seduttore per compiacere la vanagloria femminile, un freddo specchio su cui testare senza nè limiti, nè regole nè remore la propria vanagloria (per quanto distruttivo ciò possa risultare, specie negli animi più delicati e nelle sensibilità più fanciullesche, per la psiche e per la vita dell'interessato), un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuale, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi umiliazione pubblica e privata, qualsiasi sofferenza nel corpo e nella psiche, qualsiasi inappagamento fisico e mentale degenerante se reiterato in ossessione, qualsiasi disagio da sessuale ad esistenziale potenzialmente sfociante in problemi variabili dall'anoressia sessuale al suicidio), un uno qualunque, un banale scocciatore, una cavia umana maschile su cui suscitare disio solo per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, dolorosa per il corpo e per la psiche e umiliante per il sesso e per la mente, possa provocare le pene dell'inferno della negazione dopo l'implicita promessa del paradiso della concessione, un pupazzo da sollevare nell'illusione solo per farlo cadere con il massimo del dolore e dell'umiliazione nella delusione, da indurre in ogni modo (con sguardi, movenze, gesti ambigui, parole implicite o esplicite esposizioni di grazie corporali, quando non evidenti scuse per attaccar discorso per prime) a farsi avanti solo per poi irridere i suoi approcci o addirittura appellarlo scocciatore, molesto, o comunque farlo sentire uno qualunque, privo di qualità, non appena cada nella trappola perfidamente preparata, da attirare implicitamente ad arte (per capriccio, vanità, interesse economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica) per poi respingerlo e farlo sentire stupido o colpevole, ad ogni tentativo di contatto (più meno maldestro, più o meno esplicito, più o meno inesperto) per il solo fatto di essersi abbandonato ad un ingenuo trasporto per la bellezza e di aver tentato un più o meno maldestro "corteggiamento" (fra l'altro implicitamente indotto e socialmente preteso dalle donne), un burattino insomma da attirare con l'illusione implcita della bellezza e della sua offerta non per cercare di conoscerlo ed eventualmente apprezzarlo, ma solo per respingerlo e disprezzarlo nel profondo, per frustrarlo sessualmente, per renderlo ridicolo davanti a sè e agli altri, per farlo sentire un puro nulla innanzi all'onnipotenza femminile espressa attraverso l'arma erotico-sentimentale, quando non, avallata dalla legge, un bancomat da cui prelevare soldi per sè e i figli considerati proprietà privata esclusiva.

2. Che la donna rappresenti un oggetto di disio è pienamente naturale, al pari dei fiori che sbocciano, dell'estate che fiorisce, delle cascate che irrompono, degli amorosi usignuoli che cantano, delle fiere che inseguono la femmina nei boschi chi sa dove, o del rifletterso sull'onde argentine del mare di quella conchiglia che chiamiamo luna.
Che questo sia una diminuzione del suo valore è contro l'evidenza, in quanto essere posti a motore e fine dell'agire umano (desiderio significa proprio questa "voluptas cinetica") significa essere posti sopra l'umano ordinario.
Se e come mettere a frutto (materialmente o moralmente, per vanità per o interesse economico o sentimentale, o per qualunque altro motivo) questa posizione di privilegio (per non dire preminenza) naturale è pertinenza delle singole donne (le quali, almeno nella maggioranza dei casi, ben lungi dall'essere minorate mentali, hanno la capacità e il diritto a scegliere per sè cosa sia più dignitoso/vantaggioso/giusto/opportuno).
Le disparità di desideri (non solo sessuali) permettono alla donna di avere la lucidità mentale e la forza contrattuale per decidere (dentro e fuori ogni prostituzione più o meno dichiarata) da una posizione non certo di debolezza.
Che poi tutto quanto in desiderabilità e potere è dato alle donne per natura debba essere compensato in qualche modo dall'uomo (con la posizione sociale, la fama, il prestigio, il successo, la cultura,la ricchezza, il potere, il lavoro, lo studio, la fortuna o il merito individuali) appartiene alla ragione (e al desiderio di giustizia e felicità individuale* [NOTA 4]): ogni uomo decide il come.
Nel mondo capitalista, persa (intendo come dote conferente primato o prestigio sociali) la virtù guerriera del mondo antico e quella poetica del mondo cavalleresco medievale, il mezzo preferito è ovviamente il denaro, se non altro perchè, qualunque cosa se ne pensi e qualunque sia la propria posizione di accettazione/ostilità verso la società moderna e mercantile, rappresenta attualmente l'unico valore intersoggettivamente valido e immediatamente apprezzabile al pari della bellezza, con il quale essere dunque universalmente mirate, amorosamente disiati e socialmente accettati come le donne lo sono senza sforzo per le loro grazie corporali.

Tale genere di dote è indispensabile sia per ottenere con la certezza di uno scambio dichiarato, sia per permettere di corteggiare con una probabilità di successo non infinitesima.

Che esista o si voglia il corteggiamento o meno è un fatto puramente formale e dipendente dai gusti e dalle sensibilità individuali: la sostanza è lo "scambio" di doti sensitive o intellettive, utili o gradite a ciascuno, o di cui ognuni ha bisogno o brama, e che l'altro possiede ed è disposto a concedere per ottenere a sua volta. Tale meccanismo, spesso inconsapevole, è più profondo e antecedente del concetto stesso di commercio e di ragione. La prostituzione, sia quella esplicita, sia quella implicita (ossia un'unione amorosa propiziata dal desiderio di agiatezza di vita, fra "cani, cavalli e belli arredi", oppure di promozione o prestigio sociali, quando non chiaramente fama e/o ricchezza) è soltanto un aspetto di tutto ciò, la punta dell'iceberg. Le fondamenta sono in natura.

La prostituzione è soltanto un aspetto. Non si dimentichi inoltre che le più belle e desiderate, quelle davanti alla cui parvenza "parlare null'omo pote ma ciascun sospira", proprio perché potrebbero avere qualsiasi storia con qualsiasi uomo, provano solo sovrano disprezzo per chi pensa di poter ottenere un'avventura con loro, e concedono le loro grazie solo a chi riesce, con arte sopraffina e inimitabile di parola e di gesta (sostenuta da non comuni doti di bellezza, intelletto, ricchezza o virilità, a seconda di quel che ogni donna considera più importante) a farle infatuare di sé, oppure per denaro o comunque interesse.
Solo da qui possono iniziare i discorsi seri.

Nel sesso le donne veramente belle non si concedono MAI LIBERAMENTE, sempre per infatuazione amorosa OPPURE utile economico sentimentale o soldi (o, razionalizzato nelle società più evoluto, quelle doti materiali o intellettuali che rendono un uomo gradito o utile alla femmina, o conferiscono prestigio sociale).

Se non vi fosse il denaro si darebbe qualcos'altro di parimenti utile o desiderato.
E' naturale il "dare il compenso" per ottenere l'accoppiamento. Esso può consistere semplicemente nel "cibo" o nel riparo o nell'aiuto all'accudimento della prole, oppure nel "dono" (non solo materiale, ma anche canoro, come negli uccelli, o visivo come nei pavoni), nell'offerta di qualità utili alla specie o alla prole, nel combattimento con altri maschi della stessa specie, nell'eccellenza in quelle doti volute dalla natura per l'evoluzione e la selezione della specie (e perciò desiderate dalla femmina proprio perché preposta dalla natura a questo scopo) o semplicemente in qualcosa d'utile o gradito alla femmina o da lei bramato: trasposte nel mondo umano tale doti (e tali doni) si
razionalizzano, si specificano a seconda dei bisogni intellettivi e sensitivi, dei gusti e delle sensibilità delle singole donne, e, nella società individualista-capitalista, divengono spesso sinonimo di ricchezza materiale (a volte invece di cultura, intelletto, poesia o prestigio sociale) . Non è escluso che in un mondo più nobile e più elevato i modi di eccellere del maschio e i doni ch'egli darà alla femmina si indentificheranno magari con doti ed espressioni del puro spirito, ma non cambierà mai il fatto che gli uomini desiderino la femmina per la sua bellezza corporale, al primo mirar le sue grazie, le sue forme, le sue membra e le sue chiome, e le donne desiderino i maschi per l'eccellenza, abbiano l'istinto di farsi massimamente belle e desiderabili (anche inconsciamente, per attirare quanti più pretendenti possibili fra cui selezionare l'eccellente, simmetricamente a come gli uomini siano attratti al primo sguardo dalla bellezza e bramino goderne in quante più donne possibili) sfruttino il desiderio per selezionare e/o ottenere.

La prostituzione non è che l'abbreviamento e la razionalizzazione di tutto ciò. E' uno dei tanti modi in cui, come in natura, la brama di bellezza e di piacere del maschio viene sfruttata dalla femmina (non è automatico come detto prima il significato negativo di tale termine) per fini di propria utilità.
E' prediletto dai maschi stessi ad altre forme di sfruttamento (tipiche delle donne oneste, con le quali si deve pagare con probabilità 1 e ricevere con funzione di variabile aleatoria, e spesso si rimane vittime di raggiri economico/sentimentali, leggi fidanzamenti e regali costosi e/o matrimoni, e sovente si deve pagare in sincerità, dignità suppliche, nel recitar da cavalier serventi miranti supplici e pronti a tutto per la sola speranza o da giullari per dilettarle magari lasciandole irridere al desiderio, o comunque sempre da seduttori per compiacere la loro vanagloria) perché non vi è quasi mai l'inganno ma quasi sempre il consenso bilaterale
e soprattutto perché il prezzo, per quanto elevato (e comunque sempre stabilito dalla femmina) è noto a priori (dunque non ci si può poi lamentare).

Che poi certe donne anzichè contentarsi della posizione di privilegio (o come detto di preminenza) posseduta per natura grazie all'illusione della bellezza pretendano di fare la morale agli uomini (facendo passare per difetto un desiderio naturale e per colpa il cercare di appagarlo nella maniera implicante meno rischi, ferimenti e costi materiali e morali in fatiche, tempo, regali, frustrazioni, dignità, quando si dovrebbe fare da giullari per far divertire di sè le donne, da mendicanti alla corte dei miracoli miranti dal basso verso l'alto colei da cui ogni speranza può essere data e tolta, da cavalieri serventi pronti a dare tutto in pensieri parole e opere per ricevere un sorriso o una promessa aleatoria), dipende, in parte dai residui di una cultura menzognera come quella egalitaria-sinistrorsa (pronta a negare persino l'oggettiva evidenza della natura quando contrasti con i dogmi dell'ideologia ormai radicati nel subconscio) e in parte dall'invidia per non essere abbastanza belle da trarre tutti i benefici che altre donne traggono.

3. Spero vivamente che alla prossima catastrofe (e l'Italia vive su, con e grazie alle catastrofi) queste “signore”, trovandosi senza cibo, senza riparo, senza acqua e senza protezione, ricevano da Bertolaso (e dagli uomini da lui guidati con competenza, disciplina e gran copia di risultati) la seguente risposta “visto che non vi va bene la nostra vita privata, a noi non va bene la vostra vita tout court. Non abbiamo intenzione né di salvarla né di aiutarla. Arrangiatevi. Del resto, se voi donne siete tanto brave non avrete difficoltà a sopravvivere a questo piccolo cataclisma. Pure le scimmiette ci riescono.” E' ora di cessare questo rapporto asimmetrico nel quale gli uomini generano la storia e sono detti primitivi, creano la poesia e sono detti rozzi, rendono possibile l'esistenza reale del mondo tecnologico (inventando, perfezionando e rendendo utili e belli gli strumenti della tecnologia, in quei luoghi di studio, produzione, ricerca in cui comunque costituiscono e costituiranno ancora la maggioranza, nonostante tutta la demagogia antimaschile di cui sono vittime fin da piccoli per via della scuola in mano alle donne, della cultura femminista inculcata fin dalla tenera età fra cartoni e spot e di mille privilegi e quote riservati per legge o costume al “gentilsesso”) e vengono detti “inutili in un mondo tecnologicamente avanzato”, creano bellezze immortali con le rime, i suoni, le immagini e i film e sono detti brutti, si disperano e si suicidano per motivi sentimentali e sono detti insensibili, giocano con la serietà (e quindi la creatività) dei fanciulli e sono detti non creativi e, più prosaicamente, da adulti lavorano (spesso a rischio della loro vita o della loro salute fisica e mentale), producono (e non mi si venga a dire che producono anche le donne, perchè le uniche eccezioni al loro adagiarsi in ruoli “amministrativi” hanno un sentire virile come Minerva), si sacrificano, rischiano e ricevono dalle donne solo disprezzo, accuse e menzogne. E ora arrivano pure a mostrare come “incivile” la figura di colui che mantiene in piedi le basi materiali della civiltà laddove queste sono scosse dalla Natura onnipossente. Se quelle stesse femmine che pretendono la cavalleria avessero un'etica cavalleresca (o anche solo naturale) dovrebbero offrirsi spontaneamente a chi le ha salvate, anziché accusarlo per il semplice fatto di essersi accompagnato a sacerdotesse di Venere. Ma le donne moderne conoscono la cavalleria solo in un senso. Per questo bisogna scendere da cavallo e prenderle a mazzate (perlomeno verbali, come in questo caso) quando mentono per la gola. Avete capito bene, care ascoltatrici e ospiti di “Tutta la Città ne parla” del 19 Febbraio 2010: se vi incontro nella vita vi do quanto neppure le calamità naturali riescono a darvi (per via degli uomini della Protezione Civile che lavorano per voi). La brutalità è il giusto modo di ricacciare in gola le menzogne.

CONCLUSIONE
Voglio moderarmi e concludere riassumendo il tema principale e “scagionando” l'intero genere femminile dal sospetto di essere simile a queste nefaste rappresentanti che rispondono al nome di femministe, ascoltatrici, ospiti di radiotre (e fancazziste, dato che nello stesso momento in cui queste bandiscono menzogne persino un sultano come me deve andare al lavoro).
Questa è la verità: chi non riesce a raggiungere una certa posizione di preminenza o prestigio nella società o comunque a mostrare eccellenza in doti immediatamente evidenti a tutti ed oggettivamente apprezzate dal mondo, non potrà mai star di paro a chi gode per natura e cultura del privilegio essere mirata dal mondo, apprezzata dalle genti, accettata dalla società e disiata da tutti al primo sguardo in sé e per sé, per la propria grazia, la propria bellezza, quando c'è (quando non c'è, supplisce comunque l'illusione del desiderio), la propria leggiadria, la propria essenza mondana dunque, senza bisogno di raggiugnere una preminenza economica o lavorativa o mostrare obbligatoriamente altre doti e compiere imprese particolari (come devon invece far i cavalieri, i quali senza esse sono puro nulla e non hanno né stima né accettazione sociale né interesse da parte del sesso opposto).
Davanti alla bella donna resterà sempre e solo un "uomo episodico", uno specchio su cui provare l'avvenenza o un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto (qualsiasi provocazione sessuale o meno, qualsiasi tensione emotiva, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi umiliazione pubblica e privata, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi riduzione al nulla, qualsiasi inflizione di sofferenza del corpo o della psiche, di inappagamento fisico e mentale degenerante in ossessione, di disagio da sessuale ad esistenziale), un attore costretto a compiacere con recite da dongiovanni la vanagloria femminile o un giullare cui irridere nel disio, uno fra i tanti pronti a dare tutto in pensieri, parole e opere (per non dire dignità, recite, offerte materiali e morali e sopportazioni di patimenti e inappagamenti) in cambio della sola speranza, un cavalier servente pronto a tutto per un sorriso, un orante che miri dal basso verso l'alto chi in maniera imperscrutabile può decidere del suo paradiso e del suo inferno, un mendicante alla corte dei miracoli che attende di ricevere ciò di cui sente bisogno.
La sua vita sarà sempre e solo un susseguirsi di tensioni psicologiche, sofferenze emotive, godimenti sperati e patimenti ottenuti, amori sospirati e inganni subiti, paradisi sognati e inferni vissuti, promesse implicite e negazioni esplicite, bellezze vagheggiate e speranze deluse, tirannie potenziali e reali, inappagamenti fisici e mentali, umiliazioni pubbliche e private, sofferenze costanti nel corpo e nella psiche, disagi d'ogni genere e sempiterne frustrazioni d'ogni disio.
E tutto questo non perchè le donne siano particolarmente "cattive" (ovvero più cattive di qualunque essere umano si trovi realmente nella condizione di poter infierire sull'altro o comunque di esercitare una forza contrattuale infinitamente superiore a quella subita), ma semplicemente perchè un uomo privo di posizione sociale, ricchezza, potere, cultura, fama, prestigio, successo non ha in un potenziale incontro (il quale, se amoroso, ha sempre qualcosa dello scontro) alcuna arma da contrapporre a quella della bellezza, alcun valore con cui bilanciare (in desiderabilità e potere) un eventuale rapporto (il quale è sempre un dare e avere), alcuna dote, al pari della bellezza oggettivamente valida e immediatamente apprezzabile, per essere mirato da tutti, disiato al primo sguardo e accettato dalla società così come le donne lo sono per le grazie corporali (con cui quindi bilanciare il rapporto di forza contrattuale).

NOTE
[1] (chiara immagine di una società effemminata nei valori: una società fondata su principi virili, come quella greco-romana, porrebbe a proprio simbolo un superbo e splendido guerriero, rappresentante con le sue forme possenti le molteplici possibilità intellettuali, tecniche e storico-spirituali dell'uomo, oppure un Apollo del Belvedere, simbolo della forza ordinatrice del chaos in kosmos, della virilità incorporea della luce, di una purità che è forza e di una forza che è purità, oppure ancora un giovane discobolo, raffiguante con la sua raffinata bellezza e la sua tensione muscolare lo slancio verso il bello, il grande, il nobile e l'eroico, o comunque verso la perfezione di un ideale, e non certo delle donne, le quali infatti nel mondo virile non solo non erano rappresentate, ma erano pure tenute lontano dalle Olimpiadi, e soprattutto non donne nell'atto di mostrare le proprie grazie corporali, simbolo di quel potere femminile, simboleggiato dalle divinità della grande madre e della venere vincitrice, fondato sul ruolo naturale di madre con tutto quanto ne consegue in termini di disparità psicologiche comunque correlate a tale predisposizione natuale e di potenziale preminenza in ogni rapporto umano, in cui l'influenza della donna sull'uomo finisce per risultare maggiore di quella inversa, e sull'irresistibile e ineludibile forza di attrazione della bellezza, con tutto quanto potenzialmente o comunque simbolicamente ne consegue in termini di ammirazione universale, influenza sul mondo e possibilità di disporre a piacimento dell'uomo, della sua mente, dei suoi averi e della sua vita, o comunque di renderlo da sè dipendente)

[2] nella “cultura moderna” tutto quanto è più o meno superficialmente, considerato maschile viene mostrato come brutto, cattivo, impuro, rozzo, primitivo, semplicistico, vile, sterile, prosaico e tutto quanto è, più o meno arbitrariamente, ritenuto femminile viene presentato come bello, buono, puro, raffinato, evoluto, complesso, coraggioso, creativo, poetico (sebbene ad ogni giudizio imparziale la splendida possanza del nostro corpo, l'intatta fralezza del nostro animo, la forza profonda del nostro puro desiderio di natura e la nobile altezza del nostro intelletto sublimante, evidenti nell'olimpica tensione alla sfida sportiva e in ogni comparazione fisica non obnubilata dall'istinto sessuale e confermata dall'osservazione di quasi tutte le speci animali, nella serietà fanciullesca che continuiamo ad usare nei giochi, nell'ingenuo trasporto verso la bellezza che ci può portare tanto a eternare in rime, filosofie, musiche, pitture o poemi la donna disiata quanto a uccidere o morire per causa essa, nelle immagini e nei suoni delle poesie con cui da secoli, elevandoci dagli abissi della soggettività in favore delle cose necessarie, universali, perpetue, cerchiamo di conferire rango celeste ad ogni grazia terrestre, nelle invenzioni della tecnica con cui abbiamo fondato la civiltà, generato la storia ed espresso la nostra ultima volontà di potenza, ed in ogni altro capolavoro dell'arte o della tecnologia, dovrebbero far ritenere SEMMAI il contrario).

[3] Non ha interesse per la democrazia, ma queste elezioni regionali saranno le prime in cui voterò a sinistra. Almeno là, fra le donne, hanno saputo scegliere la Bonino, libertaria vera e non mentitrice come le femministe di oggi. Anche se non voto nel Lazio voglio comunque inviare un messaggio di aperto dissenso a chi, a destra, alla stupidità cavalleresca veteromaschilista aggiunge la demagogia neo-femminista delle donne “belle, buone, brave”, “da difendere ad ogni costo” (anche a quello di ogni diritto, di ogni ragione, di ogni etica, di ogni logica e di ogni buon senso) e “da inserire” a forza in politica per “modernizzarci” (se essere moderni significa finire tiranneggiati dalle donne come in Italia nell'età scolare o in Svezia per tutta la vita preferisco diventare antico, conformemente alla mia visione non lineare ma sferica del tempo, nella quale il più lontano passato può essere la meta e il modello per il più alto futuro e non esistono l'avanti e l'indietro, ma l'uomo decide in ogni punto ove voltare).

[4] La compensanzione di cui parlo è necessaria non solo perchè, nel caso peggiore, si potrebbe altrimenti essere vittime ad ogni tentativo di contatto con il mondo femminile di perfidie sessuali, inganni sentimentali e tirannie erotiche d'ogni genere, ma anche perchè se non si può offrire alla donna nulla di suo reale interesse, nulla di oggettivamente valido e immediatamente apprezzabile al pari della bellezza (perchè una bella donna dovrebbe infatti accontentarsi di quanto ha l'effimera consistenza delle parole e delle emozioni e il valore aleatorio e momentaneo di presunte doti soggettive senza effetto sul mondo?), nulla di cui ella senta lo stesso bisogno e lo stesso desiderio provato dall'uomo per la sua grazie corporali, non si può sperare di instaurare con lei alcun rapporto costruttivo (nè quello di un fugace e piacevole incontro nè quello di una vita assieme).
Ogni rapporto umano prevede un dare ed un avere e solo gli illusi e distruttori sono convinti del contrario.

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