La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Cumartesi, Kasım 05, 2016

Risposta della Sublime Porta alla vicepresidente della Camera

“Io ti dico solo una cosa: contro di voi, nessuna resa! Sei una patetica, finta democratica!”

Cara femmina umana (il termine donna è abrogato in quanto implicante una signoria che le occidentali di oggi non meritano, e nell'aggiungere l'aggettivo 'umana' sono anche troppo generoso) che scrivi sul Corriere della Sera fregiandoti del fatto di essere stata nominata vicepresidente di un inutile Senato di rincoglioniti servi della finanza e del femminismo, ascolta quanto ho da dirti perchè non lo ripeterò (e quindi sarà la tua ultima possibilità di capire le ragioni della resa dei conti che prima o poi verrà anche qui in Occidente).

Certo è difficile vincere contro chi ha dalla propria parte almeno due decenni di demagogia femminista dilagante in ogni ambito formale e informale (dalla cultura politicamente corretta - per la quale tutto quanto è più o meno sensatamente percepito come femminile viene mostrato come buono, bello, raffinato, progredito, mentre tutto quanto più o meno ragionevolmente è sentito come maschile viene declassato come cattivo, brutto, rozzo, primitivo, anche quando l’alba neolitica della storia e la storia delle arti direbbero piuttosto il contrario -  allo stile hollywoodiano - nel quale l’uomo viene ridotto o ad un bruto da punire in ogni modo dal calcio nelle palle con risa all’omicidio con assoluzione, o ridotto ad un pezzo di legno innanzi a cui testare la propria avvenenza e permettersi di tutto, ad un pupazzo da sollevare nell’illusione e lasciar cadere nella delusione con il massimo del dolore, dell’umiliazione e dell’irrisione possibili) e, soprattutto, è finanziata da Wall-Street (la quale, oggi, vedo tanto capace di mentire - raccontando verità apparenti su media, libri, giornali, cinema, e cultura tutta, secondo cui il “bene” sarebbe rappresentato dall’usurocrazia bancaria che finanzia bombe e golpe e dagli speculatori di borsa che giocano a fare i filosofi popperiani e a sovvertire società e culture e il “male” risiederebbe in tutti  gli stati sovrani e i popoli tradizionali che non vogliono né diventare vassalli degli Usa né trasformarsi in società “open” - da farmi sospettare che, se solo la metà delle menzogne dette oggi, ad esempio sulla Russia, sull’Ucraina e sulla Siria, sono state dette nelle scorse guerre mondiali, ce ne sarebbe abbastanza da riabilitare assieme Hitler e Stalin).

Forse sarà anche vero che non potrete essere sconfitte (almeno in occidente ed a meno di colpi di mano del mio quasi collega Califfo), ma, poiché giammai la spada ha piegato lo spirito, dirò comunque fino alla morte le mie verità.

Risponderò puntualmente…

1) Quanto alla presunta “oppressione patriarcale”

In primis, quello che voi con voce mendace chiamate "oppressione" risultava semplicemente l'equo, umano e necessario bilanciamento, attuato nell'arte come nella religione, nella politica come nella storia, nel pensiero come nella società, di tutto quanto in desiderabilità e potere al genere femminile è dato dalle disparità di numeri e desideri nell'amore sessuale e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri, e volto non già ad opprimerlo (chè non è l'obiettivo dei savi) nè a renderlo infelici (chè il duolo spontaneo sorge in questo mondo), bensì a non essere a nostra volta troppo da esso oppressi (come avverrebbe nelle speci in cui tale compensazione non avviene e anche fra gli umani allo stato di natura) e ad ottenere pari possibilità di scelta e forza contrattuale nelle sfere più rilevanti innanzi alla natura, alla discendenza ed alla felicità individuale.

Del resto basta guardare alle società matriarcali già presenti in natura, dalle api agli elefanti, per rendersi conto di quanto infinitamente infelice sia in esse la vita del maschio. Il grado di coscienza proprio dell'essere umano la renderebbe poi intollerabile. Erra chi pensa la femmina della specie umana essere men crudele o addirittura (fatto impossibile in natura) più comprensive ed inclini al compromesso o alla pietà.
Il fatto che la donna non sia affatto portata per natura alla mediazione ed alla conciliazione, bensì al litigo, alla tirannia e al trarre le estreme conseguenze dai propri privilegi è data dal loro orinario comportamento laddove godono di privilegio per natura e ordine sociale: il CORTEGGIAMENTO
Basti pensare a come struttano il nostro desiderio di natura per farci recitare da giullare o da seduttore, a seconda che vogliano divertirsi o che bramino compiacere la propria vanagloria, o, come avviene spesso con quelle che si ritengono dame corteggiate, per spingerci a far da "cavalier servente" disposto a priori ad affrontare rischi e sacrifici degni, come diceva Ovidio nell'ars amandi, delle campagne militari, a sopportare, insomma, rinunce e privazioni, per non ricevere in cambio nulla se non la sola speranza.
Sovente poi esse traggono le estreme conseguenze dai loro privilegi, senza trattenimento di regola morale alcuna o di remora razionale.
Basti pensare a come molte, oggi come sempre, sfruttino il loro privilegio sociale per potersi permettere di tutto (dall'essere apprezzate e disiate al primo sguardo al ricevere trattamenti particolari in ogni ambito pubblico, dal venir considerate "rare e preziose" e dunque ricevere attenzione per quanto possono provare o sentire mentre gli stessi sentimenti e le stesse eventuali ferite emotive sono neglette quando capitano agli altri, al potersi permettere comportamenti di ogni genere, sanzionati o vituperati negli altri, solo per il loro "status", "in quanto donne", dallo sfruttare la legge giuridica e convenzionale per far accettare come vera la propria versione dei fatti e minacciare denunce per capriccio, vendetta o ricatto all'utilizzare senza giustizia alcuna le regole economico-sociali per sbranare economicamente e sentimentalmente gli uomini, nei matrimoni, nelle unioni o anche solo nei dai capricci materiali di doni e regali considerati d'obbligo per avere contatti con loro alle varie molestie erotico-sentimentali spesso elargite con noncuranza o addirittura perfidia, e divenute modus vivendi, ad onta dei disagi emotivi, delle umiliazioni private o pubbliche, delle irrisioni intime nel desiderio, e di tutte le altre sofferenze trasmutate da sessuali ad esistenziali causate a chi, volente o nolente ne è oggetto senza possibilità di replica o di difesa) senza dover temere le reazioni e senza dare in cambio nulla, né giustificazione, né ringraziamenti, se non alterigia e disprezzo.
Non oso pensare che sarebbe (e che cosa effettivamente era nelle società matriarcali) se tale posizione di preminenza (nella sfera diciamo "erotico-sentimentale") non fosse più compensata dall'uomo in altre sfere con la fama, col prestigio, col denaro, col potere, con la cultura, e con tutto quanto ogni uomo savio si sforza di ottenere al massimo grado per essere ammirato e disiato allo stesso modo in cui la donna lo è per le grazie corporali.
Molti e molte nascondono volutamente questo fatto, parlano di presenti discriminazioni e di necessarie educazioni alla parità.
Si può anche essere educati alla parità, ma la disparità naturale provoca intime e profonde sofferenze di per sé, gravi e verissime infelicità se si è autocoscienti, e diviene fonte di reiterate umiliazioni e di continue frustrazioni se è guidata da un intelletto raffinato come quello femminile. L'evidenza di questo si mostra manifestamente in quella condizione di uguaglianza fra uomini, in quella specie di stato "di natura" che è il periodo scolastico, nel quale nulla è dato al giovane maschio, ancora privo di posizioni sociale e ricchezze, per compensare la invece già rigogliosa bellezza muliebre.
Le giovin ragazze fanno ivi sovente un uso della propria avvenenza (o, a volte, dell'illusione del desiderio che fa vedere e bramare all'uomo la bellezza anche dove essa non v'è) ancora più malvagio e tirannico di quanto la già di per sé malvagia maggioranza dei maschi (almeno i cinque sesti del genere) non faccia della propria forza fisica e prepotenza (verso il restante sesto che detiene il senno e studia ed è deriso). Tiranne vanaglorios e vanitose prepotenti, ecco cosa sono!
Non è vero, come sostengono le donne per giustificarsi, che la loro cattiveria sia reazione al maschilismo, ma, al contrario, è il maschiismo l'umana e pacata reazione (umana perché anche le donne reagirebbero, e molto più veementi, assolutiste e perfide, alla situazione inversa) alla tirannia che le donne in ogni modo e in ogni tempo cercano di imporre.
Si può giocare all'infinito a ribaltare la causa con l'effetto ("é nato prima l'uovo o la gallina"?), ma è d'uopo considerare quanto segue (Non ha senso citare al forza fisica dell’uomo come causa prima fra gli umani. Innanzitutto essa non decide sulla superiorità di un gruppo su un altro dai tempi dell’Uomo di Neanderthal, che era più forte ma è stato eliminato. In secondo luogo essa, pur cercando di essere una compensazione alla più profonda e sottile perfidia naturale della donna, non è mai pari negli effetti. La forza fisica da sola non pareggia la perfidia. Inoltre, allo stato di natura (come l'etologia può osservare in innumerevoli speci) la forza fisica dei maschi non si volge mai contro la femmina, bensì contro altri maschi in combattimenti aventi la femmina per causa e per fine (addirittura le cagne usano astuti stratagemmi per indurre i loro "compagni" a combattere con un altro cane, anche quando questi sarebbero restii ma devono farlo per "etica", e compiacersi così del proprio "valore" e del proprio "potere"). E' dunque, la forza meramente fisica, solo una delle ennesime qualità che la femmina pretende per concedersi. E' quindi ancora una volta espressione del potere femminile, non di quello maschile. Quindi non è vero che le donne sono perfide per difendersi dalla forza fisica, ma piuttosto che gli uomini hanno costruito il "maschilismo" (inteso come insieme di forze non meramente fisiche, ma intellettive, etico-spirituali, nonchè tecnologiche), per pareggiare, non tanto con la forza fisica quanto con la cultura e la società, la naturale perfidia femminile. Non vi sono stupri allo stato di natura e raramente un uomo stupra da solo, per mero istinto naturale: più spesso in branco. Questo dimostra che il potere naturale della donna, basato sulla sessualità, rispetto a quello dell’uomo, basato sulla forza, è superiore e non vi sarebbe bisogno per lei di “cattiveria” per difendersi. L’uomo pareggia questo potere con l’organizzazione sociale, la cultura e lo spirito, ossia la creazione di un superio che nasce dalle singole anime e da esse si eleva ad un’oggettività superiore.).
Essendo il potere delle donne fondato sulla natura e sugli istinti ad essa correlati, ed essendo quello degli uomini invece fondato sull'arte (intesa in senso lato come ciò che è opera delle mani dell'uomo) sulla parola, sulle costruzioni culturali, sociali e poetiche si deve concludere essere il secondo una limitazione del primo e non viceversa, giacché Costruzioni dell'intelletto umano sono successive allo stato di natura (Il desiderio sessuale e il suo sfruttamento a fini femminili sono preesistenti alla maggiore forza fisica del maschio umano rispetto alla femmina, tanto che in natura vi sono molte specie in cui è la femmina a divorare il maschio e mai viceversa. Inoltre il potere conferito dal suscitare desiderio sessuale è superiore a quello dato dalla forza fisica, poiché una volta che si ha il controllo della volontà che governa quella forza essa non può nuocere. Ciò è dimostrato anche dal fatto che presso gli umani le società matriarcali abbiano preceduto quelle patriarcali, ad onta del fatto che l’uomo fosse già fisicamente più forte della donna e a scorno delle tesi femministe su una perfidia suppositamente data dalla reazione alla prepotenza fisica. Quindi risulta assolutamente errato introdurre la presunta superiorità fisica del maschio per tentare di invertire l’ordine temporale di questi fatti: la realtà è questa, il maschilismo è reazione pacata alla prepotenza della femmina).

In secundis, l'attuale sopravvalutazione estetico-filosofica della figura femminile non costituirebbe un giusto ri-equilibrio nemmeno fosse vera la menzogna dell'oppressione storica propagandata dal femminismo.
L'educazione spiritualmente virile di chi era destinato a dominare coi pensieri e le azioni la società non implicava la privazione per le donne del diritto ad essere educate da altre donne e conformemente a valori femminili o, comunque, non negatori della loro intima natura, delle loro insopprimibili necessietà biologiche e psicologiche, dei ruoli a loro propri in ogni società "mammifera": non c'è mai stata nessuna "fine della femmina" nelle società patriarcali.
Qua invece da un lato non solo non vi sono nè protezioni cavalleresche nè compensazioni culturali (quali erano - e sono - galanterie e mantenimenti) per chi viene oggi subordinato, ma addirittura le leggi ed i costumi aggravano la situazione di privilegio per non dire preminenza naturale della donna (rispetto alla quale quelle mirabili strutture dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società, ingiustamente chiamate "oppressione", erano semplicemente il giusto, umano ed equo tentativo di bilanciare in desiderabilità e potere tutto quanto alle donne è dato per natura dalle disparità di numeri e desideri nell'amore sessuale e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri, affinchè anche gli uomini, alla prova dei fatti di carne e sangue e non solo di quella cartacea delle "costituzioni", potessero avere pari libertà di scelta e pari forza contrattuale in quanto davvero più rilevante davanti alla natura, alla discendenza ed alla felicità individuale) ed inducono, incitano, esaltano ogni possibilità per la donna di infliggere ferimento intimo, umiliazione pubblica e privata, perfidia sessuale, tirannia erotica, sbranamento economico-sentimentale, o addirittura privazione della libertà giuridica, agli uomini (basti pensare al costume della stronzaggine, ormai elemento scenico distintivo della cultura mediatica hollywoodiana e soprattutto alle leggi a senso unico su aborto, divorzio e violenza sessuale, di cui ho parlato spesso nell'altro blog) e dall'altro viene negata all'uomo non solo qualsiasi possibilità effettuale di ricoprire i ruoli di padre (per avere una probabilità non nulla di essere scelto come miglior padre per la futura prole da quel genere di donna in grado di interpretare il suo sogno estetico-sentimentale l'uomo deve, deve, deve
bilanciare con lo studio, il lavoro, la fatica, il successo, la ricchezza, la cultura, il denaro, il potere, la fama, e tutto quanto può conseguire da meriti o fortune individuali, quanto in desiderabilità e potere è dato alle donne per natura.
In Natura, come i maschi, ciascuno dei quali, avendo a disposizione cento donne, potrebbe generare in un anno cento figli, conformemente alla necessità di propagazione della vita, sono attratti, con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono dalla bellezza non appena questa si fa sensibile ai sensi nella vastità multiforme delle creature femminine, così le femmine, le quali, anche avendo a disposizione cento uomini, potrebbero generare in un anno un figlio solo a prescindere dalle nascite gemellari, conformemente alla duale necessità di selezione della vita, sono spinte ad apparire belle e disiabili per attrarre tutti e scegliere fra essi chi eccelle nelle doti più qualificanti la specie, quindi conferenti primato o prestigio sociale e quindi tali da renderne il portatore anche il miglior padre per la futura prole.
Tale schema non varia nelle società per via di questa o quella cultura, nè per questo o quel gusto individuale, giacchè sono iscritte nell'istinto, non nell'autocoscienza o nell'intelletto. Variano solo in concetti di bellezza ed eccellenza, ma non il fatto che muovano il disio dei sessi, e non è la mente, ma l'istinto a saperlo. Ne consegue che ad una donna basta stare ferma sul piedistallo della bellezza - o, meglio, dell'illusione del desiderio - e scegliere con calma fra i tanti che si fanno avanti colui il quale mostra eccellenza in doti immediatamente evidenti ed oggettivamente valide al pari della bellezza - come quelle conferenti primato o prestigio sociale - oppure in quelle doti di sentimento o intelletto soggettivamente per lei importanti o irresistibili per un rapporto, dopo averlo più o meno lungamente messo alla prova e costretto a mostrare il meglio di sè, o quanto la donna vede come tale,
poiché l'uomo la desidera primieramente per la bellezza, La donna può quindi quasi sempre scegliere anche a vantaggio del proprio personale interesse, l'uomo no, dovendo per ineludibile bisogno di bellezza e per la rarità di offerta di quest'ultima accettare colei che interpreta il suo sogno estetico anche quando priva di altri vantaggi - e comunque può diventare madre con una probabilità di buona riuscita in termini sia di successo riproduttivo sia di felicità di vita personale totalmente indipendente dal suo successo sociale. Al contrario, poiché la donna vuole selezionare fra i tanti che la desiderano colui che "eccelle", l'uomo è costretto a mostrare un certo valore, a faticare, a competere, a raggiungere una certa posizione socio-economica o anche culturale e di prestigio, giacché il concetto di "eccellenza", trasposto nel mondo umano, non ha valenza soltanto estetica, ma si ammanta di una sfaccettata serie di significati ed implica conseguentemente per l'uomo un'altrettanto variegata serie di "imprese da compiere". Se non vi riesce, rimane un puro nulla e non solo non ha alcuna speranza d'esser degnato d'uno sguardo dalle donne, ma risulta completamente trasparente per tutta la società (giacché non può esercitare nel mondo quell'influenza indiretta sugli uomini e sulle cose per tramite di quanto in essi è di più profondo e irrazionale, quell'influsso sui pensieri e sulle azioni che per disparità di desideri ed inclinazioni sentimentali è proprio della donna) . Perde così non solo la possibilità di divenire amato/amante (non possedendo il privilegio di natura e quindi anche di cultura delle donne di essere universalmente mirato, amorosamente disiato e socialemente accettato da tutti e a prescindere da tutto, immediatamente e di per sè, per la grazia, la bellezza, la leggiadria, avrebbe bisogno di raggiungere una certa posizione di preminenza o prestigio sociale o comunque di mostrare eccellenza in doti oggettivamente valide ed immediatamente apprezzabili al pari della bellezza, grazie a cui ricevere tutto quanto le belle fanciulle ricevono senza bisogno di compiere impresa alcuna o mostrare obbligatoriamente altre doti, ovvero il sorriso immediato e sincero degli astanti, l'ammirazione di tutti, l'accettazione sociale, l'interesse subitaneo dei presenti e l'apprezzamento dell'altro sesso, l'influenza reale sul mondo, l'invito degli ambienti altolocati, di cui le donne sentano bisogno/brama di intensità, fulmineità e ineluttabilità pari a quanto provato dall'uomo innanzi alle belle forme, e con cui bilanciare in desiderabilità e potere un eventuale rapporto, o anche solo renderlo possibile facendo desiderabile da parte della donna allo stesso modo in cui lo è fin dal primo sguardo da parte dell'uomo incantato dal claro viso, della lunghe chiome, dall'alta figura di dea, dal corpo statuario, dalla liscia pelle ed indorata come sabbia baciata dall'onde dalle membra modellate, dalle forme rotonde del petto, dal ventre piatto e levigato, dalle lunghissime gambe ed abbronzate, e dall'altre grazie ch'è bello tacere, un incontro solus ad solam in cui poi mostrare l'eventuale presenza o eccellenza delle qualità di sentimento o intelletto d'apprezzamento soggettivo e arbitrario: la capacità e l'ordine del dire, la quieta grandezza del sentire o l'altezza del pensare, la raffinatezza costumi o la nobile semplicità dei modi, la sincerità d'intenti o la gentilezza di core e di mano, la generosità d'animo, la vastità culturale, la squisitezza intellettuale, la profondità nel riflettere, l'ingenuità fanciullesca dei desideri e la delicata fralezza dei sentimenti, la capacità di creare immagini e suoni con le parole come i poeti, o l'abilità di perdere la donna negli imperi dell'illusione e del sogno e tutto quanto la singola donna può considerare desiderabile in un uomo e necessario per un rapporto ma non può essere percepito al primo sguardo, chè senza tale occasione, anche se possedute, rimarrebbero come una chiave giusta dimenticata appesa al muro), ma addirittura il diritto di essere educati da altri uomini (giacchè il corpo docente è quasi totalmente femminile) e secondo valori virili (attualmente considerati "inferiori" se non "incivili" da parte della cultura ufficiale, per la quale, si parli di biologica o di letteratura, di cinema o di gusti personali, tutto quanto è più o meno fondatamente ritenuto maschile viene presentato come brutto, cattivo, sporco, primitivo, bruto, violento, semplicistico, mentre tutto quanto è più o meno sensatamente visto come femminile è fatto passare per bello, buono, puro, evoluto, raffinato, pacifico, complesso, anche quando diverse evidenze storiche e quotidiane - dall'evoluzione tecnologica, capace di portare l'umanità dalla tanto decantata preistoria "matriarcale" alla tanto vituperata "storia", in cui ancora viviamo con tutti gli agi connessi, e nella quale gli uomini non sono stati e non sono certo marginali, ai versi dei poeti capaci di mettere in rima ogni policromia di sentimento ed ogni sfumatura dell'animo, senza dimenticare i giovani maschi ancor oggi tanto sentimentali da uccidersi per il sesso opposto molto più spesso di quanto non avvenga il contrario- potrebbero ragionevolmente far dubitare, e della morale politicamente corretta, impregnata di pacifismo femminista del genere "uomo=guerra=male" e dimentica non solo di come proprio l'etica guerriera, quale possiamo ancora leggere nell'Iliade, nell'Eneide, nella Baghavad Gita, nei Poemi Persiani, nell'Edda, nel Beowulf, nell'Orlando Innamorato persino, abbia costituito il fondamento delle civiltà ascendenti indoeuropee, dalla Grecia Omerica alla Roma Repubbicana, dall'India dei Veda alla Persia Iranica, dalla Germania Sacra e Imperiale al Rinascimento Latino, ma anche e soprattutto di come l'impedimento a volgere la naturale pulsione all'aggressività, costituente come mostra l'etologia uno dei quattro impulsi fondamentali di ogni essere vivente assieme alla fame, all'istinto di fuga e al desiderio sessuale, in attività costruttive e di valore comunitario e anagogico, ma comunque sentite come proprie e ritualizzate, la faccia ripiegare verso l'interno in maniera nichilistica e distruttiva).
Mai ad una donna era stato impedito di essere madre e amante, mai alle donne è stato imposto di essere educate da uomini secondo valori maschili, rinnegando, dannando e condannando il loro "femminile" (subordinato sotto certi aspetti del mondo della rappresentazione sì, ma mai, programmaticamente, distrutto nè rimosso).

A differenza della società "tradizionale", fondata sul senso dell'identità, sulla realtà oggettiva e superindividuale dello spirito e sulle sue opere (che forse ingiustamente si chiama patriarcato), nella quale comunque le donne hanno un ruolo sociale riconosciuto e rispettato (di madri, di spose o di dame) ed in ogni caso, anche nei periodi a loro più bui, svolgono un'azione incisiva (anche se non apparente) sul mondo umano e dunque sulla storia, tramite la fortissima ineludibile influenza esercitata per natura sull'uomo per mezzo di la quanto in lui è più profondo, vero e irrazionale, nella società "amazzonica" (quale emerge dalle eroine esaltate fin dalla copertina nel loro respingere, sconfiggere, umiliare e addirittura "terminare totalmente" i maschi) gli uomini sono totalmente apolidi, non ricoprono alcun ruolo, non esercitano nessuna influenza, non hanno alcun diritto o tutela, non possono esprimere nulla di sé, non vengono soddisfatti nei loro desideri e nelle loro esigenze, non vengono protetti e accuditi, non sono apprezzati in nessuna dote, non ricevono alcun rispetto, alcun complimento, alcun sorriso, alcun gesto o sacrificio in loro onore (come invece capita alle donne cantate dai poeti, celebrate nelle opere d'arte e nelle feste, onorate nei tornei, vezzeggiate nel privato, accudite e protette nella famiglia, rispettate nella società, idolatrate negli incontri, privilegiate e adorate nella mondo mondano, e sempre al centro di sorrisi, apprezzamenti, innamoramenti tutti sorgenti al primo lor apparire, in ogni epoca cosiddetta "maschile" o "cupamente medioevale")

Non vi è dunque alcuna parità o corrispondenza. Mentre l'uomo, nel suo dominio, esercita comunque un certo grado di giustizia, di moderazione, di magnanimità, di conciliazione, la donna non fa altrettanto, appena la natura permette libero sfogo alla tirannia e alla brama di dominio: non è trattenuta da alcun senso di equità e da alcuna remora morale, ma lascia andare insino alle estreme conseguenze il proprio odio, infierendo nei punti deboli anzhciè, come l'uomo, trattenersi alla vista delle ferite e lasciare il posto alla magnanimità e alla tolleranza.


2) Quanto alla verissima e formale natura tirannica del vostro femminismo

La pretesa di uomo nuovo dimostra la natura totalitaria del femminismo. Tutti i totalitarismi (dal nazismo allo stalinismo) hanno avuto il mito dell’uomo nuovo, riflesso del desiderio di onnipotenza di certe ideologie politiche pure innanzi alla semplice natura umana (quando non l’ignoranza della Natura tout court). E' vero che i ruoli sociali sono frutto della cultura, ma non sono ciechi alla natura e, soprattutto, non possono prescindere dalla biologia, specialmente se riguardano quanto davvero rileva innanzi alla stessa natura, alla discendenza ed alle felicità individuale. Incolpare l’uomo della sua stessa natura (e pure di quella della donna, come fa il femminismo) ed impedirgli di seguirla (come pretende la cultura politicamente corretta) è infinitamente peggio che mascherare per natura un’arbitraria imposizione culturale (ciò di cui si accusa, a torto, il mondo anti-femminista).
Nessuno può cambiare la propria natura nè deve essere costretti a farlo. L'evoluzione naturale è qualcosa che avviene in milioni di anni e non riguarda il singolo individuo (i cui fini non interessano alla specie). Nel relativamente breve periodo della storia, l'evoluzione è consistita non in una modificazione della natura umana, ma dell'ambiente circostante (per questo, con una battuta, qualcuno più famoso di me ha detto il progresso essere fatto da uomini "immaturi") al fine di affermare qualcosa che, pur uscendo dai fini della specie, e possedendo le caratteristiche di un io, andasse in grandezza, potenza e durata di là dall'individuo effimero (famiglia, casta, razza, popolo). Nell'ancora più breve periodo della vita umana individuale, se i diritti di libertà e felicità esistono, ogni uomo deve poter essere libero di agire nel mondo per affermarsi, per compensare in desiderabilità e potere ogni rapporto con la donna, per accrescere la propria forza contrattuale al di lei cospetto, per aumentare il proprio valore fino a rendere nella donna il bisogno e la brama di ottenere ciò che essi possono fornire - si parli di denaro, utilità economiche o favori carrieristici o viceversa di doti intellettuali, cultura, virtù - pari o addirittura maggiore di quella da essi provata per le bionde chiome, il claro viso, le belle forme e l'altre grazie d'un bel corpo principesco.
Si tratta da un lato (come dico io) di fornire all'uomo (non solo al capobranco o all'eccellenza incarnata, ma all'uomo normale, corrispondente maschile di quelle fanciulla di bellezza non mai alta ma di comportamento sempre altezzoso le quali, anche se non soprattutto, quando di bellezza men che mediocre, di intelletto banale e di simpatia inesistente, si atteggiano a miss mondo) doti immediatamente apprezzabili ed oggettivamente valide al pari della bellezza (o, se vogliamo della sua illusione creata dal disio), con cui possano essere amorosamente disiati, socialmente accettati e universalmente mirati al primo sguardo di per sè (senza obbligo di mostrare altre qualità o compiere particolari imprese) come le fanciulle lo sono per le loro grazie, di cui le donne sentano bisogno/brama di intensità, fulmineità e ineluttabilità pari a quanto provato dall'uomo innanzi alle belle forme, e con cui bilanciare in desiderabilità e potere un eventuale rapporto (o anche solo renderlo possibile facendo desiderabile da parte della donna allo stesso modo in cui lo è fin dal primo sguardo da parte dell'uomo incantato dal claro viso, della lunghe chiome, dall'alta figura di dea, dal corpo statuario, dalla liscia pelle ed indorata come sabbia baciata dall'onde dalle membra modellate, dalle forme rotonde del petto, dal ventre piatto e levigato, dalle lunghissime gambe ed abbronzate, e dall'altre grazie ch'è bello tacere, un incontro solus ad solam in cui poi mostrare l'eventuale presenza o eccellenza delle qualità di sentimento o intelletto d'apprezzamento soggettivo e arbitrario - chè senza tale occasione, anche se possedute, rimarrebbero come una chiave giusta dimenticata appesa al muro), il corrispondente umano e attuale di quanto nei pavoni sarebbe la coda posseduta solo dai maschi e di quanto nel mondo di ieri era la possibilità (concessa solo agli uomini) di uscire e far uscire di sera (dando alle ragazze un motivo per essere interessate ai coetanei maschi almeno quanto questi lo sono ed erano ad esse per bisogno naturale), e dall'altro (come dicono gli uomini innominabili) di costruire strutture sociali che rendano per la donna desiderabile, vantaggioso o addirittura necessario il concedersi nel sogno estetico completo almeno quanto il riceverlo lo sia per gli uomini (magari tramite una cultura che anzichè esaltare e proteggere la turris eburnea pronta a costruire il proprio valore economico-sentimentale negandosi e rendendosi inaccessibile, a trattare con malcelata sufficienza o aperto disprezzo chiunque tenti un qualsiasi approccio, a comportarsi nel sesso come l'opec nel petrolio, rendendo l'appagamento del bisogno naturale maschile quanto di più raro, difficile, faticoso, costoso, sotto ogni punto di vista materiale e morale, per non dire frustrante, spossante, umiliante, irridente e tirannico esista sulla faccia della terra, elogi, apprezzi e renda socialmente nobile ed elevata la donna libertina con il maggior numero di maschi "normali"). Tutto ciò si può costruire senza costrizione alcuna: basta spogliarsi della dittature femminista del 50 e 50 e di quella cavalleresca della "dignità" della donna in senso paolino-sessuofobico-oligopolistico.
La libertà di scelta va mantenuta per i singoli, ma tutti vanno posti su un piano di parità di forza contrattuale (e quindi di libertà di scelta) di partenza, bilanciando le disparità naturali (ovviamente tali equi e umani bilanciamenti non vanno appellati oppressione o discriminazione).
Non esiste parità se una della due parti deve partire guardando dal basso verso l'alto chi è posta sul piedistallo del disio da natura e cultura. Non esiste libertà se non vi è nei fatti una effettiva possibilità di scelta grazie ad una forza contrattuale sostenuta dalla natura o dalla cultura. Che senso ha parlare di uguale diritto a vivere liberi e felici se si tengono tutte le femmine in piedi sul privilegiato piedistallo del disio e si lascia la stra-grande maggioranza dei maschi in balia di disparità naturali non compensabili per colpa di convenzioni sociali cavalleresche o femministe?
Le situazioni psicologiche vissute al principio di ogni contatto umano anche solo vagamente e potenzialmente sessuale non sono reversibile fra uomini e donne, perchè le disparità di desideri sono sempre a vostro favore e, almeno all'inizio della conoscenza, lo sono anche quelle psicologiche (voi già universalmente mirate, amorosamente disiate e socialmente accettate per quello che siete (belle), noi costretti a "fare qualcosa" per apparire all'altezza,  voi nella condizione di potervi già abbandonare alle onde se non della voluttà almeno del diletto, rilassare e divertire, noi angustiati dal disio e sottoposti alla tensione psicologica di un esame, voi nella situazione di poter scegliere se divertirsi con noi o su di noi, di poter valutare con calma l'eventuale presenza/eccellenza in noi delle doti di sentimento o intelletto volute, pregustarne la presenza in un caso o irriderne l'assenza nell'altro, noi costretti come mendicanti alla corte dei miracoli a guardare dal basso verso l'alto nell'attesa speranzosa di una sportula, o comunque a tollerare i rischi e le fatiche della conquista senza poter fare obiezioni).


3) Quanto al "cambiamento"

Abbiamo capito benissimo (che sarebbe bello poter cambiare ed avere le stesse possibilità di scelta delle donne, e soprattutto le stesse armi in termini di desiderabilità e potere a prescindere dalla posizione sociale), ma non abbiamo la possibilità oggettiva di fare altrettanto, come mi proporrò adeguatamente di mostrare. Per noi la carriera è l'unico modo (in un mondo capitalista, s'intende), di bilanciare in desiderabilità e potere quanto alle donne è dato per natura dalle disparità di desideri nell'amore sessuale e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madre. E non tirate fuori le solite fumisterie femministe. Quanto affermo come necessario per l'uomo non è per “comandare”, ma, absit iniuria verbis, solo per “ciullare” o, meglio, per “sentirsi apprezzati”, come voi, senza neanche rendervene conto, lo siete di per sè per la grazia, la leggiadria, l'essenza mondana, la bellezza (anche quando non c'è subentra l'illusione del desiderio).
E, comunque la si pensi su natura, cultura ed emancipazione femminile, noi uomini dobbiamo (ecco che significa davvero essere uomini!) costruire qualcosa di intersoggettivamente valido e immediatamente apprezzato al pari della bellezza per essere universalmente mirati, amorosamente disiati e socialmente accettati come voi lo siete per le vostre grazie corporali, altrimenti le occasioni (di incontro e apprezzamento reciproco) non avvengono. Figuriamoci se avviene di poter diventare padre! Vi sono in effetti uomini che, seguendo la critica al modello dell'uomo impegnato tutto sul successo lavorativo, vivono infischiandosene del lavoro e della carriera, di compensare con lo studio, il lavoro, il denaro, il potere, la cultura, il prestigio, il successo, la fatica, l'impegno, la fortuna e/o il merito individuali quanto in desiderabilità e potere è dato alle donne per natura : peccato siano proprio coloro i quali sono criticati come “bamboccioni”, o come “coloro che si lasciano andare". Del resto, quando o per mancanza effettiva di doti personali, o per assenza di impegno o per sfortuna, o per oggettiva impossibilità imposta dall'esterno (ad esempio: ambiente gerontocratico, assenza di meritocrazia o comunque di possibilità di farsi valere quando si è giovani e pieni di forze mentali) non si riesce a conquistare una certa posizione nella società, è comprensibile (ed in una certa misura ragionevole e giusto) non voler avere nulla a che fare con la società e con le donne, perchè nella prima si rimarrebbe de facto apolidi (poichè privi di armi, come possono essere per le donne la bellezza e l'influsso psicologico correlato alla predisposizione all'esser madre, per agire su di essa) e dalle seconde si potrebbero rimediare soltanto inganni profondi, irrisioni al disio, umiliazioni pubbliche e private, ferimenti intimi, sofferenze nel corpo e nella psiche rese infernali dalle implicite promesse della concessione di un paradiso, inappagamenti fisici e mentali e disagi da sessuali ad esistenziali, e non perchè le donne siano particolarmente "cattive" (ovvero più cattive di qualunque essere umano si trovi realmente nella condizione di poter infierire sull'altro o comunque di esercitare una forza contrattuale infinitamente superiore a quella subita), ma semplicemente perchè un uomo privo di posizione sociale, ricchezza, potere, cultura, fama, prestigio, successo non ha in un potenziale incontro (il quale, se amoroso, ha sempre qualcosa dello scontro) alcuna arma da contrapporre a quella della bellezza, alcun valore con cui bilanciare (in desiderabilità e potere) un eventuale rapporto (il quale è sempre un dare e avere), alcuna dote, al pari della bellezza oggettivamente valida e immediatamente apprezzabile, per essere mirato da tutti, disiato al primo sguardo e accettato dalla società così come le donne lo sono per le grazie corporali (con cui quindi bilanciare il rapporto di forza contrattuale). Prescindendo comunque dai risultati lavorativi che un uomo può conseguire, perchè, una volta fatte sparire (come forme ordinatrici della società e fonte di valore e diritto) quelle identità di sangue e spirito (famiglia, casta, razza, popolo) capaci di andare di là per grandezza, potenza e durata, dall'effimero individuo e di giustificare il sacrificio di quest'ultimo per qualcosa che lo trascende e in cui può continuare ad identificarsi un uomo ragionevole dovrebbe continuare a sacrificarsi nel matrimonio, nel lavoro, nella società? Per non far sentire sole le donne? Anche volendo essere così sentimentali, perchè sacrificarsi per non far star sola colei che (sempre secondo le statistiche perennemente citate) non ha remore nell'abbandonare, secondo il proprio interesse individuale o il proprio capriccio sentimentale, quell'uomo che si è tanto sinceramente innamorato da non poter più concepire una vita lontano da lei (fino a ricorrere una volta abbandonato al suicidio o alla droga) o che comunque ha per lei ha sacrificato tanti frutti del proprio lavoro, del proprio tempo, delle proprie fatiche e delle proprie speranze di felicità?
Giusto notare che ora (come sempre, del resto), siamo noi quelli che materialmente e psichicamente patiamo di più le separazioni. Evidentemente per noi l'espressione che nelle rime del Tasso l'amante rivolge all'amata: "vita de la mia vita" non è come per loro un ornamento sentimentale, ma un vero sentimento del vivere. Evidentemente, sebbene la cinematografia e i romanzi rosa vogliano farci credere il contrario, le donne sembrano sentimentali, gli uomini invece lo sono, gli uomini sembrano crudeli, le donne invece lo sono. Per le donne il tanto decantato amore pare solo uno stato di felicità e appagamento da perseguire con calcolo razionale prima e pochi scrupoli poi (verso chi, pur ancora amante, non è sentito più come funzionale a tale stato di felicità e appagamento e quindi viene gettato via come un tovagliolo usato), mentre per noi è davvero una passione che, una volta suscitata dà senso all'esistenza e non rende possibile altra esistenza senza di essa. Una volta che la persona amata viene perduta, si perde anche il senso e l'essenza della vita, per cui il suicidio o l'oblio di sè nella droga divengono le uniche vie d'uscita (assieme all'omicidio/suicidio con cui tornare per l'eternità assieme all'amata). Se davvero le parole delle donne sull'amore fossero vere, dovrebbero loro per prime comportarsi così. Il fatto che invece siano gli uomini a suicidarsi maggiormente per loro e che esse vedano ciò come strano o mostruoso dimostra quanto sia innata in loro la dissimulazione sentimentale.

4) Quanto alla “parità”

Questi articoli solo apparentemente moderati ci attribuiscono di fatto la colpa di non possedere le armi proprie per natura alle donne (il privilegio di natura e quindi di cultura di essere universalmente mirata, amorosamente disiata e socialmente accettata da tutti e al primo sguardo di per sè, per la grazia, la leggiadria, la bellezza - quando non c'è vi supplisce l'illusione del desiderio- senza bisogno di mostrare obbligatoriamente altre doti, compiere forzatamente altre imprese o raggiungere per forza certe posizioni nella società - cui invece sono costretti i cavalieri, i quali senza ciò sono puro nulla, socialmente trasparenti e negletti dall'altro sesso - il possedere in termini di potere il modo proprio - notato persino da Rousseau - di influire sulle cose e sugli uomini, all'interno di quei ruoli ad essa propri per natura e non cancellabili nemmeno dalla più misogina delle società - madre, sorella, amante, o anche solo amica/confidente - o comunque in ogni rapporto umano non banale -in cui l'influenza della donna sull'uomo è molto maggiore di quella inversa, la predisposizione ad esser madre e quindi al plasmare un'anima come si fa coi fanciulli pur mo' nati, all'intuire in anticipo i desideri e i bisogni, a parlare senza parole e a intendere senza mostrarlo, a vedere quanto alla coscienza altrui è ancora oscuro, a leggere dentro senza esser letta) e di essere nati dopo che la generazione precedente ha smantellato  (bevendosi la favola dell'uguaglianza, della lotta alle discirminiazioni e all'oppressione) tutte quelle mirabili strutture dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società, edificate nei secoli dai saggi dei grandi popoli fondatori di città e civiltà con il chiaro fine di permettere agli uomini di bilanciare in desiderabilità e potere tutto quanto alle donne è dato per natura delle disparità naturali nell'amore sessuale e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri (e di avere così parità effettuale in libertà di scelte, possibilità di felicità, ammirazione individuale, accettazione sociale e potere "contrattuale").

Non ha senso parlare di parità senza considerare le disparità naturali da compensare.
Chi non riesce a raggiungere una certa posizione di preminenza o prestigio nella società o comunque a mostrare eccellenza in  doti immediatamente evidenti a tutti ed oggettivamente apprezzate dal mondo, non potrà mai star di paro a chi gode per natura e cultura del privilegio essere mirata dal mondo, apprezzata dalle genti, accettata dalla società e disiata da tutti al primo sguardo in sé e per sé, per la propria grazia, la propria bellezza, quando c'è (quando non c'è, supplisce comunque l'illusione del desiderio), la propria leggiadria, la propria essenza mondana dunque, senza bisogno di raggiugnere una preminenza economica o lavorativa o mostrare obbligatoriamente altre doti e compiere imprese particolari (come devon invece far i cavalieri, i quali senza esse sono puro nulla e non hanno né stima né accettazione sociale né interesse da parte del sesso opposto).
Davanti alla bella donna resterà sempre e solo un "uomo episodico", uno specchio su cui provare l'avvenenza o un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto (qualsiasi provocazione sessuale o meno, qualsiasi tensione emotiva, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi umiliazione pubblica e privata, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi riduzione al nulla, qualsiasi inflizione di sofferenza del corpo o della psiche, di inappagamento fisico e mentale degenerante in ossessione, di disagio da sessuale ad esistenziale), un attore costretto a compiacere con recite da dongiovanni la vanagloria femminile o un giullare cui irridere nel disio, uno fra i tanti pronti a dare tutto in pensieri, parole e opere (per non dire dignità, recite, offerte materiali e morali e sopportazioni di patimenti e inappagamenti) in cambio della sola speranza, un cavalier servente pronto a tutto per un sorriso, un orante che miri dal basso verso l'alto chi in maniera imperscrutabile può decidere del suo paradiso e del suo inferno, un mendicante alla corte dei miracoli che attende di ricevere ciò di cui sente bisogno.
La sua vita sarà sempre e solo un susseguirsi di tensioni psicologiche, sofferenze emotive, godimenti sperati e patimenti ottenuti, amori sospirati e inganni subiti, paradisi sognati e inferni vissuti, promesse implicite e negazioni esplicite, bellezze vagheggiate e speranze deluse, tirannie potenziali e reali, inappagamenti fisici e mentali, umiliazioni pubbliche e private, sofferenze costanti nel corpo e nella psiche, disagi d'ogni genere e sempiterne frustrazioni d'ogni disio.
E tutto questo non perchè le donne siano particolarmente "cattive" (ovvero più cattive di qualunque essere umano si trovi realmente nella condizione di poter infierire sull'altro o comunque di esercitare una forza contrattuale infinitamente superiore a quella subita), ma semplicemente perchè un uomo privo di posizione sociale, ricchezza, potere, cultura, fama, prestigio, successo non ha in un potenziale incontro (il quale, se amoroso, ha sempre qualcosa dello scontro) alcuna arma da contrapporre a quella della bellezza, alcun valore con cui bilanciare (in desiderabilità e potere) un eventuale rapporto (il quale è sempre un dare e avere), alcuna dote, al pari della bellezza oggettivamente valida e immediatamente apprezzabile, per essere mirato da tutti, disiato al primo sguardo e accettato dalla società così come le donne lo sono per le grazie corporali (con cui quindi bilanciare il rapporto di forza contrattuale).

5) Quanto alle presunte “nostre colpe”

Si potrebbe parlare di colpa se vi fosse una possibilità di scelta. Ma se per la donna la carriera è una scelta, per l'uomo è un obbligo, in quanto non ha il privilegio di natura e cultura di essere universalmente mirato, amorosamente disiato e socialmente accettato in sè e per sè per la grazie, la leggiadria, la bellezza (o, meglio, l'illusione del desiderio), come la "donna", senza bisogno di mostrare obbligatoriamente altre doti o compiere particolari imprese, ma, proprio in quanto "uomo", DEVE (a prescindere dal volerlo o meno) costruirsi una visibilità, una desiderabilità, una accettazione tramite la propria azione affermatrice nella società, e se non vi riesce rimane negletto dalle donne e trasparente per la società (poichè non possiede neppure quell'influsso psicologico esercitato dalle donne per natura su quanto negli uomini vi è di più profondo e irrazionale).
Solo se riesce a primeggiare socialmente può realisticamente sperare di essere scelto da quelle donne della cui bellezza sente primario bisogno, a prescindere dagli schemi culturali,e dalle credenze ideologiche, perchè fin dalla natura la femmina pretende, in cambio del proprio concedere quanto di più fortemente e intersoggettivamente desiderato e valutato esista al mondo, ovvero le proprie grazie, almeno l'eccellenza nelle doti qualificanti di volta in volta la specie e conferenti primato o prestigio sociali. Una donna più ricca, più colta e con più possibilità di divertimento, successo e potere pretende semplicemente di più, dal suo uomo, in termini di posizione sociale, ricchezza, e possibilità di offrire miglioramenti di vita, oppure, vuole un uomo che eccella in qualcosa di diverso (come ad esempio un artista o un premio Nobel), ma di certo non si contenta dei “buoni sentimenti” (come del resto non se ne accontenterebbe un uomo).
Tutti i riscontri disincantati sulla realtà quotidiana confermano questo. E la spiegazione è biologica (spesso psicologi e sociologi pretendono di descrivere e spiegare l'uomo come fosse puro spirito, senza tenere presente come prima di tutto sia un essere vivente, come anche la sua anima sia un prodotto dell'evoluzione naturale e come il suo comportamento, i suoi bisogni e i suoi pensieri ultimi siano determinati, sia individualmente sia socialmente, dalle strutture biologiche di cui è costituito).
Poiché l'uomo, se avesse a disposizione cento donne, potrebbe generare in un anno cento figli al pari del re priamo, mentre la donna, anche se avesse cento uomini potrebbe partorirne uno solo nello stesso tempo, la natura, la quale ha a cuore l'accrescimento e la selezione della specie, non già la felicità degli individui, fa sì che il primo desideri godere delle bellezze corporali del maggior numero di donne possibili e cerchi dunque sempre anche 100 donne contemporaneamente subitaneamente attratto al primo sguardo dalle loro forme e dalle loro chiome, mentre la seconda voglia prima di tutto esser sommamente bella e disiabile per poi attorniarsi sì magari anche di 100 uomini, ma non per copulare con tutti, bensì per selezionare, fra coloro attirati dalle sue grazie, colui che mostra di eccellere nelle doti volute da lei e non necessariamente estetiche (non solo bellezza, ma anche cultura, sensibilità, potere, forza, intelligenza, cuore, o quant'altro ogni singola donna soggettivamente ritiene importante) e d'essere il miglior padre per la futura prole.
No, non solo per le puttane, che sono una minoranza, servono i denari, ma per gran parte delle donne "normali", giacché l'istinto femminile non è disiare diffusivamente come l'uomo, ma selezionare l'eccellenza, la quale in un mondo capitalista tende ineluttabilmente ad identificarsi più o meno velatamente con quella economica. Oggettivamente, al di là di ogni demagogia anti-consumistica, il denaro è quanto di meglio esista per fornire non solo una base su cui vivere serenamente in coppia, ma anche una possibilità di garantire il benessere e l'avvenire ai figli. Per questo l'uomo deve possederne anche se non si parla di "puttane". Anche le donne normali lo pretendono. Non è una questione di interessi, ma di desideri.
Tutto ciò continua a muovere i desideri indipendentemente da quanto pensano, studiano e progettano gli individui nelle loro singole vite, e quindi rimane vero anche quando magari né l'uomo, né la donna desidererebbero consciamente avere figli o amanti o inseguire donne o attirare uomini. L'uomo desidera un seno anche quando non pensa all'allattamento del fanciullo e la donna desidera il migliore fra gli uomini anche quando non pensa di farsi mantenere o di procreare. E' la natura a far desiderare agli uomini e alle donne quanto è utile alla propagazione, all'accrescimento e alla selezione della specie e a rendere desiderabile la persone del sesso opposto che "corrisponde individualmente" e possiede le doti più utili alla specie.
Chi non capisce questo o lo nega per portare avanti tesi "sociali" lo fa o per imbecillità, o per l'illusione di credere l'amore qualcosa di puro e di divino, o per poter continuare a costringere a proprio comodo e capriccio gli uomini a vivere contro natura e a farli sentire in colpa quando non vi riescono.

6) Quanto alla presunta “non colpevolezza” del genere femminile

Non sono però sicuro le donne siano così incolpevoli (della condizione precedente l'attuale su cui si impuntavano le rivendicazioni femministe addossandone le colpe agli uomini).
Tu parli come se svolgere questo o quel mestiere, guagnare x o y euro, raggiungere l'una o l'altra posizione sociale fossero in sè mete esistenziali, il mancato raggiungimento delle quali comportasse infelicità e inappagamento. Ciò è menzogna. Esse riguardano non la realtà della natura, ma il mondo apparente delle costruzioni culturali, quindi possono essere meri mezzi per raggiungere la felicità e il compimento di sè.
Solo per certi mestieri sognati da fanciulli (il pilota, l'astronauta, lo scienziato, il cacciatore di tesori, l'avventuriero ecc.) si può parlare di via per realizzare la propria natura. Per la stragrande maggioranza dei mestieri reali (con cui è dato di sopravvivere) il motivo della scelta risiede nel compromesso costi/benefici, ovvero nel trade-off fra i sacrifici materiali, psicologici, temporali da compiere e il ritorno in termini di ricchezza, potere, prestigio o preminenza sociale. Perchè un uomo desidera fare il manager o ricoprire una carica importante e remunerata? Perchè in quella si sente se stesso? No, solo perchè tramite essa ha la speranza di essere universalmente mirato, amorosamente disiato e socialmente accettato al primo sguardo, da tutti e tutte, prima di tutto e a prescindere da tutto il resto (ovvero da altre proprie eventuali doti d'apprezzamento soggettivo e arbitrario o dagli altrui gusti e pensieri), con la stessa rapidità, la stessa ineluttabilità, la stessa profondità, la stessa forza con cui le donne lo sono per le loro grazie corporali.
Ovvero per ottenere con il merito, la fatica o la fortuna quanto, assieme al sorriso degli astanti, all'ammirazione dell'altro sesso e agli inviti di tutti, le donne hanno per quello che sono (belle, quando manca la bellezza subentra l'illusione del desio).
Per il gusto di fare e disfare il mondo o il denaro? No, per avere reale influenza sulla propria vita e sul quella dei figli. Per possedere doti immediatamente evidenti ed oggettivamente valide al pari della bellezza con cui avere la stessa forza contrattuale nella sfera amorosa (ricopra essa una notte e o una vita), per avere pari possibilità di scegliere liberamente con chi procreare (o anche solo avere una probabilità non nulla di essere scelto come miglior padre per la futura prole da quel genere di donna in grado di interpretare il suo sogno estetico-sentimentale), per non restare socialmente trasparente proprio in quanto ha attinenza con la felicità individuale e la discendenza.
Ovvero, guarda caso, per avere dalla società tutto quanto alle donne è dato dalla natura.
Che senso avrebbe per molte donne sacrificare il proprio tempo, la propria sensibilità, il proprio impegno, i propri stili di vita, sull'altare della carriera lavorativa (come fa l'uomo) la quale sotto la specie della natura non aggiungerebbe nulla alle loro possibilità d'essere felici nella sfera erotico-sentimentale (giacché l'uomo mira esclusivamente alla bellezza o alla sua illusione)?
Se vi sono statisticamente meno donne che guadagnano tanto (ma qualcuna vi é sempre stata, a dimostrazione proprio di come chi davvero vuole arrivare a certe posizioni vi arrivi, se alla pari di un uomo si impegna, e come non esistano affatto "soffitti di vetro" o ostacoli costruiti apposta contro le donne) non è perché sono vittime di un complotto o le si paga di meno in quanto donne (sarebbe assurdo), ma semplicemente perché molte donne non hanno bisogno di guadagnare necessariamente tot euro al mese per essere socialmente accettate o di raggiungere una certa posizione, di forza o di prestigio, socio-economica per essere desiderate dagli uomini (e quindi appagare un profondo desiderio di natura).
Ecco perchè i numeri di cui ti lamentavi non sono l'effetto di una discriminazione, bensì di un privilegio, ovvero dello sforzo disperato e vitale dell'uomo di compensarlo con le costruzioni della società, del pensiero, dell'arte.
Quelli invece di cui vai fiera (donna "capofamiglia") sono sì frutto della discriminazione antimaschile:
•    a forza di volere quote rosa dappertutto,
•    a furia di avere una scuola primaria totalmente in mano alle donne,
•    a forza di distruggere con cultura ufficiale fin dalle elementari (dalla quale tutto quanto è più o meno ragionevolmente sentito come maschile viene presentato come brutto, sporco, rozzo, cattivo, primitivo, violento, banale, mentre quanto è più o meno fondatamente visto femminile come a presciondere bello, puro, raffinato, buono, evoluto, pacifico, complesso (anche quando la realtà dell'arte, dei sentimenti, della vita e della storia mostrerebbe piuttosto il contrario) e stile hollywoodiano in ogni momento della giornata (il quale invariabilmente presenta il maschio come bruto e violento da punire in ogni modo, a partire dai calci nelle palle, o come un freddo specchio su cui provare l'avvenenza, un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto - qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi inflizione di tensione emotiva, irrisione al disio, umiliazione sessuale, riduzione al nulla davanti a sè o agli altri, dolore nel corpo e nella psiche, inappagamento fisico e mentale se reiterato fino all'ossessione e all'impossibilità  di sorridere alla vita e al sesso, disagio da sessuale ad esistenziale con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale al suicidio- un vuoto pupazzo da sollevare nell'illusione solo per farlo cadere nella delusione con il massimo possibile di sofferenza fisica e mentale e di umiliazione pubblica e privata), sia perchè stupidità cavalleresca e demagogia femminista abituano le giovin ragazze al "diritto" a permettersi di tutto innanzi all'uomo - qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi umiliazione pubblica e privata, qualsiasi inflizione di dolore al corpo e alla psiche, senso di nullità davanti alla bellezza non compensabile, inappagamento fisico e mentale, disagio da sessuale ad esistenziale -) ogni possibile autostima nei giovani maschi,
•    a furia di distruggere economicamente, psicologicamente e socialmente la vita di chiunque venga accusato da una donna per presunti reati di violenza/molestia la cui dimostrazione e la cui stessa definizione risultano tutt'altro che oggettive (a che serve sacrificare una vita intera se quanto di materiale e ideale si costruisce in essa, pensando alla propria sicurezza, al proprio benessere, al proprio prestigio, alla propria discendenza, può venire spazzato via in ogni momento con la sola parola di una donna o la sentenza di un tribunale emessa anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza e sempre senza che altro dalla soggettiva sensibilità della donna definisca per giunta a posteriori cosa sia "molestia"?),
•    a forza di includere fra fatti penalmente rilevanti anche quanto non lascia tracce oggettivamente riscontrabili, anche quanto non ha oggettivamente nulla né di violento né di molesto ma ha la sola colpa di esprimere (in maniera più o meno poeticamente vaga o popolarmente schietta, nobilmente raffinata o banalmente triviale) disio naturale per il corpo della donna e di non essere a posteriori da questa gradito (dopo che però lo ha implicitamente indotto, come nel caso del primo approccio, e socialmente preteso, come nel caso del corteggiamento!), anche quanto non include nulla più del classico gioco delle parti fra maschio e femmina (voluto dalle donne e dalla natura, nel quale il primo fa la prima mossa, insiste, resiste ai no, ritenta e reinventa nuove strategie e la seconda fugge, si nega e lotta come chi vuol essere vinta, non per allontanare ma per accrescere disio, testare interesse, prendere tempo per decidere con calma, per verificare la presenza o l'eccellenza delle doti volute, per godersele se presenti o divertirsi comunque della situazione di potere psicosessuale se assenti), anche quanto viene “commesso” senza la benché minima violenza nel senso classicamente inteso con ciò dal diritto e dalla ragione, a furia di andare avanti con una negazione sistematica dell'evidenza presente e una distorsione anacronistica (e moralistica) del passato (valutare con i criteri individualistici ed eudemonici dell'oggi le strutture comunitarie e anagogiche della tradizione è colpevole anacronismo morale) si giustifica ogni ingiustizia (vedi leggi a senso unico su aborto, divorzio e violenza sessuale) e ogni pretesa (vedi quote rosa e altri vantaggi di genere giustificati in nome di privilegi maschili tutti da dimostrare, in realtà semplici effetti dell'umano e disperato tentativo del singolo uomo di bilanciare con lo studio, il lavoro, la cultura, la posizione sociale, il prestigio, la ricchezza, il potere, la fama e tutto quanto può seguire da merito o fortuna individuali quella preminenza naturale posseduta dalla donna, per le disparità di desideri nell'amore sessuale e per quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madre, nelle sfere più rilevanti innanzi alla natura, alla discendenza ed alla felicità individuale) e pianificare ogni tirannia e ogni prevaricazione futura (alcune prefigurazioni di un mondo senza uomini bello e possibile e certe esaltazioni a senso unico del femminile oscillanti fra il trionfalismo e l'eterno vittimismo, con tutto ciò che ne consegue in termini tanto di distruzione dell'autostima e della psiche dei giovani maschi ancora privi per forza di cose di ruolo sociale e sessuale, quanto di riduzione de facto di ogni uguaglianza effettiva davanti alla legge, di ogni possibilità sociale di dissenso e di ogni residuo principio di presunzione di innocenza, oggettività del diritto e proporzionalità della pena, tendono a costituire con altri mezzi ed altri paraventi un totalitarismo femminista non dissimile da quanto viene comunemente identificato nel nazismo),
si è finalmente ottenuto l'obiettivo di rendere gli uomini apolidi, o escludendo a forza dalla società "per bene" uomini accusati in maniera falsa e strumentale o facendone uscire motu proprio chi si stanca della situazione, e facendo perdere la voglia di entrarvi a chi vede quanto poco lontano comunque potrebbe andare anche sacrificandosi, se una donna decide di ostacolarlo.
Vedi poi il loro modo menzognero di intendere giustizia e parità?
Quando guadagnano più gli uomini è ingiustizia e discriminazione anche se vi sono dei motivi oggettivi e giustificanti (qualità individuali, differenza di lavoro in terminini di rischi e fatiche e doti richieste, necessità per l'uomo di emergenere nella competizione sociale per risultare appetibile al sesso opposto).
Quando guadagano più le donne è giusto e meritevole anche se non vi è alcun motivo diverso dall'aver effemmianto culturalmente e programmaticamente la società (e anche se ciò non permette più all'uomo di vivere libero e felice compensando con le strutture sociali il privilegio naturale della donna).
Quando guadagna di più il marito la parità è decidere al 50%. Quando guadagna di più la donna è lasciare che questa decida da sola!


7) Non chiedo maschilismo, ma bilanciamento

Dobbiamo smettere di fare il gioco di chi, prima, ci ha convinti, con favole egalitarie e distorsioni moralistiche e anacronistiche della storia (consistenti nel valutare con i parametri eudemonici e individualisti di oggi le ragioni del mondo anagogico e comunitario di ieri, nel quale gli uomini non avevano affatto la libertà di fare di tutto, ma il dovere di sacrificarsi nel proprio ruolo, esattamente come le donne), a smantellare tutte quelle mirabili strutture (dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società), edificate nei millenni dai più forti, dai più saggi, dai più geniali e dai più coraggiosi epigoni maschili (dei grandi popoli indoeuropei fondatori di città e civiltà grazie ai loro valori virili e aristocratici) proprio al fine di permettere agli uomini di compensare tutto quanto in desiderabilità e potere è dato alle donne per natura (dalle disparità di desideri e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madre) e poi, senza più limiti nè remore nè regole, fa uso delle proprie armi naturali per raggiungere (sempre dietro il paravento della "parità" formale) un'incontrastata preminenza nelle sfere più rilevanti davanti alla natura, alla discendenza e alla felicità individuale (aiutata in questo peraltro da leggi applicate a senso unico contro ogni etica, ogni natura e ogni diritto, come nel caso di aborto, divorzio e violenza sessuale).

Dobbiamo smettere di dire, per cupidigia di vanagloria e conformità al politically correct, cavolate su quella presunta parità che non tiene conto delle disparità naturali in vostro favore da compensare socialmente, se si vuole dare anche all'uomo la "pari opportunità" di vivere libero e felice, ovvero di avere la stessa libertà di scelta e lo stesso potere contrattuale in quanto, al di là delle apparenze dei costrutti culturali, è davvero rilevante innanzi alla realtà della natura (e quindi tanto della felicità individuale quanto dell'influenza effettiva sulle persone e sul mondo).
La donna gode già del privilegio di natura e quindi di cultura di essere universalmente mirata, amorosamente disiata e socialmente accettata da tutti e al primo sguardo di per sè, per la grazia, la leggiadria, la bellezza (quando non c'è vi supplisce l'illusione del desiderio), senza bisogno di mostrare obbligatoriamente altre doti, compiere forzatamente altre imprese o raggiungere per forza certe posizioni nella società (cui invece sono costretti i cavalieri, i quali senza ciò sono puro nulla, socialmente trasparenti e negletti dall'altro sesso).
In termini di potere ha già il modo proprio (notato persino da Rousseau) di influire sulle cose e sugli uomini, all'interno di quei ruoli ad essa propri per natura e non cancellabili nemmeno dalla più misogina delle società (madre, sorella, amante, o anche solo amica/confidente) o comunque in ogni rapporto umano non banale (in cui l'influenza della donna sull'uomo è molto maggiore di quella inversa), grazie al poter agire su quanto negli uomini vi è di più profondo e irrazionale.
Ricchezze e poteri sono i mezzi con cui l'uomo bilancia (in desiderabilità personale e influenza reale sul mondo) quanto alle donne è dato per natura dalle disparità di desideri nell'amore sessuale e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri (e quindi a plasmare un'anima pur mo' nata, a intuire bisogni e desideri prima anche siano espressi, a prevedere nell'infante comportamenti sociali e tendenze naturali, a siglare per prima la pagina bianca dell'infanzia dell'uomo, a influenzare quanto poi sarà la sua intima personalità).
Non possono essere tolti da chi ne ha bisogno per compensare per essere dati a chi li può usare in aggiunta ad altre armi.
Sono disposto a combattere per impedire questo. I limiti sono necessari per tutti se si vuole una forma. E una forma sana di civiltà e di vita si regge su un'armonia di equilibri e compensazioni.

Proprio perchè quanto si dice sulla "debolezza maschile" (ma io preferisco chiamarla sensibilità alla bellezza ed ingenuità di disio, poichè da essa possono derivare, testimoni i poeti, le più raffinate squisitezze intellettuali e le più delicate soavità sentimentali) è in parte vero (e dalla situazione dell'amor naturale, in cui mentre l'istinto maschile è disiare in ogni creature femminina la bellezza con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono non appena essa appare ai sensi nelle grazie corporali, conformemente alla necessità di propagazione della specie, quello femmine è sentirsi in ogni dove belle e disiate per attirare quanti più maschi possibili, metterli alla prova e scegliere chi eccelle nelle doti volute, conformemente alla necessità di selezione della specie, è, continua per sublimazione ad essere la femmina a scegliere e decidere e il maschio a seguire e faticare per essere scelto anche in molto altro se non intervengono freni e compensazioni) tutte quelle mirabili strutture dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società, che la demagogia femminista ha convinto oggi a smantellare in nome di una finta uguaglianza, e che i più forti e saggi fra gli uomini fondatori di città e civiltà avevano storicamente concepito, anagogicamente per misurare i millenni e non essere raggiunte dai contemporanei nè superate dai posteri, ed edemonicamente per avere la stessa libertà di scelta e la stessa forza contrattuale in quanto più conta innanzi alla natura, alla discendenza ed alla felicità individuale, non costituivano "oppressione della donna" ma "giusti e umani bilanciamenti per l'uomo libero e felice".

Proprio perchè la donna gode del privilegio di natura e quindi di cultura d'esser universalmente mirata, amorosamente disiata, socialmente accettata per quello che è - bella (quando la bellezza manca o è mediocre supplisce l'illusione del desiderio) senza bisogno di dover mostrare altre doti o di compiere imprese particolari (cui sono invece costretti i cavalieri i quali senza esse restano puro nulla socialmente trasparente), il fatto di non avere sempre il femminista 50 e 50 non dipende da discriminazioni (del genere: "non ti permetto di svolgere questo mestiere perchè sei una donna" o "anche se fai questo lavoro a parità di competenza e straordinari ti pago meno perchè sei nata femmina"), ma dal tentativo umano e disperato dell'uomo di compensare con lo studio, il lavoro, la fama, il successo, la ricchezza, la cultura, il potere, la fatica, il merito o la fortuna individuali tutto quanto (in desiderabilità e influenza sul mondo) alla donna è dato delle disparità di desideri nell'amore sessuale e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madre (se un uomo non raggiunge una certa posizione di preminenza o prestigio sociale resta negletto dalle donne, perchè non è in grado di rappresentare ai loro occhi "la miglior scelta", "il miglior padre per la futura prole", l'eccellenza nelle doti qualificanti la specie e per questo desiderabili simmetricamente alla bellezza femminile, e trasparente per la società, perchè non può nemmeno contare su quel modo di influire sulle cose e sugli uomini proprio della donna, agito, a prescindere da cultura e società nei ruoli comunque presenti di madre, moglie, sorella, amante, amica, confidente, per tramite di quanto negli uomini vi è di più profondo e irrazionale e notato persino da Rousseau).

Proprio perchè voglio vivere libero e felice, appagato sia nel bisogno naturale di godere della bellezza così come questa è diffusa nella vastità multiforme delle creature femminine sia in quello psicologico di poter scegliere liberamente le persone con cui scambiare emozioni e sentimenti, i modi in cui interpretare la realtà, gli stili secondo cui percorrere ogni aspetto dell'esistenza, e non essere soggetto nè, in particolare, durante quel residio di medioevo indegno di un uomo libero chiamato corteggiamento, a perfidie sessuali, tirannie erotiche, avvelenamenti sentimentali o irrisioni al disio da parte della dama di turno, nè tantomeno nella vita in generale, a sottoporre sistematicamente i miei gusti, le mie scelte, i miei stili di vita, i miei pensieri, i miei desiri, la mie emotività, il mio sentire, il mio vedere il mondo, al giudizio ultimo del capriccio estetico, sentimentale, morale o "filosofico" femminile, e non accetto di sottopormi come tu vorresti a "castità e obbedienza" verso una sedicente dea che nè promette un'eterna vita (anzi, solo di rendere la vita presente un susseguirsi:
•    di negazioni, dannazioni, condanne della mia più profonda e vera natura, di riduzione ad apolide,
•    di impotenza sociale e individuale di ogni mio pensiero ed ogni mia azione
•    di dipendenza di ogni mio bene e di ogni mio male dai gusti del genere femminile e dai capricci della dama di turno,
•    di irrisione di ogni mio puro e ingenuo trasporto sessuale, emotivo e sentimentale e
•    di frustrazione sempiterna d'ogni disio),
nè mi tratta da figlio (piuttosto da cagnolino, o addirittura da automa chè nessuna persona amante imprigiona d'amore l'altro perchè lo disprezza e lo considera inferiore e non perchè lo apprezza e lo considera tanto prezioso e pieno di doti delicate e rare da aver bisogni di restare in gabbia, per non dire da schiavo, chè nessuna madre eserciterebbe la propria autorità sul figlio non per cullarlo, proteggerlo, appagarlo nei sogni e nei bisogni, ma per irriderlo, umiliarlo, costringerlo, farlo patire nel corpo e nella psiche e privarlo di ciò di cui ha disio naturale), pretendo o di poter socialmente disporre di qualcosa di immediatamente apprezzabile ed oggettivamente valido al pari della bellezza, con cui essere mirato, disiato e accettato al primo sguardo e a prescindere da tutto il resto come le belle donne lo sono per le loro grazie corporali, con cui bilanciare ogni eventuale rapporto (anche solo emotivo) in desiderabilità e potere (o anche solo renderne interessante agli occhi della donna l'eventualità, tanto da concedere l'occasione di un rapporto solus ad sola in cui POI rendere sensibili le eventuali doti di sentimento ed intelletto da lei volute ma d'apprezzamento soggettivo ed arbitrario), di cui le donne sentano bisogno e brama di forza e rapidità pari o superiori a quelli del mio natural disio di cogliere in loro la bellezza e di goderne l'ebbrezza dei sensi e delle idee, o di non avere donne nel mondo in cui si decide anche della mia vita.

Se vogliamo infatti ragionare in termini profondi e reali, dobbiamo rilevare come la donna, in quanto soggetto disiato, goda del privilegio di natura (e quindi ANCHE di cultura) di essere dal mondo apprezzata, ammirata, disiata al primo sguardo in sé e per sé, per la sua grazia, la sua leggiadria, la sua essenza mondana (quando manca la bellezza, vi supplisce l'illusione del desiderio), senza bisogno di compiere imprese (cui sono invece costretti i cavalieri i quali senza esse restano purno nulla) o di mostrare necessariamente altre doti, poiché l'uomo la desidera primieramente per la bellezza. Al contrario, poiché la donna vuole selezionare fra i tanti che la desiderano colui che "eccelle", l'uomo è costretto a mostrare un certo valore, a faticare, a competere, a raggiungere una certa posizione socio-economica o anche culturale e di prestigio, giacché il concetto di "eccellenza", trasposto nel mondo umano, non ha valenza soltanto estetica, ma si ammanta di una sfaccettata serie di significati ed implica conseguentemente per l'uomo un'altrettanto variegata serie di "imprese da compiere". Se non vi riesce, rimane un puro nulla e non solo non ha alcuna speranza d'esser degnato d'uno sguardo dalle donne, ma risulta completamente trasparente per tutta la società (giacché non può esercitare nel mondo quell'influenza indiretta sugli uomini e sulle cose per tramite di quanto in essi è di più profondo e irrazionale, quell'influsso sui pensieri e sulle azioni che per disparità di desideri ed inclinazioni sentimentali è proprio della donna).

Ne consegue che per la donna la carriera è una scelta, per un uomo un obbligo. Altrimenti è infelice, non può godere di ciò di cui ha bisogno per natura e, al di là dei casi fortuiti, della favole dell'anima gemella o delle apparenze di maniera, non ha né accettazione né stima del sesso opposto.

E questo, si badi bene, non dipende da una particolare colpa o "malvagità" delle donne, bensì da una struttura naturale, che nè gli uomini nè le donne possono cambiare, ma solo, volendo e potendo, bilanciare. Malvagie, sia detto qui per inciso, non sono le donne in quanto tali (o, meglio, non più degli uomini in quanto tali, in quanto parimenti esseri umani potenzialmente capaci anche di ogni male e di ogni nequitia quando si dà loro l'occasione di agire incontrastati), ma le società (come quella femminista) che non vogliono nè riconoscere nè limitare le naturali preminenze femminee (come lo sarebbero quelle, come quelle talebane, che non volessero riconoscere e limitare, in nome della civiltà e del benessere comune di tutti i cittadini, i primati maschili in altri ambiti come la forza di coesione e quella fisica). Una civiltà equilibrata deve garantire l'equilibrio dei poteri, per evitare che gli eccessi dall'una o dall'altra parte permettano alle persone più brute o più perfide di approfittarne. Proprio per questo ogni civiltà ha avuto (ed ha) i suoi bilanciamenti che solo la menzogna attuale di una società nevrotica possono chiamare "oscurantismo" o "retaggio di oppressione".

Tutto ciò che ne consegue, ovvero il fatto che tutti gli uomini debbano lavorare mentre le donne possono scegliere se "essere indipendenti" o "farsi mantenere" (diritto non solo strappato de facto in ogni unione con le ben note disparità di numeri e desideri nell'amore sessuale grazie a cui la donna può adottare il grado di di ricchezza dell'uomo come criterio di scelta almeno quanto per l'uomo lo è la bellezza, ma sancito pure dalla cassazione per cui il tenore di vita del matrimonio deve essere mantenuto anche a costo di costringere l'ex marito a dormire in macchina o a continuare a pagare gioielli e vestiti firmati), il fatto che gli uomini debbano disporsi a svolgere lavori stressanti o alienanti (vedi management, finanza ecc.) solo perchè ben pagati e conferenti primato sociale, mentre le donne possano scegliere l'attività per indole (ad esempio l'insegnamento), per comodità (ad esempio gli impieghi "polleggiati"), per il tempo da lasciare alla famiglia e ai figli (ad esempio il part time), il fatto che siano principalmente gli uomini a dovere, nella lotta per il potere e la ricchezza, a commettere delitti e finire in carcere (poichè, innanzi alla sicurezza di avere una vita sessualmente e socialmente apolide, ridotta ad un susseguirsi di illusioni, irrisioni, ferimenti intimi, umiliazioni pubbliche e private e frustrazioni sempiterne d'ogni disio molti preferiscono il rischio del delitto e della galera), il fatto la maggioranza di chi muore, o spende la vita in sacrificio e fatica, nel lavoro, nella pace come nelle guerre sia costituito da uomini e non da donne (fatto trascurato dalle stesse femministe che non aspettano di avere un 30 percento di morti femminili sul lavoro o nelle "missioni di pace" per richiedere un 30 percento nei CDA e nei parlamenti), non è, come vorrebbero far credere stupidità maschilista e propagande femminista, frutto di condizione debolezza della donna o di discriminazione contro di essa, bensì di una condizione di "forza contrattuale naturale" femminile e del tentativo maschile di bilanciare collettivamente (un tempo, con le mirabili strutture dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società) e individualmente (ancora oggi, con lo studio, il lavoro, la posizione sociale, la cultura, il potere, la ricchezza, la fama, il successo, e quant'altro consegue al merito o alla fortuna individuali) tutto ciò che alle donne è dato in desiderabilità e potere, dalle disparità naturali nell'amore sessuale e nella riproduzione e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri, affinchè anche l'uomo abbia la stessa libertà di scelta e la stessa forza contrattuale delle donne nella realtà della vita al di là delle apparenza sociali).

Solo stupidità maschilista e propaganda femminista possono chiamare condizione di debolezza e di oppressione tale umano ed equo tentativo di bilanciare in influenza sul mondo a apprezzamento sociale ed amoroso quanto dato alle donne dalla natura.

La donna parte da una posizione di forza. L'uomo deve industriarsi per bilanciarla. Come somma stupidità maschile e ingiustizia femminile, quando vi riesce il bilanciamento è fatto passare come prova della debolezza della donna (tesi maschilista) o della malvagità dell'uomo (tesi femminista), quando non vi riesce sarebbe conferma della stupidità del singolo uomo (maschilisti) o dell'intero genere maschile (femministe).
Ecco dove sta la nostra reale debolezza sociale: nel veder considerata debole la donna quando noi riusciamo, con fatica, merito o fortuna o caso, a compensarne la forza in desiderabilità e potere.

Non solum l'uomo, per bilanciare una condizioni di partenza che lo vedrebbe svantaggiato in quanto più importante davanti alla natura, alla discendenza e alla felicità individuale, deve rischiare, faticare o comunque impegnarsi e spendere fortune o meriti individuali, sed etiam il frutto stesso di tale bilanciamento (quando riesce) viene presentato come colpa, come "ulteriore prova" della sua "discriminazione contro le donne", come ulteriore conferma che "queste sono deboli/vittime e vanno protette/risarcite" (quando non riesce è propagandato semplicemente come "conferma della stupidità maschile" o trascurato perchè in esso si spenga ogni speranza di felicità residua per l'uomo, sino al suicidio o alla perdita di interesse per la vita).

***

Stante tutto questo, si pretende che gli uomini lavorino, anziché per evitare, limitare o attutire la tirannia femminil-femminista (che dalla natura si sta estendendo alla cultura), per aiutarla a distruggere gli ultimi spazi di libertà e di verità. Bella pretesa quella dell’Onu. Ennesima conferma di come questa istituzione nata dall’arbitrio ideologico dei vincitori (travestito da umanitarismo universale) sia divenuta oggi come non mai crogiolo di menzogne e negazione dell’uomo eletta a sistema di governo. Non mi piegherò mai ai suoi diktat.
Segue quindi, in conclusione, cosa, secondo me, noi uomini non possiamo fare, cosa dobbiamo/non dobbiamo fare e cosa farò io.

A) Cosa non possiamo fare

Tre cose non possiamo assolutamente fare: subordinarci (sottometterci) alla donna, diventare "casalinghi", lasciar perdere il tentativo di diventare "maschi alpha".

Fallace è chi pensa di poter sopravvivere, almeno psicosessualmente, accettando la subordinazione (per non dire la sottomissione) alla donna "indipendente", "in carriera", "vincente" (per non dire dominante). Evidentemente solo un'ebbrezza sadomaso può far venire tali pensieri alla testa. Già è difficile, con ricchezza e posizione di primato o prestigio sociale, bilanciare in desiderabilità e potere quanto ad esse è dato per natura dalla bellezza, figuriamoci senza. Perchè una donna bella, ricca e potente dovrebbe risultare interessata ad un uomo apparentemente senza qualità? Probabilmente lo vorrà ancora più bello, ancora più ricco e ancora più potente (a prescindere dal fatto di volerlo dominare o di voler esserne dominata). Più probabilmente non si contenterà della bellezza, ma pretenderà l'eccellenza nelle doti conferenti primato o prestigio sociali, come avviene in natura. Se vuole un cameriere lo assume. Per amante vorrà, per natura, chi eccelle in ambiti diversi da quelli in cui ella si sente già "prima". Ecco che quindi nemmanco chi voglia "farsi dominare" da una donna in grado di suscitare il suo disio risulta esentato dall'obbligo di accrescersi (intellettualmente e socialmente), competere, emergere in primato e prestigio e affermarsi (economicamente e socialmente): in caso contrario la sua dea sceglierà un altro devoto, e nessun atto di sottomissione, nessuna promessa di accondiscendenza e servità potrà mai rendere ai suoi occhi interessante un uomo che non abbia mostrato "eccellenza". Le di lei possibilità di scelta dipendono infatti dalla potenza dell'illusione che la mostra "bella" agli occhi degli uomini, non da quella della posizione sociale o economica (come invece nel caso dell'uomo). Il fatto che in una eventuale relazione voglia risultare dominante la donna piuttosto che l'uomo non varia sposta (nè in un senso nè nell'altro) l'ago della bilancia del potere contrattuale, giacche' l'economia erotico-sentimentale non segue nè le leggi della ragione, nè quelle del denaro, nè quelle della morale o della società: segue solo quelle della natura Onnipossente.

Falla pure chi suppone di poter vivere libero e felice anche accettando (metaforicamente) di "stare in cucina" (ovviamente escludo dal discorso l'esercizio dell'arte culinaria operato da uomini ad esso portati per vocazione e genio, e mi riferisco all'obbligo di occuparsi dell'accudimento della prole e della casa). Un uomo non può perder tempo a fare le stesse cose delle donne o appiattirsi su ruoli materni, giacché, in ciò, non avrebbe (per struttura della natura e delle donne) l'ammirazione, il rispetto e soprattutto la desiderabilità che le femmine hanno per natura e privilegio culturale. L'uomo deve compensare le disparità derivanti dalla natura e dalla galanteria cercando l'eccellenza in doti oggettivamente apprezzate e ammirate (al pari della bellezza) e primeggiare socialmente (o culturalmente). Non può dissipare forze altrove. Altrimenti non ha alcuna speranza di felicità. Nel mondo capitalista il valore da contrapporre alla bellezza, alla grazia e alle illusioni del desiderio è il denaro. In altri mondi erano la virtù guerriera, la purezza di spirito, l'arte della poesia o la nobiltà di gesta e di cuore o la squisitezza di cultura. Ora conta primieramente la ricchezza materiale. Ma lo schema rimane natura ed è il medesimo fra gli animali: solo chi primeggia oggettivamente può sperare di essere selezionato dalle femmine e di godere della loro corporale bellezza nelle misure qualitative e quantitative di cui sente profondo bisogno. Chi se ne restasse in casa intento a quell'opre dette fino all'ottocento "femminili" non solo perderebbe (con l'allontanamento da quelle posizioni socio-economiche nelle quali sole è possibile conseguire quanto in desiderabilità e potere bilancia o anche solo rende possibile un eventuale rapporto) la possibilità di conquistare un numero di donne quantitativamente e soprattutto qualitativamente adeguato ad appagare il bisogno naturale di godere della bellezza nella vastità multiforme delle creature femminine, ma perderebbe pure l'interesse amoroso della stessa donna che l'ha sposato (allo stesso modo in cui lo perde sistematicamente la moglie non attenta a preservare, difendere, variare ed arricchire la propria bellezza agli occhi del marito).

Massimo fallo è poi quello di chi pensa di continuare ad esistere svolgendo lavori non conferenti primato o prestigio sociale, lasciando, in tutto o in parte, (per incapacità personale o voglia di assecondare le "quote rosa" per farsi bello davanti agli occhi della cultura ufficiale) quest'ultimi alle donne. L'uomo è socialmente obbligato a scegliere un mestiere che permetta o di guadagnare o di raggiungere una certa posizione socio-economica di prestigio, altrimenti scade a puro nulla, mentre la donna può, a parità di accettazione e ammirazione sociale, scegliere il mestiere che più le piace per conformità ai suoi gusti e al suo temperamento (o in base al tempo libero e alla vivibilità). Un uomo deve accettare i tanti contro dei mestieri remunerativi o di prestigio perchè non ha scelta se non vuole risultare socialmente trasparente, la donna può fare un bilancio fra tutti: per questo ci sono (e devono continuare ad esserci) più uomini in certi mestieri e in certe posizioni.
Non ho mai visto donna pagate meno o escluse da certi lavori perchè donne, ho visto invece uomini essere costretti a scegliere il lavoro per denaro o a cercare di raggiungere quelle posizioni socio-economiche che sole permettono di avere accettazione, stima e desiderabilità dalle donne e quindi dalla società.
Per natura prima ancora che per cultura la donna ha il privilegio di essere ammirata, apprezzata, disiata al primo sguardo per la bellezza, senza essere obbligata a nient’altro. L’uomo, per sperare di avere la stessa ammirazione, lo stesso apprezzamento, la stessa desidearabilita’ e quindi essere scelto, e’ invece obbligato ad eccellere in quanto la societa’ e quindi le donne reputano importante, utile o gradito.  In natura e’ qaunto rafforza la specie e la fa evolvere. Oggi e’ il successo lavorativo, la fama, il denaro. Domani forse sara’ altro.
La donna sempre, in tutte le sfere, dalla piu’ concretamente materiale a quella piu’ idealmente sublimata, da quella del piu’ pragmatico individualismo a quella del piu’ vanitoso autocompiacimento, e’ sempre accettata e volute in se’e  per se’, per la propria grazia, la propria leggiadria, al propria bellezza (anche quando non c’e’ poiche’ vi si sostituisce l’illusione del desiderio) riceve a priori il sorriso degli astanti, le riverenze e, dietro le apparenze (a volte contrarie), quell’aurea di ammirazione e di stupore che si da’ all’apparire dell’aurora (di cui, come origine della vita, e’ metafora) e si giustifica quindi in se’. Per avere accettazione sociale, apprezzamento, insomma per esistere l’uomo deve invece emergere con fatica, forza e qualita’ individuali, altrimenti e’ un puro nulla socialmente trasparente (infatti nelle speci meno complesse, in cui non gli e’ dato di eccellere perche’ l’evoluzione funziona altrimenti dai mammiferi, e’ eliminato). E questo spiega tutto. Poiche’, al di la’ del velo di Maya, alla base di ogni comportamento e desiderio umano, finanche il piu’ spirituale e astratto, c’e’ sempre la cieca pulsione, il resto vien da se’.
Perche’ il desiderio e’ sempre infinito e insensato. Che e’ anche della donna, perche’ nelle speci semplici anche le femmine muoiono dopo essersi riprodotte. Vedi le anguille. Femministe e illuministi pretendono di conformare la realta’ ad un dover essere ideale e infondato  e nella fattispecie di imporre uguale quanto per natura e’ diverso e quando le loro pretese si scontrano con l’oggettivita’ della natura e i loro tentative di imposizione dimostrano tutte le loro contraddizioni Anziche’ avere l’umilta’ di riconoscere l’insussistenza del loro modello concettuale trovano sempre qualcuno cui dare la colpa. Uomini o dei.

B) Cosa dobbiamo/non dobbiamo fare

Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo impiegare ogni goccia di volontà e di fatica per conquistare una posizione di preminenza o almeno prestigio nel lavoro. In caso di non riuscita la pietà per noi stessi più che l'onore ci deve indurre a preferire la morte al sopravvivere insopportabilmente (vedi la condizione descritta nell’ultima sezione).
Cosa non dobbiamo fare? Non dobbiamo permettere, a nessun costo, che le donne (o almeno le desiderabili fra esse) facciano altrettanto: non solo e non tanto per "paura" di essere "superati" (per evitare ciò ci sarebbe sufficiente essere più bravi, compito accettabile per ogni uomo degno di questo nome, con buona pace dei cinque sesti di mediocri fra noi, il cui destino non interessa in questa sede), quanto e soprattutto per mantenere la posizione lavorativa nel novero delle cose in grado di suscitare ammirazione, stupore e disio nell'altro sesso anche in quanto ad esso estranee, misteriose e da esso non raggiungibili, alla pari di quanto la bellezza e la maternità sono agli occhi del mondo maschile, che ne è escluso: se certi mestieri, certi ruoli, certe "divise sociali" diventano accessibili anche al mondo femminile, perdono per forza di cose quell'aurea di idealità possibile solo dalla lontananza e dalla irraggiungibilità, e l'uomo perderebbe l'ultima possibilità di trovarsi a disposizione qualcosa in grado di bilanciare in desiderabilità e potere la bellezza e la disparità di numeri e desideri nell'amore sessuale e quella psicologica correlata alla predisposizione materna (in tal caso nemmeno l'essere massimamente bravi salverebbe i migliori fra noi).
Poichè tale coppia di risposte può apparire troppo perentoria e iniqua agli occhi di chi vede possibilità e valutazioni morali distorte dalla propaganda irrealistica e falsificatrice del mondo moderno, cercherò di essere pacato ed esasustivo nel motivarla (tanto da dare contezza anche di molte affermazioni relative ai precedenti paragrafi di questo stesso capitolo).

Perchè dobbiamo assolutamente primeggiare nel lavoro e brillare nella carriera? Semplice perchè per voi il lavoro e la carriera sono una scelta, per noi un obbligo. Una donna può per natura (e quindi anche per cultura) ricevere il sorriso degli astanti, l'accettazione della società, il desiderio dell'altro sesso, l'ammirazione di tutti al primo sguardo, di per sè, per la bellezza (quando manca vi supplisce l'illusione del desiderio), la grazia, la leggiadria, senza bisogno di mostrare obbligatoriamente altre doti o compiere particolari "imprese" (cui invece sono costretti i cavalieri, i quali senza esse restano puro nulla socialmente trasparente), nè tanto meno di raggiungere certe posizioni (lavorative e non) di prestigio, fama, ricchezza o preminenza sociale.
A prescindere dalla sua posizione sociale e lavorativa può realmente avere potere nel mondo all'interno di quei ruoli a lei propri per natura (madre, amante, confidente, musa o amica), che nemmeno la più misogina delle società può cancellare nè la più nera delle povertà togliere, o comunque anche all'esterno di essi in ogni occasione sotto qualsiasi regime politico, grazie a quelle possibilità di influire sulle cose e sugli uomini tramite quanto più in essi vi è di più profondo e irrazionale, notate a suo tempo da Rousseau, correlate alla predisposizione all'esser madri (e quindi a plasmare un'anima pur mo' nata, a intuire bisogni e desideri prima anche siano espressi, a prevedere nell'infante comportamenti sociali e tendenze naturali, a siglare per prima la pagina bianca dell'infanzia dell'uomo, a influenzare quanto poi sarà la sua intima personalità) ed evidenti in ogni rapporto umano non banale (in cui appunto l'influenza della donna sull'uomo è sempre molto maggiore di quella inversa).
Per sperare di avere gli stessi sorrisi, la stessa accettazione sociale, la stessa desiderabilità amorosa, la stessa ammirazione universale immediata, l'uomo è invece costretto a mostrare certe doti e a compiere una serie di imprese, o comunque a conquistare una certa posizione di prestigio o preminenza nel lavoro e nella società.
L'uomo deve lungamente e faticosamente costruire, con lo studio, il lavoro, il successo, la fama, il prestigio, la cultura, il denaro, il potere (sociale) e quant'altro possa discendere da meriti o fortune individuali gli strumenti per sperare realisticamente di ottenere in termini di desiderabilità e potere (reale) tutto quanto alle donne è dato dalla natura grazie alle disparità di numeri e desideri nell'amore sessuale e a quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri.
Si tratti del fugace incontro di una notte o dell'avventura sentimentale di una vita, la situazione è sempre dispari a sfavore dei maschi:
per essere accettato come amante per l'ebbrezza di una sera deve passare per le forche caudine del corteggiamento
(nelle quali tanto, troppe dame, potrebbero permettersi qualsiasi perfidia sessuale, qualsiasi tirannia erotica, qualsiasi avvelenamento amoroso, qualsiasi sbranamento economico sentimentale, o comunque anche solo prolungare all'indefinito quella condizione di preminenza psicologica con loro mirate, disiate, accettate per quello che sono - belle, chè ove manca la bellezza supplisce l'illusione del desiderio, e noi costretti a fare qualcosa per apparire degni di tal "dono divino", con loro possibilitate già a rilassarsi, dilettarsi, valutare con calma l'eventuale presenza o eccellenza delle doti volute, pregustarsele in un caso o irriderne l'assenza nell'altro, scegliere se divertirsi con noi o su di noi, e noi obbligati a sopportare la tensione di un esame, a restare concentrati per mostrare il meglio di noi, o quanto riteniamo possa apparire agli occhi femminei come tale, quando vorremmo abbandonarci alle onde della voluttà e del sentimento, a restare angustiati dal disio e a rimetterci ad una decisione altrui)
per essere scelto come miglior padre della fugura prole deve primeggiare socialmente (o comunque mostrare doti di forza, intelletto, dialettica e persuasione che ne facciano presumere la possibilità anzi la certezza).
Nel primo caso ad una donna basta stare ferma sul piedistallo della bellezza (o, meglio, dell'illusione del desiderio) e scegliere con calma fra i tanti che si fanno avanti colui il quale mostra eccellenza in doti immediatamente evidenti ed oggettivamente valide al pari della bellezza (come quelle conferenti primato o prestigio sociale) oppure in quelle doti (di sentimento o intelletto) soggettivamente per lei importanti o irresistibili per un rapporto, dopo averlo più o meno lungamente messo alla prova e costretto a mostrare il meglio di sè (o quanto la donna vede come tale), mentre nel secondo può sempre decidere per prima, in quanto è già disiata per la bellezza e per le forme ch'è bello tacere (dal punto di vista del genio della specie garanzia di salute e di predisposizione alla gravidanza e all'allattamento e quindi irresistibili per l'istinto maschile: essendo l'uomo mosso dal principio di propagazione della vita a disiare immediatamente quante più donne possibili - in un anno potrebbe avere cento figli come il re priamo avendo a disposizione altrettante donne - e la donna da quello di selezione a farsi disiare anche da mille uomini per scegliere fra i pretendenti chi soddisfa le doti volute per la discendenza -e non è la mente ma l'istinto a saperlo - la seconda può quasi sempre scegliere anche a vantaggio del proprio personale interesse, il primo no, dovendo per ineludibile bisogno di bellezza e per la rarità di offerta di quest'ultima accettare colei che interpreta il suo sogno estetico anche quando priva di altri vantaggi) e comunque può diventare madre con una probabilità di buona riuscita (in termini sia di successo riproduttivo sia di felicità di vita personale) totalmente indipendente dal suo successo sociale (al contrario dell'uomo).

Perchè non dobbiamo permettere alle donne di "esserci pari" nel lavoro e nella carriera? Altrettanto semplice: perchè non sarebbe giusto da un punto di vista complessivo. Il mondo che noi abbiamo generato (il mondo storico, quello ordinato da chaos in kosmos ad opera delle grandi civiltà indoeuropee rette da valori virili e aristocratici - la Roma Repubblicana, la Persia Iranica, la Grecia Omerica, l'India dei Veda, la Germania Sacra e Imperiale - rispetto alle quali le società matriarcali senza classi sono apparse prigioniere delle specie o comunque storicamente recessive, anche quando come nel caso degli Etruschi avrebbero potuto disporre di alcuni strumenti tecnologici ancor più avanzati) è solo nostro (in quanto costruito da noi soli secondo i nostri soli valori, quelli che, anche in un mondo come quello attuale decaduto rispetto ad essi, possiamo ancora leggere tra le righe dell'Iliade, dell'Eneide, dei Poemi Persiani, della Baghavad Gita, dell'Edda, del Beowulf).
Anche (per non dire soprattutto) vostro è il mondo vero, il mondo delle cose più afferenti la natura, la discendenza e la felicità individuale, rispetto al quale il nostro è non già oppressione (opprimere non è obiettivo dei savi), bensì equo e umano bilanciamento volto a permettere anche a noi di avere pari libertà di scelta e forza contrattuale in quanto davvero conta per sperare realisticamente di vivere liberi e felici (o, meglio, non troppo tiranneggiati e sopportabilmente) nonchè di riprodursi (o anche solo di essere accettati per l'avventura di una notte).
Tutto quello che di bello e di sublime esiste al mondo senza essere direttamente natura (la magia di fermare l'incanto della bellezza su una tela, la possibilità di incatenare corpi e menti persino agli dei con un susseguirsi di toni e melodie, il potere di rendere divina una forma scolpendola nel marmo immortale, la capacità di creare immagini e suoni con le parole chiamata poesia), tutte quelle mirabili strutture dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società concepite per misurare i millenni e non essere raggiunte dai contemporanei nè superate dai posteri non esisteva prima che i migliori fra gli uomini lo generassero, ed è stato generato anche proprio per bilanciare in desiderabilità e potere tutto quanto alle donne è dato per natura dalle disparità di numeri e desideri nell'amore sessuale nonchè da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri.
Sarebbe davvero il colmo se fosse aggiunto alle vostre armi naturali quanto noi abbiamo tanto lungamente e faticosamente quanto grandiosamente e meritoriamente costruito proprio per poter avere qualcosa da contrapporvi!
Non solo sarebbe un aumento inaccettabile dello sbilanciamento naturale, ma sarebbe pure ingiusto da un punto di vista del diritto.
Si può dire infatti che avete diritto a qualcosa se si tratta di una risorsa naturale preesistente che vi è stata sottratta tutta o in parte, non già se si tratta di qualcosa di inesistente in natura e generato (con fatica, sacrifico, dedizione, abilità, coraggio, genio) da altri rispetto a voi.
Nè l'arte nè la cultura, nè la politica, nè la guerra, nè le gerarchie (e quindi le posizioni e i ruoli di prestigio, ricchezza, preminenza), nè la società in senso statuale, nè la religione in senso anagogico, esistevano in natura, nè potevano esistere nel tutto indifferenziato delle società matriarcali senza classi: sono state infatti scolpite nel momento in cui, a similitudine del martello di un'artista, l'opera formatrice e apollinea del tipo umano virile e guerriero ha deciso di dare al marmo informe dell'umanità primitiva la forma e la sembianza dei propri ideali, scegliendo cosa dovesse far parte dell'opera e cosa dovesse essere ridotto in polvere e quale forma la prima dovesse avere, e ha quindi fatto sorgere le differenziazioni fra tipi umani necessarie all'affermarsi e al perpetuarsi di quelle identità di sangue e spirito propriamente storiche (famiglia, casta, razza, popolo) nonchè all'orientamento della società tutta secondo giustizia (porre in alto quanto ha più valore).
Come possono le donne reclamare diritti su quanto non è loro nè è con i loro valori naturali compatibile?


C) Le colpe e le pretese dei "maschi pentiti" e quello che invece farò come uomo

Gli uomini come l’autore dell’articolo da te citato sembrano rallegrarsi che la donna diventi il nuovo "capo-famiglia". La donna a capo della famiglia? Di quale famiglia? Quella di oggi non più in piedi? Una donna come presidente di una superpotenza? Di quale potenza? Degli USA ormai superati da Cina e Russia?
Che alla fase di decadenza si associ il diffondersi materiale e ideale del femmineo è un fatto rilevato n-volte nella storia delle civiltà: da Costantinopoli a Venezia, dall'Etruria alla Francia pre-Rivoluzionaria.
Quello che per gli stolti è segno di evoluzione da un punto di vista extra-morale è il semplice spegnersi di quella forza formatrice apollinea e virile (scambiata dai benpensanti per brutalità  e in effetti puro atto artistico) che, avendo generato il kosmos dal caos, lo teneva poi "in forma".
Comunque se il decadente e femmineo mondo occidentale non ci permette più di compensare socialmente (con le mirabili strutture dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società ideate dai forti e saggi fondatori di città e civiltà non già per opprimere la donna ma per dare anche all'uomo pari possibilità di scelta e forza contrattuale in quanto più rilevante innanzi alla natura, alla discendenza ed alla felicità individuale) e individualmente (con lo studio, il lavoro, la posizione sociale, la cultura, la fama, la ricchezza, il prestigio, il potere, e quant'altro consegue da meriti o fortune individuali) tutto quanto è dato alle donne delle disparità di desideri nell'amore sessuale e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri resta una sola cosa da fare: dare una spinta a quanto sta per cadere.
Piuttosto che accettare la vita presente quale sarebbe senza le compensazioni (giacchè la posizione di privilegio, per non dire di preminenza, data alla donna da natura e quindi cultura è indipendente dall'organizzazione sociale e incancellabile anche dalla più misogina delle società), ovvero un susseguirsi
•    di negazioni, dannazioni, condanne della mia più profonda e vera natura,
•    di riduzione ad apolide,
•    di impotenza sociale e individuale di ogni mio pensiero ed ogni mia azione,
•    di dipendenza di ogni mio bene e di ogni mio male dai gusti del genere femminile e dai capricci della dama di turno,
•    di irrisione di ogni mio puro e ingenuo trasporto sessuale, emotivo e sentimentale e
•    di frustrazione sempiterna d'ogni disio,
mi conviene rischiare la vita stessa pur di distruggere l'occidente decaduto ed effemminato, per ricostruirvi con le rovine e sulle rovine un mondo nuovamente abitabile!