Oggi vi sono stato!
"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"
C'è bisogno di dire che, nonostante tutte le deficienza difensive di cui abbiamo discorso nei precedenti episodi, tanto il generale Cavaciocchi quanto il generale Badoglio dichiararono di essere ben pronti e preparati a rintuzzare l'attacco nemico e addirittura di attenderlo con fiducia, di non avere bisogno di nulla che non fosse loro già stato concesso dal comando e che, come gran parte degli altri ufficiali superiori in quel momento, facevano a gara in ottimismo?
LE LINEE DIFENSIVE DELLA 2° ARMATA Linea avanzata, di difesa ad oltranza, d'Armata
Nell’ottobre 1917 la struttura difensiva della 2^ Armata nel settore dell’alto Isonzo era costituita da una molteplicità di linee, generalmente tre (avanzata, di difesa ad oltranza, di Armata) e dalla presenza di altre posizioni di raddoppio. Le tre linee presentavano le seguenti caratteristiche generali: - linea avanzata, coincideva con le posizioni conquistate dopo le prime operazioni del 1915. Era debole perché non seguiva criteri difensivi, ma rappresentava il margine raggiunto dopo le varie azioni offensive. Con il passare dei mesi aveva raggiunto una certa consistenza grazie a notevoli lavori campali ma risultava soggetta all’osservazione avversaria, molto spesso risultava esposta a tiri d’infilata, e, in alcuni punti, anche attaccabile alle spalle. Questa era la sola linea presidiata dai reparti, mentre quelle arretrate dovevano essere occupate solo in caso di necessità. Se la linea avanzata non avesse resistito il tempo sufficiente a consentire l’attivazione delle linee retrostanti, queste, nonostante la loro forza intrinseca, sarebbero risultate inutili. - linea di difesa ad oltranza, questa linea era più forte di quella avanzata perché comprendeva fin dalla sua progettazione posizioni di notevole valore difensivo (i cd. “capisaldi”), poteva contare inoltre sull’appoggio dell’artiglieria e permetteva azioni di fiancheggiamento. In alcuni tratti le prime due linee si potevano fondere in un unico sistema o per la mancanza di terreno utile (profondità) o per la capacità impeditiva della zona. - linea d’Armata, come la precedente si appoggiava ad elementi forti del terreno che potevano ostacolare i movimenti dell’avversario favorendo, nel contempo, la difesa cd. attiva. Era integrata da ulteriori tracciati che ne rafforzavano il disegno complessivo formando dei compartimenti dove bloccare eventuali penetrazioni nemiche
LINEE CONTRAPPOSTE FRA PLEZZO E TOLMINO
Dal giugno 1915, dopo l’occupazione del Monte Nero (Krn, m 2245), le linee contrapposte non subirono variazioni di rilievo per ventotto mesi estendendosi, con andamento Nord – Sud, le italiane dal Čukla alla piana di Volče e quelle austro – ungariche dal Rombon alla testa di ponte di Tolmino (Tolmin). La linea avanzata italiana, coincidente con le posizioni raggiunte dopo le prime operazioni del 1915, rimontava dal vallone dello Slatenik alle trincee blindate della sella di quota 1270 e da là raggiungeva il Kal (Cocuzzolo Camperi, m 1698) posto all’estrema propaggine della dorsale del Vršič (m 1897), proseguendo poi lungo l’affilata cresta del Vrata – Krn fino a raggiungere l’acrocoro del Monte Rosso (Batognica, m 2164). Riprendeva poi più in basso attestandosi alle pendici occidentali dell’allineamento Sleme – Mrzli vrh – Vodil, raggiungendo la sinistra Isonzo nel fondo valle davanti all’abitato di Gabrje. Riprendeva solcando la piana acquitrinosa di Volče fino a Čiginj, inerpicandosi poi sulle ridotte dello Ješenjak e dello Ježa a fronteggiare le munite posizioni austro – ungariche di Santa Maria - Mengore e di Santa Lucia di Tolmino (Selski vrh). Alla 1^ linea seguiva la linea di difesa ad oltranza, che dalla stretta di Šaga si portava sulla catena del Polovnik e sul Krasji vrh per poi raggiungere più in basso la sella di quota 1270 andando a coincidere con la precedente linea avanzata fino alla cuspide del Monte Nero. Ridiventava un tracciato autonomo scendendo per il Kožljak e il Pleče all’Isonzo presso la località di Selišce. Oltre l’Isonzo risaliva sulla Costa Raunza per Foni e il Leisce vrh a raggiungere la ridotta di Cemponi da dove, fino al Grad si fondeva con la prima linea. Una terza linea, detta d’Armata, proteggeva le vie di comunicazione con la pianura friulana, sbarrando la Valle Uccea tra il Monte Guarda e la catena dei Musi e correndo lungo la dorsale dello Stol fino allo Starijski si portava davanti a Caporetto con il caposaldo del Volnik a sud di Drežnica, da dove ripassava sulla destra Isonzo per Idrsko inerpicandosi poi per Golobi fin sulla cima del Kuk di Livek da dove proseguiva sulla lunga gobba del Colovrat fino al Korada. Gli austro - ungarici occupavano invece tutte le dorsali che fronteggiavano le posizioni italiane mantenendo in gran parte posizioni sopraelevate o comunque tatticamente più favorevoli alla difesa, potendo anche sfruttare per le linee arretrate e i rifornimenti l’ampio acrocoro del Bogatin. Dal Rombon (m 2208), passando per le posizioni antistanti il Čukla, la prima linea scendeva nella conca di Plezzo attestandosi sulle alture del Ravelnik da dove per lo Javoršček e Sella Golobar raggiungeva lo sperone Nord Ovest del Vršič, mantenendosi a pochi metri dalla ridotta italiana del Kal (Cocuzzolo Camperi). Poggiando poi sulla bastionata formata da Lipnik (m 1867), Veliki Lemež (m 2043), Šmohor (m 1939) e Vrh nad Peski (m 2176), formava un arco di cerchio attorno alla rocciosa conca del Krnsko jezero (Lago Nero) agganciando le trincee italiane sul ciglione del Monte Rosso (Batognica) che poi abbandonava per sovrastarle dalla creste del Maselnik (m 1903), Stador (m 1903) e Rdeči Rob (m 1913). Passando per lo Sleme, il Mrzli e il Vodil raggiungeva la sinistra Isonzo nei pressi dell’abitato di Dolje a qualche centinaio di metri dalle linee avanzate italiane di Gabrje. Completavano le difese l’isolato cono del Grad che assieme alle alture di Mengore e Santa Lucia costituiva un formidabile sistema dominante il fondo valle Isonzo a protezione di Tolmino. (estratto da: “Da Tolmino a Caporetto lungo i percorsi della Grande Guerra tra Italia e Slovenia” di Marco Mantini)
LINEE ARRETRATE DELLA 2° ARMATA
Nel settore dell’alto Isonzo l’avanzata delle truppe italiane contro l’Austria - Ungheria portò, fin dall’inizio del conflitto, la linea del fuoco al di là del fiume, nell’area compresa tra Plezzo (Bovec) e Tolmino (Tolmin) con fulcro la conca di Caporetto (Kobarid) e l’arco montano dal Mrzli vrh alla catena del Monte Nero (Krn, m 2245). Con lo stabilizzarsi del conflitto in una guerra di posizione, il Comando Supremo italiano dispose la costruzione nell’area di competenza della 2ª Armata di un imponente sistema difensivo che proteggesse alle spalle le sue grandi unità schierate sul Carso e sull’Isonzo in caso di sfondamento delle linee avanzate. La linea principale di difesa, tracciata nell’estate del 1915, partiva da monte Stol si sviluppava per circa 120 km, comprendendo la conca di Caporetto, le dorsali fra Judrio e Isonzo, per scendere lungo l’allineamento Collio – Korada e proseguire attraverso la pianura isontino fino al mare. Questa linea, detta d’Armata, proteggeva le vie di comunicazione con la pianura friulana, sbarrando la Valle Uccea tra il Monte Guarda e la catena dei Musi. Correva lungo la dorsale dello Stol fino allo Starijski vrh portandosi davanti a Caporetto con il caposaldo del Volnik a sud di Drežnica a formare testa di ponte, da dove ripassava sulla destra Isonzo per Idrsko inerpicandosi poi per Golobi al Kuk di Livek e proseguire lungo la dorsale Colovrat – Ježa – Globočak - Korada – e per i capisaldi di Planina, Verhovac, San Floriano, Mossa fino al monte Fortin. Altre linee, più arretrate, ne completavano la sistemazione raddoppiandola alla testata della valle del Rieca e a cavallo della valle dello Judrio e in alcuni tratti anche triplicandola come nella zona del fiume Torre dove si collegava con le ulteriori opere di difesa poste alle spalle della 3^ Armata impegnata sul fronte carsico. Il loro tracciato si sviluppava su tre ulteriori linee: - la linea ad ovest di Caporetto, Starijski vrh – Robič (Molida) – Jelovac (Ilovec) - Golobi, che sbarrava la Valle del Natisone (il tratto Jelovac – Golobi non era ancora completato); - la linea contraddistinta dalle posizioni: Mrzli del Matajur – valle Rieca – Monte San Martino – Trusgne – valle Judrio – Pušno, che sbarrava le valli dei torrenti Rieca e Judrio e di conseguenza gli sbocchi alla piana di Cividale; - la linea sulla destra dello Judrio, che da Passo Zagradan seguiva il tracciato: Clabuzzaro – Monte Cum (Hum) – Monte San Giovanni – Špik - Castelmonte – Monte Planjava, Monte Brischis – Monte San Biagio. Quest’ultima raddoppiava quella d’Armata nel tratto Ježa – Globočak - Korada e aveva ancora un’appendice sui monti Mladesiena, dei Bovi e Purgessimo alle porte di Cividale. Sul suo stato di efficienza un documento del Comando Genio della 2^ Armata datato 22 ottobre 1917, due giorni prima dell’avvio della battaglia di sfondamento, parla di “Trincee continue con reticolati fissi, su due ordini di trincee di vecchio tipo che si stanno in parte modificando. In tale linea costruita con i criteri in uso nei primi tempi della guerra il lavoro delle trincee è assolutamente sproporzionato rispetto al numero di ricoveri e quello degli appostamenti di mitragliatrici ricavati in caverna o blindati alla prova. Tale osservazione può ripetersi per tutta la linea fino al Globočak e per quella che dal Globočak per Lig - Korada – Planina si riattacca alla linea dei capisaldi al Verhovac per discendere quindi a Mossa. Le linee arretrate non vengono descritte giacché da lungo tempo non furono ad esse apportate nessuna modificazione ”. Le difese realizzate nell’area di competenza della 2^ Armata vennero attuate senza celerità e con metodologie antiquate non aderenti alle nuove tecniche di combattimento che prevedevano, fra l’altro, l’uso massiccio dell’artiglieria di grosso calibro e l’impiego diffuso di gas asfissianti anche in profondità. Di fronte a questi metodi si sarebbe reso necessario il potenziamento dei ricoveri per la fanteria e per le armi di supporto e copertura, pezzi d’artiglieria e mitragliatrici oltre all’utilizzo di nuove tipologie di trinceramenti. La conferma di questo stato si ebbe tragicamente nell’ottobre 1917, quando investita dalle forze tedesche provenienti dalla testa di ponte di Tolmino, la linea cedette aprendo la strada all’invasione della pianura friulana.
L'ORGANIZZAZIONE DEI LAVORI DIFENSIVI
L'asprezza dei luoghi, le difficoltà nei rifornimenti e le dure condizioni climatiche imposte da un fronte alpino costrinsero i due avversari a un’imponente opera di rafforzamento e sistemazione delle posizioni e la creazione a tergo di un complesso sistema di comunicazioni necessario a raggiungere in ogni modo luoghi prima sconosciuti o zone considerate inaccessibili all’uomo. Tale fu la mole dei lavori che montagne e vallate subirono profonde trasformazioni e ancora oggi se ne conservano le vestigia lungo tutto il fronte isontino. Dal 1916 il genio d’Armata organizzò i lavori dall’Adriatico al Rombon ripartendoli in otto zone, le prime quattro comprendevano il Carso e il basso Isonzo (3ª Armata), le rimanenti includevano il medio e l’alto Isonzo, territorio affidato alla 2ª Armata. Al 24 ottobre 1917 questa rappresentava la più grande struttura operativa dell’esercito italiano contando una forza di oltre 660.000 uomini dispiegati su quasi 80 km di fronte. In particolare la quinta zona eseguiva le opere tra Gorizia, Cormons e il Collio, la sesta dalle alture a nord di Gorizia alla dorsale dello Judrio, mentre la settima e l’ottava zona gestivano i cantieri rispettivamente in Val Rieca e nell’alto Isonzo. Lo sviluppo assunto dalle opere campali, dalla costruzione di strade, mulattiere, trincee, baraccamenti, piazzole per l’artiglieria dimostrò in breve l’insufficienza dei reparti normalmente impiegati. Non solo in due anni il genio militare moltiplicò i reparti, ma a questi si aggiunse l’impiego delle centurie, unità costituite da militari delle classi anziane o da quelli “meno atti alle fatiche di guerra” ma comunque capaci sterratori e cavatori, oltre al ricorso ai reparti di civili militarizzati, i cd. “operai borghesi” nell’ordine di diverse migliaia per Armata reclutati tra gli abitanti dei luoghi prossimi alle zone di operazione e dall’interno del paese. (tratto da: “Da Tolmino a Caporetto lungo i percorsi della Grande Guerra tra Italia e Slovenia” di Marco Mantini) Comando del Genio della 2a Armata Direzione Lavori 6a Zona Castelmonte Liga (Lig) Cambresco (Kambreško) Prepotto Senico (Senik) Tribil Planina San Iacob Val Cosbana Vercoglia (Vrhovlje) Direzione Lavori 7a Zona Bucova Jeza (Bukova Ježa) Clabuzzaro Dugo Cambresco (Kambreško) Liga (Lig) Passo Zagradan Peternel Prapotnizza Tribil Jeza (Ježa) (tra parentesi il nome attuale)
"Speciale stop Brigata Napoli passa a disposizione del XXVII Corpo d'Armata stop XXVII corpo prende lavori e presidio della linea Plezia-Foni-Isonzo stop Resta con ciò stabilito che la fronte del XXVII Corpo d'Armata in quel tratto giunge fino sull'Isonzo stop La difesa del fiume è affidata al IV corpo stop I pezzi da 70 someggiati che sono sulla fronte Plezia-Isonzo passano a disposizione del XXVII corpo stop Accusare ricevuta stop generale Montuori"Giusta era l'idea di rafforzare il fronte davanti a Tolmino (sfruttando la cui ferrovia e le cui munitissime postazioni con tanto di gallerie sotterranee gli austriaci avrebbero potuto facilmente sostenere rifornimenti e comunicazioni per un attacco in profondità).
Il comando della 2° Armata prese una decisione che non è giustificabile. In linea di massima era già illogico, e dal punto di vista tecnico condannabile, modificare i limiti di contatto fra grandi unità, quando si sapeva imminente l'offensiva nemica. Nel caso specifico, poi, il pendio boscoso, e perché insidioso, che da Monte Plezia e Costa Ruanza digradava verso l'Isonzo costituiva un settore delicatissimo, perché fianco destro di un fondovalle di facilissima percorribilità. Il comando del XXVII corpo non aveva mai avuto occasione di occupersene, mentre il comando del IV l'aveva avuto da oltre un anno incluso nel proprio settore e ne aveva valutato la vulnerabilità; il 20 ottobre il generale Cavaciocchi richiamò l'attenzione dei comandi dipendenti sulla possibilità che il nemico approfittasse della fittissima nebbia per tentare azioni di sopresa "particolarmente in direzione della linea di congiunzione fra il IV ed il XXVII Corpo d'Armata".Non sarebbe stato più semplice riattribuire la 19° divisione al IV Corpo (con cui peraltro era stata fino a un mese prima) senza modificare i confini giurisdizionali fra corpi d'armata?
Non basta: il IV corpo aveva organizzato con le sue artiglierie lo sbarramento di quel settore, mentre il XXVII corpo non disponeva di artiglierie di piccolo calibro che avessero azione su di esso. Inoltre il IV corpo aveva sul pendio di destra dell'Isonzo, divallante verso il fiume, e in fondovalle ben otto batterie di medio calibro e alcune di piccolo calibro che partecipavano allo sbarramentoi dinanzi alle linee del Mrzli e del Vodhil.
Il generale Badoglio dichiarò di aver precisato nell'ordine alla 19° divisione (n°3.268 delle ore 17.30 del 22 ottobre) che la brigata Napoli era messa alle sue dipendenze "col compito di occupare la linea Plezia-Foni-Isonzo e con l'avvertenza di impegnarla il meno possibile, costituendosi una riserva presso la linea".Il generale Villani chiese conferma di tale insensato ordine, sperando di poter dispiegare più di 400 uomini in quel punto tanto cruciale, e di schierare i rimanenti in posizioni più appropriate, ma l'ordine venne confermato di persona da Badoglio. Ora, è vero che gli ordini di Cadorna dicevano che la linea avanzata dovesse essere alleggerita, ma, lasciando perdere il non trascurabile controsenso che su tutto il resto della fronte del IV Corpo ciò pur non fu fatto, questo non può oscurare un'evidenza tattica assoluta e far pensare possibile abbandonare un punto così vitale per la difesa, sfondato il quale il nemico può infilarsi dietro addirittura la linea di resistenza minacciando d'accerchiamento un intero corpo d'armata! Alleggerire la linea avanzata significa togliere truppe da essa per spostarle su quella di resistenza (come invece, secondo quanto discusso nelle puntate precedenti, non fu fatto nella zona del IV Corpo) per il preciso scopo che questa, forte già per natura, possa resistere a oltranza, ma non certo creare falle nel sistema difensivo tali da permettere al nemico di giungere, in un altro punto, alle spalle della linea di resistenza stessa, solo per poter dire di aver sgomberato un tratto di linea avanzata!
Si dovrebbe arguire che alla 19° divisione fosse stata lasciata libertà di distribuire i battaglioni della brigata fra prima linea e riserva, riserva che per essere "presso la linea" avrebbe dovuto essere a ridosso di Monte Plezia e dietro lo sbarramento del fondovalle, a distanza tale da poter intervenire prontamente. Della dislocazione difettosa della brigata sarebbe dunque responsabile il comandante della 19° divisione e cioé il generale Villani.
Badoglio non fu sincero. Il suo ordine fu assai più preciso e vincolante, come risulta dalla relazione della 19° divisione:
a) Con le forze strettamente indispensabili occupare Monte Plezia e sorvegliare la stretta Isonzo a nord di Foni
b) Occupare il Monte Piatto ed il Podklabuc per assicurare il possesso del passo Zagradan
c) Tenere il maggior numero di battaglioni riuniti in un nucleo di manovra più prossime che possibile a Casoni Solarie.
corpo. Altro che sorvegliare la stretta! Prima di tutto non c'era una "stretta"Quel "sorvegliare la stretta" è la prova lampante del disorientamente del comando del XXVII ma un fondovalle percorribile con un'ottima strada; in secondo luogo non si trattava di "sorvegliare" ma di "difendere" e "difendere molto bene"!
Ambedue i compiti b) e c) imponevano alla 19° divisione di tenere la maggior parte dei battaglioni della brigata Napoli sull'alto della dorsale e sul suo rovescio.
Per eseguire l'ordine ricevuto il comando della 19° divisione dislocò (compito a) il III/76° fra Monte Plezia e Foni; il I e II/76° fra Monte Piatto e Podklabuc (compito b) e tutto il 75° fanteria col comando di brigata e due compagnie mitragliatrici a Case Ardielh (compito c).
Vi furono scambi di vedute fra il generale Villani e il generale Badoglio e questi confermò che la massa doveva gravitare in alto per manovrare e mantenere il possesso di passo Zagradan; in basso bisognava tenere lo stretto indispensabile.
Ma per "manovrare", esercitando un'azione efficace là dove essa poteva rendersi necessaria, la riserva avrebbe dovuto essere collocata ad una giusta distanza e non certo nei pressi di Casoni-Solarie, come prescrisse Badoglio. Per giungere da Casoni Solarie al fondovalle Isonzo, il 65° fanteria avrebbe dovuto superare cinquanta metri di dislivello in salita e ottocento metri di dislivello in discesa su territorio ripido e malagevole, per cui sarebbe stato costretto a marciare per uno o per due su una mulattiera.
Tra incolonnamento, marcia e schieramento avrebbe impiegato circa tre ore. Siccome, in realtà, fu dislocato a Case Ardielh, alquanto più in basso, avrebbe dovuto superare altri duecenticinquantametri di dislivello in salita e perciò non sarebbe giunto in fondovalle Isonzo in condizioni di combattere in meno di tre ore e mezzo/quattro ore.
Non si può certamente asserire che la riserva fosse, come dichiarò Badoglio "presso la linea Plezia-Isonzo"!
"il generale Badoglio ordinò di schierare un solo battaglione (che contava circa 400 uomini) fra Monte Pleca e l' Isonzo, su un fronte di circa 2 km, su un pendio ripido e boscoso, e di tenere gli altri cinque battaglioni in alto, sulla dorsale del Kolovrat e dietro ad essa. Ne risultò che nel fondovalle, indifeso, la XXVI divisione tedesca potè avanzare senza colpo ferire, giungendo fino a Caporetto e oltre. "No comment.
Etiketler: Miniserie Virtuale
"Si informano i gentili telespettatori, che, per via del contemporaneo Gran Premio ultima prova del Mondiale Formula Uno, il quinto episodio della seria "Caporetto" in programma oggi non andrà in onda. [...segue trasmissione gara...] In compenso, fra i due litiganti, il due volte campione del mondo e l'inglese, ha vinto a sorpresa il terzo."
Etiketler: Corsi e Ricorsi
"Il disegno di V. E. di contrapporre all'attacco nemico una controffensiva di grandissimo stile è reso inattuabile dalla presente situazione della forza presso le unità di fanteria e dalla gravissima penuria di complementi. V. E. conosce l'una e l'altra e sa che per questo appunto ho dovuto, con grande rammarico, rinunciare alla seconda fase della nostra offensiva (quella fermata alla Bainsizza), fase che si delineava promettente di fecondi risultati. Ciò posto è necessario di ricondurre lo sviluppo del principio controffensivo, base di ogni difesa efficace, entro i reali confini che le forze disponibili ci consentono. Il progetto della grande offensiva di armata ad obiettivi lontani deve essere abbandonato; esso ci condurrebbe in sostanza a sviluppare una grande offensiva di riflesso non meno costosa di quella seconda fase alla quale già abbiamo rinunciato.In verità Capello non emise poi alcuna modifica e alcuna circolare per correggere o smentire gli ordini precedenti, proprio perché, come visto, ieri, non aveva preparato nulla né per una contro-offensiva immediata né per una più ampia e generale da sferrare in un secondo momento. Quanto al resto, ossia alla debolezza dell'ala sinistra dell'armata, cercò di correre parzialmente ai ripari attribuendo, come anticipato ieri, al IV Corpo di Cavaciocchi i rinforzi richiesti, e schierando il VII Corpo d'Armata in posizione arretrata, dietro alla destra del IV ed alla sinistra XXVII, con il compito specifico di impedire al nemico di sboccare da Tolmino verso Cividale e la pianura, difendendo a oltranza la linea d'armata del Kolowrat. Ciò avrebbe funzionato supponendo che il IV e il XXVII tenessero le loro posizioni sulle lineeavanzate e di resistenza per gran parte del fronte loro assegnato, e in tal caso sarebbe servito a impedire che il nemico si infiltrasse (come spesso accade) nella congiunzione fra i due corpi sfruttando la congenita debolezza degli estremi e delle giunture fra grandi unità diverse. Nel caso però le linee di resistenza fossero state infrante, non vi era, alla data di oggi (20 ottonbre) nessuna riserva in grado di proteggere la linea d'armata alle spalle del IV Corpo, e in particolare divisioni o brigate in grado di raggiungere prontamente la Valle Uccea e la conca di Bergogna, per cui, nota sempre Faldelle "rimanevano scoperte le comunicazioni che dalla stretta di Saga e da Bergogna conducono a Tarcento e Nimis. A questa gravissima deficienza aveva in parte ovviato il Comando Supremo dislocando la 53° divisione con la brigata Potenza a Faedis e la brigata Vicenza a Cividale". Vale a dire che la Seconda Armata, la più forte dell'intero scheramento Italiano, non aveva allocato nessuna delle sue riserve a difendere la linea d'armata nel settore Plezzo-Tolmino (eccettuato come appena detto il tratto del Kolowrat) e di fatto non aveva truppe dietro il IV Corpo d'Armata in grado di intervenire celermente in caso di cedimento di questo.
Troveranno posto, invece, nel quadro d'una tenace difesa attiva, risoluti contrattacchi, condotti da truppe appositamente preparate ed ispirati a quel concetto dell'attanagliamento ben delineato dell'E. V., ma con carattere locale, contenuti, cioè, entro il raggio tattico, per mantenere la difesa nei limiti dell'indispensabile economia.
Per tutte le esigenze di una siffatta difesa i 338 battaglioni di cui l'Armata dispone debbono largamente bastare. Quanto alle artiglierie [...] i 2.500 pezzi di piccolo, medio e grosso calibro e le 1.134 bombarde di cui dispone l'Armata debbono essere sufficienti per provvedere in modo completo a tutte le esigenze di un solidissimo schieramento di difesa ad oltranza.
Ai suesposti concetti V.E. vorrà pertanto informare le nuove direttive da impartire ai comandi di Corpo d'Armata dipendenti e le varianti alle direttive precedentemente emanate, e di tali nuove disposizioni gradirò avere conoscenza al più presto".
"Anche se il generale Capello intedeva seriamente effettuare una controffensiva dalla Bainsizza, la fronte del IV corpo e della 19° divisione del XVII doveva pur sempre soltanto resistere, e resistere a oltranza, per dar tempo alla massa controffensiva di entrare in azione altrove e far sentire gli effetti del proprio intervento. Quindi le artiglierie del IV corpo e della 19° divisione (XXVII corpo) potevano e dovevano essere arretrate qunto possibile, compatibilmente con gli obiettivi da battere, ai fini esclusivamente della difesa a oltranza e in ogni modo dietro la linea di resistenza, specialmente dove la zona fra linea avanzata e linea di resistenza aveva scarsa profondità. Ritraendo tutti i cannoni di medio calibro dietro alla dorsale Monte Cucco-Kolowrat-Monte Xum, sarebbe sempre stato possibile battere le posizioni nemiche e i loro rovesci dallo Sleme alla testa di ponte di Tolmino. Rimasero invece in posizione avanzate ben venticinque batterie di cannoni di medio calibro che andarono tutte perdute il 24 ottobre. Sarebbe pure stato possibile arretrare le batterire di obici in posizione sulla sinistra dell'Isonzo dinanzi alla linea di resistenza ad oltranza Pleca-Selisce, quelle sulle pendici di Costa Ruanza sull'Ostri Kras e alla testata di Val Doblar, e cioé diciotto batterie, pur avendole in condizioni di effettuare la contropreparazione. Anche queste andarono perdute il 24 ottobre. L'arretramento delle batterie in posizione nella conca di Drezenca era invece meno opportuno, perché la dorsale dello Stol era troppo arretrata e quindi avrebbero dovuto ammassarsi nel fondovalle Isonzo per colpire obiettivi situati a millesettecento/milleottocento metri di dislivello. Inoltre la linea di resistenza, per la sua solidità, proteggeva efficacemente le artiglierie. Infatti non fu superata in alcun punto nella giornata del 24 ottobre.Resosi conto di ciò, Cadorna inviò immediatamente il colonnello Calcagno a ispezionare il fronte conferendo con i comandanti di Corpo d'Armata. Domani ci permetteremo di accompagnarlo, per vedere più da vicino il dispositivo difensivo italiano nell'imminenza dell'attacco e per conoscere meglio i comandanti, gustando anche qualche interessante retroscena.
In complesso il IV corpo fece arretrare otto batterie e il XXVII quattordici, ma il 24 ne andarono perdute ben quarantatre di cannoni e obici di medio calibro. Un preciso ordine del generale Cadorna fu dunque eseguito soltanto parzialmente [...] Insomma, gli ordini del Generale Cadorna del 18 settembre e del 10 ottobre non vennero presi sul serio [...] Benché sapessero che l'attacco sarebbe scattato entro l'ultima decade del mese (il 10 ottobre il generale Badoglio disse di attenderlo per il 18-19 ottobre) tutti si comportarono come se dovessero trascorrere ancora parecchie settimane."
Etiketler: Miniserie Virtuale
Il 30 settembre il generale Capello avvertì i Corpi d'Armata IV e XXVII della "possibilità di un'offensiva austriaca partente dalla testa di ponte di Tolmino, offensiva che potrebbe tendere ad impadronirsi della testata di Valle Judrio o risalire l'Isonzo".Il 19 ottobre, proprio perché gli era chiaro sia come l'attacco previsto fosse poderoso e imminente, sia come questo sarebbe stato sferrato nel settore da Plezzo a Tolmino, Capello dispose un deciso rafforzamento dell'ala sinistra dell'armata che avrebbe dovuto fermarlo (e furono fra l'altro questi gli unici suoi veri e concreti preparativi per la difesa): oltre ad un certo numero di batterie, assegnò al IV corpo sette battaglioni alpini e dislocò dietro il Kolowrat, sulla linea d'armata (in posizione intermedia fra il IV e il XXVII Corpo che occupavano più avanti, rispettivamente a sinistra e a destra, le linee avanzate e di resistenza e sui quali ci siamo dilungati ieri e ci dilungheremo in seguito), il VII Corpo d'Armata (generale Bongiovanni) e in valle Judrio la I brigata bersaglieri, oltre alla V che già vi si trovava.
L'8 ottobre accennò ad "azioni offensive eventualmente partenti dalla testa di ponte di Tolmino". Il 9 ottobre ordinò al generale Badoglio (XXVII Corpo d'Armata) di "studiare i provvedimenti migliori per arginare l'offensiva partente dalla testa di ponte di Tolmino verso la testata dello Judrio" e contemporaneamente telegrafò a Cadorna che le notizie di preparativi per un'offensiva in forze erano confermate e che la presenza di truppe germaniche era accertata (e dal contesto del telegramma si capisce quanto Capello fosse allarmato). Lo stesso giorno il generale Cavaciocchi (IV Corpo d'Armata) scrisse ai comandanti di divisione che sembrava "ormai certo il proposito nemico di offensiva dalla testa di ponte di Tolmino" e prescrisse di avere la massima cura per il collegamento fra la 46° e la 19° divisione (cioé proprio là dove il 24 ottobre si verificherà lo sfondamento sulle due rive dell'Isonzo) e costituì a cavallo del fiume una riserva di due reggimenti bersaglieri (2° e 9°).
Il 10 ottobre il generale Badoglio disse di prevedere il massimo sforzo del nemico contro la 19° divisione per impadronirsi del Monte Jeza e del Krad Vhr e infatti il 24 ottobre il nemico eserciterà il massimo sfrozo in quella direzione. L'undici ottobre ordinò che il 5° gruppo alpini (battaglioni Belluno, Val Chisone, e Monte Albergian) assegnatogli dal comando della 2° Armata si schierasse sul Krad Vrh e assegnò le dieci compagnie mitragliatrici che l'Armata aveva messo a sua disposizione, cinque alle divisione di sinistra Isonzo e cinque alla 19° divisione alla quale diede per di più trentadue mitragliatrici austriache.
Il 13 ottobre il generale Capello chiese al Comando Supremo e ottenne il 2° gruppo alpini (quattro battaglioni) da assegnare alla 50° divisione in conca di Plezzo, e ordinò alla I brigata bersaglieri di trasferirsi in valle Judrio, per parare minacce provenienti dalla conca di Tolmino.
Il 14 ottobre il generale Cavaciocchi tenne una conferenza e anninziò che l'offensiva era imminente, che la massa nemica raccolta del vallone di Chiapovano poteva sboccare da Tolmino e tendere allo Jeza e al Kolowrat sul rovescio deo IV Corpo. Previde anche l'avanzata nemica in fondovalle Isonzo e l'attacco principale sul Mrzli.
Il 16 ottobre il comando della 2° Armata ordinò che il comando del V raggruppamento alpini e il 5° gruppo alpini, già assegnato al XXVII corpo, si trasferissero al IV e che la brigata Firenze si dislocasse nella zona di Perternel, a ridosso del Kolowrat.
il 17 ottobre il generale Capello, nella conferenza tenuta con i comandanti di corpo d'armata per spiegare i suddetti ordini di rafforzamento dell'ala sinistra dell'armata, afferma che era "prevedibile il massimo sforzo da Tolmino e probabilmente esteso fino a Plezzo". Lo stesso giorno il generale Cavaciocchi richiamò l'attenzione delle divisioni sull'imminente offensiva, scrisse che non era escluso anche un attacco sul fronte della 5° divisione (conca di Plezzo) e assegnò il 2° gruppo alpini (quattro battaglioni) alla 50° divisione e il 5° gruppo alpini (tre battaglioni) alla 43° divisione (conca di Drezenca).
Il 18 ottobre il comando della 2° Armata informò il Comando Supremo che il nemico accresceva i suoi mezzi sulla fronte del IV e sulla sinistra del XXVII corpo "probabilmente con l'intenzione di attaccare dalla testa di ponte di Selisce e Drezenca"
Le previsioni erano esatte e il Comando della 2° Armata chiese un rinforzo di tre divisioni (sei brigate).
1) Non eseguire tiro di controbatteria 2) Non appena il nemico accennava ad avanzare, tiro di sbarraemento, in modo da impedire l'attacco. 3) Non appena il nemico avesse iniziato la rottura dei varchi dei nostri reticolati, nelle nostre trincee, facendo così comprendere dove voleva lanciare le sue masse, battere i tratti di trincee nemiche dai quali essi doveva sbucare, tratti ce dovevano rilevarsi per gli indispensabili preparativi che su di essi il nemico doveva fare. 4) Nel caso che qualche nostro tratto di trincea fosse caduto, eseguire subito un violento tiro di repressione [...]ordini assurdi, ed evidenzianti l'ingenuità ed il candore (nel migliore dei casi) di chi li scrive, poiché distinguere il momento in cui il nemico taglia i reticolati nel fragore della battaglia è pura utopia. La mancanza di qualsiasi valida preparazione degli obiettivi dell'artiglieria (e in particolare del fuoco di contropreparazione) assolutamente necessaria invece in quei frangenti (fermare un attacco nemico previsto e localizzato) è testimoniata da ordini basati non su dati di puntamento e indicazioni oggettive, ma sulle "impressioni" che si sarebbero dovute cogliere a vista e sul momento, come nella direttiva appena citata, da cui dunque pare, incredibilmente, che se vi fosse stata la nebbia o se fosse stato ancora buio non si sarebbe dovuto aprire il fuoco.
"Si disse che Badoglio avrebbe prescritto che le artiglierie aprissero il fuoco soltanto quando lo avesse ordinato lui stesso. C'è chi si aspetta di vedere uscire il testo dell'ordine dalla famosa cassaforte, contenente i documenti relativi alla battaglia, che esiste, ormai aperta, presso l'Ufficio Storico, e c'è chi ritiene che questo documento sia stato distrutto, insieme ad altri, dopo la prima guerra mondiale. Vana è l'attesa e infondata la supposizione: il documento non è mai esistito, per la semplice ragione che il generale Badoglio non aveva bisogno di emanare un ordine scritto per confermare l'avocazione a sé della facoltà di far aprire il fuoco, perché gli si era riservato a priori l'impiego dell'artiglieria."Il fatto che poi Badoglio abbia scelto di porre il comando di corpo d'armata lontano dall'Ostri Kras (su cui vi era il comando dell'artiglieria occupato da Cannoniere che non si azzardava nemmeno ad aprire il fuoco dell'accendisigari senza l'ordine di Badoglio) e quindi si sia auto-impossibilitato, nel caso (ritenuto molto probabile, dato che nelle riunioni di settembre si parlava di istiuire un sistema di trasmissione degli ordini basato su piccioni viaggiatori) di interruzione delle comunicazioni, ad intervenire per dare gli opportuni ordini alle batterie pare davvero eccessivamente grave per essere anche solo concepito. Avere poi per tutti questi motivi settecento e passa cannoni, molti di grosso calibro e ben riforniti di munizioni, che stanno muti mentre il nemico per ore e ore effettua la sua preparazione, e che poi, durante l'avanzata, rinunciano a martellare le colonne austro-tedesche le quali marciano indisturbate nel fondovalle aggirando e circondando con poca fatica le posizioni italiane (senza subire quelle forti perdite che chiunque in quelle condizioni subirebbe in una guerra di montagna dalle artiglierie del difensore) è qualcosa di non certo irrilevante per l'esito di una battaglia.
30 settembre: pare che il nemico abbia abbandonato per il momento l'idea di un'offensiva.Solo a una settimana dall'attacco per la prima volta l'attenzione era rivolta al settore Plezzo-Tolmino, e per di più la conclusione era sconcertante: "non sembra fuori luogo attribuire al nemico l'intenzione di contrastare un'eventuale nostra avanzata con un'azione controffensiva".
2 ottobre: un ufficiale polacco catturato riferisce di una probabile azione in grande stile e accenna a un attacco dalla testa di ponte di Tolmino. E' segnalata la presenza nelle retrovie di Tolmino di una divisione austriaca e di due battaglioni tedeschi. Conclusione: un'offensiva nemica avrebbe soltanto carattere di operazione locale.
8 ottobre: segnalati attivo movimento ferroviario, presenza di truppe germaniche fra Lubiana e Tolmino, prossimo arrivo della divisione slesiana, arrivo di artiglieria germanica, conclusione: probabile offensiva per riprendere l'altipiano della Bainsizza, con concorso germanico molto limitato.
9 ottobre: intensa affluenza di segnalazioni di arrivo di truppe germaniche. Conclusione: il nemico ha serie intenzioni di offensiva; voci indicano zona di attacco da Kal a Tolmino e la data: ultima decade di ottobre.
13 ottobre: un'offensiva nemica è molto probabile e prossima nel settore da Tolmino al Monte Santo.
17 ottobre: segnalazione di addensamento di truppe nemiche da Tolmino verso nord, numerose bombarde e artiglierie fra Tolmino e Monte Nero, truppe salde e ben provate in conca di Plezzo.
Etiketler: Miniserie Virtuale