La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Pazartesi, Ekim 30, 2006

IL VERISMO DELLO STILE CHIARESCO - LA REALTA' SOCIALE
Al pari dei racconti del Verga, quelli di Chiara di Notte utilizzano il realismo dei personaggi e delle loro esperienze di vita per illuminare ed efficacemente descrivere e spiegare un'intera realtà sociale, pur senza perdere in nulla in quanto a valore artistico. Ciò significa che si è dunque raggiunto quel difficile equilibrio fra rappresentazione artistica (attinente all'universale) ed efficacia realistica (attinente al particolare) nel quale risiede ogni grande composizione letteraria romanzesca.
La realtà sociale protagonista delle due storie è quella della prostituzione d'alto livello nella Russia post-comunista. Essa viene presentata in maniera più libertaria in cui nei nostri sedicenti paesi libertari d'occidente sia dato di concepire ad anche di attuare.
Figura centrale e rappresentativa di questa realtà è la "matrona" Vlada, il cui ruolo non è certo quello della maitresse d'ottocentesca memoria, né tanto meno quello della sfruttatrice tristemente nota nei livelli più bassi della prostituzione rumena o albanese in Italia, bensì quello di una "matriuska", ossia piccola madre, nel senso più profondo che tale termine ha avuto nel paese di Caterina "La Grande". Ella appare una guida quasi "materna" per le sue giovani e ammalianti (ma all'inizio disorientate) "lavoratrici": non prende soldi da loro, ma permette loro di prenderli (e in quantità e senza imbrogli o ingiuste ruberie) dai clienti e dall'hotel. Rappresenta non lo sfruttamento, bensì l'autorità e dimostra come in un paese nel quale il comunismo, fra i molti danni, ha avuto comunque il merito di promuovere l'istruzione, l'emancipazione femminile (quella vera e pragmatica, non quella campata per aria e propagandata dal "comunismo" e dal "femminismo" italiano sessantottino) e di distruggere la morale cristiana, sradicando il pregiudizio paolino sul corpo, nemico del sesso facile e della prostituzione. Lì, come si intuisce dai racconti, l'assenza di una Chiesa forte e influente che dettasse regole morali ha portato a considerare questo mestiere come "naturale" per chi fosse abbastanza carina da poterlo esercitare.
Nell'esercizio del mestiere di accompagnatrice quale viene presentato dai racconti di Chiara di Notte si evince come esista ivi una gerarchia, ma non costrizioni, soprusi e inganni, nè sfruttamenti.
Le ragazze di Vlada dimostrano come fra le donne che scelgono la prostituzione autonomamente e consapevolmente, vi siano anche coloro la cui decisione non è motivata da bisogno economico (o da qualsivoglia forma di necessità), ma, forse dalla vanità (del vedersi ricercate, idolatrate, pagate, per una notte di ebbrezza e di piacere, cifre degne di grandi artisti), dalla necessità di autostima (vedere uomini ricchi fare letteralmente follie per loro, magari per avere l'illusione di un sentimento particolare, o uomini normali essere disposti a devolvere il loro intero stipendio per una sola notte di ebbrezza e di piacere, fornisce una conferma oggettiva della loro avvenenza) o, semplicemente dalla voglia di sfruttare il "desiderio di natura" dell'uomo (senza tuttavia ingannarlo) al fine di potersi permettere sfizi e capricci materiali (creme, vestiti firmati, gioielli, auto sportive, viaggi da sogno) altrimenti solo sognati e non certo necessari alla sopravvivenza o al soddisfacimento degli istinti,
Assodato questo, si deve concludere che il mestiere non è infamante in sé (ed è scelto infatti anche da donne "normali" in condizioni "normali") e dunque non ha in sé nulla di male nemmeno quando, nell'altro caso, viene intrapreso per risolvere condizioni economiche non "esaltanti".
Si tratta in entrambi i casi di utilizzare il sesso come mezzo, e di concedersi per calcolo anziché per sentimento, piacere o vanagloria: essendo il sesso qualcosa di intimo e personale, ognuno ha diritto a stabilire cosa debba rappresentare per sé e non può essere giudicato dall'esterno (se i patti sono chiari e non si inganna il prossimo io non vedo nulla di male, né da una parte, né dall'altra, al contrario di quanto avviene in certi rapporti "gratuiti" pieni di menzogne, illusioni create ad arte, derisioni, e sfruttamento dei sentimenti).
Nelle faccende private e soprattutto sessuali uno stato veramente liberale non dovrebbe entrare, se non per sancire che ognuno ha diritto a stabilire i propri valori e le proprie scelte e per impedire che taluni, con violenza, minaccia, inganno o abuso di autorità, impongano la propria volontà su altri.
La libertà risiede nel poter scegliere, ed il fatto che la scelta sia dettata da un interesse razionale anziché da una libidine irrazionale (come avverrebbe nel sesso gratuito) o dalla altrettanto irrazionale vanagloria (nel caso di certe dame "Oneste") non limita la libertà della scelta stessa, anzi, per me l’amplifica (dato che si può essere più facilmente schiavi delle passioni piuttosto che della ragione, Seneca docet).
Ovviamente il sesso deve essere libero nel senso che l’individuo deve poter scegliere con chi, che cosa e, secondo me, anche perché. Fra i perché vi è, di fatto, anche quello dell’interesse. Questo vale in tutte le condizioni e a tutti i livelli, laddove non vi è violenza e inganno ma la scelta è autonoma.
Stando a quanto pensano donne come manuela75 e uomini come duval, il sesso utilizzato come mezzo parrebbe invece per le femmine una strada obbligata e imboccata controvoglia, l'unico modo per ottenere "il cibo" o l'indispensabile "riparo": essi di fatto ritengono che coloro che si fanno belle per sentirsi disiate, per piacere al e per ottenere dal maschio, facciano ciò per bisogno e farebbero altrimenti (magari restando brutte) se avessero l'indipendenza economica, se fosse dato loro di "sopravvivere" con le proprie sole forze o se avessero altre doti e possibilità per affermarsi ed essere apprezzate. Non colgono come la prostituzione, (secondo quanto spiegato altrove da Madonna Chiara) sia nel senso stretto del mestiere, sia in quello lato di avere una vita agiata attraverso unioni e fidanzamenti, possa essere una SCELTA e non un bisogno (un modo per avere di +, per sfruttare un privilegio, e non già un obbligo per "non perire" o per avere il minimo indispensabile impossibile altrimenti) e come sia "naturale" sia per chi la sceglie razionalmente, sia per chi ne usufruisce mosso da desiderio naturale di bellezza, corporale e (nei casi più elevati) ideale.
Prima lo abbiamo dimostrato sotto l'aspetto della "biologia", citando Schopenhauer, in seguito (capitolo sul presunto sesso libero) lo dimostreremo riferendoci alla Psicoanalisi.
Sappiamo però che anche la spiegazione più chiara ed il racconto più veritiero saranno del tutto inefficaci con donne come manuela75 e con uomiini come duval, giacché, al di là di ogni ideologia, fa molto comodo la visione della meretrice come "poverina", "oppressa" e "costretta dalla vita", infelice senza altre doti o possibilità, alle une (le femministe) per promuovere una visione vittimistica utile a far sentire in colpa gli uomini nel loro desiderio di natura, al fine di tiranneggiarli tramite la sfera sessuale
(esattamente come ha fatto per secoli la casta sacerdotale proibizionista), agli altri (i maschilisti) per sentirsi "superiori" alle meretrici dai cui servigi dipendono e non sentire la propria posizione di "gazzella" innanzi alla "leonessa", alla quale in questa visione viene negata la posizione di libertà e di forza della scelta, nonché il poter eccellere (magari più del cliente) anche in doti diverse da quelle "corporali". E' una contraddizione solo apparente che le tesi dei maschilisti (e duval ha ampiamente dimostrato nei suoi racconti "erotici" il livello di sottomissione in cui raffigura le sue donne, nonché come esse ricoprano la funzione di mero "instrumentum" sessuale, ben diverso da quello di attrici del proprio sogno estetico attribuito loro dal
del puttaniere-poeta) siano affini per presupposti a quelle vetero-femministe. Come scriveva Nietzsche, infatti, è relativamente facile far tacere i propri sensi di colpa, ma è in possibile tacitare l'amor proprio.
Entrambe le schiere (femministe vittimiste e maschilisti prepotenti) non tengono conto come, se da un lato il bisogno muove l'evoluzione estrema e spinge l'uomo ad affinare le proprie virtù e a scoprire in sé risorse di forza e creatività impensabili prima, come mai potrebbe fare altro desiderio o libero arbitrio, e nessun desiderio è più profondo e vero e pungente e "spingente" di quello di natura (il "bisogno" naturale ha ad esempio affinato le arti ingannatorie di Misha, così come in individui parimenti bramosi ma più nobili, come ad esempio D'Annunzio, ha affinato il potere ammaliante dei versi musicali), dall'altro i vantaggi dati dalla natura, le doti che si posseggono per lettera di privilegio e non necessitano di eccessivo sforzo per fare frutti sono invece applicati appena si può, in modo scorrelato dal bisogno (ed è il caso delle ragazze di Vlada).
Detta come duval o manuela75, sembra che solo le donne (e in particolare, non si sa come, quelle giovani e belle) abbiano "quel" bisogno (ossia di lavorare e guadagnare per comprarsi il pane) e gli uomini lo sfruttino dall'altro di loro eventuali ipotetici privilegi, mentre sarebbe quasi vero il contrario (nella società pseudogalante le d. se non hanno voglia di lavorare possono quasi sempre trovare chi le mantiene o spillare soldi attraverso matrimoni, divorzi, mantenimenti intra o extra legali, mentre lo stesso non vale per l'uomo, il quale per campare deve sempre lavorare): ad ogni modo quel bisogno (lavorare per vivere) all'ordinarietà non può essere chiamato costrizione, poiché risulta il medesimo che muove il 90% delle persone ad agire nella società (è il motore del mondo capitalista individualista e mercantile): altrimenti saremmo tutti schiavi. Fare un'eccezione per le prostitute è meramente sessuofobico.
Non è vero che nessuna lo farebbe se non fosse costretta d'altrui o da bisogno (e vi sono le controprove). Inoltre tanti uomini e donne fanno per bisogno mestieri molto faticosi o degradanti o poco pagati che non sono svolti da nessuna persona appena più benestante, ma non sono per questo detti sfruttati (mentre di "puttane" ve ne sono anche fra persone mediamente benestanti, tanto uomini quanto donne). Fa parte del mondo.
Anche l'uomo, sia quello che va sia quello che non va ha dovuto provvedere (spesso con tempo e fatica, di cui magari il ricorso al meretricio è un ristoro)soddisfare lo stesso bisogno che la prostituta soddisfa vendendo il servizio carnale, e lo ha dovuto fare obbligatoriamente altrimenti, dato che per lui non esiste QUELLA possibilità. Se vuole (o ha bisogno e/o brama di) guadagnare tanto in poco tempo deve inventare metodi alternativi o accontentarsi della paga media (come possono ben fare le donne): se ci prova infrangendo la legge nessuno ha pietà di lui e dei suoi soggettivi "bisogni" di denaro ed è considerato semplicemente un ladro (non un bisognoso).
Quindi in ogni situazione dalla più normale alla più estrema la donna ha una possibilità in più, non in meno.
Questa è la verità pura e semplice il resto è moralismo (ed ha anche MENO bisogno di guadagnare poiché la sua accettazione sociale, il sorriso del prossimo, l'ammirazione degli astanti e l'interesse dell'altro sesso non dipendono, come per l'uomo, dal grado di preminenza economica o mediatica raggiunto, ma semplicemente dal suo essere, dalla sua grazia, dalla sua bellezza, a volte neanche tanto e dalla sua leggiadria).
In base a quale principio, poi, vendere i propri favori dovrebbe essere meno dignitoso che vendere il proprio intelletto o le proprie braccia o anche semplicemente il proprio tempo per la volontà altrui (di chi paga magari anche poco e per qualcosa di scorrelato al nostro studio o ai nostri interessi)? Forse che i genitali custodiscano più dignità e individualità della mente e dell'azione? E in base a quale altro principio arbitrario ottenere sesso tramite uno scambio mercantile e consensuale (da ambo le parti ritenuto "vantaggioso" o comunque più accettabile di altro) dovrebbe essere men degno di ottenerlo tramite quella supplica mascherata (e spesso ridicola o ridicolizzante per chi vi si adegua e vi si illude) che è il corteggiamento. E chi stabilisce cosa sia più o meno dignitoso o lecito mercificare? Perché la mente sì e il corpo no? O perché il corpo asessuato sì e quello sessuato no? Chi ha il diritto di dire ciò? San Paolo? Le femministe?
A me sembra che vi sia un unico motivo filosofico, il pregiudizio paolino e due motivi pratico-ideologici: per le femministe, rendere impossibile il sesso facile in modo da costringere gli uomini al corteggiamento per poi tiranneggiarli anche se non si è belle (ché le belle diverrebbero, per disparità di numeri e desiderio, irraggiungibili senza poterle più allettare con il denaro), per i maschilisti, poter dire ad ogni pié sospinto: "taci, tu, che sei solo una puttana".

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