La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Cuma, Nisan 18, 2008

"GUERRA, GUERRA, GUERRA, TREMENDA, INESORATA"

Vi ho lasciato in sospeso per sei mesi, per mostrarvi cosa significa rimanere, all’improvviso, senza comunicazioni. Cosi’ ho spiegato meglio che in qualunque altro modo la battaglia di Caporetto. Sui dettagli veri delle operazioni belliche potrei tornare in seguito. Ora una nuova guerra batte alle
porte.


Occhio indiscreto?













L'occhio indiscreto e' quello che sbircia quanto pubblicamente e normalmente non si puo' vedere, non quello che nota quanto gli e' sbattuto (spesso volgarmente) davanti.

Ma riportiamo interamente tutta la assurdita'.

"Sono molestie" dice il magistrato. L'avvocato presenterà appello: "Ingiustizia"
Lecco, dieci giorni di prigione per uno sguardo troppo insistente
Come diceva quella canzone? “Se mi lasci non vale”. Già troppo in là, adesso è: “Se mi guardi, non vale”. Anzi, se lo fai con insistenza, ti denuncio. E un giudice può anche condannarti.
È successo davvero, a Lecco: un trentenne di Mandello del Lario, ritenuto colpevole di aver guardato con troppa insistenza una viaggiatrice del treno regionale Lecco-Sondrio, è stato condannato per molestie a dieci giorni di reclusione e 40 euro di multa.
A nulla è servito che il suo avvocato giurasse che non c’era malizia in quello sguardo. I fatti risalgono a tre anni fa ma la sentenza è stata emessa solo ora. La vittima, una donna di 55 anni, in aula non si è presentata. Le sue accuse sono scritte in un verbale della polizia ferroviaria consegnato a un agente della stazione di Lecco.
Tra lei e il suo vicino di posto non ci sarebbe stato alcuno scambio di parole, non ci sarebbero stati complimenti (ancorché volgari), nessun tentativo di corteggiamento. Solo quello sguardo, insistente. E giudicato fastidioso dalla donna. Tanto che alla fine del secondo viaggio, la signora ha chiesto aiuto a un agente di polizia ferroviaria e ha denunciato l’uomo per molestia. Il giorno prima, aveva poi raccontato la signora nella denuncia, quell’uomo si era seduto vicino a lei e l’aveva costretta a spostare anche il cappotto pur di starle accanto. E il giorno successivo, ancora sul treno, l’aveva guardata a lungo.
“Poco, troppo poco”, sostiene Richard Martini, difensore dell’uomo. “Per condannare un incensurato e rispettabilissimo signore di trent’anni serve altro”. Annuncia appello l’avvocato perché in quell’aula di tribunale non si è presentato un solo testimone a convalidare la tesi della donna, e perché il giorno successivo alla denuncia due agenti in borghese avevano seguito l’indiziato in viaggio verso Milano e non avevano notato nel suo comportamento nulla di esecrabile.
All’imputato resta il beneficio di non dover scontare la pena: una punizione quasi simbolica in quanto la pena rientra nell’indulto, ma l’uomo non intende rassegnarsi. Giura di essere innocente e ha annunciato di voler insistere per vedere riconosciuta la sua buona fede: “In questi casi vanno valutate le circostanze dell’accaduto. La ressa della stazione, la quantità di persone sul treno” ha precisato l’avvocato Martini. “Il mio assistito non poteva comportarsi diversamente e lungi da lui l’intenzione di molestare la signora. Il mio assistito peraltro ha sempre mantenuto una condotta rispettabilissima ed è assolutamente incensurato. Impugneremo la sentenza e ci batteremo per ottenere giustizia”.
La sentenza ha suscitato giudizi contrastanti anche nel Palazzo di Giustizia di Lecco. “Se adesso non si può neppure lanciare uno sguardo verso una bella donna, come faremo noi uomini?”, ha detto un impiegato. Diverso il commento di una sua collega convinta, come il giudice, che “un’occhiata appiccicosa può essere molesta quanto una frase volgare o un corteggiamento assillante”.
Come a dire: cari uomini, d’ora in poi, tenete gli occhi al proprio posto… "

Adesso sentenzio io.

PARTE I (pacata e razionale)

NOTA BENE!
Non vi e’ nessuna prova oggettiva, solo il capriccio e la soggettivita’ della donna. Inaccettabile per uno stato di diritto.

Nessuno puo’ provare che abbia davvero guardato. E nessuno puo’ provare che abbia guardato insistentemente. Ed e’ inaccettabile che lo stabilire se uno sguardo, una parola, un gesto, ed anche sguardi, parole e gesti comuni come quelli che possono capitare con estranei in treno siano leciti o illeciti sia solo e soltanto la soggettivita’ o addirittura il capriccio perfido della presunta vittima (e per giunta A POSTERIORI, senza dire una parola prima del presunto “fatto”, magari per prevenire quanto solo POI ha ritenuto molesto).

Anche ammesso che sia vero (e non mi stupirei se, in questa come in tante altre storie in cui le donne accusano, tutto sia frutto di invenzione a scopo di estorsione, divertimento, vendetta o gratuito sfoggio di preminenza, o magari scomemssa fra amiche), non e’ comunque accettabile. Se poi fosse vero, perche’ l’accusatrice non si sarebbe neppure presentata al processo (come si puo’ leggere in altre cronache) per confermare le accuse? Ed e’ possibile per un paese civile che il giudice ascolti non dico la parola di una donna, ma la sua accusa lontana e vigliacca (sdegnosa del confronto diretto e del contraddittorio) e ignori quella dell’uomo? Non si tratta neppure piu’ della parola di lei contro quella di lui, ma del privilegio di lei a scrivere la verita’, a imporre all’altro di tacere e a far valere il suo verbo come legge!
Ma vi rendete conto?!

A questo punto devo smettere i panni dello sciocco sultano liberale (galante non lo sono mai stato) e rivestire quelli dell’uomo giustiziere. Non avrei mai voluto arrivare a tanto ma vi sono costretto. Non viviamo piu’ in uno stato liberale. E anche se fosse tutto provato non sarebbe liberale nemmeno condannare uno sguardo. Non e’ accettabile perche’ mancherebbe in questo una reciprocita’ di diritti fra le donne (di mostrarsi e quindi, consciamente o meno, farsi guardare) e gli uomini (di guardare e quindi, volenti o nolenti, disiare). Non puo’ succedere che se la donna ha diritto di mostrarsi l’uomo anziche’ avere il diritto al corrispondente guardare quanto e’ mostrato abbia il dovere a guardare dall’altra parte. Il campo visivo e’ di tutti! Se vogliamo giocare a questo (assurdo) gioco di visivo proibito facciamolo seriamente e senza ribaltare fatti e giustizia.

Se fossi stato al posto di quell signore avrei sostenuto di voler condannata lei, colpevole di turbare il campo visivo di chi voleva semplicemente star seduto tranquillo, colpevole di mostrarmi (senza il mio consenso) fattezze che la natura mi fa desiderare e quindi mi causano frustrazione e comunque distrazione!

Se proprio siamo a questo punto! A questo considerare molestia solo un rapporto visivo!
Io mi sento molestato dalla presenza di donne discinte o provocanti! O anche solo distratto da donne che, consciamente o meno, si pongono innanzi per farsi guardare (e magari per guardare a loro volta con sufficienza e disprezzo chi ingenuamente le mira, o per umiliare in pubblico o in privato, dopo averlo studiatamente attratto, chiunque tenti un qualsiasi approccio con loro)! Perche’ non ho diritto a dirlo e ad essere tutelato in cio’?

Non nascondiamoci dietro un dito.

La natura maschile e’ disiare, quella femminile esser disiati. Chi lo nega sa di mentire. Basta osservare tutti I mammiferi cui anche gli umani (uomini e donne) appartengono (in quanto esseri viventi prima ancora che maschere viventi della societa’). E cio’ e’ vero indipendentemente da cultura, inclinazioni e doti individuali. Ed e’ vero anche per strada e visivamente. E visivamente e’ ancor piu’ vero per quelle parti correlate alla riproduzione che la natura fa per questo apparire desiderabili ai sensi (come le forme rotonde dei seni) e che le donne per lo stesso motivo (conscio o inconscio) pongono in evidenza.

Se lei puo’ mostrarsi (e ovunque si fanno propaganda su “liberta’ di abbigliamento), io perche’ non posso guardare? Forse che ella chiede prima il permesso a me su come vestirsi? E allora io perche’ dovrei chiedere il permesso a lei su come guardare quanto lei stessa lascia oggettivamente in evidenza?

Io mi rifiuto di vivere contro natura. Piuttosto uccidetemi. Oppure fate in modo che possa vivere appagando I miei bisogni naturali tranquillamente e consensualmente (corporalmente con le prostitute che accettano di concedersi per denaro e visivamente con le donne normali che accettano di farsi rimiarre alcune grazie corporali imaginifiche nel momento stesso in cui le mostrano senza che nessuno le abbia costrette a cio’).

Io guardo e immagino solo cio’ che la donna decide di far guardare e immaginare, non avendo ne’ infrarossi ne’ possibilita’ di creare fotomontaggi ed effetti speciali, ergo il consenso vi e’ (e quello che vi e’ in piu’ e’ solo nella mia testa e non ti deve riguardare). Non e’ in casa sua dove non si deve guardare. E’ sulla pubblica via dove chi vuole non si guardi qualcosa la deve nascondere. Altrimenti e’ come un uomo nudo che si lamenti di come tutti lo guardino nelle parti intime.
Desiderare e’ naturale. Guardare desiderando e’ naturale. E’ il suo sdegno femminista ad essere demagogico e contro-natura.

Se poi tale sdegno proviene da chi studiatamente mostra fattezze piu’ o meno belle diviene perversione!

E mi rivolgo apertamente con il volgare tu a tali donne! Come rosa (minuscola voluta in assonanza con la sua minorita’ mentale), la quale commenta su un blog il cui autore aveva scritto una cosa giusta:

"il tuo post è molto maschilista!anche perchè tu hai scritto era in una posizione da essere molestata: cioè secondo te se una donna è libera di comportarsi come vuole da il diritto all’uomo di fare quello che vuole sulle donne com e se fossero oggetti?? Io da donna mi sento offesa ad essere percepita come un bene pubblico. sai che la colpa degli stupri è sempre dell’uomo? lo sai che uno stupro puo aver inizio da uno sguardo? e se non avesse denunciato?
Io credo che una donna puo essere libera di uscire di casa senza sentirsi strombazzare o fischiare dall’automobile, noi donne mica a voi lo facciamo! e poi nemmeno negli altri paesi succede come mai qui continua ad accadere questo?
anche perchè è impostato della serie che è colpa nostra se gli uomini ci guardano, come poi succede per chi fa indossare un burqa facendo passare la donna x provocatrice mentre nn ci si pone il problema se è l’uomo che deve frenare gli impulsi, s eci si concentra su questo la cultura dello stupro verrebbe contrastata.
Non mi venire a parlare di stupri in questo caso! Si parlava di qualcosa si naturale come guardare quanto per istinto attira l'attenzione. Lo stupro invece non e’ natura! Nessun animale stupra. E’ una deviazione del desiderio naturale. Non nasce affatto dallo sguardo, nasce da deformazioni mentali indotte dalla societa’ o dal perverso sviluppo della psiche individuale (magari da eccessiva repressione da un lato o eccessiva malvagita’ intenzionale dall’altro), non certo dal disio naturale in se’ (solo una femminista antimaschile puo’ sostenere cio’). Qui poi il “fanciullo” (tale e’ chi ha meta’ degli anni della donna che guarda) non ha ne’ stuprato ne’ tentato di stuprare! Ha tenuto a freno tutto (ammesso che con una vecchia di 55 anni vi fosse qualcosa da tenere a freno se non lo schifo), non ha toccato, ne’ parlato. E quanto alla provocazione, mi rifiuto di continuare a discutere con chi disconosce la verita’ evidente e naturale che PRIMA esiste il farsi disiare e guardare della donna POI il disio e lo sguardo dell’uomo, e MAI (il che sarebbe illogico) VICEVERSA (prima vi e' chi si fa seguire, poi chi segue, prima vi è quanto attrae l'attenzione e poi chi segue con lo sguardo, prima vi è la fonte di desiderio, poi chi desidera, così come prima vi è un campo gravitazionale e solo dopo l'attrazione di un grave). E cio’ non e’ “colpa” ne’ degli uomini ne’ delle donne, ma della natura. Guardate I corteggiamenti degli animali! Gli impulsi maschili e femminili sono complementari ed è menzognero dire che i nostri (disiare e seguire) sono "immorali e violenti" e i vostri "esser disiate e farsi seguire" sono puri e pacifici.

E come si fa a negare che nel diritto a “vestirsi come ci pare” si nasconda il legittimo e naturalissimo disio femminile (magari inconscio) di farsi guardare? Mi considerate stupido? Sappiate che odio la vostra ipocrisia! Vestitevi e agite come vi pare! Posso accettare cio’, ed evitare il burqua e l’altre cose e restrizioni talebane, se ovviamente si riconsoce il corrispondente diritto a guardare cio’ che la donna per sua decisione autonoma ha deciso di mostrare. Altrimenti si tratta di uno squilibrio inaccettabile. Se io devo “trattenermi” dal guardare (e non si capisce perche’) la donna si deve “trattenere” dal mostrarsi (secondo me non e’ giusto neanche questo in un mondo non talebano, ma segue coerentemente dal primo divieto), come avviene presso gli Arabi. Io speravo in un occidente emancipato in cui le donne potessero farsi guardare senza essere violentate e gli uomini guardare senza essere accusati.

Non ho motivo per ritenere che essere oggetto di disio sessuale sia piu’ offensive per una donna di quanto non lo sia per un uomo essere considerato un freddo specchio su cui provare la propria avvenenza (e questo sta dietro la pretesa di vestirsi e svestirsi o addirittura provocare come vogliono), o, peggio, un pezzo di legno davanti a cui permettersi letteralmente di tutto sapendo che non puo’ e non deve reagire (come invece magari farebbe nelle corrispondenti situazioni con un altro uomo). Perche’ questo attualmente succede in occidente! Questo e’ quanto succede per le strade, nelle discoteche e persino a volte nei luoghi di lavoro! E diro’ di piu’: mentre il comportamento dell’uomo e’ spesso soltanto naturale, quello della donna ha in piu’ la stronzaggine premeditata.

Se non bastasse la stronzaggine per condannare donne come rosa, vi e’ anche la falsita’.
Ripeto quanto detto un tempo:
“Le donne che si lamentano dei comportamenti "tipici degli uomini" sono disprezzabili soprattutto per la loro spudorata FALSITA'. Si lamentano a livello individuale dei comportamenti "insistenti" degli uomini e a livello sociale del mondo "violento" dei maschi. Si "dimenticano" di considerare che tale comportamento e tale mondo sono indotti dalle donne.
Sono queste a pretendere che chiunque miri a loro superi delle prove. Sono queste a imporre il torneo a tutti i pretendenti (magari anche in forme moderne e anti-convenzionali). Sono queste a non concedersi mai liberamente ma a pretendere che il garzoncello affronti fatiche, disagi e privazioni. Sono queste a voler (consciamente o inconsciamente) essere in ogni dove belle e desiderabili e a farsi guardare per accrescere il desiderio e con esso il numero dei competitori da cui scegliere l'eccellente. Sono queste a fuggire per essere inseguite e farsi massimamente desiderare. Sono queste a lottare come chi non vuol vincere, a provocare e a resistere appositamente per misurare il grado di interesse del maschio. Sono queste a volere la competizione estrema fra uomini in loro onore e a compiacersi dei sacrifici (materiali, morali, sentimentali), del dolore (fisico, psicologico, emotivo) e dei rischi (fisici, mentali o legali o addirittura vitali) di questa, quale misura della propria beltà. Sono queste a volere che l'uomo lotti, insista e rischi (o con altri maschi o addirittura con la donna stessa stessa).
Chi non ama lo scontro, l'insistenza ed il rischio non ha alcuna possibilità di conquistare davvero una donna e di godere della bellezza sognata. Può godere solo se paga.”
E quanto agli "strombazzamenti e alle fischiate" e al "Noi donne a voi mica lo facciamo", mi prendi per il culo? Voi donne nel corteggiamento non avete l'obbligo del "fare" quindi non fate nemmeno errori e gaffe. Solo chi fa rischia. E' ingrato lamentarsi di un privilegio. E' ingrato incolpare chi sbaglia facendo. E' ingrato dare del maiale a chi ha la sola colpa di non eseguire il corteggiamento da voi voluto. Meritereste davvero un mondo di gay. Ma lo volete capire che non si può sapere a priori se un gesto, uno sguardo, una parola saranno graditi o meno prima di agire? La linea di demarcazione fra molestia e gradito corteggiamento dipende infatti dal gusto e dalla sensibilità personali, che variano da donna a donna così come varierebbero da uomo a uomo. Quanto piace ad uno dispiace all'altro e viceversa. E poi voi, non richieste, fate di peggio: ferite intimamente e chiamate questo diritto. Accrescere ad arte il disio per poi compiacersi della sua negazione costituisce una formale e verissima molestia sessuale, i cui danni sono evidenti nella psiche di tanti giovani maschi che ormai soffrono la cosiddetta "anoressia sessuale", per non dire un disagio che da sessuale si fa esistenziale.

E chiama pure maschilista qualsiasi pensiero indipendente non si voglia allineare alla galante idolatria della donna (sorta con la Roma decadente di Catullo e con il cristianesimo effemminato e proseguita poi per millenni fra fiumi di versi votivi dedicati alle donne e quell fior fiore della stupidita’ cristiano-germanica chiamato cavallaria) e alla sopravvalutazione estetico filosofica della figura femminile contemporanea avente i pilastri nel pensiero “politicamente corretto” (che presenta tutto quanto è femminile come più evoluto, più raffinato, più complesso, più ricco, più puro e più pacifico e tutto quanto è maschile come più bruto, più semplicistico, più rozzo, più distruttivo, più immondo, che esalta all'inverosimile le doti delle donne, presentando come pregi anche i più irrazionali o perfidi difetti e trascura e ignora i valori degli uomini, anche quando si eleverebbero all'oggettività o producono grandezza, bellezza, immortalità, e il contrario fa con i difetti) e nello “stile pubblicitario” (non si puo’ pensare passion senza lasciare traccia le immagini, i pensieri sottesi, i messaggi subliminali e le pubblicità di oggi, mostranti sempre i "corteggiatori" come o dei violenti o degli imbecilli: quasi sempre o sono presentati come bruti, volgari e potenziali violentatori, e allore vengono duramente puniti o annientati in maniera fisica e psicologica, oppure sono mostrati quali sciocchi privi di qualità, banali scocciatori, poveri illusi nel credere una donna bella possa condersi loro, e parimenti vengono maltrattati, umiliati, irrisi in ogni modo la fantasia umana cinematografica e pubblicitaria sia in grado di inventare).

Preferisco pero’ mi si chiami “misogino”, che e’ un complimento se mi accosta ai saggi Antichi (che sono tutti definiti misogini dalle pseudofilosofe di oggi e da quei maschi pentiti dei loro colleghi).

Cultura dello stupro? Qui c’e’ la cultura della galanteria ad oltranza! La distruzione ad oltranza di ogni principio oggettivo legale dello stato di diritto! Il non richiedere piu’ di provare le accuse! Il non avere un riferimento oggettivo per il giusto o l’ingiusto ma solo il capriccio femminile! Il permettere alla donna tutto senza che subisca conseguenze! Il concedere alle donna solo diritti e licenze e all’uomo solo doveri e divieti!

Ma chi ha detto che una donna non puo’ essere libera? Chi ha detto che non possa sedersi in treno? Chi ha detto che non possa vestirsi come le pare? Chi ha detto che debba essere solo un oggetto sessuale? Si dice solo che non puo’ impedire di guardare quanto ella stessa mette consciamente o meno in mostra, perche’ a questo punto manca reciprocita’!

Se mi limito a guardare non ti provoco oggettivamente nessun danno (come puo’ essere dannoso sentirsi disiate secondo natura? Mica stiamo parlando di atti sessuali contro volonta’, solo di espressione senza conseguenze di desiderio naturale; se ritieni un danno esser guardata in una zona, nascondi quella zona come io nascondo le mie pudenda, e non avrai danni soggettivi). Me ne provochi invece mentalmente TU perche’ mi costringi a desiderare, ed ogni disio appagato e’ delusione, ogni disio inappagato frustrazione.

Nella mia soggettivita’, anche se non guardo subisco il “danno psicologico” e mi sento “molestato”.

E allora, seguendo il tuo stesso ragionamento, io voglio punizioni talebane per chi mette in mostra fattezze che la natura mi fa desiderare e quindi mi causano frustrazione e comunque distrazione.

Ed io voglio punizioni per le donne che (consciamente o meno) si fanno guardare!

Se nel mondo non e’ possibile esprimere la propria natura ci si rinchiude in se’ stessi e si ottengono maree di alienate (e qualche serial killer).

E killer diventero’.


PARTE II (come si meritano in generale le donne occidentali)

A questo punto si’ che nego liberta’ alle donne, nella misura in cui esse la negano a me!

Le donne parlano di stupri per poter con tale parola giustificare ogni loro ingiustizia ed ogni loro arbitrio! Ne fanno una fissazione.
Ne aumentano a dismisura il valore (quantitative e qualitative) per tiranneggiare gli uomini con sensi di colpa. Dicono che lo stupro dovrebbe essere punito pari ad un omicidio ma trascurano che I loro metodi per distruggere materialmente e moralmente la vita di una persona sono completamente legali. Dicono che gli stupratori sono tanti ma allargano sempre piu’ la definizione fino a comprendere qualsiasi atto, detto, gesto o addirittura sguardo non avente oggettivamente nulla ne’ di violento ne’ di molesto ma solo la colpa di mostrare interesse sessuale secondo natura. Dicono che I numeri della “violenza sulle donne” sono in aumento ma quando la definizione di violenza o molestia è lasciata all'esclusivo arbitrio della persona che ritiene di averla subita, e non vi è alcun obbligo di provare le proprie affermazioni o anche solo di fornire riscontri oggettivi sui fatti comunque interpretati, e quando la prospettiva sugli stessi è soggettiva ed unilaterale, mentre l'altra campana è tenuta a tacere, i numeri che appaiono possono essere tutti gli interi da zero a piu’ infinito.

Parlate pure di stupri: alla fine mi avete convinto.
Ora basta con l’essere corretti e moderati come ho cercato di fare fino ad ora con argomentazioni razionali!
Qui finisce la mia voglia di usare la ragione con le donne!
Ora saro’ il corrispondente maschile delle donne!

Perche’ le donne parlano sempre dello stupro? PERCHE’ SANNO DI MERITARLO!
Ma non per una faccenda puramente sessuale, bensi’ per una necessita’ di relazione.

Non esiste razionalita’ con loro, che si vantano della loro “irrazionalita’” e pretendono di farne legge (altrimenti ad un diritto loro a mostrarsi farebbero corrispondere correttamente il diritto dell'altro a guardare quanto la libera scelta della donna, per vanita', istinto o pulsione naturale implicita o sublimata dalla moda, ha deciso di mostrare al mondo).
Non esiste il diritto con loro. Per loro il diritto risulta solamente un sistema medievale di privilegi (quindi senza I corrispondenti doveri) per potersi permettere letteralmente di tutto di fronte all’uomo senza doverne rispondere o temerne la reazione (giacche’ se questi rispondesse come sarebbe giusto, ossia come si farebbe con un uomo, sarebbe chiamato bruto, anticavalleresco e socialmente disprezzato) o addirittura un insieme di licenze a senso unico per poter esprimere senza limiti (sessualmente e socialmente) non solo tutta la propria natura (d’esser guardata, disiate, seguita con il guardo, il pensiero, l’azione per non dire il denaro) ma anche tutta la propria artificiale perfidia, senza tener conto (o, meglio tenendone conto e infierendo per sadismo) degli effetti (e delle sofferenze) sul prossimo (ovvero sull’uomo) mentre questi e’ tenuto invece ad adeguarsi senza fiatare, a limitare, reprimere, dannare e condannare (a parole e fatti) la propria corrispondente (e non certo piu’ “animale” o piu’ “impura”, semmai a volte, come l’arte dimostra, piu’ poetica e creativa) natura, a subire in silenzio o addirittura ringraziare sorridendo oppure chinare il capo (e lo sguardo).
Non esiste rispetto delle regole con loro, che pretendono di piegare lo stato di diritto (che richiederebbe di provare ogni accusa e di rendere oggettivamente evidente cosa sia lecito e cosa no e non lasciaret utto a capriccio della presunta vittima).
Esiste solo la violenza. E’ l’unico modo per interagire con tali vipere. Per accordarsi con loro su qualcosa, se non di oggettivo, almeno di intersoggettivamente valido. Ecco perche’ ogni civilta’ vera ha usato violenza formatrice sulle donne!

"Che faremo noi uomini", si chiedono I dipendenti del palazzo di giustizia? "Diverremo santamente violenti" dico io. Questo si meritano le donne d'occidente, in genere!
Ora l’ho capito
Maledetto io che pensavo di dialogare ed essere gentile! Maledetto io che ho creduto a chi mi faceva balenare la speranza di un rapporto paritario e sincero! Maledetto per sempre io che ho ricevuto il trattamento che ogni ingenuo si merita da chi per natura vuole attrarre ma per stronzaggine vuole respingere dando poi la colpa all’altro! Maledetto e dannato io che ho perso tempo a dialogare senza secondi fini con una donna (virtualmente) anziche’ imparare a trattare le sue simili occidentali come e’ opportuno! Maledetto infinito io che ho usato I versi anziche’ I bastoni!

Ma voglio ancora lasciare un barlume di ragione.
Mi spiego meglio (per l’ultima volta) prima di passare all’azione. Cara (e se magari mi legge qualche puttana questo epiteto fa ridere qua ove si dovrebbe piangere) donna, per tutti I motivi per cui tu mi accusi di infastidirti io ne ho altrettanti per sostenere l’esatto contrario, ossia che la tua apparizione in fattezze conturbanti mi provoca, volente o nolente (e tu ne sei responsabile indipendentemente dal tuo volere, come chi viaggi ai 200 e’ responsabile di quanto accade anche se non lo fa apposta), frustrazione (giacche’ smuove pulsioni profonde che, almeno in questa circostanza, non possono essere appagate), inappagamento fisico e mentale, o comunque mi distrae dai miei freschi pensieri.
Segue secondo istinto, ma personalmente non vorrei. Magari vorrei continuare a pensare alla filosofia, o a immaginare automobili, o a pianificare il mio futuro…..E invece tu mi distrai. Anche quando non mi ferisci mi distrai. E quando (magari scientemente) mi ferisci nell'intimo del disio o della psiche o generi disagio da sessuale ad esistenziale, inappagamento fisico e mentale e financo ossessione? Non è un caso così raro!

Perche’ la mia sensibilita’ puo’ essere urtata impunemente e la tua no? Perche’ la mia soggettivita’ non ha alcun valore a la tua un valore di legge? Perche’ io devo essere condannato a soffrire e tu puoi fare quanto ti pare a dispregio della mia natura?

Non vi e’ alcuna violazione di consenso nel mirare una donna che sia o meno oggetto di disio.
Non avendo potere ne’ di vestire e svestire ne’ di guardare con gli infrarossi, guardo solo quanto ella decide di mostrare al mondo. Non puo’ dare la colpa a me per decisioni sue. E se ella ha diritto a mostrare io devo aver diritto a guardare, altrimenti non vi e’ reciprocita’ di diritti. Tutto quanto vedo in piu’ con gli occhi dell’immaginazione non riguarda nessun altro da me e se ella pretende di entrare nella mia mente per scoprire cosa pensi, immagini, crei o sogni la ritengo una violazione intima pari a quella ch’ella avrebbe se qualcuno le infilasse una mano sotto la gonna! E’ violazione della mia psiche e dalla mia sessualita’. Perche’ questa violazione non e’ sanzionata?

Se non vuole che qualcosa si guardi se lo copra. Se io non voglio si guardino le mie pudenda o il mio deretano li copro. Altrimenti non mi posso lamentare di essere guardato. Non si puo’ punire il desiderio naturale, ma la stronzaggine si’.
Ed io puniro’.

Ora basta ragionare con chi non conosce il diritto al rispetto o anche solo all’esistenza di una soggettivita’ diversa adlla propria! Con chi ritiene diritto ferire impunemente mentre chiama molestia qualsiasi cosa anche lontanamente ferisca se’!

Ora altro che ferire, ora pesto a sangue!

Io dico che quella signora di Lecco, per la sua stronzaggine e la sua falsita’, va pestata e ridotta in fin di vita. O almeno con dieci giorni di prognosi ei due femori rotti (che alla sua eta’ impiegano piu’ tempo a calcificare).
E le sue amiche, quelle che ridono e scherzano e credono di essersi comportate bene, vanno violentate (e questo dimostra quanto dicevo prima sullo stupro da non confondere con il desire ed il guardare: in questo caso lo stupro non nascerebbe da desiderio naturale irrefrenabile, bensì da cosciente volontà di punire le stronze come si meritano).
Cosi’ capiscono cosa e’ violenza.

CITA
http://adria.blogolandia.it/2008/04/18/donne-se-vi-infastidiscono-gli-sguardi-degli-uomini-usate-un-bel-burka/

Ecco che penso!

Si’, in branco!
Poiche’ sfruttando la forza del “branco” di giudici e intellettuali femministi ella ha fatto del male all’uomo, in branco deve essere pestata dagli uomini! Contrappasso dantesco e giustissimo!

E a tutte quelle donne amiche e non che non pensano sia giusto dico: UCCIDETEMI SE POTETE!
ALTRIMENTI SARO’ UN NEMICO IMPLACABILE!

E non ho nulla da perdere. Non sono ne’ sposato ne’ ricco e spennabile.
Non mi interessa piu’ nulla.
Non mi interessa il lavoro noioso (e poi dicono che gli uomini sono privilegiati!), non mi interessa la posizione sociale (non conforme all’eccellenza mostrata fin da bimbo nello studio), non mi interessa la vita in uno stato democratico ( o meglio democretino) che limita I migliori ed esalta I mediocri, non mi interessa alcun valore preteso residuo (famiglia, patria, dio) in un mondo che ha distrutto ogni valore spirituale.
Mi interessa solo non subire l’ingiustizia e il capriccio femminili.

E non mi si dica che sono violento e misogino di natura!
Esse mi hanno ridotto cosi’. Io ero pronto al dialogo. Esse vogliono solo tiranneggiare. Il dialogo con loro e’ solo falsita’. Come dialogare con un covo di vipere.

Finche’ il mio braccio avra’ forza percuotero’ le stronze fino allo stremo,
Finche’ la mia mente avra’ volonta’ perseguitero’ giudici e femminie stronzi fino alla morte
Finche’ il mio piede avra’ vigore lo usero’ per colpire donne siffatte cadute a terra fino a ridurle ad un ammasso di carne e sangue!

E pari stronze a loro sono quelle che commentano positivamente: “un’occhiata appiccicosa può essere molesta quanto una frase volgare o un corteggiamento assillante”. Andate a morire voi e quegli avvocatucoli che vi sostengono!

Non sono molesti tali comportamenti. RIBADISCO CON FORZA QUANTO DETTO IN PRECEDENZA (a proposito di una denunzia per “corteggiamento molesto”):
“sono la semplice umanissima prosecuzione di quanto avviene in natura, ove il maschio deve inseguire ed insistere la femmina che fugge e resiste (lottando, come direbbe Ovidio, come "chi non vuol vincere), e solo molto raramente sono suggeriti (come invece spesso le azioni erotico-sentimentali e le reazioni delle donne) da prepotenza o da malignità premeditata. Falso o fuorviante è dunque considerli molestie o addirittura "violazioni dell'intimità". Il nocciolo della questione risiede, purtroppo, non nel libero arbitrio dei singoli o nei modelli culturali, ma nella Natura.

Esattamente come in guerra (o, se non vi piace il paragone militare Ovidiano, nella più pacifica e naturale caccia), in amore bisogna agire con sorpresa e con pertinacia.
Quando lo stesso Machiavelli dice che la fortuna è donna e bisogna batterla e urtarla non incita certo a menare le mani sulle donne, ma a comportarsi verso la dea bendata e le femmine come chi non aspetta una improbabile concessione spontanea, ma sa di dover agire.
Non si può, con le donne "normali", comportarsi come con le gentili sacerdotesse di Venere, aspettando (anche se sarebbe molto bello) che siano loro a farsi avanti o chiedendo con garbo e pacatezza se sono disposte a concedersi e a quali condizioni. E' necessario creare sorprese ed insistere secondo una tattica "militare" a oltranza che non prevede la rinuncia davanti alle prime (inevitabili) difficoltà e alle resistenze del "nemico".
L'uomo incriminato ha fatto semplicemente questo.

Non si può sapere in anticipo se le soprese saranno gradite alla donna o se le insistenze saranno da lei considerate positivo segno di interesse nei suoi confronti o banali disturbi, così come in guerra non si può sapere prima di un attacco se si otterrà l'effetto sorpresa sul nemico e se e per quanto tempo questi resisterà sulle posizioni di prima linea. Si deve per forza provare ed insistere.
In guerra come in amore è necessario rischiare, e così come in guerra non si incrimina un comandante che conduce un attacco, giusta o sbagliata che sia la sua tattica, così in amore non si dovrebbe incriminare un corteggiatore che semplicemente tenta (più o meno abilmente) un assedio amoroso così come è obbligato per natura e convenzione sociale a fare.

E' profondamente ingiusto infierire moralmente e legalmente su chi agisce secondo un obbligo di cui magari farebbe volentieri a meno. Sarebbe come incolpare della guerra i soldati di leva mandati al fronte a forza (o quasi). Lamentarsene da parte femminile risulta poi ai miei occhi inqualificabile.
Le donne si lamentano infatti delle necessarie conseguenze sia del loro privilegio naturale nella sfera erotico-sentimantale (da esse sfruttato sino alle estreme conseguenze) sia del loro comportamento infinitamente ambiguo (per consapevolezza o meno il risultato non cambia).
Come si fa a sapere se, dopo l'attrazione provocata ad arte, il successivo diniego sia sincero o puramente funzionale ad accrescere il disire e a mettere alla prova il grado di interesse del maschio e la sua capacità di sopportare, di lottare e di rischiare? Uno che non ama le fatiche, i rischi, le insistenze e le lotte nell'ambito in cui vorrebbe l'abbandono al godimento della bellezza, al fluire dei sensi e alle onde della voluttà prende per sincero quel no più per rispetto di sé che della donna, e manda a quel paese questa (cercandone altre, magari dichiaratamente disposte a concedersi semplicemente per denaro senza troppe complicazioni, sofferenze e finzioni da corteggiamento). Un uomo che rispecchi invece quanto voluto dalle donne no: deve insistere. Ne è costretto. Se non lo fa è considerato o non abbastanza interessato o non abbastanza corteggiatore. Per questo, anche se fosse l'uomo più rispettoso e meno violento del pianeta si troverebbe comunque a dover decidere nell'incertezza (un'incertezza voluta dalla donna) e a rischiare di sbagliare.
Chi si ferma ai primi rifiuto, chi non insiste, chi non rischia non ottiene nulla, se non, appunto, pagando le chiare ed oneste prostitute. Per questo sono sovente gli uomini e non le donne ad APPARIRE molesti e insistenti.
Sciocca la femmina che vanti superiorità morale per questo.
Ella "non rompe" e "non insiste" semplicemente perché nella sfera erotico-sentimentale non ha, come invece avrei io da uomo, l'obbligo del "fare" (a me piacerebbe che tale obbligo e tali differenze non esistessero, poiché ne soffro, ma, poiché la natura ha deciso altrimenti e la vanagloria delle femmine si guarda bene anche solo dall'eliminare i privilegi medievali esaltanti oltremisura tutto ciò, la saggezza mi impone di prendere atto di una situazione oggettiva).
Ella può "rispettare la privacy" semplicemente perché non deve spiare me, non ha l'obbligo di conoscermi per sorprendermi e trovare il modo di compiacermi.
Ella non si presenta dappertutto semplicemente perché non deve creare "occasioni".
Ella non attacca sempre discorso ad ogni occasione semplicemente perché non deve mostrarsi gradevole
Ella non è molesta semplicemente perché non deve fare nulla. Non già perché sia più buona o più corretta. Il fatto però che si mostri indignata e vendicativa significa al contrario che realmente è più perfida. Approfitta della sua posizione di preminenza nella sfera erotico-sentimentale per permettersi di tutto.

Gli animi più acutamente sensibili sono profondamente feriti, emotivamente, da questa situazione asimmetrica."
Ma poi che cito a fare le questioni inerenti il corteggimento? Non di un corteggiatore si trattava qui, ma di un uomo che andava a lavorare e guardava quanto aveva di fronte probabilmente pensando al lavoro (come faccio io in metropolitana). E la stronza lo denuncia senza prove ne’ testimony! E ride pure (lo si poteva leggere nell'articolo sul blog ADRIA)! VOGLIO SPACCARLE TUTTI I DENTI cosi’ che non rida piu’!

Arrestatemi, donne e sbirri amici delle donne che leggete!

Non voglio vivere in questo mondo cosi’ arbitrariamente a favore delle donne anche quando vogliono solo “punire” a capriccio gli uomini colpevoli solo d’esser tali o sfoggiare la loro preminenza sociale dell’essere credute e protette a priori e considerate unica fonde di verita’ e sensibilita’ umane (mentre l’altra campana e’ tenuta a tacere e l’altra sensibilita’ reputata inesistente o degna del riso).

Come? Vi poteva essere malizia nello sguardo di lui? Ebbene, qualunque cosa abbia pensato, non riguarda lei la malizia, ma la testa di lui. Che diritto ha lei a leggere nel pensiero di lui?

E poi, con una donna vecchia e decadante! Cosa c’era da guardare?! No, non credo neppure alla malizia. Ella ha solo simbolicamente voluto fare qualcosa contro gli uomini.
E LA PAGHERA’. Simbolicamente e realmente.
Dovesse costarmi il posto in paradiso!

Tutti coloro che hanno sangue nelle vene mi contattino in pvt.
A tutti coloro che non se la sentono o alle donne che stanno dall'altra parte pur avendomi letto e condiviso:
ADDIO DALLA SUBLIME PORTA (senza rimpianti e senza pieta')

P.S.
Quanto all’ultima frase dell'articolo ("tenere a posto gli occhi", come fossero zampe di animale, anziche' l'organo del piu' nobile dei sensi motore di immortale poesia dai tempi dello Stilnovo), non mi si dica che basta guardare in basso o leggere un libro per non essere denunciati. A parte l’ingiustizia di non poter guardare quanto l’altra puo’ mostrare, di veder penalmente perseguibile la propria natura disiante e non l’altra d’esser disiata (e non e’ discriminazione sessuale questa?), qua ci si basa solo sulla parola e il sentire dalla donna (la quale manco si degna di presentarsi al processo per confermare le accuse e per permettere un contraddittorio). Per questo, se anche nessuno guarda o nessuno guardando desidera si viene condannati comunque se la donna dice (senza testimoni) di essere stata guardata o sostiene (senza riscontro oggettivo ma solo secondo la propria soggettivita’) di essersi sentita disiata/molestata.
Al signor giudice dunque, che dovrebbe invece difendere lo stato di diritto, prometto la morte. Non saro’ felice fino a che non gli piantero’ il pugnale in gola e non lo vedro’ soffocare nel suo stesso sangue dopo il taglio della carotide.
Questo e’ l’unico modo di trattare simili vermi che dovrebbero amministrare la giustizia. Ed ora, arrestatemi pure, stronzi con la toga amici delle donne!

STRASCICHI 2011: per le "Sorelle (stronze) d'Italia":

I. (premessa)
Che la minigonna (così come il seno) sia un richiamo sessuale non è stabilito dall'arbitrio dell'uomo, ma dalla natura.
Non l'arbitrio maschile, ma la natura stabilisce la corrispondenza tra i sensi e il rapporto sessuale, giacchè, quando la primavera fiorisce e zefiro dispiega il suo soffio fecondo, il disio dei primi è ciò con cui i maschi vengono chiamati a ricercare il secondo, per riprodurre la vita specie per specie. Se dunque le femmine umane intendono, per motivi afferenti la loro particolara vanagloria, spezzare questa amorosa e naturale corrispondenza devono comunicarlo ogni volta preventivamente ed in maniera chiara.
In secundis, se anche tale corrispondenza fosse propria alla sola soggettività maschile, se anche il fatto di sentirsi sessualmente truffati, molestati, ingannati e irrisi, ovvero illusi e delusi, da una donna che susciti ad arte il disio solo per compiacersi della sua negazione fosse correlato ad una situazione psicologica specifica dell'uomo, avremmo comunque il diritto a vedere vietato da leggi e costumi quanto ci fa sentire irrisi nel disio, feriti nell'intimo, sofferenti nell'emotività e violanti nella psiche esattamente come leggi e costumi vietano quanto offende, ferisce o urta la soggettività femminile.
Per noi magari non costituirebbe una molestia sentirci toccati e non sarebbe un trauma così grave essere forzati ad un rapporto sessuale (secondo natura), ma poichè tali fatti possono far sentire una donna offesa, ferita o urtata nell'intimo (molestie sessuali) e addirittura violata nella psiche (stupro) , le molestie sessuali e lo stupro vengono da noi considerati reati da punire proporzionalmente al danno procurato alla vittima, nell'interesse della tutela della donna. Allo stesso modo si dovrebbero tutelare gli uomini dalle molestie (visive, verbali, gestuali, emotive) delle stronzette e dalle violenze sessuali psicologiche (e a volte pure materiali, morali e giudiziarie) delle stronze.
Dire che la colpa del mio male è della mia eccessiva o sbagliata sensibilità, della mia incapacità ad accettare di essere sessualmente irriso e frustrato e a subire continuamente illusione e delusione, attrazione e repulsione, invito e disprezzo da chi mi ha invitato a disiare, è come dire che la colpa delle sofferenze di chi è vittima di violenza sia non del violentatore, ma dell'eccessiva e "sbagliata" sensibilità femminile incapace di sopportare rapporti forzati senza sentirsi traumatizzata.
Lo schema (aberrante) di ragionamento è lo stesso, cambia solo la gravità del trauma (se ci riferiamo a quanto ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e punito come stupro, altrimenti, se allarghiamo la definizione al concetto omnicomprensivo attuale di "violenza sessuale" troviamo anche fatti che lasciano sulle vittime femminili ben meno traumi psichici di quelli causati dalla reiterata stronzaggine femminile sui giovani maschi, vittime oggi sempre più incontestabilmente di danni variabili dalla cosiddetta "anoressia sessuale" al suicidio, dal precoce bisogno di prostitute ad un disagio psichico ora celato con l'ironia ed ora pronto ad esplodere in eccessi di aggressività: che per millenaria consuetudine "cavalleresca" o per moderno appiattimento sul femminismo, gli uomini tendano a negare spesso anche a loro stessi le proprie sofferenze, non toglie che essi in tali casi siano davvero vittime).
O vuoi forse dire che solo la sensibilità femminile possa farsi legge mentre quella maschile debba essere negletta dalle leggi e calpestata dai costumi?
Che quanto urta la particolare sensibilità femminile (atti, detti, sguardi o toccate) debba essere considerato offensivo, punito dalla legge e giustificante la vendetta più ampia, crudele, dolorosa e soggettiva da parte della donna e quanto invece ferisce (in maniera spesso assai più grave, come si può oggettivamente rilevare dal numero di suicidi cagionati da una donna o, senza arrivare agli estremi, dalla diffusione fra i maschi di problemi come l'anoressia sessuale o il precoce bisogno di prostitute) l'altrettanto particolare (e non già inesistente) sensibilità maschile (ad esempio il comportamento intriso di stronzaggine, divenuto regola nelle femmine moderne, anche quando non usano le mani, e spesso motivato da prepotenza, vanagloria, necessità di autostima o sadismo o comunque volontà di provocare sofferenza emotiva) sia trascurabile, non penalmente rilevante, appartenente alla normalità, alla tollerabilità o comunque al "diritto della donna" e non provocante in sé offesa o umiliazione (anche se è quanto l'uomo prova, di fronte a sé o agli altri, quanto sente come intima ferita nella sessualità e può provocargli traumi, blocchi psicologico e metterlo a disagio emotivo, momentaneo e poi esistenziale)?
In tertiis, basterebbe un argomento puramente logico a concludere la discussione. Chi suscita ad arte il disio dei sensi innanzi ALL'UOMO non può oggettivamente non essere considerata responsabile di inganno, ferimento e frustrazione qualora sappia fin da principio di non voler appagare ciò che NELL'UOMO (ovvero nello specifico della emotività maschile) ha suscitato, a prescindere dall'importanza e dal significato filosoficamente attribuiti ai sensi e al sesso.
L'unica eccezione potrebbe essere fatta per chi non sappia di suscitare un tale disio con un certo comportamento, ma questa incosapevolezza può essere considerata credibile per ben poche "innocenti" creature femminili...
Negli altri casi vi è il dolo. La donna sa che il suo comportamento suscita un disio che per il fatto stesso di non poter essere appagato (almeno non in quella situazione) genera nell'uomo un senso di frustrazione, irrisione, umiliazione e nullità. Vi è dunque il dolo: la donna sa che per me sensi=sesso e ne approfitta per ferirmi, umiliarmi, irridermi o tiranniegggiarmi (e anche se valesse l'eguazione "sensi=solo sensi" sarebbe comunque un ingannatrice, non concedendo di solito agli ammiratori di toccarla coi sensi).
Nella maggioranza dei casi non si può dunque considerare la stronza innocente con la spiegazione secondo cui per lei, in quanto donna, non varrebbe l'equazione maschile "sensi=sesso". Con lo stesso tuo ragionamento si potrebbe per assurdo dire: lo stupratore non sa che per la donna rapporto forzato= trauma, quindi lo stupratore è innocente.

II. (contro le menzogne femministe)
Solo la menzogna femminista può definire scorretto (addirittura “maschilista”)tutto quanto, nell'uomo, è (ancora prima che della volontà individuale o della cultura) pura espressione di desiderio naturale (in questo caso abbandonarsi con lo sguardo e la mente alle onde della voluttà davanti alle rotondità del petto) , mentre tollera ampiamente (o addirittura definisce "raffinatezza culturale, segno di progresso, diritto della donna") i corrispettivi comportamenti naturali femminili (in questo caso suscitare disio e mostrare le proprie grazie, sotto le parvenze del "diritto a vestirci come ci pare").

E soltanto la perfidia femminile può chiamare cattivo e far sentire come una colpa o un difetto o comunque come qualcosa di cui vergognarsi e per cui essere irrisi profondamente e pubblicamente
la reazione spontanea, ingenua e inoffensiva (e natuale al pari di un augello che canta, di un fiore che sboccia, di una primavera che si stende pei prati o del riflesso sull'onde d'argento del mare di quella conchiglia che chiamiamo luna) dell'uomo all'apparire innanzi ai suoi sensi di quelle grazie corporali
che la natura gli fa desiderare immediatamente e al primo sguardo (con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono) e che la donna stessa per prima espone (nella maniera prolungata finchè vuole ed esplicita finchè vuole, ritenendo ciò un suo diritto in occidente), in situazioni nelle quali la donna è la prima a porre in atto (per capriccio, vanità, interesse econimico sentimentale oppure gratuito sfoggio di preminenza erotica) un comportamento potenzialmente molesto ed invasivo della sfera sessuale (maschile).

Quanto al primo punto, non è logicamente, eticamente e naturalmente ammissibile che il mondo femminile presenti sotto le spoglie di "bontà" e "purezza" il proprio comportamento naturale (e quindi di origine chiaramente animale come quello dell'uomo) consistente nel mostrarsi in ogni modo tempo e luogo belle a disiabile (inconsciamente, per attirare più maschi possibile e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute, consciamente per pura vanità, supina accettazione di mode e costumi, patologico bisogno d'autostima o gratuito sfoggio di preminenza erotica) e pretenda al contempo di far apparire "più animale" o comunque "impuro" e "malvagio" e addirittura "vergognoso e colpevole" il corrispondente comportamento naturale maschile consistente nel mirare, disiare (con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono) e cercare di ottenere la bellezza nella varietà multiforme delle creature femminine, poichè entrambi le tendenze (tanto il suscitare disio, il rifuggire e il negarsi per attirare tutti e selezionare solo chi mostra eccellenza nelle doti qualificanti la specie, quanto l'esprimere subitaneo disio e voler godere della bellezza di tutte) concorrono al fine naturale di propagazione e selezione della vita, entrambi, in quanto natura, sono di là dal bene e dal male (almeno fino a che la cattiva coscienza di chi agisce per capriccio, vanità, interesse economico sentimentale o gratuito sadismo non introduca un'intenzionale perfidia e un scientifico inganno) e nessuno dei due potrebbe esistere senza l'altro.
E cercare di dipingere come pure e giutso il proprio comportamento naturale (in questo caso monogamo, non concedersi facilmente, apparire belle e disiabili per attrarre quanti più contendenti e selezionare fra tutti chi eccelle nelle doti volute, rimanendovi poi fedele) bollando al contempo come impuro e malvagio il suo opposto complementare (in questo caso poligamo, mirare, disiare e seguire con l'intensità del tuono e la rapidità del fulmine la bellezza e cercare di ottenerla nella varietà delle forme viventi), che non solo parimenti è naturale (e quindi di là dal bene e dal male), ma che è anche assolutamente necessario, perchè senza di esso lo stesso comportamento decantato come buono non potrebbe essere agito, è la forma più grave di immoralità.

Quanto al secondo punto, non è accettabile che la donna possa passeggiarmi innanzi (per via o, peggio, sul lavoro) mostrando liberamente le sue fattezze e suscitando consapevolmente o meno disio ed io non possa altretanto liberamente mirare, seguire e disiare e cercare di ottenere come sarebbe in natura, o (se da umani non si ha alcuna voglia di corteggiare), semplicemente esprimere con lo sguardo, la parola e il gesto il proprio naturale apprezzamento o commentare quanto il disio fa venire alla mente.
Quanto non accetto è che quando si parla di comportamenti in un modo o l'altro legati alla sessualità alla sua illimicata licenza nell'esprimere la propria natura (nel poter suscitar disio, attirare e mostrarsi) debba corrispondere il mio obbligo (nel disiare, seguire e mirare), a reprimere, limitare, nascondere la mia natura corrispondente. Perchè poi deve valere solo la sensibilità della donna?
Anche per la mia corrispondente e non già inesistente sensibilità maschile potrebbero risultare molesti certi atteggiamenti definiti "diritto della donna" o "bel gioco dell'essere donna" da demagogia femminista e stupidità cavalleresca.
Si sente offesa nella dignità di donna ad essere vista come oggetto di disio (il che è natura)? E allora io perchè non dovrei sentirmi ancora più offeso nella mia dignità di uomo ad essere trattato come un freddo specchio innanzi a cui le donne testano la loro avvenenza, come un pezzo di legno innanzi a cui si possono permettere di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi tensione psicologica, qualsiasi derisione al più profondo disio) o addirittura un pupazzo da attirare e respingere, da sollevare solo per farlo poi cadere con il massimo del dolore e del disprezzo?
Certi comportamenti suscitano disagio? Quanto suscita disagio è soggettivo.
Io mi sento a disagio anche solo quando la donna appare nel mio campo visivo ponendomi innanzi (senza io lo chieda) le proprie grazie corporali, poiché suscita un disio che non potendo essere almeno in quel caso appagato genera frustrazione.
E tale rimane il mio sentimento sia che secondo natura continui a guardare (giacché la situazione mi fa sentire un puro nulla innanzi a colei che tutto può poiché da tutti è disiata) sia che costringendomi contro natura guardi dall'altra parte (poiché comunque il disio è già stato suscitato e anche la semplice consapevolezza di esser vicini a quanto non si può raggiungere fa permanere lo stato di frustrazione).
E se la donna di turno, per capriccio, vanità , autostima o diletto sadico, sfrutta la situazione per infliggere ferimento intimo suscitando ad arte il disio compiacendosi poi della sua negazione, per provocarmi intenzionalmente sofferenza emotiva, irrisione al disio, frustrazione nel profondo, umiliazione pubblica o privata, inappagamento fisico e mentale, per rendermi ridicolo davanti a me stesso o agli altri qualora tenti un qualsiasi approccio, per causarmi dolore fisico o psicologico nell'attirarmi e nel respingermi, per trattarmi come uno qualunque, un banale scocciatore, dopo avermi scelto fra tanti e illuso solo per farmi patire l'inferno dopo la speranza di paradiso, per appellarmi molesto dopo avermi appositamente attratto e indotto implicitamente a farmi avanti in maniera da lei considerata magari maldestra, se insomma usa l'arma erotico sentimentale per infierire su chi psicologicamente si trova in svantaggio nei primi momenti di incontro (occasionale e breve come sentimentale e lungo) con l'altro sesso, allora mi suscita un disagio da sessuale ad esistenziale. Altro che molestie!
Ma di questo ho già parlato da voi stronze d'italia.
SIANO MALEDETTE E PERSEGUITATE QUESTE DONNE, PER LE LORO PERFIDIE E PER LE LORO MENZOGNE. E SI RICORDI CIASCUNO CHE LA BRUTALITA' E' UN MEZZO PIU' ONOREVOLE DEL SILENZIO, DI FRONTE ALLA MENZOGNA.

III. (contro la menzogna fra le menzogne pronunziata da michela la "tettona")

Michela la tettona giugne addirittura ad affermare che il mirare il suo seno si associa alla necrofilia in quanto si tratta di uno sguardo "rivolto come ad una natura morta".
Alla menzogna fra le menzogne corrisponde la mia risposta fra le risposte (per lunghezza).

Se tu poni avanti l'abusata argomentazione dell'oggetto sessuale (già di per sè un'impostura, in quanto, nell'ambito dell'amore sessuale, che è natura e non idealismo. non esistono soggetto e oggetto, bensì diversi soggetti con diversi ruoli, disiati e disianti), evidentemente inventata dal nulla da parte del femminismo per far sentire in colpa gli uomini per la loro stessa natura in ogni momento della loro esistenza quotidiana, ogniqualvolta guardano, pensano o si protendono verso una donna (sentirsi colpevoli con la frequenza, l'intensità e l'ineludibilità dei desideri di natura: qualcosa di tanto perfido da non poter prima essere concepito neanche dai più feroci torturatori leninisti o nazisti), allora io posso a maggior forza argomentare che ancora meno piacevole di sentirsi un oggetto sessuale (cui comunque si rivolgono un desiderio sincero e un valore reale) risulta essere trattati da freddi specchi su cui provare l'avvenenza, da pezzi di legno innanzi a cui permettersi di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi inflizione di dolore nel corpo e nella psiche, di inappagamento fisico e mentale fino all'ossessione, di disagio da sessuale ad esistenziale, con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale al suicidio), da ferri inanimati da usare senza limiti, remore nè regole come strumento di ogni "test-psicosessuale" (di cui la donna ha bisogno per "divertirsi" o per "essere sicura di aver trovato l'uomo giusto per il tipo di rapporto voluto", sia esso di una notte o di una vita, a costo di distruggere per una sera o per sempre, la vita e la psiche di tutti i candidati), di ogni "gioco di seduzione" (molto vicino allo stupro psicologico), di ogni crudeltà naturale (fatta passare per "raffinata intellettualità sessuale femminile"), in quanto comunque privi di sensibilità e di anima (le stesse femmine-femministe pronte a lamentarsi di un falso storico, ovvero della presunta negazione medievale dell'anima femminile, sono le prime a considerare privi di sensibilità gli uomini la cui diversa sensibilità osi di quando in quando non solo cantare le grazie sensitive e intellettive del femminile, ma anche guardarsi dentro e scoprire le ferite inferte per mano femminea, e come privo di anima quasi l'intero genere maschile quando non più funzionale alla donna, nonostante i poeti maschi di ieri, ma anche quei fanciulli di oggi, tanto seri nell'atto creativo del gioco quanto ingenui nel trasporto per la bellezza, e pronti molto più delle coetanee ad eternare in rime, filosofie, musiche, pitture o poemi la persona amata e disiata quanto a uccidere o morire per causa essa, sarebbero semmai testimonianza dell'esatto contrario, innanzi a chi fa del mero utilitarismo il metro di valore dell'altro sesso), o (come traspare dai vostri stessi racconti) da pupazzi (a volte parlanti, a volte muti) da sollevare nell'illusione solo per farli cadere nella delusione con il massimo possibile di sofferenza fisica e mentale, di irrisione innanzi a loro stessi e agli altri, di senso di nullità innanzi a voi e di umiliazione pubblica e privata.

Se invece vogliamo ragionare in termini più profondi e reali, dobbiamo rilevare come la donna, in quanto soggetto disiato, goda del privilegio di natura (e quindi ANCHE di cultura) di essere dal mondo apprezzata, ammirata, disiata al primo sguardo in sé e per sé, per la sua grazia, la sua leggiadria, la sua essenza mondana (quando manca la bellezza, vi supplisce l'illusione del desiderio), senza bisogno di compiere imprese (cui sono invece costretti i cavalieri i quali senza esse restano purno nulla) o di mostrare necessariamente altre doti, poiché l'uomo la desidera primieramente per la bellezza. Al contrario, poiché la donna vuole selezionare fra i tanti che la desiderano colui che "eccelle", l'uomo è costretto a mostrare un certo valore, a faticare, a competere, a raggiungere una certa posizione socio-economica o anche culturale e di prestigio, giacché il concetto di "eccellenza", trasposto nel mondo umano, non ha valenza soltanto estetica, ma si ammanta di una sfaccettata serie di significati ed implica conseguentemente per l'uomo un'altrettanto variegata serie di "imprese da compiere".
Se non vi riesce, rimane un puro nulla e non solo non ha alcuna speranza d'esser degnato d'uno sguardo dalle donne, ma risulta completamente trasparente per tutta la società (giacché non può esercitare nel mondo quell'influenza indiretta sugli uomini e sulle cose per tramite di quanto in essi è di più profondo e irrazionale, quell'influsso sui pensieri e sulle azioni che per disparità di desideri ed inclinazioni sentimentali è proprio della donna).
Ti stai dunque lamentando di un privilegio.
In più, rovesci la realtà, in quanto quello che per te è sguardo necrofilo, nella realtà della natura (e anche della poesia) è la più profonda e sincera espressione del disio vitale.

Esite un primato della volontà: ci piaccia o meno. Come esseri viventi non possiamo non desiderare, prima di ogni altra cosa e senza riflessione alcuna, razionale, morale o sentimentale che sia. A nulla vale il pensiero e nullo è il giudizio morale sopra la volontà, anzi, è scorretto usarlo per giudicare ciò che non dipende da noi.
La sessualità è soltanto uno degli aspetti in cui ciò avviene, forse il più importante poiché in esso la specie si vede in procinto di acquisire o perdere uno strumento indispensabile per la sua prosecuzione, ma comunque in ogni aspetto della via, almeno quelli in cui "vogliamo", siamo mossi non dal nostro libero arbitrio bensì dalla natura, dal "mondo come volontà". Solo la nostra brama di conoscere, la nostra tensione al sapere non come utilità ma come pura contemplazione, il nostro trarre consolazione dalle opere di genio anche se queste mostrano l'infelicità del vivere, solo questo desiderio è tipicamente umano. Per questo "Poco volere e molto conoscere" è il motto del saggio.
Se questa è una valida guida per la vita serena e autarchica, non è però praticabile la sua estrema conseguenza, ossia il vivere nell'astinenza completa dall'appagamento dei bisogno naturali o addirittura il lasciarsi deperire, giacché sarebbe una contraddizione del nostro stesso essere vivi, essendo noi stessi figli ed espressioni della volontà naturale.
Non è inoltre saggio intraprendere la via dell'ascesi (i desideri naturali non appagati, tramite i ben noti meccanismi della psicoanalisi, divengono necessariamente altrettante forme di ossessione, e nell'ossessione non c'è libertà) come non sarebbe saggio curare la fame con il digiuno (non si può pretendere di combattere la natura negando i suoi istinti e reprimendo le sue pulsioni, poiché in questo vincerebbe sempre, e il tentativo servirebbe solo ad accrescere l'infelicità e a creare ossessioni e sensi di colpa utili invece a chi li può sfruttare, come la casta sacerdotale in passato).
Saggio non negare di avere dei bisogni naturali o ignorarne il soddisfacimento limitando la propria volontà (altrimenti sarebbero saggi i seguaci dell'endura) bensì appagarli se possibile nel modo più nobile, raffinato e gaudente senza lasciarsi guidare, attraverso di essi, dal genio della specie (che ha interessi diversi, coincidenti con quelli della natura e non con quelli dell'individuo o peggio (attraverso l'insoddisfazione di essi e il miraggio di ottenerli) da altre volontà.

Ritengo soprattutto ipocrita vantarsi "moralmente" di certi comportamenti tipici del proprio sesso rispetto a quelli dell'altro e di quanto, negli sguardi e nelle azioni, nei sentimenti e nelle scelte, discende dalla disparità di desideri, ben sapendo quanto tutto ciò non dipenda dall'eccellenza delle virtù personali o dalla nobiltà del libero arbitrio, ma da un motivo meramente naturale (simile a quello che fa gli uomini più forti fisicamente senza con ciò implicare alcunché di "intellettivo") e sciolto da ogni dote individuale e intellettiva. Chi pretende di avere superiorità morale per questo è ricola almeno come l'uomo che pretende superiorità per la sua forza fisica. Questo, personalmente, mi rende impossibile anche solo discutere con certe donne, che consciamente o inconsciamente negano le evidenze di natura, chiamano migliori sentimenti o superiore senso etico desideri semplicemente diversi (solo perché la loro espressione pare in superficie più “socialmente” accettabile) e confondono i piani e rinfacciano ogni cosa volgendola a proprio vantaggio o a senso di colpa altrui, sostenute in questo da infinite credenze errate, tratte dal cristianesimo o dal socialismo politicamente corretto e tendenti a vedere divinità, liberi arbitrii, costruzioni culturali ove vi sono meri istinti raffinati e specializzati o addirittura sublimati (verso cui comunque ognuno avrebbe diritto a volgersi secondo la propria sensibilità ed i fini che si propone di trarre per il proprio modo di intendere la felicità o almeno l'assenza del suo contrario).

Siamo anche altro, da quel desiderio: possiamo essere sentimento puro, slancio eroico, passione coinvolgente, o compassione, o pietà, o idealità nobile, o astrazione consolatrice, o semplice tranquillità operosa, oppure sublimazione del desiderio stesso al livello dell'intelletto, nei versi immortali, nelle musiche sublimi, nelle pitture divine, nelle immagini e nei suoni della poesie ed in ogni opera volta a rendere eterna la bellezza, ma non possiamo prescindere da quanto per natura bramiamo, nel senso più vero e profondo (inteso qui come creatore ed istintuale, non già educato dalla società, astratto e fallibile).

Non ci è dato sentirsi appagati nell'ambito amoroso senza seguire e soddisfare tali desìi. Anche se non basta certo soddisfare le brame come gli animali, per essere felici, non possiamo neppure non essere infelici, se a lungo rimangono frustrati i nostri naturali bisogni.

Non siamo noi a scegliere cosa soddisfare: noi scegliamo solo i mezzi e i modi.
E' la natura stessa che ci indica cosa ci piace, non possiamo farci piacere qualcosa ad arbitrio, almeno nei desideri naturali. Non possiamo essere appagati se non soddisfiamo la brama di bellezza e di piacere che la natura stessa ci inculca nei petti.

Perché un uomo si avvicina ad una donna (attraente)? Non intendo per l'amicizia, la quale è invero rara, se sincera, ed è propria dell'uomo (in natura non esiste), ma per quanto si dice "amore"? Perchè lo ritiene giusto? Perché esegue un calcolo o una dimostrazione che a ciò lo convincono? Perché la società glie lo insegna? Perché lo ritiene moralmente accettabile o positivo? NO! perché la natura lo spinge a ciò, come spinge le fiere ad inseguire la femmina nei boschi, come muove le stelle scorrenti del cielo e dà vita alle distese luminose del mare e alle terre che producono frutti! Come narra il De rerum natura di Lucrezio.

Se così non fosse, e si fosse spinti da mero edonismo o necessità estetico-intellettuale, si sceglierebbe di mirare la Venere di Milo o le Tre Grazie del Canova piuttosto che attaccar discorso con certe donzelle (dal comportamento magari intriso di stronzaggine e di vanagloria) solo perché sono le uniche creature viventi, nel raggio di qualche miglio, in grado di assomigliare a qualcosa in grado di suscitare un minimo palpito di desiderio.
Spesso converrebbe anche all'uomo poter scegliere di non desiderare (quante sofferenze e quante spese eviterebbe!) carnalmente e il fatto che non possa significa che non è lui a decidere (così come, ad onta del vanto femminile, non è nemmeno emancipazione dalla natura o merito intellettivo della donna la sua "razionalità erotico- sentimentale", ma meramente un'espressione raffinata del suo istinto sessuale, il quale non è desiderare ma farsi desiderare, e poi selezionare l'eccellenza). Si possono inibire le pulsioni, non cambiarle né annullarle.

Qualsiasi cosa pensi di lei come persone, e qualunque cosa io stesso sia come persona, qualunque siano le di lei virtù, simpatie e doti intellettive e qualsiasi possano essere la mia formazione, la mia educazione sociale o sentimentale, il mio sentire intimo, il mio spessore culturale o intellettuale, il mio atteggiamento verso la vita ed il mio modo di concepire i rapporti,
allorché una donna si rende sensibile al mio sguardo ed interpreta il mio sogno estetico (modellato dall'incoscio dell'immaginario collettivo o artistico, ma comunque nascente, come bisogno, come illusione della natura, dall'istinto) io non posso fare a meno di essere fatalmente attratto, secondo natura, dalla claritade angelica del viso, dalla figura alta, dalle chiome fluenti e lunghe, dalle linee scolpite delle membra, dalle forme dei seni rotonde, dallo slancio statuario della persona, dalla piattezza d'un ventre perfetto, dalla liscia pelle e levigata, dalle fattezze tutte d''un corpo dea, e dall'altre grazie che, come diceva Dante, "è bello tacere".
Questo non implica che non debba poi eventualmente apprezzare altre doti (cultura, intelligenza, simpatia, cuore) in quella donna (sempre qualora esistano realmente) o che non sia in grado comprendere l'esistenza della sua sfera sentimentale. Resta il fatto che tutti gli uomini l'apprezzeranno immediatamente e per la bellezza, mentre soltanto coloro che posseggono un'affinità elettiva con lei saranno interessati ad un legame di amicizia sincero (il quale, a differenza dell'amore, che è natura, è invece un vero sentimento umano). D'altra parte un uomo non è mai disiato ed apprezzato a priori e non ha mai la maggioranza delle donne pronta a recitare per lui da seduttrice, o anche solo a seguirlo con lo sguardo sospirando, come avviene nel caso inverso, ma deve conquistare con le proprie doti (se ci sono) la semplice possibilità di comunicare. Non gode dunque egli di un apprezzamento sessuale a priori, ma solo l'apparire eccellente, agli occhi della donna, per le virtù che permettono l'affermazione nel mondo reale o in quello dell'arte, per l'intelletto, per la cultura, per quella bellezza non corporale che ha nome cor gentile, o per nell'abilità di creare sogni e illusioni e di perdere l'anima nella “favola bella che ieri m'illuse che oggi t'illude” o ancora (a volte) per il poter conferire immortalità alle grazie femminili nei marmi divini o nei versi più che umani, può renderlo degno di stare accanto a quella che gli pare una cherubina scesa dal cielo per sua letizia. Anche nel suo caso, poi, egli sarà veramente apprezzato, nel profondo, soltanto se, una volta avvenuta l'occasione di contatto intimo e di dialogo, si verificherà un'assonanza di amorosi sensi intellettuali. Se ciò non si verifica, la donna troverà comunque nel resto dei suoi ammiratori un numero sufficientemente esteso di successive (e non faticose) speranze di essere intimamente apprezzata (le basta sorridere perché tutti siano interessati a dialogare con lei e ad approfondire la conoscenza erotico-sentimentale: fra essi potrà scegliere chi sinceramente l'apprezza non solo per le forme), mentre l'uomo dovrà reiniziare daccapo la dura fatica del rendersi interessante e gradito (per poter poi ritentare), con i conseguenti rischi di delusione e fallimento. La di lui autostima e la di lui pazienza sono dunque messe molto più a dura prova, posto che un legame sentimentale vero è difficile da trovare per entrambi. Almeno però la donna intanto si può divertire con facilità e può sentirsi ovunque rimirata e quasi idolatrata al primo sguardo, come nelle Rime di Cavalcanti: “chi è questa che vien ch'ogn'om la mira,/ che fa tremar di chiaritate l'aere/, e mena seco amor sì che parlare/ null'omo pote ma ciascun sospira” mentre l'uomo, a priori, sente solo sguardi di sufficienza su di sé e rischia di essere trattato come “uno fra tanti”, un banale scocciatore.
Su questo dovrebbero riflettere coloro le quali si lamentano del proprio privilegio di natura e confondono l'assolutamente a normale difficoltà di trovare corrispondenze spirituali con una presuta bestialità d'animo degli uomini. Che dovrebbero dunque dire costoro, che alla medesima difficoltà debbon sommare quella di non esser carnalmente disiati e di dover penare anche solo per appagare i propri bisogni estetici e non hanno, per natura, la consolazione di un apprezzamento oggettivo (ma devono costruirselo con lo studio, la fatica e la fortuna)? A volte, per necessità, la sensibilità viene accantonata dagli uomini per non essere dilaniati dalle inevitabili e reiterate delusioni erotico-sentimentali (se non si vuole pagare, si deve tentare n volte sperando nella n+1 esima, senza porsi troppo problemi di bruciarsi, a mo' di tester elettronici).
Tutte queste tematiche dovute alla disparità naturale di desideri danno modo alle donne superficiali di criticare come bruto o insensibile o “animale privo di sentimento” chi rimira primieramente la fattezze in una donna e, come nell'incanto del sogno, si lasci andare all'ingenuo trasporto verso la bellezza, chi, anche solo con lo sguardo, si abbandona al profondo, vero, cupido e creativo desiderio verso le grazie corporali delle donne.
Esse pensano che il fatto di rimirare primieramente e senza riflessione le grazie corporali (come voluto dalla natura) significhi essere animali totalmente e quindi non apprezzare le bellezze intellettive, le squisitezza intellettuali e non capire nulla al di là delle gambe, delle rotondità del petto, dei glutei e dell'ovale del viso, e non rispettare la persona che abita quel sogno estetico, e soprattutto non soffrire in sé per le crudeltà dell'amor naturale. Questa è una scusa per queste donne al fine di potersi permettere di tutto nei confronti degli uomini, qualsiasi derisione profonda, qualsiasi umiliazione pubblica o privata, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi irrisione nel desiderio, qualsiasi arroganza, qualsivoglia crudeltà o perfidia (mascherata da nobile alterigia), qualsiasi vanto di e persino qualsiasi violenza psicologica o d'altro genere (sbranamento economico, sentimentale, morale).

Non deve essere valutato negativamente il fatto che nell'uomo l'illusione del desiderio, sulla quale si fonda l'essenza stessa della bellezza femminile, preceda in tempo ed intensità "tutto il resto". Negli uomini nati per le cose dell'intelletto, o anche solo in quelli sufficientemente sensibili da non potersi appagari della semplice brutalità della carne e delle piacevolezze terrene e quindi, in quanto tali, finite, questo fatto è il seme da cui germoglia il più alto e puro sentire artistico.
Un uomo che vede la bella dama, e tosto la brama con tutto il sue essere, è pervaso da quello stesso fremito che mosse Jacopo da Lentini, notaio del Grande Federico II di Svevia, a inventare il metro perfetto del sonetto per celebrare la sua divina bellezza, è inondato da quello stesso languore che rende sublimi e inimitabili le Rime del Tasso, è permeato di quello stesso desire che spinse Catullo a comporre i carmi immortali di Lesbia, è invaso da quello stesso ardore che generò le novelle Rinascimentali e le rime petrarchiste di schiere di dotti dalle raffinate squisitezze intellettuali.

Il desiderio di natura, prorompente nella brama dell'istinto, si sublima in immagini, suoni, sculture versi perfetti e parole immortali nelle menti di quegli uomini nati per le cose dell'intelletto, per vivere e riconoscersi in quell'universo di pensieri ed essenze spirituali germano all'Iperuranio di Platone. Il desiderio di purezza e la brama di perfezione, così proprie dell'uomo d'intelletto, direi quasi innate in lui, restano però sterili, quasi volontà di morte, come tutte le cose ascetiche, se a renderle feconde non interviene la figura della Musa, scatenando ad arte la forza della vita e dell'istinto. Parimenti l'artefice è necessaria la musa, parimenti all'ingegno è necessario l'istinto.
Ad altro non pensò Guinicelli, quando, effondendo le rime del Dolce Stilnovo ch'i'odo incipiò l'autentica poesia italica, ad altro non sospirò Petrarca, quando creò con suoni e i ritmi l'atmosfera pura e rarefatta dei suoi immortali sonetti, forgiando lo stile perfetto senza uguali nel mondo, ad altro non mirava Boccaccio, quando narrando le storie che restituirono l'Italia alla religione delle Lettere e della Bellezza riportò nella nascente prosa italiana quello stile ampio ed armonioso proprio del grande eloquio Latino e degno del nome di Concinnitas.
Nulla che di bello esiste è stato creato senza il desiderio di natura, senza un profondo legame con il substrato tragico e dionisiaco dell'esistenza.

Nell'amicizia una donna sarà apprezzata per la simpatia e la fedeltà, nel lavoro per la competenza e lo studio, nell'immaginario per la personalità, ma nella sessualità lo è primieramente per la bellezza, senza che ciò implichi alcuna valutazione, né positiva, né negativa, su tutto il resto.
Ma "tutto il resto" viene apprezzato (se c'è) sempre successivamente e secondariamente, giacché, come detto, siamo esseri viventi prima che persone (e quindi fatti di desideri, oltre che di illusioni, sofferenze e caducità: solo se per appagare il proprio naturale bisogno di bellezza e di piacere si considerano le escort, si possono avere amicizie sincere e disinteressate e prive di secondi fini con le donne giacché, in caso contrario, ossia di esclusione della scelta sicura escortistica, data la disparità di numeri e desideri, la legge dei grandi numeri costringerebbe l'uomo, volente o nolente, a non lasciare mai nulla di intentato, ad aggrapparsi ad ogni minima possibilità o ad ogni illusione, a non farsi sfuggire nessuna occasione, e quindi imporrebbe il comportamento di chi ad ogni incontro con una donna cerca inevitabilmente, in maniera esplicita o implicita, chiara o ingannatoria, di convincerla alla copula, pena, in caso contrario, ossia di mancato sfruttamento di ogni possibile occasione, la quasi certezza dell'inappagamento, del disagio emotivo, dell'infelicità da sessuale ad esistenziale, dell'ossessione ). E fra "tutto il resto" l'apprezzamento intimo e sincero esiste solo con la minima probabilità con cui si trova nel mondo un'anima affine alla propria. La bellezza invece è natura, è la più fulgente illusione della natura.

Un fanciullo brama la donzella avvenente così come un fiore sboccia, un usignolo canta, un prato fiorisce, una cascata irrompe, e quando il suo desire si volge in attività d’intelletto allora i versi e le rime scorrono con quella medesima magia propria dei prodigi di natura, come l’avvento della Primavera o il riflesso sull’onda lucente di quella conchiglia d’argento che chiamiamo Luna.

A voi non piacerà essere considerata solo due tette e un culo, ma a me può non piacere essere visto come un semplice spettatore anonimo, uno qualsiasi, uno su cui provare in ogni modo la propria avvenenza e la propria autostima come fossi un freddo inanimato specchio, un pezzo di legno davanti a cui vare tutto o di duro metallo immune alla sofferenza emotiva.

Se qualche scrupolo sull'abbandonare la filosofia escortistica e sul pensare ad incontri normali è rimasto in me, esso è subito fugato dall'udire discorsi siffatti. Quando infatti immagino che, anche dovessi riuscire a vincere la mia naturale timidezza, il mio insormontabile disagio emotivo d'innanzi al corteggiamento, la mia scarsa fiducia sul poter essere apprezzato e la mia infinita razionalità calcolatrice a priori (la quale mi fa rinunciare a rischiare cose certe per premi improbabili), mi trovere innanzi uno sguardo di sovrano disprezzo verso me che desidero suspiciente (e proprio perché desidero) e un pensiero quasi di disgusto per le fole del mio disio naturale (e proprio nell'essenza più profonda e vera di esso), il mio impulso non si volge più alla copula, bensì al pianto.

Se le donne, specialmente quelle tanto belle da poter avere qualsiasi rapporto con qualsiasi uomo, pensano così, allora sarò sempre disprezzato al primo sguardo
come loro saranno apprezzate da me per grazia e leggiadria?
Se voi diffondete questo implicate per me nel reale essere guardato con sospetto o con aperta sufficienza da chi ammiro al primo sguardo per beltà di donna?
Quando guardare con disio significa ricrere in me lo stupore che ebbe il mondo vedendo la nuda Venere nascer dall'onde del greco mare sulla sua bianca conchiglia, risentire quella brama che fu di Callimaco, di Catullo e di Properzio, e che rimane eterna nei carmi greci e latini, riprovare quel trasporto che rapì Guido, Lapo e Dante al mirar passeggiare “monna Vanna, monna Lagia e colei ch'è nel numer de' le Trenta”, rivivere quel distacco fra cielo e terra che in Petrarca fece germogliare lo stile puro e rarefatto dei sonetti perfetti senza uguali nel mondo, lasciarsi prendere dal quella tensione al mondo ideale e perfetto propria dei poeti Rinascimentali, primo fra tutti il cardinal Bembo, e che portarono a compiuta perfezione la lingua e lo stile della vera poesia italiana, abbandonarsi come il Tasso alle onde della voluttà dell'Aminta e al languore delle Rime, lasciarsi infine prendere dalla cupida volontà di bellezza divinamente effusa dal D'Annunzio nei versi immortali del Poema Paradisiaco?

Essere disprezzato nell'intimo del mio essere uomo proprio nei primi momenti in cui sono mosso da desiderio verso la bellezza femminile (che poi cerco di sublimare ma in speculazioni filosotiche ed estasi artistiche ed eternare in pensieri parole ed opere ma questo è un altro
discorso) non può da me essere accettato: questo proprio no.

Mi sarebbe piaciuto discutere seriamente, ma non è stato possibile. Ogni discorso serio avrebbe dovuto partire da cosa significa mirare le forme rotonde dei seni per l'oggettività della natura, non per le valutazioni morali di questa o di quella arbitraria società.
"Un seno femminile turgido esercita un'attrattiva straordinaria sul sesso maschile perché, stando esso in rapporto diretto con le funzioni riproduttive della donna, promette nutrimento abbondante al neonato. Invece le donne eccessivamente grasse suscitano in noi repulsione: la causa è che una tale costituzione indica atrofia dell'utero: cioé sterilità; e non è la mente, ma l'istinto a saperlo".
(A. Schopenhauer, "La Metafisica dell'Amore Sessuale".
Invece qua si è voluta utilizzare la valutazione morale femminista eletta a sistema di governo per giudicare la natura (in questo caso, specificatamente maschile) anzichè, come ragione avrebbe suggerito, mettere in dubbio la liceità della valutazione morale femminista per il suo essere in aperto contrasto con la natura (non solo con quella maschile: se accetta quel giudizio di valore, le donne, che generalmente spendono e soffrono follie pur di rifarsi il seno, dovrebbero essere supposte tutte o tanto stupide da agire a proprio futuro danno, preparando la "molesta invasione" di sguardi maschili tanto "offensivi" per la loro psiche, o tanto sadiche da rifarsi il seno per farsi guardare dagli uomini e poterli poi sgridare, accusare, irridere e insultare)



IV. (contro l'inghilterra)
Qua mi preme dire due paroline alla stronzetta che cita l'Inghilterra lamentandosi degli Italiani.
Non so se gli inglesi sembrino differenti perchè tutti gay o perchè vittime della repressione culturale puritano- femminista (la quale poi genera, con i ben noti meccanismi psicanalitici della repressione di una pulsione naturale come quella di esprimere disio per la bellezza femminile, genera nel privato i più innominabili vizi e le più innaturali deviazioni, facendo sorgere come funghi maniaci, guardoni, sadici, pervertiti, serial killer e segaioli).
So solo che chi disprezza in tal modo (al punto da volerli denunziare) gli ammiratori delle proprie grazie corporali merita che queste sfioriscano presto, chi si lamenta di complimenti e attenzioni del mondo maschile merita di essere trasporatata in un mondo di soli gay (maschilisti, olimpici cultori della virilità guerriera e raffinati spregiatori della femmina), in modo che il duro geno dell'indifferenza punisca a dovere la stolta superbia femminile.
Le donne sanno tanto bene ciò che spendono tutto il loro tempo a seguire la moda per apparire in ogni tempo e luogo massimamente belle e disiabili, tutti i loro soldi e la loro salute a sottoporsi ad interventi chirurgici al limite della follia (nella speranza di essere sempre attorniate di quegli ammiratori che poi magari si dilettano a respingere sdegnosamente, ferire intimamente, disprezzare pubblicamente, condannare moralmente, sgridare femministicamente, insultare allegramente o addirittura denunciare penalmente) e quando nonostante tutto sentono di non essere più guardate e disiate da tutti (ma proprio tutti) come un tempo vanno in crisi esistenziale.
Io dico: crepino
Le donne possono lamentarsi dei nostri sguardi fino a quando sanno di essere guardate comunque, non curandoci noi delle loro lamentele. Se prendessimo queste per sincere, e cessassimo di volgere loro gli occhi disianti, la loro stessa bellezza cesserebbe di esistere, nascendo essa, come quella della luna, non da uno splendere di luce propria, ma dal riflettere la luce di un sole fuori di loro (il nostro disio, generatore di ogni bellezza più che umana, di ogni poesia divinizzante, di ogni luce d'eternità ).
Possono dire così per conformità alla cultura politicamente corretta in senso femminista (e sotto sotto puritano) propria degli angli moderni, o per tirarsela ancora di più disprezzando gli stessi ammiratori,
ma quando vengono in italia e si confessano
mostrano dolore al pensiero di dover tornare in inghilterra ove a livello di interesse presso gli uomini e il mondo valgono meno di un pub o di una partita, dopo essere state in italia ove l'illusione della bellezza le ha poste come su un piedistallo, quasi simili alle fanciulle sulle urne greche divenute dee per l'essere state eternate dall'arte nel momento infinito del disio.
Osate parlare di sguardi invadenti in Italia?
E il tuo mostrarti ovunque bella e disiabile (inconsciamente, per attirare più maschi possibile e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute, consciamente per pura vanità , supina accettazione di mode e costumi, patologico bisogno d'autostima o gratuito sfoggio di preminenza erotica) non può forse essere invadente per noi?
E se ti è consentito ciò, perchè allora non dovrebbe esserlo il mio guardare?
Perchè qualsiasi cosa tu faccia non è invadente, mentre dovrebbe esserlo l'opposto complementare secondo natura?
Se ella è libera di esprimere (consciamente o meno) in ogni modo, tempo e luogo il proprio naturale istinto d'esser bella e disiata (chè questo vi è dietro il diritto a "vestirsi come le pare" o a "esprimere la propria femminilità ") e può permettersi di esagerare a piacere nell'illudere, nel suscitare disio e provocare attrazione negli astanti,
io non posso non essere parimenti libero di esprimere il mio corrispettivo istinto di disiare al primo sguardo la bellezza, inseguirla e cercare di ottenerla (almeno fino a che le espressioni di esso non mostrano nè¨ violenza nè prepotenza nè prevaricazione nè volontà di costringere).
Non può ella avere il diritto di mostarsi ed io il dovere di non guardare.
Non può ella poter suscitare disio (per vanità , capriccio, autostima o sadico diletto) ed io doverlo trattenere, negare, nascondere, dannare e condannare.
Non può ella poter seguire il proprio comportamento naturale ed io dover reprimere il corrispondente della mia natura.
Non può ella avere il diritto di essere disinibita ed io il dovere legale a sottopormi a mille inibizioni.
la naturalità del comportamento se concessa deve essere concessa a tutti.
Non può corrispondere al suo diritto di essere sessualmente ambigua il mio dovere di essere sessualmente corretto.
La correttezza se esiste deve esistere per tutti.


IV.
Infine dico due parole sull'Inghilterra.
Voi chiamate paese avanzato quello che è semplicemente sprofondato nel femminismo in termini di diritto, ragione, buon senso, logica ed etica.
In esso infatti accade
a) che la modifica alla legge sullo stupro
http://la-sublime-porta.blogspot.com/2011/01/tutte-le-donne-che-leggono-alfemminile.html
(per la quale si considera come tale non solo, come sarebbe giusto, il caso in cui un ragazzo somministri droga o alcool ad una ragazza per usare la perdita dei sensi al fine di violentarla, o se comunque sfrutti la debolezza psicofisica dovuta alla condizione di ubriachezza per costringerla a compiere o subire atti da lei in quel momento non voluti, ma addirittura quello in cui è la donna a manifestare il desiderio di un rapporto sessuale, che magari da sobria non avrebbe avuto, ma che comunque non è dovuto ad alcuna costrizione esterna) è stata proposta da una nazifemminista con il chiaro intento demagogico di aumentare la percentuale di condanne nei processi per violenza (cioé, anzichè ammettere che la vaga e omnicomprensiva definizione di "violenza sessuale" voluta dal femminismo e comprendente non solo e non tanto quanto ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e punito come stupro, ma letteralmente tutto ciò di cui una donna, a posteriori e secondo i propri soggettivi parametri, possa accusare un uomo, nonchè il modo "cavalleresco" di polizia e magistrati di procedere con le indagini e le incriminazioni, credendo a priori alla donna anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta "violenza", portino a giudizio fin troppi innocenti, si pensa, con la scusa della mancanza della facoltà di intendere sotto l'effetto dell'alcool, che però, stranamente, annulla il consenso della donna ubriaca ma non la responsabilità dell'uomo che da ubriaco commetta stupri o altri reati, a far ricadere nella "violenza" anche atti consensuali, al fine di condannarne il più possibile)
b) che il risarcimento per stupro viene erogato ancora prima del processo (ovvero di sapere se la donna è davvero vittima, in ossequio al dogma antimaschile secondo cui ella lo è sempre e comunque a priori), di modo che per certe ragazze con pochi scrupoli risulti conveniente adescare malcapitati alla bisogna (economica).
c) che la pena per stupro possa arrivare all'ergastolo (quando non vi arriva nemmeno quella per omicidio), mentre quella per chi fa rischiare una tale pena ad un innocente con una falsa denuncia non superi mai l'anno (e non venga quindi, causa condizionale, mai scontata in carcere).
d) che una ragazza che strappa i testicoli all'ex dopo che questo le ha rifiutato un rapporto venga condannata a due anni e mezzo mentre gli ex-fidanzati accusati di violenza (che difficilmente però può, con tutto il rispetto per le donne, causare un trauma fisico e psicologico superiore ad una castrazione violenta di quel genere) vengono condannati a pene dieci volte superiori spesso con prove assai meno certe.
e) che una donna venga assolta da un omicidio commesso perchè ha la sindrome mestruale (con lo stesso principio se un uomo uccidesse e violentasse in seguito ad uno stato di ira o di eccitazione dovuto a certi suoi problemi psicofisici dovrebbe venire parimenti assolto).

La GB è uno stato canaglia e chi la cita come fonte di diritto una criminale internazionale.


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