La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Pazartesi, Mayıs 23, 2011

Sorpresa: esiste già l'inversione dell'onere della prova, e se ne vantano pure!

Non ci credete?
Leggete qua:
http://www.comunicazionedigenere.com/2011/01/15/lo-riconosce-il-parlamento-le-femministe-hanno-invertito-lonere-della-prova/

E se non vi fidate dei "maschilisti", andate direttamente alle fonti
Sportello Donna

Documento Parlementare

La risposta immediata e provocatoria è la seguente. Ecco perchè i grandi popoli fondatori di città e civiltà hanno escluso le donne (e gli uomini plebei ed effemminati) dalla vita pubblica: distruggete ogni ragione ed ogni diritto!

La risposta meditata è invece la seguente

Io sapevo che in uno stato di diritto la parola di tutti i cittadini ha, almeno a priori (prima che venga confermata o smentita da fatti e testimonianze terze) uguale dignità (e quindi credibilità) innanzi alla legge,
che tanto la parola dell'accusa quanto quella della difesa devono essere messe in dubbio, per poi ricercare riscontri fattuali o altri elementi atti ad avvalorare l'una o l'altra tesi e, in assenza di essi, si fa valere il principio latino "in dubio pro reo",
che nessuno può essere trattato da violentatore prima che la presunta violenza sia provata al di là di ogni ragionevole dubbio in un regolare processo, con riscontri oggettivi e testimonianze terze rispetto all'accusa.

Qua invece mi si dice (a colpi di decreti sicurezza e sentenze di cassazione) che, se vengo accusato,
la mia parola vale meno di quella della donna, perchè io sono considerato imputato che può mentire ed ella non solo accusa ma anche testimone che deve dire la verità,
che posso finire in galera sulla sola parola della donna (ritenuta credibile con criteri da sofisti, basati non sui fatti ma sulle parole, sulla loro presunta coerenza interna e sulla loro capacità di mostrarsi coerenti, genuine, ricche di particolari, prive di rancore o volotà di infierire sull'imputato, come se, al contrario di quanto dimostrato da Kant, l'esistenza fosse un predicato ed anche teorie campate in aria, molto più della presunta prova ontologica dell'esistenza di Dio di Sant'Anselmo, non potessero essere logicamente coerenti e credibili in sè, come se raccontare storie credibili ed apparantemente inattaccabili non fosse prerogativa di ogni bravo mentitore o possibilità di ogni bravo avvocato), anche prima ed anche senza riscontri oggettivo o testimonianze terze della presunta violenza,
che già la parola dell'accusa vale in sè come prova (basta che il racconto sia coerente, credibile, pacato, ricco di particolari e privo di voglia di infierire: un gioco da ragazzi, o da ragazze, per chiunque sia bravo/a a mentire o abbia in ciò il suggerimento di un bravo avvocato sofista),
e spetta a me, accusato, trovare prove a mia discolpa sufficienti a convincere il giudice a non prendere più per vera la "testimonianza" dell'accusatrice.
(eventuali sue contraddizioni, esagerazioni, reticenze vengono giustificate con il "trauma subito", anche se non ancora provato, e ogni tentativo di sostenere il contrario, di prederle per sintomi di falsità, invenzione o comunque "ricordo confuso e poco credibile", magari in buona fede, pretendendo dalle deposizioni dell'accusatrice coerenza temporale, chiarezza e riscontro puntuali, magari non viene ritenuto "seconda violenza" come nel femminismo americano, ma viene processualmente messo a tacere a colpi di massime delle Cassazione).

Se non è ritorno all'inquisizione questo non so cosa possa esserlo.
A questo punto, avendo ancora una vita davanti, inizio a preparare seriamente la mia fuga verso paesi non inquinati dal femminismo (o, se vogliamo, dal vetero-maschilismo cavalleresco, che forse in questi casi è ancor peggio, almeno in Italia).

Come posso vivere tranquillo e felice sapendo che qualunque donna possa in qualunque momento per qualunque motivo (per capriccio, vendetta arbitraria, interesse materiale o morale, anche solo quello di poter mantenere la propria immagine di dama intangibile negando a posteriori il consenso ad un rapporto "compromettente", gratuito sfoggio di preminenza nell'esser credute a priori mentre l'altro deve tacere e se parla è tenuto degno del riso e dello sdeno, patologico bisogni di attenzione, voglia di ricattare o di ricevere un risarcimento o semplice sadico diletto nel mostrare di poter rovinare la vita di chiunque con la sola parola, a fidanzati, amanti occasionali, mariti, ex-mariti o semplici sconosciuti al posto sbagliato nel momento sbagliato) farmi finire il galera con la sola parola?
Sarebbe come per una donna vivere in uno stato talebano in cui sia consentito dallo stato stuprare liberamente.

E non è vero come dicono el femministe che la presunzione di innocenza nei reati sessuali implichi libertà di stuprare per i violenti. Come non è vero che si debba sempre operare una scelta disgiuntiva fra innocenti in carcere e colpevoli fuori e che il garantismo renda sistematica la seconda ipotesi.

Come insegna Popper, di ciò che esiste si può sempre provare l'esistenza, mentre non sempre è possibile provare la non esistenza di quanto non esiste. Nello specifico poi, in un mondo in cui da una sigaretta si risale ad un attentatore, non è credibile che sia possibile costringere ad un rapporto chi non lo vuole senza lasciare tracce. Quindi le prove di quanto ogni mondo civile ha da sempre giustamente riconosciuto e punito come stupro si possono sempre trovare.
Non sempre invece è possibile dimostrare la non esitenza di fatti inventati, esagerati ad arte o definito come violenza solo a posteriori e secondo i soggettivi parametri della presunta vittima, magari secondo quanto solo la demagogia femminista può pretendere di inserire nella vaga e omnicomprensiva definizione "moderna" di stupro.
"Se si seguissero questi tuoi principi garantisti certe violenze non sarebbero quasi mai punite", mi si risponde da siti femministi e ora pure da questi "docenti di magistrati".

Questi giudici dovrebbero riflettere sulla liceità, per un sistema giuridico fondato sulla ragione e sul diritto (nonchè sulla proporzionalità della pena: danno grave -> pena grave, danno lieve ->pena lieve, danno non rilevabile -> nessun reato), di includere in un reato grave come la violenza sessuale quanto manco lascia segni oggettivamente rilevabili per gli investigatori (e quindi può difficilmente, anche qualora vero, essere accostato al grave trauma psicofisico dello stupro, al contrario ben evidente e riscontrabile sotto ogni punto di vista, e giustificare una pesante pena detentiva per il colpevole), anzichè inneggiare alla possibilità di condannare qualcuno senza prove.


Praticamente questi "giudici" stanno dicendo che, pur di non lasciare impuniti reati consideati gravi (ma anche l'omicidio è grave, eppure non per questo si condannano all'ergastolo o a trent'anni persone sulla cui colpevolezza non vi sono riscontri oggettivi o altri elementi tali da fugare ogni dubbio ragionevole) si può (anzi, si deve) condannare sulla base di parole e non di fatti. Bell'esempio di giustizia.

Sembra di essere tornati (con la scusa di destra delle "sicurezza" e quella di sinistra della "battaglia in favore delle donne") al terrore giudiziario che giustifica la presunzione di colpevolezza con "interessi superiori". Pare che la lezione di Beccaria sia passata in vano. Ormai pur di non ammettere un presunto stupratore in libertà si preverisce rischiare di condannare uomini innocenti (sulla base di presunte "statistiche sulla violenza" secondo cui il secondo caso è molto meno probabile del primo) e come se le due cose fossero sullo stesso piano. Invece no. Non lo sono se siamo in uno stato di diritto (che deve garantire tutti, nessuno escluso, e non può sacrificare un cittadino ai "numeri"): un conto è che lo stato non riesca nonostante gli sforzi di polizia e tribunali a punire un crimine già commesso da un criminale, altro conto è che compia ex-novo in prima persona un crimine contro un cittadino innocente.


La demagogia femminista ha preteso di inserire nel reato di violenza sessuale non solo e non tanto quanto ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e punito come stupro, ma letteralmente tutto ciò di cui una donna possa a posteriori, e secondo i propri soggettivi parametri, accusare un uomo.
La magistratura cavalleresca, per assecondare il femminismo, non si è limitata ad affermare in abstracto la grave rilevanza penale (già di per sè discutibile) di fatti ben lontani dallo stupro, ma, poichè dimostrare tali fatti al di là di ogni dubbio sarebbe stato praticamente (e oserei dire giustamente) impossibile stante la presunzione di innocenza accordata per gli accusati di tutti gli altri reati (dall'omicidio all'associazione mafiosa),
ha preteso, pur di riuscire a condannare in concreto gli uomini per fatti la cui gravità e soprattutto realtà sarebbero tutte da dimostrare, di scardinare ogni secolare principio del diritto.

Persino massime latine la cui saggezza è evidente ad un liceale, quali “nemo idoneus testis in re sua” (nessuno è adatto a testimoniare in qualcosa in cui ha interesse, perchè è ovvio che dirà sempre quanto gli conviene, come appunto nel caso di chi, accusando qualcuno, dichiara già di volere la sua condanna) e “unus testis nullus testis” (un testimone, nessun testimone: non ci si può basare sulle parole di una sola persona, perchè questa, per un qualsiasi motivo magari non ravvisabile dall'esterno, potrebbe mentire, dimenticare, o, involontariamente, distorcere i fatti, come spesso avviene anche nei testimoni ai processi che vogliono ad ogni costo "essere utili alla giustizia", ecco perchè i fatti possono essere provati solo da più testimonianze concordanti fra loro), vengono irrise come "retaggi del passato". Mi sembrano le femministe che sostengono la scienza, il diritto, la ragione essere "prodotti del patriarcato" e dover venire abbattuti assieme ad esso, come se tutto quanto gli uomini hanno storicamente costruito (o scoperto) non per opprimersi a vicenda, ma per risolvere con la ragione le dispute, per giungere ad una conoscenza dei fatti epurata da interessi personali, accidenti soggettivi e coinvolgimenti emotivi, per tutalare il singolo dal sopruso e dall'arbitrio (persino dal possibile sopruso e dal possibile arbitrio dei giudici e dello stato) non potesse essere applicato ad un pacifico e paritario rapporto fra i sessi!

Mi piacerebbe poi capire come farebbero i giudici a dimostrare che la mia accusatrice non sia mossa da astio. La psicanalizzano?
E se anche mancasse l'astio, non è già la possibilità di avere un risarcimento o un qualsiasi altro vantaggio dalla mia condanna un motivo di legittimo sospetto?
E non potrebbero esistere (come ho cercato di esemplificare) anche altri motivi per mentire, ignoti a priori a me o ai giudici?
Sarebbe come dire che poichè uno storico di oggi non ha motivo di calunniare personaggi del passato, gli si deve credere su qualunque cosa affermi, che ne so, sulle colpe di Nerone.
E perchè, se è necessario trovare un movente per la possibile calunnia prima di non prendere per vera la parola della donna, non è necessario trovare un movente per la violenza sessuale prima di dire che la mia versione innocentista non è vera? Potrei difendermi da un'accusa dicendo semplicemente: "io non violento perchè non ne ho motivo, per appagare i miei bisogni sessuali vado a prostitute"?

L'unica obiezione è "la maggioranza delle violenze non è denunciata".

A parte che non è dimostrato da nessuna statistica (la riuscita della dimostrazione implicherebbe anche la riuscita del processo e la condanna)....
A parte che la responsabilità penale è personale e un innocente non può pagare per le colpe di individui appartenenti al medesimo gruppo umano...
Comunque in nessun reato chi accusa può essere creduto sulla parola senza portare riscontri oggettivi e testimonianze terze.
Così non fosse chiunque potrebbe accusare chiunque altro di qualsiasi cosa per qualsiasi motivo in qualsiasi momento.
Sarebbe un mondo invivibile (il vicino denuncerebbe il vicino per ripicca di un litigio, chi si alza male denuncerebbe il primo che incontra per puro sfogo di malvagità, chiunque denuncerebbe furti subiti per avere risarcimenti ecc.)
Non si capisce perchè qui si dovrebbe fare eccezione (statne l'uguaglianza dei cittadini dinnanzi alla legge).

Mano a mano che si indebolisce la presunzione di innocenza (e quindi si riducono la quantità e l'importanza di ciò che l'accusa deve dimostrare per essere creduta, aumentando anche per eventuali accuse false la probabilità di andare a buon fine e facendo tenere a zero quella di essere eventualmente scoperte)
e si aumentano le disparità di pena fra chi viene condannato per violenza e chi viene riconosciuta colpevole di calunnia (e quindi si rende più vantaggioso il tentativo di falsa accusa, per capriccio, vendetta arbitraria, interesse di qualsiasi natura o gratuito sfoggio di preminenza sociale nell'esser credute a priori mentre l'altra campana è tenuta a tacer o presa degna solo del riso o del disprezzo)

anche i casi di falsa accusa aumentano inevitabilmente (l'essere umano approfitta sempre di quanto gli viene concesso, anche nel male, o comunque di questo deve tener conto lo stato nel fare le leggi per tutelare i cittadini non solo dalle persone violente e malvagie, ma anche da quelle false e perfide: per difendersi dalle prime si rendono reato la violenza, il furto, la rapina, l'omicidio, per le seconde si impone di provare ogni accusa).

Posto che lo stato di diritto garantisce a chiunque di non essere condannato penalmente fino a quando la sua presunta colpevolezza non è dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio,

come si fa a considerare come piena prova (su cui può essere anche esclusivamente basato il convincimento della colpevolezza dell'imputato) la semplice testimonianza dell'accusa (anche prima ed anche senza riscontri oggettivi o testimonianze terze)
e a considerare motivazione valida della sua credibilità
un ragionamento "probatorio" da sofisti, non basato cioè sui fatti ma sulle sole parole (sulla loro presunta coerenza interna e sulla loro capacità di mostrarsi coerenti, genuine, ricche di particolari, prive di rancore o volotà di infierire sull'imputato, come se, al contrario di quanto dimostrato da Kant, l'esistenza fosse un predicato ed anche teorie campate in aria, molto più della presunta prova ontologica di Sant'Anselmo, non potessero essere logicamente coerenti e credibili in sè, come se raccontare storie credibili ed apparantemente inattaccabili non fosse prerogativa di ogni bravo mentitore o possibilità di ogni bravo avvocato)?
Si tratta di una verifica operata sì da un giudice terzo, ma riguardante la sola parola dell'accusatrice e sciolta non solo da ogni raffronto con la deposizione dell'imputato, ma da qualsivoglia controllo di elementi esterni (atti a far propendere oggettivamente per l'una o l'altra tesi)!

Si parla di credibilità soggettiva della dichiarante e di attendibilità oggettiva della testimonianza.
Quanto alla prima a me pare non possa essere sufficiente che non appaiano motivi evidenti per cui l'accusa debba mentire, o che quelli ipotizzati dall'imputato siano infondati, ma si dovrebbe dimostrare che nessun altro immaginabile motivo di menzogna sussista.
E, per quanto si possano prima ipotizzare e poi escludere con ragionamenti logici a partira dalle emergenze processuali eventuali motivi di astio o rancore,
rimarrà sempre il dubbio (del tutto ragionevole) che l'accusa, essendo parte in causa, menta se non altro per prevalere nel processo (ed avere il risarcimento), o per motivi a priori non conoscibili dal giudice e dall'imputato.

Quanto alla seconda, volendo prescindere dagli eventuali motivi soggettivi per mentire (non tutti i crimini, calunnia compresa, hanno sempre motivi razionalmente spiegabili e ricostruibili) e concentrandosi sulla attendibilità in sè della testimonianza, rimarrà perlomeno il dubbio (anche questo pienamente ragionevole) che il racconto dell'accusa sia coerente, credibile, pacato, ricco di particolari e privo di voglia di infierire (ovvero abbia tutte le caratteristiche pretese per essere considerato oggettivametne attendibile) non perchè sia vero, ma perchè sia stato ben concepito da una persona brava a mentire o semplicemente assistita da un bravo avvocato esperto di retorica e di sofismi.

Ma può una persona innocente fino a prova contraria essere condannata solo perchè il racconto dell'accusa appare attendibile e non perchè lo si sia provato per vero? Solo perchè la versione dell'accusa sembra più probabile di quella della difesa e non perchè si sia davvero dimostrato che nessuna versione in cui l'imputato sia innocente possa essere vera?

Se si vuole pensar bene, si tratta della deformazione professionale di persone in buona fede abituate a vivere a contatto con il sistema giuridico italiano il quale, alla pari del Don Ferrante dei promessi sposi, ha la sistematica pretesa di ricostruire la verità con argomenti da sofisti (ovvero basati sulle parole e non sui fatti), di poter decidere fra accusa e difesa persino "in assenza di riscontri oggettivi o altri elementi atti ad avvalorare dall'esterno l'uno o l'altra tesi", di essere capace di scindere (colmo dei colmi), persino all'interno della testimonianza di una delle due parti in causa (eh sì, quanto resta del codice rocco fascista permette anche questo: far valere come fonte di prova la testimonianza di chi querela) il vero dal falso, i fatti reali e gravi da quelli immaginari o esagerati ad arte, gli elementi riferiti obiettivamente da quelli introdotti nel racconto per dolo o suggestione (che pure si ammette possano esservi), l'amore della verità dall'interesse o dal risentimento personali, il teste insomma dalla parte in causa, anche in assenza di verifica sperimentale.
A volte sarebbe oppurtuno (e la ragione, prima ancora del diritto, lo vorrebbe), quando non si hanno elementi, astenersi dal giudicare, piuttosto che farlo sulla base di supposizioni non verificate. Ragionare come certi togati e certi ermellini (pretendendo comunque di poter decidere) significa non certo "essere più intelligenti, più evoluti, più capaci di giudicare", me semplicemente ignorare totalmente (e incautamente) gli insegnamenti dell'illuminismo (per il quale non si può mai prescindere dalla verifica sperimentale) e di Kant (per cui "l'esistenza non è un predicato").
Per contestare la "prova ontologica" di Sant'Anselmo sull'esistenza di dio ("fra gli attributi di un essere perfetto vi deve necessariamente essere l'esistenza", del tutto simile alla tesi "un racconto intrisecamente credibile e ricco di particolari deve necessariamente essere vero"), il Kant della "Critica alla ragion pura" (o forse era la Ragion Pratica ma anch'io ho vuoti di memoria) cita il famoso esempio dei talleri (la moneta prussiana del Settecento): "fra cento talleri reali e cento talleri immaginati la vera differenza non risiede in diverse proprietà qualitative (ovvero in diversi predicati, in quanto si piò dire degli uni o degli altri: sono parimenti lucenti, parimenti metallici, parimenti desiderabili per il loro valore), ma nel semplice fatto che gli uni esistono e gli altri no, fatto verificabile solo con l'esperienza e giammai con la sola speculazione (ecco perchè "l'esistenza non è un predicato").

Ah, ma ora che ci penso avevo già detto tutto qua:
http://la-sublime-porta.blogspot.com/2010/04/la-premessa-sia-chiaro-quanto-segue.html

Allora taccio per sempre (ora agirò).

P.S.
Io non difendo gli stupratori, ma il diritto di ogni individuo nato maschio a non essere trattato da stupratore prima che il presunto stupro sia provato al di là di ogni ragionevole dubbio in un regolare processo, possibilmente con riscontri oggettivi e testimonianze terze rispetto all’accusa.
Vergognoso non è il mio commento, ma che chiunque possa andare in galera sulla sola parola dell’accusa, anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza (e se apri i giornali questo succede assai più spesso che nei “rari casi delle pazze). Vergognosi sono i tentativi femminili di accostare agli stupratori chi semplicemente sostiene la presunzione di innocenza, la tassatività del diritto, la proporzionalità della pena e la necessità del dolo. Vergognoso è quanto sostengono le associazioni a delinquere di stampo femminista che prendono contributi dallo stato e si spacciano per “difesa della donna”. Quello che dicono è vergognoso.
Vergognoso è sostenere implicitamente che denunciare per violenza un innocente per “trarsi da qualche impaccio” (o per vendicarsi di un tradimento) sia una “scemata” tutto sommato tollerabile.
Vergognoso è abolire la presunzione di innocenza (e dire: “nel dubbio il violentatore deve finire in carcere e, se per caso innocente, aspettare di poterlo dimostrare”).
Vergognoso è non considerare la responsabilità personale (e dire: “poichè la maggioranza degli stupri è vera e non denunciata – fatto tutto da dimostrare n.d.r.- quando c’è una denuncia bisogna procedere subito come i fatti fossero già provati”).
Vergognoso è considerare la gravità di un’accusa come un anticipo di colpevolezza (e volere l’abolizione dei domiciliari per chi attende il processo, la condanna sulla sola parola della presunta vittima, con la scusa “lo stupro è grave e non può rimanere impunito”, come se anche in reati massimamente gravi come l’omicidio si potesse condannare qualcuno a decenni di anni di carcere senza prove certe, senza manco l’esistenza di un cadavere).
Vergognoso è che chiunque debba temere una denuncia (e quindi anche un ricatto) e una condanna a un anno e un mese (stando al modus operandi del tribunale di Bologna da me segnalato qualche giorno fa) per violenza/molestie se non ha testimoni quando è solo con una donna.
Vergognoso è che una palpata al seno possa essere punita più gravemente che una falsa denuncia di stupro.
Vergognoso è che si possa condannare un cittadino innocente fino a prova contraria sulla sola parola dell’accusa, anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza, accettando la testimonianza della presunta vittima come unica fonte di prova (perchè magari coerente, credibile in sé, riscontrabile fino ad un attimo prima del presunto stupro, apparentemente ragionevole, ricca di dettagli e priva di voglia di infierire sull’imputato) con argomentazioni degne dei sofisti (ovvero basate sulle parole e non sui fatti) e dimentiche dell’insegnamento kantiano (l’essere non è un predicato e quindi la differenza fra qualcosa di reale e qualcosa di immaginario non è in una qualche qualità – perfezione, razionalità, ecc.-, ma nel semplice fatto, conoscibile solo per esperienza e mai per speculazione, che una esiste e l’altra no).
Vergognoso è parlare di credibilità oggettiva per un racconto che riscontri oggettivi non ha (è vero che molti racconti falsi si possono scoprire come tali per le loro incoerenze ed illogicità, ma è anche vero che chi sa mentire, o ha buoni avvocati che suggeriscono come mentire, può raccontare yna storia oggettivamente credibile in abstracto pur essendo falsa nel caso concreto) e di credibilità soggettiva per chi è parte in causa nel processo (bisognerebbe verificare non solo l’assenza di motivi evidenti di astio, ma anche quella di ogni ipotetico immaginabile motivo non conosciuto – e data la complessità della psiche umana potrebbero essere infiniti-, e non basterebbe, perchè se la presunta vittima è parte civile ha già un eventuale motivo per mentire nell’ottenere il risarcimento e, anche se non lo è, con il fatto stesso di essere l’accusatrice dichiara implicitamente di voler vedere l’imputato condannato e quindi di essere, appunto, “di parte”).
Vergognoso è soprattutto sostenere, innanzi a degli innocenti finiti alla gogna mediatica e sociale, con la vita oggettivamente rovinata per sempre sotto ogni punto di vista sentimentale, economico, morale e relazionare, nonché con la psiche e a volte anche il corpo segnati indelebilmente dall’esperienza del carcere, con tutto quanto consegue secondo il codice barbarico dei carcerati per gli accusati di violenza sulle donne, ma anche secondo la mentalità politicamente corretta per cui mettere in dubbio la parola di una donna è già prova di colpa e “seconda violenza” e quindi la terribile sensazione di chi è accusato sapendosi innocente è simile a quella di una vittima della santa inquisizione, che “una falsa denuncia non porta a nulla di male”.
Tieni poi presente che se sono ancora relativamente pochi i casi di falsa denuncia, è solo perchè la gente, proprio come te, pensa ancora di vivere in uno stato di diritto in cui servano riscontri oggettivi per parlare di prova. Là dove il femminismo giudiziari è più avanzato, i casi aumentano in proporzione alla differenza di pena fra chi rischia la condanna per stupro e chi la rischia per falsa testimonianza e alla “facilità” a vedere inflitta la condanna (nonchè all’entità e alla rapidità del risarcimento: in Inghilterra c’è già chi denuncia per quel motivo)
Tu sarai responsabile se l’Italia diventerà come oggi gli Usa:

http://www.carloparlanti.it/

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=33518381

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=7846045

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=8012294

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=9090025

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