CRITICA LETTERARIA ALLE NOVELLE DEL CICLO “RUSSO” DI CHIARA DI NOTTE (parte I)
LA FELICE INVENZIONE DELLA FORMA
E' definito dalla critica letteraria nordica il genere della Ringkomposition come quel testo costituito da un prologo e un epilogo in parallelo (per contenuti, stile o semplicemente per un'immagine capace di concentrare l'attenzione del lettore, o per un concetto in grado di fungere da filo conduttore ed illuminare il resto della composizione), i quali, corrispondendosi, racchiudono il corpus centrale, cui è affidato il messaggio dell'opera, chiudendo questa appunto ad anello.
Si possono trovare esempi di tale tecnica compositiva sin dall'Antichità in ogni luogo dell'universo mondo: in Grecia, in Egitto, in Cina, in Indonesia e in Russia (ah il fato!). Gli esempi più famosi si ritrovano nell'Iliade di Omero e nel Libro dei Numeri della Bibbia.
Recentemente una studiosa di antropologia, Mary Douglas, ha sostenuto come il leggere con gli occhi dei moderni testi antichi così composti abbia causato nei secoli la loro incomprensione o addirittura il loro oblio ed ha avanzato l'ipotesi secondo la quale il ripetersi immutato dello schema ad anello presso popoli e letterature diverse sarebbe ascrivibile ad un particolare modo raginamento della mente umana da lei chiamato "Thinking in Circles".
Ovvio che un'antropologa cerchi di ricondursi ad una causa biologica. Da amante della poesia mi limito ad osservare che si tratta della ripresa a livello di narrazione di quello che in un singolo verso sarebbe la ben nota figura retorica del chiasmo, ampiamente usata nella tradizione poetica e significativamente amata in ogni tempo dagli "arcaisti". Forse più che con la biologia lo schema formale ha attinenza con il contenuto filosofico della mente dello scrittore. Racchiudere in un circolo il messaggio dell'opera significa in definitiva sostenere la sua immutabilità fino alla fine dei tempi. Significativamente la composizione ad anello è scelta da Parmenide nel suo poema in cui sostiene le ragioni dell'essere immutabile e necessario (quello che "non può non essere") e possiede dunque una valenza simile a quella del serpente che si morde la coda rappresentante l'emblema dell'Eterno Ritorno dell'Uguale ripreso da Nietzsche.
In una poesia può significare anche il voler proteggere, come gemma preziosa, come perla in una conchiglia, il messaggio, ma per un racconto "filosofico" (che sia in versi o in rima non ha importanza) la sensazione è quella di rendere "etermare" tale messaggio, dando l'idea che i personaggi agenti, i fatti narrati e le situazioni evocate, epurate dalla contingenza con la quale sono letterariamente trattati nel corpo centrale, siano in realtà non "casuali" o semplicemente "realistici" o "probabili", ma, siano essi basati sulla realtà o sulla immaginazione, "necessari", ossia abbiano attinenza con le "cose necessarie universali perpetue", con l'essere che non cambia mai e si ripete continuamente, all'infinito, al contrario del "divenire" di Eraclito.
Per questo il messaggio che emerge dalla parte centrale di una ring composition non assume il valore di una possibilità accidentale o di un particolare caso della vita narrato dall'autore, così divenuto ma che avrebbe anche potuto essere diversamente, bensì quello di elemento universale della vita e necessario dell'essere, che non avrebbe potuto essere diverso e che, vissuto, all'infinito, si ripeterà sempre uguale, un concetto che Kundera nell'Insostenibile leggerezza dell'essere chiamerebbe "pesantezza".
Anche in questo racconto il lettore percepisce sin dall'inizio l'inevitabilità del destino di Olga, la necessità dei fatti non ancora narrati ma che devono inevitabilmente accadere. La sorpresa ed il motivo che spinge il lettore a voler leggere comunque il racconto con la stessa forza con la quale una persona reale vorrebbe vivere ugualmente la propria vita pur presentendone gli aspetti inevitabili risiede nel particolare, magistralmente descritto, che lega il prologo all'epilogo.
Non è cosa nuova per i letterati che sia un'immagine a chiudere ad anello una composizione. Quello che nessuno studioso di Ringkomposition ha mai visto, né concepito, nemmeno Mary Douglas, è che tale immagine consista a sua volta in un anello.
Al massimo le genti italiche erano avvezze a sentir racchiuso il messaggio poetico fra due versi quasi identici,
come nel carme VIII di Catullo, quello in cui il poeta, per sfuggire all'amore infelice per Lesbia, apostrofandosi per nome all'inizio ed alla fine (quasi a rimarcare l'inevitabilità e l'eternità della decisione, e ad autoconvincersi), promette a se stesso di non più cercarla e non più soffrire, e sceglie di rinchiudere fra i primi e gli ultimi versi risuonanti di lamentoso canto per l'infelicità presente, l'idilliaca gioia amorosa del passato (cantata dai versi centrali).
Questa doppia implicazione (formale e visiva) del tema dell'anello è semplicemente geniale, soprattutto perché in tal modo l'autrice non ha bisogno di spezzare la fabula del racconto introducendo un complicato intreccio.
Risulta un vero peccato che, come il finale di "C'era una volta in America", quello della storia forse non sarà immediatamente compreso dal pubblico. Soprattutto in Italia, la patria del melodramma, in cui si piange per ogni cosa, si recita a soggetto per ogni incontro galante, fino al grottesco, ed ognuno si atteggia a "piccolo boss" capace di "far pagar caro" lo sgarro o l'insulto ("lei non sa chi sono io"), ma non ha poi né il potere né la ferocia per fare seguito concreto alle parole, radi e sparuti saranno coloro che, leggendo l'epilogo, potranno concepire come per spietata vendetta un uomo di poche parole ma tanti fatti (andrej) possa realmente far tagliare l'anulare allo scapestrato di turno. I più numerosi penseranno che Misha si sia giocato l'anello scommettendo contro l'Italia ai mondiali e abbia cambiato modi di tenere la sigaretta solo perché quello precedente era dettato da brama di sfoggiare il gioiello (un po' come coloro che si arrotolano le maniche per mostrare il rolex). Quanti, come lo scrivente, hanno cara l'immagine della escort davanti alla cui alta figura "parlare null'omo pote ma ciascun sospira" si saranno convinti che un ammaliato Misha abbia infranto la sua regola di conquista ed abbia ceduto l'anello al monte dei pegni pur di potersi permettere il pagamento di una notte di ebbrezza e di piacere con la divina beltade di Irina.
Personaggi come Misha e Andrej (ma anche come Irina e Vlada) sono non solo difficili da incontrare, ma anche impossibili da concepire per gli italici cori.
Ritornano le parole di Machiavelli, quando, lamentandosi della scarsa serietà della guerra in Italia dopo la battaglia di Anghiari (nella quale vi fu un solo morto, e solo perché caduto da cavallo),
diceva che, mentre in italia se ne parla, all'estero si fa.
Nelle corti si componevano versi e si cantavano poemi sui paladini di Carlomagno e le crociate mentre all'estero si combatteva sul serio.
LA GENIALITA' DELL'IMMAGINE
Simplex sigilllum veri.
Nonostante lo stile volutamente colloquiale, costellato di periodi inizianti per "e" o per "ma", di indicativi usati al posto dei congiuntivi (in maniera non grammaticalmente scorretta ma stilisticamente non elegante), la coerenza interna del racconto ed il suo equilibrio formale creano un mondo letterario all'interno del quale il messaggio contenuto nel corpo centrale appare in tutta la sua forza espressiva, in tutta la sua semplicità, in tutta la sua grandezza, con le stigmate del fatto universale e necessario.
Vi sono filosofi massimamente intelligenti, specialmente razionalisti, che riescono, con il loro ragionamento, a spiegare l'impossibile e a dimostrare l'indimostrabile, come Kant, a trattare dei massimi sistemi del mondo e persino a provare l'esistenza di Dio (come ha fatto Godel).
Vi sono filosofi stupidi, che pur utilizzando un linguaggio tecnico e un ragionare rigoroso, non spiegano nulla, non provano nulla di nuovo e riescono solo a confondere quello che il lettore già sa.
Vi sono poi i filosofi geniali, in primis Nietzsche e Schopenahuer, irrazionalisti, i quali, con la felicità di un paragone, con la profondità di un concetto evocato, con la chiarezza di un'immagine, riescono a spiegare persino la metafisica a chi ne è digiuno, a far sì che anche il più distratto e impreparato dei lettori abbia chiaro il più profondo dei ragionamenti e la più ardua delle verità, non già (o, meglio, non solo) con il meccanismo dimostrativo del ragionamento, ma con l'immediato possesso di verità dell'intuito.
Questo è il genio.
Si può non condividere la filosofia, ma non si può non ammirare la genialità di Schopenahuer. Si può odiare Nietzsche come filosofo, ma non lo si può non amare come poeta, come poeta dei concetti.
Allo stesso modo, qualunque cosa sia dato pensare di Chiara_di_Notte, qualunque giudizio sia lecito su di lei e sulla qualità letteraria dei suoi scritti, sulla fondatezza delle sue idee e delle sue convinzioni, non si può non riconoscerle non dico di essere fra le menti più intelligenti del web, ma senza dubbio fra le più geniali.
Schopenhauer ha usato l'immagine del leone e della gazzella per convincere il lettore di come la sofferenza sia inscindibilmente legata alla vita, come essa sia mossa, dalla natura secondo leggi meccanicistiche assolutamente aliene dai sentimenti di felicità e di pietà tipicamente umani, ed insensibili alle esigenze ed alle sofferenze degli individui, e come in essa, per natura, per la "voluntas", la parte di male sopravanzi quella di bene.
Si può non seguire la via della “noluntas”. La si può contestare. Non si può dimenticare l'immagine da cui il messaggio del Maestro trae il convincimento prima della dimostrazione. Si potranno dimenticare i suoi ragionamenti: non si potrà mai dimenticare la sensazione provata nella lettura.
Lo stesso vale per gli scritti di Madonna Chiara (e l'accanimento e il seguito di cui tutti la fanno oggetto lo dimostrano inequivocabilmente). Come Schopenhauer e Nietzsche, per la loro genialità, erano allontanati dalla cultura dominante e razionalista, così Chiara di Notte è esiliata dall'immondo forum.
Anche in questo caso la nitidezza poetica del messaggio giunge a noi tramite le immagini dell'arte del dire.
Anche Madonna Chiara ha utilizzato in passato, nell'immondo forum, l'immagine del leone (o, meglio, della leonessa) e della gazzella per esemplificare e validare la propria teoria sull'escorting, nonché per chiarire il proprio pensiero su quei clienti i quali, considerando "poverine senza altre doti o possibilità" le loro accompagnatrici, e trascurando la natura delle predatrici, non si rendono neppure conto di trovarsi al fondo della catena alimentare.
Qui utilizza invece l'immagine dell'anello per esprimere un altro concetto, parimenti importante e in qualche modo correlato al precedente.
Il messaggio, in questa storia, è pronunziato da Vlada (la vera protagonista del racconto) e forse non sarà colto da una buona fetta dei gaudenti:
il sesso cosiddetto “libero” non esiste, è una stupidaggine utopica degli Anni Settanta, come il comunismo o gli ideali delle varie "occupazioni" studentesche.
NELLA SESSUALITA' gli uomini e le donne non sono mossi dal libero arbitrio, ma dal genio della specie.
La natura inculca nel petto dell'uomo una brama infinita di cogliere l'ebbrezza ed il piacere dei sensi da quante più donne possibili, e ne fa nascere il desiderio immediatamente e al primo sguardo, con l'immediatezza del fulmine e l'intensità del tuono, ma con la soavità di plenilunio di giugno dopo la pioggia, non appena la bellezza si fa sensibile a lui nelle fattezze del corpo muliebre, nella claritate del viso, nelle forme dei seni rotonde, nelle membra scolpite, nella figura slanciata, nelle chiome fluenti e nell'altre grazie ch'è bello tacere.
Parimenti inscrive nell'istinto della donna la dote di farsi sommamente desiderare e seguire in ogni dove, (come una fiera nei boschi) dal maggior numero possibile di maschi, in modo da ampliare al massimo la rosa di coloro che sono disposti a competere per lei e dai quali selezionare chi mostra eccellenza nelle caratteristiche volute per la riproduzione e il bene della discendenza (o, razionalizzato nelle società più evoluto, quelle doti materiali o intellettuali che rendono un uomo gradito o utile alla femmina, o conferiscono prestigio sociale).
Tutto ciò risponde ai fini della natura, non a quelli dell'uomo (ed è infatti motivi di infinite infelicità individuali, da quelle dei giovani uomini intimamente feriti dalle "stronze" a quelle delle donne tradite): il desiderio maschile serve garantire la massima propagazione dell'istinto vitale, quello femminile a garantire la selezione dell'eccellenza.
Questo è l'amore naturale "l'inganno che la natura ha dato agli uomini per propagarne la specie".
Tutto il resto, nell'amore, è solo costruzione dell'uomo, della sua ragione, della sua arte, della sua parola, e, più profondamente, del suo inconscio.
L'aveva già compreso Schopenhauer:
"L'uomo tende per natura all'incostanza in amore, la donna alla costanza. L'amore dell'uomo cala sensibilmente non appena è stato soddisfatto: quasi tutte le altre donne lo eccitano più di quella che già possiede, perciò desidera variare. Invece l'amore della donna aumenta proprio da quel momento. Ciò dipende dal fine della natura, la quale mira a conservare la specie e quindi a moltiplicarla il più possibile. L'uomo infatti può comodamente generare in un anno più di cento figli, se ha a disposizione altrettante donne: la donna invece, per quanti uomini abbia, potrebbe comunque mettere al mondo un solo figlio all'anno (a prescindere dalle nascite gemellari). Perciò l'uomo va continuamente alla ricerca di altre donne, mentre la donna si attacca saldamente a un unico uomo: la natura infatti la spinge a conservarsi, d'istinto e senza alcuna riflessione, colui che nutrirà e proteggerà la futura prole." (LA METAFISICA DELL'AMORE SESSUALE)Se da un lato è evidente (e il “vizio” narrato dalla storia di Olga è solo uno degli esempi lampanti) come l'uomo, nella sua ricerca di bellezza corporale e ideale, sia mosso dall'impulso naturale al sesso, dall'altro non risulta assolutamente vero, come par dire taluno o vantarsi taluna, che la sessualità delle donne sia meno presente o risulti meno centrale nell'esistenza. Semplicemente si esprime in un modo diverso, ma ciò non significa affatto ricopra una minor importanza nella vita, anzi. Il modo ad essa proprio è più quello del selezionare e dell'accudire che non quello del bramare continuamente e infinitamente il congiungimento carnale, è più afferente al sentirsi desiderate che non al desiderare, il quale è il modo maschile per eccellenza (ed è motore d'arte ed ispirazione di poesia negli uomini nati alle cose dell'intelletto).
La sessualità è sempre presente nell'inconscio, altrimenti le femmine, ad esempio, non si farebbero belle (“per piacere a loro stesse”) anche quando non ne avrebbero razionalmente bisogno: è invece naturale per le femmine essere massimamente belle e desiderate almeno quanto è per noi maschi naturale desiderare la bellezza.
SEGUE...
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