La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Çarşamba, Haziran 01, 2011

ECCO DUE DONNE CHE MERITANO DAL VERO STUPRO E STERILITA': VOSTRA GRAZIA E SERENA SUNDA DI YAHOOANSWER E' stato postato su Yahooanswer lo sfogo di una (ex)femminista, fondatrice di centri antiviolenza, la quale racconta come questi si siano trasformati in fabbriche di odio misandrico e di false accuse verso gli uomini in generale e i padri in particolare. Due femministe non si sono limitate come le altre a negare ciò sia vero (magari anche contro l'evidenza dei dati ammessi spesso dagli stessi pm o rilevati da fonti indipendenti rispetto a quelle legate agli stessi centri antiviolenza su cui si basano le statistiche e la cultura ufficiale) o a sostenere che si tratti di casi isolati, ma hanno addirittura affermato "con tutte le schifezze fatte dagli uomini tutto questo è il minimo". E allora io dico quanto segue. 1. Ovviamente fra il "fare schifezze" includi anche il trasformare il chaos in kosmos, il passare dalla preistoria alla storia, dalle caverne ai palazzi rinascimentali, dalle pitture rupestri al cenacolo, dagli oggetti di pietra alle mirabilie della tecnologia, dai suoni gutturali alle rime dei carmi, dal ricercare cibo e riparo al produrre la sovrabbondanza, dal dipendere dall'ambiente al costruire da sè il proprio ambiente e quasi la propria stessa natura. Se i grandi popoli indoeuropei fondatori di città e civiltà (l'India del Veda, la Persia Iranica, la Grecia di Omera, Roma Repubblicana, la Germania Sacra e Imperiale), capaci di generare opere degne degli dèi per grandezza, potenza e durata, di compiere imprese esprimenti forza, coraggio e splendore più che umani e tali da costituire il mito fondativo di intere epoche, di concepire nell'arte come nella religione, nella politica come nella storia, nel pensiero come nella società mirabili strutture pensate per misurare i millenni e non essere raggiunte dai contemporanei nè superate dai posteri, si sono fondati su un sentimento virile ed eroico del mondo ci sarà un motivo. Se fosse stato per voi saremmo ancora prigionieri della specie, del tutto indifferenziato delle società matriarcali senza classi (prive di forma e quindi di qualsiasi possibilità di dare valori, significati e bellezze alla vita e al mondo), fuori dalla storia o comunque storicamente recessivi (come tutti i popoli esaltati da comununismo e femminismo). Non è un caso se i periodi di decadenza di tutte le civiltà avvengono sotto il segno femminile: è avvenuto per Rome e Bisanzio, per Venezia e per la Francia pre-rivoluzionaria, per l'Etruria e per l'Egitto, sta avvenendo ora (anche se gli sciocchi lo chiamano progresso). La concezione della vita come continuo superamento (e quindi della giustizia come necessità di porre in alto il tipo umano più eccellente in tale superamento, ad esempio il guerriero ed il sapiente, corrispondenti alle vie tradizionali di azione e non azione) è legata a doppio filo con la considerazione della vera nascita come quella spirituale e ascendente data dal padre, non come quelle corporale e conservativa data dalla madre. Laddove tale visione viene sostituita dalla volontà di conservarsi più a lungo, più egalitariamente e più comodamente possibile, in quel tranquillo e pacifico benessere materiale e morale da bestiame bovino voluto in ogni tempo dalla plebe, dalle femmine e dalle vacche, il nobile, il grande, l'eroico (quali possiamo leggere nell'Eneide, nell'Iliade, nella Baghavad Gita, nei Poemi Persiani, nell'Edda, nel Beowulf) divengono favola, follia, malefatta, l'opera di grandezza crimine, la forza colpa, la debolezza virtù, la malattia progresso. E ciò ha le sue conseguenze anche negli aspetti materiali che stanno a cuore agli stessi egalitario-femminei. E' così che le civiltà muoiono (perchè viene a mancare la spinta vitale, formatrice, che le distingueva dal chaos senza forma). 2. Non si possono valutare con i criteri individualisti ed eudemomici di oggi i costumi, le leggi e i principi del mondo ordinato secondo criteri comunitari e anagogici di ieri. Che il fine esistenziale dell'uomo sia seguire la felicità individuale, poter essere, fare e avere di tutto, e la giustizia sia uguaglianza in tutto e per tutto, sono idee del tutto moderne. L'uomo della tradizione concepiva come bene l'affrontare ogni colpa ed ogni dolore pur di compiere la propria opera di grandezza sentita come necessaria a divenire ciò che si è, il tollerare ogni sacrificio per un fine trascendente l'individuo effimero, il compiersi ricoprendo socialmente un ruolo conforme alla propria natura e all'ordine cosmico. Si può aborrire tutto ciò e sostenere gli ideali rivoluzionari di uguaglianza e libertà, ma non si può negare che fino a quando il mondo tradizionale è esistito come fedele a se stesso ha seguito tali principi comunitari e anagogici, non la prepotenza e gli interessi di singoli individui "più forti". Quando i maggiori mezzi e i maggiori diritti spettanti a chi, essendo più in alto, aveva più doveri, sono divenuti strumento per comodità, arbitri e violenze individuali, la cosiddetta aristocrazia è presto caduta. Ad un uomo (o ad una donna) della tradizione, il vivere secondo i nostri criteri parrebbe innatuarle e ingiusto quanto a noi vivere secondo gli schemi tradizionali ora aborriti, proprio perchè il suo "io" era un'identità di sangue e spirito in grado, per grandezza, potenza e durata, di andare di là dall'individuo effimero, il suo bene era sacrificare il miglir sè per il nobile, il bello, il grande, l'eroico, o comunque per fini comunitari e anagogici e la sua giustizia il porre in alto quanto ha più valore in ciò. E ciò non valeva solo e tanto per chi stava in basso, ma anche e soprattutto per chi stava in alto. Un esempio per tutti: fra i due consoli romani, il plebeo poteva anche ritornare sconfitto, mentre il patrizio aveva l'obbligo di combattere fino alla fine e di non sopravvivere in nessun caso al suo esercito. Se il principio fosse stata le semplice prepotenza individuale o di classe, sarebbe avvenuto il contrario. Invece, conformemente all'etica eroica, a maggior diritti corrispondevano maggiori doveri, ad una posizione di preminenza nella società un obbligo a sacrificarvi anche il bene supremo. Allo stesso modo era considerato anche il sacrificio della donna: la sua obbedienza alla famiglia era la stessa dovuta dagli uomini (nessuno poteva "fare quello che gli pareva") e il suo subordinarsi al marito era del medesimo grado e della medesima dignità di quanto dovuto da quest'ultimo verso il capo del gruppo umano di appartenenza (come il soldato deve sacrificarsi senza poter scegliere il nemico, così la sposa deve spendersi senza poter scegliere secondo criteri eudeministici ed individuali). Se tutto ciò pare oggi aberrante e oppressivo, si seguano pure le nuove tendenze a voler essere tutti liberi, felici ed uguali, ma non si accusino gli uomini di oggi di voler perpetrare una presunta oppressione unilaterale che a ben guardare non era tale neanche per causa degli uomini di ieri. Se si vuol continuare il gioco anacronistico, ci sarebbe da spiegare quale interesse egoistico dell'uomo lo abbia spinto ad accogliere su di sè il dovere di morire in guerra salvando le donne, di offrire ad esse mantenimenti e protezioni (ancora oggi pretesi dal femminismo in maniera direttamente proporzionale a quanto questo blatera di diritti e dipinge il passato come sfruttamento della donna), di non approfittare di quanto potrebbe fare in natura (ovvero copulare con tutte disinteressandosi del destino loro e della prole). Si dia pure la libertà a tutti, ma non si attribuiscano agli uomini di oggi presunte colpe degli uomini di ieri, nè si continuino a pretendere per le donne antichi privilegi assieme ai moderni diritti. 3. Se anche fosse vera la tesi pseudostorica e pseudomorale del femminismo, voler infierire con ingiustizie, falsità e tirannie contro i nati maschi di oggi per atti che sarebbero stati o sarebbero commessi da loro simili in altri tempi e luoghi viola gravemente quei principi di diritti individuali che il femminismo stesso sostiene di difendere (nelle donne e in tutti). Delle due l'una: o, come ritiene la moderna dottrina dei diritti umani, gli uomini e le donne devono essere valutati esclusivamente per colpe e meriti individuali, e allora non rileva quanto gli appartenenti al medesimo gruppo umano (per sesso, etnia, lingua, cultura, classe sociale) fanno o hanno fatto di bene o di male (e in tal caso le vendette femministe violano i diritti universali dell'uomo) oppure, come riteneva la cultura del passato, esiste un legame fra individui appartenenti ad un medesimo gruppo umano che va al di là delle responsabilità individuali e tramanda meriti e colpe a tutti (generazione per generazione) in ogni tempo e luogo e allora da un lato non si capisce come tali gruppi debbano essere astrattamente "uomini" e "donne" (come se fossero speci indipendenti capaci non si sa come di tramandarsi culture e valori da generazione a generazione in modo autonomo) e non piuttosto le diverse famiglie, le diverse caste, le diverse razze, i diversi popoli concretamente esistiti o esistenti (che al contrario di "uomini" e "donne" hanno sì la capacità di perpetuarsi storicamente mantenendo una specifica visione del mondo e una specifica azione storica) e dall'altro si finisce per giustificare quanto nello stesso "patriarcato" (basato sui diritti non degli individui ma della famiglia come identità di sangue e spirito) è considerato "malefatta" (ovvero sacrificare libertà e diritti individuali per il gruppo d'appartenenza). Se chi si considera in qualche modo discendente di una certa famiglia, di una certa casta, di una certa razza, di un certo popolo potrebbe (al limite) prendere su di sè colpe e meriti dei suoi predecessori (poichè di essi porta il nome, il sangue, i beni e può proseguire l'azione storica), chi nasce uomo o donna non ha alcun legame specifico con uomini e donne del passato per il fatto di essere maschio o femmina. Nè storicamente nè biologicamente è possibile ritenere ciò. Ammesso e non concesso (come spiegato sopra) il passato sia "una schifezza", non erano gli uomini di oggi ad agirla e non erano le donne di oggi a subirla. Perchè dovrebbero le donne di oggi pretendere rivalse verso chi non ha agito per quanto esse non hanno subito? Quale etica è questa? 4. Anche volendo valutare secondo eudemonia e individualismo, il punto di partenza è, da parte della donna, un sentimento del mondo di prepotenza matriarcale secondo cui ella detiene per natura il fondamento sacrale di ogni valore (la propria sessualità) e prima di essere concesso deve dunque essere implorato o conquistato a prezzo di immani rischi, fatiche, sofferenze e a volte pure irrisioni, frustrazioni, umiliazioni, tirannie dall'uomo. Pari affermare implicitamente che la donna abbia diritto a mantenere quella naturale preminenza nelle sfere più rilevanti davanti alla natura, alla discendenza e alla felicità individuale, per compensare la quale l'uomo collettivamente aveva costruito le mirabili strutture dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società ingiustamente chiamate oppressione unilaterale (ma in realtà umano ed equo tentativo di bilanciare in influenza sul mondo a apprezzamento sociale ed amoroso quanto dato alle donne dalla natura, affinchè anche l'uomo abbia la stessa libertà di scelta e la stessa forza contrattuale delle donne nella realtà della vita al di là delle apparenza sociali) e individualmente ancora oggi tenta con lo studio, il lavoro, la posizione sociale, la cultura, il potere, la ricchezza, la fama, il successo, e quant'altro consegue al merito o alla fortuna individuali di bilanciare tutto ciò che alle donne è dato in desiderabilità e potere, dalle disparità naturali nell'amore sessuale e nella riproduzione e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri. Tutto ciò pone, al di là dell'apparenza egalitaria dei diritti formali, l'uomo in una condizione di subordinazione psichica, sessuale e quindi sociale nei confronti di colei dal cui gesto che consente o meno possono discendere il paradiso e l'inferno. Anche senza arrivare agli estremi, significa che qualsiasi donna (quando non vi è la bellezza, subentra l'illusione del disio), possiede un potere contrattuale e una desiderabilità amorosa, sociale, universale difficilmente compensabile senza il denaro dall'uomo e difficilmente conciliabile con un reale principio di uguaglianza fra i sessi! La donna gode già del privilegio di natura e quindi di cultura di essere universalmente mirata, amorosamente disiata e socialmente accettata da tutti e al primo sguardo di per sè, per la grazia, la leggiadria, la bellezza (quando non c'è vi supplisce l'illusione del desiderio), senza bisogno di mostrare obbligatoriamente altre doti, compiere forzatamente altre imprese o raggiungere per forza certe posizioni nella società (cui invece sono costretti i cavalieri, i quali senza ciò sono puro nulla, socialmente trasparenti e negletti dall'altro sesso). In termini di potere ha già il modo proprio (notato persino da Rousseau) di influire sulle cose e sugli uomini, all'interno di quei ruoli ad essa propri per natura e non cancellabili nemmeno dalla più misogina delle società (madre, sorella, amante, o anche solo amica/confidente) o comunque in ogni rapporto umano non banale (in cui l'influenza della donna sull'uomo è molto maggiore di quella inversa), grazie al poter agire su quanto negli uomini vi è di più profondo e irrazionale. Ricchezze e poteri sono i mezzi con cui l'uomo bilancia (in desiderabilità personale e influenza reale sul mondo) quanto alle donne è dato per natura dalle disparità di desideri nell'amore sessuale e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri (e quindi a plasmare un'anima pur mo' nata, a intuire bisogni e desideri prima anche siano espressi, a prevedere nell'infante comportamenti sociali e tendenze naturali, a siglare per prima la pagina bianca dell'infanzia dell'uomo, a influenzare quanto poi sarà la sua intima personalità). Non possono essere tolti da chi ne ha bisogno per compensare per essere dati a chi li può usare in aggiunta ad altre armi. Sono disposto a combattere per impedire questo. I limiti sono necessari per tutti se si vuole una forma. E una forma sana di civiltà e di vita si regge su un'armonia di equilibri e compensazioni. Dobbiamo smettere di fare il gioco di chi, prima, ci ha convinti, con favole egalitarie e distorsioni moralistiche e anacronistiche della storia (consistenti nel valutare con i parametri eudemonici e individualisti di oggi le ragioni del mondo anagogico e comunitario di ieri, nel quale gli uomini non avevano affatto la libertà di fare di tutto, ma il dovere di sacrificarsi nel proprio ruolo, esattamente come le donne), a smantellare tutte quelle mirabili strutture (dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società), edificate nei millenni dai più forti, dai più saggi, dai più geniali e dai più coraggiosi epigoni maschili (dei grandi popoli indoeuropei fondatori di città e civiltà grazie ai loro valori virili e aristocratici) proprio al fine di permettere agli uomini di compensare tutto quanto in desiderabilità e potere è dato alle donne per natura (dalle disparità di desideri e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madre) e poi, senza più limiti nè remore nè regole, fa uso delle proprie armi naturali per raggiungere (sempre dietro il paravento della "parità" formale) un'incontrastata preminenza nelle sfere più rilevanti davanti alla natura, alla discendenza e alla felicità individuale (aiutata in questo peraltro da leggi applicate a senso unico contro ogni etica, ogni natura e ogni diritto, come nel caso di aborto, divorzio e violenza sessuale). Socialmente, quanto la loro parola menzognera appella spesso "maschilismo", è semplice autodifesa maschile, necessaria, non già per opprimere (ché non è l'obiettivo dei savi) bensì per limitare i loro soprusi e le loro angherie prepotenti (storicamente è la reazione alla prepotenza del Matriarcato). Del resto basta guardare alle società matriarcali già presenti in natura, dalle api agli elefanti, per rendersi conto di quanto infinitamente infelice sia in esse la vita del maschio. Il grado di coscienza proprio dell'essere umano la renderebbe poi intollerabile. Erra chi pensa la femmina della specie umana essere men crudele o addirittura (fatto impossibile in natura) più comprensive ed inclini al compromesso o alla pietà. Il fatto che la donna non sia affatto portata per natura alla mediazione ed alla conciliazione, bensì al litigo, alla tirannia e al trarre le estreme conseguenze dai propri privilegi è data dal loro orinario comportamento laddove godono di privilegio per natura e ordine sociale: il CORTEGGIAMENTO Basti pensare a come struttano il nostro desiderio di natura per farci recitare da giullare o da seduttore, a seconda che vogliano divertirsi o che bramino compiacere la propria vanagloria, o, come avviene spesso con quelle che si ritengono dame corteggiate, per spingerci a far da "cavalier servente" disposto a priori ad affrontare rischi e sacrifici degni, come diceva Ovidio nell'ars amandi, delle campagne militari, a sopportare, insomma, rinunce e privazioni, per non ricevere in cambio nulla se non la sola speranza. Sovente poi esse traggono le estreme conseguenze dai loro privilegi, senza trattenimento di regola morale alcuna o di remora razionale. Basti pensare a come molte, oggi come sempre, sfruttino il loro privilegio sociale per potersi permettere di tutto (dall'essere apprezzate e disiate al primo sguardo al ricevere trattamenti particolari in ogni ambito pubblico, dal venir considerate "rare e preziose" e dunque ricevere attenzione per quanto possono provare o sentire mentre gli stessi sentimenti e le stesse eventuali ferite emotive sono neglette quando capitano agli altri, al potersi permettere comportamenti di ogni genere, sanzionati o vituperati negli altri, solo per il loro "status", "in quanto donne", dallo sfruttare la legge giuridica e convenzionale per far accettare come vera la propria versione dei fatti e minacciare denunce per capriccio, vendetta o ricatto all'utilizzare senza giustizia alcuna le regole economico-sociali per sbranare economicamente e sentimentalmente gli uomini, nei matrimoni, nelle unioni o anche solo nei dai capricci materiali di doni e regali considerati d'obbligo per avere contatti con loro alle varie molestie erotico-sentimentali spesso elargite con noncuranza o addirittura perfidia, e divenute modus vivendi, ad onta dei disagi emotivi, delle umiliazioni private o pubbliche, delle irrisioni intime nel desiderio, e di tutte le altre sofferenze trasmutate da sessuali ad esistenziali causate a chi, volente o nolente ne è oggetto senza possibilità di replica o di difesa) senza dover temere le reazioni e senza dare in cambio nulla, né giustificazione, né ringraziamenti, se non alterigia e disprezzo. Non oso pensare che sarebbe (e che cosa effettivamente era nelle società matriarcali) se tale posizione di preminenza (nella sfera diciamo "erotico-sentimentale") non fosse più compensata dall'uomo in altre sfere con la fama, col prestigio, col denaro, col potere, con la cultura, e con tutto quanto ogni uomo savio si sforza di ottenere al massimo grado per essere ammirato e disiato allo stesso modo in cui la donna lo è per le grazie corporali. Molti e molte nascondono volutamente questo fatto, parlano di presenti discriminazioni e di necessarie educazioni alla parità. Si può anche essere educati alla parità, ma la disparità naturale provoca intime e profonde sofferenze di per sé, gravi e verissime infelicità se si è autocoscienti, e diviene fonte di reiterate umiliazioni e di continue frustrazioni se è guidata da un intelletto raffinato come quello femminile. L'evidenza di questo si mostra manifestamente in quella condizione di uguaglianza fra uomini, in quella specie di stato "di natura" che è il periodo scolastico, nel quale nulla è dato al giovane maschio, ancora privo di posizioni sociale e ricchezze, per compensare la invece già rigogliosa bellezza muliebre. Le giovin ragazze fanno ivi sovente un uso della propria avvenenza (o, a volte, dell'illusione del desiderio che fa vedere e bramare all'uomo la bellezza anche dove essa non v'è) ancora più malvagio e tirannico di quanto la già di per sé malvagia maggioranza dei maschi (almeno i cinque sesti del genere) non faccia della propria forza fisica e prepotenza (verso il restante sesto che detiene il senno e studia ed è deriso). Tiranne vanaglorios e vanitose prepotenti, ecco cosa sono! Non è vero, come sostengono le donne per giustificarsi, che la loro cattiveria sia reazione al maschilismo, ma, al contrario, è il maschiismo l'umana e pacata reazione (umana perché anche le donne reagirebbero, e molto più veementi, assolutiste e perfide, alla situazione inversa) alla tirannia che le donne in ogni modo e in ogni tempo cercano di imporre. Si può giocare all'infinito a ribaltare la causa con l'effetto ("é nato prima l'uovo o la gallina"?), ma è d'uopo considerare quanto segue (Non ha senso citare al forza fisica dell’uomo come causa prima fra gli umani. Innanzitutto essa non decide sulla superiorità di un gruppo su un altro dai tempi dell’Uomo di Neanderthal, che era più forte ma è stato eliminato. In secondo luogo essa, pur cercando di essere una compensazione alla più profonda e sottile perfidia naturale della donna, non è mai pari negli effetti. La forza fisica da sola non pareggia la perfidia. Inoltre, allo stato di natura (come l'etologia può osservare in innumerevoli speci) la forza fisica dei maschi non si volge mai contro la femmina, bensì contro altri maschi in combattimenti aventi la femmina per causa e per fine (addirittura le cagne usano astuti stratagemmi per indurre i loro "compagni" a combattere con un altro cane, anche quando questi sarebbero restii ma devono farlo per "etica", e compiacersi così del proprio "valore" e del proprio "potere"). E' dunque, la forza meramente fisica, solo una delle ennesime qualità che la femmina pretende per concedersi. E' quindi ancora una volta espressione del potere femminile, non di quello maschile. Quindi non è vero che le donne sono perfide per difendersi dalla forza fisica, ma piuttosto che gli uomini hanno costruito il "maschilismo" (inteso come insieme di forze non meramente fisiche, ma intellettive, etico-spirituali, nonchè tecnologiche), per pareggiare, non tanto con la forza fisica quanto con la cultura e la società, la naturale perfidia femminile. Non vi sono stupri allo stato di natura e raramente un uomo stupra da solo, per mero istinto naturale: più spesso in branco. Questo dimostra che il potere naturale della donna, basato sulla sessualità, rispetto a quello dell’uomo, basato sulla forza, è superiore e non vi sarebbe bisogno per lei di “cattiveria” per difendersi. L’uomo pareggia questo potere con l’organizzazione sociale, la cultura e lo spirito, ossia la creazione di un superio che nasce dalle singole anime e da esse si eleva ad un’oggettività superiore.). Essendo il potere delle donne fondato sulla natura e sugli istinti ad essa correlati, ed essendo quello degli uomini invece fondato sull'arte (intesa in senso lato come ciò che è opera delle mani dell'uomo) sulla parola, sulle costruzioni culturali, sociali e poetiche si deve concludere essere il secondo una limitazione del primo e non viceversa, giacché Costruzioni dell'intelletto umano sono successive allo stato di natura (Il desiderio sessuale e il suo sfruttamento a fini femminili sono preesistenti alla maggiore forza fisica del maschio umano rispetto alla femmina, tanto che in natura vi sono molte specie in cui è la femmina a divorare il maschio e mai viceversa. Inoltre il potere conferito dal suscitare desiderio sessuale è superiore a quello dato dalla forza fisica, poiché una volta che si ha il controllo della volontà che governa quella forza essa non può nuocere. Ciò è dimostrato anche dal fatto che presso gli umani le società matriarcali abbiano preceduto quelle patriarcali, ad onta del fatto che l’uomo fosse già fisicamente più forte della donna e a scorno delle tesi femministe su una perfidia suppositamente data dalla reazione alla prepotenza fisica. Quindi risulta assolutamente errato introdurre la presunta superiorità fisica del maschio per tentare di invertire l’ordine temporale di questi fatti: la realtà è questa, il maschilismo è reazione pacata alla prepotenza della femmina). 5. Se le femministe trovano giusto perpretrare ingiustizie contro uomini innocenti colpevoli solo del loro sesso, per fatti compiuti in altri tempi e luoghi non da loro, ma da loro simili, allora qualche uomo potrebbe trovare le presunte discriminazioni come autodifesa da una perenne perfidia femminea. Almeno si potrebbe rilevare che mentre la deprecata civiltà dell'uomo ha saputo edificare, assieme alla tecnologia e alla scienza, principi del diritto come la presunzione di innocenza, la responsabilità penale personale, il femminismo sta distruggendo ogni ragione ed ogni diritto, ogni etica ed ogni logica. Per prediligere mille colpevoli liberi ad un solo innocente in galera, vi è un motivo logico ed uno etico. Quello logico dipende dal fatto che, come insegna Popper, mentre è sempre possibile mostrare l'esistenza di quanto è, non sempre risulta possibile dimostrare la non esistenza di quanto non è (come si farebbe a dimostrare di non aver visto i fantasmi, di non essere stati sulla luna con l'ippogrifo, di non aver operato fatture?). Quello etico discende dalla natura stessa dello stato, istituito per proteggere i cittadini dalla violenza e dall'ingiustizia. Quando, nonostante l'impegno degli inquirenti e dei giudici, non è possibile punire un colpevole (per mancanza di prove o per mancata individuazione), resta il reato impunito commesso da un criminale, ma non ne viene commesso un altro (e l'effetto deterrente resta verso gli altri, perchè, non esistendo il delitto perfetto nessuno può sapere a priori se, commettendo il crimine, si troveranno o meno prove).Quando invece un innocente viene incarcerato ingiustamente, si ha un nuovo crimine (la privazione della libertà) commesso ex-novo dallo stato stesso (il quale finisce per agire in prima persona quell'ingiustizia da cui dovrebbe proteggere). Poichè lo stato non può agire contro la propria natura (che è quella di ragionare ex-summo malo, non supponendo a priori tutti gli uomini buoni e giusti, ma agendo per proteggere i cittadini anche nel caso incontrino le persone più violente o più false della terra), non può accettare il rischio di incarcerare un innocente. Per questo, come per proteggere i cittadini dalle persone più malvagie e violente rende reato il furto, la rapina, l'omicidio, lo stupro, così, per difendere tutti dalle persone più false e perfide, impone di provare ogni accusa. Sono poi la ragione e il diritto a volere la responsabilità penale personale. Come può essere conforme a ragione considerare colpevole di presunte ingiustizie passate chi all'epoca dei fatti non era manco nato? Come può essere conforme a diritto perpretrare ingiustizie contro uomini innocenti colpevoli solo del loro sesso per fatti compiuti in altri tempi e luoghi non da loro, ma da loro simili? 6. Solo le donne pretendono di fare le battaglie rimanendo intoccabili. Se mi trascinano in guerra per impormi un modello di società che aborro devono accettare che io usi tutte le forze fisiche e mentali di cui dispongo per contrastarle. Non hanno alcun diritto a chiamare "crimini" violenze e omicidi nei loro confronti: si tratta, una volta che esse hanno dichiarato guerra a noi, al nostro mondo, alla nostra sensibilità, alla nostra natura, di ovvie conseguenze dell'agone della lotta. Nella lotta ognuno usa le armi che ha. Se le donne non si vergognano anzi si vantano di usare senza limiti remore nè regole le armi femminili (perfidia sessuale, tirannia erotica, raggiro sociale, ricatto psicologico, veleno sentimentale, follia amorosa) perchè io dovrei avere sensi di colpa nell'impiegare quelle maschili (abbondanza di forze fisiche e mentali, per dare una forma al substrato informe femmineo ed ordinarlo socialmente all'interno di un mondo retto da valori virili e aristocratici, e affermato tramite la tecnologia)? Se le armi di cui la natura le ha dotata in ipercompensazione della presunta debolezza fisica (il veleno amoroso, l'illusione dei sensi, la prepotenza sessuale, la tirannia vanagloriosa, l'intrigo erotico-sentimentale, la falsità, il raggiro, la violenza psicologica, lo sfruttamento cosciente di desideri, sentimenti e persone, l'uso strumentale di leggi e costumi, il vittimismo) non hanno freni nè compensazioni anzi sono incoraggiata da leggi femministe e costumi cavallereschi fino a permettere impunemente ad ogni donna di ridurre ogni uomo alla figura dell'esule ottocentesco privato di famiglia, casa, roba, allontanato dai figli, dalla patria, dagli averi e dagli affetti, a volte pure imprigionato (con accuse false o strumentali prese per vere dall'assurdo ragionamento probatorio permesso da stupidità cavalleresca e demagogia femminista, che danno alla parola della donna il potere non solo di definire a posteriori e secondo i propri soggettivi parametri il confine fra lecito e illecito, ma di valere pure come fonte di prova anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza/molestia, per non dire dell'assoluta asimmetria con cui quanto urta la particolare sensibilità femminile -atti, detti, sguardi o toccate- viene considerato offensivo, punito dalla legge e giustificante la vendetta più ampia, crudele, dolorosa e soggettiva da parte della donna e quanto invece ferisce - in maniera spesso assai più grave, come si può oggettivamente rilevare dal numero di suicidi cagionati da una donna o, senza arrivare agli estremi, dalla diffusione fra i maschi di problemi come l'anoressia sessuale o il precoce bisogno di prostitute- l'altrettanto particolare -e non già inesistente- sensibilità maschile -ad esempio il comportamento intriso di stronzaggine, divenuto regola nelle femmine moderne, anche quando non usano le mani, e spesso motivato da prepotenza, vanagloria, necessità di autostima o sadismo o comunque volontà di provocare sofferenza emotiva- è reputato trascurabile, non penalmente rilevante, appartenente alla normalità, alla tollerabilità o comunque al "diritto della donna" e non provocante in sé offesa o umiliazione, anche se è quanto l'uomo prova, di fronte a sé o agli altri, quanto sente come intima ferita nella sessualità e può provocargli traumi, blocchi psicologico e metterlo a disagio emotivo, momentaneo e poi esistenziale) o comunque costretto a subire processi e a dare risarcimenti, allora la risposta che il femminismo chiama "stupro" non è un crimine, ma una sana brutalità necessaria a contrastare menzogna e perfidia (e a mettere finalmente in ginocchio un tipo particolare di femmina ingannatrice e corruttrice). Anche da un punto di vista morale ciò è formalmente giusto. Bisogna soprattutto vedere se l'accusatrice è una innocente fanciulla vittima di una unilaterale, improvvisa e immotivata violenza oppure una stronza che per costume si diletta a suscitare ad arte il disio per poi compiacersi della sua negazione (e di come questa, resa da una scientifica e pianitifaca perfidia massimamente beffarda per il disio, umiliante per l'animo e dolorosa per il corpo e la psiche dei malcapitati, possa provocare le pene dell'inferno della privazione dopo le promesse del paradiso della concessione) e non mostra nè limiti nè remore nè regole nel divertirsi sadicamente secondo il suo costume consistente nell'utilizzare (per vanità, capriccio, patologico bisogno di autostima, interesse economico-sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica) l'arma erotica al fine di ferire la psiche di qualunque uomo le capiti a tiro. Se infatti la donna per prima ha attratto ad arte e finto di accettare l'interessamento, come può poi pretendere che l'uomo interpreti univocamente i successivi dinieghi come rifiuto sincero e non piuttosto come prova del reale grado di interessamento da parte sua (giacchè anche in base a quanto un uomo è disposto a tentare, insistere e resistere innanzi ai dinieghi della donna questa misura la propria avvenenza, il grado di interesse dell'uomo e decide se concedersi o meno)? Se si è dilettata a suscitare ad arte il disio per poi compiacersi della sua negazione (e del trauma che un rifiuto, reso intenzionalmente il più crudele, beffardo e umiliante possibile, verso chi è stato scelto fra tanti. e indotto con ogni mezzo a farsi avanti solo per essere sottoposto alla pena dell'inferno dopo la promessa di concessione del paradiso, genera nelle sessualità più fragili e nelle menti più sensibili) perchè dovrebbe poi vedere come fatto grave e "senza scuse" la decisione dell'uomo di non trattenersi nella frustrazione? Ammesso e non concesso sia umanamente possibile trattenersi in certi frangenti d'ebrietà alcolica o sessuale, perchè mai dovrebbe essere preteso come obbligo tale sforzo? Perchè un uomo dovrebbe accettare di soffrire per non ferire nella sessualità chi lo ha intenzionalmente ferito con le armi della sessualità stessa? Perchè chi si è visto infliggere dalle armi della bellezza, dell'attrazione e dell'inganno tensione emotiva, ferimento intimo, derisione e disprezzo nel profondo naturale di sè, irrisione al disio, senso di nullità, umiliazione pubblica e privata, sofferenza fisica e mentale, addirittura inappagamento fino all'ossessione e se reiterato disagio da sessuale ad esistenziale (con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale alla perdita di ogni altro interesse per la vita e di ogni residua speranza di felicità, fino al possibile suicidio, passando per l'incapacità futura di sorridere ancora alla vita e al sesso o di poter approcciare una donna senza sentirla come potenziale fonte di ferimenti, inganni, tirannie e perfidia d'ogni sorta), non dovrebbe reagire cercando con le proprie armi di infliggere alla controparte un trauma sempre nella sfera sessuale di gravità pari o superiore? Quando ero giovane tentavo anche di vedere le donne sempre come gemme rare e preziose da difendere e proteggere ad ogni costo e lo stupro come peggiore delle violenze. Poi, dopo essere stato trattato con sufficienza se non con aperto disprezzo non da miss italia, ma da donne di bellezza men che mediocre, dopo aver sperimentato quanto illusorie siano le credenze sull'anima gemella con cui dialogare come il poeta alla luce della luna confidando i teneri sensi, i tristi e cari moti del cor, la ricordanza acerba, dopo aver toccato con mano l'esistenza di donne il unico scopo esistenziale pare quello di suscitare ad arte il desiderio per poi compiacersi della sua negazione e infliggere così tensioni psicologiche, ferimenti intimi, sofferenze emotive, irrisioni al disio, umiliazioni pubbliche o private, dolori d'ogni sorta nel corpo e nella psiche, inappagamenti fisici e mentali fino all'ossessione e disagio da sessuale ad esistenziale, al solo fine della propria vanagloria, del proprio patologico bisogno d'autostima, del proprio sadico diletto, del proprio interesse economico-sentimentale o del proprio gratuito sfoggio di preminenza erotica, dopo averle viste trattare l'uomo come uno specchio su cui testare la propria avvenenza, un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto, un giullare da far impazzire e illudere per crudele scherno e poi deludere, un burattino da manovrare per divertimento e poi gettare a piacere dopo averlo irriso, e averle addirittura sentito affermare esplicitamente il loro ruolo essere quello di usare l'illusione della bellezza come arma per far patire gli uomini fisicamente e mentalmente, per tenerli ad arte nell'inappagamento corporale e psicologico, per farli sentire un nulla innanzi a loro, per tiranneggiarli in ogni ambito, per rendere la loro vita un susseguirsi di irrisioni d'ogni sorta, di umiliazioni private e pubbliche e di frustrazioni sempiterne d'ogni disio, per gettarli in un abisso di pene da inferno dopo aver promesso il paradiso, per rendere loro impossibile vivere la sessualità in maniera tranquilla e appagante, e far dimenticare il sorriso e la libertà dei giorni in cui ancora non si amava, per togliere ad essi ogni altro interesse per la vita ed ogni residua speranza di gioia, e il ruolo dell'uomo dover essere quello di accettare sorridendo senza fiatare tutto questo e tutto faticare, tutto offrire, tutto soffrire per loro nella vana speranza, dopo aver visto coetanei indotti non solo alla depressione, ma persino al suicidio dalle donne dalla cui bellezza e dal cui veleno sentimentale sono stati intenzionalmente illusi e morsi, ho lasciato perdere ogni prospettiva cavalleresca, ho cambiato idea, ed ora credo nella pariteticità degli stupri compiuti dai bruti con la forza e di quelli compiuti dalle donne con la perfidia. Non è accettabile venga stabilito un diritto per le donne a fare le stronze, poichè per gli uomini (che non valgono umanamente certo di meno e non sono affatto meno sensibili nonostante le apparenze contrarie cui sono stati costretti ed educati nel corso dei secoli dalla società "cavalleresca" e dalle donne) l'essere ridotti a freddo specchio su cui provare l'avvenenza, a pezzi di legno innanzi a cui permettersi di tutto, a burattini da manovrare e poi gettare dopo averlo irriso, il sentirsi insignificanti innanzi a colei che tutti vogliono e tutto può, l'essere attirati solo per esser fatti apparire innanzi a sè e agli altri puro nulla, l'esser trattati come molesti, noiosi o privi di qualità dopo essere stati attratti ad arte, l'esser additati come banali scocciatori dopo essere stati indotti a tentare un approccio, il subire sofferenze fisiche o mentali come conseguenza dell'ingenuo trasporto verso la bellezza, o addirittura il venire scelti fra tanti solo per patire l'inganno più forte, l'illusione più dolorosa, l'umiliazione più profonda, l'esser sollevati per un attimo dalla turba dei disianti, l'essere ingannati da una promessa di paradiso e poi venire sadicamente dichiarati indegni, stupidi e dannati, gettati nell'abisso più profondo della frustrazione sempiterda d'ogni disio, nell'inferno dei patimenti fisici e mentali, nel girone dei senza speranza delle cui pene ridere, e, se l'inganno va anche oltre, l'essere oggetto di perfidie sessuali, tirannie erotiche e sbranamenti economico-sentimentali, provoca almeno alla lunga nella psiche danni paragonabili a quelli subito da chi per un trauma sessuale non può più vivere quella sfera serenamente e felicemente. Anche volendo sorvolare su come certi "comporatmenti da animali" e certe "violenze senza scuse" possano interpretarsi come brutali ma legittime reazioni umane alla stronzaggine femminile**, e limitandoci a casi oggettivamente assai meno gravi, le donne moderne si mostrano come incoerenti quando allargano la definizione di violenza per porsi fra le "vittime innocenti". Prima affermano come diritto un costume consistente nell'andare per via, per discoteche o per uffici, mostrando liberamente le proprie grazie e suscitando sempre, comunque ed ovunque, negli astanti, un disio che non possono, almeno in quei frangenti, appagare e quindi sono causa di frustrazione (e di potenziale degenerazione in ferimento intimo, irrisione al disio, senso di nullità, umiliazione pubblica e privata, se la dama di turno si diletta ad usare tutte le sue arti per attirare chi vuole respingere, per suscitare in lui, attraverso quanto mostrato agli occhi della vista e a quelli dell'immaginazione, attraverso gli sguardi eloquenti, le parole dette e non dette, le movenze del corpo, gli ammiccamenti del viso e tutte le possibili ambiguità sensuali, il disio nel profondo solo per potersi appagare della sua negazione davanti a sè e al mondo, in inappagamento fisico e mentale degenerante in ossessione, se ciò viene troppo spesso reiterato, in sofferenza fisica e mentale, se una raffinata e studiata perfidia si compiace di prolungare e rendere massimamente beffarda, umiliante e dolorosa possibile la pena dell'inferno della negazione dopo il paradiso della concessione, o addirittura, se anche il veleno sentimentale entra nel gioco, in disagio da sessuale ad esistenziale, con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale alla perdita di ogni altro interesse per la vita e di ogni residua speranza di felicità, fino al possibile suicidio, passando per l'incapacità futura di sorridere ancora alla vita e al sesso o di poter approcciare una donna senza sentirla come potenziale fonte di ferimenti, inganni, tirannie e perfidia d'ogni sorta: ecco perchè sin da principio non si dovrebbe transigere su certi comportamenti "emancipati" e "disinibiti", altro che moralismo o "caccia alle streghe") e poi si lamentano se qualcuno in maniera più o meno implicita o esplicita, più o meno maldestra o poetica, più o meno coinvolgente le mani o l'intelletto, più o meno volgare o raffinata, tende verso di loro con ingenuo trasporto per la bellezza e cerca di carpirne i favori. Inaccettabile! Le leggi rilevano sistematicamente e puniscono duramente lo stupro (a volte anche senza o anche prima che l'effettiva gravià e l'effettiva realtà della presunta violenza sia chiaramente dimostrata ed oggettivamente rilevata nei fatti), ma con altrettante sistematicità e durezza non è invece punita la denuncia falsa o esagerata ad arte (sebbene il crimine sia parimenti mostruoso: il subire l'accusa ingiusta, la pubblica gogna, le violenze fisiche e psicologiche del carcere, il sentire da innocenti il mondo intero, spesso amici e conocenti compresi, come nemico implacabile pronto solo a distruggere senza sentire ragioni, il non riuscire ad essere ascolati e il venir bollati a priori degni del riso o del disprezzo, il non avere nessuno al di fuori forse dei famigliari disposto a credere alla verità vissuta e il subire un lungo processo o una lunga detenzione costituscono uno stupro psicologico non certo meno grave di quello fisico e capace di infliggere alla vita, alla mente, all'animo e alla residua speranza di felicità e tranquillità nella sfera quotidiana e in quella sessuale danni paragonabili a quelli subiti dalle donne realmente violentate) Per una pacca sul sedere si prendono ormai anni di carcere, mentre per quelle toccate che con mezzi diversi dalle mani e capaci di violare e molestare la sessualità in maniera molto più profonda, le ragazze si permettono sui coetanei (provocando ferimenti molto più gravi alla psiche, facendo le stronze *** (infliggendo irrisione al disio, ferimento intimo, umiliazione pubblica e privata, sofferenze infernali del corpo e della psiche, inappagamento fisico e mentale degenerante se continuato in ossessione, o comunque in problemi a lungo termine, dall'anoressia sessuale all'incapacità di approcciarsi alle ragazze o anche solo di sorridere alla vita e al sesso o addirittura disagio da sessuale ad esistenziale, conducente a volte persino al suicidio) non vi è alcuna figura di reato. Vergognoso non sono io che sostengo ad ogni azione poter corrispondere una reazione uguale e contraria, vergognose siete voi che pretendete per voi sole il diritto a colpire nel sesso senza essere in esso colpite, a ferire la psiche senza subire il rischio di ferimenti, ad infliggere (per capriccio, vanità, interesse economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica) traumi tramite la sfera emotiva, fisica e mentale implicita nella sessualità senza dover accettare di poter subire dalle vostre vittime un trauma pari o superiore nelle medesime sfere. A posteriori, vorrei che le "schifezze" di cui si accusano gli uomini fossero state vere. Se le donne sono da sempre stronze come le femminil-femministe di oggi si sarebbe trattato di mera legittima difesa maschile. E dirò di più. I loro discorsi, per la sfacciataggine del mentire (negando la realtà effettuale ben conosciuta dalle stesse) o per la perfidia dell'argomentare (usando argomenti logicamente favorevoli agli uomini come fossero a sostegno delle donne: vedi il caso dei falsi stupri qui ammessi ma ritenuti "giusti") dimostrano come alle donne dovrebbe essere precluso qualsiasi ruolo nella vita pubblica in generale e nella legge in particolare (conforme alla volontà dei grandi popoli indoarii fondatori di città e civiltà con i loro valori virili e aristocratici). 7. Le donne che ritengono giusto un sistema tale da permettere a qualsiasi donna di usare l'accusa falsa, strumentale o esagerata ad arte per mandare in galera (e quindi alla gogna mediatica e sociale, con la vita oggettivamente rovinata per sempre sotto ogni punto di vista sentimentale, economico, morale e relazionare, nonchè con la psiche e a volte anche il corpo segnati indelebilmente dall'esperienza del carcere, con tutto quanto consegue secondo il codice barbarico dei carcerati per gli accusati di violenza sulle donne, ma anche secondo la mentalità politicamente corretta per cui mettere in dubbio la parola di una donna è già prova di colpa e "seconda violenza" e quindi la terribile sensazione di chi è accuasato sapendosi innocente è simile a quella di una vittima della santa inquisizione) a capriccio uomini innocenti (anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta "violenza") meritano una violenza vera, totale e totalizzante. Le donne che affermano come corretto un sistema legale tale da poter ridurre in qualsiasi momento (e senza prove) la vita di un uomo a quella dell'esule ottocentesco privato famiglia, casa, roba, figli, di ogni ricchezza materiale e morale, di ogni rispettabilità sociale, di ogni possibilità economica e psicologica di rifarsi una vita, di ogni interesse residuo per il mondo e di ogni futura speranza di felicità, quando non della libertà e della saluta con accuse ingiuste e carcere preventivo, meritano di vedersi strappati i figli, anzi, di ricevere colpi alle ovaie tali da renderne non più in grado di fare più figli. Quindi il mio proclama è: trovate chi si nasconde dietro i nick di Vostra Grazia e Serena, fate loro patire violenza e sterilità.

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