La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Cumartesi, Ekim 20, 2007

CAPORETTO (quarto episodio)
















Poiché, come ben illustrato ieri, Cadorna valutava l'importanza dell'offensiva nemica sull'Isonzo sulla base dei preparativi per la (per lui necessaria) offensiva contemporanea in Trentino, fino al 19 ottobre aveva voluto essere presente sul fronte della Prima Armata a controllare di persona la disposizione delle truppe italiane e l'attività di quelle nemiche. Non voleva trovarsi impreparato nel prevedere un'offensiva contemporanea sui due fronti che avrebbe potuto essere decisiva e non voleva che, come avvenuto nella primavera del 1916 con il generale Brusati, il comandante della Prima Armata tralasciasse di eseguire diligentemente gli ordini del comando supremo con conseguenze pesanti per la difesa. Il tralasciare l'eventualità di un'attacco decisivo austriaco e tedesco sferrato solo dall'Isonzo senza il concorso delle truppe austriache sul trentino si rivelò nefasto, poiché, mentre controllava che la Prima Armata fosse pronta a reggere e mentre teneva d'occhio il nemico su quel fronte, non si era potuto accorgere che la Seconda Armata, come spiegato nei precedenti episodi, aveva quasi del tutto trascurato fino a quel tempo le sue indicazioni sulla disposizione delle truppe, lo schieramento delle artiglierie ed il grado di urgenza dei lavori, e che sull'ala sinistra di essa il nemico era ormai pronto (a giorni) ad attaccare con un'armata forte di 15 divisioni contro le sole 3 del IV Corpo d'Armata e la sola del XXVII che fosse alla destra dell'Isonzo. Tornato da Vicenza al comando di Udine proprio ieri, 19 ottobre, chiamò subito il generale Capello, chiarendogli esplicitamente come nessuna grande contro-offensiva generale d'armata fosse ormai possibile e vantaggiosa contro uno schieramento nemico ormai fortissimo, e come tutto dovesse concentrarsi sulla difesa, sia pure, per essere efficiente, una difesa "attiva". I termini erano precisi e, sia pure con tono di cortesia e rispetto per la figura di Capello, stringenti e perentori:
"Il disegno di V. E. di contrapporre all'attacco nemico una controffensiva di grandissimo stile è reso inattuabile dalla presente situazione della forza presso le unità di fanteria e dalla gravissima penuria di complementi. V. E. conosce l'una e l'altra e sa che per questo appunto ho dovuto, con grande rammarico, rinunciare alla seconda fase della nostra offensiva (quella fermata alla Bainsizza), fase che si delineava promettente di fecondi risultati. Ciò posto è necessario di ricondurre lo sviluppo del principio controffensivo, base di ogni difesa efficace, entro i reali confini che le forze disponibili ci consentono. Il progetto della grande offensiva di armata ad obiettivi lontani deve essere abbandonato; esso ci condurrebbe in sostanza a sviluppare una grande offensiva di riflesso non meno costosa di quella seconda fase alla quale già abbiamo rinunciato.
Troveranno posto, invece, nel quadro d'una tenace difesa attiva, risoluti contrattacchi, condotti da truppe appositamente preparate ed ispirati a quel concetto dell'attanagliamento ben delineato dell'E. V., ma con carattere locale, contenuti, cioè, entro il raggio tattico, per mantenere la difesa nei limiti dell'indispensabile economia.
Per tutte le esigenze di una siffatta difesa i 338 battaglioni di cui l'Armata dispone debbono largamente bastare. Quanto alle artiglierie [...] i 2.500 pezzi di piccolo, medio e grosso calibro e le 1.134 bombarde di cui dispone l'Armata debbono essere sufficienti per provvedere in modo completo a tutte le esigenze di un solidissimo schieramento di difesa ad oltranza.
Ai suesposti concetti V.E. vorrà pertanto informare le nuove direttive da impartire ai comandi di Corpo d'Armata dipendenti e le varianti alle direttive precedentemente emanate, e di tali nuove disposizioni gradirò avere conoscenza al più presto".
In verità Capello non emise poi alcuna modifica e alcuna circolare per correggere o smentire gli ordini precedenti, proprio perché, come visto, ieri, non aveva preparato nulla né per una contro-offensiva immediata né per una più ampia e generale da sferrare in un secondo momento. Quanto al resto, ossia alla debolezza dell'ala sinistra dell'armata, cercò di correre parzialmente ai ripari attribuendo, come anticipato ieri, al IV Corpo di Cavaciocchi i rinforzi richiesti, e schierando il VII Corpo d'Armata in posizione arretrata, dietro alla destra del IV ed alla sinistra XXVII, con il compito specifico di impedire al nemico di sboccare da Tolmino verso Cividale e la pianura, difendendo a oltranza la linea d'armata del Kolowrat. Ciò avrebbe funzionato supponendo che il IV e il XXVII tenessero le loro posizioni sulle lineeavanzate e di resistenza per gran parte del fronte loro assegnato, e in tal caso sarebbe servito a impedire che il nemico si infiltrasse (come spesso accade) nella congiunzione fra i due corpi sfruttando la congenita debolezza degli estremi e delle giunture fra grandi unità diverse. Nel caso però le linee di resistenza fossero state infrante, non vi era, alla data di oggi (20 ottonbre) nessuna riserva in grado di proteggere la linea d'armata alle spalle del IV Corpo, e in particolare divisioni o brigate in grado di raggiungere prontamente la Valle Uccea e la conca di Bergogna, per cui, nota sempre Faldelle "rimanevano scoperte le comunicazioni che dalla stretta di Saga e da Bergogna conducono a Tarcento e Nimis. A questa gravissima deficienza aveva in parte ovviato il Comando Supremo dislocando la 53° divisione con la brigata Potenza a Faedis e la brigata Vicenza a Cividale". Vale a dire che la Seconda Armata, la più forte dell'intero scheramento Italiano, non aveva allocato nessuna delle sue riserve a difendere la linea d'armata nel settore Plezzo-Tolmino (eccettuato come appena detto il tratto del Kolowrat) e di fatto non aveva truppe dietro il IV Corpo d'Armata in grado di intervenire celermente in caso di cedimento di questo.
Si è detto a tal proposito che Cadorna era rimasto senza riserve e senza truppe da dare a Capello. Ciò è falso già per il fatto che, in zona operazioni, vi erano ben cinque corpo d'armata di riserva, tre nel settore della seconda armata e due in quello della terza armata (di cui uno a disposizione dell'armata e uno del comando supremo), tutti al massimo della preparazione e degli armamenti, almeno nel limite entro cui potevano esserlo divisioni di fanteria con undici battaglie sulle spalle. Capello quindi aveva sì le riserve, ed anche ben nutrite e pronte a combattere, nella sua zona operazioni, ma le aveva dislocate molto male. Nessuna di queste, infatti, era sufficientemente a nord per raggiungere entro 30 chilometri di marcia Caporetto o entro cinquanta la (vitale per la sicurezza da nord dello schieramento italiano) stretta di Saga.Quanto alle riserve fuori dalla zona operazioni e a disposizione del Comando Supremo, queste ammontavano a ben sette corpi d'armata che avrebbero potuto già costituire una vera e propria armata di riserva. L'unica critica possibile dunque nei confronti di Cadorna non è quella di non avere sufficienti riserve per fronteggiare in nemico in caso di sfondamento, ma di non averle organizzate in un'armata. Anche questa critica però si mostra in fondo priva di senso. In primis, nessuno poteva prevedere alla data del 20 ottobre quanto non era accaduto mai in tre anni di guerra né sul fronte italiano né su quello francese, ossia la rottura del fronte (cosa avvenuta soltanto sul fronte orientale, in uno scenario totalmente diverso nel quale la vastità dei territiori e lunghezza delle frontiere erano talmente elevati da non potersi, come invence in Francia, Belgio e Italia, linee continue totalmente "ripiene" di truppe), e questa sarebbe stata l'unica occasione in cui sarebbe risultata utile un'armata di riserva.
In secondo luogo, era invece prevedibile, nella più pessimistica ipotesi, che il nemico avrebbe sfondato la linea avanzata e seriamente intaccato quella di resistenza. In tale caso la prudenza faceva suggerire tenere pronte le riserve per inviarle a protezione, più indietro, della linea di armata, nel caso il nemico avesse sfondato le altre, nonché di assegnarle ai settori del fronte che, durante lo svolgimento dell'attacco nemico, sarebbero via via apparsi più a rischio di cedimento. Questo era lo scenario pessimistico più plausibile, e pensiamo a quali sarebbero state le critiche al Cadorna se questi avesse costituito un'armata autonoma con le riserve nella piana friulana e non avesse avuto poi truppe con cui rafforzare la linea arretrata della seconda armata o da inviare a sostegno delle zone del fronte che ne avessero fatto richiesta o che ne avessero mostrato bisogno: sarebbe stato accusato di aver deliberatamente lasciato sfondare il nemico per affrontarlo in una battaglia campale di stampo napoleonico, rinunciando così al vantaggio naturale della difesa in una guerra di posizione.
Bene ha fatto Cadorna a tenere sette corpi d'armata in riserva e a non assegnarne altri (dopo il VII richieto da Capello il 17 ottobre) alla seconda armata, che con i suoi sei corpi d'armata schierati in linea (IV, XXVII, XXIV, II, VI e XVIII), e i suoi tre della riserva (VII, XIV, XXVIII), per un totale di venticinque divisioni, 353 battaglioni, 6198 cannoni, 725 bombarde, era di gran lunga l'unità più numerose e già così troppo "affollata" e macchinosa (aggiungere ulteriori corpi avrebbe rischiato davvero di rendere la seconda armata qualcosa di ingovernabile per la sua enormità) e aveva di per sé tutte le risorse per costituire riserve per proprio conto traendole dal proprio organico, e bene ha fatto a lasciarle libere di essere assegnate dove la necessità lo avrebbe richiesto, senza legarle assieme in una nuova armata. Qualcuno ha obiettato che si sarebbero potute radunare in un'armata ed inviare compatte nella zona dell'ala destra della 2° armata. Tale obiezione proviene da chi non ha idea di cosa fosse un'armata della grande guerra. Le armate di quel periodo, in tutti gli eserciti, non erano solo grandi insiemi di soldati, ma grandi dispiegamenti di soldati e servizi, dotati di strutture in grado di provvedere autonomamente a tutte le esigenze di sì grande unità e per questo bisognose di uno spazio proprio in cui stanziarsi. Non si potevano infilare in una zona già occupata da un'altra armata di linea senza far nascere un inestricabile groviglio di soldati, carriaggi, cannoni e comandi e una confusione deleteria, specie per un esercito schierato di fronte al nemico. E' vero che sul fronte occidentale, nelle Fiandre, si riuscì una volta ad inserire in linea un'intera armata, ma ciò avvenne solo perché la 5° inglese,che prima occupava la zona, era stata totalmente distrutta e perché il territorio circostante e retrosatante era una pianura dotata di una fitta ed efficiente rete di vie di comunicazione. La situazione era ben diversa sulle Alpi Giulie, ove prima il 20 ottobre la seconda armata era non solo intatta ma anche notevole in dimensione e armamenti e le uniche vie di comunicazione erano strette gole, rotabili o mulattiere. I tedeschi alla data di quel 20 ottobre erano sì riusciti a schierare sulla destra dell'Isonzo Armee di Boroevic (e a sinistra della Edelweiss da montagna che teneva la Carnia), la loro neocostituita 14° armata, ma intanto ci misero una quarantina di giorni abbondanti, e poi non dovevano dispiegarsi sul territorio per predisporre una difesa, ma dovevano solamente ammassarsi dietro le linee austriache già costituite e ben difese per prepararsi ad avanzare in colonna nel fondovalle. Il compito, pur gravoso, di incastrarsi così nello schieramento austriaco (fatto che comunque, in effetti, nonostante il successo travolgente iniziale dell'offensiva, provocherà poi non trascurabili problemi di caos e rifornimento, tanto che qualcuno attribuisce a ciò più che alla resistenza italiana sul Tagliamento e sul Piave la mancata vittoria decisiva degli austro-tedeschi nei primi di novembre) era comunque ben più agevole di quanto avrebbe dovuto fare una nuova armata italiana deputata alla difesa di fronte a loro.

Quanto di più si poteva fare con le riserve poteva invece essere fatto da Capello (come detto poco sopra) il quale mancò di costituire per tempo una linea d'armata completa e ben difesa (tentò di imbastirla ad avanzata incominciata, facendo affluire le riserve che aveva colpevolmente lasciato troppo a sud, ma con questo riuscì solo ad accrescere il bottino di prigionieri del nemico, poiché una cosa sono divisioni poste a difesa delle posizioni in tempo utile per riposarsi dal non banale lungo viaggio a piedi di spostamento, conoscere il territorio, allestire le fortificazioni, predisporre i tiri delle artiglierie e imbastire sicure vie di rifornimento con le retrovie e di comunicazione con gli altri reparti, altra cosa sono divisioni giunte in fretta e furia magari di notte e senza equipaggiamento, senza tempo per riposarsi, trincerarsi, prendere possesso di fortificazioni esistenti o anche solo capire "a vista" il territorio da difendere).
Quanto invece si poteva fare con le truppe già schierate avrebbe potuto essere fatto tanto da Capello quanto dai comandanti di corpo d'armata Cavaciocchi e Badoglio, come discusso ieri riguardo il mancato rafforzamento della linea di resistenza e l'errore di tenere troppi battaglioni in linea avanzata.
Quanto infine si poteva fare con le artiglierie per compensare con un intenso fuoco di contropreparazione prima e di sbarramento poi quanto veniva a mancare per la sbagliata disposizione delle truppe, e ottenere comunque, nell'ambito di una guerra di montagna, una difesa adeguata poteva e doveva invece essere fatto solo dai comandanti di corpo d'armata Cavaciocchi e Badoglio.
Quanto alla discussa vicenda delle artiglierie, la colpa degli ordini contraddittori di Capello va circoscritta al mancato spostato di gran parte dei grossi calibri dalla Bainsizza alla destra dell'Isonzo (fatto di per sé già grave, in quanto non ha permesso di rafforzare la debole artiglieria del IV Corpo e ha reso impossibile mettere al sicuro anche dal successo nemico il grosso delle numerose artiglierie dell'armata), e non si estende certo alla irrazionale per la difesa disposizione delle artiglierie già assegnate ai singoli corpo d'armata.
Come nota giustamente Emilio Faldella, a conferma di quanto si diceva ieri
"Anche se il generale Capello intedeva seriamente effettuare una controffensiva dalla Bainsizza, la fronte del IV corpo e della 19° divisione del XVII doveva pur sempre soltanto resistere, e resistere a oltranza, per dar tempo alla massa controffensiva di entrare in azione altrove e far sentire gli effetti del proprio intervento. Quindi le artiglierie del IV corpo e della 19° divisione (XXVII corpo) potevano e dovevano essere arretrate qunto possibile, compatibilmente con gli obiettivi da battere, ai fini esclusivamente della difesa a oltranza e in ogni modo dietro la linea di resistenza, specialmente dove la zona fra linea avanzata e linea di resistenza aveva scarsa profondità. Ritraendo tutti i cannoni di medio calibro dietro alla dorsale Monte Cucco-Kolowrat-Monte Xum, sarebbe sempre stato possibile battere le posizioni nemiche e i loro rovesci dallo Sleme alla testa di ponte di Tolmino. Rimasero invece in posizione avanzate ben venticinque batterie di cannoni di medio calibro che andarono tutte perdute il 24 ottobre. Sarebbe pure stato possibile arretrare le batterire di obici in posizione sulla sinistra dell'Isonzo dinanzi alla linea di resistenza ad oltranza Pleca-Selisce, quelle sulle pendici di Costa Ruanza sull'Ostri Kras e alla testata di Val Doblar, e cioé diciotto batterie, pur avendole in condizioni di effettuare la contropreparazione. Anche queste andarono perdute il 24 ottobre. L'arretramento delle batterie in posizione nella conca di Drezenca era invece meno opportuno, perché la dorsale dello Stol era troppo arretrata e quindi avrebbero dovuto ammassarsi nel fondovalle Isonzo per colpire obiettivi situati a millesettecento/milleottocento metri di dislivello. Inoltre la linea di resistenza, per la sua solidità, proteggeva efficacemente le artiglierie. Infatti non fu superata in alcun punto nella giornata del 24 ottobre.
In complesso il IV corpo fece arretrare otto batterie e il XXVII quattordici, ma il 24 ne andarono perdute ben quarantatre di cannoni e obici di medio calibro. Un preciso ordine del generale Cadorna fu dunque eseguito soltanto parzialmente [...] Insomma, gli ordini del Generale Cadorna del 18 settembre e del 10 ottobre non vennero presi sul serio [...] Benché sapessero che l'attacco sarebbe scattato entro l'ultima decade del mese (il 10 ottobre il generale Badoglio disse di attenderlo per il 18-19 ottobre) tutti si comportarono come se dovessero trascorrere ancora parecchie settimane."
Resosi conto di ciò, Cadorna inviò immediatamente il colonnello Calcagno a ispezionare il fronte conferendo con i comandanti di Corpo d'Armata. Domani ci permetteremo di accompagnarlo, per vedere più da vicino il dispositivo difensivo italiano nell'imminenza dell'attacco e per conoscere meglio i comandanti, gustando anche qualche interessante retroscena.

SALUTI DALLA SUBLIME PORTA

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