La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Cuma, Mayıs 18, 2007

A PROPOSITO DI GERONTOCRAZIA














Si narra che nel luglio del 1402, alla sera della battaglia di Ankara, ove Timur-i-Lang, noto agli Europei con il nome di Tamerlano, sconfisse le truppe del Sultano Ottomano Beyazid I detto "la Folgore", il vincitore di Nicopoli, colui che aveva battuto i crociati ed era temuto da tutta la Cristianità (la quale infatti quella sera inspirò profondamente sollevata), il Sultano non volesse ancora, arrendersi, nemmeno quando fu chiaro come nessuno componente del suo esercito fosse scampato alla cattura o alla distruzione. Avendo intrapreso la battaglia con una notevole superiorità di uomini e mezzi, e in territorio amico, Beyazid non voleva credere alla sconfitta e si rifiutava di accettarla. I carcerieri mongoli dovettero usare la forza su di lui per trascinarlo al cospetto del loro Khan. Nonostante fosse ormai vecchio e malato il veterano delle mille battaglia lottava ancora fisicamente, usando allo stremo le uniche forze che gli erano rimaste. Venne gettato a terra pieno di lividi, di furore e di grida. Allora Timur "lo zoppo", che pure era noto in tutta l'Asia e oltre per la sua spietatezza contro i nemici che non si arrendono e contro chiunque provasse a intralciargli la marcia, rivelò uno squarcio di profonda umanità, dicendo: "Strani sono i destini degli uomini e misteriosi i voleri di Allah. Tu sei vecchio e malridotto. Io pure sono vecchio, stanco e sciancato, ed ormai non riesco quasi più a camminare. Ha posto tutte le sorti e tutti i poteri del mondo nelle mani di due vecchi".

Non so se i politici italiani abbiano studiato la storia di Tamerlano o se provino fra loro la medesima compassione, ma sicuramente non hanno le virtù, il prestigio e le capacità né di Timur né di Beyazid. Ne hanno soltanto, giusto giusto, l'eta, in media. Credono dunque di poter proseguire la stessa storia, con il medesimo finale, privi del genio politico e delle glorie passate mostrate da chi ha davvero FATTO la storia.

La questione generazionale, in politica, è un vero problema, correlato al più generale problema del "culto della mediocrità", nascente dalle scuole (ove i migliori non possono essere premiati per non dispiacere ai "più deboli") e terminante nei vertici dello stato (ove il Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento e non dai cittadini, e viene scelto non fra coloro che maggiormente si sono distinti per coraggio, abilità e risultati conseguiti, ma fra chi è riuscito a farsi notare di meno, a mantenere una posizione mediana vagamente amica di tutti e non troppo nemica di nessuno, a navigare insomma "sanza infamia e sanza lodo" nel mare della politica).

La questione generazionale altrove, invece, è solo un falso problema. Voler costringere alle dimissioni (o farle promettere) chi supera una certa soglia d'età, senza altra giustificazione (come è stato recentemente proposto da eminenti personaggi dell'economia e della finanza), risulta più di una ingiustizia: risulta un errore, perché si cura l'effetto al posto della causa e si confonde l'apparenza con la realtà.

In un ambiente meritocratico, infatti, nel quale selezione spinge gli uomini a studiare, ad impegnarsi duramente, a migliorarsi oltre ogni immaginazione, a competere, a trovare nuove insperate risorse e ad eccellere, arriva sempre il momento in cui, naturalmente, il giovane in crescita e affamato di successo supera l'anziano ormai appagato, così come prima o poi nella savana il giovane leone rampante sconfigge il vecchio capobranco, senza bisogno di ricambi prefissati o decisi dall'alto.
Se ciò non avviene significa che si è in una situazione "democratica" e quindi non meritocratica, nella quale tutti sono più o meno apprezzati e l'avanzamento è per "rispetto e anzianità", l'assunzione per "amicizia e comunicazione", la selezione per scelta "politica". E' così che si genera la mediocrità. In essa, mediocre per mediocre, tanto vale tenersi quello più anziano, che almeno ha più esperienza.
Questo è anche innaturale.
Del resto, da una società nella quale fin dalle elementari, anziché selezionare e premiare i migliori e punire o almeno escludere chi non si impegna per essere tale, si pensa a "non lasciare indietro nessuno", a "seguire i più deboli", a "includere tutti" e a non permettere vantaggi "ai più bravi" (quasi il loro valore ed il loro impegno fossero colpa in quanto potenziale "forza") non mi aspetterei nulla di meglio.

SALUTI DALLA SUBLIME PORTA

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