La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Cuma, Şubat 19, 2010

TUTTA LA CITTA' (FEMMINISTA) NE PARLA (ED IO RISPONDO QUI ALLO STRAPARLARE DI FEMMINE TIRANNICHE E MENTITRICI)

Dopo due millenni di stupidità cavalleresca e due decenni di demagogia femminista la figura della donna ha ormai raggiunto l'apice (quasi parodistico) di ogni possibile sopravvalutazione estetico-filosofica, dato che non solo è posta in ogni dove, dallo stile pubblicitario* [NOTA 1] alla cultura ufficiale* [NOTA 2] ad unico emblema di bellezza, di modernità, di interesse e quindi di ogni qualità sensitivia e intellettiva nobilmente umana (basta guardare i cartelloni pubblicitari, accendere la tv o girare nei locali ove le donne, come fossero appunto gemme rare e preziosa da ricercare e difendere ad ogni costo, entrano quasi sempre gratis o comunque nei luoghi di divertimento o di lavoro ove esse sono a priori ricevute da sorrisi e complimenti), ma persino il "Maschilista" berlusca sceglie le candidate solo in quanto donne (per dare alla sua "politica" un'immagine di bellezza, modernità, interesse* [NOTA 3]).

Date queste premesse, questa mattina, accendendo per sbaglio l'autoradio a pochi chilometri dall'ufficio, mi è toccato sentire un'ascolatrice (dico così anche se la cretina non ha ascoltato ma ha solo parlato) di RadioTre esordire con le solite lagnanze femministeggianti: “Questo paese ha un futuro? Altri ascoltatori hanno detto che non glie ne importa niente della vita privata di Bertolaso, delle escort ecc. Quello che non sta bene a me è la figura della donna che emerge....bla...bla...bla.....” ( - ora basta- interrompo io - sono arrivato (Ah, no, ma devo rimettere in moto a parcheggiare di qua) “questa concezione del corpo femminile....” ma vaffanculo.

Dico solo tre cose:

1. Finché la “figura” rimane nell'ambito della sfera individuale non deve rilevare cosa essa rappresenti (avendo ognuno di noi il diritto alla propria specifica visione del mondo e dell'umano).
Se invece esiste il diritto ad intervenire (e a rettificare) allora io potrei ritenere da sradicare la concezione dell'uomo sottesa de facto ai rapporti non dichiaratamente "commerciali":
un attore costretto a recitare da giullare cui irridere nel disio o da seduttore per compiacere la vanagloria femminile, un freddo specchio su cui testare senza nè limiti, nè regole nè remore la propria vanagloria (per quanto distruttivo ciò possa risultare, specie negli animi più delicati e nelle sensibilità più fanciullesche, per la psiche e per la vita dell'interessato), un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuale, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi umiliazione pubblica e privata, qualsiasi sofferenza nel corpo e nella psiche, qualsiasi inappagamento fisico e mentale degenerante se reiterato in ossessione, qualsiasi disagio da sessuale ad esistenziale potenzialmente sfociante in problemi variabili dall'anoressia sessuale al suicidio), un uno qualunque, un banale scocciatore, una cavia umana maschile su cui suscitare disio solo per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, dolorosa per il corpo e per la psiche e umiliante per il sesso e per la mente, possa provocare le pene dell'inferno della negazione dopo l'implicita promessa del paradiso della concessione, un pupazzo da sollevare nell'illusione solo per farlo cadere con il massimo del dolore e dell'umiliazione nella delusione, da indurre in ogni modo (con sguardi, movenze, gesti ambigui, parole implicite o esplicite esposizioni di grazie corporali, quando non evidenti scuse per attaccar discorso per prime) a farsi avanti solo per poi irridere i suoi approcci o addirittura appellarlo scocciatore, molesto, o comunque farlo sentire uno qualunque, privo di qualità, non appena cada nella trappola perfidamente preparata, da attirare implicitamente ad arte (per capriccio, vanità, interesse economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica) per poi respingerlo e farlo sentire stupido o colpevole, ad ogni tentativo di contatto (più meno maldestro, più o meno esplicito, più o meno inesperto) per il solo fatto di essersi abbandonato ad un ingenuo trasporto per la bellezza e di aver tentato un più o meno maldestro "corteggiamento" (fra l'altro implicitamente indotto e socialmente preteso dalle donne), un burattino insomma da attirare con l'illusione implcita della bellezza e della sua offerta non per cercare di conoscerlo ed eventualmente apprezzarlo, ma solo per respingerlo e disprezzarlo nel profondo, per frustrarlo sessualmente, per renderlo ridicolo davanti a sè e agli altri, per farlo sentire un puro nulla innanzi all'onnipotenza femminile espressa attraverso l'arma erotico-sentimentale, quando non, avallata dalla legge, un bancomat da cui prelevare soldi per sè e i figli considerati proprietà privata esclusiva.

2. Che la donna rappresenti un oggetto di disio è pienamente naturale, al pari dei fiori che sbocciano, dell'estate che fiorisce, delle cascate che irrompono, degli amorosi usignuoli che cantano, delle fiere che inseguono la femmina nei boschi chi sa dove, o del rifletterso sull'onde argentine del mare di quella conchiglia che chiamiamo luna.
Che questo sia una diminuzione del suo valore è contro l'evidenza, in quanto essere posti a motore e fine dell'agire umano (desiderio significa proprio questa "voluptas cinetica") significa essere posti sopra l'umano ordinario.
Se e come mettere a frutto (materialmente o moralmente, per vanità per o interesse economico o sentimentale, o per qualunque altro motivo) questa posizione di privilegio (per non dire preminenza) naturale è pertinenza delle singole donne (le quali, almeno nella maggioranza dei casi, ben lungi dall'essere minorate mentali, hanno la capacità e il diritto a scegliere per sè cosa sia più dignitoso/vantaggioso/giusto/opportuno).
Le disparità di desideri (non solo sessuali) permettono alla donna di avere la lucidità mentale e la forza contrattuale per decidere (dentro e fuori ogni prostituzione più o meno dichiarata) da una posizione non certo di debolezza.
Che poi tutto quanto in desiderabilità e potere è dato alle donne per natura debba essere compensato in qualche modo dall'uomo (con la posizione sociale, la fama, il prestigio, il successo, la cultura,la ricchezza, il potere, il lavoro, lo studio, la fortuna o il merito individuali) appartiene alla ragione (e al desiderio di giustizia e felicità individuale* [NOTA 4]): ogni uomo decide il come.
Nel mondo capitalista, persa (intendo come dote conferente primato o prestigio sociali) la virtù guerriera del mondo antico e quella poetica del mondo cavalleresco medievale, il mezzo preferito è ovviamente il denaro, se non altro perchè, qualunque cosa se ne pensi e qualunque sia la propria posizione di accettazione/ostilità verso la società moderna e mercantile, rappresenta attualmente l'unico valore intersoggettivamente valido e immediatamente apprezzabile al pari della bellezza, con il quale essere dunque universalmente mirate, amorosamente disiati e socialmente accettati come le donne lo sono senza sforzo per le loro grazie corporali.

Tale genere di dote è indispensabile sia per ottenere con la certezza di uno scambio dichiarato, sia per permettere di corteggiare con una probabilità di successo non infinitesima.

Che esista o si voglia il corteggiamento o meno è un fatto puramente formale e dipendente dai gusti e dalle sensibilità individuali: la sostanza è lo "scambio" di doti sensitive o intellettive, utili o gradite a ciascuno, o di cui ognuni ha bisogno o brama, e che l'altro possiede ed è disposto a concedere per ottenere a sua volta. Tale meccanismo, spesso inconsapevole, è più profondo e antecedente del concetto stesso di commercio e di ragione. La prostituzione, sia quella esplicita, sia quella implicita (ossia un'unione amorosa propiziata dal desiderio di agiatezza di vita, fra "cani, cavalli e belli arredi", oppure di promozione o prestigio sociali, quando non chiaramente fama e/o ricchezza) è soltanto un aspetto di tutto ciò, la punta dell'iceberg. Le fondamenta sono in natura.

La prostituzione è soltanto un aspetto. Non si dimentichi inoltre che le più belle e desiderate, quelle davanti alla cui parvenza "parlare null'omo pote ma ciascun sospira", proprio perché potrebbero avere qualsiasi storia con qualsiasi uomo, provano solo sovrano disprezzo per chi pensa di poter ottenere un'avventura con loro, e concedono le loro grazie solo a chi riesce, con arte sopraffina e inimitabile di parola e di gesta (sostenuta da non comuni doti di bellezza, intelletto, ricchezza o virilità, a seconda di quel che ogni donna considera più importante) a farle infatuare di sé, oppure per denaro o comunque interesse.
Solo da qui possono iniziare i discorsi seri.

Nel sesso le donne veramente belle non si concedono MAI LIBERAMENTE, sempre per infatuazione amorosa OPPURE utile economico sentimentale o soldi (o, razionalizzato nelle società più evoluto, quelle doti materiali o intellettuali che rendono un uomo gradito o utile alla femmina, o conferiscono prestigio sociale).

Se non vi fosse il denaro si darebbe qualcos'altro di parimenti utile o desiderato.
E' naturale il "dare il compenso" per ottenere l'accoppiamento. Esso può consistere semplicemente nel "cibo" o nel riparo o nell'aiuto all'accudimento della prole, oppure nel "dono" (non solo materiale, ma anche canoro, come negli uccelli, o visivo come nei pavoni), nell'offerta di qualità utili alla specie o alla prole, nel combattimento con altri maschi della stessa specie, nell'eccellenza in quelle doti volute dalla natura per l'evoluzione e la selezione della specie (e perciò desiderate dalla femmina proprio perché preposta dalla natura a questo scopo) o semplicemente in qualcosa d'utile o gradito alla femmina o da lei bramato: trasposte nel mondo umano tale doti (e tali doni) si
razionalizzano, si specificano a seconda dei bisogni intellettivi e sensitivi, dei gusti e delle sensibilità delle singole donne, e, nella società individualista-capitalista, divengono spesso sinonimo di ricchezza materiale (a volte invece di cultura, intelletto, poesia o prestigio sociale) . Non è escluso che in un mondo più nobile e più elevato i modi di eccellere del maschio e i doni ch'egli darà alla femmina si indentificheranno magari con doti ed espressioni del puro spirito, ma non cambierà mai il fatto che gli uomini desiderino la femmina per la sua bellezza corporale, al primo mirar le sue grazie, le sue forme, le sue membra e le sue chiome, e le donne desiderino i maschi per l'eccellenza, abbiano l'istinto di farsi massimamente belle e desiderabili (anche inconsciamente, per attirare quanti più pretendenti possibili fra cui selezionare l'eccellente, simmetricamente a come gli uomini siano attratti al primo sguardo dalla bellezza e bramino goderne in quante più donne possibili) sfruttino il desiderio per selezionare e/o ottenere.

La prostituzione non è che l'abbreviamento e la razionalizzazione di tutto ciò. E' uno dei tanti modi in cui, come in natura, la brama di bellezza e di piacere del maschio viene sfruttata dalla femmina (non è automatico come detto prima il significato negativo di tale termine) per fini di propria utilità.
E' prediletto dai maschi stessi ad altre forme di sfruttamento (tipiche delle donne oneste, con le quali si deve pagare con probabilità 1 e ricevere con funzione di variabile aleatoria, e spesso si rimane vittime di raggiri economico/sentimentali, leggi fidanzamenti e regali costosi e/o matrimoni, e sovente si deve pagare in sincerità, dignità suppliche, nel recitar da cavalier serventi miranti supplici e pronti a tutto per la sola speranza o da giullari per dilettarle magari lasciandole irridere al desiderio, o comunque sempre da seduttori per compiacere la loro vanagloria) perché non vi è quasi mai l'inganno ma quasi sempre il consenso bilaterale
e soprattutto perché il prezzo, per quanto elevato (e comunque sempre stabilito dalla femmina) è noto a priori (dunque non ci si può poi lamentare).

Che poi certe donne anzichè contentarsi della posizione di privilegio (o come detto di preminenza) posseduta per natura grazie all'illusione della bellezza pretendano di fare la morale agli uomini (facendo passare per difetto un desiderio naturale e per colpa il cercare di appagarlo nella maniera implicante meno rischi, ferimenti e costi materiali e morali in fatiche, tempo, regali, frustrazioni, dignità, quando si dovrebbe fare da giullari per far divertire di sè le donne, da mendicanti alla corte dei miracoli miranti dal basso verso l'alto colei da cui ogni speranza può essere data e tolta, da cavalieri serventi pronti a dare tutto in pensieri parole e opere per ricevere un sorriso o una promessa aleatoria), dipende, in parte dai residui di una cultura menzognera come quella egalitaria-sinistrorsa (pronta a negare persino l'oggettiva evidenza della natura quando contrasti con i dogmi dell'ideologia ormai radicati nel subconscio) e in parte dall'invidia per non essere abbastanza belle da trarre tutti i benefici che altre donne traggono.

3. Spero vivamente che alla prossima catastrofe (e l'Italia vive su, con e grazie alle catastrofi) queste “signore”, trovandosi senza cibo, senza riparo, senza acqua e senza protezione, ricevano da Bertolaso (e dagli uomini da lui guidati con competenza, disciplina e gran copia di risultati) la seguente risposta “visto che non vi va bene la nostra vita privata, a noi non va bene la vostra vita tout court. Non abbiamo intenzione né di salvarla né di aiutarla. Arrangiatevi. Del resto, se voi donne siete tanto brave non avrete difficoltà a sopravvivere a questo piccolo cataclisma. Pure le scimmiette ci riescono.” E' ora di cessare questo rapporto asimmetrico nel quale gli uomini generano la storia e sono detti primitivi, creano la poesia e sono detti rozzi, rendono possibile l'esistenza reale del mondo tecnologico (inventando, perfezionando e rendendo utili e belli gli strumenti della tecnologia, in quei luoghi di studio, produzione, ricerca in cui comunque costituiscono e costituiranno ancora la maggioranza, nonostante tutta la demagogia antimaschile di cui sono vittime fin da piccoli per via della scuola in mano alle donne, della cultura femminista inculcata fin dalla tenera età fra cartoni e spot e di mille privilegi e quote riservati per legge o costume al “gentilsesso”) e vengono detti “inutili in un mondo tecnologicamente avanzato”, creano bellezze immortali con le rime, i suoni, le immagini e i film e sono detti brutti, si disperano e si suicidano per motivi sentimentali e sono detti insensibili, giocano con la serietà (e quindi la creatività) dei fanciulli e sono detti non creativi e, più prosaicamente, da adulti lavorano (spesso a rischio della loro vita o della loro salute fisica e mentale), producono (e non mi si venga a dire che producono anche le donne, perchè le uniche eccezioni al loro adagiarsi in ruoli “amministrativi” hanno un sentire virile come Minerva), si sacrificano, rischiano e ricevono dalle donne solo disprezzo, accuse e menzogne. E ora arrivano pure a mostrare come “incivile” la figura di colui che mantiene in piedi le basi materiali della civiltà laddove queste sono scosse dalla Natura onnipossente. Se quelle stesse femmine che pretendono la cavalleria avessero un'etica cavalleresca (o anche solo naturale) dovrebbero offrirsi spontaneamente a chi le ha salvate, anziché accusarlo per il semplice fatto di essersi accompagnato a sacerdotesse di Venere. Ma le donne moderne conoscono la cavalleria solo in un senso. Per questo bisogna scendere da cavallo e prenderle a mazzate (perlomeno verbali, come in questo caso) quando mentono per la gola. Avete capito bene, care ascoltatrici e ospiti di “Tutta la Città ne parla” del 19 Febbraio 2010: se vi incontro nella vita vi do quanto neppure le calamità naturali riescono a darvi (per via degli uomini della Protezione Civile che lavorano per voi). La brutalità è il giusto modo di ricacciare in gola le menzogne.

CONCLUSIONE
Voglio moderarmi e concludere riassumendo il tema principale e “scagionando” l'intero genere femminile dal sospetto di essere simile a queste nefaste rappresentanti che rispondono al nome di femministe, ascoltatrici, ospiti di radiotre (e fancazziste, dato che nello stesso momento in cui queste bandiscono menzogne persino un sultano come me deve andare al lavoro).
Questa è la verità: chi non riesce a raggiungere una certa posizione di preminenza o prestigio nella società o comunque a mostrare eccellenza in doti immediatamente evidenti a tutti ed oggettivamente apprezzate dal mondo, non potrà mai star di paro a chi gode per natura e cultura del privilegio essere mirata dal mondo, apprezzata dalle genti, accettata dalla società e disiata da tutti al primo sguardo in sé e per sé, per la propria grazia, la propria bellezza, quando c'è (quando non c'è, supplisce comunque l'illusione del desiderio), la propria leggiadria, la propria essenza mondana dunque, senza bisogno di raggiugnere una preminenza economica o lavorativa o mostrare obbligatoriamente altre doti e compiere imprese particolari (come devon invece far i cavalieri, i quali senza esse sono puro nulla e non hanno né stima né accettazione sociale né interesse da parte del sesso opposto).
Davanti alla bella donna resterà sempre e solo un "uomo episodico", uno specchio su cui provare l'avvenenza o un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto (qualsiasi provocazione sessuale o meno, qualsiasi tensione emotiva, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi umiliazione pubblica e privata, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi riduzione al nulla, qualsiasi inflizione di sofferenza del corpo o della psiche, di inappagamento fisico e mentale degenerante in ossessione, di disagio da sessuale ad esistenziale), un attore costretto a compiacere con recite da dongiovanni la vanagloria femminile o un giullare cui irridere nel disio, uno fra i tanti pronti a dare tutto in pensieri, parole e opere (per non dire dignità, recite, offerte materiali e morali e sopportazioni di patimenti e inappagamenti) in cambio della sola speranza, un cavalier servente pronto a tutto per un sorriso, un orante che miri dal basso verso l'alto chi in maniera imperscrutabile può decidere del suo paradiso e del suo inferno, un mendicante alla corte dei miracoli che attende di ricevere ciò di cui sente bisogno.
La sua vita sarà sempre e solo un susseguirsi di tensioni psicologiche, sofferenze emotive, godimenti sperati e patimenti ottenuti, amori sospirati e inganni subiti, paradisi sognati e inferni vissuti, promesse implicite e negazioni esplicite, bellezze vagheggiate e speranze deluse, tirannie potenziali e reali, inappagamenti fisici e mentali, umiliazioni pubbliche e private, sofferenze costanti nel corpo e nella psiche, disagi d'ogni genere e sempiterne frustrazioni d'ogni disio.
E tutto questo non perchè le donne siano particolarmente "cattive" (ovvero più cattive di qualunque essere umano si trovi realmente nella condizione di poter infierire sull'altro o comunque di esercitare una forza contrattuale infinitamente superiore a quella subita), ma semplicemente perchè un uomo privo di posizione sociale, ricchezza, potere, cultura, fama, prestigio, successo non ha in un potenziale incontro (il quale, se amoroso, ha sempre qualcosa dello scontro) alcuna arma da contrapporre a quella della bellezza, alcun valore con cui bilanciare (in desiderabilità e potere) un eventuale rapporto (il quale è sempre un dare e avere), alcuna dote, al pari della bellezza oggettivamente valida e immediatamente apprezzabile, per essere mirato da tutti, disiato al primo sguardo e accettato dalla società così come le donne lo sono per le grazie corporali (con cui quindi bilanciare il rapporto di forza contrattuale).

NOTE
[1] (chiara immagine di una società effemminata nei valori: una società fondata su principi virili, come quella greco-romana, porrebbe a proprio simbolo un superbo e splendido guerriero, rappresentante con le sue forme possenti le molteplici possibilità intellettuali, tecniche e storico-spirituali dell'uomo, oppure un Apollo del Belvedere, simbolo della forza ordinatrice del chaos in kosmos, della virilità incorporea della luce, di una purità che è forza e di una forza che è purità, oppure ancora un giovane discobolo, raffiguante con la sua raffinata bellezza e la sua tensione muscolare lo slancio verso il bello, il grande, il nobile e l'eroico, o comunque verso la perfezione di un ideale, e non certo delle donne, le quali infatti nel mondo virile non solo non erano rappresentate, ma erano pure tenute lontano dalle Olimpiadi, e soprattutto non donne nell'atto di mostrare le proprie grazie corporali, simbolo di quel potere femminile, simboleggiato dalle divinità della grande madre e della venere vincitrice, fondato sul ruolo naturale di madre con tutto quanto ne consegue in termini di disparità psicologiche comunque correlate a tale predisposizione natuale e di potenziale preminenza in ogni rapporto umano, in cui l'influenza della donna sull'uomo finisce per risultare maggiore di quella inversa, e sull'irresistibile e ineludibile forza di attrazione della bellezza, con tutto quanto potenzialmente o comunque simbolicamente ne consegue in termini di ammirazione universale, influenza sul mondo e possibilità di disporre a piacimento dell'uomo, della sua mente, dei suoi averi e della sua vita, o comunque di renderlo da sè dipendente)

[2] nella “cultura moderna” tutto quanto è più o meno superficialmente, considerato maschile viene mostrato come brutto, cattivo, impuro, rozzo, primitivo, semplicistico, vile, sterile, prosaico e tutto quanto è, più o meno arbitrariamente, ritenuto femminile viene presentato come bello, buono, puro, raffinato, evoluto, complesso, coraggioso, creativo, poetico (sebbene ad ogni giudizio imparziale la splendida possanza del nostro corpo, l'intatta fralezza del nostro animo, la forza profonda del nostro puro desiderio di natura e la nobile altezza del nostro intelletto sublimante, evidenti nell'olimpica tensione alla sfida sportiva e in ogni comparazione fisica non obnubilata dall'istinto sessuale e confermata dall'osservazione di quasi tutte le speci animali, nella serietà fanciullesca che continuiamo ad usare nei giochi, nell'ingenuo trasporto verso la bellezza che ci può portare tanto a eternare in rime, filosofie, musiche, pitture o poemi la donna disiata quanto a uccidere o morire per causa essa, nelle immagini e nei suoni delle poesie con cui da secoli, elevandoci dagli abissi della soggettività in favore delle cose necessarie, universali, perpetue, cerchiamo di conferire rango celeste ad ogni grazia terrestre, nelle invenzioni della tecnica con cui abbiamo fondato la civiltà, generato la storia ed espresso la nostra ultima volontà di potenza, ed in ogni altro capolavoro dell'arte o della tecnologia, dovrebbero far ritenere SEMMAI il contrario).

[3] Non ha interesse per la democrazia, ma queste elezioni regionali saranno le prime in cui voterò a sinistra. Almeno là, fra le donne, hanno saputo scegliere la Bonino, libertaria vera e non mentitrice come le femministe di oggi. Anche se non voto nel Lazio voglio comunque inviare un messaggio di aperto dissenso a chi, a destra, alla stupidità cavalleresca veteromaschilista aggiunge la demagogia neo-femminista delle donne “belle, buone, brave”, “da difendere ad ogni costo” (anche a quello di ogni diritto, di ogni ragione, di ogni etica, di ogni logica e di ogni buon senso) e “da inserire” a forza in politica per “modernizzarci” (se essere moderni significa finire tiranneggiati dalle donne come in Italia nell'età scolare o in Svezia per tutta la vita preferisco diventare antico, conformemente alla mia visione non lineare ma sferica del tempo, nella quale il più lontano passato può essere la meta e il modello per il più alto futuro e non esistono l'avanti e l'indietro, ma l'uomo decide in ogni punto ove voltare).

[4] La compensanzione di cui parlo è necessaria non solo perchè, nel caso peggiore, si potrebbe altrimenti essere vittime ad ogni tentativo di contatto con il mondo femminile di perfidie sessuali, inganni sentimentali e tirannie erotiche d'ogni genere, ma anche perchè se non si può offrire alla donna nulla di suo reale interesse, nulla di oggettivamente valido e immediatamente apprezzabile al pari della bellezza (perchè una bella donna dovrebbe infatti accontentarsi di quanto ha l'effimera consistenza delle parole e delle emozioni e il valore aleatorio e momentaneo di presunte doti soggettive senza effetto sul mondo?), nulla di cui ella senta lo stesso bisogno e lo stesso desiderio provato dall'uomo per la sua grazie corporali, non si può sperare di instaurare con lei alcun rapporto costruttivo (nè quello di un fugace e piacevole incontro nè quello di una vita assieme).
Ogni rapporto umano prevede un dare ed un avere e solo gli illusi e distruttori sono convinti del contrario.

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