La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Cuma, Nisan 18, 2008

"GUERRA, GUERRA, GUERRA, TREMENDA, INESORATA"

Vi ho lasciato in sospeso per sei mesi, per mostrarvi cosa significa rimanere, all’improvviso, senza comunicazioni. Cosi’ ho spiegato meglio che in qualunque altro modo la battaglia di Caporetto. Sui dettagli veri delle operazioni belliche potrei tornare in seguito. Ora una nuova guerra batte alle
porte.


Occhio indiscreto?













L'occhio indiscreto e' quello che sbircia quanto pubblicamente e normalmente non si puo' vedere, non quello che nota quanto gli e' sbattuto (spesso volgarmente) davanti.

Ma riportiamo interamente tutta la assurdita'.

"Sono molestie" dice il magistrato. L'avvocato presenterà appello: "Ingiustizia"
Lecco, dieci giorni di prigione per uno sguardo troppo insistente
Come diceva quella canzone? “Se mi lasci non vale”. Già troppo in là, adesso è: “Se mi guardi, non vale”. Anzi, se lo fai con insistenza, ti denuncio. E un giudice può anche condannarti.
È successo davvero, a Lecco: un trentenne di Mandello del Lario, ritenuto colpevole di aver guardato con troppa insistenza una viaggiatrice del treno regionale Lecco-Sondrio, è stato condannato per molestie a dieci giorni di reclusione e 40 euro di multa.
A nulla è servito che il suo avvocato giurasse che non c’era malizia in quello sguardo. I fatti risalgono a tre anni fa ma la sentenza è stata emessa solo ora. La vittima, una donna di 55 anni, in aula non si è presentata. Le sue accuse sono scritte in un verbale della polizia ferroviaria consegnato a un agente della stazione di Lecco.
Tra lei e il suo vicino di posto non ci sarebbe stato alcuno scambio di parole, non ci sarebbero stati complimenti (ancorché volgari), nessun tentativo di corteggiamento. Solo quello sguardo, insistente. E giudicato fastidioso dalla donna. Tanto che alla fine del secondo viaggio, la signora ha chiesto aiuto a un agente di polizia ferroviaria e ha denunciato l’uomo per molestia. Il giorno prima, aveva poi raccontato la signora nella denuncia, quell’uomo si era seduto vicino a lei e l’aveva costretta a spostare anche il cappotto pur di starle accanto. E il giorno successivo, ancora sul treno, l’aveva guardata a lungo.
“Poco, troppo poco”, sostiene Richard Martini, difensore dell’uomo. “Per condannare un incensurato e rispettabilissimo signore di trent’anni serve altro”. Annuncia appello l’avvocato perché in quell’aula di tribunale non si è presentato un solo testimone a convalidare la tesi della donna, e perché il giorno successivo alla denuncia due agenti in borghese avevano seguito l’indiziato in viaggio verso Milano e non avevano notato nel suo comportamento nulla di esecrabile.
All’imputato resta il beneficio di non dover scontare la pena: una punizione quasi simbolica in quanto la pena rientra nell’indulto, ma l’uomo non intende rassegnarsi. Giura di essere innocente e ha annunciato di voler insistere per vedere riconosciuta la sua buona fede: “In questi casi vanno valutate le circostanze dell’accaduto. La ressa della stazione, la quantità di persone sul treno” ha precisato l’avvocato Martini. “Il mio assistito non poteva comportarsi diversamente e lungi da lui l’intenzione di molestare la signora. Il mio assistito peraltro ha sempre mantenuto una condotta rispettabilissima ed è assolutamente incensurato. Impugneremo la sentenza e ci batteremo per ottenere giustizia”.
La sentenza ha suscitato giudizi contrastanti anche nel Palazzo di Giustizia di Lecco. “Se adesso non si può neppure lanciare uno sguardo verso una bella donna, come faremo noi uomini?”, ha detto un impiegato. Diverso il commento di una sua collega convinta, come il giudice, che “un’occhiata appiccicosa può essere molesta quanto una frase volgare o un corteggiamento assillante”.
Come a dire: cari uomini, d’ora in poi, tenete gli occhi al proprio posto… "

Adesso sentenzio io.

PARTE I (pacata e razionale)

NOTA BENE!
Non vi e’ nessuna prova oggettiva, solo il capriccio e la soggettivita’ della donna. Inaccettabile per uno stato di diritto.

Nessuno puo’ provare che abbia davvero guardato. E nessuno puo’ provare che abbia guardato insistentemente. Ed e’ inaccettabile che lo stabilire se uno sguardo, una parola, un gesto, ed anche sguardi, parole e gesti comuni come quelli che possono capitare con estranei in treno siano leciti o illeciti sia solo e soltanto la soggettivita’ o addirittura il capriccio perfido della presunta vittima (e per giunta A POSTERIORI, senza dire una parola prima del presunto “fatto”, magari per prevenire quanto solo POI ha ritenuto molesto).

Anche ammesso che sia vero (e non mi stupirei se, in questa come in tante altre storie in cui le donne accusano, tutto sia frutto di invenzione a scopo di estorsione, divertimento, vendetta o gratuito sfoggio di preminenza, o magari scomemssa fra amiche), non e’ comunque accettabile. Se poi fosse vero, perche’ l’accusatrice non si sarebbe neppure presentata al processo (come si puo’ leggere in altre cronache) per confermare le accuse? Ed e’ possibile per un paese civile che il giudice ascolti non dico la parola di una donna, ma la sua accusa lontana e vigliacca (sdegnosa del confronto diretto e del contraddittorio) e ignori quella dell’uomo? Non si tratta neppure piu’ della parola di lei contro quella di lui, ma del privilegio di lei a scrivere la verita’, a imporre all’altro di tacere e a far valere il suo verbo come legge!
Ma vi rendete conto?!

A questo punto devo smettere i panni dello sciocco sultano liberale (galante non lo sono mai stato) e rivestire quelli dell’uomo giustiziere. Non avrei mai voluto arrivare a tanto ma vi sono costretto. Non viviamo piu’ in uno stato liberale. E anche se fosse tutto provato non sarebbe liberale nemmeno condannare uno sguardo. Non e’ accettabile perche’ mancherebbe in questo una reciprocita’ di diritti fra le donne (di mostrarsi e quindi, consciamente o meno, farsi guardare) e gli uomini (di guardare e quindi, volenti o nolenti, disiare). Non puo’ succedere che se la donna ha diritto di mostrarsi l’uomo anziche’ avere il diritto al corrispondente guardare quanto e’ mostrato abbia il dovere a guardare dall’altra parte. Il campo visivo e’ di tutti! Se vogliamo giocare a questo (assurdo) gioco di visivo proibito facciamolo seriamente e senza ribaltare fatti e giustizia.

Se fossi stato al posto di quell signore avrei sostenuto di voler condannata lei, colpevole di turbare il campo visivo di chi voleva semplicemente star seduto tranquillo, colpevole di mostrarmi (senza il mio consenso) fattezze che la natura mi fa desiderare e quindi mi causano frustrazione e comunque distrazione!

Se proprio siamo a questo punto! A questo considerare molestia solo un rapporto visivo!
Io mi sento molestato dalla presenza di donne discinte o provocanti! O anche solo distratto da donne che, consciamente o meno, si pongono innanzi per farsi guardare (e magari per guardare a loro volta con sufficienza e disprezzo chi ingenuamente le mira, o per umiliare in pubblico o in privato, dopo averlo studiatamente attratto, chiunque tenti un qualsiasi approccio con loro)! Perche’ non ho diritto a dirlo e ad essere tutelato in cio’?

Non nascondiamoci dietro un dito.

La natura maschile e’ disiare, quella femminile esser disiati. Chi lo nega sa di mentire. Basta osservare tutti I mammiferi cui anche gli umani (uomini e donne) appartengono (in quanto esseri viventi prima ancora che maschere viventi della societa’). E cio’ e’ vero indipendentemente da cultura, inclinazioni e doti individuali. Ed e’ vero anche per strada e visivamente. E visivamente e’ ancor piu’ vero per quelle parti correlate alla riproduzione che la natura fa per questo apparire desiderabili ai sensi (come le forme rotonde dei seni) e che le donne per lo stesso motivo (conscio o inconscio) pongono in evidenza.

Se lei puo’ mostrarsi (e ovunque si fanno propaganda su “liberta’ di abbigliamento), io perche’ non posso guardare? Forse che ella chiede prima il permesso a me su come vestirsi? E allora io perche’ dovrei chiedere il permesso a lei su come guardare quanto lei stessa lascia oggettivamente in evidenza?

Io mi rifiuto di vivere contro natura. Piuttosto uccidetemi. Oppure fate in modo che possa vivere appagando I miei bisogni naturali tranquillamente e consensualmente (corporalmente con le prostitute che accettano di concedersi per denaro e visivamente con le donne normali che accettano di farsi rimiarre alcune grazie corporali imaginifiche nel momento stesso in cui le mostrano senza che nessuno le abbia costrette a cio’).

Io guardo e immagino solo cio’ che la donna decide di far guardare e immaginare, non avendo ne’ infrarossi ne’ possibilita’ di creare fotomontaggi ed effetti speciali, ergo il consenso vi e’ (e quello che vi e’ in piu’ e’ solo nella mia testa e non ti deve riguardare). Non e’ in casa sua dove non si deve guardare. E’ sulla pubblica via dove chi vuole non si guardi qualcosa la deve nascondere. Altrimenti e’ come un uomo nudo che si lamenti di come tutti lo guardino nelle parti intime.
Desiderare e’ naturale. Guardare desiderando e’ naturale. E’ il suo sdegno femminista ad essere demagogico e contro-natura.

Se poi tale sdegno proviene da chi studiatamente mostra fattezze piu’ o meno belle diviene perversione!

E mi rivolgo apertamente con il volgare tu a tali donne! Come rosa (minuscola voluta in assonanza con la sua minorita’ mentale), la quale commenta su un blog il cui autore aveva scritto una cosa giusta:

"il tuo post è molto maschilista!anche perchè tu hai scritto era in una posizione da essere molestata: cioè secondo te se una donna è libera di comportarsi come vuole da il diritto all’uomo di fare quello che vuole sulle donne com e se fossero oggetti?? Io da donna mi sento offesa ad essere percepita come un bene pubblico. sai che la colpa degli stupri è sempre dell’uomo? lo sai che uno stupro puo aver inizio da uno sguardo? e se non avesse denunciato?
Io credo che una donna puo essere libera di uscire di casa senza sentirsi strombazzare o fischiare dall’automobile, noi donne mica a voi lo facciamo! e poi nemmeno negli altri paesi succede come mai qui continua ad accadere questo?
anche perchè è impostato della serie che è colpa nostra se gli uomini ci guardano, come poi succede per chi fa indossare un burqa facendo passare la donna x provocatrice mentre nn ci si pone il problema se è l’uomo che deve frenare gli impulsi, s eci si concentra su questo la cultura dello stupro verrebbe contrastata.
Non mi venire a parlare di stupri in questo caso! Si parlava di qualcosa si naturale come guardare quanto per istinto attira l'attenzione. Lo stupro invece non e’ natura! Nessun animale stupra. E’ una deviazione del desiderio naturale. Non nasce affatto dallo sguardo, nasce da deformazioni mentali indotte dalla societa’ o dal perverso sviluppo della psiche individuale (magari da eccessiva repressione da un lato o eccessiva malvagita’ intenzionale dall’altro), non certo dal disio naturale in se’ (solo una femminista antimaschile puo’ sostenere cio’). Qui poi il “fanciullo” (tale e’ chi ha meta’ degli anni della donna che guarda) non ha ne’ stuprato ne’ tentato di stuprare! Ha tenuto a freno tutto (ammesso che con una vecchia di 55 anni vi fosse qualcosa da tenere a freno se non lo schifo), non ha toccato, ne’ parlato. E quanto alla provocazione, mi rifiuto di continuare a discutere con chi disconosce la verita’ evidente e naturale che PRIMA esiste il farsi disiare e guardare della donna POI il disio e lo sguardo dell’uomo, e MAI (il che sarebbe illogico) VICEVERSA (prima vi e' chi si fa seguire, poi chi segue, prima vi è quanto attrae l'attenzione e poi chi segue con lo sguardo, prima vi è la fonte di desiderio, poi chi desidera, così come prima vi è un campo gravitazionale e solo dopo l'attrazione di un grave). E cio’ non e’ “colpa” ne’ degli uomini ne’ delle donne, ma della natura. Guardate I corteggiamenti degli animali! Gli impulsi maschili e femminili sono complementari ed è menzognero dire che i nostri (disiare e seguire) sono "immorali e violenti" e i vostri "esser disiate e farsi seguire" sono puri e pacifici.

E come si fa a negare che nel diritto a “vestirsi come ci pare” si nasconda il legittimo e naturalissimo disio femminile (magari inconscio) di farsi guardare? Mi considerate stupido? Sappiate che odio la vostra ipocrisia! Vestitevi e agite come vi pare! Posso accettare cio’, ed evitare il burqua e l’altre cose e restrizioni talebane, se ovviamente si riconsoce il corrispondente diritto a guardare cio’ che la donna per sua decisione autonoma ha deciso di mostrare. Altrimenti si tratta di uno squilibrio inaccettabile. Se io devo “trattenermi” dal guardare (e non si capisce perche’) la donna si deve “trattenere” dal mostrarsi (secondo me non e’ giusto neanche questo in un mondo non talebano, ma segue coerentemente dal primo divieto), come avviene presso gli Arabi. Io speravo in un occidente emancipato in cui le donne potessero farsi guardare senza essere violentate e gli uomini guardare senza essere accusati.

Non ho motivo per ritenere che essere oggetto di disio sessuale sia piu’ offensive per una donna di quanto non lo sia per un uomo essere considerato un freddo specchio su cui provare la propria avvenenza (e questo sta dietro la pretesa di vestirsi e svestirsi o addirittura provocare come vogliono), o, peggio, un pezzo di legno davanti a cui permettersi letteralmente di tutto sapendo che non puo’ e non deve reagire (come invece magari farebbe nelle corrispondenti situazioni con un altro uomo). Perche’ questo attualmente succede in occidente! Questo e’ quanto succede per le strade, nelle discoteche e persino a volte nei luoghi di lavoro! E diro’ di piu’: mentre il comportamento dell’uomo e’ spesso soltanto naturale, quello della donna ha in piu’ la stronzaggine premeditata.

Se non bastasse la stronzaggine per condannare donne come rosa, vi e’ anche la falsita’.
Ripeto quanto detto un tempo:
“Le donne che si lamentano dei comportamenti "tipici degli uomini" sono disprezzabili soprattutto per la loro spudorata FALSITA'. Si lamentano a livello individuale dei comportamenti "insistenti" degli uomini e a livello sociale del mondo "violento" dei maschi. Si "dimenticano" di considerare che tale comportamento e tale mondo sono indotti dalle donne.
Sono queste a pretendere che chiunque miri a loro superi delle prove. Sono queste a imporre il torneo a tutti i pretendenti (magari anche in forme moderne e anti-convenzionali). Sono queste a non concedersi mai liberamente ma a pretendere che il garzoncello affronti fatiche, disagi e privazioni. Sono queste a voler (consciamente o inconsciamente) essere in ogni dove belle e desiderabili e a farsi guardare per accrescere il desiderio e con esso il numero dei competitori da cui scegliere l'eccellente. Sono queste a fuggire per essere inseguite e farsi massimamente desiderare. Sono queste a lottare come chi non vuol vincere, a provocare e a resistere appositamente per misurare il grado di interesse del maschio. Sono queste a volere la competizione estrema fra uomini in loro onore e a compiacersi dei sacrifici (materiali, morali, sentimentali), del dolore (fisico, psicologico, emotivo) e dei rischi (fisici, mentali o legali o addirittura vitali) di questa, quale misura della propria beltà. Sono queste a volere che l'uomo lotti, insista e rischi (o con altri maschi o addirittura con la donna stessa stessa).
Chi non ama lo scontro, l'insistenza ed il rischio non ha alcuna possibilità di conquistare davvero una donna e di godere della bellezza sognata. Può godere solo se paga.”
E quanto agli "strombazzamenti e alle fischiate" e al "Noi donne a voi mica lo facciamo", mi prendi per il culo? Voi donne nel corteggiamento non avete l'obbligo del "fare" quindi non fate nemmeno errori e gaffe. Solo chi fa rischia. E' ingrato lamentarsi di un privilegio. E' ingrato incolpare chi sbaglia facendo. E' ingrato dare del maiale a chi ha la sola colpa di non eseguire il corteggiamento da voi voluto. Meritereste davvero un mondo di gay. Ma lo volete capire che non si può sapere a priori se un gesto, uno sguardo, una parola saranno graditi o meno prima di agire? La linea di demarcazione fra molestia e gradito corteggiamento dipende infatti dal gusto e dalla sensibilità personali, che variano da donna a donna così come varierebbero da uomo a uomo. Quanto piace ad uno dispiace all'altro e viceversa. E poi voi, non richieste, fate di peggio: ferite intimamente e chiamate questo diritto. Accrescere ad arte il disio per poi compiacersi della sua negazione costituisce una formale e verissima molestia sessuale, i cui danni sono evidenti nella psiche di tanti giovani maschi che ormai soffrono la cosiddetta "anoressia sessuale", per non dire un disagio che da sessuale si fa esistenziale.

E chiama pure maschilista qualsiasi pensiero indipendente non si voglia allineare alla galante idolatria della donna (sorta con la Roma decadente di Catullo e con il cristianesimo effemminato e proseguita poi per millenni fra fiumi di versi votivi dedicati alle donne e quell fior fiore della stupidita’ cristiano-germanica chiamato cavallaria) e alla sopravvalutazione estetico filosofica della figura femminile contemporanea avente i pilastri nel pensiero “politicamente corretto” (che presenta tutto quanto è femminile come più evoluto, più raffinato, più complesso, più ricco, più puro e più pacifico e tutto quanto è maschile come più bruto, più semplicistico, più rozzo, più distruttivo, più immondo, che esalta all'inverosimile le doti delle donne, presentando come pregi anche i più irrazionali o perfidi difetti e trascura e ignora i valori degli uomini, anche quando si eleverebbero all'oggettività o producono grandezza, bellezza, immortalità, e il contrario fa con i difetti) e nello “stile pubblicitario” (non si puo’ pensare passion senza lasciare traccia le immagini, i pensieri sottesi, i messaggi subliminali e le pubblicità di oggi, mostranti sempre i "corteggiatori" come o dei violenti o degli imbecilli: quasi sempre o sono presentati come bruti, volgari e potenziali violentatori, e allore vengono duramente puniti o annientati in maniera fisica e psicologica, oppure sono mostrati quali sciocchi privi di qualità, banali scocciatori, poveri illusi nel credere una donna bella possa condersi loro, e parimenti vengono maltrattati, umiliati, irrisi in ogni modo la fantasia umana cinematografica e pubblicitaria sia in grado di inventare).

Preferisco pero’ mi si chiami “misogino”, che e’ un complimento se mi accosta ai saggi Antichi (che sono tutti definiti misogini dalle pseudofilosofe di oggi e da quei maschi pentiti dei loro colleghi).

Cultura dello stupro? Qui c’e’ la cultura della galanteria ad oltranza! La distruzione ad oltranza di ogni principio oggettivo legale dello stato di diritto! Il non richiedere piu’ di provare le accuse! Il non avere un riferimento oggettivo per il giusto o l’ingiusto ma solo il capriccio femminile! Il permettere alla donna tutto senza che subisca conseguenze! Il concedere alle donna solo diritti e licenze e all’uomo solo doveri e divieti!

Ma chi ha detto che una donna non puo’ essere libera? Chi ha detto che non possa sedersi in treno? Chi ha detto che non possa vestirsi come le pare? Chi ha detto che debba essere solo un oggetto sessuale? Si dice solo che non puo’ impedire di guardare quanto ella stessa mette consciamente o meno in mostra, perche’ a questo punto manca reciprocita’!

Se mi limito a guardare non ti provoco oggettivamente nessun danno (come puo’ essere dannoso sentirsi disiate secondo natura? Mica stiamo parlando di atti sessuali contro volonta’, solo di espressione senza conseguenze di desiderio naturale; se ritieni un danno esser guardata in una zona, nascondi quella zona come io nascondo le mie pudenda, e non avrai danni soggettivi). Me ne provochi invece mentalmente TU perche’ mi costringi a desiderare, ed ogni disio appagato e’ delusione, ogni disio inappagato frustrazione.

Nella mia soggettivita’, anche se non guardo subisco il “danno psicologico” e mi sento “molestato”.

E allora, seguendo il tuo stesso ragionamento, io voglio punizioni talebane per chi mette in mostra fattezze che la natura mi fa desiderare e quindi mi causano frustrazione e comunque distrazione.

Ed io voglio punizioni per le donne che (consciamente o meno) si fanno guardare!

Se nel mondo non e’ possibile esprimere la propria natura ci si rinchiude in se’ stessi e si ottengono maree di alienate (e qualche serial killer).

E killer diventero’.


PARTE II (come si meritano in generale le donne occidentali)

A questo punto si’ che nego liberta’ alle donne, nella misura in cui esse la negano a me!

Le donne parlano di stupri per poter con tale parola giustificare ogni loro ingiustizia ed ogni loro arbitrio! Ne fanno una fissazione.
Ne aumentano a dismisura il valore (quantitative e qualitative) per tiranneggiare gli uomini con sensi di colpa. Dicono che lo stupro dovrebbe essere punito pari ad un omicidio ma trascurano che I loro metodi per distruggere materialmente e moralmente la vita di una persona sono completamente legali. Dicono che gli stupratori sono tanti ma allargano sempre piu’ la definizione fino a comprendere qualsiasi atto, detto, gesto o addirittura sguardo non avente oggettivamente nulla ne’ di violento ne’ di molesto ma solo la colpa di mostrare interesse sessuale secondo natura. Dicono che I numeri della “violenza sulle donne” sono in aumento ma quando la definizione di violenza o molestia è lasciata all'esclusivo arbitrio della persona che ritiene di averla subita, e non vi è alcun obbligo di provare le proprie affermazioni o anche solo di fornire riscontri oggettivi sui fatti comunque interpretati, e quando la prospettiva sugli stessi è soggettiva ed unilaterale, mentre l'altra campana è tenuta a tacere, i numeri che appaiono possono essere tutti gli interi da zero a piu’ infinito.

Parlate pure di stupri: alla fine mi avete convinto.
Ora basta con l’essere corretti e moderati come ho cercato di fare fino ad ora con argomentazioni razionali!
Qui finisce la mia voglia di usare la ragione con le donne!
Ora saro’ il corrispondente maschile delle donne!

Perche’ le donne parlano sempre dello stupro? PERCHE’ SANNO DI MERITARLO!
Ma non per una faccenda puramente sessuale, bensi’ per una necessita’ di relazione.

Non esiste razionalita’ con loro, che si vantano della loro “irrazionalita’” e pretendono di farne legge (altrimenti ad un diritto loro a mostrarsi farebbero corrispondere correttamente il diritto dell'altro a guardare quanto la libera scelta della donna, per vanita', istinto o pulsione naturale implicita o sublimata dalla moda, ha deciso di mostrare al mondo).
Non esiste il diritto con loro. Per loro il diritto risulta solamente un sistema medievale di privilegi (quindi senza I corrispondenti doveri) per potersi permettere letteralmente di tutto di fronte all’uomo senza doverne rispondere o temerne la reazione (giacche’ se questi rispondesse come sarebbe giusto, ossia come si farebbe con un uomo, sarebbe chiamato bruto, anticavalleresco e socialmente disprezzato) o addirittura un insieme di licenze a senso unico per poter esprimere senza limiti (sessualmente e socialmente) non solo tutta la propria natura (d’esser guardata, disiate, seguita con il guardo, il pensiero, l’azione per non dire il denaro) ma anche tutta la propria artificiale perfidia, senza tener conto (o, meglio tenendone conto e infierendo per sadismo) degli effetti (e delle sofferenze) sul prossimo (ovvero sull’uomo) mentre questi e’ tenuto invece ad adeguarsi senza fiatare, a limitare, reprimere, dannare e condannare (a parole e fatti) la propria corrispondente (e non certo piu’ “animale” o piu’ “impura”, semmai a volte, come l’arte dimostra, piu’ poetica e creativa) natura, a subire in silenzio o addirittura ringraziare sorridendo oppure chinare il capo (e lo sguardo).
Non esiste rispetto delle regole con loro, che pretendono di piegare lo stato di diritto (che richiederebbe di provare ogni accusa e di rendere oggettivamente evidente cosa sia lecito e cosa no e non lasciaret utto a capriccio della presunta vittima).
Esiste solo la violenza. E’ l’unico modo per interagire con tali vipere. Per accordarsi con loro su qualcosa, se non di oggettivo, almeno di intersoggettivamente valido. Ecco perche’ ogni civilta’ vera ha usato violenza formatrice sulle donne!

"Che faremo noi uomini", si chiedono I dipendenti del palazzo di giustizia? "Diverremo santamente violenti" dico io. Questo si meritano le donne d'occidente, in genere!
Ora l’ho capito
Maledetto io che pensavo di dialogare ed essere gentile! Maledetto io che ho creduto a chi mi faceva balenare la speranza di un rapporto paritario e sincero! Maledetto per sempre io che ho ricevuto il trattamento che ogni ingenuo si merita da chi per natura vuole attrarre ma per stronzaggine vuole respingere dando poi la colpa all’altro! Maledetto e dannato io che ho perso tempo a dialogare senza secondi fini con una donna (virtualmente) anziche’ imparare a trattare le sue simili occidentali come e’ opportuno! Maledetto infinito io che ho usato I versi anziche’ I bastoni!

Ma voglio ancora lasciare un barlume di ragione.
Mi spiego meglio (per l’ultima volta) prima di passare all’azione. Cara (e se magari mi legge qualche puttana questo epiteto fa ridere qua ove si dovrebbe piangere) donna, per tutti I motivi per cui tu mi accusi di infastidirti io ne ho altrettanti per sostenere l’esatto contrario, ossia che la tua apparizione in fattezze conturbanti mi provoca, volente o nolente (e tu ne sei responsabile indipendentemente dal tuo volere, come chi viaggi ai 200 e’ responsabile di quanto accade anche se non lo fa apposta), frustrazione (giacche’ smuove pulsioni profonde che, almeno in questa circostanza, non possono essere appagate), inappagamento fisico e mentale, o comunque mi distrae dai miei freschi pensieri.
Segue secondo istinto, ma personalmente non vorrei. Magari vorrei continuare a pensare alla filosofia, o a immaginare automobili, o a pianificare il mio futuro…..E invece tu mi distrai. Anche quando non mi ferisci mi distrai. E quando (magari scientemente) mi ferisci nell'intimo del disio o della psiche o generi disagio da sessuale ad esistenziale, inappagamento fisico e mentale e financo ossessione? Non è un caso così raro!

Perche’ la mia sensibilita’ puo’ essere urtata impunemente e la tua no? Perche’ la mia soggettivita’ non ha alcun valore a la tua un valore di legge? Perche’ io devo essere condannato a soffrire e tu puoi fare quanto ti pare a dispregio della mia natura?

Non vi e’ alcuna violazione di consenso nel mirare una donna che sia o meno oggetto di disio.
Non avendo potere ne’ di vestire e svestire ne’ di guardare con gli infrarossi, guardo solo quanto ella decide di mostrare al mondo. Non puo’ dare la colpa a me per decisioni sue. E se ella ha diritto a mostrare io devo aver diritto a guardare, altrimenti non vi e’ reciprocita’ di diritti. Tutto quanto vedo in piu’ con gli occhi dell’immaginazione non riguarda nessun altro da me e se ella pretende di entrare nella mia mente per scoprire cosa pensi, immagini, crei o sogni la ritengo una violazione intima pari a quella ch’ella avrebbe se qualcuno le infilasse una mano sotto la gonna! E’ violazione della mia psiche e dalla mia sessualita’. Perche’ questa violazione non e’ sanzionata?

Se non vuole che qualcosa si guardi se lo copra. Se io non voglio si guardino le mie pudenda o il mio deretano li copro. Altrimenti non mi posso lamentare di essere guardato. Non si puo’ punire il desiderio naturale, ma la stronzaggine si’.
Ed io puniro’.

Ora basta ragionare con chi non conosce il diritto al rispetto o anche solo all’esistenza di una soggettivita’ diversa adlla propria! Con chi ritiene diritto ferire impunemente mentre chiama molestia qualsiasi cosa anche lontanamente ferisca se’!

Ora altro che ferire, ora pesto a sangue!

Io dico che quella signora di Lecco, per la sua stronzaggine e la sua falsita’, va pestata e ridotta in fin di vita. O almeno con dieci giorni di prognosi ei due femori rotti (che alla sua eta’ impiegano piu’ tempo a calcificare).
E le sue amiche, quelle che ridono e scherzano e credono di essersi comportate bene, vanno violentate (e questo dimostra quanto dicevo prima sullo stupro da non confondere con il desire ed il guardare: in questo caso lo stupro non nascerebbe da desiderio naturale irrefrenabile, bensì da cosciente volontà di punire le stronze come si meritano).
Cosi’ capiscono cosa e’ violenza.

CITA
http://adria.blogolandia.it/2008/04/18/donne-se-vi-infastidiscono-gli-sguardi-degli-uomini-usate-un-bel-burka/

Ecco che penso!

Si’, in branco!
Poiche’ sfruttando la forza del “branco” di giudici e intellettuali femministi ella ha fatto del male all’uomo, in branco deve essere pestata dagli uomini! Contrappasso dantesco e giustissimo!

E a tutte quelle donne amiche e non che non pensano sia giusto dico: UCCIDETEMI SE POTETE!
ALTRIMENTI SARO’ UN NEMICO IMPLACABILE!

E non ho nulla da perdere. Non sono ne’ sposato ne’ ricco e spennabile.
Non mi interessa piu’ nulla.
Non mi interessa il lavoro noioso (e poi dicono che gli uomini sono privilegiati!), non mi interessa la posizione sociale (non conforme all’eccellenza mostrata fin da bimbo nello studio), non mi interessa la vita in uno stato democratico ( o meglio democretino) che limita I migliori ed esalta I mediocri, non mi interessa alcun valore preteso residuo (famiglia, patria, dio) in un mondo che ha distrutto ogni valore spirituale.
Mi interessa solo non subire l’ingiustizia e il capriccio femminili.

E non mi si dica che sono violento e misogino di natura!
Esse mi hanno ridotto cosi’. Io ero pronto al dialogo. Esse vogliono solo tiranneggiare. Il dialogo con loro e’ solo falsita’. Come dialogare con un covo di vipere.

Finche’ il mio braccio avra’ forza percuotero’ le stronze fino allo stremo,
Finche’ la mia mente avra’ volonta’ perseguitero’ giudici e femminie stronzi fino alla morte
Finche’ il mio piede avra’ vigore lo usero’ per colpire donne siffatte cadute a terra fino a ridurle ad un ammasso di carne e sangue!

E pari stronze a loro sono quelle che commentano positivamente: “un’occhiata appiccicosa può essere molesta quanto una frase volgare o un corteggiamento assillante”. Andate a morire voi e quegli avvocatucoli che vi sostengono!

Non sono molesti tali comportamenti. RIBADISCO CON FORZA QUANTO DETTO IN PRECEDENZA (a proposito di una denunzia per “corteggiamento molesto”):
“sono la semplice umanissima prosecuzione di quanto avviene in natura, ove il maschio deve inseguire ed insistere la femmina che fugge e resiste (lottando, come direbbe Ovidio, come "chi non vuol vincere), e solo molto raramente sono suggeriti (come invece spesso le azioni erotico-sentimentali e le reazioni delle donne) da prepotenza o da malignità premeditata. Falso o fuorviante è dunque considerli molestie o addirittura "violazioni dell'intimità". Il nocciolo della questione risiede, purtroppo, non nel libero arbitrio dei singoli o nei modelli culturali, ma nella Natura.

Esattamente come in guerra (o, se non vi piace il paragone militare Ovidiano, nella più pacifica e naturale caccia), in amore bisogna agire con sorpresa e con pertinacia.
Quando lo stesso Machiavelli dice che la fortuna è donna e bisogna batterla e urtarla non incita certo a menare le mani sulle donne, ma a comportarsi verso la dea bendata e le femmine come chi non aspetta una improbabile concessione spontanea, ma sa di dover agire.
Non si può, con le donne "normali", comportarsi come con le gentili sacerdotesse di Venere, aspettando (anche se sarebbe molto bello) che siano loro a farsi avanti o chiedendo con garbo e pacatezza se sono disposte a concedersi e a quali condizioni. E' necessario creare sorprese ed insistere secondo una tattica "militare" a oltranza che non prevede la rinuncia davanti alle prime (inevitabili) difficoltà e alle resistenze del "nemico".
L'uomo incriminato ha fatto semplicemente questo.

Non si può sapere in anticipo se le soprese saranno gradite alla donna o se le insistenze saranno da lei considerate positivo segno di interesse nei suoi confronti o banali disturbi, così come in guerra non si può sapere prima di un attacco se si otterrà l'effetto sorpresa sul nemico e se e per quanto tempo questi resisterà sulle posizioni di prima linea. Si deve per forza provare ed insistere.
In guerra come in amore è necessario rischiare, e così come in guerra non si incrimina un comandante che conduce un attacco, giusta o sbagliata che sia la sua tattica, così in amore non si dovrebbe incriminare un corteggiatore che semplicemente tenta (più o meno abilmente) un assedio amoroso così come è obbligato per natura e convenzione sociale a fare.

E' profondamente ingiusto infierire moralmente e legalmente su chi agisce secondo un obbligo di cui magari farebbe volentieri a meno. Sarebbe come incolpare della guerra i soldati di leva mandati al fronte a forza (o quasi). Lamentarsene da parte femminile risulta poi ai miei occhi inqualificabile.
Le donne si lamentano infatti delle necessarie conseguenze sia del loro privilegio naturale nella sfera erotico-sentimantale (da esse sfruttato sino alle estreme conseguenze) sia del loro comportamento infinitamente ambiguo (per consapevolezza o meno il risultato non cambia).
Come si fa a sapere se, dopo l'attrazione provocata ad arte, il successivo diniego sia sincero o puramente funzionale ad accrescere il disire e a mettere alla prova il grado di interesse del maschio e la sua capacità di sopportare, di lottare e di rischiare? Uno che non ama le fatiche, i rischi, le insistenze e le lotte nell'ambito in cui vorrebbe l'abbandono al godimento della bellezza, al fluire dei sensi e alle onde della voluttà prende per sincero quel no più per rispetto di sé che della donna, e manda a quel paese questa (cercandone altre, magari dichiaratamente disposte a concedersi semplicemente per denaro senza troppe complicazioni, sofferenze e finzioni da corteggiamento). Un uomo che rispecchi invece quanto voluto dalle donne no: deve insistere. Ne è costretto. Se non lo fa è considerato o non abbastanza interessato o non abbastanza corteggiatore. Per questo, anche se fosse l'uomo più rispettoso e meno violento del pianeta si troverebbe comunque a dover decidere nell'incertezza (un'incertezza voluta dalla donna) e a rischiare di sbagliare.
Chi si ferma ai primi rifiuto, chi non insiste, chi non rischia non ottiene nulla, se non, appunto, pagando le chiare ed oneste prostitute. Per questo sono sovente gli uomini e non le donne ad APPARIRE molesti e insistenti.
Sciocca la femmina che vanti superiorità morale per questo.
Ella "non rompe" e "non insiste" semplicemente perché nella sfera erotico-sentimentale non ha, come invece avrei io da uomo, l'obbligo del "fare" (a me piacerebbe che tale obbligo e tali differenze non esistessero, poiché ne soffro, ma, poiché la natura ha deciso altrimenti e la vanagloria delle femmine si guarda bene anche solo dall'eliminare i privilegi medievali esaltanti oltremisura tutto ciò, la saggezza mi impone di prendere atto di una situazione oggettiva).
Ella può "rispettare la privacy" semplicemente perché non deve spiare me, non ha l'obbligo di conoscermi per sorprendermi e trovare il modo di compiacermi.
Ella non si presenta dappertutto semplicemente perché non deve creare "occasioni".
Ella non attacca sempre discorso ad ogni occasione semplicemente perché non deve mostrarsi gradevole
Ella non è molesta semplicemente perché non deve fare nulla. Non già perché sia più buona o più corretta. Il fatto però che si mostri indignata e vendicativa significa al contrario che realmente è più perfida. Approfitta della sua posizione di preminenza nella sfera erotico-sentimentale per permettersi di tutto.

Gli animi più acutamente sensibili sono profondamente feriti, emotivamente, da questa situazione asimmetrica."
Ma poi che cito a fare le questioni inerenti il corteggimento? Non di un corteggiatore si trattava qui, ma di un uomo che andava a lavorare e guardava quanto aveva di fronte probabilmente pensando al lavoro (come faccio io in metropolitana). E la stronza lo denuncia senza prove ne’ testimony! E ride pure (lo si poteva leggere nell'articolo sul blog ADRIA)! VOGLIO SPACCARLE TUTTI I DENTI cosi’ che non rida piu’!

Arrestatemi, donne e sbirri amici delle donne che leggete!

Non voglio vivere in questo mondo cosi’ arbitrariamente a favore delle donne anche quando vogliono solo “punire” a capriccio gli uomini colpevoli solo d’esser tali o sfoggiare la loro preminenza sociale dell’essere credute e protette a priori e considerate unica fonde di verita’ e sensibilita’ umane (mentre l’altra campana e’ tenuta a tacere e l’altra sensibilita’ reputata inesistente o degna del riso).

Come? Vi poteva essere malizia nello sguardo di lui? Ebbene, qualunque cosa abbia pensato, non riguarda lei la malizia, ma la testa di lui. Che diritto ha lei a leggere nel pensiero di lui?

E poi, con una donna vecchia e decadante! Cosa c’era da guardare?! No, non credo neppure alla malizia. Ella ha solo simbolicamente voluto fare qualcosa contro gli uomini.
E LA PAGHERA’. Simbolicamente e realmente.
Dovesse costarmi il posto in paradiso!

Tutti coloro che hanno sangue nelle vene mi contattino in pvt.
A tutti coloro che non se la sentono o alle donne che stanno dall'altra parte pur avendomi letto e condiviso:
ADDIO DALLA SUBLIME PORTA (senza rimpianti e senza pieta')

P.S.
Quanto all’ultima frase dell'articolo ("tenere a posto gli occhi", come fossero zampe di animale, anziche' l'organo del piu' nobile dei sensi motore di immortale poesia dai tempi dello Stilnovo), non mi si dica che basta guardare in basso o leggere un libro per non essere denunciati. A parte l’ingiustizia di non poter guardare quanto l’altra puo’ mostrare, di veder penalmente perseguibile la propria natura disiante e non l’altra d’esser disiata (e non e’ discriminazione sessuale questa?), qua ci si basa solo sulla parola e il sentire dalla donna (la quale manco si degna di presentarsi al processo per confermare le accuse e per permettere un contraddittorio). Per questo, se anche nessuno guarda o nessuno guardando desidera si viene condannati comunque se la donna dice (senza testimoni) di essere stata guardata o sostiene (senza riscontro oggettivo ma solo secondo la propria soggettivita’) di essersi sentita disiata/molestata.
Al signor giudice dunque, che dovrebbe invece difendere lo stato di diritto, prometto la morte. Non saro’ felice fino a che non gli piantero’ il pugnale in gola e non lo vedro’ soffocare nel suo stesso sangue dopo il taglio della carotide.
Questo e’ l’unico modo di trattare simili vermi che dovrebbero amministrare la giustizia. Ed ora, arrestatemi pure, stronzi con la toga amici delle donne!

STRASCICHI 2011: per le "Sorelle (stronze) d'Italia":

I. (premessa)
Che la minigonna (così come il seno) sia un richiamo sessuale non è stabilito dall'arbitrio dell'uomo, ma dalla natura.
Non l'arbitrio maschile, ma la natura stabilisce la corrispondenza tra i sensi e il rapporto sessuale, giacchè, quando la primavera fiorisce e zefiro dispiega il suo soffio fecondo, il disio dei primi è ciò con cui i maschi vengono chiamati a ricercare il secondo, per riprodurre la vita specie per specie. Se dunque le femmine umane intendono, per motivi afferenti la loro particolara vanagloria, spezzare questa amorosa e naturale corrispondenza devono comunicarlo ogni volta preventivamente ed in maniera chiara.
In secundis, se anche tale corrispondenza fosse propria alla sola soggettività maschile, se anche il fatto di sentirsi sessualmente truffati, molestati, ingannati e irrisi, ovvero illusi e delusi, da una donna che susciti ad arte il disio solo per compiacersi della sua negazione fosse correlato ad una situazione psicologica specifica dell'uomo, avremmo comunque il diritto a vedere vietato da leggi e costumi quanto ci fa sentire irrisi nel disio, feriti nell'intimo, sofferenti nell'emotività e violanti nella psiche esattamente come leggi e costumi vietano quanto offende, ferisce o urta la soggettività femminile.
Per noi magari non costituirebbe una molestia sentirci toccati e non sarebbe un trauma così grave essere forzati ad un rapporto sessuale (secondo natura), ma poichè tali fatti possono far sentire una donna offesa, ferita o urtata nell'intimo (molestie sessuali) e addirittura violata nella psiche (stupro) , le molestie sessuali e lo stupro vengono da noi considerati reati da punire proporzionalmente al danno procurato alla vittima, nell'interesse della tutela della donna. Allo stesso modo si dovrebbero tutelare gli uomini dalle molestie (visive, verbali, gestuali, emotive) delle stronzette e dalle violenze sessuali psicologiche (e a volte pure materiali, morali e giudiziarie) delle stronze.
Dire che la colpa del mio male è della mia eccessiva o sbagliata sensibilità, della mia incapacità ad accettare di essere sessualmente irriso e frustrato e a subire continuamente illusione e delusione, attrazione e repulsione, invito e disprezzo da chi mi ha invitato a disiare, è come dire che la colpa delle sofferenze di chi è vittima di violenza sia non del violentatore, ma dell'eccessiva e "sbagliata" sensibilità femminile incapace di sopportare rapporti forzati senza sentirsi traumatizzata.
Lo schema (aberrante) di ragionamento è lo stesso, cambia solo la gravità del trauma (se ci riferiamo a quanto ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e punito come stupro, altrimenti, se allarghiamo la definizione al concetto omnicomprensivo attuale di "violenza sessuale" troviamo anche fatti che lasciano sulle vittime femminili ben meno traumi psichici di quelli causati dalla reiterata stronzaggine femminile sui giovani maschi, vittime oggi sempre più incontestabilmente di danni variabili dalla cosiddetta "anoressia sessuale" al suicidio, dal precoce bisogno di prostitute ad un disagio psichico ora celato con l'ironia ed ora pronto ad esplodere in eccessi di aggressività: che per millenaria consuetudine "cavalleresca" o per moderno appiattimento sul femminismo, gli uomini tendano a negare spesso anche a loro stessi le proprie sofferenze, non toglie che essi in tali casi siano davvero vittime).
O vuoi forse dire che solo la sensibilità femminile possa farsi legge mentre quella maschile debba essere negletta dalle leggi e calpestata dai costumi?
Che quanto urta la particolare sensibilità femminile (atti, detti, sguardi o toccate) debba essere considerato offensivo, punito dalla legge e giustificante la vendetta più ampia, crudele, dolorosa e soggettiva da parte della donna e quanto invece ferisce (in maniera spesso assai più grave, come si può oggettivamente rilevare dal numero di suicidi cagionati da una donna o, senza arrivare agli estremi, dalla diffusione fra i maschi di problemi come l'anoressia sessuale o il precoce bisogno di prostitute) l'altrettanto particolare (e non già inesistente) sensibilità maschile (ad esempio il comportamento intriso di stronzaggine, divenuto regola nelle femmine moderne, anche quando non usano le mani, e spesso motivato da prepotenza, vanagloria, necessità di autostima o sadismo o comunque volontà di provocare sofferenza emotiva) sia trascurabile, non penalmente rilevante, appartenente alla normalità, alla tollerabilità o comunque al "diritto della donna" e non provocante in sé offesa o umiliazione (anche se è quanto l'uomo prova, di fronte a sé o agli altri, quanto sente come intima ferita nella sessualità e può provocargli traumi, blocchi psicologico e metterlo a disagio emotivo, momentaneo e poi esistenziale)?
In tertiis, basterebbe un argomento puramente logico a concludere la discussione. Chi suscita ad arte il disio dei sensi innanzi ALL'UOMO non può oggettivamente non essere considerata responsabile di inganno, ferimento e frustrazione qualora sappia fin da principio di non voler appagare ciò che NELL'UOMO (ovvero nello specifico della emotività maschile) ha suscitato, a prescindere dall'importanza e dal significato filosoficamente attribuiti ai sensi e al sesso.
L'unica eccezione potrebbe essere fatta per chi non sappia di suscitare un tale disio con un certo comportamento, ma questa incosapevolezza può essere considerata credibile per ben poche "innocenti" creature femminili...
Negli altri casi vi è il dolo. La donna sa che il suo comportamento suscita un disio che per il fatto stesso di non poter essere appagato (almeno non in quella situazione) genera nell'uomo un senso di frustrazione, irrisione, umiliazione e nullità. Vi è dunque il dolo: la donna sa che per me sensi=sesso e ne approfitta per ferirmi, umiliarmi, irridermi o tiranniegggiarmi (e anche se valesse l'eguazione "sensi=solo sensi" sarebbe comunque un ingannatrice, non concedendo di solito agli ammiratori di toccarla coi sensi).
Nella maggioranza dei casi non si può dunque considerare la stronza innocente con la spiegazione secondo cui per lei, in quanto donna, non varrebbe l'equazione maschile "sensi=sesso". Con lo stesso tuo ragionamento si potrebbe per assurdo dire: lo stupratore non sa che per la donna rapporto forzato= trauma, quindi lo stupratore è innocente.

II. (contro le menzogne femministe)
Solo la menzogna femminista può definire scorretto (addirittura “maschilista”)tutto quanto, nell'uomo, è (ancora prima che della volontà individuale o della cultura) pura espressione di desiderio naturale (in questo caso abbandonarsi con lo sguardo e la mente alle onde della voluttà davanti alle rotondità del petto) , mentre tollera ampiamente (o addirittura definisce "raffinatezza culturale, segno di progresso, diritto della donna") i corrispettivi comportamenti naturali femminili (in questo caso suscitare disio e mostrare le proprie grazie, sotto le parvenze del "diritto a vestirci come ci pare").

E soltanto la perfidia femminile può chiamare cattivo e far sentire come una colpa o un difetto o comunque come qualcosa di cui vergognarsi e per cui essere irrisi profondamente e pubblicamente
la reazione spontanea, ingenua e inoffensiva (e natuale al pari di un augello che canta, di un fiore che sboccia, di una primavera che si stende pei prati o del riflesso sull'onde d'argento del mare di quella conchiglia che chiamiamo luna) dell'uomo all'apparire innanzi ai suoi sensi di quelle grazie corporali
che la natura gli fa desiderare immediatamente e al primo sguardo (con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono) e che la donna stessa per prima espone (nella maniera prolungata finchè vuole ed esplicita finchè vuole, ritenendo ciò un suo diritto in occidente), in situazioni nelle quali la donna è la prima a porre in atto (per capriccio, vanità, interesse econimico sentimentale oppure gratuito sfoggio di preminenza erotica) un comportamento potenzialmente molesto ed invasivo della sfera sessuale (maschile).

Quanto al primo punto, non è logicamente, eticamente e naturalmente ammissibile che il mondo femminile presenti sotto le spoglie di "bontà" e "purezza" il proprio comportamento naturale (e quindi di origine chiaramente animale come quello dell'uomo) consistente nel mostrarsi in ogni modo tempo e luogo belle a disiabile (inconsciamente, per attirare più maschi possibile e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute, consciamente per pura vanità, supina accettazione di mode e costumi, patologico bisogno d'autostima o gratuito sfoggio di preminenza erotica) e pretenda al contempo di far apparire "più animale" o comunque "impuro" e "malvagio" e addirittura "vergognoso e colpevole" il corrispondente comportamento naturale maschile consistente nel mirare, disiare (con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono) e cercare di ottenere la bellezza nella varietà multiforme delle creature femminine, poichè entrambi le tendenze (tanto il suscitare disio, il rifuggire e il negarsi per attirare tutti e selezionare solo chi mostra eccellenza nelle doti qualificanti la specie, quanto l'esprimere subitaneo disio e voler godere della bellezza di tutte) concorrono al fine naturale di propagazione e selezione della vita, entrambi, in quanto natura, sono di là dal bene e dal male (almeno fino a che la cattiva coscienza di chi agisce per capriccio, vanità, interesse economico sentimentale o gratuito sadismo non introduca un'intenzionale perfidia e un scientifico inganno) e nessuno dei due potrebbe esistere senza l'altro.
E cercare di dipingere come pure e giutso il proprio comportamento naturale (in questo caso monogamo, non concedersi facilmente, apparire belle e disiabili per attrarre quanti più contendenti e selezionare fra tutti chi eccelle nelle doti volute, rimanendovi poi fedele) bollando al contempo come impuro e malvagio il suo opposto complementare (in questo caso poligamo, mirare, disiare e seguire con l'intensità del tuono e la rapidità del fulmine la bellezza e cercare di ottenerla nella varietà delle forme viventi), che non solo parimenti è naturale (e quindi di là dal bene e dal male), ma che è anche assolutamente necessario, perchè senza di esso lo stesso comportamento decantato come buono non potrebbe essere agito, è la forma più grave di immoralità.

Quanto al secondo punto, non è accettabile che la donna possa passeggiarmi innanzi (per via o, peggio, sul lavoro) mostrando liberamente le sue fattezze e suscitando consapevolmente o meno disio ed io non possa altretanto liberamente mirare, seguire e disiare e cercare di ottenere come sarebbe in natura, o (se da umani non si ha alcuna voglia di corteggiare), semplicemente esprimere con lo sguardo, la parola e il gesto il proprio naturale apprezzamento o commentare quanto il disio fa venire alla mente.
Quanto non accetto è che quando si parla di comportamenti in un modo o l'altro legati alla sessualità alla sua illimicata licenza nell'esprimere la propria natura (nel poter suscitar disio, attirare e mostrarsi) debba corrispondere il mio obbligo (nel disiare, seguire e mirare), a reprimere, limitare, nascondere la mia natura corrispondente. Perchè poi deve valere solo la sensibilità della donna?
Anche per la mia corrispondente e non già inesistente sensibilità maschile potrebbero risultare molesti certi atteggiamenti definiti "diritto della donna" o "bel gioco dell'essere donna" da demagogia femminista e stupidità cavalleresca.
Si sente offesa nella dignità di donna ad essere vista come oggetto di disio (il che è natura)? E allora io perchè non dovrei sentirmi ancora più offeso nella mia dignità di uomo ad essere trattato come un freddo specchio innanzi a cui le donne testano la loro avvenenza, come un pezzo di legno innanzi a cui si possono permettere di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi tensione psicologica, qualsiasi derisione al più profondo disio) o addirittura un pupazzo da attirare e respingere, da sollevare solo per farlo poi cadere con il massimo del dolore e del disprezzo?
Certi comportamenti suscitano disagio? Quanto suscita disagio è soggettivo.
Io mi sento a disagio anche solo quando la donna appare nel mio campo visivo ponendomi innanzi (senza io lo chieda) le proprie grazie corporali, poiché suscita un disio che non potendo essere almeno in quel caso appagato genera frustrazione.
E tale rimane il mio sentimento sia che secondo natura continui a guardare (giacché la situazione mi fa sentire un puro nulla innanzi a colei che tutto può poiché da tutti è disiata) sia che costringendomi contro natura guardi dall'altra parte (poiché comunque il disio è già stato suscitato e anche la semplice consapevolezza di esser vicini a quanto non si può raggiungere fa permanere lo stato di frustrazione).
E se la donna di turno, per capriccio, vanità , autostima o diletto sadico, sfrutta la situazione per infliggere ferimento intimo suscitando ad arte il disio compiacendosi poi della sua negazione, per provocarmi intenzionalmente sofferenza emotiva, irrisione al disio, frustrazione nel profondo, umiliazione pubblica o privata, inappagamento fisico e mentale, per rendermi ridicolo davanti a me stesso o agli altri qualora tenti un qualsiasi approccio, per causarmi dolore fisico o psicologico nell'attirarmi e nel respingermi, per trattarmi come uno qualunque, un banale scocciatore, dopo avermi scelto fra tanti e illuso solo per farmi patire l'inferno dopo la speranza di paradiso, per appellarmi molesto dopo avermi appositamente attratto e indotto implicitamente a farmi avanti in maniera da lei considerata magari maldestra, se insomma usa l'arma erotico sentimentale per infierire su chi psicologicamente si trova in svantaggio nei primi momenti di incontro (occasionale e breve come sentimentale e lungo) con l'altro sesso, allora mi suscita un disagio da sessuale ad esistenziale. Altro che molestie!
Ma di questo ho già parlato da voi stronze d'italia.
SIANO MALEDETTE E PERSEGUITATE QUESTE DONNE, PER LE LORO PERFIDIE E PER LE LORO MENZOGNE. E SI RICORDI CIASCUNO CHE LA BRUTALITA' E' UN MEZZO PIU' ONOREVOLE DEL SILENZIO, DI FRONTE ALLA MENZOGNA.

III. (contro la menzogna fra le menzogne pronunziata da michela la "tettona")

Michela la tettona giugne addirittura ad affermare che il mirare il suo seno si associa alla necrofilia in quanto si tratta di uno sguardo "rivolto come ad una natura morta".
Alla menzogna fra le menzogne corrisponde la mia risposta fra le risposte (per lunghezza).

Se tu poni avanti l'abusata argomentazione dell'oggetto sessuale (già di per sè un'impostura, in quanto, nell'ambito dell'amore sessuale, che è natura e non idealismo. non esistono soggetto e oggetto, bensì diversi soggetti con diversi ruoli, disiati e disianti), evidentemente inventata dal nulla da parte del femminismo per far sentire in colpa gli uomini per la loro stessa natura in ogni momento della loro esistenza quotidiana, ogniqualvolta guardano, pensano o si protendono verso una donna (sentirsi colpevoli con la frequenza, l'intensità e l'ineludibilità dei desideri di natura: qualcosa di tanto perfido da non poter prima essere concepito neanche dai più feroci torturatori leninisti o nazisti), allora io posso a maggior forza argomentare che ancora meno piacevole di sentirsi un oggetto sessuale (cui comunque si rivolgono un desiderio sincero e un valore reale) risulta essere trattati da freddi specchi su cui provare l'avvenenza, da pezzi di legno innanzi a cui permettersi di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi inflizione di dolore nel corpo e nella psiche, di inappagamento fisico e mentale fino all'ossessione, di disagio da sessuale ad esistenziale, con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale al suicidio), da ferri inanimati da usare senza limiti, remore nè regole come strumento di ogni "test-psicosessuale" (di cui la donna ha bisogno per "divertirsi" o per "essere sicura di aver trovato l'uomo giusto per il tipo di rapporto voluto", sia esso di una notte o di una vita, a costo di distruggere per una sera o per sempre, la vita e la psiche di tutti i candidati), di ogni "gioco di seduzione" (molto vicino allo stupro psicologico), di ogni crudeltà naturale (fatta passare per "raffinata intellettualità sessuale femminile"), in quanto comunque privi di sensibilità e di anima (le stesse femmine-femministe pronte a lamentarsi di un falso storico, ovvero della presunta negazione medievale dell'anima femminile, sono le prime a considerare privi di sensibilità gli uomini la cui diversa sensibilità osi di quando in quando non solo cantare le grazie sensitive e intellettive del femminile, ma anche guardarsi dentro e scoprire le ferite inferte per mano femminea, e come privo di anima quasi l'intero genere maschile quando non più funzionale alla donna, nonostante i poeti maschi di ieri, ma anche quei fanciulli di oggi, tanto seri nell'atto creativo del gioco quanto ingenui nel trasporto per la bellezza, e pronti molto più delle coetanee ad eternare in rime, filosofie, musiche, pitture o poemi la persona amata e disiata quanto a uccidere o morire per causa essa, sarebbero semmai testimonianza dell'esatto contrario, innanzi a chi fa del mero utilitarismo il metro di valore dell'altro sesso), o (come traspare dai vostri stessi racconti) da pupazzi (a volte parlanti, a volte muti) da sollevare nell'illusione solo per farli cadere nella delusione con il massimo possibile di sofferenza fisica e mentale, di irrisione innanzi a loro stessi e agli altri, di senso di nullità innanzi a voi e di umiliazione pubblica e privata.

Se invece vogliamo ragionare in termini più profondi e reali, dobbiamo rilevare come la donna, in quanto soggetto disiato, goda del privilegio di natura (e quindi ANCHE di cultura) di essere dal mondo apprezzata, ammirata, disiata al primo sguardo in sé e per sé, per la sua grazia, la sua leggiadria, la sua essenza mondana (quando manca la bellezza, vi supplisce l'illusione del desiderio), senza bisogno di compiere imprese (cui sono invece costretti i cavalieri i quali senza esse restano purno nulla) o di mostrare necessariamente altre doti, poiché l'uomo la desidera primieramente per la bellezza. Al contrario, poiché la donna vuole selezionare fra i tanti che la desiderano colui che "eccelle", l'uomo è costretto a mostrare un certo valore, a faticare, a competere, a raggiungere una certa posizione socio-economica o anche culturale e di prestigio, giacché il concetto di "eccellenza", trasposto nel mondo umano, non ha valenza soltanto estetica, ma si ammanta di una sfaccettata serie di significati ed implica conseguentemente per l'uomo un'altrettanto variegata serie di "imprese da compiere".
Se non vi riesce, rimane un puro nulla e non solo non ha alcuna speranza d'esser degnato d'uno sguardo dalle donne, ma risulta completamente trasparente per tutta la società (giacché non può esercitare nel mondo quell'influenza indiretta sugli uomini e sulle cose per tramite di quanto in essi è di più profondo e irrazionale, quell'influsso sui pensieri e sulle azioni che per disparità di desideri ed inclinazioni sentimentali è proprio della donna).
Ti stai dunque lamentando di un privilegio.
In più, rovesci la realtà, in quanto quello che per te è sguardo necrofilo, nella realtà della natura (e anche della poesia) è la più profonda e sincera espressione del disio vitale.

Esite un primato della volontà: ci piaccia o meno. Come esseri viventi non possiamo non desiderare, prima di ogni altra cosa e senza riflessione alcuna, razionale, morale o sentimentale che sia. A nulla vale il pensiero e nullo è il giudizio morale sopra la volontà, anzi, è scorretto usarlo per giudicare ciò che non dipende da noi.
La sessualità è soltanto uno degli aspetti in cui ciò avviene, forse il più importante poiché in esso la specie si vede in procinto di acquisire o perdere uno strumento indispensabile per la sua prosecuzione, ma comunque in ogni aspetto della via, almeno quelli in cui "vogliamo", siamo mossi non dal nostro libero arbitrio bensì dalla natura, dal "mondo come volontà". Solo la nostra brama di conoscere, la nostra tensione al sapere non come utilità ma come pura contemplazione, il nostro trarre consolazione dalle opere di genio anche se queste mostrano l'infelicità del vivere, solo questo desiderio è tipicamente umano. Per questo "Poco volere e molto conoscere" è il motto del saggio.
Se questa è una valida guida per la vita serena e autarchica, non è però praticabile la sua estrema conseguenza, ossia il vivere nell'astinenza completa dall'appagamento dei bisogno naturali o addirittura il lasciarsi deperire, giacché sarebbe una contraddizione del nostro stesso essere vivi, essendo noi stessi figli ed espressioni della volontà naturale.
Non è inoltre saggio intraprendere la via dell'ascesi (i desideri naturali non appagati, tramite i ben noti meccanismi della psicoanalisi, divengono necessariamente altrettante forme di ossessione, e nell'ossessione non c'è libertà) come non sarebbe saggio curare la fame con il digiuno (non si può pretendere di combattere la natura negando i suoi istinti e reprimendo le sue pulsioni, poiché in questo vincerebbe sempre, e il tentativo servirebbe solo ad accrescere l'infelicità e a creare ossessioni e sensi di colpa utili invece a chi li può sfruttare, come la casta sacerdotale in passato).
Saggio non negare di avere dei bisogni naturali o ignorarne il soddisfacimento limitando la propria volontà (altrimenti sarebbero saggi i seguaci dell'endura) bensì appagarli se possibile nel modo più nobile, raffinato e gaudente senza lasciarsi guidare, attraverso di essi, dal genio della specie (che ha interessi diversi, coincidenti con quelli della natura e non con quelli dell'individuo o peggio (attraverso l'insoddisfazione di essi e il miraggio di ottenerli) da altre volontà.

Ritengo soprattutto ipocrita vantarsi "moralmente" di certi comportamenti tipici del proprio sesso rispetto a quelli dell'altro e di quanto, negli sguardi e nelle azioni, nei sentimenti e nelle scelte, discende dalla disparità di desideri, ben sapendo quanto tutto ciò non dipenda dall'eccellenza delle virtù personali o dalla nobiltà del libero arbitrio, ma da un motivo meramente naturale (simile a quello che fa gli uomini più forti fisicamente senza con ciò implicare alcunché di "intellettivo") e sciolto da ogni dote individuale e intellettiva. Chi pretende di avere superiorità morale per questo è ricola almeno come l'uomo che pretende superiorità per la sua forza fisica. Questo, personalmente, mi rende impossibile anche solo discutere con certe donne, che consciamente o inconsciamente negano le evidenze di natura, chiamano migliori sentimenti o superiore senso etico desideri semplicemente diversi (solo perché la loro espressione pare in superficie più “socialmente” accettabile) e confondono i piani e rinfacciano ogni cosa volgendola a proprio vantaggio o a senso di colpa altrui, sostenute in questo da infinite credenze errate, tratte dal cristianesimo o dal socialismo politicamente corretto e tendenti a vedere divinità, liberi arbitrii, costruzioni culturali ove vi sono meri istinti raffinati e specializzati o addirittura sublimati (verso cui comunque ognuno avrebbe diritto a volgersi secondo la propria sensibilità ed i fini che si propone di trarre per il proprio modo di intendere la felicità o almeno l'assenza del suo contrario).

Siamo anche altro, da quel desiderio: possiamo essere sentimento puro, slancio eroico, passione coinvolgente, o compassione, o pietà, o idealità nobile, o astrazione consolatrice, o semplice tranquillità operosa, oppure sublimazione del desiderio stesso al livello dell'intelletto, nei versi immortali, nelle musiche sublimi, nelle pitture divine, nelle immagini e nei suoni della poesie ed in ogni opera volta a rendere eterna la bellezza, ma non possiamo prescindere da quanto per natura bramiamo, nel senso più vero e profondo (inteso qui come creatore ed istintuale, non già educato dalla società, astratto e fallibile).

Non ci è dato sentirsi appagati nell'ambito amoroso senza seguire e soddisfare tali desìi. Anche se non basta certo soddisfare le brame come gli animali, per essere felici, non possiamo neppure non essere infelici, se a lungo rimangono frustrati i nostri naturali bisogni.

Non siamo noi a scegliere cosa soddisfare: noi scegliamo solo i mezzi e i modi.
E' la natura stessa che ci indica cosa ci piace, non possiamo farci piacere qualcosa ad arbitrio, almeno nei desideri naturali. Non possiamo essere appagati se non soddisfiamo la brama di bellezza e di piacere che la natura stessa ci inculca nei petti.

Perché un uomo si avvicina ad una donna (attraente)? Non intendo per l'amicizia, la quale è invero rara, se sincera, ed è propria dell'uomo (in natura non esiste), ma per quanto si dice "amore"? Perchè lo ritiene giusto? Perché esegue un calcolo o una dimostrazione che a ciò lo convincono? Perché la società glie lo insegna? Perché lo ritiene moralmente accettabile o positivo? NO! perché la natura lo spinge a ciò, come spinge le fiere ad inseguire la femmina nei boschi, come muove le stelle scorrenti del cielo e dà vita alle distese luminose del mare e alle terre che producono frutti! Come narra il De rerum natura di Lucrezio.

Se così non fosse, e si fosse spinti da mero edonismo o necessità estetico-intellettuale, si sceglierebbe di mirare la Venere di Milo o le Tre Grazie del Canova piuttosto che attaccar discorso con certe donzelle (dal comportamento magari intriso di stronzaggine e di vanagloria) solo perché sono le uniche creature viventi, nel raggio di qualche miglio, in grado di assomigliare a qualcosa in grado di suscitare un minimo palpito di desiderio.
Spesso converrebbe anche all'uomo poter scegliere di non desiderare (quante sofferenze e quante spese eviterebbe!) carnalmente e il fatto che non possa significa che non è lui a decidere (così come, ad onta del vanto femminile, non è nemmeno emancipazione dalla natura o merito intellettivo della donna la sua "razionalità erotico- sentimentale", ma meramente un'espressione raffinata del suo istinto sessuale, il quale non è desiderare ma farsi desiderare, e poi selezionare l'eccellenza). Si possono inibire le pulsioni, non cambiarle né annullarle.

Qualsiasi cosa pensi di lei come persone, e qualunque cosa io stesso sia come persona, qualunque siano le di lei virtù, simpatie e doti intellettive e qualsiasi possano essere la mia formazione, la mia educazione sociale o sentimentale, il mio sentire intimo, il mio spessore culturale o intellettuale, il mio atteggiamento verso la vita ed il mio modo di concepire i rapporti,
allorché una donna si rende sensibile al mio sguardo ed interpreta il mio sogno estetico (modellato dall'incoscio dell'immaginario collettivo o artistico, ma comunque nascente, come bisogno, come illusione della natura, dall'istinto) io non posso fare a meno di essere fatalmente attratto, secondo natura, dalla claritade angelica del viso, dalla figura alta, dalle chiome fluenti e lunghe, dalle linee scolpite delle membra, dalle forme dei seni rotonde, dallo slancio statuario della persona, dalla piattezza d'un ventre perfetto, dalla liscia pelle e levigata, dalle fattezze tutte d''un corpo dea, e dall'altre grazie che, come diceva Dante, "è bello tacere".
Questo non implica che non debba poi eventualmente apprezzare altre doti (cultura, intelligenza, simpatia, cuore) in quella donna (sempre qualora esistano realmente) o che non sia in grado comprendere l'esistenza della sua sfera sentimentale. Resta il fatto che tutti gli uomini l'apprezzeranno immediatamente e per la bellezza, mentre soltanto coloro che posseggono un'affinità elettiva con lei saranno interessati ad un legame di amicizia sincero (il quale, a differenza dell'amore, che è natura, è invece un vero sentimento umano). D'altra parte un uomo non è mai disiato ed apprezzato a priori e non ha mai la maggioranza delle donne pronta a recitare per lui da seduttrice, o anche solo a seguirlo con lo sguardo sospirando, come avviene nel caso inverso, ma deve conquistare con le proprie doti (se ci sono) la semplice possibilità di comunicare. Non gode dunque egli di un apprezzamento sessuale a priori, ma solo l'apparire eccellente, agli occhi della donna, per le virtù che permettono l'affermazione nel mondo reale o in quello dell'arte, per l'intelletto, per la cultura, per quella bellezza non corporale che ha nome cor gentile, o per nell'abilità di creare sogni e illusioni e di perdere l'anima nella “favola bella che ieri m'illuse che oggi t'illude” o ancora (a volte) per il poter conferire immortalità alle grazie femminili nei marmi divini o nei versi più che umani, può renderlo degno di stare accanto a quella che gli pare una cherubina scesa dal cielo per sua letizia. Anche nel suo caso, poi, egli sarà veramente apprezzato, nel profondo, soltanto se, una volta avvenuta l'occasione di contatto intimo e di dialogo, si verificherà un'assonanza di amorosi sensi intellettuali. Se ciò non si verifica, la donna troverà comunque nel resto dei suoi ammiratori un numero sufficientemente esteso di successive (e non faticose) speranze di essere intimamente apprezzata (le basta sorridere perché tutti siano interessati a dialogare con lei e ad approfondire la conoscenza erotico-sentimentale: fra essi potrà scegliere chi sinceramente l'apprezza non solo per le forme), mentre l'uomo dovrà reiniziare daccapo la dura fatica del rendersi interessante e gradito (per poter poi ritentare), con i conseguenti rischi di delusione e fallimento. La di lui autostima e la di lui pazienza sono dunque messe molto più a dura prova, posto che un legame sentimentale vero è difficile da trovare per entrambi. Almeno però la donna intanto si può divertire con facilità e può sentirsi ovunque rimirata e quasi idolatrata al primo sguardo, come nelle Rime di Cavalcanti: “chi è questa che vien ch'ogn'om la mira,/ che fa tremar di chiaritate l'aere/, e mena seco amor sì che parlare/ null'omo pote ma ciascun sospira” mentre l'uomo, a priori, sente solo sguardi di sufficienza su di sé e rischia di essere trattato come “uno fra tanti”, un banale scocciatore.
Su questo dovrebbero riflettere coloro le quali si lamentano del proprio privilegio di natura e confondono l'assolutamente a normale difficoltà di trovare corrispondenze spirituali con una presuta bestialità d'animo degli uomini. Che dovrebbero dunque dire costoro, che alla medesima difficoltà debbon sommare quella di non esser carnalmente disiati e di dover penare anche solo per appagare i propri bisogni estetici e non hanno, per natura, la consolazione di un apprezzamento oggettivo (ma devono costruirselo con lo studio, la fatica e la fortuna)? A volte, per necessità, la sensibilità viene accantonata dagli uomini per non essere dilaniati dalle inevitabili e reiterate delusioni erotico-sentimentali (se non si vuole pagare, si deve tentare n volte sperando nella n+1 esima, senza porsi troppo problemi di bruciarsi, a mo' di tester elettronici).
Tutte queste tematiche dovute alla disparità naturale di desideri danno modo alle donne superficiali di criticare come bruto o insensibile o “animale privo di sentimento” chi rimira primieramente la fattezze in una donna e, come nell'incanto del sogno, si lasci andare all'ingenuo trasporto verso la bellezza, chi, anche solo con lo sguardo, si abbandona al profondo, vero, cupido e creativo desiderio verso le grazie corporali delle donne.
Esse pensano che il fatto di rimirare primieramente e senza riflessione le grazie corporali (come voluto dalla natura) significhi essere animali totalmente e quindi non apprezzare le bellezze intellettive, le squisitezza intellettuali e non capire nulla al di là delle gambe, delle rotondità del petto, dei glutei e dell'ovale del viso, e non rispettare la persona che abita quel sogno estetico, e soprattutto non soffrire in sé per le crudeltà dell'amor naturale. Questa è una scusa per queste donne al fine di potersi permettere di tutto nei confronti degli uomini, qualsiasi derisione profonda, qualsiasi umiliazione pubblica o privata, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi irrisione nel desiderio, qualsiasi arroganza, qualsivoglia crudeltà o perfidia (mascherata da nobile alterigia), qualsiasi vanto di e persino qualsiasi violenza psicologica o d'altro genere (sbranamento economico, sentimentale, morale).

Non deve essere valutato negativamente il fatto che nell'uomo l'illusione del desiderio, sulla quale si fonda l'essenza stessa della bellezza femminile, preceda in tempo ed intensità "tutto il resto". Negli uomini nati per le cose dell'intelletto, o anche solo in quelli sufficientemente sensibili da non potersi appagari della semplice brutalità della carne e delle piacevolezze terrene e quindi, in quanto tali, finite, questo fatto è il seme da cui germoglia il più alto e puro sentire artistico.
Un uomo che vede la bella dama, e tosto la brama con tutto il sue essere, è pervaso da quello stesso fremito che mosse Jacopo da Lentini, notaio del Grande Federico II di Svevia, a inventare il metro perfetto del sonetto per celebrare la sua divina bellezza, è inondato da quello stesso languore che rende sublimi e inimitabili le Rime del Tasso, è permeato di quello stesso desire che spinse Catullo a comporre i carmi immortali di Lesbia, è invaso da quello stesso ardore che generò le novelle Rinascimentali e le rime petrarchiste di schiere di dotti dalle raffinate squisitezze intellettuali.

Il desiderio di natura, prorompente nella brama dell'istinto, si sublima in immagini, suoni, sculture versi perfetti e parole immortali nelle menti di quegli uomini nati per le cose dell'intelletto, per vivere e riconoscersi in quell'universo di pensieri ed essenze spirituali germano all'Iperuranio di Platone. Il desiderio di purezza e la brama di perfezione, così proprie dell'uomo d'intelletto, direi quasi innate in lui, restano però sterili, quasi volontà di morte, come tutte le cose ascetiche, se a renderle feconde non interviene la figura della Musa, scatenando ad arte la forza della vita e dell'istinto. Parimenti l'artefice è necessaria la musa, parimenti all'ingegno è necessario l'istinto.
Ad altro non pensò Guinicelli, quando, effondendo le rime del Dolce Stilnovo ch'i'odo incipiò l'autentica poesia italica, ad altro non sospirò Petrarca, quando creò con suoni e i ritmi l'atmosfera pura e rarefatta dei suoi immortali sonetti, forgiando lo stile perfetto senza uguali nel mondo, ad altro non mirava Boccaccio, quando narrando le storie che restituirono l'Italia alla religione delle Lettere e della Bellezza riportò nella nascente prosa italiana quello stile ampio ed armonioso proprio del grande eloquio Latino e degno del nome di Concinnitas.
Nulla che di bello esiste è stato creato senza il desiderio di natura, senza un profondo legame con il substrato tragico e dionisiaco dell'esistenza.

Nell'amicizia una donna sarà apprezzata per la simpatia e la fedeltà, nel lavoro per la competenza e lo studio, nell'immaginario per la personalità, ma nella sessualità lo è primieramente per la bellezza, senza che ciò implichi alcuna valutazione, né positiva, né negativa, su tutto il resto.
Ma "tutto il resto" viene apprezzato (se c'è) sempre successivamente e secondariamente, giacché, come detto, siamo esseri viventi prima che persone (e quindi fatti di desideri, oltre che di illusioni, sofferenze e caducità: solo se per appagare il proprio naturale bisogno di bellezza e di piacere si considerano le escort, si possono avere amicizie sincere e disinteressate e prive di secondi fini con le donne giacché, in caso contrario, ossia di esclusione della scelta sicura escortistica, data la disparità di numeri e desideri, la legge dei grandi numeri costringerebbe l'uomo, volente o nolente, a non lasciare mai nulla di intentato, ad aggrapparsi ad ogni minima possibilità o ad ogni illusione, a non farsi sfuggire nessuna occasione, e quindi imporrebbe il comportamento di chi ad ogni incontro con una donna cerca inevitabilmente, in maniera esplicita o implicita, chiara o ingannatoria, di convincerla alla copula, pena, in caso contrario, ossia di mancato sfruttamento di ogni possibile occasione, la quasi certezza dell'inappagamento, del disagio emotivo, dell'infelicità da sessuale ad esistenziale, dell'ossessione ). E fra "tutto il resto" l'apprezzamento intimo e sincero esiste solo con la minima probabilità con cui si trova nel mondo un'anima affine alla propria. La bellezza invece è natura, è la più fulgente illusione della natura.

Un fanciullo brama la donzella avvenente così come un fiore sboccia, un usignolo canta, un prato fiorisce, una cascata irrompe, e quando il suo desire si volge in attività d’intelletto allora i versi e le rime scorrono con quella medesima magia propria dei prodigi di natura, come l’avvento della Primavera o il riflesso sull’onda lucente di quella conchiglia d’argento che chiamiamo Luna.

A voi non piacerà essere considerata solo due tette e un culo, ma a me può non piacere essere visto come un semplice spettatore anonimo, uno qualsiasi, uno su cui provare in ogni modo la propria avvenenza e la propria autostima come fossi un freddo inanimato specchio, un pezzo di legno davanti a cui vare tutto o di duro metallo immune alla sofferenza emotiva.

Se qualche scrupolo sull'abbandonare la filosofia escortistica e sul pensare ad incontri normali è rimasto in me, esso è subito fugato dall'udire discorsi siffatti. Quando infatti immagino che, anche dovessi riuscire a vincere la mia naturale timidezza, il mio insormontabile disagio emotivo d'innanzi al corteggiamento, la mia scarsa fiducia sul poter essere apprezzato e la mia infinita razionalità calcolatrice a priori (la quale mi fa rinunciare a rischiare cose certe per premi improbabili), mi trovere innanzi uno sguardo di sovrano disprezzo verso me che desidero suspiciente (e proprio perché desidero) e un pensiero quasi di disgusto per le fole del mio disio naturale (e proprio nell'essenza più profonda e vera di esso), il mio impulso non si volge più alla copula, bensì al pianto.

Se le donne, specialmente quelle tanto belle da poter avere qualsiasi rapporto con qualsiasi uomo, pensano così, allora sarò sempre disprezzato al primo sguardo
come loro saranno apprezzate da me per grazia e leggiadria?
Se voi diffondete questo implicate per me nel reale essere guardato con sospetto o con aperta sufficienza da chi ammiro al primo sguardo per beltà di donna?
Quando guardare con disio significa ricrere in me lo stupore che ebbe il mondo vedendo la nuda Venere nascer dall'onde del greco mare sulla sua bianca conchiglia, risentire quella brama che fu di Callimaco, di Catullo e di Properzio, e che rimane eterna nei carmi greci e latini, riprovare quel trasporto che rapì Guido, Lapo e Dante al mirar passeggiare “monna Vanna, monna Lagia e colei ch'è nel numer de' le Trenta”, rivivere quel distacco fra cielo e terra che in Petrarca fece germogliare lo stile puro e rarefatto dei sonetti perfetti senza uguali nel mondo, lasciarsi prendere dal quella tensione al mondo ideale e perfetto propria dei poeti Rinascimentali, primo fra tutti il cardinal Bembo, e che portarono a compiuta perfezione la lingua e lo stile della vera poesia italiana, abbandonarsi come il Tasso alle onde della voluttà dell'Aminta e al languore delle Rime, lasciarsi infine prendere dalla cupida volontà di bellezza divinamente effusa dal D'Annunzio nei versi immortali del Poema Paradisiaco?

Essere disprezzato nell'intimo del mio essere uomo proprio nei primi momenti in cui sono mosso da desiderio verso la bellezza femminile (che poi cerco di sublimare ma in speculazioni filosotiche ed estasi artistiche ed eternare in pensieri parole ed opere ma questo è un altro
discorso) non può da me essere accettato: questo proprio no.

Mi sarebbe piaciuto discutere seriamente, ma non è stato possibile. Ogni discorso serio avrebbe dovuto partire da cosa significa mirare le forme rotonde dei seni per l'oggettività della natura, non per le valutazioni morali di questa o di quella arbitraria società.
"Un seno femminile turgido esercita un'attrattiva straordinaria sul sesso maschile perché, stando esso in rapporto diretto con le funzioni riproduttive della donna, promette nutrimento abbondante al neonato. Invece le donne eccessivamente grasse suscitano in noi repulsione: la causa è che una tale costituzione indica atrofia dell'utero: cioé sterilità; e non è la mente, ma l'istinto a saperlo".
(A. Schopenhauer, "La Metafisica dell'Amore Sessuale".
Invece qua si è voluta utilizzare la valutazione morale femminista eletta a sistema di governo per giudicare la natura (in questo caso, specificatamente maschile) anzichè, come ragione avrebbe suggerito, mettere in dubbio la liceità della valutazione morale femminista per il suo essere in aperto contrasto con la natura (non solo con quella maschile: se accetta quel giudizio di valore, le donne, che generalmente spendono e soffrono follie pur di rifarsi il seno, dovrebbero essere supposte tutte o tanto stupide da agire a proprio futuro danno, preparando la "molesta invasione" di sguardi maschili tanto "offensivi" per la loro psiche, o tanto sadiche da rifarsi il seno per farsi guardare dagli uomini e poterli poi sgridare, accusare, irridere e insultare)



IV. (contro l'inghilterra)
Qua mi preme dire due paroline alla stronzetta che cita l'Inghilterra lamentandosi degli Italiani.
Non so se gli inglesi sembrino differenti perchè tutti gay o perchè vittime della repressione culturale puritano- femminista (la quale poi genera, con i ben noti meccanismi psicanalitici della repressione di una pulsione naturale come quella di esprimere disio per la bellezza femminile, genera nel privato i più innominabili vizi e le più innaturali deviazioni, facendo sorgere come funghi maniaci, guardoni, sadici, pervertiti, serial killer e segaioli).
So solo che chi disprezza in tal modo (al punto da volerli denunziare) gli ammiratori delle proprie grazie corporali merita che queste sfioriscano presto, chi si lamenta di complimenti e attenzioni del mondo maschile merita di essere trasporatata in un mondo di soli gay (maschilisti, olimpici cultori della virilità guerriera e raffinati spregiatori della femmina), in modo che il duro geno dell'indifferenza punisca a dovere la stolta superbia femminile.
Le donne sanno tanto bene ciò che spendono tutto il loro tempo a seguire la moda per apparire in ogni tempo e luogo massimamente belle e disiabili, tutti i loro soldi e la loro salute a sottoporsi ad interventi chirurgici al limite della follia (nella speranza di essere sempre attorniate di quegli ammiratori che poi magari si dilettano a respingere sdegnosamente, ferire intimamente, disprezzare pubblicamente, condannare moralmente, sgridare femministicamente, insultare allegramente o addirittura denunciare penalmente) e quando nonostante tutto sentono di non essere più guardate e disiate da tutti (ma proprio tutti) come un tempo vanno in crisi esistenziale.
Io dico: crepino
Le donne possono lamentarsi dei nostri sguardi fino a quando sanno di essere guardate comunque, non curandoci noi delle loro lamentele. Se prendessimo queste per sincere, e cessassimo di volgere loro gli occhi disianti, la loro stessa bellezza cesserebbe di esistere, nascendo essa, come quella della luna, non da uno splendere di luce propria, ma dal riflettere la luce di un sole fuori di loro (il nostro disio, generatore di ogni bellezza più che umana, di ogni poesia divinizzante, di ogni luce d'eternità ).
Possono dire così per conformità alla cultura politicamente corretta in senso femminista (e sotto sotto puritano) propria degli angli moderni, o per tirarsela ancora di più disprezzando gli stessi ammiratori,
ma quando vengono in italia e si confessano
mostrano dolore al pensiero di dover tornare in inghilterra ove a livello di interesse presso gli uomini e il mondo valgono meno di un pub o di una partita, dopo essere state in italia ove l'illusione della bellezza le ha poste come su un piedistallo, quasi simili alle fanciulle sulle urne greche divenute dee per l'essere state eternate dall'arte nel momento infinito del disio.
Osate parlare di sguardi invadenti in Italia?
E il tuo mostrarti ovunque bella e disiabile (inconsciamente, per attirare più maschi possibile e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute, consciamente per pura vanità , supina accettazione di mode e costumi, patologico bisogno d'autostima o gratuito sfoggio di preminenza erotica) non può forse essere invadente per noi?
E se ti è consentito ciò, perchè allora non dovrebbe esserlo il mio guardare?
Perchè qualsiasi cosa tu faccia non è invadente, mentre dovrebbe esserlo l'opposto complementare secondo natura?
Se ella è libera di esprimere (consciamente o meno) in ogni modo, tempo e luogo il proprio naturale istinto d'esser bella e disiata (chè questo vi è dietro il diritto a "vestirsi come le pare" o a "esprimere la propria femminilità ") e può permettersi di esagerare a piacere nell'illudere, nel suscitare disio e provocare attrazione negli astanti,
io non posso non essere parimenti libero di esprimere il mio corrispettivo istinto di disiare al primo sguardo la bellezza, inseguirla e cercare di ottenerla (almeno fino a che le espressioni di esso non mostrano nè¨ violenza nè prepotenza nè prevaricazione nè volontà di costringere).
Non può ella avere il diritto di mostarsi ed io il dovere di non guardare.
Non può ella poter suscitare disio (per vanità , capriccio, autostima o sadico diletto) ed io doverlo trattenere, negare, nascondere, dannare e condannare.
Non può ella poter seguire il proprio comportamento naturale ed io dover reprimere il corrispondente della mia natura.
Non può ella avere il diritto di essere disinibita ed io il dovere legale a sottopormi a mille inibizioni.
la naturalità del comportamento se concessa deve essere concessa a tutti.
Non può corrispondere al suo diritto di essere sessualmente ambigua il mio dovere di essere sessualmente corretto.
La correttezza se esiste deve esistere per tutti.


IV.
Infine dico due parole sull'Inghilterra.
Voi chiamate paese avanzato quello che è semplicemente sprofondato nel femminismo in termini di diritto, ragione, buon senso, logica ed etica.
In esso infatti accade
a) che la modifica alla legge sullo stupro
http://la-sublime-porta.blogspot.com/2011/01/tutte-le-donne-che-leggono-alfemminile.html
(per la quale si considera come tale non solo, come sarebbe giusto, il caso in cui un ragazzo somministri droga o alcool ad una ragazza per usare la perdita dei sensi al fine di violentarla, o se comunque sfrutti la debolezza psicofisica dovuta alla condizione di ubriachezza per costringerla a compiere o subire atti da lei in quel momento non voluti, ma addirittura quello in cui è la donna a manifestare il desiderio di un rapporto sessuale, che magari da sobria non avrebbe avuto, ma che comunque non è dovuto ad alcuna costrizione esterna) è stata proposta da una nazifemminista con il chiaro intento demagogico di aumentare la percentuale di condanne nei processi per violenza (cioé, anzichè ammettere che la vaga e omnicomprensiva definizione di "violenza sessuale" voluta dal femminismo e comprendente non solo e non tanto quanto ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e punito come stupro, ma letteralmente tutto ciò di cui una donna, a posteriori e secondo i propri soggettivi parametri, possa accusare un uomo, nonchè il modo "cavalleresco" di polizia e magistrati di procedere con le indagini e le incriminazioni, credendo a priori alla donna anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta "violenza", portino a giudizio fin troppi innocenti, si pensa, con la scusa della mancanza della facoltà di intendere sotto l'effetto dell'alcool, che però, stranamente, annulla il consenso della donna ubriaca ma non la responsabilità dell'uomo che da ubriaco commetta stupri o altri reati, a far ricadere nella "violenza" anche atti consensuali, al fine di condannarne il più possibile)
b) che il risarcimento per stupro viene erogato ancora prima del processo (ovvero di sapere se la donna è davvero vittima, in ossequio al dogma antimaschile secondo cui ella lo è sempre e comunque a priori), di modo che per certe ragazze con pochi scrupoli risulti conveniente adescare malcapitati alla bisogna (economica).
c) che la pena per stupro possa arrivare all'ergastolo (quando non vi arriva nemmeno quella per omicidio), mentre quella per chi fa rischiare una tale pena ad un innocente con una falsa denuncia non superi mai l'anno (e non venga quindi, causa condizionale, mai scontata in carcere).
d) che una ragazza che strappa i testicoli all'ex dopo che questo le ha rifiutato un rapporto venga condannata a due anni e mezzo mentre gli ex-fidanzati accusati di violenza (che difficilmente però può, con tutto il rispetto per le donne, causare un trauma fisico e psicologico superiore ad una castrazione violenta di quel genere) vengono condannati a pene dieci volte superiori spesso con prove assai meno certe.
e) che una donna venga assolta da un omicidio commesso perchè ha la sindrome mestruale (con lo stesso principio se un uomo uccidesse e violentasse in seguito ad uno stato di ira o di eccitazione dovuto a certi suoi problemi psicofisici dovrebbe venire parimenti assolto).

La GB è uno stato canaglia e chi la cita come fonte di diritto una criminale internazionale.


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22 Comments:

At Cuma, Nisan 18, 2008 11:54:00 ÖS, Anonymous Adsız said...

Ciao Sultano, certo ci sei andato giù pesante con Rosa!
Condivido in larga parte le tue opinioni, solo che questo è quello che il mondo occidentale moderno ci regala giorno dopo giorno, dovremo abituarci ad ogni sorta di stranezza se non vorremo essere in battaglia continuamente.

 
At Cumartesi, Nisan 19, 2008 12:32:00 ÖÖ, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

L'ho solo trattata per quello che è e per quello che le sue simili si meritano. Se si trattano certe moderne con il tatto con cui (sbagliando anch'essi) i "sommi cavalieri antiqui" trattavano le dame (che non erano certo meglio delle donne di oggi, ma almeno avevano chi le limitava) e con cui giudici, filosofi e filistei di oggi trattano le femminil-femministe in genere si finisce per dover chieder loro persino il permesso di respirare o di andare al gabinetto.

Ricordo che il mondo occidentale moderno è frutto di come si comporta (e soprattutto di come pensa) l'uomo (dovrei dire il sottouomo?) occidentale moderno. E come sosteneva il grande Julius Evola, è solo quando l'uomo si fa pecora che la donna si fa lupo.

Del resto non ho certo la pretesa di invertire il grande Kali Yuga in cui ci troviamo. Mi limito a notare come quelle riportate non siano stranezze, ma parte di quel cancro chiamato "femminismo" (e che è tutt'altro da una auspicabile e condivisibile "equilibratura" e "vita serena" fra i sessi) e quindi di un disegno ben preciso (volto ovviamente a denigrare l'uomo in quanto tale, e ciò per i fini di certe lobbies mondiali che, dopo aver distrutto religioni, patrie e soprattutto la famiglia tradizionale, vogliono distruggere nelle genti l'ultimo baluardo identitario, ovvero la naturalità sessuale e i suoi generi con le loro caratteristiche, al fine di preparare l'umanità ad essere un insieme indistinto di androgini consumatori senza padri e senza palle). D'altra parte ciò è soltanto l'ultima metastasi di quel grande tumore iniziato con il cristianesimo e la sua sovversione dei valori e poi proseguito con le varie rivoluzioni borghesi, socialiste, ecc.
Ma queste sono opinioni politiche (o metapolitiche) strettamente personali.

Quanto rileva è che cerco gente la quale, come me, ne abbia piene le scatole di subire prepotenze dalle stronze e dai loro "paladini" (con tutto il corredo di menzogne sovvertenti ogni logica ed ogni etica) e sia disposta a rischiare qualcosa per attuare realmente non dico una vendetta, ma almeno un segnale forte.

A scanso di equivoci, non ritengo proprio che con chi usa la violenza legale, la distorsione ideologica, la malafede, per non dire degli inganni e delle perfidie sessuali, si debba replicare con la ragione ed il diritto. E non credo nemmeno si debbano cercare armi identiche (nel veleno la vipera è in vantaggio rispetto al leone).
Rispettabile e giusta sarebbe qui una sana brutalità.

E quanto alla vostra ultima rinunciataria frase, preferisco una battaglia continua, una santa guerra, magari una morte violenta ma eroica, ad un scivolamento lento verso l'accettazione della "tirannia delle stronze", o anche solo ad una accondiscendenza verso i soprusi del politicamente corretto e la criminalizzazione della mia natura di uomo.

Se si decide di combattere non si deve accettare una vita contraria al proprio io profondo. E si hanno solo due strade distinte: o si vive conforme alla propria natura ed alla propria virtù (se si vince) o non si vive affatto (se si perde). In ogni caso non si vive la morte in vita del vivere in maniera altra da sè.

 
At Pazar, Nisan 27, 2008 3:30:00 ÖS, Anonymous Adsız said...

Caro Sultano, ho capito, concretamente, quel che dici solo negli ultimi anni, quando completa e senza residui è divenuta la strage delle illusioni. Vorrei però che non ci si perdesse in un attacco diretto alle donne, per natura conservative e certo codine in una civiltà dell'immagine, del sembrare, che si regge su una abolizione necessaria ed assoluta del pensiero. Le donne assorbono. Bisogna cambiare quel che si lascia loro assorbire (e che poi credono di essere. Perché credono, non fanno la fatica di sapere). Il problema è culturale e soprattutto politico. E la soluzione non può che essere politica e culturale. Staccarsi dunque da queste istituzioni-sistema (rifiutarne i criteri, soprattutto riguardo alla concezione del merito) che galleggiano sul richiamo ai giovani e alle donne e rinnegano il processo, la ruga del pensiero, il superamento di una restitenza, il suo risolversi in pensiero. E a guardar bene, queste istutuzioni-sistema mi sembrano deboli, fragilissime. Ti dibatti forse troppo. Il corpo (e, veramente, non vedo altro) è debole. Tieni duro, un abbraccio.

 
At Pazar, Nisan 27, 2008 4:50:00 ÖS, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

Risposta culturale?

La mia risposta culturale è stata data nella prima parte del messaggio (quella secondo ragione).
Quanto alla seconda parte (quella secondo follia, degna risposta all'irrazionalità tirannica di donne e seguaci) essa si colloca non già nel solco di una "distruzione del pensiero", ma in quello di un "pensiero machiavellico".
E' non solo ingenuo ma altresì sciocco fornire risposte meramente culturali (quand'anco massimamente razionali, equilibrate e fondate) a movimenti che non usano nè la ragione, nè la cultura, nè l'equilibrio, ma la distruzione della ragione, la distorsione (e a volte, come nel caso del vilipendio alle grandi civiltà virili del passato, la negazione) della cultura, lo spostamento di ogni concetto di equilibrio verso una situazione nella quale alle femmine è concessa qualsiasi espressione non solo dei propri istinti naturali ma anche della propria artificiale perfidia, mentre l'uomo dovrebbe subire tutto in silenzio e reprimere persino le più naturali, immediate, profonde ed anco creative e nobili pulsioni, nella quale ogni capriccio femminile è chiamato diritto ed ogni servitium più o meno "amoroso" maschile dovere, nella quale tutto quanto per qualsiasi motivo ed in qualsiasi ambito non piace alla singola donna è già per questo reato, mentre quanto ferisce (materialmente, moralmente, sessualmente, monetariamente o legalmente o anche solo psicologicamente) in maniera corrispondente un uomo è sempre lecito, nulla contando la non certo inesistente (e si supporrebbe "paritaria" in uno stato fondato sull'uguaglianza fra i sessi) sensibilità maschile o l'auspicabile oggettività di un criterio di legge (quando si parla di donne lo stato di diritto, che fornisce anche agli assassini, ai ladri, agli stragisti il beneficio del dubbio, viene sospeso).
Non vi accorgete che nel mondo preteso "emancipato" la violenza femminile (fisica o psicologica e scenica) è detta "affermazione", "salute" e "modernità", mentre quella maschile (la quale, ben diversa dalla semplice brutalità o dalla stupida furia distruttiva quale la mostrano i "films" americani, è invece stata pure nella tradizione formatrice delle massime civiltà solari e virili capaci di vivere secondo i criteri del sacro e dell'eterno e di produrre opere del velore etico-spirituale di una Commedia, di una Eneide, di una Iliade) è reputata il peggiore dei mali (anche quando si tratta non già di volontà di dominio ma di umanissima reazione di un essere umano libero di fronte alla prepotenza femminile)?

Non voglio sostenere ora (anche se ne avrei gli argomenti) che le donne siano per natura più stronze, perfide e violente (in senso ampio), ma che quando è un uomo a mostrarsi stronzo, malvagio e violento (nei modi ovviamente a lui più congeniali) viene immediatamente colpito (a seconda dei casi) da processi, pubbliche condanne (legali o anche solo sociali), confische dei beni (vedi divorzio), esilio, galera o ergastolo o pena di morte (di fatto), mentre quando è una donna a fare la stronza, ad infliggere perfidie, ad essere violenta (in ogni senso a lei più congeniale: ossia psicologiocamente, socialmente, legalmente, sessualmente) al massimo subisce qualche censura da parte di una minoranza di maschi pensanti, mentre la maggioranza delle persone si limita a sostenere che "è tosta" e "afferma i suoi diritti di donna".
Anche ammettendo di essere "stronzi" uguale, la stronzaggine femminile è oggettivamente più diffusa poichè tutelata da legge e cultura. E contro essa combatto, prima che contro le donne in sè.

Sono perfettamente consapevole di come non si tratti tanto di odio o malvagità improvvisi delle donne contro di noi, ma di una degenerazione sociale e culturale insita nell'attuale decadenza occidentale (la decadenza in ogni civiltà è stata femminile) e soprattutto nelle intenzioni delle lobbies finanziarie che governano il mondo (e perseguitando il maschile vogliono eliminare le ultime resistenze tradizionali e naturali al loro totalitarismo consumista: del resto, per un motivo simile hanno già prima usato, poi dismesso, il femminismo storicamente inteso).
Poichè le donne però sono dotate di cervello e potrebbero capire (anzi, secondo me lo hanno già capito) questo come l'ho capito io (che non sono certo un genio della psicologia e dell'analisi sociale) farebbe loro onore rifiutare certi estremismi femminil-femministi. Pare invece che le moderne occidentali prendano gusto dai privilegi loro concessi dal sistema e si permettano per giunta di dipingere (a mo' di infantile ancorchè menzognera giustificazione) come "rivalsa" una semplice prosecuzione (e allargamento oltre ogni misura) di prerogative già loro proprie dalla notte dei tempi (nel mondo tradizionale le donne non sono affatto schiave e oppresse senza influenza, potere o libertà, hanno semplicemente, come del resto in natura, pena la decadenza della specie, un ruolo diverso e complementare, e non già nullo o marginale: se in Afghanistan pare il contrario ciò è dovuto solo al fatto che i talebani non siano affatto rappresentanti della "Tradizione", ma agenti pagati dalla Cia, come ormai sa tutto il mondo: chi ha la fortuna di conoscere dal vero donne mussulmane provenienti da paesi non dominati dagli amichetti degli Usa capisce come falsi siano gli stereotipi femministi e occidentalisti sulle "donne oppresse dal velo"). Il comportamento delle occidentali in genere giustifica pienamente la mia reazione "secondo follia".

Comunque, se notate, il mio attacco non è stato più violento contro le donne che contro gli uomini fiancheggiatori del femminismo politicamente e mondialmente corretto (voluto sempre da certe lobbies). Alla stronzetta ho promesso soltanto tante botte, mentre è al giudice (in quanto traditore dello stato di diritto) che ho promesso la morte. Bisogna notare certe cose, se non si vuole passare per chi guarda tutto con i paraocchi cavallereschi (tramite cui la minima violenza su una donna pare crimine contro l'umanità mentre la violenza massima su un uomo passa inosservata).

Certo che il problema è anche politico, ma come volete combattere politicamente senza la forza delle armi? Cosa opporreste alle armi e ai denari che pur non formalmente appartenendo alle donne stanno chiaramente e sistematicamente dalla loro parte?

La battaglia soltanto culturale sarebbe appropriata se l'altra parte non usasse (fin dalle scuole in mano alle donne) la violenza della propaganda (distruttrice di cultura: avete mai potuto leggere e prendere sul serio le opinioni "antimoderne" di chi, a parte l'ormai arcinoto Nietzsche riabilitato dalla sinistra di Adorno, Vattimo e Montinari, vede nel cristianesimo e nelle varie rivoluzioni borghesi, socialiste e femministe non già l'inarrestabile luminoso progresso, ma l'orrendo allargarsi di diverse metastasi dello stesso cancro divoratore della civiltà solari?) e quella della legge (come in questo caso). Poichè l'altra parte usa tutta la violenza del "branco" democratico (e demoniaco nel suo totalitarismo ideologico: chi non è concorde viene emarginato e perseguitato) è opportuno, prima di voler proporre le nostre opinioni al grande pubblico, ricordarsi della frase del segretario fiorentino: "Li profeti armati vinsono e li non armati ruinorono". E visto che non voglio ruinare mi preparo ad armarmi (e per questo cerco soldati).

Se mi appagassi di una battaglia culturale mi limiterei a leggere "Rivolta contro il mondo moderno" e le altre opere significative sul tema del maestro Julius Evola. Io non sono certo degno della sua apollinea calma, ma almeno uso la mia furia dionisiaca per pugnare contro le forze oscure di questo Kali Yuga ginecocratico.

SALUTI DALLA SUBLIME PORTA

 
At Pazar, Nisan 27, 2008 8:52:00 ÖS, Blogger davide said...

Caro Sultano,

ormai siamo al paradosso di criminali che continuano a delinquere inpuniti, mentre si punisce chi guarda una donna.

Saluti Davide

 
At Pazar, Nisan 27, 2008 9:33:00 ÖS, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

Purtroppo, messer Davide, non si tratta di un paradosso, bensì di uno dei tanti effetti necessari del femminismo (oramai, da movimento storico funzionale al sistema liberal-massonico, degenerato in femminil-femminismo autoreferenziale), il quale, come tutte la menzogne moderne (marxismo incluso) deriva dell'hegelismo (da cui prende a prestito le pseudostrutture "dialettiche" e la pretesa visione "servo-padrone" in cui le donne vengono eternamente rappresentate vittime), il qualee deriva in via degenerata da Kant, che a sua volta, in quanto corruzione di ogni istinto fatta spirito, è l'ultimo epigono laicizzato del cristianesimo. E qui mi fermo con la catena poichè da qui in su già F.W. Nietzsche ha ben illustrato tutto nell'Anticristo nonchè nella "Genealogia della morale".
Ad ogni modo non intendo esibirmi in una lezione di filosofia, di politica, nè di metafisica o di meta-storia.
Ognuno si tenga le proprie opinioni in tema.
Resta il fatto che nessuno fra i cosiddetti "amici delle donne" occidentali, fra chi acriticamente alimenta il mito della donna "bella, buona e brava" e dell'uomo sempre a priori "violento, primitivo e sempliciotto" (ad onta di quanto sotto gli occhi ci pongono arte, civiltà e tradizione antica e moderna), fra chi aderisce implicitamente al dogma dell'identificazione fra femminile e progredito/pacifico (quando sarebbe casomai appropriata quella fra femminile e decadenza/indifferenza, e se le pulcelle mi provocano su questo punto si meritano davvero la lezione accademica) può sentirsi escluso dalla propria parte di responsabilità. Chi detta le leggi e le interpreta non viene da Marte, ma dalla società umana. E se queste sono le sentenze, a ragione posso sostenere gran parte degli uomini moderni essere nulla più che servi decelebrati delle stronze di turno.

Infatti, fra tanti fanfaroni, chi ha risposto al mio appello?
Mi meraviglia che nessuno sia ancora venuto ad arrestarmi. Fanno male, poichè poche volte e mai immotivatamente io giuro il male, ma quando lo faccio non scherzo.

Il paradosso vero è invece questo: anche un uomo in precedenza pacifico, gentile e pacato quale ho cercato di essere con donne e similia è diventato, per causa del comportamento delle donne stesse e dei loro fiancheggiatori, un aspirante killer.

SALUTI DALLA SUBLIME PORTA

P.S.
Con tutti, con le donne, con le leggi, con i giudici, arriva un momento in cui la misura è colma e bisogna dire basta. Per me quel momento è arrivato ora. E non torno indietro.

 
At Salı, Nisan 29, 2008 11:56:00 ÖS, Anonymous Adsız said...

Caro sultano, ti ringrazio per il tuo commento al commento. Vorrei però precisare che il mio non era un invito alla barbuta imbelle contemplazione. Quel che tu noti nei comportamenti femminili credo sia l'apparire, certo acuto e per un uomo intollerabile, di un modo diffuso di essere e di sentire, cui gli uomini stessi (occidentali) disperatamente e divorati dal nulla tendono. Bisogna moltiplicare lo sguardo, purificarlo, sino a rubare le ali di colui che viene per addormentare ed uccidere. L'abbandono alla puttanicizia mi sembra un cedimento. Certo, anche il prof. Nietzsche è invecchiato e la sua ricostruzione storica del nichilismo da Parmenide a quel cristiano sclatro di Kant, come moltre altre sue posizioni, va rivista e superata, ma non credo egli consigliasse di adeguarsi flessibilmente all'opportunità della situazione quando esorta: "le cose migliori appartengono ai miei e a me; e se non ce le danno, ce le prendiamo: il miglior nutrimento, il cielo più puro, i pensieri più forti, le donne più belle".
Saluti, Kefiso.

 
At Çarşamba, Nisan 30, 2008 2:02:00 ÖÖ, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

Messer Kefiso, si tratta, come voi dite, di un "modo diffuso di essere e di sentire, cui gli uomini stessi (occidentali) disperatamente e divorati dal nulla tendono" proprio perchè, tramite cristianesimo, femminismo, socialismo, democrazia tendono a quel vivere indifferenziato proprio del femminile privo di forma (e di cui sono testimonianza le società matriarcali senza classi che tanto piacevano a Marx e a cui i suoi amichetti più o meno trasformati vorrebbero far tendere anche i figli di Apollo e di Dioniso).
Quanto Nietzsche sostiene, più che superato, va integrato con quanto ha poi aggiunto l'altrettanto ottimo Evola sulla questione della ginecocrazia plebea e dell'antagonismo irriducibile rispetto alla virilità olimpica.
Nel primo parla la voce di Dioniso, nel secondo quella di Apollo.

Non vorrei poi che il vostro concetto di "superamento", più che una nietzschana tensione verso l'alto (anche rispetto ai propri maestri, come insegna Zarathustra), sia un adagiarsi sull'assai darwiniano, progressista, moderno (e quindi falso) concetto di "evoluzione" (biologico-culturale).

Qui è infatti il punto in cui davvero bisogna andare oltre Nietzsche. Egli, forse troppo abbagliato da Darwin (nonchè deviato da quel "progressista" prussiano filobritannico di Paul Ree), è caduto (anche se solo in parte) nella trappola moderna del credere che il superiore possa derivare dall'inferiore, la conoscenza dall'ignoranza, il migliore dal mediocre, il differenziato dell'indifferenziato, la civiltà dalla barbarie, l'uomo dalla scimmia, il superuomo dall'uomo. Ma questa non è che una credenza (e quanto più la si idolatra come scienza, tanto più svela la sua natura di menzogna) liquidabile da ogni sentire alto come sciocchezza! Da Esiodo all'alta sapienza indiana la storia si è sempre mostrata ai nostri Avi infatti più come un declino da uno stato di purezza primordiale (e di differenza fra puro e impuro, nobile e plebeo, celeste e terreno, conoscenza vera dell'essere e mondo apparente del divenire) a uno di decadenza promiscua e indifferenziata. E se vi è un passaggio da una età oscura ad una luminosa, esso avviene soltanto perchè una violenza formatrice di natura più che umana riesce a iniziare un nuovo ciclo (chi, fra noi, potrebbe infatti credere all'ingenua concezione lineare del tempo?). Solo per il falso mito occidentalista odierno figlio del cristianesimo semita vi è un "progresso" verso il meglio (come appunto se il meglio potesse derivare dal peggio con semplici espressioni di casualità).
Forse (ed è sempre Evola a suggerirlo) la stessa follia in cui il professore di Basilea cadde può essere vista come una sorta di nemesi per chi, in maniera prometeica, ha cercato di portare all'umano e all'infero un fuoco e una tensione verso l'alto propri del divino e del celeste.
Il suo superuomo, infatti, contrariamente a quanto proprio di ogni eroe tradizionale, pretenderebbe di partire dal verme per giungere all'ubermensch passando dall'uomo.
Ogni sentire nobile e antimoderno invece non potrebbe mai concepire (e in effetti mai concepì) un oltre-uomo che derivi da qualcosa di inferiore all'uomo e non sia differenziato da esso da nulla più che dall'evoluzione più o meno darwiniana. Quanto è superiore, infatti, non può avere nulla in partenza di uguale a quanto è inferiore, altrimenti la sua natura rimane infera e la sua superiorità puramente accidentale o soltanto quantitativa (mai qualitativa): un super-uomo, semmai, può essere una manifestazione in terra di quanto è proprio del cielo. Non è un caso se da Romolo a Enea tutti i grandi Antichi vantano genitori fra gli dèi.

Quanto Fritz (gli piaceva essere chiamato così più che professore) dice invece sulle donne rimane sempre vero (è stato fra l'altro il primo a capire che la guerra dei sessi sarebbe stata il conflitto portante di questo millennio e ci ha anche lasciato il manuale di combattimento) sia perchè chi davvero è superiore nello spirito e nel pensiero non deve sottostare alle apparenti leggi del divenire, sia perchè le donne, in quanto natura, non cambiano per i vari cangiamenti sociali.

Non vedo perchè dovrei discostarmi da Nietzsche in questo come nelle opinioni su cristianesimo e mondo moderno (non è infatti questo il blog giusto in cui sostenere argomenti del genere "il mondo cambia, gli uomini cambiano, tutto invecchia, i miti crollano, i grandi non sono più grandi, i saggi non hanno più ragione, esiste l'evoluzione culturale", giacchè per me rimangono da un lato le ragioni del divenire e dall'altro quelle dell'essere, da un lato i criteri dell'utile e del tempo, dall'altro quelli del sacro e dell'eterno, da un lato il sentire della plebe e da un lato il sentire nobile, da un lato la credenza nel progresso e nel razionalismo, dall'altro la conoscenza dello spirito e della sovra-razionalità, da un lato ciò che muta e perisce, dall'altro ciò che risplende eternamente uguale a se stesso, e non invento certo io la dottrina delle due nature).

Ad ogni modo, qualunque siano le opinioni politiche e filosofiche, credo sia possibile concordare con la mia analisi (secondo ragione, ossia la prima parte del post pubblicato) anche volendo (o facendo finta di) rimanere all'interno del paradigma demo-liberale.

Proprio chi ingenuamente ha creduto allo stato di diritto, all'uguaglianza, alla possibilità di cercare la felicità e di appagare i propri bisogni per tutti gli uomini (e non solo per le donne) si trova infatti sempre più smarrito e tradito da sentenze come quella di cui sopra.
Quando poi ex-marxisti militanti si mettono ad aprire blog contro il femminismo loro fratello gemello mi vien da ridere......(amaramente, ma sempre con l'ironica superiorità di chi dice: "dixi").

SALUTI DALLA SUBLIME PORTA

P.S.
Quanto alla puttanicizia, la vita stessa di Nietzsche (e la sua malattia) testimoniano come proprio i tipi superiori, emarginati o quantomeno disconosciuti dal mondo moderno che ha sovvertito ogni valore e premiato la massa mediocre, abbiano bisogno delle puttane per poter godere dell'ebrezza dei sensi e della bellezza femminea nonostante il fatto di non avere di fronte alle donne ed alla società quella posizione di preminenza che spetterebbe loro per qualità e natura.
Chi, nel Cinquecento, sarebbe nato sultano vero nel Duemila non può che essere un "maledetto puttaniere".

 
At Çarşamba, Nisan 30, 2008 3:09:00 ÖS, Anonymous Adsız said...

Caro sultano mi sembra che tu legga quel che scrivo attraverso la proiezione di idee debolissime e diffuse che non mi appartengono in nessun modo. Certo non è facile distinguere da poche righe una posizione che non sia istantanea rifrazione del gran flusso di massa.
In ogni caso:
1) il paradigma demo-liberale si svela e rivela ridicolo;
2) Ancora più ridicole sono cocenzioni provvidenzialistiche della storia (del pensiero) come Aristotele (non è forse la Metafisica una preparazione storica all'avvento della filosofia stagirita dove pure Platone si trova calunniato?) e Hegel (con minuti seguaci, quali Marx e altre femminucce)le hanno intese;
3) l'"esser puttaniere" non è una prona accettazione del risultato storico del processo nonché del processo stesso?
4)Io voglio la donna più bella perché ho lo spirito più bello. Punto. Il "sogno estetico" è contestuale. Dato l'annichilimento socio-morale esso sparisce insieme al suo vitale contesto. Se lo si vuol decontestualizzare, allora diventa sogno mistico che non ha più bisogno di appoggi. Perché dovrei cedere incodizionatamente? Qual è la differenza tra il consumatore che vede la bella figa (la quale garantisce che il prodotto è alla moda, cioè conservatore, cioè accettato da tutti e garanzia di integrazione) e quindi compra l'oggetto annesso, da colui che compra direttamente la figa (a parte il fatto - ma non ci basta- che quest'ultimo è più furbo)? Perché dovrei accettare che una modella o una escort guadagna quel che guadagna (soldi con cui poi essa può studiare, viaggiare, imparare tante lingue, conoscere la fisica quantistica e relativistica nonché tutti i volumi degli antichi saggi, magari in qualche meravigliosa edizione manuziana)se non accetto il sistema e le relative posizioni che impone?
La puttanicizia non è una ulteriore maschera proprio della cavalleria cristiano-femminista di cui parli e cui tutti gli uomini piano piano si dedicheranno, rimanendo perfettamente funzionali?
Ciao, Kefiso

 
At Çarşamba, Nisan 30, 2008 4:33:00 ÖS, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

Nobile Kefeso,
lasciatemi contemporaneamente scusare, ringraziare e sorridere.
La mia velata provocazione ha infatti funzionato, dato che avete scritto la risposta che piu’ mi piace (e piacere a Costantinopoli non e’, vi assicuro, cosa immediata).

Sui punti uno e due concordo pienamente.
Sul terzo punto concordo con un distinguo. Diciamo che, piu’ di una accettazione, l’essere puttaniere e’ un adattamento per non soccombere del tutto in vista di tempi migliori. Mi spiego con un esempio rude, rustico ma anche chiaro. Se la casta mercantile priva i guerrieri degli strumenti di caccia e di guerra, questi hanno due possibilita’. O morire di fame, o pagare il ristorante e le ristoratrici. Diciamo che si sceglie il minore fra due mali, come nel caso di Schopenhauer e della solitudine.
Il quarto punto contiene la quintessenza del mio recondito pensiero, che forse e’ troppo pura per me, ormai compromesso con il mondo liberale (in cui per diverso tempo ho assai ingenuamente creduto).

Mi permetto quindi soltanto di rispondere in via strettamente personale (e senza pretesa di filosofia) alle vostre domande retoriche.

Perche’ vi cedo incondizionatamente?
Perche’ non vedo con il cristianesimo l’impulso sessuale come una forza oscura e peccaminosa da cui guardarsi, ma, con Epicuro, come una forza cosmica radiante di vita verso cui (o assieme a cui) tendere (verso le stelle ovviamente). Epicuro, pero’, sia pur raffinatamente greco era sempre un decadente. Da ascendente nicciano voglio invece volgere tale forza non all’abbandono dei sensi (almeno non solo) e al soggiogamento al femminile o al dominio materialistico, ma all’azione eroica (eroico da eros, Giordano Bruno docet) e alla creazione grande e nobile.
Se questo e’ (e lo e’ stato) possibile con donne non pagate non vedo perche’ il fatto di pagarle dovrebbe mutare il mio stato interiore. Se vi e’ chi amando la luna con il telescopio produsse immortalita’, perche’ dovrebbe essere infamante cercare la stessa via amando Venere stessa dietro il corpo di una sua sacerdotessa?

"Qual è la differenza tra il consumatore che vede la bella figa (la quale garantisce che il prodotto è alla moda, cioè conservatore, cioè accettato da tutti e garanzia di integrazione) e quindi compra l'oggetto annesso, da colui che compra direttamente la figa (a parte il fatto - ma non ci basta- che quest'ultimo è più furbo)?"

Esiste una differenza forse non di spirito ma di anima fra l’essere un consumista mercantile e invece un gaudente venereo: nel secondo caso non si passa, materialmente, per le forche caudine del corteggiamento e, interiormente, per l’adeguarsi a comportamenti, pensieri, mode e costumi imposti alle masse (inevitabili se si vuole avere probabilita’ non nulla di successo nei casi “non paganti”). E’ possibile mantenersi puri per il proprio ideale pur appagando di quando in quando il sogno estetico. Anche qui, il minore fra due mali.
Dite pure quello che volete sulla fugacita’ del mio sogno estetico nel caso non sia legato ad un “vitale contesto”, ma io vi rispondo con Friedrich che rimanere casti sarebbe “peccare contro il sacro spirito della vita”.

"Perché dovrei accettare che una modella o una escort guadagna quel che guadagna (soldi con cui poi essa può studiare, viaggiare, imparare tante lingue, conoscere la fisica quantistica e relativistica nonché tutti i volumi degli antichi saggi, magari in qualche meravigliosa edizione manuziana)se non accetto il sistema e le relative posizioni che impone?"
Posso non accettare nulla, ma il sistema esiste, per cui e’ saggio combatterlo dall’interno nella posizione meno svantaggiosa possibile. Concedetemi un motto: “Chi puo’ godere pagando non muore sbavando…….” E questo lo rende piu’ adatto ad un pensiero indipendente da condizionamenti psico-sessuali.
Quanto alle modelle ed alle escort, non posso che essere felice se qualcuna di esse, anziche’ cibarsi unicamente di pseudoculturaa americana o di fregnacce pseudointellettuali sinistrorse e femministe, spende parte del suo tempo e del suo denaro studiando Nietzsche o antiche religioni orientali (e parlo di casi testati personalmente).
E’ contro lo spirito effemminato del tempo che parlo, non contro le femmine in se’. E piu’ esse si rendono colte e simili alle etere greche, piu’ sono felice (o, se volete, meno infelice) nel pagarle. Sebbene la grazia corporale sia conditio sine qua non, l’oca bella non sara’ mai il sogno estetico di un grande spirito. Lo stesso Nietzsche diceva (a ragione) che una donna benriuscita (e quindi inevitabilmente bella) e’ sempre una donna intelligente.
Non vedo poi perche’ detestare di piu’ il fatto che una modella o una escort guadagni tanto vendendo bellezza che non il fatto che politici e intellettuali guadagnino tantissimo vendendo parole e (falsa) cultura. Vero che “le grandi prostituzioni non iscusano le piccole” (perdonate questa citazione vetero-liberale dalle Confessioni di Ippolito Nievo), ma altrettanto vero che anche donne nobili potrebbero trovarsi nella nostra stessa situazione di spiriti nobili catapultati in questa epoca decadente, ovvero quella di dover entrare nel “gioco del mercato” per non essere socialmente trasparenti, e di voler comunque mantenere una purezza interiore e un amore per la conoscenza (e in questo il lavoro di escort, in quanto capace di lasciare piu’ di due terzi del tempo della persona libero da lavoro e’ forse attualmente quello meno compromesso con la servitu’ mercantile, sicuramente meno del lavoro di supermanager o di segretario di stato, se vogliamo applicare il noto criterio nicciano di distinzione fra uomini liberi e uomini schiavi, “siano pur essi uomini di stato”). Ritenete degno dello spirito nobile di questi tempi limitarsi a vivere come Diogene o accettate che si abbia commercio con il mondo, almeno nella misura strettamente necessaria a garantirsi quella vita serene ed autarchica propria del saggio e data all’amore per l’arte, la sapienza, le belle lettere?

Ok, forse sono troppo schopenhaueriano e rassegnazionista, e voi risplendete di troppo vigore e di troppa luce per accettarlo. Se e’ cosi’, illuminatemi su quale potrebbe essere una via piu’ altamente nietzschana.

"La puttanicizia non è una ulteriore maschera proprio della cavalleria cristiano-femminista di cui parli e cui tutti gli uomini piano piano si dedicheranno, rimanendo perfettamente funzionali?"

La puttanicizia non e’ una maschera del cristianesimo semplicemente poiche’ vi preesisteva. E non e’ una maschera della galanteria poiche’ e’ presente anche in un Oriente in cui questo fior fiore della stupidita’ cristiano-germanica non e’ mai germogliato. Semmai e’ un retaggio della religiosita’ semitica legata al femminile sacro ed alla dea madre o comunque alle veneri genitrici e datrici d’ebbrezza (sebbene le femministe, su questo punto ignorantissime, vi vedano l’esatto contrario, ossia la riduzione della donna ad oggetto, quando si tratterebbe e si tratta invece dell’innalzamento della donna a rango di sacerdotessa, o quantomeno di tramite mistico fra la forza cosmica dell’eros ed il devoto in questo caso pagante che vi si abbandona per unirsi con la divinita’ tramite il corpo di lei).
Aggiungo solo che chi si limita a pagare le puttane dichiarate ed evita le altre ha la soddisfazione intima e gioiosa di mandare "a carte quarantotto" (altro mio lapsus liberale) tutto il castello di spennamenti legali e culturalmente accettabili (nonche' di sensi di colpa e tirannie reali) costruito dal mondo cristiano-femminista sul concetto di "donna pura e inaccessibile".
Per la terza volta, si sceglie il minore fra due mali.

SALUTI DALLA SUBLIME PORTA

 
At Perşembe, Mayıs 01, 2008 12:18:00 ÖÖ, Anonymous Adsız said...

Caro Sultano, ho trovato questo blog per caso seguendo un link "occhio indiscreto". Mi sono stupito per quel che vi ho letto e mi stupisco ancora di più per la rapidità con cui si manifestano nodi cruciali. Credo che sarai d'accordo con me sul fatto che non si possa tentare di scioglierli - o solo di parlarne in maniera dignitosa - in pubblico. Mi limito ad accennare al fatto che i guerrieri di cui parli non dovrebbero rivolgersi a sudici ristoratori, per sopravvivere, ma imaparare a costruire nuove armi, soprattutto torce. La massa credulona vuole soppravvivere (essendo morta) e ci riesce benissimo. Come si può pensare di elemosinare un bicchier d'acqua se si è in grado di percepire e di essere l'aria densa, elettrica, il cielo enorme e cupo, pronti a perdersi nel lampo? (ma ripeto, qui non parlo).
L'immagine della "donna pura e inaccessibile". Appunto l'immagne. La donna non vuole la responsabilità di essere un tempio. Diminuirebbe il suo potere. Non vuole colpe, non vuole morale, né cristiana né kantiana né quella del codice Manu. Vuol esser "libera", di sedurre come e quando vuole, in piena onnipotenza. Di qui la sicurezza che non spenderà i soldi per studiare, anche perché lo studio non è riconoscibile pubblicamente e ormai severamente espulso da ogni istituzione accademica. Ed essere finanziatore di un divino privilegio, di una possibilità barbaramente non sfruttata, mi avvilirebbe ancora di più.
Ciao, Kefiso.

 
At Perşembe, Mayıs 01, 2008 1:09:00 ÖÖ, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

Acuta osservazione la vostra.
Mi limito a rimembrare che anche Achille, prima di essere l'eroe caro agli dèi, se non erro dovette, per sopravvivere, nascondersi vestito da donna e occupato in faccende femminili. Si può avere dunque indulgenza anche per "piccoli frati peccatori a la cerca dell'amore che fanno la carità". Magari ne esce un papa (infatti il mio contatto msn è Alessandro_VI_Borgia@hotmail.com).

L'immagine della "donna pura e inaccessibile". Appunto l'immagne. La donna non vuole la responsabilità di essere un tempio.
Diciamo che la donna VORREBBE essere un templio (o quel giardino chiuso appena intra veduto di cui parla D'Annunzio), e certe femministe vorrebbero culturalmente e legalmente sacralizzarne il sesso, ma le donne reali, esattamente come fece la chiesa cristiana (che non a caso è fatta di femmine nate per caso maschi) non resistono alla lucrosa e troppo umana tentazione della simonia (il "sacro" è per loro solo un modo per vendere a prezzo stellare e a condizioni usuraie beni di effimero valore e dubbia autenticità come appunto l'amore sessuale o sentimentale). E le puttane sono semplicemente le venditrici più oneste.

Diminuirebbe il suo potere. Non vuole colpe, non vuole morale, né cristiana né kantiana né quella del codice Manu. Vuol esser "libera", di sedurre come e quando vuole, in piena onnipotenza.

Ed in pari libertà e pari onnipotenza un uomo dovrebbe poter volere l'azione del prendersi la seduttrice: perchè questo nulla più e nulla meno che questo, checchè ne farnetichino le dame e i sostenitori del "rispetto e dei diritti" delle donne, è quanto avverrebbe per natura. Non esiste che si debba rendere conto a giudici o morali dell'atto del desiderio (così come non deve rendere conto la donna dell'esser disiata). Esiste che si competa, ci si accresca, ci si affermi, per conquistare. E in questo non vi possono essere nè limiti nè democrazie nè uguaglianze nè diritti. Nè, tanto meno, indagini giuridiche per soppesare lecito o illecito (peggio ancora se ad arbitrio di donne, femministe o magistrati e magistrate) o ipocrite concezioni di "rispetto" (con pretese di innaturalità asessuata a senso unico).
Come diceva il Nostro: "quanto è fatto per amore è fatto sempre al di là del bene e del male".
Quello di cui mi lamentavo è infatti la constatazione di come si pretenda di costituire artificialmente limiti e diritti solo da una parte.
Gli Orientali li costruiscono da entrambe (e secondo me sbagliano doppiamente), io speravo che il mondo liberale d'occidente, almeno in quella sfera, lasciasse appunto libertà a tutti e a tutte. Ora vedo che mi ero illuso anche su questo.
Ma, perdonate ancora, capisco che a nessuno di noi due piaccia lo stato demoliberale, ma non capisco come sia possibile che fra milioni di uomini occidentali avvezzi alla logica, alla matematica, al sillogismo, alla speculazione filosofica, quasi nessuno comprenda come, in un preteso stato di diritto, o esiste un diritto reciproco alla libertà e all'espressione della propria natura sessuale, o non esiste diritto per nessuna delle due parti, e non sia accettabile, da un punto di vista logico prima ancora che morale, una situazione in cui ad un diritto dell'una corrisponda nell'altro, anzichè il diritto equivalente, un dovere e un limite. Accettare ciò non è più nè democrazia nè liberismo nè stato logico e neppure modernità, ma oscurantismo e servilismo medievale (e dire che non sono affatto un critico del medioevo).

E' per questo che ormai credo soltanto ad una reazione improvvisa e violenta del substrato irrazionale e subconscio dell'uomo occidentale (con tutti gli inevitabili rischi del caso). Mi viene quasi da sperare nell'aumento del caos e del buio di questa età affinchè gli addormentati reagiscano almeno istintivamente ad uno stato di cose che non permette più nemmeno di sopravvivere alla massa di morti, come voi dite. Citando ancora il nostro caro professore di Basilea, auspico che dalle nuove barbarie nasca la nuova civiltà.


Di qui la sicurezza che non spenderà i soldi per studiare, anche perché lo studio non è riconoscibile pubblicamente e ormai severamente espulso da ogni istituzione accademica.

Io non sarei cosi' sicuro. Non sono in realtà solo negative le sorprese riservata da Pandora. E non dimenticate poi che le cortigiane da sempre traggono molta parte di cultura e conoscenza delle cose più alte dalle stesse relazioni con gli uomini di alto rango.


Ed essere finanziatore di un divino privilegio, di una possibilità barbaramente non sfruttata, mi avvilirebbe ancora di più.
Ciao, Kefiso.

Non fraintendete, non sono io qui a dover convincere voi della mia strada, ma piuttosto voi a convincere me della vostra.

 
At Cumartesi, Mayıs 03, 2008 7:02:00 ÖS, Anonymous Adsız said...

"Non fraintendete, non sono io qui a dover convincere voi della mia strada, ma piuttosto voi a convincere me della vostra".

Caro sultano, certo la vostra strada mi ha tentato e credo si porrà di fronte a qualunque mente lucida (maschile e femminile) si trovi a vivere ora in Occidente. Ma il nostro dialogo mi ha ulteriormente convinto della sua impraticabilità. Quand'anche si raggiungesse una (irraggiungibile) condizione di pari potenza (che dovrebbe bilanciare l'arroganza sciocca di etere la cui cultura è sempre e solo immagine di cultura), non si uscirebbe da uno schema ontologico misero e cieco, in cui l'uomo, perso e oscuro a sé stesso, finirebbe, credo, per agongare l'essere desiderato e desiderabile e non desiderante.

NO. Il nodo va tagliato e il problema reimpostato.

Serve una rivoluzione ontologica, morale, politica ed economica.
Sono a lavoro.
Ciao.

 
At Pazar, Mayıs 04, 2008 12:42:00 ÖÖ, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

Per risolvere il problema alla radice, come dite voi, bisognerebbe tornare ad essere splendenti di luce propria, come il sole e le natura siderali, come le aristocrazie guerriere di ogni epoca le quali non fondavano la propria nobiltà, la propria giustiticazione ideale, il proprio significato e la propria bellezza sulla base della loro funzione o della loro utilità rispetto a qualcosa di altro da sè
bensì su loro stesse, mentre il mondo prima cristiano e poi moderno ci ha abituati ad essere luna, a vivere di luce riflessa, a prendere senso, valore, bellezza e significato solo in base alle relazioni con quanto è altro da noi, con il prossimo, con il resto dell'umanità, con un altro mondo, con il dio di un altro mondo, o comunque in base ad una legge che ci è superiore ma non proviene da noi.
E tutto ciò fino al punto in cui quasi i termini nobile, puro, splendente, all'opposto del loro naturale significato, si apparentano a tutti i sinonimi di umiltà e utilità, quando da sempre e per sempre l'utilità è stata e sarà soltanto il valore dei mediocri e dei servi, mentre superiore e signorile, casomai, è colui rispetto a cui l'utile si definisce e il resto dell'esistente (corporale e spirituale) si subordina.
Nobile è solo e soltanto quanto non ha bisogno di relazionarsi con altro da sè per avere senso, bellezza, significato e grandezza, poichè ha la forza di trovare in sè stesso il proprio valore, la giustificazione ideale della propria esistenza, la bellezza, la forza, la creatività e le grandezze degne di venerazione, il senso con cui colorare quel continuo dissipersi di forze che è la vita. Ecco perchè, Nietzsche docet, "l'anima nobile è colei che ha venerazione per se stessa".

Essere ciò oggi è tanto difficile che appena si percepisce di non risultare "utili" (all'umanità, alle donne, al cosiddetto progresso), anzichè compiacersene, come se ne sarebbe compiaciuto un greco, o anche solo un francese prima del Settecento, quasi ci si sente "indegni" di continuare ad esistere.

Le donne oggi come non mai si vantano di essere più utili di noi, ma secondo una morale nobile questo è proprio il punto che dimostrerebbe la loro natura infera, la loro certo non maggiore dignità, la loro essenza più terrena e più "plebea". Quando reclamano e pretendono superiorità e rispetto per le loro funzioni di utilità, è il servo che è in loro (e che con arroganza gioca a fare il tiranno) a parlare, e non già la regina (del resto mai le civiltà "matriarcali" hanno avuto regine: la regalità è un concetto, strettamente et indissolubilmente legato allo spirito ed alla virilità incorporea della luce, che compete esclusivamente al mondo gerarchico, patriarcale, guerriero, e non già alla corporeità e all'indifferenza comunistica propria del femminile, un eloquente esempio della quale è riscontrabile, fra tanti, nella inqualificabile situazione della scuola dell'obbligo in mano da diversi decenni alle maestrine femministe ed alla loro subcultura degna dell'Idra della comune parigina).
Quella delle donne per loro stesse è una venerazione falsa, e prova ne è il fatto che abbiano bisogno dei nostri sguardi, dei nostri sacrifici, della nostra umiliazione, della nostra repressione, dei nostri soldi, e spesso del nostro dolore e della nostra frustrazione. Esse misurano la propria avvenenza con la moneta di quanto l'uomo, materialmente o moralmente, è disposto a dare, fare e soffrire per loro. Per loro l'uomo è un freddo specchio e avere bisogno di uno specchio significa vivere di luce riflessa. Ecco perchè la "donna-regina" non va servita: non perchè, come erroneamente credono i "neo-maschilisti" marxisti (e qui come altrove mi riferivo a quel tal "giubizza"), non vadano riconsciute regalità e superiorità di per sè, ma poichè le vantate e moderne regalitè e superiorità femminili sono false e consistono in puerili e lunari (nonchè lunatici) rovesciamenti dei loro opposti. La "dama" non è una regina: è una cameriera che gioca con i vestiti da regina e fa la tiranna con i cagnolini di corte che le scodinzolano dietro.

Quasi ovunque in natura il femminile è il sesso utile, ma quello maschile è il bel sesso.
Purtroppo pochi uomini hanno consapevolezza di ciò e di come ciò debba oggi e sempre essere fatto valere. Quasi nessuno comprende come la stessa delicatezza e ricchezza di cromature che si ammira in certi pesci di mare maschi (al confronto della sbiancata e banale versione femminile), la stessa soavità del canto melodioso e variegato degli augelli maschi (confronto alle loro femmine mute), la stessa bellezza dell'arcobaleno ravvisabile nelle code dei pavoni maschi (al cospetto della orrenda "pavonessa") simboleggino quel destino di tensione alla bellezza, alla ricchezza, alla complessità di spirito e forme che ci è proprio, ed abbia, nell'umano, il proprio corrispettivo nella creazione dei suoni e delle immagini attraverso i versi che inevitabilmente dedichiamo alle donne.

Tutti, troppi, si sono abituati a vedersi cavalieri servitori, tanto nel poetare quanto nel combattere, a vedere la stessa forza fisica come destino del "compiere il lavoro più pericoloso e più faticoso" a vantaggio delle donne, anzichè come splendore atto ad eternare e perfezionare la bellezza maschile intesa come fatto estetico puro, tensione all'eccellenza quasi divina e sublimazione di sè quale si aveva, ad esempio, nelle vere Olimpiadi (nelle quali giustamente, prima della pretesa delle donne spartane, le femmine erano rigorosamente escluse).

Tutti si rincorrono da secoli nel tentativo di essere i primi a servire o compiacere le donne, o almeno ad apparire loro utili, pensando con questo di farsi loro re. Meglio farebbero a guardare la savana.
Il leone è re di essa non perchè è utile (le leonesse sono utili), ma perchè è tanto bello da avere senso di per sè, come appunto un'opera d'arte.
Tanto è infuso in noi il senso dell'umiltà cristiana e della nobiltà rovesciata (ovverosia data dalla funzione ricoperta e non dall'essenza) che non riusciamo neppure più a vedere il "senso estetico" della natura e pensiamo ad essa come ad una macchina "borghese" fatta solo di utilità e funzioni.
"Le femmine possono esistere solo perchè sono utili e a tale utilità si conformano nel corpo e nello spirito, noi esistiano perchè siamo belli e anche la Natura, come tutti i creatori, ha il suo senso estetico" (vedi NOTA).
Finchè non si sarà capaci di pensare in questo modo sarà vano pretendere di avere "pari potenza" con le donne.

So di aver detto qualcosa di inaudito (nonchè di inaudibile nel nostro tempo), ma ciò appare sconvolgente solo perchè il mondo da millenni è stato capovolto nei valori. Una sensibilità naturale percepirebbe ciò come immediato.

Con tutto questo però non abbiamo ancora avanzato il passo più difficile. E' infatti relativamente facile, dopo Zarathustra, la critica al cristianesimo e alla modernità effemminata. Duro il gioco si fa quando dobbiamo volgere verso noi stessi il medesimo discorso, ed applicare la conoscenza della nostra natura risplendente in sè.

Chi, fra di noi, è pronto ad essere eterna fiamma del sole? Chi di noi saprà vivere ardendo e non sentire il male?

NOTA
L'obiezione puerile che mi hanno sempre avanzato le deboli menti materno-materialiste di stampo più o meno marxista o democratico è: "come puoi in natura far esistere il concetto di bellezza?"
Basta rispondere: "nella stessa maniera in cui voi fate esistere, sempre parlando di natura, il concetto di utilità (per la specie, per la vita, per l'umanità addirittura, ecc.), la quale è semplicemente la categoria con cui ragionano i plebei (così come la bellezza è la categoria del nobile), non già una categoria esistente oggettivamente nel reale, o in genere i concetti di causa ed effetto (che sono schemi della mente umana la cui presenza in una presunta oggettività naturale è soltanto credenza)." Se hanno diritto loro a interpretare il mondo secondo le loro menti, io ho diritto ad interpretarlo secondo la mia. Ancora una volta "non esistono fatti, ma solo interpretazioni".

P.S.
Resta il fatto che le etere sono attualmente, sia per le qualità fisiche, sia per le grazie intellettuali, le migliori fra le donne (le meno peggio, se preferite), sono le meno difficilmente e dolorosamente raggiungibili e le più umanamente trattabili. E se abbiamo tollerato per secoli uomini come Cartesio, come Kant, come Engels, la cui propagandata intelligenza è appunto soltanto una maschera dell'intelletto autentico, se abbiamo tollerato filosofie come il razionalismo, l'illuminismo, il materialismo storico, la cui presunta profondità è soltanto maschiera della vera filosofia, possiamo tollerare per qualche ora donne molto meno intellettualmente gonfiate e semplicemente interessate alla cultura, anche se magari "la loro cultura è sempre e solo immagine di cultura". In un mondo in cui la "Zivilisation" dei neocartaginesi di Londra e Nuova York pretende di prendere il posto della "Kultur" romana, germanica ed europea non si può dichiaratamente sperare di meglio.

 
At Çarşamba, Mayıs 14, 2008 4:21:00 ÖS, Anonymous Adsız said...

Caro Sultano, mi è capitato di parlare con belle fanciulle italiane all'estero, rappresentanti orgogliose e vanitose della terribile "fuga dei cervelli". Ovviamente dei cervelli non c'era traccia, essendosi dileguati ben prima che i corpi si spostassero in caccia di danaro. Quindi mi sono rivolto alla bella penisola e ho visto le bambine al governo, coccolate dall'immaginifico, bambina tra le bambine. Qui mi sono ricordato dei nostri discorsi e ho deciso di passare per un saluto di incoraggiamento. Io, intanto, a denti stretti, continuo a lavorare. Kefiso.

 
At Çarşamba, Mayıs 14, 2008 4:48:00 ÖS, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

Ed io vi benedico nel vostro lavoro!

Chi avrebbe mai detto che la "benedizione del lavoro", ristoro un tempo per le caste umili, sarebbe diventata un privilegio degli spiriti nobili?

Del resto gia' il Nostro, ricordando nella "Gaia Scienza" come la caccia, una volta perduta la sua funzione primitiva e materiale, fosse divenuta parte integrante dell'otium aristocratico, prefigurava un tempo in cui persino l'attivita' del vendere e del comperare, una volta abbandonata come necessita' dagli strati volgari, si sarebbe mutata in un privilegio nobiliare da esercitare per puro gusto.

Forse quel momento e' giunto, almeno per il nostro tipo di lavoro.

Si puo' a ben diritto dire, con le notizie attuali, che non la televisione e internet sono il ristoro dal lavoro, ma il lavoro e' il ristoro momentaneo dalle stupidita' della cultura moderna e della politica democratica.

SALUTI (e benedizioni) DALLA SUBLIME PORTA

 
At Pazar, Haziran 22, 2008 3:26:00 ÖS, Anonymous Adsız said...

Salve Sultano, vi vedo sempre impegnato nella vostra propaganda anti femminile. Non mi metto a controbattere le vostre tesi, scrivete talmente tante cose che per chi non ha tempo da perdere è difficile argomentare. Come si suol dire adottate la tecnica di affogare gli avversari con le parole, e chi è più conciso nelle sue esposizioni (come lo sono io) preferisce demordere piuttosto che lasciarsi andare in chilometriche discussioni.

Sì Sultano, sono chi immaginate io sia, e se vi scrivo è solo per segnalarvi che un vostro lontano avversario sta per essere messo all'angolo da chi intende utilizzare le stesse armi altrui, avendo constatato che quelle convenzionali, e non vietate dalla Convenzione di Ginevra, non hanno dato esiti.

http://blackleather.blog.dada.net/post/1206949345/...COM%27E%27+STRANO+IL+MONDO+NOTTURNO+A+VOLTE.....html?usermessage=Commento%20inserito%21&errorcode=1&cap=1--V698#commentil

Anche se resteremo in disaccordo su almeno l'80% delle cose, io non dimentico chi mi ha donato parte del suo tempo quando ne avevo bisogno.

Saluti.

 
At Pazartesi, Haziran 23, 2008 3:27:00 ÖS, Anonymous Adsız said...

E sia...

Siete sicuramente (questo nessuno potra' negarlo) una persona che ha molto da dire, anche se sapete bene che solo pochi sono in grado di ascoltarvi.

Inoltre, come ben sapete, una "leaena", soprattutto se le sono state inflitte ferite, resta alquanto sospettosa, e ci vuole tempo per farle riacquistare fiducia. Permettetemi, per il momento, d'interagire con voi solo tramite i commenti nei blog.

Pero' promettetemi di non essere cosi' prolisso, soprattutto se avrete voglia di commentare nel mio diario. Ultimamente il tempo che posso dedicare alle letture nel virtuale si e' notevolmente ridotto.

 
At Pazartesi, Haziran 23, 2008 3:42:00 ÖS, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

"Si ripaga assai male un maestro, se si rimane sempre allievo"
Jung, citando Zarathustra al momento di abbandonare Freud e la sua scuola

"O anima mia, ti ho dato tutto e le mie mani sono divenute vuote per te. E ora, mi dici sorridendo e piena di malinconia: "Chi di noi ha da ringraziare?" Non ha forse da ringraziare colui che dona perchè chi prende, ha preso? Donare non è forse una necessità? Prendere non è forse misericordia?
O anima mia, capisco il sorriso della tua malinconia: la tua abbondante ricchezza stessa tende ora mani desiderose!
La tua pienezza guarda oltre i mari schiumanti e cerca e attende; il desiderio di sovrabbondanza appare dai tuoi sorridenti occhi di cielo"

F.W. Nietzsche, "Così Parlò Zarathustra" - della grande nostalgia


Se siete davvero chi io immagino siate, allora saprete, dalla lettura dello Zarathustra, come nel dono non già chi riceve debba ringraziare, ma chi dà, giacchè è prima di tutto necessario agli straripanti e straboccanti di ricchezza sgravarsi dei propri doni, così come sarebbe necessario primieramente per la donna gravida il partorire.

Se non vi fosse Zarathustra a svegliarsi davanti alla sua caverna a rimirarlo, il sole stesso si stancherebbe di sorgere e di splendere invano.

Sono io dunque che vi ringrazio per avermi lasciato "donare parte del tempo" quando forse voi avevate bisogno di ricevere, ma sicuramente io avevo bisogno di dare.

Ad ogni modo vi sbagliate ora se pensate che mio intendimento sia "affogare gli avversari con le parole": al contrario, come potete dedurre dalla mia ormai nulla presenza sui blog e sulla rete in genere, ho via via preso atto dell'assoluta inutilità (anzi, del danno per la vita) della parola "parlata" e della dimostrazione razionale in genere.

L'unica utilità di tale parola, che dico "parlata" per contrapporla a quella "sentita" (la quale, per il fatto di raccontare quella bellezza che non può essere dimostrata bensì solo mostrata, non ha bisogno della voce, sebbene a volte possa prendere delle parole umane il suono e le armonie e vaghezze di significato), può trovarsi nelle piccole cose di nessuna importanza o nelle grandi dimostrazioni astratte di pessimo gusto, in tutto quanto insomma nella vita è secondario e ben poco vitale (e su cui, per questo, l'accordo fra le persone può avvenire sul piano della semplice ragione, la "piccola ragione" direbbe Nietzsche).
Quando invece si tratta delle questioni di fondo dell'esistenza, o anche solo delle faccende che più riguardano il cuore, il sentimento del mondo e il vivere degli uomini, a nulla vale dialogare cercando di volgere il pensiero dell'altro in una certa direzione: vale solo, quando possibile, comprendere il di lui sentire.
Il sentire è più importante del pensare, semplicemente perchè mentre il secondo può essere mutato (e mutuato), il primo è immodificabile e tutte le questioni di fondo vengono decise nell'interno da esso, e solo in un secondo periodo, solo subordinatamente, giustificate all'esterno (e equivalentemente alla propria autocoscienza) con la ragione.
E ciò ha un fondamento nella nostra stessa natura di esseri viventi prima ancora che pensanti: la ragione, modificabile dall'uomo e dalla cultura, può essere adeguata quando si tratta di fornire i mezzi per raggiungere i nostri fini, ma quando i fini medesimi della nostra vita sono in gioco, allora qualcosa di più profondo, di più infallibile, di più innato deve valutare, apprezzare e soppesare, pena la sparizione, a capriccio di culture o individualità, di ogni istinto sano e forte e creatore di vita. E' la saggezza della Natura (o, se volete, quella della Vita nelle sembianze di quella femmina danzante e capricciosa che appare al Nietzsche di Zarathustra) qui a parlare davvero, e a rendere vana qualsiasi effimera pretesa razionalista e dimostrativa di fronte ad un sentire diverso.

Un esempio è dato dalla ridicola inutlità dei dialoghi fra chi ha una visione egalitaria del mondo e chi vede e sente in modo aristocratico.
Un egalitario pretende di chiedere chi abbia diritto a definire la grandezza, la bellezza e i valori superiori su cui si fonda l'etica degli aristocrati e come (e perchè e con quali "diritti") essi si definiscano, mentre un aristocrate chiede piuttosto perchè si debba partire da principi egalitari per definire (o giustificare) quei valori, quelle bellezze, quelle grandezze e quei significati i quali sono, viceversa, proprio ciò che fornisce valore e misura e significato al resto del mondo e come sia possibile parlare di diritto prima di ammettere ciò che ne è fonte (ovvero l'etica e la visione del mondo, nel caso, aristocratiche ed eroiche). Nella domanda del primo esiste già qualcosa che il secondo non può accettare: la democrazia della dimostrazione, l'intollerabile razionalistica superficialità del supporre quale unica ed ultima realtà quella che tutti sentono e possono comprendere (quando in ogni mondo tradizionale la realtà superiore è accessibile solo ai migliori, ai pochi portati per gli atti puri di guerra e ascesi, i quali proprio da tale capacità di comunicare con i gradi superiori dell'esistenza, e non da altro, prendono il nome di "nobili", e quando, anche per i "plebei", quanto davvero riempie la vita di bellezza, valore e significato, come l'amore, l'arte o la poesia, non può essere spiegato ma solo sentito, non dimostrato ma solo mostrato: si può mostrare al mondo intero la bellezza che si ama, ma non si può dimostrare a nessuno tramite un razionalismo di stampo illuminista che sia davvero bella e degna di essere amata) e l'inversione dell'ordine delle cose consistente nel negare preminenza etica a tutto quanto, proprio perchè grande, bello ed eroico, non può essere ridotto in termini vili e dimostrato alle masse, ma solo mostrato a chi sa vederlo, non può essere spiegato, ma solo sentito da chi ha cuore per sentirlo, non può essere valutato dai criteri del mondo, ma può e deve al mondo tutto dare superiore valore e più alta bellezza.
"Siamo tutti uguali (davanti a dio, al diritto, alla legge ecc. in quanto esseri umani) prima di dimostrare l'inverso", pensa l'uno - "E questa è la giustizia, e per pretendere di essere diverso, un uomo deve dimostrarlo".
"Siamo differenti (davanti alla vita ascendente, o alle leggi supere dell'essere, in base alle qualità che donano alla vita bellezza, potenza, significato e durata, o ai valori etico-spirituali in grado di giustificare idealmente l'esistenza) e proprio da tali differenze (conformemente alle leggi di ciò da cui tali differenze derivano: la vita ascendente per gli antimetafisici, lo spirito per i metafisici) derivano morali, visioni del mondo, dignità e diritti differenti per ciascuno", dice l'altro - "In questo solo è la giustizia, e per pretendere di essere uguale a chiccessia, o di avere certi diritti, un uomo deve dimostrarlo, deve mostrare di esserne all'altezza e di avere le doti innate confacenti".
Non si potrà mai dimostrare ciò che è aristocratico partendo da ciò che è comune (ovvero da ciò che solo l'egalitario può com-prendere), così come, dall'altra parte, non si potrà mai dimostrare la fondatezza dell'assunzione di una uguaglianza di partenza (quando la vita stessa, nelle sue leggi di selezione, presuppone la differenza) nel valutare l'uomo e le cose e nello stabilire diritti, fosse anche solo il diritto di pensare e giudicare sui valori. Le differenti innate visioni del mondo, qualificando le persone, creano anche in esse il linguaggio, la morale, il modo di dare, a tutto quanto nel mondo esista, valore, significato e bellezza: nessun linguaggio, nessuna morale, nessun significato, nessun valore e nessuna bellezza, in sè, potranno mai "dimostrare" una visione del mondo a chi per natura non vede il mondo in tale modo. Ciò che nasce, infatti, non può dimostrare ciò da cui è generato: può solo generare oltre in conformità. Pensare il contrario significa essere superficiali nell'istinto.

Se si ha un sentire diverso, le parole conducono nel migliore dei casi ad un gridarsi contro frasi e concetti privi di possibilità di intendersi, poichè si tratta magari di due tesi sì rigorose e rigorosamente dimostrate e dedotte, ma a partire da principi opposti, i quali sono innati e non acquisiti e comunque hanno fondamento in ben altra sede rispetto a quella dell'intelletto razionale.

Se si ha il medesimo sentire, invece, si è d'accordo senza bisogno di parole, e dialogare serve a quel punto solo o a celebrare l'accordo con una sinfonia di suoni a similitudine di augelli che si corteggiano, o a trovare motivi di litigio fra persone che altrimenti si amerebbero.

In entrambi i casi il tanto elogiato dialogo si rivela dunque sterile.
Nel primo caso, più nobile del parlare e dell'insistere su un impossibile accordo (fra l'altro inaccettabile per la parte vitale di noi in cui risiede la "grande ragione" e in cui sola troviamo ogni possibilità di dare alla vita valore, significato e bellezza, al di là del razionalismo limitante e illuminista così come al di là del bene e del male), o su una impossibile resa verbale dell'avversario, è prepararsi ad una bella guerra che "santifica ogni causa".
Nel secondo caso, più saggio del parlare per finire con il trovare un argomento di disaccordo e su quello costruire un dissidio che sul piano originario del sentire non sarebbe mai nato, è agire senza indugio a vantaggio di chi "sente" il mondo alla nostra stessa innata maniera.

Questo è il caso che vi riguarda. Educetemi dunque su quello che posso fare a vostro vantaggio in termini di azione.

Voi ed io sosteniamo tesi, anzi, oserei dire, ideologie, opposte, ma, ci piaccia o no, con medesimo sentire: il sentire degli aristocrati. Il motivo per cui io difendo ciò che attaccate e attacco ciò che difendete risiede (ed è un paradosso solo all'apparenza razionale delle cose) nella medesima visione del mondo.

Io definisco "plebeo" chi tende alla mera conservazione di sè senza altro scopo, chi non vede oltre sè orizzonti lontani dall'illusioria felicità individuale e dalla patetica fuga dal dolore, chi crede di poter vivere e godere, come direbbero a Roma, "a sbafo", senza giustificarsi in senso superiore nemmeno innanzi alla vita stessa (ma accontentandosi di innocenza e piacere) e definisco invece "nobile" chi, al contrario, non si contenta di esistere in senso conservativo e individuale, ma brama di superarsi, di trascendere la dimensione individuale, di dare alla vita un senso superiore, di arricchirla di valori e significati più puri, più grandi, più nobili (i quali non possono però ovviamente fondarsi su quanto, come la collettività o la mera appartenenza alla stessa specie attiene ad una sfera qualitativamente inferiore a quella individuale, o, peggio, su quanto, come la compassione per i deboli e la volontà di uguaglianza anche con i maltiusciti, o gli infimi sotto ogni aspetto, deriva dalla mediocrità e dalla mancanza di forza, discernimento e distinzione, e rappresenta lo scivolare verso un gradino inferiore di esistenza) o comunque di generare qualcosa di superiore a sè.
Che poi i plebei giustifichino filosoficamente il proprio essere con intelligenza e abilità, con utilità materiali, o con culture fondate sul mito dell'uguaglianza, sulla religione della compassione o sul sentimento di soliderietà verso l'uomo indifferenziato e verso il livellamento, all'insegna di un benessere materiale da bestiame bovino o di una condizione di pace, sicurezza, pietismo e amore indifferenziati degne del sabato dei sabati sognato da deboli e da mediocri diseredati dalla vita, non cambia nulla.
E non cambia neanche in maniera troppo decisiva che tale dimensione superiore sia, come sostengono i metafisici, esistente in maniera oggettiva e debba essere dagli individui raggiunta tramite gli atti puri di guerra e ascesi, ovvero che, come predica Nietzsche, debba invece essere creata dalla volontà di potenza di individui già in partenza, per forza e rettitudine di istinto, superiori.
Ancora una volta il sentire vale più del pensare.
Non è neppure troppo rilevante che gli aristocratici siano in grado o meno di formulare il loro sentire in un pensiero coerente, sistematico o sonoro: contano le azioni e ciò che vi è dietro di esse.

Sebbene sia io sia voi spesso ci lasciamo andare (forse per compiacere un pubblico ormai assuefatto all'egalitarismo o anche una parte meno forte e alta di noi stessi) a frasi, apprezzamenti e commenti che paiono contraddire tale visione (si vedano le mie lamentele natalizie da spermatozoo pigro, assai poco nietzscheane, e i vostri deliri pasquali di "mondi pacifici e agresti", assai poco degni di una donna guerriera e aristocratica nello spirito), è assai evidente, dal complesso delle espressioni più autentiche del nostro spirito, l' identità del sentire anti-umanista, anti-egalitario e decisamente volto al disprezzo per la massa indifferenziata e all'apprezzamento per chi sa elevarsi da essa con qualità rare e complesse, al distinguere quanto è nobile da quanto è plebeo, quanto è superiore da quanto è inferiore, quanto è prezioso da quanto è comune, al riconoscere e combattere la sovversione egalitaria in ogni sua forma ed espressione, al vedere l'essenza, il significato ed il fine della vita non nell'accontentarsi di sè, nel rircercare la illusoria felicità individuale e la patetica fuga dal dolore, nel conservare la vita senza altro scopo, ma nel superarsi e nel volere il grande, il nobile, l'eroico, nel tendere al superamento di sè e nel pretendere la grandezza.

E' stato cercando di accordare due filosofi apparentemente agli antipodi come Friedrich Nietzsche e Julius Evola (antimetafisico e iconoclasta l'uno, tradizionalista e totalmente metafisico l'altro), che mi sono accorto di questa verità, fino ad allora taciuta del mio orgoglioso, superbo e avventato intelletto (per troppo tempo prigioniero dell'illuminismo e del razionalismo dimostrativo cui è stato educato dalla scuola moderna).

La vera consonanza fra questi miei due maestri (ed in fondo anche fra noi), differenti nel pensare, identici nel sentire, risiede nell'aver compreso che vi è un modo plebeo, superficiale, banalmente razionale e materialistico di sentire e vivere le cose e uno nobile, profondo, superrazionale, o spirituale o artistico o eroico di sentire e vivere più intensamente e più altamente le stesse cose.

Per Nietzsche questo mondo superiore è l'arte, la bellezza, la creazione di valori, per Evola la superumanità eroica, la gloria solare, la libertà da ogni vincolo mondano e l'accesso all'eternità apollinea della virilità incorporea della luce .
Poi le motivazioni razionali di tutto ciò sono diverse. Ad esempio, l'origine della nobiltà, della civiltà, della superiorità, per Nietzsche è naturale e proveniente dal basso ed emersa con la volontà di potenza e la selezione, per Evola originaria, proveniente dall'alto e sempre tendente verso l'alto, staccata dalle forze infere del divenire e del bramare. L'inizio della decadenza per Nietzsche è il cristianesimo per Evola invece la separazione fra autorità regale e sacerdotale (e il cristianesimo ha anche parti positive nel ghibellinismo imperiale). Per Nietzsche era nobile il rinascimento vitalistico, per Evola il medioevo ghibellino, imperiale e cavalleresco. Per Nietzsche è nobile tendere alla grandezza tramite la forza degli istinti coltivati, potenziati, accresciuti ed elevati insino al vertice dello spirito, per Evola invece vincere la propria natura puramente terrena ed ascendere con la parte non umana ad una gloria solare non turbata da tutto quanto caratterizza le leggi della brama e del divenire.

Entrambi però non si accontentano del banalmente umano, ma vogliono l'oltreuomo: per Nietzsche esso è l'Ubermensch, quale non si è mai visto, per Evola la superumanità eroica, quale si è vista nelle origini mitiche delle civiltà indoeuropee. Il modo in cui guardano oltre l'uomo, all'oltre-uomo e alla più che vita è, nonostante ogni divergenza di pensiero, il medesimo.

E' stata questa conciliazione degli opposti a chiarirmi l'equivoco fra sentire e pensare in cui ero caduto al momento dell'addio da voi.

Come il liberale, il cristiano, il marxista e la femminista predicano cose diverse volendo in fondo lo stesso mondo, così voi predicate il vostro mondo di donne ed io predico il mio mondo di uomini (e quindi, come dimostrano le nobili origini del mondo ario-romano ed ario-dorico, necessariamente gerarchico, patriarcale, guerriero) proprio perchè abbiamo sullo sfondo la stessa prospettiva.
Ciò è una contraddizione solo per i deboli di intelletto e per i ciechi di spirito.

Ogni visione del mondo nasce da un discorso mitico, in cui gli opposti ancora coincidono e le contraddizioni non sono sentite come tali (ricordate quante meravigliose contraddizioni rendono bello e vivo il mito?). Per questo, nel momento stesso in cui si propone, una visione del mondo appare illogica, irrazionale e infondata agli occhi di chi ha un sentire improntato alla precedente ed opposta visione, di cui la nascente è costretta, per così dire, a "parassitare il linguaggio" (usando ovviamente le parole e i significati in modo nuovo e per questi apparentemente "contraddittorio e paradossale"). Non potrebbe essere diversamente, dato che è la visione del mondo a fondare il linguaggio, il senso ed il valore di ogni idea, di ogni vita e di ogni idea di vita, e non viceversa.
Il nobile, il bello e l'eroico non possono essere spiegati con i termini propri al resto del mondo, ma tutto il mondo può essere spiegato con i termini del nobile del bello e dell'eroico.

Anche la visione egalitaria ha avuto la sua fase mitica, con il cristianesimo, per poi razionalizzarsi in una dialettica che ha portato alle varie ideologie (dapprima riforma e controriforma, poi liberalismo, democrazia, marxismo, femminismo, eccetera), tutte in antagonismo e diverse fra loro, ma aventi il medesimo fondamento nel sentire dell'uguaglianza, della pace perpetua e della fine della storia (in quel sentire proprio di chi, come la plebe e le mucche, non vuole altro che un tranquilli benessere in cui conservarsi indefinitamente senza altro scopo).
Ora in noi vive la visione aristocratica del cosmo, la quale, nata da qualche parte fra Sils Maria e Bayreuth, fra i versi di Zarathustra e la cavalcata delle Walchirie, è ancora in gran parte rimasta alla fase mitica, dopo i fallimenti (ma il fallimento, come ricorda il Maestro, non è affatto segno di un errore nel volere l'opera, ma della grandezza di essa, indissolubilmente legata alla difficoltà e alla necessità di fallire tante volte prima del "colpo fortunato") di chi ha tentato subito di trasferirla in ideologia.
Il mio e il vostro tentativo (sempre e solo di tentativi nascono le civiltà, mai, come credono i roussoviani, di accordi) sono chiaramente opposti, come opposti sono maschile e femminile, ma non per questo dimostrano una diversità di natura e di origine.

E' stato grave errore mio, compreso solo dopo più di un anno, più di una meditazione solitaria in alta montagna e più di una ri-lettura di Nietzsche, Evola e Locchi (sconosciuto giornaliste del "Tempo", cui spetta l'infinito merito, da filosofo "nascosto", di aver elaborato in "Nietzsche, Wagner, e il mito sovrumanista" la teoria sulla genesi del discorso mitico e di ogni visione del mondo or ora da me riassunta), l'aver confuso il sentire con il pensare ed aver agito secondo questo prima che secondo quello.

Il fatto di "pensarla diversamente sull'almeno 80% dei problemi" non avrebbe dovuto convincermi a trascurare come ben più dell'80% del sentire che dava vita (seppur in maniera diversa) agli opposti pensieri fosse della medesima natura fra noi.

I pensieri, per gli uomini che pensano davvero, cambiano, le opinioni, nello stesso modo accidentale in cui sono state acquisite, possono essere perdute, le riflessioni razionali sui vari argomenti possono mutare con il mutare delle prospettive, degli interessi, delle esperienze, degli incontri, della acquisizioni di scienze, le verità razionalmente dimostrabili possono sempre essere confutate: tutto ciò non può definire l'uomo (nè la donna).

E' invece il sentimento del mondo, il modo istintivo di porsi verso la vita, non solo in ambito corporeo, ma anche in ambito spirituale, il modo di sentire, sperimentare, valutare le cose, le idee, le persone, il modo di percepire le distinzioni fra il superiore e l'inferiore di cogliere qualcosa di più elevato e voler tendere ad esso o identificarsi con esso, il senso innato nell'attribuire i valore e nello sperimentare quanto di più profondo vi è nel vivere davvero, non l'astratto e razionalistico pensare, ma il concreto e profondo sentire insomma, a non mutare e a definire perciò la "razza dello spirito".

Io e voi, volenti o nolenti, apparteniamo in ciò alla stessa razza. Non ci siamo forse subito riconosciuti, nell'oscurità e nei fumi e negli olezzi delle fogne di Calcutta, con la stessa, necessaria, nobile ed immediata sicurezza con cui, secondo Wagner, si riconoscono Siegmund e Sieglinde, nonostante le mentite spoglie di viandante perseguitato del primo e l'assoluta non conoscenza nell'uno e nell'alta del fatto di essere fratello e sorella?

Non vi è stato bisogno di dimostrazioni razionali, panegirici filosofici o dialoghi costruttivi e concilianti per capire di essere dello stesso sangue.
Le dimostrazioni, i panegirici e i dialoghi ci hanno piuttosto allontanati.

E se io oggi dovessi sostenere tutto ciò che è maschile non lo farei più con puerili panegirici su chi ha meno colpe, meno cause, meno desideri, meno volontà, dando per scontata un'etica cristiana fondata sulla morale e la limitazione, ma, contro tutto e tutti, lo farei tramite la celebrazione di quanto Nietzsche chiamerebbe "vita ascendente", di tutto quanto crea bellezze, valori e significati, di tutto quanto è forte, bello e palpitante di vita e per questo vuole accrescersi, affermarsi, dominare, e di per sè STABILISCE il diritto (ove per diritto si intende non già il limite moralistico racchiudente il vuoto nichilista di ogni cristianesimo e di ogni ideologia egalitaria, ma la forma in grado di dare senso superiore all'esistenza, giacchè nessun limite ha senso se non è contorno di una forma e nessuna vita ha valore se non è affermazione di sè e al contempo superamento di sè).

Ed è quello che voi cercavate di dire, che io in fondo sapevo per vero, ma che non volevo accettare poichè prigioniero di un "cristianesimo" (nel caso, quello di Schopenhauer).
Si può rifuggire dagli amici e dai nemici, ma mai dalla propria natura e dal proprio destino. Allontanandomi da voi, a voi mi sono riconciliato.

Riferendosi sempre a Schopenhauer, il nostro Federico sottolineava come "il tuo educatore può essere il tuo liberatore". Orbene, rifiutando ogni compromesso e negando ogni accordo, nel momento stesso in cui avete cessato di cercare la conciliazione, di compiacermi o di non ferirmi e vi siete resa intollerabile per me, mi avete insegnato la libertà, la fedeltà a se stessi, la mancanza di paura e di limiti nell'affermare i convincimenti della propria natura. Mi avete davvero liberato. Ora non temo nè innanzi a me nè innanzi al mondo di divenire ciò che sono e di difendere in maniera davvero solare le cause in cui mi identifico, siano esse o meno conformi al mondo o a voi. Posso dichiararmi in favore dell'uomo, del guerriero, dell'aristocratico in senso affermativo, senza bisogno come un tempo di esprimermi reattivamente secondo un sentire lunare, e di giustificare tali valori alla luce riflessa di quanto il loro splendore comunque produce sugli esseri inferiori, capaci di vedere solo l'utile, la parvenza, la funzione esteriore, il valore per la sorte "progressiva", l'accidente, la caratteristica confusa e inessenziale.
Affermo perchè sono, e giustifico tutto ciò che in me e nel mondo è e splende (questo atto puro è unica vera fonte di diritto come di luce, altro che i miei intricati discorsi morali di un tempo), e non già giustifico secondo ideali altrui perchè possa essere accettato (segno di oscurità, debolezza e impurità di fondo dell'anima). Se ho ucciso il chiaro di luna che era in me e sono puro sole lo devo a voi.

Il vostro passare da "amico" ad "avversario" ha provocato in me quella scintilla di cui, identificandovi con Mary Shelley, mi parlavate. Di questo non vi ringrazio, così come un figlio non ringrazia la madre: non possono esistere parole per "dimostrare" questa gratitudine. La si può solo sentire.
Se tornassi indietro a certi discorsi, non vi parlerei più dei diritti e delle sofferenze degli spermatozoi, ma della loro nobiltà e delle loro superiorità come casta risiedente nel far coincidere vita e vittoria, vivere e più che vivere, esistenza di sè e superamento di sè, fondamento originario di tutto quanto può e deve dirsi nobile.

Non prendetevela se vi sono parso antifemminile e prolisso nel post di cui questi scritti sono formalmente il commento: ho solo voluto dimostrare (con tutta la lungaggine e la puntigliosità necessarie in tali casi) un assurdo di quel sistema demo-liberale in cui, nel periodo in cui mi avete conosciuto, legato come ero al giudizio del volgo ed alla paura dell'altrui dire, ancora credevo. Ho voluto ripagare razionalisti, egalitari e illuministi con la loro vile moneta della dimostrazione e del sillogismo. Non volevo certo litigare con voi (non a voi dedicavo questo estemporaneo scritto, nato dall'ira e dalla provocazione, pur nel suo razionalismo), ma solo con chi, idolatrando la ragione, non fa altro che contraddirsi e rendere la vita impossibile agli uomini in carne e sangue. Non mi sarei dovuto aspettare nulla più di stupidaggini e contraddizioni da un sistema di valori fondati dalle caste inferiori dei mercanti e degli schiavi, capaci di ragionare solo secondo i criteri dell'utile e del tempo, ben lontane da ogni ideale di vita diverso dal benessere materiale da bestiame bovino. Dall'evidenza dei 5/6 degli uomini costituiti da imbecilli io non ricavo di certo un miglior giudizio verso le donne, certo mediamente meno peggio ma proprio per questo troppo legate all'aurea mediocritas così come alla vita conservativa (all'accontentarsi insomma, fuor di metafora, del generare al livello infero del corpo che si conserva e dell'essere tutte uguali e valenti proprio in quanto ovuli), bensì la necessità di un ordine aristocratico e guerriero (come del resto proprio di ogni Tradizione degna di tal nome, sia essa storicamente rappresentata dalla Grecia di Omero, dall'Imperium di Roma, dall'India dei Veda o dalla Persia degli Ariani) in cui, essendo ogni valore e ogni dignità non dati a priori ma conquistati grazie all'eccellenza e alla differenza qualitativa, i migliori dominano (nel senso pieno dello stabilire i valori) e gli altri si subordinano a vari livelli in relazione alle loro eccellenze e mediocrità. La sovversione egalitaria ha reso gli uomini sempre meno degni di chiamarsi uomini, sempre più lontani da ogni sentire virile e sempre più simili alle bestie da pascolo (le quali nella loro ricerca di benessere tranquillo e di vita conservativa ben si accordano con i valori di pace, uguaglianza collaborazione e di tutto quanto è plebeo e femminile nel senso deleterio), sempre più incapaci insomma di concepire altra vita da quella conservativa e materiale data dalla donna (di qui l'idolatria femminista e cristiana per essa) e di prodursi (e se necessario sacrificarsi, con la volontà e la voluttà di un eroe greco) in quello slancio eroico che è lo stesso nella guerra santificante ogni causa e nella affermazione (o creazione) di ogni valore in grado di rendere la vita davvero degna di essere vissuta e ricca di bellezze, magnificenze e significati superi. Solo in quanto gli uomini sono ora brutta copia delle donne e in quanto un originale è sempre meglio della copia vi concedo di dire che le donne in generale oggi sono migliori. Non però ad una ulteriore degenerazione verso il tutto indifferenziato proprio del femminile originario (ed ora evidente ad esempio in quell'abominio che è la scuola dell'obbligo governata da donne) si volge il mio pensiero, ma ad una reversione verso società e principi aristocratici e virili, a partire dal meglio delle tradizioni ario-doriche, ario-romane, indogermaniche e persiane ed escludendo categoricamente il peggio in cui oggi si identifica "la civiltà" e in cui voi, non distinguendo fra qualità originaria e degenerazione, identificate le società di uomini.
Le vere società di uomini sono quelle che concepiscono come vita quella data dal padre e risiedente nella dimensione superiore dello spirito (cui si accede per mezzo del rito iniziatico, noto a tutte le vere civiltà, e alla cui perfezione si giunge con la liberazione dall'io negli atti puri di guerra o di ascesi), che danno valore, senso e bellezza al mondo secondo i criteri superi del sacro e dell'eterno e che si ordinano, conformemente a ciò, secondo una gerarchia di valori superiori ad ogni significato, ad ogni temporalità e ad ogni utilità materiale, in necessarie caste, dunque, più che non in semplici classi, in differenze secondo la qualità e l'essenza, più che secondo la quantità e l'accidente.
In tale sistema (voluto del pari da un Platone come da un Nietzsche, quindi, anche qui, da persone con un pensare addirittura antitetico), ad esempio, un blacktempest sarebbe stato adibito al carico e scarico delle merci (per non dire del "nobile nutrimento" per la terra che ha nome letame), e non già all'istruzione dell'obbligo, la quale, contro ogni ordine di "verità e giustizia", gli permette di discutere di etica e di filosofia insudiciandole con il suo alito e la sua morale da schiavi. Grave danno è dare strumenti intellettuali a chi non ha nobiltà di spirito e altezza di sentire. Ecco come si precludono la grandezza e l'altezza di ogni arte e di ogni vita: lasciando che il pensare ed il decidere sulla vita siano concessi alla maggioranza, la quale, non possedendo nè grandezza, nè amore del bello, del nobile e dell'eroico, chiamerà colpa ogni forza capace di affermare (non già volgarmente di negare e reagire), crimine ogni opera di grandezza, nulla o ingiusta ogni civiltà superiore (con i suoi principi aristocratici e spirituali, le sue imprese e ovviamente i "crimini" ad essi necessari: nulla nasce senza dolore e lo scultore migliore non risparmia violenza al marmo così come il grande condottiero, nella sua opera sovrumana e creatrice, non risparmia violenza, nè ai propri migliori guerrieri, nè al resto dell'umanità tutta) e virtù ogni debolezza (obbedienza ad una legge altra da sè cui solo gli schiavi nell'animo si sottomettono, al contrario dei signori, i quali non accetterebbero mai altra morale da quella direttamente derivante dalla necessità di realizzare le opere di grandezza e bellezza cui sono destinati).
Basterebbe questo a farmi chiudere definitivamente con ogni ideologia egalitaria (liberalismo compreso), ma già mi sono sfogato.
Molte donne mi hanno stancato e irritato, ma la mia irritazione, il mio sdegno e la mia violenza si rivolgono in realtà più contro la mediocrità del sistema di cui certe femmine (al pari di certi finti maschi) sono espressione che contro le donne in sè (la frusta di Zarathustra non è, come erroneamente credono i maschi piccolo-borghesi, quella che percuote per punire, sottomettere o umiliare, ma quella che feconda, come nei Lupercali romani, e ricorda come nulla di grande nasca senza affrontare e superare colpe e dolori).

Permettete dunque che il mio errore non mi precluda la possibilità di donare ancora. Fatemi sapere come intendete impiegare il tempo che avrò bisogno (per intimo dovere e gioia di un sentire guerriero e leale) di dedicare a voi nella vostra battaglia.
La guerra è la più alta espressione dello spirito: permettetemi di condividerla con voi, anche se forse per la mia suscettibilità di fanciullo un giorno non me ne sono mostrato all'altezza.

E, vi prego, per il fatto di avervi rinnagato, consideratevi mio maestro, non mio avversario.

BEN RITROVATA DALLA SUBLIME PORTA

P.S.
La vostra vita dimostra in fin dei conti quanto voi siate fra le pochissime persone, allo stato attuale di decadenza, piccineria e rassegnazione, ricche di quell'Amor Fati (ossia libertà intesa come capacità di amare e volere il proprio destino) in cui, per il nostro diletto Nietzsche, risiede la formula di ogni grandezza.

 
At Pazartesi, Haziran 23, 2008 4:13:00 ÖS, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

Replica a

E sia...

Siete sicuramente (questo nessuno potra' negarlo) una persona che ha molto da dire, anche se sapete bene che solo pochi sono in grado di ascoltarvi.

Inoltre, come ben sapete, una "leaena", soprattutto se le sono state inflitte ferite, resta alquanto sospettosa, e ci vuole tempo per farle riacquistare fiducia. Permettetemi, per il momento, d'interagire con voi solo tramite i commenti nei blog.

Pero' promettetemi di non essere cosi' prolisso, soprattutto se avrete voglia di commentare nel mio diario. Ultimamente il tempo che posso dedicare alle letture nel virtuale si e' notevolmente ridotto.


Una correzione sintattica da me apportata alla mia precedente risposta ha falsato la cronologia (la vostra replica risulta posta prima del mio commento cui si riferisce). E sia, come dite, rispondo qua.

Sapete da Talleyrand come quanto non sia necessario sia anche imprudente. Conseguentemente, non solo voi interagirete con me soltanto tramite i commenti dei blog, ma anche io leggerò e commenterò da voi solo nella misura in cui ciò sia utile o necessario alla vostra causa.

Quanto mi preme è infatti poter con voi pugnare nei fatti, non nelle parole o nelle intenzioni. Voi, all'uopo, mi farete sapere come intervenire.

Quanto alla promessa di futura concisione, posso solo promettere di scrivere meno e, con ciò, di dire meno. Se possedessi il dono di dire le stesse cose con la stessa efficacia in un decimo dello spazio e delle parole mi chiamerei F.W, Nietzsche e non sarei in Baviera come ora, ma in Sassonia. Scusate se sono solo un sultano con la stessa sovrabbondanza di significati e molto meno genio poetico.

Che pochi mi capiscano è un prerequisito perchè essi siano degni e capaci di capire. Fra questi pochi vi sono sicuramente due donne. Una che mi conosce, voi, e una che non mi conosce, Anna K. Valerio, la quale ha capito Nietzsche prima e meglio di me e a cui sono infinitamente debitore (per vostra curiosità:
http://www.cultrura.net/index.php?option=com_frontpage&Itemid=1
)

Quanto al vostro non fidarvi, massimo rispetto da parte mia va a chi, sia esso un uomo o una donna, ha lo spirito in forma di leone, spirito libero capace di spezzare e irridere le vecchie tavole. Sono stato per troppo tempo fermo allo stadio di cammello, tanto più caricato di valori e di spirito di venerazione quanto più forte e desideroso di portare un peso attraverso il deserto dei significati inferiori, volgari e comuni, per non apprezzare chi ha saputo compiere la metamorfosi leonina.
Sappiate però che lo spirito si stanca, presto o tardi, di essere un leone iconoclasta e adirato, e, se vuole creare davvero, deve passare attraverso un'ulteriore metamorfosi, la quale vincendo ogni spirito di vendetta (e dunque ogni legame con le vecchie tavole rovesciate) lo trasmuti in fanciullo.

 
At Salı, Haziran 24, 2008 3:12:00 ÖS, Anonymous Adsız said...

Va bene Sultano. Ho provveduto a riaggiungervi al blogroll, come del resto avete fatto anche voi con me.

 
At Salı, Haziran 24, 2008 3:55:00 ÖS, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

Io non vi ho mai tolta.

 

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