SIMONA, DA ANORESSICA A GRASSONA
Non ascolterò più Radiotre. Troppo sinistrorsi, politically correct e stupidi (stupidi a pensare che gli ascoltatori possano bere tutto quanto la loro ideologicamente versato).
Ieri sera una cretina, parlando di anoressia, in una lettera lunghissima (da cui si leggevano estratti) ha scritto qualcosa come "anch'io ero anoressica a 20 anni...credevo che solo quel modello di bellezza efebico, asessuato e indifeso mi avrebbe dato l'amore di cui avevo bisogno......il sistema maschilista e patriarcale grava pesantemente sulle donne e va abbattuto....e il discorso sarebbe più ampio..bla bla co co dé"
Cretina!
Incolpi gli uomini di desiderare un tipo di bellezza anoressico che nella maggior parte nemmanco desiderano e ADDIRITTURA arrivi al parossismo di lamentarti con loro di un PRIVILEGIO che per natura e per cultura (e soprattutto nella galante, poetica ed estetica cultura italica figlia dello Stilnovo) le donne hanno proprio sugli uomini stessi, e di come qualche cretina, nella smania ossessiva di trarre il massimo vantaggio (io aggiungo: economico-sentimentale) in termini di amore sessuale, desiderabilità, autostima, vanagloria, capriccio o interesse, da tale privilegio, finisca con l'esagerare nel seguire la magrezza delle modelle filiformi ed eteree presentate dalla TV divenendo anoressica!
Come se, esistendo una corsia preferenziale riservata alle donne, queste, per la fretta e la furia di sfruttarla, si accalcassero all'imbocco per percorrerla ed accelerassero in essa esageratamente finendo poi per scontrarsi fra loro o uscire di strada. Ma ti rendi conto? Diamo la colpa all'esistenza della corsia preferenziale o alle donne che per la fretta di usarla mettono in moto l'auto prima del cervello?
Falsa!
Ma in questo sei in buona compagnia. Tu chiami oppressione il vantaggio e discriminazione il privilegio. Ne avevo ampiamente parlato, qua, qui e qui.
Come ebbi già a dire parlando contro una parlamentare di Forza Italia (la stupidità è dunque trasversale agli schieramenti parlamentari, dato che la ritrovo immutata in questa estrema sinistra radiofonica), non è la società ad essere sessista: la natura lo è. La società, se amante di quanto possiamo chiamare "equo vivere", può semplicemente tentare di compensare le disparità naturali, o, meglio, dare agli individui la libertà di compensarle.
E' quello che ha sempre fatto il mondo umano prima dell'avvento del femminismo.
Oggi come ieri la donna ha sempre privilegio di natura d'essere apprezzata, ammirata e desiderata in sé per la bellezza (e, quando non vi è, comunque per l'illusione data dal desiderio). Per naturale compensazione l’uomo ha sempre potuto proporre altre doti per essere simmetricamente apprezzato, a seconda del mondo. Il mondo eroico ed omerico aveva la virtù guerriera, il mondo cavalleresco e cristiano la cultura, il pensiero, le belle arti, la conoscenza, il cor gentile, il mondo capitalista ha il denaro. Forse un futuro (utopico) proporrà finalmente il puro spirito. Il mondo attuale, intanto, con tutti i suoi difetti, ha il denaro. Avrà tutti i difetti ma almeno permette all'uomo di compensare la disparità di desideri (non necessariamente sessuali) e inclinazioni sentimentali con la donna. Non è assurdo. E' invece assurdo un mondo che programmaticamente voglia eliminare le differenze.
E' ipocrita poi un mondo che chiama svantaggio il privilegio e chiama discriminazione una scelta (dettata da diversi desideri di natura).
Se vige la morale pseudo-cavalleresca, per cui sia per cultura sia per legge è sancito che l'uomo debba mantenere la donna (se questa non ha voglia di lavorare o di cercare un lavoro in grado di farle guadagnare quanto desidera), se anche per un semplice rapporto "free" l'uomo deve dare infinite cose in pensieri, parole, opere, fatiche, dignità (quando deve recitare da cavalier servente) e soprattutto doni e regali e inviti a cena, se una donna può ottenere (economicamente e sentimentalmente, oppure in moneta di vanagloria e autostima) tutto senza dare nulla più che un sorriso, se viene accettata, disiata o comunque socialmente apprezzata in ogni dove di per sè, in quanto "soave fanciulla", per la sua grazia, la sua leggiadria ed ogni altra dote attribuitale per natura e cultura (addirittura anche quando, come accade spesso, manca la vera bellezza) perché mai una donna dovrebbe faticare per arrivare a guadagnare tassativamente una certa cifra (come ha l'obbligo l'uomo per non essere un nulla) o raggiungere una certa posizione di prestigio socio-economico (quella indispensabile invece all'uomo per essere ammirato e potersi circondare delle donne che desidera) dato che già per natura piovono su di lei privilegi principeschi (in relazione all'uomo), complimenti, desiderabilità e ammirazione, o comunque accettazione, sociale e per natura le viene dato tutto?
Sarebbe molto stupida se non ne approfittasse, facendosi per quanto possibile mantenere o, se ama il lavoro, scegliendo una professione per puro gusto e non per soldi (ed è per questo e solo per questo che le donne svolgono mestieri meno remunerati ma non per questo meno appaganti in sé).
Se deve sempre essere l'uomo a "spendere" (sia materialmente, sia idealmente) per la sola speranza di conquista, deve esistere per lui ALMENO LA POSSIBILITA' di guadagnare di più, altrimenti dove trarrebbe le risorse per la "rincorsa"? O per voi è naturale che l'uomo viva perennemente infelice e inappagato?
La donna, per privilegio sia di natura sia di galanteria, ha la possibilità, nella sfera dell'AUTOSTIMA (erotica ed affettiva), di essere ammirata, disiata ed apprezzata al primo sguardo e, in quella del POTERE (personale e sociale) di influenzare l'agire e il pensare degli uomini (e quindi la storia), SENZA BISOGNO di faticare, compiere "imprese" o mostrare eccellenza in doti particolari (come i cavalieri che se non le dimostrano non sono né disiati né ammirati) o di raggiungere una posizione di preminenza sociale ed economica (come invece gli uomini che senza di essa non contano nulla).
E tutto questo vale per natura, poiché è il maschio ad essere indotto dalla natura ad onta di perigli e fatiche a seguire la femmina nel più fitto dei boschi e chissà dove, non viceversa.
Tale disparità DEVE essere compensata in un modo o nell'altro dall'ordine sociale. Il denaro è un mezzo (o il mezzo attuale).
Se le persone sono lasciate libere tale "riequilibrio" avviene senza discriminazioni, non per effetto di divieti o svantaggi alle donne, ma per conseguenza di libere scelte diverse dettate da bisogni diversi, inclinazioni diverse e doti naturali differenti. E' se si pretende di eliminare a posteriori tale riequilibrio che si compie azione ingiuste e discriminatoria in quanto un'uguaglianza imposta penalizzerebbe gli uomini DATO CHE il non avere il femminista 50 e 50 non deriva da discriminazione contro le donne ma dal fatto che esse (per privilegio naturale e culturale) hanno meno bisogno di certe posizioni e di certe carriere (per essere felici o anche solo socialmente accettate e amorosamente disiate) e quindi non vi spendono tanto tempo ed energia come sono invece obbligati a fare gli uomini: conseguentemente correggere a posteriori per avere il politicamente corretto 50 e 50 sarebbe come, per il puro gusto di "pareggiare", rallentare a metà di una competizione chi ha corso e faticato di più perché aveva più necessità di arrivare prima.
Se davvero si realizzassero i propositi del ministero delle pari opportunità la situazione sarebbe totalmente a svantaggio dell'uomo, e non certo pari o giusta.
Il desiderio è dispari.
La donna gode di un privilegio nella sfera, diciamo, erotico-sentimentale, che le deriva direttamente dalla natura. Tale posizione di privilegio (o, se vogliamo, di preminenza) diffonde i propri effetti, direttamente o indirettamente (e in maniera assolutamente indipendente dall'organizzazione sociale, la quale non può, anche volendo, vincere la natura in questo), in ogni aspetto della vita dato che, come mostra Freud, tutto ciò che desideriamo o vogliamo, consciamente o meno, deriva dal profondo degli impulsi sessuali. Di ciò non si può non tenere conto parlando di "parità", sempre che si abbia come fine una parità effettuale o, meglio, una uguale possibilità di ogni individuo di cercare la via per essere felice, o meno infelice possibile, secondo i propri personalissimi ed ingiudicabili parametri. In caso contrario significa o che si è troppo stupidi per capire la sostanza del problema oltrepassando l'apparenza o troppo perfide e false per ammettere di avere un vantaggio (molto più influente della superiore forza fisica maschile) il quale DEVE essere compensato da una società che voglia essere non dico giusta, ma almeno FUNZIONANTE (solo quanto è bilanciato, come lo è stato il mondo della tradizione, può funzionare a lungo). La terza via significa semplicemente ritenere accettabile la crudeltà della natura solo perché in questo caso va (o sembra andare) a vantaggio della donna, sottendere che l'uomo debba sempre essere tiranneggiato o reso profondamente degno del riso da questa e definire arbitrariamente la disparità naturale come "giustizia naturale" (ragionamento tipico delle ecofemministe: e sarebbe interessante la loro reazione a chi sostenesse giusto per l'uomo approfittare della brutalità fisica e delle forze naturali di coesione , ossia del branco, per schiavizzare le donne, perché è il discorso simmetrico a questo quello sostenuto da certe ecofemministe e da certe donne).
Rousseau credeva ingenuamente tale influenza delle donne (esercitata per mezzo di ciò che nell'uomo è di più profondo e di più irrazionale) un fatto positivo in quanto naturale, ma Leopardi e Schopenhauer hanno ampiamente dimostrato come alla natura poco importi dell'infelicità o della felicità dei singoli individui.
La felicità è un concetto speculativo e infinitamente soggettivo nelle sue possibilità (o, per i pessimisti, illusorio nella sua impossibilità), e non è raggiunto con il puro soddisfacimento del corpo, ma è oggettivamente riscontrabile che laddove non possono essere pienamente appagati i bisogni naturali (fra cui, per l'uomo, quelli di bellezza e di piacere, dei sensi come delle idee), l'essere vivente dotato di autocoscienza è inevitabilmente infelice.
Per questo è disumano non voler concedere all'uomo di poter compensare la situazione svantaggiata di partenza o lamentarsi delle conseguenze macroscopiche di ciò (vedi statistiche sui redditi), ovvero di come a volte l'uomo (non tutti sono imbecilli come sembra) vi riesca con le proprie forze (lavorando e guadagnando di più, sacrificandosi di più nella carriera perché non ha altra scelta).
Se una donna può avere la bellezza per essere apprezzata, ammirata, disiata al primo sguardo, un uomo deve poter acquisire altre doti parimenti oggettive e immediatamente apprezzabili per essere allo stesso modo ammirato e disiato e "pareggiare il rapporto" con la bella donna.
Se ella possiede la bellezza, di cui, sensitivamente e intellettivamente, l'uomo ha naturale ed intimo bisogno e verso cui è mosso da profondo e immortale disio, egli deve possedere e poter offrire a lei altre doti di cui la donna ha pari bisogno e brama e verso le quali è mossa a desiderio con ugual forza.
Ogni rapporto umano, fra uomo e uomo o fra uomo e donna, è fatto di dare ed avere (non necessariamente e banalmente in senso economico, ovviamente). Solo gli stolti possono credere il contrario e confidare nella gratuità (la quale non esiste neppure nel sentimento).
I rapporti fra uomo e donna nel regno dei cieli non mi interessano. Io parlo di quanto accade sulla terra. E' raro si incontrino San Francesco e Santa Chiara e poiché l'uomo deve poter godere realmente, di quando in quando, delle bellezze che abitano la terra, deve anche possedere quelle doti in grado di allettare e realisticamente disporre a concedersi le donne vere prima delle sante.
Se non possiede tali doti non ha nulla di concreto da offrire alla donna e da lei disiato e gradito, per cui non potrà sorgere alcun rapporto costruttivo con lei. E l'uomo con ogni probabilità sarà infelice e inappagato sia sensitivamente sia intellettivamente, oltre che mai apprezzato, con conseguenze sia distruttive sia autodistruttive.
Possibile che donne lauerate e intelligenti non capiscano queste semplici verità?
Sono gli spermatozoi che devono correre all'ovulo, non viceversa. Non possono essere "rallentati" per "parità". E sono gli animali maschi che devono lottare, inseguire e raggiungere e conquistare l'animale femmina che sta ferma e non ha obblighi. E per correre, inseguire, competere, serve la benzina, la forza, la fiducia. E la benzina, la forza, la fiducia, in un mondo capitalista, risiedono nelle possibilità economiche. Stupido negarlo. E negare dunque che la situazione attuale non sia frutto di una discriminazione, ma del tentativo disperato degli uomini di compensare il naturale privilegio delle donne significa essere ciniche e bare. Oltre che FALSE!
Cieca!
La cosa che è da abbattere (ma per equità verso gli uomini, non verso le donne) qui sarebbe solo il millenario privilegio che alle donne è dato dalla bellezza, ma, sebbene alcune esagerazioni servili di derivazione medievale codificate con il nome di galanteria potrebbero essere abolite (emancipando l'uomo), sarà difficile eliminare la forte componente naturale nascente dagli impulsi più vitali e profondi.
NELLA SESSUALITA' gli uomini e le donne non sono mossi dal libero arbitrio, ma dal genio della specie.
La natura inculca nel petto dell'uomo una brama infinita di cogliere l'ebbrezza ed il piacere dei sensi da quante più donne possibili, e ne fa nascere il desiderio immediatamente e al primo sguardo, con l'immediatezza del fulmine e l'intensità del tuono, ma con la soavità di plenilunio di giugno dopo la pioggia, non appena la bellezza si fa sensibile a lui nelle fattezze del corpo muliebre, nella claritate del viso, nelle forme dei seni rotonde, nelle membra scolpite, nella figura slanciata, nelle chiome fluenti e nell'altre grazie ch'è bello tacere.
Parimenti inscrive nell'istinto della donna la dote di farsi sommamente desiderare e seguire in ogni dove, (come una fiera nei boschi) dal maggior numero possibile di maschi, in modo da ampliare al massimo la rosa di coloro che sono disposti a competere per lei e dai quali selezionare chi mostra eccellenza nelle caratteristiche volute per la riproduzione e il bene della discendenza (o, razionalizzato nelle società più evoluto, quelle doti materiali o intellettuali che rendono un uomo gradito o utile alla femmina, o conferiscono prestigio sociale).
Tutto ciò risponde ai fini della natura, non a quelli dell'uomo (ed è infatti motivi di infinite infelicità individuali, da quelle dei giovani uomini intimamente feriti dalle "stronze" a quelle delle donne tradite): il desiderio maschile serve garantire la massima propagazione dell'istinto vitale, quello femminile a garantire la selezione dell'eccellenza.
Questo è l'amore naturale "l'inganno che la natura ha dato agli uomini per propagarne la specie".
Tutto il resto, nell'amore, è solo costruzione dell'uomo, della sua ragione, della sua arte, della sua parola, e, più profondamente, del suo inconscio.
L'aveva già compreso Schopenhauer:
"L'uomo tende per natura all'incostanza in amore, la donna alla costanza. L'amore dell'uomo cala sensibilmente non appena è stato soddisfatto: quasi tutte le altre donne lo eccitano più di quella che già possiede, perciò desidera variare. Invece l'amore della donna aumenta proprio da quel momento. Ciò dipende dal fine della natura, la quale mira a conservare la specie e quindi a moltiplicarla il più possibile. L'uomo infatti può comodamente generare in un anno più di cento figli, se ha a disposizione altrettante donne: la donna invece, per quanti uomini abbia, potrebbe comunque mettere al mondo un solo figlio all'anno (a prescindere dalle nascite gemellari). Perciò l'uomo va continuamente alla ricerca di altre donne, mentre la donna si attacca saldamente a un unico uomo: la natura infatti la spinge a conservarsi, d'istinto e senza alcuna riflessione, colui che nutrirà e proteggerà la futura prole." (LA METAFISICA DELL'AMORE SESSUALE)Se da un lato è evidente (e il fatto tu fossi apprezzata quando eri bella è l'esempio lampante) come l'uomo, nella sua ricerca di bellezza corporale e ideale, sia mosso dall'impulso naturale al sesso, dall'altro non risulta assolutamente vero, come par dire taluno o vantarsi taluna, che la sessualità delle donne sia meno presente o risulti meno centrale nell'esistenza. Semplicemente si esprime in un modo diverso, ma ciò non significa affatto ricopra una minor importanza nella vita, anzi. Il modo ad essa proprio è più quello del selezionare e dell'accudire che non quello del bramare continuamente e infinitamente il congiungimento carnale, è più afferente al sentirsi desiderate che non al desiderare, il quale è il modo maschile per eccellenza (ed è motore d'arte ed ispirazione di poesia negli uomini nati alle cose dell'intelletto).
La sessualità è sempre presente nell'inconscio, altrimenti le femmine, ad esempio, non si farebbero belle (“per piacere a loro stesse”) anche quando non ne avrebbero razionalmente bisogno: è invece naturale per le femmine essere massimamente belle e desiderate almeno quanto è per noi maschi naturale desiderare la bellezza. Sono le società talebane che proibiscono questo con motivi religioso-morali al fine(pratico) di controllare la società guidando gli individui fin nel profondo delle pulsioni e dei desideri. Un mondo libero non può dannare i desideri di natura, né i modi che uomini e donne scelgono per appagarli (o per trarre dall'appagamento di altri in essi un vantaggio individuale, come nella prostituzione libera).
La teoria femminista portata avanti da molti fra cui, devo constatare con rammarico, quelli del Financial Times (e creduta, perché tutto sommato comoda per chi vuol sentirsi in posizione di forza, da tanti uomini) riprende per motivi opposti ma uguali lo stesso principio delle teorie talebane (come del resto le crociate contro la prostituzione e la pornografia, entrambe invece, quando non imposte d'altrui, libere espressioni della sessualità individuale e collettiva). E' strano che una certa "censura" al nudo e alle veline venga auspicata come "femminismo positivo e liberatorio" nello stesso momento in cui altre donne, in fuga da società talebane e sessuofobiche, cercano di raggiungere, a rischio della loro stessa vita, lo stile di vita e di parvenza che voi, stolidi articolisti perbenisti del Financial Times criticate, e vedono nel vestire occidentale (e italiano) e nel modo di farsi belle delle donne libere un simbolo ed una speranza di emancipazione.
E' naturale il desiderio che muove il maschio verso la bellezza corporale della donna, la claritade del suo viso, le sue chiome fluenti, le divine lunghezze delle membra, le rotondità del petto, lo slancio statuario del corpo, le grazie tutte della sua angelica figura, alta, e cara allo sguardo suspiciente, e della pelle liscia e levigata, soave al tatto, è altrettanto naturale il disio della femmina di corrispondere a tale ideale estetico e d'esser così da tutti rimirata, apprezzata, bramata e idolatrata al primo sguardo. SI potrà cambiare il modello di bellezza (e probabilmente va cambiato, rispetto a quello sterile e asessuato di oggi), ma non il fatto che l'uomo desideri nella donna il "sogno estetico".
Non siamo noi a scegliere cosa soddisfare: noi scegliamo solo i mezzi e i modi.
E' la natura stessa che ci indica cosa ci piace, non possiamo farci piacere qualcosa ad arbitrio, almeno nei bisogni naturali. Non possiamo essere appagati se non soddisfiamo la brama di bellezza e di piacere che la natura stessa ci inculca nei petti. Perché un uomo si avvicina ad una donna (attraente)? Non intendo per l'amicizia, la quale è invero rara, se sincera, ed è propria dell'uomo (in natura non esiste), ma per quanto si dice "amore"? Perchè lo ritiene giusto? Perché esegue un calcolo o una dimostrazione che a ciò lo convincono? Perché la società glie lo insegna? Perché lo ritiene moralmente accettabile o positivo? NO! perché la natura lo spinge a ciò, come spinge le fiere ad inseguire la femmina nei boschi, come muove le stelle scorrenti del cielo e dà vita alle distese luminose del mare e alle terre che producono frutti! Come narra il De rerum natura di Lucrezio.
Se così non fosse, e si fosse spinti da mero edonismo o necessità estetico-intellettuale, si sceglierebbe di mirare la Venere di Milo o le Tre Grazie del Canova piuttosto che attaccar discorso con certe donzelle (dal comportamento magari intriso di stronzaggine e di vanagloria) solo perché sono le uniche creature viventi, nel raggio di qualche miglio, in grado di assomigliare a qualcosa in grado di suscitare un minimo palpito di desiderio.
Spesso converrebbe anche all'uomo poter scegliere di non desiderare (quante sofferenze e quante spese eviterebbe!) carnalmente e il fatto che non possa significa che non è lui a decidere (così come, ad onta del vanto femminile, non è nemmeno emancipazione dalla natura o merito intellettivo della donna la sua "razionalità erotico- sentimentale", ma meramente un'espressione raffinata del suo istinto sessuale, il quale non è desiderare ma farsi desiderare, e poi selezionare l'eccellenza). Si possono inibire le pulsioni, non cambiarle né annullarle.
Che la donna abbia l'istinto materno e che la sua sessualità la porti più ad accudire che non a divertirsi fra cento letti, più a selezionare il miglior padre per la prole che non a faticare direttamente essa stessa per raggiungere quella preminenza economico-lavorativa da lei ricercata nell'uomo, e che l'uomo viceversa abbia il desiderio "diffusivo" di godere della bellezza così come è diffusa sopra la vastità multiforme dell'unierso femmineo ed abbia bisogno di eccellere in doti oggettivamente e immediatamente apprezzabili (quali ad esempio quelle economiche) per compensare la disparità di numeri e desideri con il femminile ed essere parimenti ammirato e disiato come una donna lo è al primo sguardo per le sue forme belle,
sono fatti naturali, non culturali. La cultura può variare modelli e modi di bellezza e di eccellenza, ma non il fatto che la donna desideri l'eccellenza (nelle doti da ciascuna ritenute più importanti secondo i propri rispettivi e magari inconsci parametri) e l'uomo la beltà del corpo.
Che la donna sia tanto madre da un lato quanto oggetto di desiderio dall'altro non è stabilito dall'uomo o dalla cultura, ma da madre (matrigna?) natura. Ciò non è offensivo, come pensano le sciocche che gridano contro la "dicotomia madre/puttana imposta dall'oppressione maschile". Non è l'uomo a scegliere di disiare la donna appena le grazie di lei si fanno sensibili agli occhi né è l'uomo a far desiderare alla donna di procreare e accudire i pargoli. E' la natura.
Tu hai un concetto e una misura di emancipazione basati unicamente su valutazioni numeriche o ideologiche riguardo il lavoro. Ciò coglie solo la superficie del problema e non tocca le motivazioni profonde dell'essere umano. Il lavoro infatti è un mezzo, non già un fine supremo dell'essere umano, né una sua escatologica realizzazione (come pare nell'idealizzazione capitalista del guadagno).
Il vero fine dell'essere umano non è arrivare in una determinata posizione socio-economica in sé o svolgere un determinato lavoro in quanto tale. Non è così che la vita in sé si compie e i desideri si appagano. Il fine supremo, anzi profondo, dell'uomo (e della donna) è essere riconosciuto, apprezzato, desiderato. Raggiungere una certa posizione socioeconomica, svolgere un certo lavoro, piuttosto che non sposarsi, essere belle, sfilare ecc.
sono soltanto i mezzi con cui si può essere riconosciuti, apprezzati e desiderati nel mondo odierno.
Per privilegio di natura prima ancora che di cultura, la donna ha la possibilità di essere dal mondo apprezzata, ammirata, disiata al primo sguardo in sé e per sé, per la sua grazia, la sua leggiadria, la sua essenza mondana (quando manca la bellezza, vi supplisce l'illusione del desiderio), senza bisogno di fare granché o di mostrare necessariamente altre doti, poiché l'uomo la desidera primieramente per la bellezza.
Al contrario, poiché la donna vuole selezionare fra i tanti che la desiderano colui che "eccelle", l'uomo è costretto a mostrare un certo valore, a faticare, a competere, a raggiungere una certa posizione socio-economica o anche culturale e di prestigio, giacché il concetto di "eccellenza", trasposto nel mondo umano, non ha valenza soltanto estetica, ma si ammante di una sfaccettata serie di significati ed implica conseguentemente per l'uomo un'altrettanto variegata serie di "imprese da compiere".
Se non vi riesce, rimane un puro nulla e non solo non ha alcuna speranza d'esser degnato d'uno sguardo dalle donne, ma risulta completamente trasparente per tutta la società (giacché non può esercitare nel mondo quell'influenza indiretta sugli uomini e sulle cose per tramite di quanto in essi è di più profondo e irrazionale, quell'influsso sui pensieri e sulle azioni che per disparità di desideri ed inclinazioni sentimentali è proprio della donna).
Per la donna la carriera è una scelta, per un uomo un obbligo. Altrimenti è infelice, non può godere di ciò di cui ha bisogno per natura e non ha né accettazione né stima del sesso opposto.
Isterica!
La tua isteria femminile non ti permette di ragionare e di usare la logica
Il privilegio delle donne(di essere ammirate dal mondo, apprezzate dalle genti, accettate socialmente e disiate da tutti al primo sguardo in sé e per sé, per la propria grazia, la propria bellezza, quando c'è, la propria leggiadria, la propria essenza mondana dunque, senza bisogno di raggiungere una preminenza economica o lavorativa o mostrare obbligatoriamente altre doti come devon invece far i cavalieri, i quali senza esse sono puro nulla e non hanno né stima né accettazione sociale né interesse da parte del sesso opposto) nasce dalla natura mentre quello (eventuale e presunto) degli uomini dall'organizzazione sociale. Visto che sono la società e le persone ad adeguare i loro comportamenti, i loro modi di agire, i loro pensieri e le loro organizzazioni alla realtà naturale e mai viceversa, debbo dedurre con conseguenza necessaria come sia il secondo ad essere un necessario prodotto e adeguamento e bilanciamento del primo (si raggiunge sempre, in natura, un certo equilibrio, altrimenti i sistemi instabili saltano).
NON E' naturale né giusto, imporre un 50% di uomini e donne in tutto e per tutto, in barba alle differenti necessità ed alle differenti sensibilità ed ai differenti desideri e doti di natura, ma anzi profondamente ingiusto proprio perché impedisce la naturale compensazione delle disparità. Esiste una naturale disparità di desideri (non necessariamente solo sessuali) e di inclinazioni sentimentali per cui nella sfera privata (non solo sessuale, ma anche nell'amicizia, nella famiglia, nel rapporto filiale o in quello fra fratello e sorella) l'influenza psicologica esercitata dalla donna sull'uomo è infinitamente superiore a quella esercitata da questo su di lei. Tale modalità di "controllo degli eventi e dei pensieri", notata per primo da Rousseau, è puramente natura ed è esercitata tramite quanto di più profondo e irrazionale esiste nell'uomo e quindi non dipende affatto dalla cultura o dalla società, e nessuna cultura, per quanto misogina e nessuna società, per quanto talebana, potrà mai impedire ciò. E solo una cultura imbecille (come evidentemente quella che ti è propria) può negarlo.
Idiota!
Tu sostieni di aver creduto che solo quel modello di bellezza assessuato ed efebico avrebbe potuto procurarti l'amore di cui avevi bisogno. Dai infine di questo tuo errore la colpa agli uomini.
Io invece sostengo di credere, anzi, di essere sicuro, che soltanto pagando profumatamente, o comunque raggiungendo una posizione di eccellenza socio-economica, potrò avere la possibilità di accompagnarmi ad una quelle donne dalla bellezza tanto alta e nova innanzi a cui "null'omo pote ma ciascun sospira", e delle quali per natura e quasi per istinto sento di avere sensitivo ed intellettivo bisogno amoroso.
Data la disparità fra maschi e femmine di numeri e desideri (che il modello restrittivo di bellezza della pubblicità accresce e non diminuisce: io come uomo averei vantaggio che le donne normali fossero considerate belle e desiderabili, giacchè minore sarebbe il valore oggi stellare delle vere belle) infatti, l'unica mia possibilità di compensare con qualcosa di parimenti disiato ed apprezzato il valore oggettivo ed immediato della bellezza, di pareggiare un rapporto (o una speranza di rapporto) che mi vedrebbe irrimediabilmente soggetto a qualsivoglia irrisione pubblica e privata e a qualsiasi ferimento intimo, e ad un continuo disagio da sessuale ad esistenziale, e di evitare di vivere per il resto della mia vita infelice e inappagato, nella continua frustrazione d'ogni disio, è il denaro.
Se un giorno, preso dalla smania di denaro e di carriera da ciò motivata, dovessi arrivare a rubare o a compiere atti assurdi e sbagliati, potrei forse dare la colpa di ciò alle donne, che con la loro brama di eccellenza di fatto mi spingono a ciò? Non sarebbe meglio mantenere la responsabilità delle proprie azioni e finirla di fare gli scaricabarile?
Stupida!
Che un uomo desideri la bellezza al primo sguardo nella donna, subito attratto dalle sue forme e dalle sue chiome, è naturale, mentre è innaturale il modello di bellezza anoressico imposto dalla moda contemporanea. Che però tu dia agli uomini la colpa di un modello di bellezza inventato da donne e da finocchi è inaccettabile e dimostra o la tua stupidità o la tua malafede
Ipocrita!
Non è sbagliato che gli uomini siano con l'intensità del tuono e la rapidità del fulmine, ma con la soavità del plenilunio di giugno dopo la pioggia, attratti dalle grazie corporali delle donne, ma che queste, anziché essere sinonimo di piena salute e di fecondità, come sarebbe in natura, siano sinonimo di anoressia e quindi debolezza e malattia e sterilità. Parli di più contro gli stilisti (froci) e meno contro gli uomini (mossi dal desiderio di natura che solo l'immaginario distorto moderno ha potuto rivolgere verso un modello di bellezza intimamente fragile e malato e sterile, al contrario di quello classico).
Bastarda!
Tu fai finta di essere la sola persona sensibile al mondo, ingigantendo le tue sofferenze e attribuendo ad altri la colpa dei tuoi sbagli, e volutamente trascuri dolori, sofferenze e frustrazioni forse ancora più intime e profonde provocate (spesso a causa delle perfida vanagloria e della tirannica prepotenza delle donne) negli uomini dalla stessa situazione di cui osi lamentarti. Ne avevo parlato anche io, ma tanto è inutile cercare di far capire a chi capire non vuole per la perfida chiusura del proprio presunto cuore!
Ignorante!
Non sai che simile polemica sulla magrezza esisteva negli anni Trenta, quando il regima fascista, quello sì maschilista e patriarcale (almeno nei propositi), criticava, con argomentazioni in molti tratti perfettamente sovrapponibili alle tue femministe, il modello di bellezza proposto dalle democrazie occidentali e femministe, della donna alta ed eterea, asessuata e magra, ritenuto sinonimo di troppa emancipazione dal ruolo tradizionale, di ossessiva volontà di imitare l'uomo, di incapacità di generare e di decadenza, contrapponendovi invece quello della donna fascista robusta e prosperosa, materna ed in carne, capace di generare figli robusti e perfettamente organica al sistema nel suo ruolo di madre prolifica e di moglie fedele. Ora che anche l'Italia è divenuta una democrazia femminista tu vedi proprio nel trionfo mediatico dell'immagine femminile creata dalle culture che per prime a inizio novecento hanno voluto l'emancipazione il simbolo di una presunta oppressione maschilista e patriarcale? Ma la tua ossessione non è la bilancia, è il rapporto con l'uomo! Tu lo vedi oppressore anche quando è oppresso! Esaltato anche quando è umiliato! Favorito anche quando è svantaggiato!
L'ossessiva rappresentazione della figura femminile della pubblicità è frutto della sopravvalutazione estetico-filosofica della figura femminile, di cui ho spesso parlato, sopravvalutazione assurda e con effetti reali e disastrosi soprattutto sui giovani maschi, sulla loro psiche e sulla loro autostima, altro che balle sul maschilismo e il patriarcato e le donne vittime!. Poi bisognerebbe spiegarti che il mondo moderno, dopo due millenni di anti-virile (e forse per questo in alcuni aspetto misogino) cristianesimo e due secoli di effemminata cultura democratica, non solo non è più patriarcale, ma risulta una immensa vagina a cielo aperto. Come spiegherebbe bene Julius Evola, in questa prevalenza della notte sul giorno, della luna sul sole, del senso materiale e materno della vita su quello spirituale e paterno, in questo attuale trionfo delle forze oscure e telluriche su quelle solari e supere delle grandi tradizioni occidentali, nulla è più rimasto in piedi di veramente degno dei padri, e gli uomini stessi di virile non hanno proprio più quasi nulla, specie nello spirito e nell'intelletto. Non voglio però fare una digressione filosofica o politica, dunque fingo di non aver colto la provocazione, riservandomi di rispondere più precisamente e più lungamente in seguito.
Intanto vai a fare gentilmente in culo.
GENTILI FANCULI DALLA SUBLIME PORTA
P.S.
Trascuro di adirarmi perché certe donne viventi in questo sterile e decadente mondo moedrno, degenere e terragno e privo di vera arte e di veri slanci spirituali, prima di pronunziare il termine "patriarcato", richiamante alle gerarchie dei mondi tradizionali, retti dalle caste superiori dei guerrieri o dei sacerdoti, capaci di immortali opere che davano senso e significato alla vita dell'uomo qualil'Eneide virgiliana o la Commedia dantesca, dovrebbero sciacquarsi la bocca.
Rimarco solo che, come del resto concordano molti psicologi e psicanalisti, l'attuale disgregazione sociale dell'occidente, generatrice di numerosi fenomeni di decadenza (dalla violenza giovanile alla mancanza di valori spirituali, dalla sparizione di ogni senso del dovere alla cancellazione dell'idea stessa di famiglia) è conseguenza primeramente della scomparsa (e della maledizione femminista) materiale e morale della figura del padre. Di tutto si può dire dell'attuale società fuorché sia patriarcale. Dalla culla alla tomba molti uomini non vedono altro che donne, nella scuola, nella TV e nel mondo della cultura e in quello della magistratura. Tutto quanto viene loro insegnato e fatto percepire come positivo o negativo non deriva pressoché da nulla se non da donne. Solo una cretina, una cieca, una sorda o una falsa può negarlo. Ho mandato a quel paese persino una cara amica per non dover sentire così bistrattata una verità tanto sensibile ed evidente (e dire che, come nichilista, non dovrebbe starmi a cuore più di tanto l'oggettività, ma, pur non credendo assolutamente in essa, non arrivo al punto da ritenere che tutte le "verità relative e soggettive" siano equivalenti: ce ne sono di platealmente false e quando una donna chiama nera un'auto bianca io dico che è scema, anche se ella è amica, se il mondo è a colori e se io ho letto Nietzsche), figuriamoci se non mando a cagare un'anonima ascoltatrice.
A me piace poi rovesciare la medievale cavalleria: dopo la sequela di insulti che ha scandito il mio discorso sostituendo parodisticamente quella dei galanti complimenti, termino con l'equivalente del baciamano: il fanculo con sputo in un occhio.
Non mi si dica che devo avere pietà di questa Simona e della sua attuale sofferenza e della sua precedente malattia. Le donne italiana avranno anche mille problemi, ma questi non possono derivare da quello che non c'è più. Forse esse iniziano piuttosto a sentire gli svantaggi concreti della sua sparizione. Magari gli antichi padri avrebbero coccolato le figlie, impedendo loro di seguire ciecamente la pubblicità anoressica. Magari avrebbero dato loro altro valore, come donne, che non quello puramente estetico-pubblicitario. Magari nel mondo antico ad essere esposto era il corpo maschile, e quello femminile non avrebbe dovuto costrinersi a diete o a strani trattamenti che (come denunciato da Simona) fanno perdere la voglia di fare all'amore e interrompono il ciclo. Ma la sopravvalutazione estetico-filosofica della figura femminile e l'emancipazione della donna hanno prodotto questo mondo, libero, ma con tante contraddizioni. Niente più padri, niente più figlie predilette. A questo punto dico: peggio per loro! Io, come maschio, vi vivo (a parte le cretinate ideologiche e le provocazioni sessuali che devo sentire per radio o vedere in tv) meglio di quanto avrei vissuto un tempo. Tanto, se Simona è ingrassata, di modelle ne trovo comunque altre, potendo (e dovendo comunque) "pagare". Mica devo fare a schioppettate con il padre o duellare con la spada con i fratelli come un tempo, per cogliere il fiore di una donzella ed appagare il mio sogno estetico. Ora, nel mondo mercantile e femmineo, mi basta arrivare ad un accordo pacifico (ed economico).
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