La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Cuma, Eylül 07, 2007

La sera di Settembre dopo la pioggia

















Qui a Costantinopoli era il tramonto ed io ascoltavo la trasmissione "Damasco" dalla radio tre italiana, avendo ancora ancora in mente la notizia di yahoo che ho appena commentato (vedi sotto).

Io mi comporto di conseguenza con l'assunzione di verità di tale articolo, e la porto alle estreme conseguenze. Lascio perdere le donne di mediocre bellezza o di difficile conquista (quelle che si atteggiano a "pure" e considerano "serie b" le puttane e fingono d'esser disinteressate al denaro e interessate ad altre forme di "pagamento", spesso peraltro più umilianti, ipocrite, dubbie e insicure) e desidero vivere il mio sogno estetico (completo) grazie proprio a una di quelle donne altissime ed eteree, perfette nella figura snella, nel corpo scolpito e nelle membra levigate, raffinate nella cultura universitaria ed indipendenti nel carattere, le quali nella vita "ufficiale" fanno magari le modelle, e per avere un'esistenza molto agiata sono disposte ad arrotondare concedendosi per una notte a clienti, invaghiti dalle loro fattezze e dalla loro classe, disposti a pagarle cifre ben superiori allo stipendio medio di un impiegato.

A chi mi contesta ciò essere "impoetico", io ho sempre replicato che preferisco vivere la poesia a pagamento con un'attrice dalla bellezza quasi divina piuttosto che tentare un banale approccio (apparentemente gratis, ma comunque pagando in termini di tempo, fatica, dignità, recite, omaggi, comportamenti da cavalier servente, doni o addirittura sempre denaro nascosto in vario modo) con una mediocre bellezza che se la tira. E' innato infatti in me il desiderio di congiungermi a colei che pare in grado di interpretare il mio "sogno estetico" e di rendere sensibile, con la sua bellezza corporea, ciò che provo in ogni più alta speculazione filosofica e in ogni più profonda estasi artistica. Altrettanto innata è in me la tensione all'eccellenza, nel fare come nel dire, dal primo giorno di prima elementare.

Chissà se anziché essere un sultano disteso sul bosforo fra gli splendori della corte e i sospiri delle odalische, con 1440 automobili in garage e milioni di uomini armati di tutti punto pronti a difendere le mie ricchezze, le mie leggi ed il mio impero, fossi un ragazzo normale, laureato a pieni voti, universitariamente laudato e lavoratore, ma non eccellente finanziariamente e socialmente! Probabilmente non avrei odalische e amanti, ma sarei single e sognerei al massimo qualche irraggiungibile e costosa accompagnatrice. E sognerei ad occhi aperti!
Mi direi tutto quanto segue.

E' inutile fermare ragazze per la strada sperando che mi ascoltino, che prendano le mie parole per qualcosa di più di una noiosa persecuzione o che addirittura siano interessate ai miei complimenti e ai miei desideri verso di loro. Nessuna tecnica di approccio o di conqusta può variare la condizione di fondo del rapporto e la sostanza della questione.

Nella mia condizione di mediocrità non aurea (socialmente, economicamente o anche semplicemente in quanto a prestigio o a immagine "mediatica") non è credibile che una donna dalla bellezza tanto alta e nova davanti alla quale "parlare null'omo pote ma ciascuno sospira" e attorniata da stuoli di ammiratori che la guardano suspicienti come la luna e sono disposti a follie per lei si conceda proprio a me e per giunta "liberamente", in cambio di nulla.
Le donne in grado di interpretare il sogno estetico dell'anima contemporanea possono essere, in condizioni ordinarie, soltanto vagheggiate di giorno, nel sogno ad occhi aperti di chi le mira gir per via, o castamente disiate di notte, come l'imminente luna e le stelle palpitanti, dall'anima sospesa di chi, nel silenzio e nello stupore, eleva a loro lo sguardo sospirando.

Nemmeno le ragazze normali con la più vaga somiglianza con le belle donne di cui sopra potrebbero essere interessate a me, dato che nulla avrei da offrire in termini di utilità concreta, piacere consumistico, vanità materiale, prestigio sociale, fama, carriera, denaro o anche solo notorietà, divertimento costoso e vita lussuosa. Perché una donna dotata di minimo di bellezza dovrebbe accompagnarsi a me? Forse se non fosse dotata di un minimo di cervello!
Non potrei compiacere la sua vanagloria mostrandola in giro su auto tanto costose e con vestiti tanto firmati da fare invidia a tutte le sue amiche, né potrei regalarle gioielli
tanto preziosi da pareggiare la sua bellezza, cofanetti tanto graziosi da uguagliare le sue grazie, o collane di diamanti tanto splendenti da valere lo splendore con cui incatena gli sguardi, né tanto meno potrei accompagnarla nei posti fiabeschi e famosi e alla moda in cui tutto il mondo la veda e l'ammiri.
Non potrei darle nulla di tutto ciò e nulla che sia degno del divino dono della bellezza di cui per natura e quasi per istinto ho bisogno intellettivo e sensitivo. Meglio dunque che rivolga tale bisogno e tale desiderio verso un'immagine fuggente, una bellezza poetica, un forma lieve eppur imperitura, impalpabile eppur continuamente pensata e disiata.
Se consegnassi i versi alla bella sconosciuta anziché al vento (o a questo blog, che è lo stesso), non otterrei nulla, se non studiato stupore, indifferente apprezzamento di facciata o addirittura sguardo di sufficienza, quando non di aperto disprezzo o, peggio (non frequentissimo ma possiible), un'illusione da lei voluta e indotta, con compiacimento per l'irrisione profonda e l'umiliazione innanzi a me o ad altri che certamente architetterebbe.

In ogni caso non avrei nulla di bene: ben che mi andrebbe, potrei evitare di averne del male (fisico, mentale, legale, o anche solo morale nell'esser trattato da banale scocciatore o addirittura appellato molesto).
E se qualcosa di bene venisse, se un suo sorriso sorgesse, sarebbe solo apparente. E del resto, perché qualcosa di bene mi dovrebbe dare in cambio di rime con suoni, di parole leggere insomma, di armonia d'aria quindi (non di sonante denaro)?

Magari si potrebbe trattare di un'illetterata che non riuscirebbe neppure a leggerlo in metrica fino in fondo, o di una studentessa di lettere pronta a trovare assurdo e anti-moderno tutto ciò, o, più probabilmente, di una vanitosa media conoscitrice di poesia che, dopo aver dato uno sguardo alle parole, le riporrebbe fra i suoi tanti trofei e gioielli avuti dagli uomini. Rischierei persino di consegnare il prodotto di un abbandono alla dolcezza ed alla voluttà ingenua nelle mani di una sadica seduttrice che perfidamente misura il proprio grado di avvenenza in base alla sofferenza emotiva, ai dolori mentali ed anche fisici, alle frustrazioni sessuali e poi esistenziali, alla tensione psicologica,alle umiliazioni pubbliche e private alle privazioni d'ogni genere che gli uomini si lasciano infliggere da lei o per lei, o di una crudele vampira che si nutre della pena erotico-sentimentale altrui, del bruciore esistenziale e delle forze vitali, mentali ed economiche che riesce a sottrarre agli uomini che incontra rendendo il resto della loro vita peggiore della morte.

Ad ogni modo, anche se dovessi imbattermi in una fanciulla normale e del tutto estranea alla malignità d'animo, non potrei evitare situazioni di disagio.
Non mi va di essere con le donne un freddo specchio per misurare la loro avvenenza o un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto (in entrambi i casi mi incendierei come le navi romane con Archimede).
Non voglio recitare da seduttore per compiacere la vanagloria della donna o da giullare per farla divertire nei momenti di sconforto (magari lasciandomi irridere nel disio), né, soprattutto voglio pagare con probabilità uno (in tempo, fatiche, corteggiamenti, e talvolta sempre in denaro, sotto forma di doni e omaggi o comunque in sincerità o addirittura in dignità, quando si dovrebbe recitare da cavalier servente disposto a dire e fare tutto per avere in cambio la sola speranza) per ricevere come funzione di variabile aleatoria.
Anche se in un momento di debolezza sentimentale (o, meglio, mentale), la fanciulla dovesse pensare a me quale suo accompagnatore, non per questo avrei momenti di piacere e di felicità (mentale o materiale), come ho ripetuto più volte.

Mentre una giovane donna è apprezzata e disiata, come Beatrice, al primo sguardo ("benigna sen va sentendosi laudare") un giovinotto ha necessità di una "occasione" per dare sfoggio di quelle virtù che potrebbero renderlo gradito agli occhi dell'amata. Questo fa sì che vi sia una chiara disparità nel rapporto (tale disparità è il vero motivo della ricerca di sacerdotesse di Venere da parte degli uomini gaudenti). Non sempre l'occasione esiste (e se esiste, proprio per la sua cruciale rarità, ha spesso la tensione di un esame, non certo il piacere di un divertimento). Non sempre l'occasione è facile (per valutazioni numeriche e di circostanza). Quasi mai: più probabile che le virtù possedute, anche se reali, non siano la vera chiave del consenso di lei (bisognerebbe essere fortunati ad avere in tasca proprio la chiave della porta desiderata) o che, anche qualora lo siano, non riescano ad essere estratte dalla tasca, o vengano perdute nel buio della mediocrità dei divertimenti di massa o nella confusione delle banalità moderne. Spesso dunque il disio resta unilaterale ed allo stadio di illusione. Eppure l'incantamento estetico-amoroso rimane reale per l'uomo, giacché è parte della natura.

Un fanciullo brama la donzella avvenente così come un fiore sboccia, un usignolo canta, un prato fiorisce, una cascata irrompe, e quando il suo desire si volge in attività d’intelletto allora i versi e le rime scorrono con quella medesima magia propria dei prodigi di natura, come l’avvento della Primavera o il riflesso sull’onda lucente di quella conchiglia d’argento che chiamiamo Luna.

La donna, al contrario, proprio perché raramente desidera un uomo per la bellezza e se ne invaghisce al primo sguardo, e più facilmente ella vuole prima sondarne il valore per ammirarvi altre virtù, quali la bravura nel creare sogni e illusioni, nel far vivere all'amata "la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude", e non ultime la cultura e l'eloquenza, tutte virtù che si esplicano primieramente attraverso la capacità e l'ordine del dire, senza le qual cose la ragione stessa sarebbe vana, non rimane ammaliata da principio (lo sarà forse dopo), e resta libera di decidere senza incantamenti.

Per questo, almeno all’inizio della conoscenza, ed al contrario di quanto, secondo molti, è da un punto di vista fisico, è l’uomo e non la donna a trovarsi in una condizione di debolezza. E questo voi ben conosce chi ha fatto la escort (è il motivo della loro forza contrattuale). L’uomo è già invaghito e agisce secondo i riflessi condizionati dell’istinto (seppur filtrati dalle convenzioni sociali), ed il suo intelletto e la sua immaginazione sono angustiati dal desiderio, non permettendogli, spesso, di mostrare il meglio delle proprie virtù intellettive, culturali e oratorie, né di sentirsi a proprio agio e rilassato, mentre la donna si deve ancora invaghire e la sua mente è pronta per lasciarsi inebriare “dalle parole che dici umane” o per capire l’inadeguatezza dell’aspirante amante, comunque più libera di scegliere.

E' infatti evidente che, mentre un uomo mira alla bellezza, una donna ama altre virtù, quali la capacità di dimostrare il proprio valore, di affermarsi, la capacità di far sentire alla fanciulla di vivere in una favola, l'abilità di perdere la donna negli imperi occulti del sogno, la brama di erudizione e di squisitezze intellettuali, la sete di cultura, la tensione all'eccellenza nel fare come nel dire ed altre infinite virtù che si esprimono soltanto con l'uso della parola, con la modulazione della voce, con il tempo dato al corteggiamento e che in un giovane ed inesperto non possono per forza di cose svilupparsi in quella prima età nella quale sulle donne fiorisce la bellezza.

Proprio per evitarla (tale asimmetria) pagano subito ed in moneta.

Non per questo evito però di ammirare le donne e di rivestire le loro grazie con le parole e i versi (e, per quanto possibile i suoni e le immagini) così come gli abiti alla moda vestono i loro corpi. Non tutto è idolatria e venerazione. Ciò serve anche a me, per non lasciare scorrere via come da un vaso senza fondo ogni sguardo, ogni emozione, ogni palpito di desiderio e scoprire in punto di morte di non essere vissuto e di non aver incontrato una donna o trattenuto una sia pur lieve vaghezza fra quelle apparse agli occhi del corpo e dell'anima.

Passavo l'altra sera fra le vie della città, mentre alla radio risuonavano le parole della poetessa (lei preferisce poeta) Maria Luisa Speziani la quale parlava di Montale e della sua fotuna nell'aver potuto condividere 15 anni di dialoghi e discorsi con lui. Fra i suoni degli endecasillabi montaliani, guardavo fuori del finestrino essendo il semaforo rosso e vedevo passeggiare (accanto ad una pingue femmina malvestita) una donna sulla trentina letteralmente incantevole, non molto alta ma con i capelli castani lunghi e lisci che le attorniavano il viso abbronzato e una leggera veste colore di perla la quale, svolazzando leggera nella brezza del tramonto, scopriva e faceva rilucere al sole occidente le belle gambe lisce e modellate, scoperte sopra le ginocchia dalla guizzante camminata e pacatamente chiuse dagli stivali "texani". La figura era snella, quasi aerea, e pareva muoversi musicalmente al vento della sera, quasi come un rumore che provenisse da lontananze remote e incantasse gli uditori, e solo in un secondo tempo notai invece il colore e la squisitezza della pelle che pareva racchiudere la polpa soda e consistente di un frutto misterioso e soave, e dei seni prominenti (portava una scollatura nel vestito) che tondeggiavano come cesti olezzanti di aromi e prelibatezze tropicali.
Ho fatto appena in tempo ad imprimermi l'espressione del viso (che aveva l'aria di una persona determinata o che semplicemente va di fretta) e soprattutto la profondità immensa degli occhi castagni immersi nell'ovale angelico del viso, pria che l'incanto svanisse.
Come la pioggia che era fuggita aveva lasciato macchie umide sulla terra, così quel volto e quel vestito con quel corpo hanno lasciato desideri sparsi nell'animo mio che lamentava di cantarli.
Poiché la visione era accompagnata dai versi di Montale, notoriamente non endecasillabi classici, bensì sperimentali (ossia diversi dalla fusione di quinario e settenario da cui scaturivano i tradizionali endecasillabi a minore o a maggiore) anche il mio ricordo (pur in forma di sonetto) ha voluto essere espresso in tale (forse barbara ed aspra, ma quanto mai sincera ed aderente all'emozione reale) metrica. Non pretendo con questi versi di ottenere alcunché, giacché più non credo possibili miracoli, ma almeno di trattenere un'immagine, un suono udito o non udito, un sentimento di bellezza umido di pianto o di pioggia, e un sospiro di desiderio.
Voglio solo che quel momento non fluisca per sempre, come una musica del vento, come un riflesso sovra l'onde o come una foglia nell'autunno. Voglio, almeno una volta, non aver sospirato in vano.

Sera di settembre dopo la pioggia

Fra le vie della città soleggiate
Più dolce ancora della primavera
Il dolce vento della tarda estate
Un sogno porta e una bellezza avvera:


Figura snella e gambe levigate

Fluenti sotto la veste leggera

Come le sabbie dall'onda baciate

Splendono nella brezza della sera;

E le forme rotonde dei bei seni

Sono come frutti di paradiso

Che dischiudano la polpa soave


A chi li invochi col tono dell'ave:

Sono gli occhi nell'ovale del viso

Notti stellate di mondi sereni.


Metrica: sonetto
schema: ABAB ABAB CDE EDC

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