La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Cuma, Temmuz 27, 2007

"PRIMA CHE IL SUO VOLTO SVANISCA DAL NOSTRO CUORE"
Poiché ulteriori infamie subita dagli Inglesi mi hanno fatto tornare alla mente il Financial Times, voglio ritornare al tema tirato in ballo l'altra sera a Otto e Mezzo dalla sociologa (ossia del nudo femminile, diffuso e totalizzante il quale implicherebbe, secondo lei, da parte degli uomini l'ammissione della vergognosa immagine di sé come guardoni e segaioli). Vi ho risposto ampiamente (e con argomentazioni e frasi più volte ribadite in questo blog), ma non tutto ciò che doveva essere detto è stato detto (e neppure letto, dato che ho consigliato ai lettori abituali di saltare quel passo).

Qualsiasi sia il grado di coscienza dell'individuo, qualsiasi sia il livello intellettivo del singolo e qualunque sia il mondo culturale in cui vive o a cui si ispira, i desideri più profondi e vitali (come quelli verso il corpo femminile) permangono inalterati come in tutti gli altri esseri viventi e i bisogni naturali (ivi compresi quelli di bellezza e di piacere, dei sensi come delle idee) devono essere periodicamente soddisfatti, per non soffrire e deperire (idealmente e materialmente).
Sostenere il contrario non significa essere colti e civili, ma essere semplicemente imbecilli. Significa ignorare l'osservazione del mondo sensibile e i propri medesimi sensi. Significa disconoscere l'oggettività, o comunque se, da nichilisti, non si vuol credere all'esistenza di questa, la superiore validità di una prospettiva fondata sulle pulsioni naturali e profonde dell'uomo rispetto a quella delle artificiali e mistificatorie morali "edificanti" e "pure" proposte dalle religioni antivitali e dalle ideologie moderne, fondate entrambe non sullo spirito ma sul proposito di ingannare, incolpare o abbindollare gli uomini per renderli docili e creduloni e condurli su una "retta via (sia essa "la dottrina" o "il progresso" poco conta) come tante pecore. Significa preferire la credulità al pensiero critico, la favoletta edificante all'analisi lucida del mondo. Significa anteporre la fantasia sessantottina alla realtà effettuale. Significa appartenere a coloro i quali reputano possibile che "i cervi leggeri si pasceranno nel cielo, le acque del mare abbandoneranno sul lido i pesci spogli, e un'esule parto berrà l'acqua dell'Arar e un germano quella del tigri, attraversati entrambi i rispettivi confini", tanto per completare la frase di Virgilio da cui ho tratto il titolo.

E' la Natura, non il libero arbitrio, a inculcare nel petto dell'uomo una brama infinita di cogliere l'ebbrezza ed il piacere dei sensi da quante più donne possibili, e a farne nascere il desiderio immediatamente e al primo sguardo, con l'immediatezza del fulmine e l'intensità del tuono, ma con la soavità di plenilunio di giugno dopo la pioggia, non appena la bellezza si fa sensibile a lui nelle fattezze del corpo muliebre, nella claritate del viso, nelle forme dei seni rotonde, nelle membra scolpite, nella figura slanciata, nelle chiome fluenti e nell'altre grazie ch'è bello tacere.
E' la natura, non l'intelletto o la cultura, a inscrivere nell'istinto della donna la dote di farsi sommamente desiderare e seguire in ogni dove, (come una fiera nei boschi) dal maggior numero possibile di maschi, in modo da ampliare al massimo la rosa di coloro che sono disposti a competere per lei e dai quali selezionare chi mostra eccellenza nelle caratteristiche volute per la riproduzione e il bene della discendenza (o, razionalizzato nelle società più evoluto, quelle doti materiali o intellettuali che rendono un uomo gradito o utile alla femmina, o conferiscono prestigio sociale).

Appartengono alla natura, non all'uomo, i fini di tutto ciò (che è infatti motivo di infinite infelicità individuali, da quelle dei giovani uomini intimamente feriti dalle "stronze" a quelle delle donne tradite): il desiderio maschile serve garantire la massima propagazione dell'istinto vitale, quello femminile a garantire la selezione dell'eccellenza.
Questo è l'amore naturale "l'inganno che la natura ha dato agli uomini per propagarne la specie".
Tutto il resto, nell'amore, è solo costruzione dell'uomo, della sua ragione, della sua arte, della sua parola, e, più profondamente, del suo inconscio.

Un fanciullo brama la donzella avvenente così come un fiore sboccia, un usignolo canta, un prato fiorisce, una cascata irrompe, e quando il suo desire si volge in attività d’intelletto allora i versi e le rime scorrono con quella medesima magia propria dei prodigi di natura, come l’avvento della Primavera o il riflesso sull’onda lucente di quella conchiglia d’argento che chiamiamo Luna.

Un uomo che vede la bella dama, e tosto la brama con tutto il sue essere, è pervaso da quello stesso fremito che mosse Jacopo da Lentini, notaio del Grande Federico II di Svevia, a inventare il metro perfetto del sonetto per celebrare la sua divina bellezza, è inondato da quello stesso languore che rende sublimi e inimitabili le Rime del Tasso, è permeato di quello stesso desire che spinse Catullo a comporre i carmi immortali di Lesbia, è invaso da quello stesso ardore che generò le novelle Rinascimentali e le rime petrarchiste di schiere di dotti dalle raffinate squisitezze intellettuali.

Chi rimira primieramente la fattezze in una donna e, come nell'incanto del sogno, si lasci andare all'ingenuo trasporto verso la bellezza, chi, anche solo con lo sguardo, si abbandona al profondo, vero, cupido e creativo desiderio verso le grazie corporali delle donne è fatalmente attratto, secondo natura, dalla claritade angelica del viso, dalla figura alta, dalle chiome fluenti e lunghe, dalle linee scolpite delle membra, dalle forme dei seni rotonde, dallo slancio statuario della persona, dalla piattezza d'un ventre perfetto, dalla liscia pelle e levigata, dalle fattezze tutte d''un corpo dea.

Per questo è naturale, per quanto riguarda il comportamento istintivo, che l'uomo sia indotto a rimirare prima di tutto e senza indugio le grazie corporali e le belle forme femminee postegli innanzi dalla pubblicità, e, per quanto concerne il comportamento individuale, che si senta costretto dalla disparità di numeri e desideri, volente o nolente, a non lasciare mai nulla di intentato, ad aggrapparsi ad ogni minima possibilità o ad ogni illusione, a non farsi sfuggire nessuna occasione, e quindi ad assumere l'atteggiamento di chi ad ogni incontro con una donna cerca inevitabilmente, in maniera esplicita o implicita, chiara o ingannatoria, di convincerla alla copula: è la legge dei grandi numeri, non la cultura o la morale, ad imporre questo (pena, in caso contrario, ossia di mancato sfruttamento di ogni possibile occasione, la quasi certezza dell'inappagamento, del disagio emotivo, dell'infelicità da sessuale ad esistenziale, dell'ossessione).

Non si può pretendere ordinariamente il contrario, giacché quanto è contro-natura risulta causa di sofferenza e sostenibile solo motivatamente e per breve tempo.

Per questo non ha senso parlare di comportamenti da guardoni o da bestie. Tutto quanto sopra, in quanto natura, non ha alcuna valenza morale (né in positivo, né in negativo). E non ha pure nessuna relazione con l'intelligenza, con la cultura o con la sensibilità personale. Si tratta semplicemente di pure necessità di natura.

E' forse supremamente intelligente l'uomo che decide di lasciarsi deperire senza sonno e senza cibo? Sono i seguaci dell'endura i massimi esponenti dell'umanità o è il loro forse un comportamento parimento stolto rispetto a coloro che muoioni per essersi troppo ingozzati?

Se non si mangia si muore di fame, se non si dorme si deperisce fino a divenire fantasmi, se non si beve ci si disidrata come foglie morte. E se non si appaga di quando in quando il proprio naturale bisogno di bellezza e di piacere dei sensi, la vita si dimezza in altro modo: dapprima vi è una tristezza occasionale, una malinconia diffusa, una rassegnazione, poi una vera sofferenza che partendo dalla sfera sessuale, come ampiamente spiegato da Freud (ma non solo), influenza il rapporto con l'altro sesso in genere e la vita tutta (con chiaro rischio di autodistruzione), e con i meccanismi ben noti dalla psicoanalisi, è destinata a scoppiare prima o poi in qualche modo (contro sé o gli altri). In ogni caso (anche senza giungere a conseguenze estreme) alla lunga, si conosce l'infelicità sia sensitiva sia intellettiva, la frustrazione intima, e l'inappagamento da fisico diviene mentale e, se reiterato, degenera in disagio non più solo sessuale ma esistenziale, con anche il rischio di generare ossessione (nella quale non vi sono né libertà né possibilità di agire lucidamente in imprese grandi e belle).

Checché ne dica il facile e ottuso senso comune contemporaneo (a volte con pretese di psicoanalisi, a volte di sociologia, a volte di edificazione morale), la differenza rispetto agli altri animali non è nel fatto che per l'uomo i desideri di natura siano meno importanti o che possano essere repressi o ignorati o continuamente inibilti, ma nell'amara constatazione che non basta appagarli per essere pienamente felici o comunque per non sentire l'infelicità. La felicità rimane un concetto speculativo che non è certo realizzato dal solo soddisfacimento dei bisogni naturali, ma la reiterata ignoranza di questi porta necessariamente all'infelicità, sia sensitiva sia intellettiva.

La constatazione di dover soddisfare i bisogni naturali (esattamente come gli animali), le pulsioni più profonde e i desideri sessuali, a pena di vera infelicità sia sensitiva sia intellettiva, frustrazione intima, disagio da fisico ed erotico-sentimentale ad esistenziale e financo ossessione, non significa però che il modo in grado di rendere l'uomo più felice (o meno infelice) in essi sia quello della natura, se non altro per il fatto che il mondo in cui viviamo realmente e da cui traiamo gioie e dolori non è direttamente quello degli oggetti e degli eventi, ma, mediatamente, quello della nostra percezione, del nostro intimo e soggettivo sentire.

Da qui sorgono le necessità delle recite a pagamento e di tanto altro ancora (ma sarebbe fuori tema)

Tornando all'argomento principale (ossia l'immagine data di sé del pubblico maschile), mirare primieramente le grazie corporali è conseguenza necessaria del fatto che esse vengano rese sensibili ai di lui occhi , non una sua scelta: sono i creatori pubblicitari, non il pubblico maschile, a decidere di sfruttare tale richiamo naturale a fini economici. Non si può incolpare lo spettatore, il quale, per definizione, si limita a rimirare quanto gli viene posto davanti agli occhi. L'interattività nell'informazione non è ancora tale da permettere a lui di scegliere i programmi o le immagini televisive. L'unica cosa che può fare, per ora, è (come si fa sovente qui a Costantinopoli) spegnere la TV ed accendere la radio, la quale, non essendo ancora totalmente controllata dalla logica consumistica, offre ancora servizi culturali e approfondimenti storici ed è con essa ancora possibile perdere la mente in viaggi nel tempo, nel mito e nel pensiero ed in musiche immortali di bellezza sublime. Nella radio anche la bellezza femminile è evocata con le parole come avviene con le immagini e i suoni delle poesie. Alla radio non ci sono veline da appetire: solo muse da cantare o incantatrici da ascoltare. La radio non ammette l'esistenza di donne con il privilegio di catturare l'attenzione pur mostrandosi oche (e magari non essendolo) o, peggio, di esser dette cantanti per il solo fatto di urlare seminude su un palco circondato di fans eccitati.

In TV e nella pubblicità in generale le donne sono pagate per catturare l'attenzione mediante la studiata esposizione ed esaltazione delle proprie fattezze ed attirare il maggior numero di spettatori suscitando ad arte il desiderio sensuale.
E' una scelta razionale loro e di chi le paga. Sfruttare il richiamo sessuale a fini economici o comunque utilitaristici è proprio dell'intero universo pubblicitario e consumista contemporaneo, il qual riprende ciò dalla natura. Certo in un mondo de-spiritualizzato come quello mercantilista e capitalista odierno richiamare la stessa attenzione tramite argomenti quali l'immortalità dell'anima, i modelli di imitazione in prosa o in poesia, la mitologia classica, o la speculazione astratta risulterebbe alquanto arduo. Forse bisognerebbe più parlare degli effetti collaterali del mondo "de-spiritualizzato" conseguente la tanto sacralizzata rivoluzione francese che non prendersela alla cieca con gli uomini e i loro desideri di natura.

Se è un fatto iscritto nell'oggettività della natura il trasporto profondo ed istintuale dell'uomo verso la bellezza femminile, non è dimostrato che quanto di cui sopra sia voluto dall'uomo o positivo per lui.
In particolari circostanze, ad esempio, potrebbe non essere valutato positivamente dal mio gusto e dal mio intelletto, in quanto potrei aver deciso di concentrarmi sul lavoro o sul pensiero filosofico, e di astrarmi dai desideri mondani per elevarmi alla contamplazione del mondo delle idee, o anche solo allo studio della storia, della matematica, della filosofia, dell'arte o al godimento delle cose dello spirito. Se avessi voluto appagarmi realmente di tutto quanto di carnale appare in ogni dove per le vie e per le piazze e per gli schermi della tv avrei deciso di entrare in un bordello. Quando sono fuori da tali luoghi, l'apparire ai miei sensi di fanciulle discinte può risultare un danno, in quanto, turba i miei pensieri, mi distrae e, tramite il genio della specie, mi impedisce di godere pienamente e con la massima concentrazione di ciò per cui ho deciso di faticare col pensiero e con l'azione.

Chi incolpa il pubblico maschile confonde la causa con l'effetto (come solito del mondo "moderno"). Per parlare schiettamente, è la TV a creare i segaioli, non i segaioli a creare la TV. Se i sociologi non se ne accorgono peggio per loro (forse sono loro a masturbarsi troppo e a cadere in cecità mentale).
Se la maggioranza dei ragazzi è segaiola e repressa la colpa non è loro o della natura che fa bramare loro la beltade ed il piacer, ma delle loro coetanee, di bellezza spesso mediocre e dal comportamento quasi sempre altezzoso, le quali pretendono per relazionarsi con loro in tale sfera, che si reciti da seduttore per compiacere la loro vanagloria o da giullare per farle divertire ed esigono comunque si paghi (in tempo, fatiche, corteggiamenti, e talvolta sempre in denaro, sotto forma di doni e omaggi o comunque in sincerità o addirittura in dignità, quando si dovrebbe recitare da cavalier servente disposto a dire e fare tutto per avere in cambio la sola speranza) e soprattutto si atteggiano a miss mondo non appena mostrano una seppur lontana e vaghissima somiglianza con l'ideale estetico interpretato dalle fanciulle del motor show e dalle modelle della televisione.

E per dirla tutta e totalmente, il modello televisivo non causa solo ossessione nelle donne (che devono faticare o sottoporsi a operazioni estetiche per tentare di assomigliarvi), ma anche negli uomini (i quali vivono in perenne frustrazione, guardando l'oggetto del loro desiderio, modellato sull'immaginario mediatico, volteggiare etereo e impalpabile sullo schermo o sfilare sulle passerelle, rimanendo sempre lontano, come la luna in cui l'inesperto amante vede l'amata, e irraggiungibile, come una stella palpitante verso cui si sospiri sognando, praticamente impossibile da incontrare nella realtà).
Essendo sottoposto (dalla pubblicità di cui sopra, ma anche dai modi, dai costumi sociali e dai vestimenti di donna, spesso sessualmente espliciti più della prima) a stimoli sessuali per intensità e frequenza molto maggiori di quanto sarebbe proprio di una situazione naturale, il giovane maschio sviluppa un atteggiamento protettivo e inibitorio (a volte anche di fastidio) verso di essi, altrimenti si troverebbe a masturbarsi ad ogni cartellone pubblicitario o a saltare addosso anche alle amiche della madre. Questo lo allontana dalla naturalità del piacere e dalla piacevolezza dell'abbandono ai sensi (ché sono visti come qualcosa da cui guardarsi e difendersi per evitare sciagure personali o dolori d'ogni genere), per cui, nei momenti in cui dovrebbe invece riconciliarsi alla vita di natura si scopre quasi impontente. Questa è una reazione psicofisica che gli esperti chiamano "anoressia sessuale" e colpisce gran parte dei maschi di oggi senza che i politicamente corretti psicologi contemporanei ne diano risalto come invece fanno con le simmetriche problematiche femminili.

Questa asimmetria di preoccupazioni mi distoglie dal porre valore alle critiche del Financial Times. Se magari si fosse sottolineato l'effetto negativo del nudo diffuso, provocante e onnipresente anche sulla psiche dei maschi, avrei potuto prestare un minimo di attenzione al discorso riguardo le femmine, ma visto che la cecità dei giornalisti politically correct imposta ogni discorso sempre e soltanto nel senso delle presunte discriminazioni contro le donne e dei presunti svantaggi e disagi e dolori di queste, ignorando bellamente sia i privilegi femminei, sia gli svantaggi, i disagi ed i dolori di tutto il resto del mondo (e cioé noi), mi sono rifiutato di ascoltare.

SALUTI DALLA SUBLIME PORTA

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2 Comments:

At Çarşamba, Ağustos 29, 2007 4:54:00 ÖS, Blogger Rocky Joe said...

Si, il tuo è un buon ragionamento, ma io credo che oggi vi sia un culto veneratorio esagerato dell'immagine femminile.

Ma dimmi: sei tu il sultano del mio blog?

 
At Cumartesi, Eylül 01, 2007 11:36:00 ÖÖ, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

Non frequento altro blog all'infuori di questo (il mio).
Ho guardato ora il vosro e, pur condividendo tante argomentazioni (specie quelle relative al femminismo come strumento del capitalismo: non è il mondo ad essere de-spiritualizzato e l'uomo ad essere in crisi perché le donne sono, per ribellione o scelta autonoma, diventate femministe, come da molte parti si vuol far credere, ma è il femminismo, con le sue menzogne, le sue nefandezze e le sue nequitie, ad esistere proprio quale uno dei tanti malevoli effetti del fatto che l'ideologia sedicente illuminista e liberal-massonica ha distrutto i valori spirituali del mondo della tradizione, con conseguente crisi dell'uomo: i maschi che danno la "colpa" alle donne semplicemente confondono la causa con l'effetto), devo prendere le distanze dall'immagine simbolo (quella che avete riportata anche qui). Io non condivido affatto il motto degli uomini che comandano le donne. Io non voglio donne sottomesse né uomini che si sentano "i capi", e questo non già per rispetto del politicamente corretto su cui platealmente defeco, ma per rispetto della mia natura.

Scusate, messere, se passo da Virgilio ad Amici Miei, ma v'è in quel capolavoro del cinema satirico (degno erede della satira latina) un dialogo estremamente significativo, nel quale, parlando del femminismo, l'uno dice all'altro "ma in Italia homanda anhora l'omo" e l'altro risponde "l'omo non homanda, fa huello he ie pare, l'è diverso".
Questa è la mia filosofia. Io non pretendo né voglio "comandare" le donne o stare sopra di esse: mi basta essere libero come un canoro augello di primavera, e i doveri che il ritorno ad una condizione precedente il femminismo ("padre, marito, soldato", per citare i più comunemente conosciuti) mi imporrebbero finirebbero con l'impedire il mio girovagare pei cieli azzurri della vita al pari di quella perfida e terragna tirannia tentata in ogni tempo e in ogni luogo dalle donne stesse (anche attraverso lo stesso femminismo). Che la gabbia si chiami patriarcato o matriarcato poco importa.

Storicamente poi quanto viene definito dalle femministe e dagli imbecilli come "dominio maschile" si è risolto, almeno in occidente, in un ricettacolo di privilegi per il sesso femminile, nel quale, peraltro, per disparità di desideri (non solo sessuali) e di inclinazioni sentimentali, anche quando le azioni, i pensieri, le imprese e le scelte apparivano opera d'uomo, i motivi profondi, le ispirazioni e le finalità ultime risultavano comunque dettati dalle donne.
Quale uomo avrebbe potuto inventarsi il dovere di mantenere moglie e figli (inesistente in natura) o l'obbligo (per lui innaturale) della fedeltà sessuale e della monogamia? O l'assurda usanza di affrontare disagi, sacrifici e privazioni (materiali e morali) e financo di rischiare (metaforicamente e, a volte, realmente) la vita in "tornei" per poter godere della bellezza femminile incarnata in una donna che si compiace vanitosa e crudele dello spettacolo e da quanto è (figurativamente o materialmente) cruento misura il grado della propria desiderabiliè?
Chiamare tutto questo "oppressione della donna" è stato un capolavoro di falsità del femminismo e un monumento di imbecillità da parte degli uomini che vi hanno creduto.

Sono tanto convinto di questo che non mi fido neppure del cosiddetto "islamismo contrario all'emancipazione femminile". Per me dietro i veli e le apparenze di donne sottomesse e pacifiche si celano tiranne vanagloriose rese peggiori di quelle occidentali dall'abitudine ad agire nel buio e nel torpido (come le seppie), le quali decidono tutto sulla vita dei figli (educazione, matrimonio, orientamento filosofico-religioso) rendendo il marito una mera appendice utile solo a mantenere la famiglia e ad occuparsi delle faccende pubbliche, faticose e costose e pericolose.
Che ogni tanti si lapidi un'adultera è un fatto irrilevante rispetto a tutti gli uomini che muoiono sgozzati, uccisi in guerra o sempre lapidati per causa di una società avente comunque una forte "spiritualità" femminile (propria peraltro dell'oriente).

La storia ha per me sufficientemente dimostrato che il tentativo di bilanciare con un minor peso nella sfera pubblica l'enorme peso delle donne in quella privata sia fallimentare per l'uomo, in quanto il peso dell'ultima sfera è infinitamente maggiore nel bilancio della felicità individuale e finisce per influenzare anche la prima (essendo comunque la politica fatta di uomini profondamente guidati dalla culla al talamo dalle donne, specie nelle società "non emancipate").

Un vivere accettabile per il maschio si ottiene al contrario riducendo al minimo indispensabile i contatti femminili, se necessario anche solo a quei rapporti "commerciali" utili ad appagare i propri naturali bisogni di bellezza e di piacere. Facendo dell'amore un fatto puramente scenico e della donna un'attrice e mantenendo al di fuori della scena il distacco professionale necessario, si possono sperimentare le ebbrezze insondabili del dionisiaco senza che la sfera apollinea della nostra vita individuale sia sconvolta.

A volte le soluzioni semplici sono le migliori.
Non è per me saggio continuare a girare attorno ad una vipera tentando di catturarla o sottometterla (come paiono volere i maschilisti). Questa prima o poi ci renderà immobili e ci toglierà ogni spirto vitale, e non perché sia superiore, ma perché ha il veleno.

Il Culto del corpo femminile è esagerato?
D'accordo, ma è solo uno dei tanti effetti della rivoluzione francese e della de-spiritualizzazione del mondo. Poiché quanto si fa definire illuminismo ha convinto gli uomini che solo la realtà materiale esiste oggettivamente, e ha dipinto lo spirito come pura invenzione di caste perverse e potenti (privandolo della dimensione oggettiva e superindividuale che avrebbe in ogni mondo "Tradizionale"), il sesso che dà la vita al corpo è esaltato (materialmente, idealmente, filosoficamente) e quello che avrebbe il compito di darla allo spirito è vilipeso (dalla pubblicità alla cultura).

Non tutto è negativo però per noi: il disprezzo (o addirittura l'odio) verso il genere maschile fa sì che le donne finiscano per apprezzare in un uomo quanto oggettivamente il mondo capitalista rende come valore principe, ossia la ricchezza. Questo rende il numero delle sacerdotesse di Venere Prostituta (dichiarate o meno) o delle donne "normali" disposte a tutto per denaro, carriera o semplicemente per vivere, come direbbe D'Annunzio, da principesse del rinascimento, fra "cani, cavalli e belli arredi", ossia molto più agiatamente di quanto non si potrebbe con un lavoro "normale" anche se ben pagato, estremamente maggiore di quanto sia stato in ogni epoca.

Come scrivevo QUI,
http://la-sublime-porta.blogspot.com/2007/03/per-la-festa-del-papa-che-non-diverr.html
fra le italiane, ad esempio, non ci sono nemmeno più le prostitute di professione di un tempo, additate dalla società come tali e conscie del loro ruolo sociale, bensì soltanto donne "normali", casalinghe o lavoratrici, quindi con una posizione sociale riconosciuta e rispettata, le quali, magari occasionalmente, e non già per bisogno, bensì per mera opportunità, scelgono di mettere a frutto il desiderio di natura suscitato altrimenti gratis negli uomini: tanto è vero questo che persino le escort professioniste, per confondersi fra le altre donne e non esser meno valutate, si presentano sovente come studentesse o modelle, quasi mai come prostitute

D'altro lato la soppressione della figura paterna (conseguenza necessaria sul piano privato della nicciana "morte di Dio" su quello pubblico) ci ha liberati da vincoli, doveri e fatiche, innaturali ma storicamente imposti dalle "dame".
Chi vuole divertirsi compie oggi molta meno fatica dei tempi in cui le figure di re, cavalieri e buoni padri erano amate e riverite dalle donne.
Se è vero che non tutto il male viene per nuocere, è oggi vero che non tutto il disprezzo viene per svantaggiarci.
Basta saper ignorare le continue aggressioni morali al maschile. Basta saper rimanere refrattari ai tentativi femminili di suscitare sensi di colpa (nella sfera culturale) o provocare ferimenti emotivi (nella sfera del reale). Basta saper rispondere alle perfidie ed alle ingiurie delle donne (sempre mutevoli e infondate come "Il vento che mormora fra fronda e fronda") con la frase di "via col vento": francamente me ne infischio.
Se si sa fare questo si vive nel post-femminismo molto meglio che in ogni epoca precedente. E del resto pure Evola era convinto che è meglio essere fra chi accelera la caduta di un edificio piuttosto che fra chi cerca di puntellare quanto è destinato a crollare. Conviene dunque spassarsela in questo mondo di rovine, in questa orgia di nichilismo trionfante da cui ciascun baccante può trarre stille di piacere. Per questo non mi propongo di restaurare alcun edificio "maschile", alcuna autorità paterna e alcuna limitazione antifemminista per le donne. Meglio completare l'opera del femminismo, traendo vantaggio dalle sue contraddizioni e portandole alle estreme conseguenze dimostrandone così l'assurdo. Se prendiamo atto che l'emancipazione femminile ha nei fatti emancipato l'uomo dai suoi ruoli "innaturali" (lasciando invece quelli naturali, come l'accudire la prole ed essere utili alla specie, alle femmine) e ha distrutto il "giocattolo" inventato dalle donne (il matrimonio, l'amore monogamico, il mantenimento di moglie e figli) potremmo ben ridere dei velleitari progetti di costringere gli uomini a pagare alimenti e mantenimenti o dei ridicoli tentativi di conferire privilegi lavorativi e sociali alle femmine. Quanto sia in termini di mantenimento sia in termini di privilegi era loro destinato dal cosiddetto patriarcato contro cui il femminismo si è scagliato era infinitamente maggiore. Per quante quote rosa introducano nessuna donna avrà mai più i privilegi delle dame medievali e per quante leggi producano sul divorzio nessun uomo sarà mai costretto a sposarsi e mantenere moglie e figli come invece era, di fatto, nel medioevo. Quando c'è bisogno di un giudice e di una legge per imporre qualcosa, significa che ciò non è più sentito come un intimo dovere e che quindi presto avrà fine, a dispetto di ogni legge e di ogni proclama. Le donne sono arrabbiate proprio perchè per effetto del femminismo hanno rotto un sistema che non tornerà più e per questo si aggrappano, con ogni scusa e ogni giustificazione ideologica, alle ultime vestigia di esso (pretendendo risarcimenti, mantenimenti, intoccabilità ecc.).
Qualcuno potrà anche cadere nella trappola, ma sarà come gli ultimi uomini condannati a morte dall'ancien regime. La ruota della storia non girerà all'indietro. Ora che l'ideologia capitalista è trionfante ha dato il benservito alle suffragette. E se le donne vogliono avere qualcosa devono guadagnarselo col sudore della fronte. I cavalieri serventi stanno sparendo. I padri pure. Il consumismo è la vera religione odierna e questo ci permette con molte donne (non tutte sono puttane, certo, ma anche fra le donne "normali" quelle che per avere di continuo creme, profumi, gioielli costosi, auto sportive e vestiti firmati sono più o meno velatamente disposte a concedersi sono anche molte più di quante potremmo incontrare nel sogno e tangere nella vita) un codice di comportamento molto semplice: pagare, scopare, di più non dimandare. Per il resto, c'è la poesia. Noi uomini abbiamo una capacità di idealizzare (e di appagarci della bellezza ideale) che le donne non conoscono. Non abbiamo bisogno, come loro, di una persona reale, per amare. Ad ognuna il suo. Laura di Petrarca merita di essere amata, mentre le donne moderne semplicemente si appetiscono.
Sic stantibus rebus.

P.S.
Anche io amo citare spesso quel bell'articolo di Evola sulle ragazze italiane. Da qualche parte ce l'ho anche sul blog.

 

Yorum Gönder

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