La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Çarşamba, Eylül 12, 2007

VERGOGNA!







Si vergognino queste vetero-femministe neo-politiche.
CITO:
Le consigliere in campo: "In quei casi c´è violenza sessuale"
La riunione nel pomeriggio in Campidoglio. Sono state invitate anche le rappresentanti della Cdl

Obiettivo: riunirsi e contarsi. Per confezionare, insieme, una proposta "al femminile" sull´emergenza prostituzione che costringe ragazze sempre più giovani, spesso bambine, sui marciapiedi della nostra città. All´appello bipartisan alle elette di Roma lanciato ieri dalla vicepresidente del consiglio comunale, Monica Cirinnà, hanno risposto in tante: dalla vicesindaco Maria Pia Garavaglia alle assessore capitoline Milano, D´Elia e Coscia; dalle assessore provinciali Monteforte e Agostini a quelle regionali Valentini, Rodano e Tibaldi, oltre a moltissime consigliere delle tre assemblee istituzionali e dei municipi.

Fonte: Espresso
Prima hanno usato vari pretesti (ordine pubblico, criminalità, minorenni, immigrazione, sfruttamento e chi più ne ha puù ne metta) per atturare l'attenzione sul "Problema prostituzione" (trascurando le soluzioni razionali di paesi quali l'Olanda o la Germania nonché le ricerche scientifiche sull'argomento, le quali smontano qualsiasi tesi favorevole al proibizionismo come al luogo comune "sono tutte schiave"). Poi hanno svelato il volto ideologico del femminismo che vuole proibire la prostituzione in quanto tale come in Svezia.
C'è ancora qualcuno che ritiene debbano continuare ad esistere e a parlare le vetero-femministe?
Eppure c'è qualcuno che le vuole far entrare a forza in politica?!
E quest'uomo VIVIT IMO IN SENATUM VENIT (è Walter Veltroni).

Uno stato liberale dovrebbe garantire alle persone adulte e consenzienti di poter compiere qualunque scelta afferente la propria vita privata e sessuale senza essere limitate, costrette, impedite o anche solo giudicate (o indagate nei motivi intimi: amore o interesse, passione o calcolo, divertimento o sentimento, concessione amichevole o do-ut-des) da chicchessìa (e tantomeno dallo stato stesso) secondo una presunta ed arbitraria morale "superiore" (stabilita poi da chi? dal papa?), almeno finché non danneggiano oggettivamente e sensibilmente il prossimo. Ma quale male o offesa possono oggettivamente arrecare prostitute e clienti in quanto tali? Forse oggi che la bigotta legge costringe le meretrici sulla strada possono infastidire qualcuno, ma la soluzione razionale sarebbe organizzare la prostituzione in modo che non disturbi chi non ne è interessato (e, viceversa, chi decide di lavorarvi sia tutelata). E invece no! Si dice che bisogna proibire. E con quale diritto? Con lo stesso con cui ad esempio io vorrei vietare il corteggiamento o il "tirarsela" della donne non prostitute? E se prostitute e clienti dicessero che i disturbatori sono invece i preti, i bigotti, i proibizionisti e le vetero-femministe? E se volessero proporre il carcere per chi intralcia la prostituzione o la offende? Non avrebbero lo stesso diritto a chiedere ciò? Chi ha detto che hanno ragione proibizionisti e benpensanti? La prostituzione non è reato ora, e non può esserlo in alcuno stato liberale, perché la libertà sessuale non è contrattabile e NESSUNO (nemmeno femministe e preti) ha diritto a scegliere al posto delle prostitute. Così come nessuno ha diritto ad imporre agli uomini di corteggiare o di cercare una storia cosiddetta "d'amore" (ché poi è quasi sempre solo di illusione e frustrazione) ogniqualvolta vogliano soddisfare i loro naturali disii di bellezza e di piacere (una volta proibite le prostitute). Cosa debba essere il sesso (premio d'amore oppure mezzo d'arricchimento, parte d'un rapporto sentimentale e di una passione totalizzante oppure semplice recita scenica di cui godere come a teatro pagando il biglietto) e come si debbano vedere e valutare la vita sessuale e l'amore può e deve essere deciso solo e soltanto dai singoli individui. Dire il contrario è totalitarismo. E dittatura ideologica è usare argomenti come morale o sicurezza per imporre proibizioni!

Non ci si può basare su una sensibilità soggettiva, arbitraria e unilaterale (come pare pretendano queste donne che parlano di "sensibilità femminile al problema"), ALTRIMENTI, per tutti i motivi per cui le donne ritengono offensiva per loro la prostituzione io ne ho altrettanti per ritenere offensivo e da vietare il corteggimento, visto come retaggio del medioevo e del suo oscuro e irrazionale servilismo, umiliante per il maschio e indegno di un uomo libero, o per auspicare di rendere penalmente rilevante il "comportarsi da stronze" (da me opportunamente ed arbitrariamente definito, magari).
CITO ANCORA:
ROMA - Da tutte il “no” categorico e bipartisan all’istituzione dei parchi del sesso, “proposta offensiva per le donne”.
Fonte:
http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=66132
Per me invece è offensivo per l'uomo il comportamento ordinario delle donne "non prostitute" nella sfera erotico-sentimentale.
E' offensiva la cancellazione dalla vista della prostituzione e conseguentemente l'imposizione della figura della donna quale turris eburnea che ha diritto a riecvere tutto (in pensieri, parole, doni, corteggiamenti, recite da seduttore o da giullare, servilismi e qualsiasi cosa venga a mente ad una vanagloria prepotente e tirannica) dando in cambio la sola speranza, e per la quale l'uomo sia disposto a tutto e sia considerato, fin dal primo sguaardo, un semplice cavalier servente, uno fra i tanti, un banale scocciatore di cui servirsi, da sfruttare o da umiliare (sessualmente e moralmente).
PROSEGUO NELLE CITAZIONI:
Ad accendere la discussione, è stata una delle femministe storiche che più ha calcato la piazza negli anni delle battaglie per la conquista dei diritti, Edda Billi: «Serve un vademecum - esorta quasi urlando, col pugno chiuso - che dica agli uomini di vergognarsi ogni volta che vanno con le prostitute. Sono quarant’anni che parliamo di prostituzione e di come risolverla - ha detto rivolgendosi a Veltroni - vorrei che lo ricordasse perché in molti non lo ricordano».
Sono poi fioccate le proposte, tutte accolte dal tavolo che sarà presto riunito: dall’incontro con il prefetto e il questore al rafforzamento della rete sociale, all’impegno di tutte le istituzioni a mettere risorse a disposizione per permettere il reinserimento delle ragazze vittime di tratta. Da An, Saltamartini non concorda su tutta la linea e pone l’accento sul «degrado causato da chi si prostituisce. È necessario punire il racket e i clienti»
Fonte:
http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=66132
No, è necessario proibire i proibizionisti (e le proibizioniste) e ve lo dimostro. Oggettivamente non vi è nulla di male, né tanto meno di vergognoso, nel vivere momenti di ebbrezza e di piacere con una sacerdotessa di Venere Prostituta, che ha scelto autonomamente di esercitare tale culto. Si tratta semplicemente di giungere, da persone civili, ad un accordo vantaggioso per entrambi, in cui l'una ottiene il denaro, e l'altro l'appagamento dei propri naturali desii, intellettivi come sensitivi, di bellezza e di piacere, grazie all'attrice la quale, per scelta propria, in cambio di denaro fornisce al cliente il "sogno estetico completo". Tutti hanno ciò che vogliono e nessuno è danneggiato, se non i proibizionisti. In tale scambio dichiarato e consensuale, infatti, non vi è di per sé nulla di ingannatorio e nulla di disonesto, al contrario di tanti rapporti "gratuiti", nei quali magari il denaro c'è ma non è dichiarato, e l'umiliazione sessuale e il ferimento emotivo alla fine emergono mentre manca il rispetto, seppellito da moine, intrighi sentimentali, raggiri e falsità (possibili da ambo le parti). Se ciò sia dignitoso o meno, accettabile o meno, vantaggioso o meno, ed eventualmente a che condizioni, in che modi e in che tempi (e con chi) attuarlo può e deve essere deciso soltanto dalle singole persone interessate, non dal clero, dai filosofi politically correct, dalle femministe o, peggio, dai politici. Dire che ciò debba essere vietato significa negare che le donne-prostitute abbiano il diritto (riconosciuto invece alle altre donne) di disporre a piacimento del proprio corpo (e quindi di farne anche mezzo di arricchimento o strumento di recitazione e guadagno, se così decidono). Oppure significa considerarle delle eterne minorenni incapaci di decidere della propria vita sessuale e lavorativa e bisognose di tutela dall'alto. Un conto sono le vittime della tratta, altro conto sono le prostitute autonome. E queste non mancano (anzi, sono molto attive politicamente, ma nessuno le ascolta). Legalizzare servirebbe proprio a creare una situazione in cui le donne costrette a prostituirsi vengano riconosciute e distinte dalle prostitute autodeterminate, e sia possibile al contempo aiutare le prime e garantire diritti, riconoscimento e condizioni di lavoro vantaggiose alle seconde. Se a taluni la prostituzione non piace, tanto peggio per loro, ma non hanno diritto a vietarla solo per questo, né hanno diritto, per questo, a definirla "vergognosa".
Si vergognino piuttosto loro, donne "oneste e proibizioniste", tutte le volte che pretendono d'essere corteggiate! O che pretendono doni e privilegi, materiali e morali da qualsiasi uomo si approcci loro, dando in cambio nulla di certo se non la propria altezzosità e la propria tirannica vanagloria! Si vergognino soprattutto in quanto illiberali, in quanto politiche che credono in diritto di vietare qualcosa solo perché non conforme alla loro assurda "sensibilità femminile" e al loro perverso interesse "erotico-sentimentale" (solo eliminando le prostitute, infatti, potrebbero mantenere i loro medievali, intellettivi e materiali, privilegi di "dame": con la possibilità del culto di Venere sarebbero destinate a divenire trasparenti per gli uomini, non più come in passato costretti al "servitium amoris" verso di loro dalla rigidità sociale e sessuale che è stata distrutta meritoriamente dal femminismo serio e dall'emancipazione vera, la quale aumenta il numero delle donne disponibili per denaro e riduce l'obbligo maschile al mantenimento e al matrimonio fedele).
E proseguono. E DEVO CITARE ANCORA (ormai disgustato):

E il risvegliarsi di quella voglia di essere protagoniste, ancora una volta, di una “battaglia culturale perché a volte è come se tornassimo indietro”.
Le donne elette negli enti locali di Roma e Lazio hanno risposto all’appello fatto anche dal sindaco Walter Veltroni e ieri hanno detto la loro su come arginare la prostituzione. Non sono le femministe che affollavano le piazze nel ’68 ma tante consigliere comunali, provinciali e regionali riunite in un incontro bipartisan: Ulivo e Forza Italia, Prc e An, allo stesso tavolo “perché così bisogna fare se vogliamo davvero ottenere qualcosa”. Come accadeva ai tempi della legge sulla violenza sessuale che aveva visto combattere insieme Alessandra Mussolini e le donne della sinistra. C’erano Monica Cirinnà, vicepresidente del Consiglio comunale, la vicesindaco di Roma Maria Pia Garavaglia, gli assessori capitolini Maria Coscia, Raffaella Milano, Cecilia D’Elia e Lia Di Renzo. Per la Provincia di Roma, l’assessore Daniela Monteforte e per la Regione Lazio l’assessore Daniela Valentini. Per Forza Italia c’era Beatrice Lorenzin e per An Barbara Saltamartini. In più, un numero cospicuo di consiglieri municipali e provinciali.
Fonte:
http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=66132
Andare avanti significa proibire, significa inserire con forza di legge divieti nella vita privata e sessuale di persone adulte e consenzienti e giudicare le loro scelte sulla base non della RAGIONE e della LIBERTA', ma del vecchissimo pregiudizio paolino sul corpo, in base al quale si può vendere oggi ancora tutto di sé, dalla forza fisica all'intelligenza, ma non momenti di sesso?

E' andare all'indietro, altrochè! Ascoltare le prostitute, le loro idee, le loro rivendicazioni sulla libertà e la liceità della loro scelta, sarebbe invece ANDARE AVANTI!

Ma io so i motivi: se per San Paolo il motivo era sacralizzare il corpo in quanto templio venturo dello spirito santo, e quindi non utilizzabile per i negozi terreni (si doveva mentenere puro per la reincarnazione), per le vetero-femministe il motivo è sacralizzare la figura della donna bella ma inacessibile, che genera all'uomo sofferenza fisica, mentale, dolore psicologico, ferimento emotivo, frustrazione continua, e ingenera inappagamento sessuale e ideale il quale poi,e stendendosi nella psiche, diviene disagio esistenziale (infatti molti si suicidano per motivi "erotico-sentimentali"). Se potessero, queste femministe proibizioniste, arriverebbero ad uccidere le sacre prostitute perchè, nella loro visione, "colpevoli" di concedersi all'uomo in uno scambio dichiarato e consensuale e di permettergli così di godere della bellezza femminile senza subire i rischi, i sacrifici e i dolori e le umiliazioni del corteggiamento o della privazione costante (pur nella tentazione).

A me sembra che vi sia un unico motivo filosofico, il pregiudizio paolino un unico motivo pratico-ideologico per le femministe: rendere impossibile il sesso facile in modo da costringere gli uomini al corteggiamento per poi tiranneggiarli anche se non si è belle (ché le belle diverrebbero, per disparità di numeri e desiderio, irraggiungibili senza poterle più allettare con il denaro).

Ecco da quale abisso di perfidia, falsità e brama di tirannia profonda nascono le leggi e le proposte femministe!
E hanno il coraggio di tirar fuori la legge sulla violenza sessuale e l'unione all'epoca di tutte loro dalle varie forze poltiche!

Magari, SOTTOLINEO CON FORZA, una gran parte di uomini preferisce le prostitute alle altre donne proprio per non rischiare di incorrere (a capriccio della donna presunta vittima) nel reato di violenza sessuale, la cui definizione (per colpa delle femministe empie e intellettualmente scorrette e dei maschi coglioni che in nome del politicamente corretto e per timore di essere tacciati di anti-femminismo, l'hanno accettata giuridicamente e passivamente) è tanto arbitraria ed allargata da comprendere in via teorica qualunque atto, detto o sguardo esprimente interessamento sessuale verso la donna.
Grazie a femministe come queste sbraitanti è ora di fatto per un uomo impossibile (volendo essere sicuri) tentare un qualsiasi approccio che non sia quello a pagamento e con distacco professionale (in cui l'accettazione del compenso previsto è segno oggettivo di consenso).

Le stronze femministe definiscono violenza e molestia maschili quanto oggettivamente non ha nulla né di violento né di molesto (persino gesti villani o approcci maldestri, ma comunque non violenti, come la mano morta o addirittura, nelle frange più estreme, gli sguardi naturalmente pieni di rapimento estetico e di desiderio sensuale verso le le belle forme e le fattezze femminee e le parti ch'è bello tacere) ma ha l'unica colpa di rappresentare ai loro occhi la brama per il corpo femminile ed il bisogno sensitivo e intellettivo di bellezza e di piacere da parte dell'uomo. Sarebbe bello che si considerassero parimenti moleste coloro le quali accrescono il desiderio negli ammiratori per compiacersi della sua negazione.

Ma non pretendo questo, mi basta che mi si concede di evitare tali stronze (e le sofferenze emotive conseguenti il dover avere a che fare con loro nella sfera erotico-sentimentale), grazie alle prostitute.

Per impedirmi questo ci si inventano stupidaggini pseudokantiane sul concetto di "dignità" e "offesa".

Se la femminista illiberale e proibizionista può dire danno a lei (in quanto donna) un rapporto privato e sessuale di prostituzione fra due persone adulte e consenzienti a lei estrenee, io allora posso dire danno a me (in quanto uomo) un rapporto privato e sessuale non di prostituzione fra una qualsiasi coppia di adulti consenzienti, dicendo:
"Il corteggiamento, e più in generale la voglia di farsi ammirare al primo sguardo da tutti per poi trattare molti da scocciatori, chiamare mancanza di rispetto comportamenti assolutamente naturali, conseguenti e inoffensivi, dilettarsi a deridere gli approcci di taluni o trattare con sufficienza gli stessi ammiratori, così come l'abitudine ad attrarre a sé tanti uomini anche quando non si desidera alcun rapporto umano con loro, o il vezzo di suscitare ad arte il desiderio per poi compiacersi della sua negazione, o la brama di far recitare la parte del seduttore a chi desideri un qualsivoglia rapporto con loro, ad esclusivo beneficio della femminile vanagloria, segnano la tendenza delle donne a voler sentirsi, di fatto, su un piedistallo, vedendo il mondo girare loro intorno pieno di cavalieri serventi e di uomini resi più o meno schiavi dal desiderio, ed esprime il loro viscerale rifiuto (al di là delle apparenze "politicamente corrette") ad un rapporto autenticamente paritario ed onesto."
Ho lo stesso diritto a ritenere (arbitrariamente) di essere danneggiato personalmente nel generale rapporto fra uomini e donne.

Se lei può dire (soggettivamente) che è un danno al genere femminile la prostituzione, io posso dire, altrettanto soggettivamente, che è danno al genere maschile il comportamento corrente delle donne "oneste", il loro tirarsela, nella pubblicità e nel reale.

E ALLORA ADESSO HO ANCHE DIRITTO AD UNA LUNGA TIRATA (che i lettori seri potranno saltare, in quanto trattasi di concetti ampiamente già espressi in tutte le salse su questo blog: li ripeto solo per avere il piacere di immaginarmi urlare per ore contro le femministe)

[Il vero puttaniere ha un’anima .
Proprio il considerare i sentimenti un bene prezioso, da non dissipare nelle banalità quotidiane, un “io” delicato custode della nostra intima e vera identità, impedisce che si possa accettare quel mondo di artificio e di trucchi, di mezzi sorrisi e di finti sguardi, di frasi a metà e di significati sottesi, di parole non dette e di tacite falsità, quel mondo insomma che ha nome "corteggiamento".
Su questo delicato argomento ha steso un trattato aristotelico (in tre libri) Papa Alessandro (scire est scire per causas)

Come diceva Ovidio “voglia o non voglia, ella ama essere pregata”.
Per questo è necessaria la regola dell'ars amandi. Talvolta, però, ciò limita le occasioni di conoscenza, di piacere intellettuale e spirituale e pure di sublimazione ideale. Gli animi nobili che non si sentono disposti a recitare la parte dei seduttori per raggiungere il cuore della donna desiderata, gli uomini d'intelletto che non sentono dignitoso ingannare una pulcella quando il loro unico desiderio è una notte di piacere carnale per poi tornare a prendere il volo nei regni dello spirito, gli spiriti puri ed elevati, i quali non concepiscono, di doversi adeguare, quando vogliono godere della bellezza dei loro sogni estetici, ai gusti della grande Recanati moderna, per avere più probabilità di successo, non possono avere contatti con il mondo femminile di oggi. Essi hanno bisogno di qualcosa di più di una donna: necessitano di una vera e propria sacerdotessa di Venere, come ai tempi dei greci. In un mondo di mercanti tali sacerdotesse sono raggiungibili solo a pagamento. Non scandalizzi questo.
La donna onesta è per loro inadeguata o inaccessibile.

Da qui la ricerca di momenti di ebrezza con le donne di piacere (da parte soprattutto degli spiriti più puri ed intellettuali fra gli uomini: quelli mossi da sentimenti verso le eteree creature dell’arte, i sublimi accadimenti del pensiero, le nobili dissertazioni dei dotti d’ogni epoca sulla natura dell’amore, in una parola, verso le cose “necessarie universali perpetue” e non verso le banalità terragne, gli amorini terreni, le commedie tra innamorati e il trac trac giornaliero), per evitare quell’universo di falsità, quell’equilibrio di calcoli, sguardi, parole sussurrate e frasi non dette, quella lotta di astuzie fatta di inganni, tattiche, intrighi, quel ginepraio insomma di futili cose, di mondanità, e pensieri vacui in cui la vanagloria femminile, imponendo recite e maschere, ha portato ad essere l’arte di amare.

Uno spirito nobile non può accettare di vedersi costretto, ogniqualvolta brama di riconciliarsi alla vita di natura godendo della bellezza di una donna e congiungendosi in estasi al suo corpo, a recitare la parte del giullare per consolare la donna nei momenti di sconforto o quella del seduttore, per compiacere la sua vanagloria.
Se il suo animo è sincero e puro, si rifiuterò di fingere falsi interessi per lei, di fingersi innamorato prima di esserlo, o di nascondere il suo palpito di desiderio, come fosse qualcosa di impuro, anzichè quel profondo istinti che partendo dagli abissi della vita primordiale cupida di sè giunge alle vette del pensiero e dell'arte, essendo anche capace di rendere immortale una donna mortale.
Un animo sincero non ama l'inganno, non ama essere ingannato da una donna, ma nemmeno ingannarla facendo l'innamorato o l'interessato alla sua anima e non, primieramente come è secondo natura, al suo corpo.
Del sesso si può far benissimo mercato, ma dei sentimenti no.
Uno spirito veramente nobile concepisce come molto più paritario e onesto il rapporto “mercenario”, ossia lo scambio, chiaro e dichiarato, di sesso per denaro, rispetto a quella “prostituzione psichica”, consistente nella prassi ridicola di flirts, il rituale dei “complimenti”, del “fare la corte”, della obbligata “galanteria” del “forse che si, forse che no”.

Chi nega questo motivo fondamentale, forse non ha capito perchè davvero gli uomini, e fra di essi gli uomini d'intelletto, i leopardiani, coloro i quali rimirano ancora, col candore di un fanciullo in preghiera, il volto della loro donna ideale nell'etereo chiarore della “notturna lampa” sì vagamente circonfuso di sogni e di speranze, gli spiriti insomma più puri ed elevati, quelli più “eroici” e fedeli a loro stessi, nel senso più vero che il Leopardi dava alla parola eroismo, si rivolgano alle escort. Il motivo, almeno per quanto mi riguarda, è la possibilità di un incontro con una donzella capace di interpretare i nostri sogni estetici senza pretendere la recita, da parte nostra, del contrasto “Rosa fresca aulentissima” di Cielo d'Alcamo, ove messere insiste, giura e spergiura, fra iperboli e promesse impossibili, mentre madonna nega 20 volte, poi dice un forse e poi alla fine cede.
E' la ricerca di un incontro basato sulla sincerità e l'abbandono ai sensi, sul tentativo di un rapporto immediato con il mondo ed il piacere, sulla speranza di un oblio dolce de' mali fra le braccia e fra le parole di una fanciulla dal viso d'innocenza. Si tratta di una brama di gioie semplici e schiette, pure e soavissime, anche quando carnali, di una brama aliena da ogni falsità, estranea a quella
dura e spietata competizione per la preda, a quel delicato equilibrio di calcoli, sguardi, parole sussurrate e frasi non dette, a quella lotta di astuzie fatta di inganni, tattiche, intrighi, a quel ginepraio insomma di futili cose, di mondanità, vanagloria e pensieri vacui nel quale appunto si è trasformata nei secoli l'arte di amare.
Non è tollerabile dover sentirsi obbligati a recitare la parte ogniqualvota si voglia legittimamente soddisfare il proprio desiderio di natura. Talvolta conviene cogliere dalla vita la propria parte di piacere come si trae un pomo da un albero carico. Ciò con le sacerdotesse di Venere a pagamento risulta possibile. Le donne non possono pretendere che un uomo indossi sempre la maschera del seduttore, dell'infallibile Don Giovanni. Il ricercare un'accompagnatrice da parte di uno spirito leopardiano come il mio si configura come la riconquista dell'Eden, di una dimensione di purezza irrimediabilmente perduta, di quell'espressione da fanciullo innocente, che ha “l’inesperto amante” de “La Sera del dì di festa” figurandosi in cielo la disiata effige, avvolta dall’aurea dell’irraggiungibilità. Si tratta di riconciliarsi con quel candido palpito di desiderio che sorge in petto ai giovani quando prime rimirano le grazie delle dame, le loro forme, le loro bellezze ed i loro femminei sorrisi. E' la speranza che viene certata, la “promessa arcana di felicità”

Per questo una escort è, nel momento in cui è bramata, la donna ideale: ella non potrà mai essere la nostra compagna reale, e quindi mai ci perderà in quel mondo di intrighi e mondanità, in quell'universo di banalità terrene e sciocchezze sentimentali, nella ordinarietà del vivere. Ella rimarrà sempre il sogno, e, anche quando l'avremo abbracciata, chiudendo gli occhi sarà come stringere la mite e circonfusa alba lunare. Intatte nella loro divina bellezza le escort sono sempre ricordate, da chi ama l'ideale di bellezza, in quanto sacerdotesse di Venere, espressioni ideali dell'unica idea del Bello, mai come coloro che ingannano, che tradiscono, che si dilettano a vedersi circondati di ammiratori, che si pascono di vanagloria, che si trastullano nell'asservire chi le desidera.
Giacendo con una escort non si ha la banale sensazione di giacere con una donna qualsiasi, ma, a contatto con quel fiore purissimo ed incantato di bellezza, si ha l'idea di dormire “fra le bianche braccia della creatura celeste che ha nome Luna” (G.D'Annunzio”) come “
quel pastore, giovinetto Endimione, che fra le sue bianche braccia dormiva sempre”.
Da quel sogno ogni uomo non stolto si è svegliato un volta giunto all'età della ragione, è stato svegliato dalle donne, ed ha visto quanto di più caro avesse al mondo giacere ucciso.
Per ogni donna cosiddetta “onesta” infatti vale quanto detto in [nota 7]. Non può dannare tutti coloro i quali osano dire una mezza parola non concorde con il suo sentire, non può definire dotati di sensibilità solo chi è in sintonia con lei e solo dopo che lei si è palesata a loro. Non si può considerare la fonte della sensibilità. Non può considerarsi, in quando donna, lo spirito santo. Il rispetto che le si deve come persona e come amica nostra, non le dà il diritto di sentirsi su un piedistallo. Chi va a escort come me lo fa perchè non sopporta di vedere sempre e comunque le donne, anche quelle comuni, anche quelle senza doti particolari, su un piedistallo, non sopporta di dover sempre tributare loro doni e oggetti votivi (sotto varia e moderna forma) senza altro motivo che non lo “status” (“è una donna”), non sopporta di essere spinto alla galanteria di maniera dalla necessità di non apparire scortese, non sopporta di sentirsi costretto da ventisette secoli di storia (conto la storia dell'Ars Amandi dal Ratto delle Sabine, come insegnato da Ovidio) a recitare la parte del seduttore (sia pure virtuale), non sopporta di doversi agitare come un giullare per colpire l'attenzione di una donna e farla divertire, non sopporta di vedere dal proprio lato il dovere di un'affettata premura e dall'altro il diritto alla naturalezza, non sopporta essere costretto alla gentilezza e alla cortesia per essere ripagato dall'indifferenza e dalla normalità, non sopporta di constatare venerazione e dolcezza da un lato e freddezza, durezza di risposta, sufficienza, quando non aperto disprezzo, dall'altro, non sopporta di rivedere adorazione e delicatezza da un lato e superbia, altezzosità, alterigia dall'altro, non sopporta di essere costretto ad “agire”, a “dimostrare” quando dall'altra parte basta l'essere, non sopporta di doversi far casanova per lisciare la superbia femminile, non sopporta di dover divenire diverso da quello che si sente di essere all'unico scopo di appagare la vanagloria di una donna, non sopporta di vedersi necessitato a tollerare i disagi e le privazioni, tipici delle campagne militari e caratteristici, come sottolinea Ovidio ne' suoi esametri perfetti, dell'Ars amandi, non sopporta di vedersi costretto ad affrontare i rischi e i sacrifici di un paladino che si appresti a vincere un torneo per la bella, non sopporta di vedersi legato alle regole cui è vincolato un cavaliere e poi vedere dall'altra parte estrema ed irriguardosa licenza di toni e contenuti, non sopporta di di vedersi uno fra tanti quando l'altra è considerata a priori “unica”, non sopporta, come scritto altrove, di “mettersi in coda” come fosse un mendicante nella casa di un patrizio.


Proprio per evitare tutto questo (che con le "np" è la regola) pago subito ed in moneta.

l sesso cosiddetto “libero” non esiste, è una stupidaggine utopica degli Anni Settanta, come il comunismo o gli ideali delle varie "occupazioni" studentesche.
NELLA SESSUALITA' gli uomini e le donne non sono mossi dal libero arbitrio, ma dal genio della specie.
La natura inculca nel petto dell'uomo una brama infinita di cogliere l'ebbrezza ed il piacere dei sensi da quante più donne possibili, e ne fa nascere il desiderio immediatamente e al primo sguardo, con l'immediatezza del fulmine e l'intensità del tuono, ma con la soavità di plenilunio di giugno dopo la pioggia, non appena la bellezza si fa sensibile a lui nelle fattezze del corpo muliebre, nella claritate del viso, nelle forme dei seni rotonde, nelle membra scolpite, nella figura slanciata, nelle chiome fluenti e nell'altre grazie ch'è bello tacere.
Parimenti inscrive nell'istinto della donna la dote di farsi sommamente desiderare e seguire in ogni dove, (come una fiera nei boschi) dal maggior numero possibile di maschi, in modo da ampliare al massimo la rosa di coloro che sono disposti a competere per lei e dai quali selezionare chi mostra eccellenza nelle caratteristiche volute per la riproduzione e il bene della discendenza (o, razionalizzato nelle società più evoluto, quelle doti materiali o intellettuali che rendono un uomo gradito o utile alla femmina, o conferiscono prestigio sociale).
Tutto ciò risponde ai fini della natura, non a quelli dell'uomo (ed è infatti motivi di infinite infelicità individuali, da quelle dei giovani uomini intimamente feriti dalle "stronze" a quelle delle donne tradite): il desiderio maschile serve garantire la massima propagazione dell'istinto vitale, quello femminile a garantire la selezione dell'eccellenza.
Questo è l'amore naturale "l'inganno che la natura ha dato agli uomini per propagarne la specie".
Tutto il resto, nell'amore, è solo costruzione dell'uomo, della sua ragione, della sua arte, della sua parola, e, più profondamente, del suo inconscio.

L'aveva già compreso Schopenhauer:

"L'uomo tende per natura all'incostanza in amore, la donna alla costanza. L'amore dell'uomo cala sensibilmente non appena è stato soddisfatto: quasi tutte le altre donne lo eccitano più di quella che già possiede, perciò desidera variare. Invece l'amore della donna aumenta proprio da quel momento. Ciò dipende dal fine della natura, la quale mira a conservare la specie e quindi a moltiplicarla il più possibile. L'uomo infatti può comodamente generare in un anno più di cento figli, se ha a disposizione altrettante donne: la donna invece, per quanti uomini abbia, potrebbe comunque mettere al mondo un solo figlio all'anno (a prescindere dalle nascite gemellari). Perciò l'uomo va continuamente alla ricerca di altre donne, mentre la donna si attacca saldamente a un unico uomo: la natura infatti la spinge a conservarsi, d'istinto e senza alcuna riflessione, colui che nutrirà e proteggerà la futura prole." (LA METAFISICA DELL'AMORE SESSUALE)

Se da un lato è evidente (e il “vizio” narrato dalla storia di Olga è solo uno degli esempi lampanti) come l'uomo, nella sua ricerca di bellezza corporale e ideale, sia mosso dall'impulso naturale al sesso, dall'altro non risulta assolutamente vero, come par dire taluno o vantarsi taluna, che la sessualità delle donne sia meno presente o risulti meno centrale nell'esistenza. Semplicemente si esprime in un modo diverso, ma ciò non significa affatto ricopra una minor importanza nella vita, anzi. Il modo ad essa proprio è più quello del selezionare e dell'accudire che non quello del bramare continuamente e infinitamente il congiungimento carnale, è più afferente al sentirsi desiderate che non al desiderare, il quale è il modo maschile per eccellenza (ed è motore d'arte ed ispirazione di poesia negli uomini nati alle cose dell'intelletto).
La sessualità è sempre presente nell'inconscio, altrimenti le femmine, ad esempio, non si farebbero belle (“per piacere a loro stesse”) anche quando non ne avrebbero razionalmente bisogno: è invece naturale per le femmine essere massimamente belle e desiderate almeno quanto è per noi maschi naturale desiderare la bellezza.

L'amore "non a pagamento" esprime tutta la sua profonda crudeltà: verso le donne perché le rende potenziali vittime di continui tradimenti, i quali metteranno a dura prova la loro autostima, poiché nella bellezza (da cui nasce il desiderio verso di loro e di conseguenza derivano i loro privilegi sociali e privati) si saranno identificate, e non capiranno come il ricercare la medesima bellezza incarnata in altre donne non implichi, per il loro uomo, il rifiutare loro, e verso gli uomini, poiché la femmina, attirando tutti e respingendone la maggior parte (poiché questo significa la selezione) provocherà in essi profonda ed intima sofferenza, prima sessuale, per la frustrazione dell'inappagamento di ciò che è stato ad arte suscitato, e immediatamente dopo emotiva, per il fatto di essere rifiutati ad onta delle doti e delle caratteristiche che si sono tentate di affinare e mostrare e nelle quali si è finito per identificarsi, o di sentirsi derisi, sbeffeggiati, illusi e feriti nel desiderio, proprio in quanto in loro vi sia di più vero ed insito nelle carni, offesi e umiliati nel proprio puro e ingenuo trasporto verso la bellezza (magari messi in ridicolo, di fronte a sé o agli altri, per i propri tentativi o per il puro gusto da parte delle belle di guardarli dall'alto al basso e di farli sentire alcuni dei tanti, banali scocciatori o con il solo scopo di provocare per compiacersi del negarsi ed infoltire così le schiere di ammiratori). Questo disagio emotivo molto profondo, anche se spesso interiorizzato e ritenuto normale, si profonda facilmente in un vero e proprio disagio esistenziale, nell'osservare come l'amanza, nel cui raggiungimento si crede di identificare la propria felicità, sfugga tanto più lontano quanto più intenso è il desiderio di coglierla e più animosi si fanno i tentativi di carpirla, e nel rendersi conto di quanto tutte le nostre virtù e le nostre imprese, nelle quali abbiamo trasferito noi stessi nella speranza arcana del summum bonus, non valgono in fine né ad ottenere ciò che abbiamo bramato né a farci apprezzare dall'altra. Con i meccanismi ben noti dalla psicoanalisi e per i quali la sfera sessuale influenza fin nel vertice dello spirito le espressioni dell'uomo, questo disagio emotivo nato dal sesso e divenuto esistenziale è causa tanto (come mostrato) dell'infelicità globale dell'essere umano quanto della sua vulnerabilità nella sfera erotico-sentimentale, tanto rispetto al genio della specie (il quale la utilizza per gli scopi della natura) quanto rispetto ad una donna sufficientemente cinica e intelligente da capire come sfruttarla per per fini sia materiali (spesso soldi, ottenuti sovente in modo subdolo, ingannevoli o addirittura ricattatorio) sia "spirituali" (la vanagloria di cui sopra e su cui ci dilungheremo in seguito).
Per me l’escorting è quello che la grande tragedia attica classica era per il mondo greco: una momentanea interruzione del regno apollineo nella quale è dato all’uomo sperimentare le ebbrezze e le follie dell’insondabile regno dionisiaco senza rompere per sempre l’ordine razionale di cui è parte, provare la furia orgiastica della vita primordiale cupida di sé e antecedente la frammentazione in individui senza esserne annientato per sempre, attingere insomma dal substrato profondo e terribile dell’esistenza senza venirne distrutto; le escort sono come grandi attrici sulla scena, permettono all’uomo di vivere l’estasi senza che il relativo tormento sconvolga la vita fuori dal palco: se poi uno si fa prendere la mano pretendendo di proseguire la finzione anche fuori da "teatro" peggio per lui; i savi pagano solo il biglietto, salato ma pur sempre razionale, e godono della bellezza e della furia della natura senza essere dilaniati nella realtà; tale rappresentazione scenica permette all’uomo giusto di non essere più dipendente dalle donne che lo vorrebbero usare come strumento attraverso il disio sessuale suscitato ad arte: chi sa che può attingere all’ebbrezza pagando il biglietto alle donne non si lascia dilaniare nel reale da esse.

Per questo è per me importante la ricerca di escort indipendenti. Io non voglio accostare il meretricio alla costrizione, ma ad un’opportunità di guadagno della donna (come altri, nelle stesse condizioni oggettive, non hanno) e per me di cogliere il piacere schietto e carnale senza sottostare al capriccio femmineo (ma solo ad un accordo razionale fra uomo e donna ritenuto vantaggioso da entrambi) e senza tollerare i disagi e le privazioni, tipici delle campagne militari e caratteristici, come scriveva Ovidio nei perfetti esametri, dell’ars amandi. Così è libera scelta per entrambi, uno scambio equo.

Io rispetto e quasi adoro le escort, in quanto vedo in loro il prototipo della donna veramente onesta la quale, senza trucchi o inganni dice all’uomo: “ti piaccio, mi vuoi? allora, se proprio non mi fai schifo, mi paghi tot., altrimenti addio”. Non vi è nulla di sotteso e di disonesto in ciò.

Il bisogno naturale è stare con una donna (e non farsi seghe come dite voi, che è una perversione sociale dovuta alla solitudine: nessun animale si masturba), accarezzarla come la brezza del marina fa con le onde d'argento nei pleniluni d'estate, inebriarsi del suo profumo, della sua voce, delle sue chiome aulenti e sparse come quelle della sera dannunziana, poterla sfiorare, tangere, scorrere il suo corpo con le dita come un sublime strumento di musica arcana, godere di lei e della sua bellezza, abbandonarsi alle onde della voluttà (la quale è sensualità innalzata a sentimento) e del piacere dei sensi, lasciarsi, per un momento, all'ebbrezza sessuale e al fluire di immagini suoni e sensazioni, e non è totalmente vero possa essere cancellato o escluso per volontà. Certo, in ogni singola situazione, la volontà umana può decidere di inibire l'impulso sessuale (se vi è un motivo ritenuto valido), altrimenti saremmo davvero degli animali privi del libero arbitrio, però, reiterando queste inibizioni all'infinito e facendole divenire abitudini, per un proibizionismo de iure o de facto della società e della tradizione (le quali impongono, normalmente, certi comportamenti, certe prove, certe condizioni per arrivare a ciò, rispetto a cui il singolo può non trovarsi a proprio agio, non ritenere dignitoso, non sentirsi in grado o non trovare piacere o addirittura trovarvi sofferenza emotiva) si crea una vera e propria infelicità, poi divenente frustrazione quando non sfociante in qualcosa di più serio e distruttivo.
Si vive a metà: dapprima vi è una tristezza occasionale, una malinconia diffusa, una rassegnazione, poi un vero disagio esistenziale che partendo dalla sfera sessuale, come ampiamente spiagato da Freud, influenza il rapporto con l'altro sesso in genere e la vita tutta (con chiaro rischio di autodistruzione), e con i meccanismi ben noti dalla psicoanalisi, è destinato a scoppiare prima o poi in qualche modo.
Alla lunga il bisogno di vivere almeno qualche momento di abbandono è davvero impellente e vitale come la fame, o, meglio, l'aria. Su questo le escort guadagnano (ed i loro rate lo dimostrano). Quando manca la possibilità (per lo meno nel pensiero: ossia che la possibilità della via a pagamento sia possibile, anche se magari non abbiamo ancora risparmiato tutti i soldi necessari) di scegliere come raggiungere la donna manca davvero il respiro.

Si rischia a questo punto di essere tiranneggiati, tramite il desiderio di natura (o le debolezze sentimentali) nel sesso e non solo.
Si dà così nel primo la possibilità alle “stronze” (certo si potrebbe testarle tutte e mandare a quel paese quelle rivelatesi tali, ma in primis esse avrebbero comunque la possibilità, dato che un minimo contatto è necessario nel tentativo) di ferirci psicologicamente, di trattarci con sufficienza o con aperto disprezzo ad ogni tentativo di approccio con loro, di suscitare ad arte il desiderio per compiacersi della sua negazione, atteggiarsi come chi ha tanti ammiratori e può fare a meno di tutti, e far così sentire colui, il quale dal trasporto verso la bellezza sarebbe portato ad affinare la propria anima e il proprio intelletto, uno dei tanti, un uomo senza qualità, un banale “scocciatore”, di renderci ridicoli agli occhi nostri o degli amici o dei presenti, di sbeffeggiarci, svilirci, offenderci nel desiderio e di farsi gioco del nostro purissimo ed ingenguo trasporto verso la bellezza, di attirarci e respingerci con il solo scopo di umiliarci, di compiacere la loro vanagloria e di irriderci intimamente o pubblicamente (anche se sarebbe solo un episodio, ma gli episodi feriscono, ed un uomo savio vuole evitare ciò)?
Anche nei casi di non stronzaggine non è piacevole subire rifiuti e non mi piace il modus vivendi di tentare N volte con N donne diverse per sperare nella n+1 esima
Io non tollero che una donna, bella o meno bella, possa sfruttare il mio desiderio di natura per farmi recitare da giullare o da seduttore, a seconda che voglia divertirsi o che brami compiacere la propria vanagloria, o, come avviene spesso con quelle che si ritengono dame corteggiate, per spingermi a far da "cavalier servente" disposto a priori ad affrontare rischi e sacrifici degni, come diceva Ovidio nell'ars amandi, delle campagne militari, a sopportare, insomma, rinunce e privazioni, per non ricevere in cambio nulla se non la sola speranza. Preferisco pagare in moneta che in sincerità o in dignità. Inoltre non accetto (come avviene nei rapporti "normali) di dover pagare con probabilità 1 (se non in denaro, comunque in regali, doni, inviti o altre utilità economiche, oppure in tempo, corteggiamenti e rinunce varie, o ancora in sincerità e affetto, per non dire in dignità quando dovrei fare da giullare o da cavalier servente) per poi ricevere in cambio un piacere funzione di variabile aleatoria.
Ma sopra tutto voglio evitare che estendendo questi metodo ad ogni aspetto della vita (la psiche e dunque il comportamento umano, come sostenuto da Freud, è profondamente guidato dalla sessualità) un certo tipo di donna (non tutte, ovviamente, e nemmeno la maggioranza, agiscono così, ma molte, volendolo, potrebbero farlo ed è questo il pericolo) possa condizionarmi a vari livelli (o totalmente, nel caso estremo di un'influenza diretta) nelle scelte di vita o addirittura tiranneggiarmi, in pubblico, nella società o nel privato.
Rischierei di venire davvero dilaniato non solo (metaforicamente), nella sessualità, ma anche nella posizione sociale, nell'onore, negli averi, negli affetti e nei sentimenti, facendomi portare via "casa, famiglia, roba". Non è esagerazione o cattiveria: è natura.

Naturali sono i bisogni, umano il modo per soddisfarli, Ed in un mondo libero deve essere sempre e solo l'individuo a decidere qual modo scegliere. Questo per me è irrinunciabile.

Quando l'unico modo è il corteggiamento, se esso affronta questi problemi, nel caso meno grave la donna e il corteggiamento diventano un'ossessione (e la necessità di riuscire perché non vi è altra strada per la felicità porta a quelle incomprensioni, a quei disagi e a quelle illusioni di cui leggiamo spesso), anche se il desiderio per lei resta naturale, e nell'ossessione non c'è libertà.

Tutti questi problemi si curano non con le medicine e nemmeno con la morale: si curano con la libertà di scelta (per tutti).

L'emancipazione dal dovere del corteggiamento tramite il frequentare le escort è uno di quei sistemi (funziona ovviamente se si usa una misura, altrimenti ci si rovina in un altro modo).

Poi potrei (COME fanno le femmine per ciò che soggettivamente definite molesto) chiedere la condanna penale di comportamenti che mi feriscono intimamente (anche se il giudizio sulla ferita è come nel vostro caso arbitrario).

Pur partendo dall’uguaglianza io devo ammettere che i gesti e gli atteggiamenti sentiti come offensivi nella sfera intima e sessuale sono molto differenti fra uomini e donne, sì che non tenerne conto equivale ad un qualcosa di innaturale e ad una mancanza di vero rispetto. Io mi dispongo a comprendere che per una donna essere toccata senza il suo assenso da un estraneo sia sentito come una violazione della sua intimità (anche se per me, da uomo, non sarebbe sentita affatto così la situazione inversa), però oso sperare che parimenti una donna cerchi di capire quanto per un uomo sia molesto ed irritante farsi provocare e deridere nel desiderio sessuale (anche se magari da una donna, a situazione invertita, non sarebbe percepito altro che un gioco). Come voi sapete il desiderio di un uomo è diverso da quello di una donna (il quale sarebbe più intellettivo, più legato ai pensieri suscitati, più etereo), e più profondo e più atavico, più insito nelle carni, e l’usarlo a mero scopo di riso e di trastullo, o per porre in ridicolo l’uomo di fronte a sé, agli amici o ad un pubblico, equivale, per me, ad una offesa molto intima, quasi fisica.

L'istinto, essendo antico, è anche profondo, radicato, nobile e rispettabile, non certo leggero e superficiale come lasciano intendere le femministe: esso è legato alle radici stesse della natura e della vita. Rimirare in una donna la bellezza significa ricreare in sé lo stupore che ebbe il mondo vedendo la nuda Venere nascer dall'onde del greco mare sulla sua bianca conchiglia, risentire quella brama che fu di Callimaco, di Catullo e di Properzio, e che rimane eterna nei carmi greci e latini, riprovare quel trasporto che rapì Guido, Lapo e Dante al mirar passeggiare “monna Vanna, monna Lagia e colei ch'è nel numer de' le Trenta”, rivivere quel distacco fra cielo e terra che in Petrarca fece germogliare lo stile puro e rarefatto dei sonetti perfetti senza uguali nel mondo, lasciarsi prendere dal quella tensione al mondo ideale e perfetto propria dei poeti Rinascimentali, primo fra tutti il cardinal Bembo, e che portarono a compiuta perfezione la lingua e lo stile della vera poesia italiana, abbandonarsi come il Tasso alle onde della voluttà dell'Aminta e al languore delle Rime, lasciarsi infine prendere dalla cupida volontà di bellezza divinamente effusa dal D'Annunzio nei versi immortali del Poema Paradisiaco.

Per questo chi se ne fa beffe mi offende, e mi offende chi lo suscita ad arte per poi compiacersi della sua negazione.
Ovvio che, come detto, un’offesa, anche se intima, non giustifica omicidi o stupri, ma può fare il paio con altre offese o molestie (le quali però si sommano e non si annullano).

Io non nego il diritto a dire di no (anche se non fossi onesto e corretto e non lo volessi ammettere come forma di rispetto del libero arbitrio delle donne, dovrei ammetterlo comunque come utile a me: se infatti le fanciulle fossero costrette a sottostare ai soprusi dei prepotenti che le rapiscono con l’inganno o la violenza, fisica o psicologica, che rimarrebbe a me, rispettoso e timido, quasi contemplativo, amante della bellezza? Come potrebbero arrivare a dire sì a me se non possono dire no a loro?)
Io nego l’esistenza del diritto a prendere in giro sessualmente. Esso non esiste, né per gli uomini né per le donne. Prendere in giro per me spazia dal lanciare messaggi contraddittori o in un linguaggio non univoco o comprensibile solo da una parte, al provocare sessualmente per poi compiacersi del negarsi irridendo chi si è illuso, pubblicamente o intimamente. Se si esasperano apposta le situazioni ed i comportamenti, quello che si rileva non è la misura vera dell’uomo, il suo comportamento sociale “all’ordinario”, ma il suo modo di divenire folle o di reagire all’offesa. Non sempre l’ira e lo sdegno sono controllabili (pur non giustificando violenze o omicidi), e non sempre le azioni e i gesti rispecchiano l’intenzione vera, l’animo e la volontà delle persone (vi possono essere fraintendimenti, problemi di comunicazione, repentini cambiamenti di decisione che confondono o traggono in inganno, e lasciano capire l’otto per il diciotto ecc., frasi non chiare che possono essere lette in un certo modo lasciandosi trasportare ecc.). La violenza è nel mondo, e per ovvi motivi gli uomini tendono ad usare quella fisica, le donne quella psicologica, ma non è scontato quale delle due sia più grave. Dipende dai casi. Inoltre non ci si può stupire se con l’inganno si genera quasi la follia nell’animo altrui e le reazioni sono inconsulte. Non vi è infatti il diritto di molestare nel sesso il prossimo con la menzogna o la falsa illusione. Come non ha diritto un uomo di ingannare una pulcella con promesse (che non siano le favole che danno l’ebbrezza o le parole che la perdono negli imperi dell’illusione e del sogno, le quali non figurano un inganno nel reale, ma solo un sogno consapevole condiviso e necessario al piacere) vane quando il suo unico desiderio è una notte di piacere, così non ha diritto una donna a suscitare ad arte il desiderio carnale in un uomo quando il suo obiettivo non è avere un rapporto con lui, e nemmeno verificare nel corteggiamento se egli avrebbe o meno le doti per piacerle (ché non si può capire al primo sguardo), ma solo compiacersi del proprio potere, illuderlo, deriderlo o sbeffeggiarlo o misurare la di lui capacità di sopportazione della tensione psicologica da lei indotta.

Ognuno ha il suo modo di definire la “stronzaggine”. Voi, giustamente, definite stronzi gli ingannatori che illudono dolci donzelle. Essi sono odiati anche da me, in quanto a me totalmente opposti. Se voi immaginate gli ingannatori come quel marocchino vanaglorioso che si vantava di saper avere le donne con uno schiocco di dita e invitava me a scopar donzelle raccontadole di portarle in italia, sono con voi.
Io però ho il mio modo di definire le stronze, come scrissi sul malocchio.
SI INTENDONO CON STRONZE LE DONNE APPARTENENTI ALLE SEUENTI CATEGORIE
1) coloro le quali, essendo appagate del semplice sentirsi ammirate da schiere di corteggiatori, senza che questo necessariamente si traduca in un vero rapporto umano, sincero e appagante, poiché la vanità, naturale nelle femmine, si mostra manifestamente soddisfatta dal ricevere quelle cure, quelle riverenze, quelle attenzioni che i plurimillenari privilegi della Galanteria impongono di tributarle, sfruttano la situazione per attirare ad arte ammiratori e poi respingerli, con l'unico scopo del proprio diletto e del rendere loro ridicoli agli occhi degli amici e dei presenti, dell'offendere il loro desiderio di natura, del farsi gioco del loro purissimo ed ingenguo trasporto verso la bellezza
2)coloro le quali dimenticano come non tutti siano commedianti nati al pari di loro, che si sforzano con ogni mezzo di suscitare ad arte il desiderio negli uomini per poi compiacersi della sua negazione ed infoltire così le schiere di ammiratori, ed alla fine guardano tutti dall'alto al basso, arrivando addirittura a deridere gli approcci, o ad appellare molestatori quegli aspiranti corteggiatori che ingenuamente o maldestramente cercano di conquistarne i favori
3) coloro le quali trattano con sufficienza, se non con aperto disprezzo, coloro i quali tentano un qualsiasi tipi di approccio con loro, atteggiarsi come chi ha tanti ammiratori e può fare a meno di tutti, e far così sentire colui, il quale dal trasporto verso la bellezza sarebbe portato ad affinare la propria anima e il proprio intelletto, uno dei tanti, un uomo senza qualità, un banale “scocciatore”.

Di fronte a siffatti comportamenti non ho altra reazione che quella di difendermi. Non sono come voi che attaccate. Forse, ironicamente, sono più effeminato e faccio quello che farebbe una pulcella: mi chiudo a riccio, evito, fuggo. “Mai nessun m’avrà”. In ogni caso non do mai occasione a queste donne di ferirmi, nel reale. Voi testate i vostri “stronzi”. Date una possibilità in un senso e nell’altro. Io invece non do alle stronze nemmeno la prima possibilità (nemmeno il primo sguardo) per farmi del male psicologico o trattarmi con sufficienza.
Perché possa avere questo comportamento, devo potermi disinteressare delle donne “oneste” (ancorché belle) avendo poi la possibilità di divertirmi, in alternativa, con le sacerdotesse di Venere Prostituta, le quali, dichiaratamente, consensualmente e senza inganni, richiedono un compenso prefissato per lasciarmi godere della loro Bellezza.

Per abolire ogni rischio di essere sessualmente deriso, devo potermi affidare al Sacro Antichissimo Culto di Venere Prostituta giacché altrimenti, per riconciliarmi alla vita di natura, sarei costretto a cercare sempre l’approccio con ogni donna dalle parvenze simili al mio sogno estetico, concedendo a molte “stronze” la possibilità di trattarmi con sufficienza, disprezzo o irrisione, quando invece non voglio ciò succeda nemmeno al primo sguardo. Certo potrei testarle tutte e mandare a quel paese le “stronze” ma in primis esse avrebbero comunque la possibilità di ferirmi psicologicamente (dato che un minimo contatto è necessario nel tentativo), di compiacere la loro vanagloria e di irridermi intimamente o pubblicamente (anche se sarebbe solo un episodio, ma gli episodi feriscono) ed io voglio evitare ciò, in secundis anche nei casi di non stronzaggine non è piacevole subire rifiuti e non mi piace il modus vivendi di tentare N volte con N donne diverse per sperare nella n+1 esima (non sono un tester), in tertio non sono a disagio solo quando donna fa la stronza, ma anche solo quando le situazioni la pongono in condizione di poterlo essere (poi posso anche liberamente decidere di corteggiare e rischiare, ma, se ho l'alternativa, almeno lo faccio in libertà e solo le volte che mi sento preparato a ciò, molto più rare di quelle in cui desidero, e, soprattutto, nulla mi trattiene da lasciar perdere se avverto sufficienza o prepotenza nella donna, come invece non sarebbe se non vi fossero alternative metodologiche). Il corteggiamento, come detto, almeno al primo stadio, quello in cui le virtù dell’uomo (soprattutto d’intelletto) non possono ancora esser rese evidenti, è uo di questi casi, soprattutto nei luoghi di barbaro divertimento come le discoteche, nei quali l’uomo virtuoso è ridotto a un nulla, poiché non può esercitare e sfoggiare le sue fondamantali qualità, ossia la cultura e l’eloquenza. In questi luoghi di perdizione, dove volteggiano figure di donna impenetrabili e intangibili, come le ombre dei gironi danteschi, l’impossibilità di ottenere dannunzianamente l’amanza alimenta insani desii.

Mentre una giovane donna è apprezzata e disiata, come Beatrice, al primo sguardo ("benigna sen va sentendosi laudare") un giovinotto ha necessità di una "occasione" per dare sfoggio di quelle virtù che potrebbero renderlo gradito agli occhi dell'amata. Questo fa sì che vi sia una chiara disparità nel rapporto (tale disparità è il vero motivo della ricerca di sacerdotesse di Venere da parte degli uomini gaudenti). Non sempre l'occasione esiste (e se esiste, proprio per la sua cruciale rarità, ha spesso la tensione di un esame, non certo il piacere di un divertimento). Non sempre l'occasione è facile (per valutazioni numeriche e di circostanza). Quasi mai: più probabile che le virtù possedute, anche se reali, non siano la vera chiave del consenso di lei (bisognerebbe essere fortunati ad avere in tasca proprio la chiave della porta desiderata) o che, anche qualora lo siano, non riescano ad essere estratte dalla tasca, o vengano perdute nel buio della mediocrità dei divertimenti di massa o nella confusione delle banalità moderne. Spesso dunque il disio resta unilaterale ed allo stadio di illusione. Eppure l'incantamento estetico-amoroso rimane reale per l'uomo, giacché è parte della natura.

Un fanciullo brama la donzella avvenente così come un fiore sboccia, un usignolo canta, un prato fiorisce, una cascata irrompe, e quando il suo desire si volge in attività d’intelletto allora i versi e le rime scorrono con quella medesima magia propria dei prodigi di natura, come l’avvento della Primavera o il riflesso sull’onda lucente di quella conchiglia d’argento che chiamiamo Luna.

La donna, al contrario, proprio perché raramente desidera un uomo per la bellezza e se ne invaghisce al primo sguardo, e più facilmente ella vuole prima sondarne il valore per ammirarvi altre virtù, quali la bravura nel creare sogni e illusioni, nel far vivere all'amata "la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude", e non ultime la cultura e l'eloquenza, tutte virtù che si esplicano primieramente attraverso la capacità e l'ordine del dire, senza le qual cose la ragione stessa sarebbe vana, non rimane ammaliata da principio (lo sarà forse dopo), e resta libera di decidere senza incantamenti.

Per questo, almeno all’inizio della conoscenza, ed al contrario di quanto, secondo voi, è da un punto di vista fisico, è l’uomo e non la donna a trovarsi in una condizione di debolezza. E questo voi ben sapete avendo fatto la escort (è il motivo della vostra forza contrattuale). L’uomo è già invaghito e agisce secondo i riflessi condizionati dell’istinto (seppur filtrati dalle convenzioni sociali), ed il suo intelletto e la sua immaginazione sono angustiati dal desiderio, non permettendogli, spesso, di mostrare il meglio delle proprie virtù intellettive, culturali e oratorie, né di sentirsi a proprio agio e rilassato, mentre la donna si deve ancora invaghire e la sua mente è pronta per lasciarsi inebriare “dalle parole che dici umane” o per capire l’inadeguatezza dell’aspirante amante, comunque più libera di scegliere.

E' infatti evidente che, mentre un uomo mira alla bellezza, una donna ama altre virtù, quali la capacità di dimostrare il proprio valore, di affermarsi, la capacità di far sentire alla fanciulla di vivere in una favola, l'abilità di perdere la donna negli imperi occulti del sogno, la brama di erudizione e di squisitezze intellettuali, la sete di cultura, la tensione all'eccellenza nel fare come nel dire ed altre infinite virtù che si esprimono soltanto con l'uso della parola, con la modulazione della voce, con il tempo dato al corteggiamento e che in un giovane ed inesperto non possono per forza di cose svilupparsi in quella prima età nella quale sulle donne fiorisce la bellezza.

Chi sfrutta questa situazione di debolezza maschile non già per vivere il proprio normale e legittimo corteggiamento, ma solo e soltanto per deridere l’aspirante corteggiatore di fronte a sé o ad altri, per farsi gioco e beffe di lui per ribadire con pura vanagloria la propria posizione di preminenza su di lui, e mostrargli quanto lui è insignificante e banale e sostituibile mentre lei è invece unica e da tutti idolatrata viene vista da me come una vera prepotente molestatrice.


Io non tollero che una donna, bella o meno bella, possa sfruttare il mio desiderio di natura per farmi recitare da giullare o da seduttore, a seconda che voglia divertirsi o che brami compiacere la propria vanagloria, o, come avviene spesso con quelle che si ritengono dame corteggiate, per spingermi a far da "cavalier servente" disposto a priori ad affrontare rischi e sacrifici degni, come diceva Ovidio nell'ars amandi, delle campagne militari, a sopportare, insomma, rinunce e privazioni, per non ricevere in cambio nulla se non la sola speranza. Preferisco pagare in moneta che in sincerità o in dignità. Inoltre non accetto (come avviene nei rapporti "normali) di dover pagare con probabilità 1 (se non in denaro, comunque in regali, doni, inviti o altre utilità economiche, oppure in tempo, corteggiamenti e rinunce varie, o ancora in sincerità e affetto, per non dire in dignità quando dovrei fare da giullare o da cavalier servente) per poi ricevere in cambio un piacere funzione di variabile aleatoria. Per questo ritengo più onesto e dignitoso per entrambi un rapporto mercenario in cui l'assenza di sentimento (ma perché, in quelli "gratuiti" il sentimento c'è ed è vero?) non implica quella di rispetto o di una qualsivoglia forma di coinvolgimento emotivo.
Si badi bene: io non pretendo nulla. Sopra ogni cosa, non pretendo di ottenere azioni o concessioni contrarie alla volontà della donna o a ciò che l'arbitrio della singola persona interessata ritiene dignitoso.
Mi limito a desiderare secondo natura. E' innato in me il desiderio di congiungermi a colei che pare in grado di interpretare il mio "sogno estetico" e di rendere sensibile, con la sua bellezza corporea, ciò che provo in ogni più alta speculazione filosofica e in ogni più profonda estasi artistica. Altrettanto innata è in me la tensione all'eccellenza, nel fare come nel dire, dal primo giorno di prima elementare. Per questo desidero avere come amante una di quelle donne dalla bellezza tanto "alta e nova" da poter essere, in condizioni ordinarie, soltanto vagheggiate di giorno, nel sogno ad occhi aperti di chi le mira gir per via, o castamente disiate di notte, come l'imminente luna e le stelle palpitanti, dall'anima sospesa di chi, nel silenzio e nello stupore, eleva a loro lo sguardo sospirando, le quali nella vita "ufficiale" fanno magari le modelle, e per avere un'esistenza molto agiata sono disposte ad arrotondare concedendosi per una notte a clienti, invaghiti dalle loro fattezze e dalla loro classe, disposti a pagarle cifre ben superiori allo stipendio medio di un impiegato.
E' una mia scelta e un mio diritto. Riguarda soltanto la mia vita privata e sessuale, e se trovo una donna disposta ad assecondarmi (per interesse o vanagloria non fa differenza per lo stato) senza che sia costretta da alcuno è un mio diritto godere di lei e della sua bellezza (dato che ciò attiene alla sfera privata e sessuale di noi due).
Nella fattispecie, poi, non bramo dalla bella donna atti degradanti, perversioni indegne o "cose turche" nel letto, ma semplicemente aspiro che colei la quale ritengo in grado di interpretare il mio "sogno estetico" divenga la mia amante, anche per una sola notte.
In mancanza di possibilità, da parte mia, di "conquista" (per motivi di vario genere su cui mi dilungherò in seguito), preferisco ottenere, a pagamento, una recita di questa scena, dietro compenso, come si farebbe con un'attrice. Non desidero né umiliare, né far sentire sottomessa la donna o avere una "serva" obbligata ad agire su mio ordine. Di pari grado, però, non desidero nemmeno io sentirmi un "cavalier servente", obbligato a soddisfare ogni capriccio della donna, a sacrificare una parte di sé o a rinunciare a ciò che gli è caro per avere solo una speranza, o un attore portato a recitare "gratis" da seduttore per lisciare la vanagloria femminile o, peggio, un giullare atto a subire scherni e derisioni dettati dalla proverbiale superbia di chi ha bisogno di sentirsi il centro del mondo.
Semplicemente, preferisco pagare per veder recitata da una bella donna consenziente la parte della cortigiana (se il compenso per detta parte sia adeguato o meno alla "fatica" della recita, e se tale recita sia più o meno dignitosa di altre o di altri mestieri, può essere giudicato da lei sola) piuttosto che dovere io recitare gratis da seduttore per altrettanto belle dame, o, peggio, far da giullare per fanciulle in vena di scherzi.
Non sono così sciocco da pretendere di avere tutte le donne ai miei piedi, ma ritengo di evitare di dover trovarmi io ai piedi di una donna, come potrebbe avvenire se fossi costretto a farmi cavalier servente in conseguenza dell'esclusione della possibilità di praticare il "sacro antichissimo culto di Venere Prostituta". Il rispetto, in ogni caso, deve essere reciproco.
Non pretendo di avere nulla in cambio di nulla. Semplicemente desidero la bellezza, e bramo di congiungermi a colei che sola è l'eccelsa, per come incarna il mio ideale estetico e per come può farmi vivere quella "favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude", ossia momenti di indicibile ebbrezza dei sensi e delle idee, in notti di lussuria e serate di eleganza all'insegna della bellezza e del piacere diffusi ad ogni aspetto della vita umana, fra cene principesche, lussi "rinascimentali", dialoghi e baci, squisitezze intellettuali ed estasi carnali. In cambio sono disposto a concedere un'utilità econimica, piuttosto che una recita da parte mia, come sarebbe preteso dalle donne "oneste".
Va bene, loro non saranno solo un buco per il nostro piacere (non l'ho mai sostenuto), ma io non sono il giullare per risollevare il loro animo nei momenti di sconforto (magari lasciandole irridere in vari modi al mio desiderio di natura per provare la loro avvenenza o sostenere la loro autostima) o l'attore per far sensibili i loro drammi sentimentali (sulla mia pelle!).
Per diversi motivi sentimentali o di interesse si può poi decidere di essere una cosa o l'altra.
Da un lato una donna può accettare (per denaro) di recitare la parte della bella cortigiana ispiratrice di sonetti e madrigali ("Qual rugiada qual pianto qual lagrime eran quelle che sparger vidi dal notturno manto e dal candido volto delle stelle") per assecondare, con la propria prorompente fisicità, con la propria parvenza ammaliatrice, con la propria incomparabile avvenenza (ma anche con la propria mai scontata intelligenza e con la propria cultura universitaria) i desideri di uomini ricchi (o di normali "borghesi" disposti a sacrificare interi stipendi per una notte di follia), concedendo momenti di indicibile ebbrezza dei sensi e delle idee, di estasi carnale e spirituale, di "paradisiaca perdizione" e di sensualità innalzata a sentimento (e quindi voluttà), in notti di lussuria e serate di eleganza all'insegna della bellezza e del piacere diffusi ad ogni aspetto della vita umana, fra cene principesche, lussi "rinascimentali", dialoghi e baci, squisitezze intellettuali ed estasi carnali.
Dall'altro lato, un uomo può ammettere (per desiderio di conquista) di ricoprire, grazie alla propria capacità di far vivere alla donna quella "favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude", la parte del seduttore per compiacere la bella donna nella sua vanagloria, mostrando l'abilità di perdere la sua mente negli imperi occulti del sogno, la brama di erudizione e di squisitezze intellettuali, la sete di cultura, la tensione all'eccellenza nel fare come nel dire ed altre infinite virtù che si esprimono soltanto con l'uso della parola, con la modulazione della voce, con il tempo dato al corteggiamento.
Tutto questo, però, rimane sotto il controllo del libero arbitrio individuale.
L'importante è che non si sia costretti nell'una o nell'altra cosa.
Così come una donna deve poter scegliere (escludiamo perché fuori tema i rapporti "sentimentali") se concedersi "gratis" per sola vanagloria o "a pagamento" anche per interesse, se svolgere un mestiere "normale" avendo la vita comune coi problemi quotidiani di gran parte dei suoi coetanei, o se preferire, in alternativa o in aggiunta, quello del meretricio con le annesse soddisfazioni economiche e le possibilità di agiatezza fra "cani, cavalli e belli arredi" (degni di una principessa rinascimentale), allo stesso modo un uomo ha il diritto di scegliere se corteggiare ed affrontare i rischi e i sacrifici, tipici delle campagne militari e caratteristici, come diceva Ovidio nei suoi perfetti esametri, dell'Ars Amandi, o se invece pagare in moneta anziché in tempo, in sacrifici o in ciò che ritiene meno dignitoso, come perdita di sincerità, recite, comportamenti "servili" o abbandono o nascondimento di una parte di sé, e cercare dunque una sacerdotessa di Venere, disposta a interpretare il suo sogno a pagamento, facendogli vivere momenti di ebbrezza dei sensi e di piacere estatico pretendendo in cambio un'utilità econimica.
Io personalmente preferisco pagare in moneta piuttosto che in sincerità, e veder recitata a pagamento una parte che la donna non ritiene indegna piuttosto che recitare io una parte gratis (giullare, o seduttore) o comunque ricoprire un ruolo (cavalier servente, anche se magari in forme moderne e anticonvenzionali) da me ritenuto poco dignitoso.
Il rapporto non mercenario non è in nulla paritetico, poiché, l’uomo ha sempre il dovere della “conquista”.




“La donna non può essere ridotta ad oggetto”, sostengono gli oppositori della prostituzione. “La prostituzione non è una riduzione ad oggetto”, ribatto io, come non è riduzione a oggetto meccanico il lavoro di un operaio, non è riduzione ad oggetto pensante il mestiere intellettuale e non è riduzione ad oggetto sportivo il mestiere di calciatore: si tratta solo dell'offerta di un servizio, come dimostrerò più volte in seguito (si può dire brutalmente anche per gli altri mestieri: anche un operaio, un intellettuale, uno sportivo, cedono momentaneamente il "controllo" delle proprie braccia, della propria mente e del proprio corpo in cambio di denaro, ma non per questo vengono definiti costretti o sfruttati: ciò che conta è il libero arbitrio esplicitato nella volontà di farlo, giacché nulla può essere contestato quando si tratta di persone adulte e consenzienti, e contestare nel caso della prostituzione significa mantenere il vecchio pregiudizio paolino sul corpo, visto come qualcosa di sacro e di "pericoloso" su cui le persone e, nello specifico, le donne, non avrebbero il diritto di pieno controllo personale e quindi, al limite, anche la possibilità di concederlo per farlo fruttare economicamente, come si farebbe normalmente per ogni altra parte di sé. In pratica, pensare le prostitute sempre come vittime, anche quando non sono costrette da nessuno e dire che "poverine senza altra scelta" equivale a non considerarle al pari delle altre persone adulte capaci, nelle varie situazioni e difficoltà di vita, di scegliere per il proprio "bene", che ovviamente viene invece deciso da qualcun altro, da chi, moralisti laici, preti sessuofobici o femministe illiberali, detiene il diritto di stabilire quale sia la retta via, quale sia la morale "sessualmente corretta"). ).
Per tutti motivi per cui una persona contraria “alla mentalità secondo cui il sesso può essere comprato” può dire “la donna non può essere vista come prostituta per soddisfare bisogni istintivi”, io ne ho altrettanti per dire “l'uomo non può essere visto come attore”, o “sono contrario alla mentalità secondo cui l'uomo deve sempre, ogniqualvolta vuole conciliarsi alla vita di natura o anche solo avere contatti col gentil sesso, recitare da seduttore o da giullare per compiacere la vanagloria femminile o per farla divertire nei momenti di sconforto”. Così come ella ritiene umiliante offrire piacere per denaro, io ho diritto a ritenere che per me è invece umiliante e degradante recitare la parte del giullare per consolare la donna nei momenti di afflizione o quella del seduttore per compiacere la sua vanagloria nei momenti di superbia. Non mi permetto però di condannare coloro che pretendono dagli uomini tale atteggiamento, né considero “poverini” quegli uomini che si prestano a tale gioco. Mi altererei se questi fossero costretti, così come mi adirerei se una prostituta venisse costretta. La stessa umiltà intellettuale mi aspetterei da lei. Evidentemente ella ha una mentalità totalitaria, e pretende i suoi valori ed il suo sentire essere assoluti. La prostituzione è un accordo fra persone adulte e consenzienti, che non riguarda nessun altro dal cliente e dalla prostituta. Non può essere giudicato dall'esterno, specie da una morale moderna e antivitale. L'istinto non ha in sé nulla di inumano o di indegno per l'uomo o per la donna, come precisiamo meglio nella [nota 4].
Quanto al discorso sulla mentalità, prostitute e clienti possono rispondere la loro essere una mentalità molto più libera e di quella di chi, considerando il desiderio naturale dell'uomo per la donna come qualcosa di brutale e di indegno di essere vissuto (anzichè il motivo più forte capace infondere negli animi degl’uomini gentili quel sentimento da cui germoglia la vita dell’arte), ne rinnegano l'espressione più immediata e schietta, ab-soluta (sciolta) dai legami interpersonali dell'apollineo e restituita alla furia primigenia del dionisiaco che precede la frammentazione in individui, e vogliono assolutamente far passare questo desiderio puro e indomito per le "forche caudine" del corteggiamento.
Possono dire di avere una mentalità molto più libera e tollerante rispetto a chi, dopo aver illuso per anni il proprio marito o amante di essere l'Unica e l'Eccelsa, al primo screzio, alla prima difficoltà, alla primo accenno di assopimento della vampata amorosa, se ne va, portandosi dietro il sogno di una vita e, sovente, con i benefici della legge, le ricchezze, i beni e la prole.
Le prostitute possono a buon diritto sostenere che la loro visione del mondo è più libera e coerente di quella capitalistico-sessuofoba di stampo angloamericano, la quale consente di vendere la totalità della persona, dall'istruzione alla concezione esistenziale, per esigenze di mercato, ma non momenti di piacere e di ebrezza sessuale.
I clienti possono replicare che la loro mentalità è più libera e schietta di quella di tanti filosofi ipocriti i quali vorrebbero stabilire ruoli assoluti “politically correct” per uomini e donne da imporre arbitrariamente a tutti. Il gaudente cercatore di prostitute non si perde in inutili dibattiti su cosa sia in assoluto un uomo o una donna, non aspira ad imporre a tutti la sua particolare visione di donna-cortigiana, né ha la pretesa di considerare questa prospettiva come assoluta. Cosa debba essere una donna, infatti, lo può stabilire solo ogni singola donna, così come cosa sia un uomo lo stabilisce solo il singolo uomo. Egli sa però che, di fatto, per lui, dalla sua persinale ma incontestabilmente sincera prospettiva, in quel particolare momento di contemplazione estatica della bellezza che solo il mistero arcano dell'eterno femminino sa creare negli occhi di chi mira, la donna è incontestabilmente un oggetto di desiderio. Non è un'imposizione della volontà su qualcuno, ma un desiderio di natura.
La ricerca della bellezza muliebre da parte dell'uomo è da sempre il motore della Vera arte. Al mondo non v’è motivo più forte che alle egregie cose. Considerare la donna come espressione di divina bellezza, meta di speculazione filosofica e oggetto di desiderio tanto nel mondo intellettivo quanto in quello sensitivo si è sempre configurato nei secoli come il motivo più forte capace infondere negli animi degl’uomini gentili quel sentimento da cui germoglia la vita dell’arte.
Come sostiene nel Piacere Andrea Sperelli “Ad altro non aspira il lauro se non a propiziare il mirto”. La Donna è l’oggetto e l’essenza prima d’ogni Vera Poesia. Nel suo sorriso perennemente rivive più di una speranza, più di una promessa, più di un piacere, più di un sogno: rivive il mito della felicità edenica, dell’innocenza primigenia, il mito dell’età dell’oro, una beltà più che terrena, “quell’aurea beltà ond’ebber ristoro unico a’ mali/ le nate a vaneggiar menti mortali”. In virtù di questo chi ricerca la bellezza nella dama non può essere criticato mai.
Ricercare la bellezza ed il piacere in un incontro a pagamento significa voler godere schiettamente le gioie terrene, essere fedeli al motto orazioano "carpe diem quam minimum credula postero" ricercare ad ogni età il piacere schietto, sciolto dal mondo dei doveri e delle responsabilità, che troppe volte avvolge e inquina come una fosca nube la purezza delle gioie terrene e transeunti. Le donne, con i loro continui riferimenti ai doveri e agli obblighi degli uomini dimenticano troppo spesso che, come disse Petrarca, "quanto piace al mondo è breve sogno". Esse, anziché criticare quanti si accompagnano a una squillo di lusso per trascorrere qualche intenso momento d'ebrietà e di oblio dalle cure quotidiane, dovrebbero rimembrare quel che Lorenzo il Magnifico, allievo di due sommi Maestri Umanisti quali Cristofaro Landino e Pico della Mirandola, scolpì nei carmi: "Com'è bella giovinezza che si fugge tuttavia chi vuol esser lieto sia del doman non v'è certezza".
Ciò non ha nulla a che spartire con una brama di possedere ed umiliare, come sostengono clericali e femministe nel loro cieco e antivitale moralismo. Volontà di umiliare è mostrata da coloro le quali suscitano ad arte il desiderio negli uomini per poi compiacersi della sua negazione ed infoltire le schiere di ammiratori, sfruttano il desiderio di natura per far recitare ai loro coetanei la parte dei seduttori, se non talvolta quella dei giullari, ad esclusivo beneficio della propria vanagloria, e dell'idea di avere un corteo di servi attorno a sé, utilizzano la propria bellezza per ridurre alla nullità la persona altrui e l'altrui volontà, trattare con sufficienza, se non con aperto disprezzo, coloro i quali tentano un qualsiasi tipi di approccio con loro, atteggiarsi come chi ha tanti ammiratori e può fare a meno di tutti, e far così sentire colui, il quale dal trasporto verso la bellezza sarebbe portato ad affinare la propria anima e il proprio intelletto, uno dei tanti, un uomo senza qualità, un banale “scocciatore”.
Volontà di possedere è fatta evidente da coloro le quali pretendono con il proprio fascino di incatenare i propri amanti, facendo loro letteralmente recitare la parte di cavalier serventi per un giorno, per un mese, o per una vita, concedendosi solo a chi è disposto ad esaudire ogni loro capriccio, materiale e spirituale, offrono piacere e tenerezza solo dopo aver ricevuto omaggi medievali ed atti di vassallaggio, danno confidenza solo a chi lascia annullarsi la personalità, i sogni ingenui, i desideri schietti per “adattarsi a loro”, concedono favori solo dietro l'offerta dell'anima, si danno solo dopo che la controparte ha promesso fedeltà eterna (la quale poi si traduce in regali, atteggiamenti servili, soddisfacimento di ogni capriccio, fidanzamento “sbilanciato”, con lei immediatamente apprezzata per la bellezza, viziata e coccolata, accettata in sé e per sé da tutti, e lui obbligato a mostrare il proprio valore, a confermarsi sempre, a confrontarsi con l'agguerrita concorrenza, a essere giudicato, a dover cambiare per necessità e ad annullarsi l'anima, e poi talvolta matrimonio, con le relative, quotidiane, violenze psicologiche e manipolazioni della personalità, con i ricatti eseguiti attraverso i sensi di colpa e, spesso, divorzio con conseguente rapina del patrimonio, dell'onore, dei figli: in una parola della vita). [nota 6]
Chi nega tutto questo, e lo taccia di esagerazione, lo fa perchè non lo ha visto dalla propria prospettiva. Nessuno ha diritto a discutere le verità personali.
Proprio in nome di queste verità molti giovani si rivolgono alle prostitute per momenti di sincerità e di piacere puro.
Vi sono momenti, come la danza, l'ascolto di un coro tragico, il furore del tifo, l'ebrezza della velocità, la tensione agonistica di una sfida sportiva, il rapimento estatico e l'attrazione fisica dinnanzi a una donna, nei quali la vita brama di uscire dalla sfera della persona per abbandonarsi ai flutti della voluttà, alle onde del desiderio, alla furia dei sensi, all'impeto dell'eroismo, a trasporre se stessa in un mondo simbolico, omerico e fantastico, ove si agisce come su un palcoscenico, si sente come i sublimi personaggi della tragedia, si palpita della medesima vita da cui sono animate le supreme creature della Grande arte. Essere costretti a ritornare nell'angusta gabbia dell'individuo da richiami alle regole che definiscono i rapporti è quantomeno limitativo. Non si può concedere che la tensione lirica alla bellezza, lo slancio eroico, eroico da Eros, come diceva Giordano Bruno, il furore del desiderio animante i lirici erotici greci, per via delle tradizioni, delle consuetudini e di altri particolari accidentali e mondani imposti dalla quotidianità divenga un altro mestiere, appunto la "gestione del rapporto" tanto cara alle signore, in aggiunta a quel mestiere di vivere del quale già il grande Pavese aveva colto la drammatica e insostenibile leggerezza.
Quanti criticano senza considerazioni approfondite il rapporto mercenario, non considerano come l’eros non possa e non debba essere visto come rapporto fra persone, fra individui liberi guidati dalla ragione e dal gusto, come rilegato al mondo razionale dell’apollineo, dunque, sottoposto al principium individuazionis, ma possa e debba invece scendere nel profondo delle verità esistenziali, nel substrato grandioso e insondabile della vita, nel regno delle bramosie e dell’istinto, nel mondo dionisiaco, ove cade il principium individuationis e non vigono più confini fra un individuo e l’altro, tra uomo e donna, fra animale e animale, fra animali e piante, ma dove la vita prorompe nella sua unità originaria e primordiale cessando di soffrire per la sua frammentazione negli individui. In momenti come questo, in regni come questo, cade la persona, intesa come maschera della vita, e ne emerge l’essenza primordiale, pura e organica: in un regno come questo le persone esistono solo in quanto attori nella grande rappresentazione scenica del dionisiaco. Il rapporto erotico non può dunque essere visto sotto una luce razionale come rapporto di "rispetto" fra individui, poiché gli individui ne sono soltanto una espressione proprio come i personaggi di un grande romanzo sono le metafore della storia e dell'animo del romanziere. Chi non coglie questo, chi continua a parlare a vanvera di rispetto e parità, rimane prigioniero della superficie del vivere, ossia dell’idolatria della ragione, la quale vede la vita frammentata negli individui autonomi e paritari, e considera ogni persona uguale all’altra come se si trattasse di scatole vuote da elencare. Una persona superficiale in questo punto, ovvero superficiale nell’istinto, sarà pericolosamente leggera in ogni questione di fondo, non penetrerà mai addentro le supreme verità esistenziali.
Il gaudente, se non altro per il fatto di aver avuto una madre, sa benissimo che la donna in sé non è fatta di sola bellezza fisica, ma sa anche che sarebbe stolto e sessuofobo rinnegare il proprio desiderio per quel fascino arcano. Come spiegato nel nostro trattato “Quo Modo Voluptas Capienda Sit”, E' la natura che l'uomo vuole primieramente nella donna, non la persona. L'apprezzamento per la persona può facilmente generarsi in seguito, ma risulta comunque legato alla dimensione individuale del regno apollineo. Ciò che invece muove l'istinto e la brama di un uomo d'intelletto è il prorompere, attraverso la bellezza della donna, di quella essenza dionisiaca, quel substrato antico e profondo, nobile e immortale della vita cupida di sé restituita alla unità primordiale antecedente la frammentazione in individui.
Quando è possibile obliarsi fra le onde della voluttà con un'accompagnatrice che, seppur a pagamento, par disposta a recitare la parte della bella cortigiana ispiratrice di sonetti e madrigali ("Qual rugiada qual pianto qual lagrime eran quelle che sparger vidi dal notturno manto e dal candido volto delle stelle") allora la vita stessa irrompe in primo piano, sciolta, seppure per pochi attimi, dalle convenzioni e dalle regole apollinee che dominano il mondo degli individui. La voluttà prorompente non è più dunque, come nell'Eros Apollineo, corollario di un rapporto fra persone, fenomeno individuale o sociale, ma veramente "cosa in sè". Il piacere che qui emerge deve adunque considerarsi puro e assoluto (da ab solutus: sciolto) perché sciolto da ogni regola e da ogni convenzione. In questo caso si ha il trionfo del dionisiaco.
Il fatto che tutto questo sia condannato, vituperato o deriso nella moderna società di massa e democratica è sintomo della bassezza e piccolezza delle espressioni filosofiche e morali di quest’ultima, non diminuzione della grandezza e nobiltà del desiderio stesso. Porsi contro questo desiderio, dannarlo o condannarlo significa porsi contro la vita stessa. Chi chiama colpa o sopraffazione tutto ciò odia la vita ed è complice del rovesciamento dei valori denunciato da Nietzsche. Citare qui il rispetto è imbecillità, poiché non vi è nessuna vera forma di rispetto senza il rispetto per i propri impulsi vitali, per i desideri primordiali, per la vera natura propria e altrui.
Per questo ho esposto la mia personalissima mentalità, la quale non vuole imporsi agli altri, ma pretende di essere rispettata. Reputo inoltre la mentalità mia e quella di altri gaudenti molto più libera, progressista e rispettosa di quella dei moralisti clericali e delle femministe le quali condannano l'essenza del nostro desiderio. La nostra “mentalità” riconosce il desiderio e, anziché dannarlo, e giudicarlo indegno di sé, lo affina, lo nobilita, lo rende degno di essere vissuto e diffuso del mondo: noi non vogliamo inibirlo, ma guidarlo, sublimarlo, accrescerlo, eternarlo nella nobile grandezza dell'arte.
Al mondo non v’è motivo più forte che infonda negli animi degl’uomini gentili quel sentimento da cui germoglia la vita dell’arte.
Tutto quello che di bello e di sublime esiste al mondo, quei sogni soavi, quell’ incantate parvenze, quelle gioie dell'anima che condensate in immagini il volgo chiama poesia, quelle felicità pure e intellettuali che suscitano l'ebbrezza inesausta dei sensi e delle idee, tutto ciò che, ultimativamente, si staglia dai gesti banali della quotidianità per elevarsi all'eterno, all'azione eroica e superba, alla sfera dell'ideale, del perfetto e dell'imperituro è stato plasmato dalla mente di uomini illustri ispirati da splendide donne, la cui visione eternamente emana divina bellezza e Meraviglia.
Per questo chi mostra di ammirare la bellezza in una dama non può essere criticato mai.
Che c'è di sbagliato nel rendere palese che si stanno ammirandole fattezze di una bella donna, con quello stesso sguardo con cui il giovane Dante seguiva Beatrice mentre “Ella sì va, sentendosi laudare,/ benignamente d'umiltà vestuta,/ e par che sia una cosa venuta/ da cielo in terra a miracol mostrare”, con quello stesso trasporto che fece dire a Guido "Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira,/ che fa tremar di chiaritate l'are/ e mena seco Amor, sì che parlare/ null'omo pote ma ciascun sospira", con quello stesso stupore che fu di Giulo quando, secondo quel capolavoro di armonia soave e di grazia tutta quattrocentesca costituito dalle “Stanze per la giostra” del Poliziano, si trova all'improvviso innanzi la bella Simonetta (“né so già io qual sia tanto mio merto,/ qual dal cel grazia, qual sì amica stella/, ch'io degno sia veder cosa sì bella“)?
Che c'è di male infatti se Ella legge negli occhi il desiderio, lo stesso desiderio che portò Ovidio, Catullo e Properzio a comporre esametri immortali, lo stesso desiderio che spinse alle gesta epiche i paladini dell'Orlando Furioso, eternati nella perfezione dell'ottava ariostesca, lo stesso desiderio che riempì di languore le Rime del Tasso “Tacciono i boschi e i fiumi,/ e 'l mar senza onda giace,/ ne le speloche i venti han tregua e pace, / e ne la notte bruna / alto silenzio fa la bianca luna: / e noi tegnamo ascose / le dolcezze amorose: / amor non parli o spiri, / sien muti i baci e muti i miei sospiri.”?
Si osa dunque oggi chiamare deviato o maniaco chi fa palpitare in sé lo stesso desiderio dei creatori delle opere immortali? O tempora, o mores, o deos!]


FINE DELLO SFOGO PERSONALE

Poi potrei (COME fanno le femmine per ciò che soggettivamente definite molesto) chiedere la condanna penale di comportamenti che mi feriscono intimamente (anche se il giudizio sulla ferita è come nel loro caso arbitrario).
Ma non voglio esagerare, mi limiterò ad emettere una

FATWA contro Veltroni e le sue femministe illiberali.

Dato che le vetero-femministe usano la demagogia, disprezzano la democrazia (la maggioranza degli italiani è favorevole alla riapertura dei bordelli) e vogliono limitare i diritti individuali di uomini e donne (prostitute) per puri motivi ideologici e non hanno rispetto alcuno delle differenti sensibilità e scelte di vita privata e sessuale e vogliono IMPORRE come assoluta la loro pseudo-sensibilità (di femministe stronze!) BISOGNEREBBE INIZIARE A LINCIARLE!

Bruciate le loro case, distruggete le loro auto, uccidete i loro figli! Mozzate loro la lingua e incenerite i loro luridi corpi!
Venga un tumore all'utero a tutte loro e alla testa a Veltroni!
Finché sono ancora numericamente non rilevanti rispetto alle altre donne devono essere eliminate! Loro e gli uomini che le sostengono (o le tollerano, ch'è uguale), indegni d'esser definiti uomini!
Sbaglia la femminista ad usare il pugno chiuso. Io, così come i nove milioni di uomini che sono impegnati nel culto di Venere Prostituta solo in Italia, non ho la mente debole e malleabile, i sensi di colpa e l'ignoranza della storia che permise alle femministe di un tempo di far passare la storiella della donna poverina, debole ed oppressa e dell'uomo oppressore che deve concedere presunt "diritti" per riparare e per espiare, storiella con la quale ottennero assurde, inique ed illiberali leggi sul divorzio (che dà solo diritti alla donna e solo doveri all'uomo), sulla violenza sessuale (che comprende anche quanto non è affatto violento, ma solo naturale, normale e anche necessario) e sulle "azioni affermative" (puri e semplici privilegi concessi a persone prive di qualità che non siano quella d'esser nate per caso femmine).

Abbiamo tutti ormai scoperto il trucco, la falsificazione operata dal femminismo sulla storia e sull'effettivo bilanciamento di poteri e sfere (al di là delle apparenze numeriche) e non abbiamo nulla di cui vergognarci. Per cui possiamo combattere con altrettanta violenza e senza remora morale alcuna.
Hanno usato per troppo tempo contro di noi la violenza psicologica, la violenza legale e la violenza culturale.
E hanno per troppo tempo preteso di essere inviolabili,
Io dico ora: contro tali stronze, VIOLENZA SEMPRE!
E gli uomini come Veltroni, che per arrivismo personale e cupidigia di vanagloria (d'essere apprezzati dalla politica "corretta") sono disposti a rinnegare ogni oggettività, ogni principio liberale e a rendere la vita degli altri uomini, di fatto, nella mente una denigrazione morale di sé e nel corpo una continua frustrazione d'ogni disio e quindi, per mente e corpo, peggiore della morte, non meritano neppure una pallottola. SGOZZATELI COME CANI!

IO FIRMO ORA QUESTA FATWA E GIURO DI NON RITIRARLA PER NESSUN MOTIVO FINCHE' L'ULTIMA FEMMINISTA PROIBIIZONISTA NON SARA' RIDOTTA AL SILENZIO ED ALLA CENERE!

P.S.
Peccato che queste stronze utilizzino il nome generico di "donne", giacché in questi giorni, donne molto più sagge, ragionevoli e mentalmente emancipate dall'ideologia (e più preparate nello specifico) si erano espresse sul tema in maniera molto più sensata, liberale, rispettosa degli uomini e delle donne coinvolti nel culto di Venere Prostituta e soprattutto dell'idea di libertà, cui hanno santamente diritto ad ispirarsi tutte le scelte di vita privata e sessuale di persone adulte e consenzienti, clienti e non, prostitute e non, prima di dover essere moralisticamente ed ideologicamente giudicate.

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