La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Çarşamba, Temmuz 11, 2007

DISCRIMINAZIONE E IPOCRISIA

Oggi il benpensante di radiodue voleva introdurre un dibattito su donne e lavoro. Ha citato qualche dato (secondo lui fondante per la discussione) e ha detto che la discriminazione contro le donne è piuttosto diffusa nel nostro paese. L'avrei ucciso per radio!
L'ipocrisia è sviluppata nel nostro paese, altro che la discriminazione!

Mai nessuno, fra gli uomini (che inizio ormai pensare essere in gran parte davvero degli imbecilli, dato quanto sostengono su questi argomenti) ha l'intelligenza (o il coraggio?) di notare come tutte le cifre e le statistiche citate (lavori part-time, media retribuzioni, quantità di donne laureate che non lavorano, scarsità di donne in certi lavori e in certe posizioni ecc.) non siano la conseguenza di una discriminazione, ma, AL CONTRARIO, l'effetto macroscopico di un PRIVILEGIO, o, meglio, dello sforzo disperato e vitale dell'uomo di compensare con la fatica, il lavoro, l'eccellenza economica ed il livello sociale un privilegio posseduto dalle donne per natura?

Le donne possiedono il privilegio di essere ammirate dal mondo, apprezzate dalle genti, accettate socialmetne e disiate da tutti al primo sguardo in sé e per sé, per la propria grazia, la propria bellezza, quando c'è (quando non c'è, supplisce comunque l'illusione del desiderio), la propria leggiadria, la propria essenza mondana dunque, senza bisogno di raggiugnere una preminenza economica o lavorativa o mostrare obbligatoriamente altre doti come devon invece far i cavalieri, i quali senza esse sono puro nulla e non hanno né stima né accettazione sociale né interesse da parte del sesso opposto (tale privilegio, sia pur naturale e presente ovunque nel mondo, è accresciuto dalla cultura galante, specialmente in Italia, ed è per questo, e solo per questo, che le disparità statistiche rilevate sono nel nostro paese maggiori che altrove).

Gli uomini (o almeno quanti fra essi non sono totalmente imbecilli e incapaci) sono chiamati ad adoperarsi attivamente (nel mondo mercantile di oggi principalmente nel lavoro producente ricchezza, un tempo nella virtù guerriera, nell'arte, nelle doti dello spirito, nella Poesia) per compensare tale privilegio, altrimenti la loro sarà una vita profondamente infelice, fatta di irrisioni, umiliazioni di ogni genere, inappagamenti fisici e mentali (con rischio, alla lunga, di ossessione), disagio da sessuali ad esistenziali e frustrazione sempiterna di ogni desio (una piccola dimostrazione di questo è contenuta nei dati stessi presentati: la differenza retributiva è del 40% nel lavoro autonomo contro il 23% in quello dipendente. A cosa può attribuire il fatto che una lavoratrice autonoma guadagni meno di un lavoratore autonomo, al datore di lavoro maschilista che non c'è? Alle discriminazioni dei dipendenti maschi che lei stessa comanda in quanto datrice di lavoro? Il fatto che nel lavoro autonomo, dove il reddito dipende fortemente dall'impegno in tempo e fatica, la differenza sia doppia rispetto a quello dipendente ove, notoriamente, lo stipendio è più "stabile" rispetto a tali fattori, è segno che gli uomini, magari loro malgrado, sentono il DOVERE di lavorare e quindi guadagnare di più, non già di discriminazione. Nel lavoro dipendente quel 23% di differenza è dato poi dalla necessità da parte dei padri di fare gli straordinari per mantenere mogli, ex-mogli o figli).
Poiché non tutti gli uomini (malgrado l'apparenza in contrario suggerita da certi "amici delle donne") sono imbecilli e incapaci, tali tentativi di compensazioni producono effetti statisticamente rilevabili (nel mondo del lavoro, in quello della cultura, in quello dell'arte e della poesia e altrove), i quali però sono reazione di equilibrio, non discriminazione, nei confronti delle donne.

Solo uno stupido può pensare che si tratti del contrario (parlando di "contropotere delle donne" derivante dall'oppressione maschile ). Essendo il potere delle donne fondato sulla natura e sugli istinti ad essa correlati, ed essendo quello degli uomini invece fondato sull'arte (intesa in senso lato come ciò che è opera delle mani dell'uomo) sulla parola, sulle costruzioni culturali, sociali e poetiche si deve concludere essere il secondo una limitazione del primo e non viceversa, giacché Costruzioni dell'intelletto umano sono successive allo stato di natura

Il desiderio è dispari.

La donna gode di un privilegio nella sfera, diciamo, erotico-sentimentale, che le deriva direttamente dalla natura. Tale posizione di privilegio (o, se vogliamo, di preminenza) diffonde i propri effetti, direttamente o indirettamente (e in maniera assolutamente indipendente dall'organizzazione sociale, la quale non può, anche volendo, vincere la natura in questo), in ogni aspetto della vita dato che, come mostra Freud, tutto ciò che desideriamo o vogliamo, consciamente o meno, deriva dal profondo degli impulsi sessuali. Di ciò non si può non tenere conto parlando di "parità", sempre che si abbia come fine una parità effettuale o, meglio, una uguale possibilità di ogni individuo di cercare la via per essere felice, o meno infelice possibile, secondo i propri personalissimi ed ingiudicabili parametri. In caso contrario significa o che si è troppo stupidi per capire la sostanza del problema oltrepassando l'apparenza o troppo perfide e false per ammettere di avere un vantaggio (molto più influente della superiore forza fisica maschile) il quale DEVE essere compensato da una società che voglia essere non dico giusta, ma almeno FUNZIONANTE (solo quanto è bilanciato, come lo è stato il mondo della tradizione, può funzionare a lungo). La terza via significa semplicemente ritenere accettabile la crudeltà della natura solo perché in questo caso va (o sembra andare) a vantaggio della donna e definire arbitrariamente la disparità naturale come "giustizia naturale" (ragionamento tipico delle ecofemministe: e sarebbe interessante la loro reazione a chi sostenesse giusto per l'uomo approfittare della brutalità fisica e delle forze naturali di coesione , ossia del branco, per schiavizzare le donne, perché è il discorso simmetrico a questo quello sostenuto da certe ecofemministe e da certe donne).
Rousseau credeva ingenuamente tale influenza delle donne (esercitata per mezzo di ciò che nell'uomo è di più profondo e di più irrazionale) un fatto positivo in quanto naturale, ma Leopardi e Schopenhauer hanno ampiamente dimostrato come alla natura poco importi dell'infelicità o della felicità dei singoli individui.

La natura suscita negli uomini una miriade di desideri, per indurli a seguire le vie da essa stabilite ed illudendoli che potranno in essi trovare la loro felicità, ma il destino di ogni oggetto di desiderio è o quello di retare perennemente irraggiungibile, per l'infinita lontananza o altezza della meta, o di deludere chi, con fatiche indicibili, lo ha raggiunto.
Dato che l'uomo obbedisce, per natura alle sue tali leggi, è condannato all'infelicità dal proprio grado di consapevolezza
L'uomo non ha come fine l'utilità riproduttiva, ma la ricerca della vita felice.

Il maggior grado di coscienza fra tutti gli esseri viventi fa sì che ami se stesso più della propria vita, ossia si ami "supremamente" (come nel dialogo di Farfarello) Per questo ricercherà sopra ogni cosa non tanto la vita, la sua conservazione e la sua propagazione, come gli altri animali, bensì la vita felice (e quando la possibilità di essa, o l'illusione di essa, sarà svanità, preferirà, unico fra tutti gli esseri viventi, la morte alla vita priva di felicità).
La ricerca sarà però sempre mossa dal desiderio, da quello stesso desiderio di cui la natura in diverse forme modi e intensità fornisce gli individui affinché perseguano i suoi fini, illusi come da una chimera.
La prima fra tutte le chimere è il desiderio dell'amore sessuale, su cui farò un excursus.

NELLA SESSUALITA' gli uomini e le donne non sono mossi dal LIBERO ARBITRIO, ma dal GENIO DELLA SPECIE.
I primi sono spinti dalla brama di bellezza e di piacere a disiare al primo sguardo il maggior numero possibile di femmine, fatalmente attratti dalle loro forme (ivi comprese appunto quelle rotonde dei seni) e dalle loro chiome, mentre le seconde sono parimenti spinte a farsi desiderare dal maggior numero possibile di maschi, in modo da poterli mettere alla prova e selezionare colui che fra tutti eccelle nelle qualità da lei volute (se fosse mossa da ugual desiderio non potrebbe selezionare efficacemente).
Tutto ciò non è voluto dalla Società, ma dalla Natura (la quale persegue i propri fini, che attendono alla conservazione, alla prosecuzione e all'evoluzione della specie e della vita e non coincidono con quelli degli individui, i quali si volgerebbero invece alla Felicità, ad un concetto diverso). La società al massimo può variare i concetti di bellezza e di eccellenza cui naturalmente donne e uomini saranno portati a desiderio e perseguimento, ma non lo schema di cui sopra, che è semplicemente NATURA e non ha nulla a che vedere neppure con l'educazione, la cultura, il gusto e l'animo individuale. I desideri di natura non cambiano per contratto sociale, né per volontà del singolo.

Non possiamo infatti scegliere chi e cosa ci deve piacere, altrimenti non si chiamerebbero passioni (dal latino "patior": subire). E' la natura che, tramite i desideri più veri e le pulsioni più profonde, ci fa bramare con tutto il nostro essere le doti a lei più utili. Non è dato sentirsi appagati nell'ambito amoroso senza seguire e soddisfare tali desìi.

Anche tutte le contro-argomentazioni fondate sul fatto che (ovviamente) uomini e donne si cerchino senza pensare alla riproduzione non hanno valore in quanto, nell'ambito sessuale, è la natura (e non certo il pensiero o il libero arbitrio), a far sì che al nostro sguardo, al nostro tatto, ai nostri sensi tutti e persino al nostro intelletto, risultino in genere desiderabili gli individui del sesso opposto con determinate caratteristiche, immancabilmente correlate alla sfera riproduttiva e utili non a noi ma alla nostra discendenza("che ci corrispondono individualmente", direbbe il filosofo di Danzica). Ad esempio:

"Un seno femminile turgido esercita un'attrattiva straordinaria sul sesso maschile perché, stando esso in rapporto diretto con le funzioni riproduttive della donna, promette nutrimento abbondante al neonato. Invece le donne eccessivamente grasse suscitano in noi repulsione: la causa è che una tale costituzione indica atrofia dell'utero: cioé sterilità; e non è la mente, ma l'istinto a saperlo".

Se una fanciulla ha la bellezza per farsi immediatamente apprezzare e disiare un fanciullo deve possedere qualcosa d'altro per allettare con la stessa rapidità la donzella, altrimenti risulta condannato ad una situazione chiaramente impari,in quanto lei è apprezzata immediatamente e a priori per quello che è (bella) mentre io sono obbligato a "fare qualcosa" (in forme moderne o convenzionali non ha importanza) nella speranza di conquista.

Non parlo delle qualità soggettive, aleatorie, o d'apprezzamento casuale ed arbitrario. E nemmeno di quelle profonde dell'animo che si scoprono soltanto con la conoscenza intima o raffinatamente intellettuale.
Discuto di quelle doti immediatamente evidenti, desiderabili ed oggettivamente apprezzabili dal mondo, in grado di conferire con certezza e rapidità uno "status" sociale, una capacità di attrarre, un'aurea di ammirazione e quasi di stupore, un valore materiale o spirituale da tutti riconosciuto, tale da poter essere "scambiato" con la bellezza, o comunque da conferire lo stesso fascino, lo stesso riconoscimento e gli stessi privilegi di essa, in modo da "pareggiare" il rapporto con la bella donna.

Chi si lamenta della natura e delle sue disuguaglianze è vano, chi spera di avere compensazioni gratis è illuso, solo chi si adopera attivamente per compensarle è saggio.
Ha senso infatti "giocare per il pareggio", e su questo ogni civiltà, così come ogni Scuola Calcistia, da sempre ha la sua strategia. Il mondo eroico ed omerico aveva la virtù guerriera, il mondo cavalleresco e cristiano la cultura, il pensiero, le belle arti, la conoscenza, il cor gentile, il mondo capitalista ha IL DENARO. Forse un futuro (utopico) proporrà finalmente il puro spirito. Il sugo della storia è però che oggi come ieri la donna ha sempre privilegio di natura d'essere apprezzata, ammirata e desiderata in sé per la bellezza. Per naturale compensazione l’uomo ha sempre potuto proporre altre doti per essere simmetricamente apprezzato, a seconda del mondo.
E' invece assurdo un mondo che programmaticamente voglia eliminare le differenze.
E' ipocrita poi un mondo che chiama svantaggio il privilegio e chiama discriminazione una scelta (dettata da diversi desideri di natura)

Quella che le sostenitrici dei "diritti delle donne" chiamano condizione di debolezza (o di discriminazione) è invece una condizione di privilegio.
Il fatto che in una coppia la donna sia in genere meno abbiente o meno produttiva di reddito (così come la constatazione statistica che le posizioni di preminenza socio-economica non siano raggiunte in genere da donne) non deriva da una debolezza, naturale o sociale, o da una discriminazione, bensì da un PRIVILEGIO di natura e da una scelta naturalmente conseguente.

La donna ha il privilegio di essere desiderata in sè e per sè, per la propria mondanità, per la propria grazia, per la propria leggiadria, non ha bisogno di imporsi nel mondo del lavoro o nella società. Un uomo invece non può essere apprezzato se non è avvolto dall'aurea si successo data soltanto dall'aver mostrato la capacità di raggiungere i propri obiettivi. Quello stesso fascino che a una donna è attribuito dalla bellezza a un uomo è donato dal successo, inteso proprio come capacità di ottenere i risultati proposti. A meno che un uomo non sia cinto dall'aureola dell'artista, la quale anche qualora immeritata, fa dire alla donna "in lui brilla la pura fiamma dell'arte alla quale mi scaldo io sola (G.d'A)" egli, come cavaliere, è obbligato a mostrare quanto vale.
Difficilmente una donna ammira un uomo esclusivamente per la bellezza, più facilmente lo apprezza se egli ha la capacità di imporre il proprio valore, anche sul campo delle battaglie economiche, dato il capitalismo imperante in questo mondo. Se nel mondo eroico ed omerico la gloria era conseguita mostrando la propria virtù sul campo di battaglia, in un mondo capitalista come quello moderno la stessa stima è raggiunta con la capacità di produrre ricchezza. Quel medesimo fascino che a una donna è donato dalla bellezza a un uomo è attribuito dal successo, inteso come capacità di ottenere i propri obiettivi. Non è assolutamente escluso che in futuro il valore di un uomo venga attribuito da altro (in un futuro mondo utopico, nel quale gli uomini, emancipati dalle occupazioni terrene e soddisfatti al contempo nel proprio desiderio di beltade e di ebbrezza e di piacere dei sensi grazie ad una sessualità emancipata, potranno dedicarsi totalmente alla creazione di opere immortali, nell'arte, nella cultura, nelle belle lettere, nella matematica, nella filosofia ed in ogni altra espressione della speculazione intellettiva o della sublimazione ideale della Bellezza e del desio per la donna, potrà essere, anziché il denaro, il puro spirito) ma rimarrà il fatto che le donne cercheranno in lui l'eccellenza e gli uomini la bellezza muliebre. Perché questo è natura.

E' naturale che le donne trovino affascinanti gli uomini migliori (ognuna nel campo che ritiene soggettivamente più importante, ovviamente, virilità, bellezza, soldi, cultura, intelligenza, cuore, cc.) mentre per l'uomo conta primieramente la bellezza e il desiderio profondo, istintuale (ma al contempo tanto soggetto ad essere elevato dall'intelletto e sublimato in pensieri, parole, versi e rime) da essa suscitato.

Dal discorso di certe femministe sembra che le donne siano più deboli, per natura o convenzione sociale, o che si dica: "ti pago di meno a parità di lavoro perché sei donna", cosa che non è. La paga, a parità di occupazione e di livello sociale, è indipendente dal sesso (e ci mancherebbe e non ho alcuna difficoltà a sostenere come chiunque neghi ciò e paghi meno una donna in quanto tale meriterebbe di vedersi chiusa l'attività in quanto violerebbe un principio cardine dello stato liberale garante dei diritti individuali). Succede invece che sovente le donne scelgano di lavorare par-time o di impegnarsi in professioni più "polleggiate", (più tranquille e piacevoli e scelte per desiderio e non soldi), o, a parità di professione, di non fare straordinari o di non sacrificare tutto per la carriera, semplicemente perché non hanno bisogno di guadagnare assolutamente tot euro al mese, come invece gli uomini, pena essere stimati delle nullità. Quando una donna vuole davvero arrivare in una certa posizione (ed in ogni campo gli esempi non mancano), vi può arrivare esattamente come un uomo (non sono certo né più stupide né più deboli né tanto meno discrimnate: anzi, hanno sempre apprezzamenti particolari!), se come un uomo vi si dedica (non vedo perché debba avere degli ostacoli, a meno che non dipinga come tali le difficoltà che incontrano normalmente gli uomini: le donne, nei rapporti, sono abituate ai privilegi della galenteria). Dire che sono più deboli (o svantaggiate, o discriminate) guardando semplicemente alla media dei profitti è errato, in quanto confonde la causa con l'effetto (effetto di un privilegio naturale: non avendo bisogno di raggiungere una posizione socio-economica elevata per essere disiata dall'altro sesso non spendono fatica inutile in tal senso, come del resto non la spenderebbe l'uomo se le donne si concedessero "liberamente"). Così come è errato supporle svantaggiate solo perché (avendo l'ammirazione degli uomini in altra sfera) in genere non raggiungono le posizioni di preminenza socio-economica (non ne hanno bisogno!). E' una questione di scelte, non di discriminazioni! E tali scelte non sono sinonimo del fatto che le donne siano discriminate, ma del fatto che sono intelligenti e optano quindi per quanto è loro più utile nei fatti più che nelle disquisizioni filosofiche, per quanto dà loro una felicità effettiva e non un appagamento meramente ideologico (come vorrebbero le femministe) Non c'entra affatto invece la (presunta) debolezza (o la discriminazione). Semplicemente la posizione economica del partner è spesso (quasi sempre, come dicono loro per la "debolezza") uno dei criteri principe di scelta da parte della donna, esattamente come per un uomo è la bellezza femminile. E semplicemente non è raggiungendo l'eccellenza nel lavoro o nel guadagno che una donna vede la possibilità di essere felice per sé, apprezzata dal mondo, desiderata dagli uomini (mentre per questi la realizzazione, in un mondo che è capitalista, non può essere altra da quella lavorativa, pena l'essere negletti dalle donne).

Talvolta la minore importanza nel pubblico compensa l'enorme peso nel privato. E non viceversa, poiché è la società che si è adattata alle leggi della natura (per bilanciarle) e mai (il che non è possibile) la natura ad aver compensato privilegio sociali.

Tutto l'equilibrio sociale si regge su queste compensazioni reciproche.

Chiunque, sia uomo o sia donna, romperà, per motivi di femminismo o di maschilismo, questo meccanismo di naturali differenze e compensazioni si assumerà la piena responsabilità di tutte le sciagure che ne potrebbero conseguire e della infelicità del genere umano (faccio sommessamente notare come io, da una mia amica allegramente definito spermatozoo pigro, non mi propongo di rompere il meccanismo, ma di difendere ad oltranza il diritto a compensare col denaro e, ovviamente, ad avere la posssibilità sociale di guadagnarlo)

Ora, se davvero (e non già formalmente) si realizzassero i propositi dei ministeri delle pari opportunità, il rapporto sarebbe SBILANCIATO (a favore della donna).

Un tal SFUMATURA sull'immondezzatio si lamentò un tempo (prendendosi una risposta corretta ma crudele da Chiara di Notte ed una spiegazione più pacata e circostanziata, anche se identica nel contenuto di fondo, da me) infatti di come, se davvero alle donne viene riconosciuta piena parità, sia possibile tollerare che esse mantengano cotesti privilegi "servili" nel corteggiamento e nella sessualità in generale, degni più del medioevo che di un'era democratica ed egalitaria. Chiunque sia nato uomo e privo di pregiudizio contro le donne, ma educato in un mondo paritario, si è proposto la questione. Chiunque però abbia anche una conoscenza storica ed un disincanto di giudizio capirà anche che tale incongruenza (o vogliam dire ingiustizia?) non possa essere "colpa" della Natura, la quale, per definizione, non può "sbagliare" nell'ordinare i desideri e le inclinazioni, bensì dell'uomo moderno, il quale, nella sua follia politicamente corretta ed egalitaria ha preteso di renedre uguale ciò che è naturalmente diverso. E' questo che crea ingiustizie, infelicità e frustrazioni, non la natura in sé. Non è dunque "sbagliato" o "da correggere" il fatto che le donne godano di un privilegio naturale nel sesso, bensì il pensiero secondo cui, con forza di legge, si deve imporre una situazione di perfetta "uguaglianza" (e quindi di falsa parità) in cui, in ogni luogo, per ogni fatto, sotto ogni aspetto, vi sia un 50% di uomini ed un 50% di donne, in barba alle differenti necessità, alle differenti doti naturali, ai differenti desideri innati, alle diverse sensibilità, alle diverse propensioni, alle diverse visioni del mondo.

Non servono (anzi, sono controproducente per chi ha volontà e intelletto) privilegi o discriimazioni per riequilibrare: serve invece la massima libertà di azione e la possibilità di far valere il merito, l'impegno, lo studio. Saranno le inclinazioni naturali e le volontà innate di compensare e lottare per essere felici a fare il resto.

Proprio perché la disparità iniziale nella sessualità è naturale, naturalmente avviene anche la compensazione, se gli individui sono lasciati liberi di agire. Un uomo che comprenda quanto svantaggio avrebbe in natura nell'amore sessuale e nelle sue possibilità di appagare la brama di bellezza e di piacere, volgerà infatti ogni sforzo del suo intelletto, ogni marchingegno della ragione, ogni creazione del suo spirito, ogni goccia della sua volontà, ogni brandello di possibilità offertagli dal caso o dalla condizione sociale per raggiungere l'eccellenza in quanto sia oggettivamente apprezzabile. In questa lotta mortale userà tutti i mezzi, fas et nefas, per primeggiare, di là dal bene e dal male (così come di là dalla morale, dalla comprensione umana e dalla pietà è il comportamento sessuale delle donne, protese a sfruttare ogni vantaggio e a colpire nei punti deboli per mezzo del loro affilato intelletto) e sarà portato ad affinare al massimo grado le proprie doti, le proprie forze e le proprie inclinazioni di natura e a crearne, con la volontà e lo studio, addirittura di nuove, a svilupparle e a renderle armi efficaci come e più della bellezza.

A questo punto non vi è più nemmeno bisogno di inscenare un corteggiamento, giacché tutto è naturale e reciproco, e soprattutto non vi è disparità di desideri, ma complementarietà (è quanto esplicitamente accade nell'escorting ed implicitamente in un incontro erotico-sentimentale fra un sultano ed una modella, ove ciascuno possiede qualcosa che l'altro desidera).

Questa è la condizione di equilibrio ideale, verso cui ogni sistema sociale evolve naturalmente, con un meccanicismo che è il motore vero e profondo dell'azione umana, dal lavoro materiale a quello intellettuale, dalla poesia alla musica, alla pittura, al commercio.

Questo è ciò verso il quale ogni uomo è spinto da un potere che non potrà mai avere uguali in alcuna forza sociale, individuale, intellettiva, morale o di autocoscienza.
E' quanto, fra le altre cose, ha permesso all'umanità di passare dalle palafitte e dalle incisioni rupestri ai palazzi rinascimentali ed al Cenacolo di Leonardo.

Ciò è sempre infatti il naturale motore di evoluzione. E la storia, come diceva Schopenhauer, è la prosecuzione della zoologia.

Io sono mosso da trasporto ingenuo e naturale verso la claritade angelica del viso, la figura alta, le chiome fluenti e lunghe, le linee scolpite le membra, dalle forme dei seni rotonde, lo slancio statuario della persona, la piattezza d'un ventre perfetto, la liscia pelle e levigata, le fattezze tutte d''un corpo dea, e ll'altre grazie che, come diceva Dante, "è bello tacere" e desidero godere carnalmente di tale bellezza che par discesa dal cielo per delizia dei sensi e per estasi dell'intelletto, nell'idea di congiungermi con la dea stessa il cui astro (Venere) rimiravo nel silenzio intento delle notti d'estate, quando sospirando guardavo con gli occhi dell'immaginazione le stesse fattezze che ora posso sfiorare, toccare, palpare..

Visto che l'interprete di tale sogno estetico (completo) mi dona un'ebbrezza inesausta di sensi e di idee, e propriamente posso definirla, per questo, sacerdotessa di Venere Citerea, giacché attraverso il corpo di lei mi congiungo con la divinità, non posso pretendere tutto ciò senza dare nulla in cambio (non posso pretendere che sia il solo piacere, dato che la forza del desiderio è dispari fra uomini e donne, e per queste l'espressione carnale è infinitamente meno rilevante). Persino i devoti antichi qualcosa sempre portavano alle sacerdotesse degli déi olimpici.

Devo poter contraccambiare dunque con qualcosa di altrettanto desiderabile, o di cui la donna ha, sensitivamente o intellettivamente, pari bisogno, o comunque che, per necessità o per brama, vuole con pari forza.

Sa tale possibilità di "compensare" non esiste, l'uomo non potrà mai appagare i propri desideri più profondi e, realisticamente, non potrà nemmanco sperare, al di fuori di casi meramente fortuiti, di ottenere le grazie corporali delle donne di cui rimira la bellezza. O, comunque, non sarebbe mai veramente desiderato o apprezzato dalla donna.

Tali doti servono sia a ottenere con la certezza di uno scambio dichiarato, sia a permettere di corteggiare con una probabilità di successo non infinitesima.

Ciò esiste anche in natura, se si pensa al pavone, o ai pesci di mille colori, che compensano con le loro creazioni "artistiche" ed immediatamente apprezzabili il desiderio naturale per la femmina.

Che esista o si voglia il corteggiamento o meno è un fatto puramente formale e dipendente dai gusti e dalle sensibilità individuali: la sostanza è lo "scambio" di doti sensitive o intellettive, utili o gradite a ciascuno, o di cui ognuni ha bisogno o brama, e che l'altro possiede ed è disposto a concedere per ottenere a sua volta. Tale meccanismo, spesso inconsapevole, è più profondo e antecedente del concetto stesso di commercio e di ragione. La prostituzione, sia quella esplicita, sia quella implicita (ossia un'unione amorosa propiziata dal desiderio di agiatezza di vita, fra "cani, cavalli e belli arredi", oppure di promozione o prestigio sociali, quando non chiaramente fama e/o ricchezza) è soltanto un aspetto di tutto ciò, la punta dell'iceberg. Le fondamenta sono in natura.

E, trattandosi di persone, non è solo questione fisiologica di "scopare", ma soprattutto psicologica di "sentirsi apprezzati".

Sono gli spermatozoi che devono correre e competere per giungere all'ovulo, non viceversa: I socialisti sono come coloro che vorrebbero mettere limiti di velocità agli spermatozoi e farli andare tutti uguale. Le femministe sono coloro che vorrebbero o fermare gli spermatozoi o far correre anche gli ovuli. Entrambi i casi sono mostruosi e innaturali e causa di infelicità per gli spermatozoi, dato che non permetterebbero di compensare il naturale vantaggio degli ovuli.

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