La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Cumartesi, Haziran 19, 2010

"Sul perchè (quasi) tutte le ragazze occidentali meriterebbero la violenza dell'oriente"
(nonostante io non sia un violentatore)


Ecco perchè la gran parte delle ragazze occidentali meriterebbe la violenza, nonostante io non sia un violentatore. Da un forum di freeforumzone estraggo qualche commento e lo crivello di colpi.








CAPITOLO I.
Ecco innanzitutto la dichiarazione della "moderatrice":

"Mary (non Sue)
domenica 18 giugno 2006 23.07
E non gli hai fatto rientrare in dentro la faccia con un calcio sul naso ai tuoi compagni di classe? Cavolo, c'è gente che ha denunciato per molestie sessuali per molto meno. Più che chiedermi con goliardia se i tuoi compagni sono maniaci o meno, io veramente li prenderei a sberle un giorno sì e l'altro pure. Ma così, per simpatia. Allo stesso modo con cui loro palpeggiano le compagne di classe.

L'ultima volta che non mi hanno chiesto il permesso per toccarmi il seno al malcapitato da abbordo di periferia gli ho morso una mano e mollato una gomitata sullo zigomo. Cioè, volevo mollargliela sullo zigomo, ma ho sbagliato mira perchè sono bassa e gli ho colpito la clavicola. Poi ovviamente sono scappata perchè se mi acchiappava mi riempiva di mazzate, io sono piccolina e posso contare solo sull'effetto sorpresa.

Odio quando mi toccano e non sono preparata spirituralmente. Anche quando mi abbracciano, è meglio che prima facciano testamento! XD Poi invece quando sono fidanzata stranamente sentono il timore e non avvicinano. Ma sti maschi....
Mary (non Sue)
domenica 18 giugno 2006 23.08
PS: Sposto la discussione in questioni serie. Secondo me non è una cosa così leggera essere palpeggiate da chicchessia senza consenso."

Dicendo questo le donne del forum dimostrano tutta la loro propensione all'ipocrisia intellettuale e alla menzogna sessuale.

E’ ovvio che ogni donna (come ogni uomo del resto) abbia diritto a scegliere autonomamente se, come, quando, con chi, perché e in che modo “accoppiarsi” e a non essere costretta da chicchessia a compiere o subire atti sessuali contro la propria volontà.
E’ ovvio che in caso di violenza oggettivamente riscontrabile nessun tipo di abbigliamento possa fungere da scusante.
Tu però pretendi di far valere le stesse risposte anche quando non si parla di un violentatore, di un uomo disinteressato al tuo consenso e intenzionato solo e soltanto a costringerti con la forza a sottostare alle sue brame, ma di un “inesperto amante” il quale, per una volta, ha male interpretato l'ambiguità femminea nel senso punito dalla legge (se si sbaglia nell'altro senso, ovvero interpretando per un no vero un negarsi soltanto apparente e in realtà volto solo ad accrescere disio, a testare interesse e a guadagnare tempo per valutare e godersi le eventuali doti che si costringe l'uomo a mostrare, si viene puniti con l'eterno disprezzo delle donne per gli uomini "pavidi" nel corteggiamento e, quindi, con la castità a vita, puttane escluse), tradito non da un irrazionale abbandono ad un impulso proprio, ma dalla socialmente diffusa pretesa femminile che l'uomo faccia sempre la prima mossa, agisca senza sapere in anticipo se il tentativo avrà successo (ovvero se sarà gradito), senza poter chiedere nulla esplicitamente e a priori (come non si chiederebbe nulla ad un avversario militare), ma dovendo tutto verificare a posteriori per prova, si muova come chi non può chiedere alla parte nemica ove gradirà l'attacco ma sia costretto a tentare la sorpresa, non fugga alle prime difficoltà e ai primi respingimenti, ma, come in guerra, continui la sua azione ad onta delle difficoltà e delle resistenze, regolandosi di volta in volta (se avanzare o ritirarsi, se insistere o lasciar perdere) in base alle reazioni (tutte da decifrare, o comunque da valutare di là dalle apparenze, esattamente come le intenzioni del nemico), non si arrenda ai primi rifiuti ma insista, resista e ritenti, decifri le parole non dette (spesso in contrasto con quelle proferite dalla voce), i segnali del corpo, i sorrisi, gli sguardi, le movenze, il fare e il non fare con la stessa attenzione (e la stessa incertezza) con cui si decifrerebbero i messaggi captati al nemico, insegua chi si fa seguire e vinca nella lotta amorosa chi lotta per essere vinta.
Dire che non esistano comportamenti ambigui da parte vostra è contro l'evidenza.
E' tanto contro l'evidenza che chiunque prenda per vere le tue parole (aspettando inviti o sì espliciti) passa le serate a discorrere con la lune e le stelle sui teneri sensi e i tristi e cari moti del cor (a meno che non vada a puttane). Gli altri passano mesi e decifrare nella maniera giusta i no detti per significare sì e viceversa.
Questa tua bugia (o, se vogliamo, perfido nascondimento di una verità naturalmente evidente) mi autorizza a supporre il tuo discorso non limitarsi affatto (come sembrerebbe ad un lettore superficiale) al sacrosanto diritto all'autodeterminazione sessuale, ma appartenere ad un’ampia strategia (in atto ormai da un decennio nell’ambito della propagande mediatica neofemminista) volta a mostrare come impura, deprecabile e barbarica qualsiasi espressione del desiderio naturale maschile (ma su questo ritornerò a proposito del “moralismo” sotto le mentite spoglie della “modernità”) e a criminalizzare de facto qualsiasi tentativo realistico di un uomo normale per ottenere le grazie femminili.
Tu usi dunque un’argomentazione ovvia (ovvero largamente accettata dal mondo civile) per sostenere una tesi tipicamente femminista angloamericana (la necessità di dimostrare un sì esplicito per non essere accusati di stupro, contraria non solo ad ogni natura e ad ogni buon senso, ma anche con la presunzione di innocenza) che tanto ovvia non è.
Le regole da te presentate con finta ingenuità come “naturali” sono invero quanto di più innaturale esista e quindi sono applicabili solo fra sconosciuti, o fra cliente e prostituta (che sempre sconosciuti sono), non certo fra amanti o fra chi si frequenta o comunque cerca di avvicinarsi alla conoscenza erotico-sentimentale dell'altro (per il quale l'avvicinamento deve avvenire naturalmente, gradatamente, in maniera implicita nelle parole, nei fatti, nelle percezioni dei momenti passati insieme, e non a colpi di improvvise richieste esplicite come si facesse domanda di ammissione ad un esame).
Se fosse valido il tuo ragionamento l’unico rapporto non a rischio di essere definito stupro sarebbe proprio quello con le prostitute (che il femminismo vorrebbe comunque vietare), perché in quel caso il passaggio di denaro mostrerebbe il motivo del consenso della donna e quindi il consenso stesso. Soprattutto, essendo chiaro il motivo del consenso ed essendo esplicite le reciproche richieste, i sì sono sì e i no no. Quando invece una donna “normale” (sia o meno amica, sia o meno più o meno conosciuta e conoscibile) dice di non volere, l’uomo non può escludere fra le ipostesi quella di una tecnica femminile volta a verificare il suo reale interesse. Non sarebbe la prima volta che un apparente diniego significa in realtà un invito non ad andarsene o a rinunciare (fatto che porterebbe la donna a disprezzare l'uomo) ma a riprovare, tentare, insistere e resistere, perchè dalla capacità di un uomo di sopportare ciò molte verificano la loro avvenenza.
Per saperlo si può soltanto provare, non si può indovinarlo a priori chiedere dichiaratamente.
Quello si fa solo con le puttane. Con le altre rovinerebbe la naturalezza del rapporto.
Un rapporto naturale prevede un graduale scivolamento fra le onde della voluttà, in cui chi fa il primo passo non può mai sapere se sarò gradito, ma deve tentare alla cieca e poi proseguire gradatamente di volta in volta verificando le reazioni di accettazione/diniego (le quali non sono quasi mai esplicite e verbali, ma quasi sempre implicite e non verbali, come sguardi, sospiri, parole non dette, carezze trattenute, respingimenti deboli, abbandoni forti) ed agendo di conseguenza. E se il solo tentativo è stupro allora tanto vale andare solo con le puttane, almeno fintantoché le "donne oneste" non accetteranno di concedersi ovunque in maniera esplicita anche senza l'atmosfera che ora pretendono (e la quale si dissolve con l'obbligo di richieste chiare in carta bollata come quelle pretese di fatto dalla legge per non cadere nell'accusa di stupro/molestia). Con le puttane si può chiedere esplicitamente e a priori cosa si può e cosa non si può fare, accordandosi sul contraccambio. Con le donne normali si deve invece seguire la natura: vi deve essere uno spontaneo scivolamento dal mondo razionale degli individui a quello dionisiaco della voluttà , senza forzature.
Per natura prima ancora che per cultura l'uomo è costretto (dalla natura e dalle donne) alla fatica della conquista, per cui non può né aspettare che la donna si faccia avanti per prima né chiedere a priori ed esplicitamente un permesso formale e scritto per questo o quello come fosse in un ufficio burocratico (giacché tal meccanicismo burocratico rovinerebbe qualsiasi naturalità dell'amore), ma deve tentare, deve agire per primo senza sapere se il suo gesto, la sua parola, il suo tentativo di contatto, saranno graditi: deve di volta in volta fare il primo passo (con il gesto, la parola e il tatto) e vedere le reazioni. E queste non sono quasi mai esplicite e dichiarate o verbali (le parole in certi momenti sono di troppo), ma quasi sempre implicite, nascoste in sguardi, sorrisi, gesti, movimenti di tacita accettazione, respingimenti finti o finte lotte di chi non vuol vincere, o addirittura, come fra gli animali, fughe di chi vuol essere seguita e "parole" e suoni che sembrano di diniego e invece invitano a insistere e vincere le resistenze. Come chiunque in guerra sia costretto a dare battaglia, l'uomo deve agire senza sapere se la propria azione avrà successo, non può l'uomo chiedere al "nemico" quale attacco gradisca, ma deve provare, rischiare, sorprendere, insistere e resistere, per scoprirlo, regolandosi poi in base alle reazioni.
Solo l'esito della prova può dirgli se procedere nell'attacco o ritirarsi. Prima del contatto (sia esso con la parola, lo sguardo, il gesto o il tocco), infatti, neppure la donna può sapere se volere o non volere, giacché certe cose si valutano per esperienza, non per speculazione: non esiste donna che non sia puttana pronta a concedersi a prescindere da tutte quelle sfumature di luci, parole, sospiri, sguardi, carezze, labbra sfiorate, frasi non dette e pensieri non mai immaginati che solo la situazione ambientale crea e nessun ragionamento aprioristico può far realmente provare. E prima di poter valutare la reazione della donna nemmeno l'uomo può essere sicuro di essere stato accettato o meno. E se lo stesso primo tentativo vale come molestia e addirittura l'errore nell'interpretare la reazione della donna come stupro, allora tutti gli uomini andranno giustamente a puttane.

E descrivendo pure (vantandotene) la violenza fisica e psicologica che vorresti esercitare (o che addirittura hai davvero esercitato) tanto su amici quanto su sconosciuti che, per esprimere il loro interesse, il loro disio, il loro apprezzamento, in maniera gioiosa, magari maldestra, ma comunque non offensiva né violenta, dimostri solo quanto sia profonda in te la perfidia (poichè l'ingenuo trasporto per la bellezza, che spinge ad allungare le mani verso la meta del proprio disio non per afferrare e costringere ma per carezzare e abbandonarsi, non contiene alcuna intenzione ostile e violenta, al contrario delle tue reazioni e poichè nessuno degli atti da te citati comporta danni fisici o psicologici paragonabili ad un'offesa verbale o ad una aggressione fisica) e quanto connaturato l'inganno (poichè cerchi di fare passare per giustificata reazione di autodifesa la tua violenza, del tutto paragonabile alla prepotenza di chi picchia qualcuno solo perchè "urtato" nella propria arbitraria sensibilità, facendo passare un approccio maldestro ma sincero e pacifico ad un'aggressione o addirittura ad un principio di stupro).

L'attuale demagogia femminista (di cui tu sei parte integrante e sostanziale) mostra sempre e solo le donne come potenziali vittime che non sanno di potersi difendere. Ma ha bisogno di difendersi chi in realtà il più delle volte (gli stupri sono infatti l'eccezione, mentre l'impunita stronzaggine sembra essere la regola) è carnefice? Dove sarebbero i danni psicologici che subirebbero le donne, sempre più longeve e meno intente al suicidio? Perchè non vengono mostrati invece i danni inferti alla mia generazione di maschi? Anoressia sessuale (dovuta proprio al doversi trattenere sempre), bisogno precoce di prostitute ecc., incapacità a relazionarsi o anche solo a concepire il sesso in maniera gioiosa e serena? Chi mi difende dalle stronze?
E smetti le di citare certi gli articoli demagogici (inseriti a forza fra le leggi di quanto un tempo fu uno stato di diritto) che rendono reato qualunque cosa non abbia oggettivamente nulla nè di violento nè di molesto ma abbia la sola colpa di esprimere disio naturale per il corpo della donna e di non essere da questa a posteriori gradito (dopo che però lo ha implicitamente indotto o addirittura socialmente preteso).
Qui si usa il paravento dello stupro per permettere a qualsiasi donna di far finire in galera qualsiasi uomo per qualcosa la cui effettiva gravità e persino la cui effettiva esistenza sono tutte da dimostrare, per concedere alle donne di definire arbitrariamente e a posteriori il confine fra lecito e illecito, con grave violazione dell'oggettività del diritto (per cui tale confine dovrebbe essere chiaro a tutti e oggettivamente stabilito a priori) e della presunzione di innocenza (se la punibilità di atti privi che passano da normalità a reato a giudizio insindacabile della presunta vittima e che non lasciano segni oggettivamente rilevabili è effettiva, significa che si è scelto di credere a priori alla parola e alla sensibilità della donna accusatrice: e del resto come ci si potrebbe discolpare da quanto, sia compiuto o meno, non lascia evidenze comunque, e come si potrebbe escludere che un comportamento per noi normale è stato percepito molesto da una sensibilità diversa e sconosciuta?)
per condannare con almeno parte di quella severità spettante al vero stupro
qualsiasi gesto, detto, toccata o addirittura sguardo non avente in sè nulla di oggettivamente né violento né di molesto, ma avente la sola "colpa" di esprimere desiderio naturale per il corpo della donna e di non essere a posteriori gradito da questa (dopo che però lo ha implicitamente indotto o addirittura socialmente preteso).
Dico socialmente preteso poiché le donne pretendono l'uomo faccia sempre la fatica della conquista o comunque compia le prime mosse mentre ella attira senza esporsi. L'uomo è costretto, se vuole sperare, a tentare, insistere, rischiare, sorprendere, senza sapere a priori se il tentativo sarà gradito o se l'insistenza verrà valutata prova dell'effettivo interesse o molestia.
Dico implicitamente indotto poiché vi è una corrispondenza nei comportamenti.
Se ella può liberamente mostrare le proprie grazie come, dove, quando e fino al punto in cui vuole e non ha limiti nel suscitare(coscientemente o meno) il desiderio dei sensi, io devo poter altrettanto liberamente guardare a piacimento quanto da lei mostrato e non avere limiti nel sognare ad occhi aperti quanto da ella (intenzionalmente o meno) suscitato.
Se ella è libera di esprimere (consciamente o meno) in ogni modo, tempo e luogo il proprio naturale istinto d'esser bella e disiata (chè questo vi è dietro il diritto a "vestirsi come le pare" o a "esprimere la propria femminilità ") e può permettersi di esagerare a piacere nell'illudere, nel suscitare disio e provocare attrazione negli astanti,
io non posso non essere parimenti libero di esprimere il mio corrispettivo istinto di disiare al primo sguardo la bellezza, inseguirla e cercare di ottenerla (almeno fino a che le espressioni di esso non mostrano né violenza né prepotenza né prevaricazione né volontà di costringere).
Non può ella avere il diritto di mostrarsi ed io il dovere di non guardare.
Non può ella poter suscitare disio (per vanità , capriccio, autostima o sadico diletto) ed io doverlo trattenere, negare, nascondere, dannare e condannare.
Non può ella poter seguire il proprio comportamento naturale ed io dover reprimere il corrispondente della mia natura.
Non può ella avere il diritto di essere disinibita ed io il dovere legale a sottopormi a mille inibizioni.
la naturalità del comportamento se concessa deve essere concessa a tutti.
Non può corrispondere al suo diritto di essere sessualmente ambigua il mio dovere di essere sessualmente corretto.
La correttezza se esiste deve esistere per tutti.
Certo, se tutte le donne fossero davvero prostitute (nel senso della chiarezza nel dichiarare cosa vogliono) il tuo ragionamento avrebbe senso...

Se proseguirà questa deriva (che tu sospingi) di leggi e costumi (nonché reazioni femminili) circa la cosiddetta “molestia sessuale” nessun uomo dabbene mai più corteggerà. Come si fa infatti a sapere a priori se un complimento, un atto, uno sguardo sarà considerato molesto o meno? Nel dubbio un uomo savio non farà assolutamente nulla. Non ci si lamenti allora se gli uomini non vogliono più corteggiare: ora alla naturale timidezza, alla razionale considerazione di non convenienza (nel dare tutto in pensieri, parole e opere per ricevere come funzione di variabile aletaoria), all'emotiva ritrosia a doversi sentire "sotto esame", al rifiuto psicologico a trovarsi nella condizione del cavalier servente pronto a tutto per un sorriso e potenzialmente vittima d'ogni tirannia, umiliazione e inganno, si aggiunge pure il pericolo del carcere, o comunque della denuncia, e dell'incolumità fisica o comunque di una reazione femminil-femminista tanto violenta da provocare, istantaneamente, nel corpo e nella psiche un dolore e una umiliazione tali da superare qualsiasi immaginabile violenza/molestia, e, potenzialmente, danni fisici e mentali permamenti e di entità non lieve.
Come si può pretendere che un uomo addirittura corteggi quando anche solo la prima naturale espressione (più o meno raffinata, più o meno poetica, più o meno esplicita a seconda delle inclinazioni, degli stili e delle conoscenze di ciascuno) del suo desiderio per le grazie femminili può essere ad esclusivo arbitrio della presunta vittima reputata un reato da accostare addirittura agli stupri (è nello stesso disegno di legge! È nella stessa sezione “questioni serie” del forum), o comunque un atto da giustificare da parte della donna la vendetta più ampia dolorosa e devastante, per il corpo e la psiche, possibile?
Questo porterà ad una uccisione sul nascere della spontaneità di ogni uomo (soprattutto se giovane) in ogni rapporto con le donne e un conseguente progressivo allontanamento di ogni uomo dotato d'intelletto dal genere femminile.
Sarà anche vero che la maggioranza delle donne non denuncerà un ammiratore (né lo prenderà a calci nei testicoli) per un complimento osè, e si limiterà a segnalare i casi davvero molesti e a regire in quelli davvero minacciosi, ma se si supponessero tutte le persone buone e giuste non servirebbe neppure la legge.
Quanto rende questa legge abominevole è il fatto di permettere a quel sottoinsieme di donne false e perfide di denunciare chicchessia per capriccio, vendetta arbitraria, ricatto, interesse o gratuito sfoggio di preminenza erotico-sociale (nel poter far finire nei guai un uomo con l'arma dell'attrazione sessuale e nell'esser creduta a priori mentre l'altra parte è tenuta a tacere e se parla reputata indegna d'ascolto e degna solo o del riso o del disprezzo)
Non sto dicendo che le donne siano tutte perfide e sadiche, sto solo esprimendo il mio sdegno per una giurisprudenza tale da permettere a chi lo sia di infierire massimamente sul primo uomo incontrato per strada. Sarebbe come una giurisprudenza che permettesse agli stupratori di infierire sulle vittime (le donne se ne lamenterebbero anche senza considerare tutti gli uomini stupratori).
Se la definizione del confine fra lecito e illecito è lasciata alla arbitraria interpretazione e alla irriproducibile (e spesso inconoscibile) sensibilità della presunta vittima, come sarà possibile anche per chi non ha fatto nulla di male dichiararsi innocente? Se una donna dichiarerà di essersi sentita molestata, come farà l'uomo accusato a sostenere il contrario, non essendo nelle sue facoltà entrare nella psiche della controparte e mostrare che non vi è stata sensazione di molestia? Che la donna menta o meno, l'uomo potrà soltanto dire di non aver avuto intenzione di molestare e di non aver compiuto nulla di oggettivamente molesto.
Se però l'oggettività del diritto è sostituita dalla soggettività femminile la condanna risulterà sistematica (poichè il reato verrà definito a posteriori e a capriccio della presunta vittima).
Bella prospettiva per uno stato di diritto.
Chiunque cammini per strada e incontri una donna rischia due anni di carcere anche senza aver intenzione di farle nulla, anche senza compiere alcuna molestia.
Avendo infatti voluto definire con tale parola anche quanto non lascia alcun segno oggettivamente riscontrabile , sarà sovente impossibile dimostrare l'esistenza o meno della molestia. E se si prosegue quanto si sta affermando in termini di violenza sessuale, si finirà per credere a priori alla donna (considerata de facto unica fonte di verità e sensibilità umane da difendere e proteggere ad ogni costo, anche a quello dello stato di diritto) pur senza testimonianze di terzi o riscontri oggettivi, e fidandosi soltanto del suo racconto "credibile" (qualcuno ha forse confermato o provato il presunto sguardo molesto costato 10 giorni di carcere ad un povero malcapitato viaggiatore?).
Ciò che davvero è molesto (così come pure ciò che davvero è violento) erano puniti anche prima. Qui si sta solo allargando la definizione ad esclusivo capriccio delle presunte future vittime. Peccato il contrario non valga per gli uomini.
Se toccare un culo costa anni di carcere e esclamare un compimento qualche mese, allora il fare le stronze, come ormai costume in ogni luogo e tempo, dalla strada alla discoteca, dalla scuola all'età adulta, suscitando ad arte il disio per poi compiacersi della sua negazione,
infliggendo, per vanitò, capriccio, interesse economico-sentimentale (autostima) o sadico diletto, tensione emotiva, irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, senso di nullità, frustrazione intima, sofferenza fisica e mentale, inappagam,ento a volte fino all'ossessione e disagio se ripetuto da sesusale ad esistenziale, dovrebbe essere punito con decenni, perchè il danno alla psiche è notevolmente maggiore.
Il fatto che gli uomini, per obbligo culturale a mostrarsi forti e cavalieri e per plagio psicologico femminista (che li dipinge come carnefici anche quando sono vittime) in genere non lo ammettano non significa non esista.

"Mary (non Sue)
lunedì 19 giugno 2006 17.49
Te almeno l'avevi baciato quindi magari un viaggio se l'era fatto (brrrrr.... ._.), uno a me mi fece ubriacare pr poi mettermi le mani addosso e mi mollai un cartone da rovesciarlo giù per una gradinata.
Perchè la gente non si rende conto che da ubriaca non divento affabile: io divento principalmente deficiente, poi se mi disturbano cattiva! XDDDDD Poi se sono "vicina al coma etilico", come mi ha detto quell'idiota del mio ex, mi viene la sbornia triste.)"
Ecco che chiaramente emergono stronzaggine e falsità di questa "Mary-Stronz". Se proprio quel tipo non ti piaceve e ti pareva viscido come un polipo, perchè hai accettato di lasciarti offrire da bere e di appartarti con lui? Significa forse che allora non ti dispiaceva affatto, o così dapprima volevi fargli credere, oppure che sei un'ingannatrice nata?
Se hai paura di quello che puoi fare o subire da ubriaca, perchè scegli di bere come una spugna? Ti costringono con l'imbuto o sei tu a voler poi scaricare sugli altri la responsabilità delle tue scelte?
Perchè poi si deve sempre dare la responsabilità solo all'uomo e assolvere sempre la donna anche quando dovrebbe essere in grado di intendere e volere? Forse che la si tratti come minorata?
Se un uomo è considerato in grado di intendere e volere anche ubriaco, e l'ubriachezza non costituisce assoluzione se violenta o comunque provoca danni al prossimo (come incidenti, risse, omicidi), allora anche il consenso dato dalla dotta ubriaca deve essere considerato valido in quanto espressione di una persona capace di intendere e volere.
E se si dice all'uomo incapace di controllarsi sotto l'effetto di alcool: "se non sei certo di te stesso e non vuoi, una volta ubriaco, rischiare di stuprare o di provocare incidenti risse e omicidi, allora non ubriacarti, o ubriacati solo in casa tua", si deve dire anche alla donna incapace di controllare la propria sessualità sotto l'effetto degli stessi alcoolici: " se non sei certa di te stessa e non vuoi, una volta ubriaca, rischiare di finire a letto con chi poi non ti piace da sobria o comunque di compiere atti sessuali di cui poi ti pentiresti, allora non ubriacarti, o ubriacati solo in casa tua".
Del resto anche all'uomo può capitare sotto i fumi dell'alcool di accettare con le donne di attuare o di subire certi comportamenti di cui di norma si vergognerebbe o da cui addirittura fuggirebbe,
di ricercare o accettare rapporti con donne che sotto l'effetto dell'alcool gli paiono belle e interessanti ma che poi una volta sobrio non riesce più a sopportare (tanto da voler tornare indietro nel tempo e rifiutare ogni rapporto con loro, tanto da sentire di essere caduto in una trappola possibile solo per la particolare situazione). Può per questo dire di essere stato stuprato?

CAPITOLO II.
Subito dopo iniziano a parlare di libertà e di discoteche, dicendone una più del diavolo.
La libertà di fare e non fare, quindi anche di vestire e svestire ha come limite quanto provoca nel prossimo. Pretendere di agire a piacimento a prescindere dalla sofferenza, dall'umiliazione e dalla frustrazione provocata nell'altro significa solo prepotenza.

"Akitsuki Yuki
domenica 25 febbraio 2007 16.54
Una dovrebbe avere il diritto di andarsene in giro vestita (o svestitas) come le pare, comunque è di poca importanza, credo che chi dà noia non è tanto il passante sconvolto da una minigonna ascellare, quanto il pervertito o lo squallido tamarro. Infatti chi più degli altri ne fà le spese sono ragazze piccole e leggere. Tanto per fare un esempio, io mi vesto come una fuggitiva di Varsavia e non sono assolutamente formosa nè provocante.
Il palpeggiamento è una schifosa mancanza di rispetto, e spesso a infastidirti sono persone di una certa età! Mi chiedo cosa ci sia nella testa di un sessantenne che infastidisce una che potrebbe essere sua nipote!"
Io mi sento a disagio anche solo quando la donna appare nel mio campo visivo ponendomi innanzi (senza io lo chieda) le proprie grazie corporali, poiché suscita un disio che non potendo essere almeno in quel caso appagato genera frustrazione.
E tale rimane il mio sentimento sia che secondo natura continui a guardare (giacché la situazione mi fa sentire un puro nulla innanzi a colei che tutto può poiché da tutti è disiata) sia che costringendomi contro natura guardi dall'altra parte (poiché comunque il disio è già stato suscitato e anche la semplice consapevolezza di esser vicini a quanto non si può raggiungere fa permanere lo stato di frustrazione).
E se la donna di turno, mentre io, mosso da ingenuo trasporto per la bellezza (che lei, e non io, ha deciso di pormi innanzi), la sto rimirando con la stessa naturalità del fiorire della primavera o del riflettersi a sera sull'acque d'argento del mare della conchiglia chiamata luna, mi guarda con malcelata sufficienza o aperto disprezzo proprio mentre la miro e proprio perchè la miro (considerando con ciò colpa o difetto la parte più profonda, vera, delicata e sincera di me e della mia natura), o addirittura, per capriccio, vanità , autostima o diletto sadico, sfrutta la situazione per infliggere ferimento intimo suscitando ad arte il disio compiacendosi poi della sua negazione, per provocarmi intenzionalmente sofferenza emotiva, irrisione al disio, frustrazione nel profondo, umiliazione pubblica o privata, inappagamento fisico e mentale, per rendermi ridicolo davanti a me stesso o agli altri qualora tenti un qualsiasi approccio, per causarmi dolore fisico o psicologico nell'attirarmi e nel respingermi, per trattarmi come uno qualunque, un banale scocciatore, dopo avermi scelto fra tanti e illuso solo per farmi patire l'inferno dopo la speranza di paradiso, per appellarmi molesto dopo avermi appositamente attratto e indotto implicitamente a farmi avanti in maniera da lei considerata magari maldestra, se insomma usa l'arma erotico sentimentale per infierire su chi psicologicamente si trova in svantaggio nei primi momenti di incontro (occasionale e breve come sentimentale e lungo) con l'altro sesso, allora mi suscita un disagio da sessuale ad esistenziale. Altro che molestie!

Ma qui si nega l'evidenza. Si pretende addirittura di affermare che se nell'intenzione (o, meglio, nella dichiarazione a parole, perchè nessuno sa cosa vi sia nella testa di una donna e comunque, dietro il dire di seguire le mode, di farsi belle per piacere a se stesse, di vestirsi o svestirsi a piacimento per sfoggio di vanità o di libertà, l'intenzione, magari inconscia, è proprio quella di mostrarsi in ogni modo, tempo e luogo belle e disiabili, per attirare quanti più maschi possibile e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute, perchè questo resta l'istinto naturale della donna anche quando, consciamente, questa pensa di non voler allacciare rapporto alcuno) della donna non vi è intento di provocare, il ferimento intimo, la tensione psicologica, l'irrisione al disio, la sofferenza di corpo e di psiche, il senso di nullità, il disagio da sessuale ad esistenziale provati dall'uomo non esistono, come se la realtà consistesse nella sola soggettività femminile, come se l'uomo non avesse diritto ad esistere ed a provare emozioni (e che direbbe se affermassi che qualora lo stupratore non si renda conto di stuprare lo stupro non esiste?)! Ma quanto è stronza aith81b (ah, beh, certo è il mio ad essere un ragionamento maschile: quando le femmine vogliono affermare come diritto la propria prepotenza sessuale, contro ogni etica ed ogni logica, qualunque affermazione moralmente e logicamente fondata è "maschilismo", la logica stessa, asessuata per definizione, diviene "maschile", il richiamo stesso all'uguaglianza e alla corrispondenza di diritti e doveri diviene "maschile")!
aith81b
lunedì 5 febbraio 2007 14.34
Re:

Scritto da: Jack Phoenix Manhwa 09/01/2007 14.35
E' questione di discrezionalità. Evitando le generalizzazioni, è vero che per molti ragazzi/uomini c'è l'ipocrisia di fondo per cui il principio della volgarità non sussista per le donne altrui o le donne sole - ma la propria debba essere "casta e pura", in pubblico.

Tuttavia, sebbene io comprenda le vostre rimostranze nei confronti del genere maschile, trovo che sia infantile provocare e poi aspettarsi che tale genere maschile non si senta provocato. Sono il primo a dire che certa gente andrebbe presa a testate, e che non è accettabile che in una società civile le donne siano viste come oggetti o che ci si permettano determinate libertà.

Ciò non toglie che, se per dimostrarsi belle o seducenti si adotta vestiario potenzialmente provocante, bene o male, il rischio di sembrare volgari è sempre latente, e dietro l'angolo (o sul bus) è probabile che ci sia un uomo che si sente legittimato a fare quello che vuole; quindi ci vuole consapevolezza di quello che si rischia.

E' un po' come decidere di riempirsi di cioccolato perché dà soddisfazione, sperando che non faccia ingrassare o che alla lunga non venga il mal di stomaco. E il diritto di rimpinzarsi di cioccolato è un diritto sacrosanto quanto quello di vestirsi come si vuole



Non per dire o per offendere, ma il fatto di avere una gonna corta o jeans attillati non sta significando che andiamo con scritto "ey sono qua molestatemi che ho voglia"!!!!
Ragionamento maschile qusto, purtroppo, significa solo che ci piace metterci certi vestiti ogni tanto e non stiamo provocando nessuno e quindi non è una scusante dire che un uomo è stato provacato da un abbigliamento eh!!"
No! Non è ammissibile che al loro diritto a suscitare disio corrisponda il nostro dovere a reprimerlo, che al loro mostrarsi debba corrispondere il nostro non guardare (troppo), che al loro esprimere liberamente il naturale istinto di sentirsi belle e disiate debba corrispondere il nostro non poter mirare (disianti), seguire (con lo sguardo e l'azione) e cercare di ottenere (come sarebbe in natura) la bellezza, esprimendone il disio in maniera gioiosa, spontanea e per nulla ostile o violenta, che al loro esagerare a piacere nel diffondere disio, nell'illudere e persino nell'irridere, nell'umiliare e nel far patire nel corpo e nella psiche debba corrispondere il nostro obbligo assoluto a non uscire di un millimetro da limiti stabiliti peraltro non in maniera chiara ed oggettiva a propri, ma, a posteriori, in maniera vaga, soggettiva e dipendente dal loro solo capriccio, che quanto provoca il minimo e presunto ferimento alla loro soggettiva sensibilità sia punito da leggi e costumi nella maniera più vasta e dolorosa possibile mentre quanto in maniera ben più profonda ferisce la nostra diversa e non già inesistente psiche sia considerato inesistente o irrilevante come gravità, normalità da sopportare da parte nostra, diritto della donna o addirittura bello di essere donna!

Quanto alla distinzione fra moralismo e morale, non è logicamente, eticamente e naturalmente ammissibile che il mondo femminile presenti sotto le spoglie di "bontà" e "purezza" il proprio comportamento naturale (e quindi di origine chiaramente animale come quello dell'uomo) consistente nel mostrarsi in ogni modo tempo e luogo belle a disiabile (inconsciamente, per attirare più maschi possibile e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute, consciamente per pura vanità, supina accettazione di mode e costumi, patologico bisogno d'autostima o gratuito sfoggio di preminenza erotica) e pretenda al contempo di far apparire "più animale" o comunque "impuro" e "malvagio" e addirittura "vergognoso e colpevole" il corrispondente comportamento naturale maschile consistente nel mirare, disiare (con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono) e cercare di ottenere la bellezza nella varietà multiforme delle creature femminine, poichè entrambi le tendenze (tanto il suscitare disio, il rifuggire e il negarsi per attirare tutti e selezionare solo chi mostra eccellenza nelle doti qualificanti la specie, quanto l'esprimere subitaneo disio e voler godere della bellezza di tutte) concorrono al fine naturale di propagazione e selezione della vita, entrambi, in quanto natura, sono di là dal bene e dal male (almeno fino a che la cattiva coscienza di chi agisce per capriccio, vanità, interesse economico sentimentale o gratuito sadismo non introduca un'intenzionale perfidia e un scientifico inganno) e nessuno dei due potrebbe esistere senza l'altro.
E cercare di dipingere come pure e giutso il proprio comportamento naturale (in questo caso monogamo, non concedersi facilmente, apparire belle e disiabili per attrarre quanti più contendenti e selezionare fra tutti chi eccelle nelle doti volute, rimanendovi poi fedele) bollando al contempo come impuro e malvagio il suo opposto complementare (in questo caso poligamo, mirare, disiare e seguire con l'intensità del tuono e la rapidità del fulmine la bellezza e cercare di ottenerla nella varietà delle forme viventi), che non solo parimenti è naturale (e quindi di là dal bene e dal male), ma che è anche assolutamente necessario, perchè senza di esso lo stesso comportamento decantato come buono non potrebbe essere agito, è la forma più grave di immoralità.
E non difenderti replicando che non avresti mai voluto dire questo: se un simile sentire non fosse stato sotteso nel tuo discorso, non ti saresti sentita autorizzata a rispondere l'otto per il diciotto (ovvero a scambiare chi, come nell'esempio provocatorio della domanda iniziale, aggredisce sconosciute nei bagni, con chi, come invece negli esempi successivi da te contestati, vuole solo passare da una conoscenza superficiale ad una intima e, per obbligo di natura e cultura, è costretto a "sondare il terreno" senza sapere a priori se il tentativo avrà successo) all'amico che ti accusa di "moralismo".
Mai definizione fu più appropriata per chi tenta di introdurre anche in italia costumi, leggi e modi di sentire nati da un puritanesimo a stelle e strisce passato dalla caccia alle streghe alle fregnacce femministe (e in virtù del quale si vorrebbero reato anche uno sguardo disioso o un complimento ardito)
Perchè anche a noi italiani si dovrebbe imporre questa visione della sessualità pc in senso puritano-femminista? Perchè dobbiamo per forza ragionare come negli usa ove qualsiasi espressione della sessualità viene vista come segno di libertà, bellezza e progresso quando è femminile e oppressione, volgarità, crimine quando è maschile? ove qualsiasi comportamento sessuale femminile viene considerato segno di emancipazione, di moda da proporre, di naturalità da esaltare, di costumi evoluti e raffinati, mentre i corrispettivi comportamenti maschili vengono condannati addirittura come reati?
Perchè la donna ha diritto a mostrare in ogni dove come e quando vuole le proprie grazie corporali e io non quello di guardare come voglio quanto è mostrato?
Perchè ella ha diritto a sfogare consciamento o meno il proprio naturale istinto di sentirsi in ogni dove bella e disiabile ed io non quello di esprimere naturalmente (nonchè pacificamente e senz'armi) il disio suscitato?
Perchè ella ha diritto ad essere sempre sessualmente ambigua ed io il dovere di essere sempre sessualmente corretto?
E chi stabilisce la correttezza? E se per capriccio, vanità, interesse o gratuito sfoggio di preminenza si bea di essere ambigua (e di giocare per sadico diletto), perchè io non posso altrettanto a capriccio risolvere l'ambiguità a modo mio? Se ha lasciato le cose nel dubbio ha anche implciitamente accettato che l'altro capisca nell'uno come nell'altro modo.
Non è accettabile che la donna possa passeggiarmi innanzi mostrando liberamente le sue fattezze e suscitando consapevolmente o meno disio ed io non possa altretanto liberamente mirare, seguire e disiare e cercare di ottenere come sarebbe in natura, o (se da umani non si ha alcuna voglia di corteggiare), semplicemente esprimere con lo sguardo, la parola e il gesto il proprio naturale apprezzamento o commentare quanto il disio fa venire alla mente.
Quanto non accetto è che quando si parla di comportamenti in un modo o l'altro legati alla sessualità alla sua illimicata licenza nell'esprimere la propria natura (nel poter suscitar disio, attirare e mostrarsi) debba corrispondere il mio obbligo (nel disiare, seguire e mirare), a reprimere, limitare, nascondere la mia natura corrispondente. Perchè poi deve valere solo la sensibilità della donna?
Anche per la mia corrispondente e non già inesistente sensibilità maschile potrebbero risultare molesti certi atteggiamenti definiti "diritto della donna" o "bel gioco dell'essere donna" da demagogia femminista e stupidità cavalleresca.

"Garrick
venerdì 23 giugno 2006 10.58
Uffsan, il problema è un altro.
Mettiamo un luogo dove succede spesso, la discoteca.
Durante la vita notturna, per il giovane decadono tutte le regole morali in vigore durante la vita normale, educazione, decoro e morale compresi.
Perciò i maschi si sentono autorizzati a fare quel che vogliono delle ragazze secondo il principio "è lì e prendo"
Ci vorrebbe una maggiore educazione alle regole ed al rispetto
Jack8321
venerdì 23 giugno 2006 11.14
Re:

Scritto da: Garrick 23/06/2006 10.58
Uffsan, il problema è un altro.
Mettiamo un luogo dove succede spesso, la discoteca.
Durante la vita notturna, per il giovane decadono tutte le regole morali in vigore durante la vita normale, educazione, decoro e morale compresi.
Perciò i maschi si sentono autorizzati a fare quel che vogliono delle ragazze secondo il principio "è lì e prendo"
Ci vorrebbe una maggiore educazione alle regole ed al rispetto



oppure importare la legge del taglione mussulmana, palpeggi una ragazza (in maniera volontaria) via la mano
§yumeko§
venerdì 23 giugno 2006 11.21
Concordo con Garrick.
Certo, il gesto è ben più grave se sfocia in molestia (e succede molto più spesso di quello che si pensa), ma il concetto di fondo non cambia: le donne non sono lì a portata di mano del primo che passa. E' una questione di rispetto, educazione e civiltà.
Perchè devo obbligare una persona a subire un contatto fisico e un apprezzamento sgraditi? Non è corretto, a maggior ragione se c'è un legame d'amicizia.
Per come sono fatta io, se un mio amico allungasse le mani mi torverei molto più a disagio rispetto alla stessa azione compiuta da un estraneo proprio perchè, al di là magari dell'imbarazzo del momento, preferirei che i miei amici pensassero prima a me e dopo al mio sedere (se proprio non possono fare a meno di pensare al mio sedere).
Alla fine si può fare un "semplice" complimento senza però esagerare.
.cleo1.
venerdì 23 giugno 2006 15.24
Spiacente, ma secondo me il palpeggiamento, da amico o da sconosciuto, è già di per sè una molestia.

Sei mio amico e mi vuoi fare un complimento? Dimmi che sono carina, che ho un bel culo se vuoi, ma tieni le mani a posto.

E non metto in dubbio che ai ragazzi potrebbe anche piacere ricevere lo stesso tipo di trattamento (ditemi pure che generalizzo...ebbene sì, lo faccio, ma in certe questioni i maschi sono tutti tacciabili di essere porci...e le eccezioni non fanno altro che confermare la regola), ma questo non toglie che qui si parli di ciò che da fastidio alle ragazze.

Con che diritto ti permetti di allungare le mani per toccare una persona (amica, estranea) solo perchè hai visto qualcosa che ti piace? Mi pare che il concetto di rispetto a certa gente debba essere ancora spiegato

Quanto poi al fatto che ad allungare le mani possa essere un amico, secondo me è anche peggio del caso degli estranei. Si suppone che un amico ti conosca, che ci tenga a te, che sappia cosa ti da noia e cosa ti fa piacere e se prova a palpeggiarti, non è più solo il fastidio dell'azione in sè...è la perdita di fiducia in qualcuno a cui tieni e che pensavi di conoscere."

No. Non è possibile che le regole continuino a sussistere per noi ma non per loro, che ogni contegno sia sciolto di fronte all'esprimersi della loro naturalità mentre ogni costrizione sociale e morale valga per la nostra!
In strada come in disco!
Parlano della libertà, ma la libertà esiste solo per le donne.
Socialmente, la donna è libera di scegliere se dedicarsi al lavoro e alla carriera o alla famiglia e alla vanità. Se vi sono statisticamente meno donne che guadagnano tanto (ma qualcuna vi é, a dimostrazione proprio di come chi davvero vuole arrivare a certe posizioni vi arrivi, se alla pari di un uomo si impegna, e come non esistano affatto "soffitti di vetro" o ostacoli costruiti apposta contro le donne) non è perché sono vittime di un complotto o le si paga di meno in quanto donne (sarebbe assurdo), ma semplicemente perché molte donne non hanno bisogno di guadagnare necessariamente tot euro al mese per essere socialmente accettate o di raggiungere una certa posizione, di forza o di prestigio, socio-economica per essere desiderate dagli uomini (e quindi appagare un profondo desiderio di natura). Per questo non avrebbe senso per molte donne sacrificare il proprio tempo, la propria sensibilità, il proprio impegno, i propri stili di vita, sull'altare della carriera lavorativa la quale sotto la specie della natura non aggiungerebbe nulla alle loro possibilità d'essere felici nella sfera erotico-sentimentale (giacché l'uomo mira esclusivamente alla bellezza o alla sua illusione).
L'uomo invece non è affatto emancipato, poichè non ha affatto quelle possibilità di scelta legate al privilegio della bellezza (o, meglio, della sua illusione), ma è costretto a lavorare per vivere, e per non risultare socialmente trasparente e negletto dalle donne deve anche avervi successo. Non può né coprirsi né scoprirsi, né essere (senza quattrini) seduttore, né mantenuto, ma deve per forza (non già per scelta) impegnare ogni sforzo d'intelletto e di mano, ogni goccia di volontà e di sudore, nel lavoro, per sperare di ottenere una posizione tale da essere immediatamente e oggettivametne guardato, ammirato, disiato dalle donne così come queste sono da lui bramate per la bellezza. L'uomo è ancora costretto ad un ruolo, e se non vi eccelle non ha certo il sorriso (sincero) del prossimo, l'ammirazione degli astanti e l'accettazione sociale al primo sguardo come le donne, né suscita in loro interesse (se non come buffone di cui farsi beffe). L'uomo, al contrario della donna, DEVE DEVE DEVE (indipendentemente dai sui gusti, dalla sua sensibilità, dai suoi valori) affermarsi nel lavoro, pena essere considerato trasparente dalla società ed essere negletto dalle donne.
Dovrebbe esistere un ministero per l'emancipazione dell'uomo.
Sessualmente, poi, alle donne viene riconosciuta la libertà di (s)vestirsi come pare loro (consciamente per moda, capriccio, vanità, interesse economico sentimentale, gratuito sfoggio di preminenza erotica, oppure inconsciamente, poichè dietro il "vestirsi all'occidentale" si cela l'istinto di natura di apparire massimamente belle e disiabili per attrarre quanti più maschi possibile e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute, presente nel profondo a prescindere dall'intenzione cosciente di conoscere uomini o ricercare con essi rapporti più o meno intimi) mostrando a piacimento le loro grazie, ma all'uomo viene fatto divieto di mirare liberamente quanto mostrato (sono stati recentemente inflitti dieci giorni di carcere ad un passeggero colpevole di aver solo guardato quanto la donna gli poneva innanzi in maniera da questa ritenuta prolungata e fastidiosa), alle donne viene concessa la libertà di esprimere (consciamente o meno) in ogni modo, tempo e luogo il proprio naturale istinto d'esser belle e disiate (chè, come detto, questo vi è dietro il diritto a "vestirsi come le pare" o a "esprimere la propria femminilità") e addirittura di esagerare a piacere nell'illudere, nel suscitare disio e provocare attrazione negli astanti, ma all'uomo non è parimenti permesso di esprimere il suo corrispettivo istinto di disiare al primo sguardo la bellezza, inseguirla e cercare di ottenerla (nemmeno, con le nuove vaghe e omnicomprensive leggi sulle molestie, se le espressioni di esso non mostrano oggettivamente nè violenza nè prepotenza nè prevaricazione nè volontà di costringere, giacchè la sola sensiblità femminile pare far giurisprudenza definendo a posteriori e secondo i propri soggettivi parametri cosa sia il reato),
le donne hanno insomma il diritto di mostrare e gli uomini il dovere di non guardare quanto mostrato, le donne il permesso di seguire il proprio comportamento naturale e l'uomo il dovere di reprimere la propria corrispondente della mia natura, le donne il diritto ad essere disinibite e l'uomo il dovere legare a sottoporsi a mille inibizioni, le donne il permesso ad essere ambigue e l'uomo il dovere a risultare "sessualmente corretto" (nel senso stabilito fuori da ogni etica, da ogni logica, da ogni natura e da ogni buon senso dal femminismo pc angloamericano).
Per le donne viene addirittura sancito (a costo di distruggere il beneficio del dubbio per chi vien accusato di violenza da una femmina almeno ad principio non certo costretta con la forza a seguirlo) il discutibile diritto ad attrarre, per capriccio, vanità, bisogno d'autostima, aumento del proprio valore economico-sentimentale o gratuito sfoggio di premiennza erotica, chiunque si trovi a tiro anche quando fin da principio non vogliono alcun rapporto con loro, a diffondere pubblicamente disio presso tutti gli astanti e tutti i perfetti sconsciuti che esse non hanno alcuna intenzione di conoscere, ma solo di ingannare, di far sentire nulli di fronte a lei, e di rendere sessualmente frustrati, e addirittura quello di dilettarsi a suscitare disio per poi compiacersi della sua negazione e di come questa, resa al massimo grado beffarda, umiliante e dolorosa da una meditata e intenzionale perfidia, possa far patire nel corpo e nella psiche del "prescelto" pene infernali dopo le promesse implicite di paradiso, provocando con tutto ciò continuamente negli uomini, in maniera assolutamente impunita dalla legge ed anzi da questa istigata, tensione emotiva, ferimento intimo, irrisione al disio, umiliazione pubblcia e privata, sofferenza nel corpo e nella psiche, inappagamento fisico e mentale degenerante alla lunga in ossessione e disagio (se ripetuto) scivolante dal sessuale all'esistenziale.
Per gli uomini che siano accusati di aver cagionato il minimo e presunto danno fisico o psicologico ad una donna valgono invece leggi draconiane pronta ad infliggere anni di carcere per una mano morta o a distruggere vite e carriere per una proposta ritenuta "volgare". Che quanto urta la particolare sensibilità femminile (atti, detti, sguardi o toccate) debba essere considerato offensivo, punito dalla legge e giustificante la vendetta più ampia, crudele, dolorosa e soggettiva da parte della donna e quanto invece ferisce (in maniera spesso assai più grave, come si può oggettivamente rilevare dal numero di suicidi cagionati da una donna o, senza arrivare agli estremi, dalla diffusione fra i maschi di problemi come l'anoressia sessuale o il precoce bisogno di prostitute) l'altrettanto particolare (e non già inesistente) sensibilità maschile (ad esempio il comportamento intriso di stronzaggine, divenuto regola nelle femmine moderne, anche quando non usano le mani, e spesso motivato da prepotenza, vanagloria, necessità di autostima o sadismo o comunque volontà di provocare sofferenza emotiva) sia trascurabile, non penalmente rilevante, appartenente alla normalità, alla tollerabilità o comunque al "diritto della donna" e non provocante in sé offesa o umiliazione (anche se è quanto l'uomo prova, di fronte a sé o agli altri, quanto sente come intima ferita nella sessualità e può provocargli traumi, blocchi psicologico e metterlo a disagio emotivo, momentaneo e poi esistenziale) è PURO ARBITRIO di questa ginecocrazia plebea.

CAPITOLO III.
Poi passano (immancabilmente) a blaterare di dignità e di donna-oggetto.
Lasciatevi dire la verità: Il comportamento dei maschi “molesti” è mosso dall'ingenuo trasporto verso la bellezza, da quel gioioso disio che spinge le fiere ad inseguire le femmine nei boschi, le primavere a fiorire, gli augelli a cantare e le stelle a scorrere nel cielo, quello di voi femmine “dignitose” solo da un senso astratto e antivitale di dignità, legato ad uno status di "intoccabilità" che avrebbe forse senso per vergini consacrate a dio, ma che in chi studia in ogni modo tempo e luogo di apparire bella e disiabile mostrando anche pubblicamente le proprie grazie e diffondendo anche consapevolmente disio negli astanti suona solo come ipocrisia femminista e femminea menzogna.

"!iris81!
mercoledì 23 agosto 2006 13.14
sentirsi un oggetto
Dopo molti tentennamenti non c'è l'ho più fatta e ho deciso di contribuire alla discussione con la mia esperienza.
Premetto che fino ad ora non ne ho mai parlat con nessuno ed era parecchio che non affrontavo più questo argomento nemmeno con me stessa e soprattutto quello che l'essere palpeggiati contro la propria volontà cercando anche di forzare le cose mi ha suscitato.
E', infatti, capitato anche a me di venir toccata contro la mia volontà ed oltre quelli che credevo i normali limiti del rispetto che pensavo ci fossero tra amici, ma anche con il proprio ragazzo (almeno fino a quando uno non si sente pronto).
Purtroppo questi episodi mi hanno lasciato dentro delle sensazioni ed una frustrazione, al di là della rabbia del momento ed addirttura del fatto fisico in se, che per certi versi non credo potrò mai del tutto cancellare!
Mi spiego meglio, quello che mi è successo, la mia scarsa maturità e rispetto per me stessa tipico dell'adolescente confusa e di scarso carattere come lo ero io ed il costante scontro con una certa mentalità che per fortuna non è di tutti, ma in quei momenti mi pareva dominate, mi hanno fatta sentire un oggetto!
Non ero una persona da rispettare, alle volte nemmeno una persona ma in quanto femmina un oggetto che i ragazzi avevano diritto di usare ed abusare a piacimento!
Un pensiero fuori dal mondo sono daccordo, ma che come una lama mi ha torturato per anni!
Si perchè dentro di me pur rifiutando questa visione distorta della realtà che mi faceva male continuavo a vedere intorno a me esempi che me lo confermavano, esempi di violenza (perchè alla fine è solo quello)nei confronti di chi è più debole giustificati da un presupposto "ordine naturale" delle cose... ordine che non stava ne in cielo ne interra visto che gli animali non se li sognano neanche certi sopprusi e decisamente non operano la violenza psicologica che invece noi uomini siamo tanto bravi ad usare!!
Parole come rispetto, dignità della persona, etc. si dissolvano come neve al sole come belle parole vuote di significato, se sei debole e non hai gli artigli per difenderti.
Certo alla fine ho compreso che nella maggior parte dei casi tutto si riduce ad un semplice gioco di forza: alle volte solo menale altre anche fisica di chi si sente insicuro e con atteggiamente aggressivi vuole dimostrare a se stesso ed agli altri di essere "forte", anzi meglio e più corretto sarebbe dire "dominate", capace cioè di importi qualcosa anche contro la tua volontà; che per loro è un gioco di potere e di affermazione, uno stupidissimo gioco che si esalta tanto più quando ad agire sono in "branco", ma che alla fin fine nasce e muore lì.
Non pensano o se ne fregano che quel gioco fa male a chi è più debole ed indifeso soprattutto a livello caratteriale ed emotivo!
Si perchè puoi anche tirar loro un calcio nelle parti basse schiaffeggiarli ed urlargli di tutto, ma se dentro sono riusciti comunque a ferirti, a farti sentire un oggetto a loro non sarà cambiato niente, al massimo ti etichettano come stxxxxa e finisce lì, ma per te è diverso anche se non lo saprà mai nessuno! "
Perchè allora io devo, in quanto maschio, essere ridotto a freddo specchio su cui provate l'avvenenza, a giullare cui irridete nel disio, ad attore dalla cui recita da seduttore compiacete la vostra vanagloria a pretendente sui cui sacrifici misurate la vostra avvenenza (in base a quanto è offerto e sofferto per voi), a cavalier servente disposto a dare e sopportare di tutto pur di avere una speranza, a mendicante alla corte dei miracoli d'amore costretto, mentre attende speranzoso la sportula, a pregare e guardare dal basso verso l'alto la madonna che con un cenno tutto può dare e tutto togliere), o addirittura a pupazzo da sollevare nell'illusione (quando serve) e gettare nella delusione (quando non serve più) con il massimo dell'irrisione, del dolore e dell'umiliazione possibili?

Se tu poni avanti l'abusata argomentazione dell'oggetto sessuale (già di per sè un'impostura, in quanto, nell'ambito dell'amore sessuale, che è natura e non idealismo. non esistono soggetto e oggetto, bensì diversi soggetti con diversi ruoli, disiati e disianti), evidentemente inventata dal nulla da parte del femminismo per far sentire in colpa gli uomini
per la loro stessa natura
in ogni momento della loro esistenza quotidiana,
ogniqualvolta guardano, pensano o si protendono verso una donna (sentirsi colpevoli con la frequenza, l'intensità e l'ineludibilità dei desideri di natura: qualcosa di tanto perfido da non poter prima essere concepito neanche dai più feroci torturatori leninisti o nazisti), allora io posso a maggior forza argomentare che ancora meno piacevole di sentirsi un oggetto sessuale (cui comunque si rivolgono un desiderio sincero e un valore reale) risulta essere trattati da freddi specchi su cui provare l'avvenenza, da pezzi di legno innanzi a cui permettersi di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi inflizione di dolore nel corpo e nella psiche, di inappagamento fisico e mentale fino all'ossessione, di disagio da sessuale ad esistenziale, con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale al suicidio), da ferri inanimati da usare senza limiti, remore nè regole come strumento di ogni "test-psicosessuale" (di cui la donna ha bisogno per "divertirsi" o per "essere sicura di aver trovato l'uomo giusto per il tipo di rapporto voluto", sia esso di una notte o di una vita, a costo di distruggere per una sera o per sempre, la vita e la psiche di tutti i candidati), di ogni "gioco di seduzione" (molto vicino allo stupro psicologico), di ogni crudeltà naturale (fatta passare per "raffinata intellettualità sessuale femminile"), in quanto comunque privi di sensibilità e di anima (le stesse femmine-femministe pronte a lamentarsi di un falso storico, ovvero della presunta negazione medievale dell'anima femminile, sono le prime a considerare privi di sensibilità gli uomini la cui diversa sensibilità osi di quando in quando non solo cantare le grazie sensitive e intellettive del femminile, ma anche guardarsi dentro e scoprire le ferite inferte per mano femminea, e come privo di anima quasi l'intero genere maschile quando non più funzionale alla donna, nonostante i poeti maschi di ieri, ma anche quei fanciulli di oggi, tanto seri nell'atto creativo del gioco quanto ingenui nel trasporto per la bellezza, e pronti molto più delle coetanee ad eternare in rime, filosofie, musiche, pitture o poemi la persona amata e disiata quanto a uccidere o morire per causa essa, sarebbero semmai testimonianza dell'esatto contrario, innanzi a chi fa del mero utilitarismo il metro di valore dell'altro sesso), o (come traspare dai vostri stessi racconti) da pupazzi (a volte parlanti, a volte muti) da sollevare nell'illusione solo per farli cadere nella delusione con il massimo possibile di sofferenza fisica e mentale, di irrisione innanzi a loro stessi e agli altri, di senso di nullità innanzi a voi e di umiliazione pubblica e privata.

Se invece vogliamo ragionare in termini più profondi e reali, dobbiamo rilevare come la donna, in quanto soggetto disiato, goda del privilegio di natura (e quindi ANCHE di cultura) di essere dal mondo apprezzata, ammirata, disiata al primo sguardo in sé e per sé, per la sua grazia, la sua leggiadria, la sua essenza mondana (quando manca la bellezza, vi supplisce l'illusione del desiderio), senza bisogno di compiere imprese (cui sono invece costretti i cavalieri i quali senza esse restano purno nulla) o di mostrare necessariamente altre doti, poiché l'uomo la desidera primieramente per la bellezza. Al contrario, poiché la donna vuole selezionare fra i tanti che la desiderano colui che "eccelle", l'uomo è costretto a mostrare un certo valore, a faticare, a competere, a raggiungere una certa posizione socio-economica o anche culturale e di prestigio, giacché il concetto di "eccellenza", trasposto nel mondo umano, non ha valenza soltanto estetica, ma si ammanta di una sfaccettata serie di significati ed implica conseguentemente per l'uomo un'altrettanto variegata serie di "imprese da compiere".
Se non vi riesce, rimane un puro nulla e non solo non ha alcuna speranza d'esser degnato d'uno sguardo dalle donne, ma risulta completamente trasparente per tutta la società (giacché non può esercitare nel mondo quell'influenza indiretta sugli uomini e sulle cose per tramite di quanto in essi è di più profondo e irrazionale, quell'influsso sui pensieri e sulle azioni che per disparità di desideri ed inclinazioni sentimentali è proprio della donna).
Per la donna la carriera è una scelta, per un uomo un obbligo. Altrimenti è infelice, non può godere di ciò di cui ha bisogno per natura e non ha né accettazione né stima del sesso opposto.

Che la donna risulti oggetto di disio non solo non è colpa dell'uomo, essendo invece pienamente naturale, al pari dei fiori che sbocciano, dell'estate che fiorisce, delle cascate che irrompono, degli amorosi usignuoli che cantano, delle fiere che inseguono la femmina nei boschi chi sa dove, o del riflettersi sull'onde costituisce neppure una una diminuzione del suo valore (o del suo "status"), bensì un suo aumento e una sua elevazione, in quanto essere posti a motore e fine dell'agire umano (desiderio significa proprio questa "voluptas cinetica") significa essere posti sopra l'umano ordinario.
Se e come mettere a frutto (materialmente o moralmente, per vanità per o interesse economico o sentimentale, o per qualunque altro motivo) questa posizione di privilegio (per non dire preminenza) naturale è pertinenza delle singole donne (le quali, almeno nella maggioranza dei casi, ben lungi dall'essere minorate mentali, hanno la capacità e il diritto a scegliere per sè cosa sia più dignitoso/vantaggioso/giusto/opportuno).
Le disparità di desideri (non solo sessuali) permettono alla donna di avere la lucidità mentale e la forza contrattuale per decidere (dentro e fuori ogni prostituzione più o meno dichiarata) da una posizione non certo di debolezza.
Che poi tutto quanto in desiderabilità e potere è dato alle donne per natura debba essere compensato in qualche modo dall'uomo (con la posizione sociale, la fama, il prestigio, il successo, la cultura,la ricchezza, il potere, il lavoro, lo studio, la fortuna o il merito individuali) appartiene alla ragione (e al desiderio di giustizia e felicità individuale): ogni uomo decide il come.

La compensazione di cui parlo è necessaria non solo perchè, nel caso peggiore, si potrebbe altrimenti essere vittime ad ogni tentativo di contatto con il mondo femminile di perfidie sessuali, inganni sentimentali e tirannie erotiche d'ogni genere, ma anche perchè se non si può offrire alla donna nulla di suo reale interesse, nulla di oggettivamente valido e immediatamente apprezzabile al pari della bellezza (perchè una bella donna dovrebbe infatti accontentarsi di quanto ha l'effimera consistenza delle parole e delle emozioni e il valore aleatorio e momentaneo di presunte doti soggettive senza effetto sul mondo?), nulla di cui ella senta lo stesso bisogno e lo stesso desiderio provato dall'uomo per la sua grazie corporali, non si può sperare di instaurare con lei alcun rapporto costruttivo (nè quello di un fugace e piacevole incontro nè quello di una vita assieme).
Ogni rapporto umano prevede un dare ed un avere e solo gli illusi e distruttori sono convinti del contrario.

Nel mondo capitalista, persa (intendo come dote conferente primato o prestigio sociali) la virtù guerriera del mondo antico e quella poetica del mondo cavalleresco medievale, il mezzo preferito per tale compensazione è ovviamente il denaro, se non altro perchè, qualunque cosa se ne pensi e qualunque sia la propria posizione di accettazione/ostilità verso la società moderna e mercantile, rappresenta attualmente l'unico valore intersoggettivamente valido e immediatamente apprezzabile al pari della bellezza, con il quale essere dunque universalmente mirate, amorosamente disiati e socialmente accettati come le donne lo sono senza sforzo per le loro grazie corporali (le doti strettamente personali e sentimentali , che si mostrano solo con il tempo dato al corteggiamento, al dialogo e all'introspezione reciproca degli animi, non compensano nulla , perchè in un rapporto già esistente sono possedute anche dalla donna , mentre in un rapporto non ancora esistente non hanno il potere di attrarre chi invece possiede doti oggettive ed evidenti a proporre o accettare un incontro non banale, ed essendo di apprezzamento arbitrario, non universale e non immediatamente evidente , non danno mai potere contrattuale , giacchè, mentre con la bellezza una donna sa di poter trovare in qualunque momento altri pretendenti, un uomo, con le sue soli particolari doti di sentimento o intelletto, può trovare un'altra amante solo sperando di incontrare un'altra donna predisposta ad apprezzare proprio quelle doti e di avere l'occasione per disvelarle con calma e spontaneità, lontano dal caos dei fugaci incontri moderni e dalla tensione da esame degli appuntamenti "mirati", in modo da essere in esse apprezzato per il meglio di sè).


CAPITOLO IV.
Successivamente vogliono scivolare sul "patetico".
".cleo1.
mercoledì 21 giugno 2006 15.37
Si in effetti è un sistema che funziona giusto se si ha a che fare con dei ragazzini.
Appena crescono un pò ci devi andare giù pesante, fisicamente intendo, perchè purtoppo le occhiate assassine scivolano via come l'acqua e con gli insulti si finisce per ritrovarsi in mezzo ad una folla di curiosi.

Posso ammettere che per difendersi dalle attenzioni troppo appiccicose di certi uomini ricorrere alle maniere forti sia più patetico che altro (patetico nel senso che nel 2006 una ragazza si ritrova ancora in certe situazioni, alla faccia della modernità, del livello culturale e quant'altro ), ma pare che sia l'unico linguaggio che capiscano."
E' patetico che una donna si senta in diritto di reagire con tale violenza quando non vi sono nè una minaccia immediata e concreta per la sua incolumità fisica nè il pericolo reale di uno stupro
ma e solo e soltato perchè si sente "toccata". Se tutte le volte in cui i maschi (spesso giovani) si sentono sessualmente "toccati" dalle femmine, e spesso in maniera assai più profonda di quanto possibile con le mani (e provocante tensione psicologica, ferimento intimo, irrisione al diso, umiliazione pubblica e privata, senso di nullità, dolore nel corpo e nella psiche, inappagamento fisico e mentale fino all'ossessione, disagio da sessuale ad esisenziale) dovessero reagire con tale veemenza dovrebbero commettere diverse violenze al giorno.

Quello di cui le ragazze si lamentano (le toccatine) non provoca né lo stesso inimmaginabile dolore fisico nè la stessa inarrivabile umiliazione psicologica (sentirsi toccate da chi comunque sinceramente apprezza ciò che tocca non è come venire colpiti con il massimo della sofferenza e dell'umiliazione concepibili nella fonte del proprio più profondo e vero disio, del proprio ingnuo trasporto per la bellezza, della parte più profonda, vera e quindi, checchè se ne dica, pura e spontanea di sè, e proprio da chi si disia e proprio perchè si disia, come l'essere messi in ridicolo davanti a sè e agli altri in quanto si ha, fisicamente ma pure, per quanto detto, psicologicamente, di più intimo e delicato, restando doloranti in quanto l'immaginario collettivo ritiene ironicamente segno di forza e di coraggio) nè lo stesso rischio di danno permanente al corpo o alla psiche.


CAPITOLO V.
CAPITOLO 5.
Non sono d'accordo, infine, con chi dice che "la ragazza è vittima ma deve stare attenta a dare confidenza a sconosciuti e ad accettare passaggi", e anzi si risolverebbe "con le donne che danno calci nelle palle a chi le molesta o chiede passaggi". Presupporre nell'uomo sempre un'indole violenta e predatrice non è affatto un buon modo di impostare il rapporto fra giovani. Vanno riconosciuti e puniti i violenti, non costrette le ragazze a divenire schive (o addirittura violente) come dovessero difendersi da belve feroci. E nemmeno vanno trattati, per colpa di una netta minoranza, tutti i ragazzi come potenziali violentatori. Il discorso della tipa che parla di "calci nella palle a chi molesta o chiede passaggi" mi ferisce nel profondo. Un conto è l'autodifesa verso chi usa le mani in maniera violenta, minacciosa o comunque chiaramente offensiva e insistente (tanto da non lasciare via d'uscita civile a chi se ne voglia andare), altro conto è inneggiare alla violenza preventiva verso chi non ha altra colpa di esprimere disio naturale per il corpo della donna, senza commettere nulla di oggettivamente nè violento nè molesto (come ad esempio, in questo caso, parlare o offrire un passaggio).
Se anche chi esprime, con il gesto, lo sguardo, la parola, l'invito, il proprio desiderio naturale per le grazie femminili,
in maniera gioiosa, spontanea, magari più o meno poetica o più o meno scontata, più o meno raffinata o più o meno banale, più o meno esplicitamente diretta o più o meno vagamente soffusa, e comunque non violenta, se chi solo ardisce di offrire gentilmente un passaggio (magari per iniziare, cosa non possibile nel caos degli incontri fugaci e moderni, un dialogo solus ad solam in cui poter mostrare doti di sentimento e intelletto per cui essere eventualmente apprezzato) a cui comunque la donna (se non è interessata o se sospetta) può dire di no senza alcuna spiacevole conseguenze, viene trattato con una tale dose di violenza fisica e psicologica e di umiliazione profonda e pubblica nel sesso (quale appunto quella dei colpi alle palle), allora come si può pretendere che i ragazzi di oggi addirittura "corteggino".
Già è difficile, per noi, in partenza vincere: la naturale timidezza personale
o il generale pessimismo per le disparità di numeri e desideri, a sfavore (almeno al principio), del proprio sesso (evidenti soprattutto a quell'età in cui sulle donne fiorisce la bellezza mentre i coetanei maschi per forza di cose non possono aver ancora conquistato una posizione sociale, prestigio, poteri o ricchezze con cui bilanciare il rapporto, né alcuna altra fra le possibile doti immediatamente evidenti ed intersoggettivamente valide con cui essere universalmente mirati, amorosamente disiati e socialmente accettati al primo sguardo come le coetanee lo sono per le grazie corporali), l'impressione di essere ridotti a freddo specchio su cui provare l'avvenenza, a pezzi di legno innanzi a cui permettersi di tutto, a giullari cui irridere nel disio, o comunque ad attore obbligato a recitare da casanova per compiacere la vanagloria femminile o a candidato ad un esame (oppresso dall'angustia, in questo caso dall'angustia del desiderio e assolutamente impossibilitato a sentirsi a proprio agio, libero, o comunque parte di un gioco divertente, come si vorrebbe nelle serate di svago) davanti a chi, dall'altra parte, può valutare con calma senza alcun obbligo (e volendo, imporre qualsiasi richiesta, sberleffo, prova più o meno psicologicamente faticosa o umiliante), il giustificato timore (motivato da come lo stile pubblicitario presenta i giovani maschi, o come bruti da punire e annichilire fisicamente e mentalmente, o come pupazzi da sollevare di volta in volta, a capriccio, nell'illusione per il solo diletto di farli cadere nella delusione con il massimo del dolore e dell'umiliazione possibili, e corroborato dall'esperienza) di essere potenziale oggetto di ogni provocazione più o meno sessuata, di ogni tensione emotiva indotta, di ogni ferimento intimo, di ogni irrisione al disio, di ogni umiliazione pubblica e privata, di ogni sofferenza del corpo e della psiche, di ogni inappagamento fisico e mentale degenerante, se reiterato, in ossessione, di ogni disagio da sessuale ad esistenziale (con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale al suicidio)!
Sentirsi trattati con malcelata sufficienza o aperto disprezzo, o addirittura (come nel caso da te prospettato) con violenza
da chi in tutta sincerità e immediatezza si mira e si desidera (con la stessa naturalità di un fiore che sboccia, di un usignuolo che canta, di una fiera che insegue la femmina nei boschi, dell'avvento della primavera, o del riflesso sull'onde del mare notturno di quella conchiglia d'argento che chiamiamo luna) proprio mentre la si guarda suspici con disio (con ingenuo abbandono verso la bellezza) e proprio perchè la si mira e la si desia, è qualcosa che ferisce tanto nel profondo la propria natura (sessuata, maschile, animata nel senso di dotata di anima) da segnare la psiche a vita e rendere impossibile per il futuro sorridere alla vita e al sesso (anche nelle banalità quotidiane) e soprattutto approcciarsi alle femmine senza vedervi potenziale fonte di perfidia sessuale, tirannia erotica, veleno sentimentale.
Poi non ci si lamenti delle insicurezze esistenziali e del precoce bisogno di prostitute dei ragazzi/uomini italiani...

Quella tipologia di ragazza d'occidente che però passa ogni limite è questa:

"!Roby92!
sabato 26 agosto 2006 14.42
Io voglio eliminare TUTTI i ragazzi del mondo...
Cosa è successo?

Mentre ero in vacanza ho conosciuto 1 ragazzo simpaticissimo, bello, dolce, intelligente, di 16 anni.

Dopo 1sett che lo conoscevo, mi ha kiesto di mettermi con lui e ha provato a baciarmi. Io gli ho detto che nn ero sicura dei miei sentimenti e che avevo bisogno di 1 pò di tempo.

Lui è stato gentilissimo e ha detto che avrebbe aspettato una mia decisione.

In tanto siamo rimasti amici e ci vedevamo quasi ogni giorno.

Poi una volta stavo tornando alla mi villa quando lo vedo parlare con degli amici. Mi avvicino per salutarlo, ma poi mi fermo perkè sento il mio nome.

Uno gli fa: "Ma ti deve piacere proprio questa Roberta se non te la sei ancora fatta..." (Ci conoscevamo da nemmeno 2 sett)

Lui: "Si è vero, ma tanto entro un paio di giorni ce la faccio...Lei fa tanto la preziosa, ma scommetto che in realtà non vede l'ora..."

Non volevo sentire altro così me ne sono andata. Con me faceva tanto il simpatico e premuroso, ed invece voleva solo portarmi a letto!!!

Ma nn finisce mica qui... La mattina dopo mi manda un mex e mi kiede di vederlo. Io dico di si perchè voglio mandarlo a fanculo.

Ci incontriamo e ci sediamo sugli scogli (Non c'era nessuno in giro).

Io gli dico che non lo voglio più vedere per quello che ho sentito, che è come gli altri ragazzi, che io nn ho intenzione di fare l'amore a 14 anni, ecc...
Lui dice che nn ci crede che nn lo voglio e praticamente mi si butta addosso e comincia a baciarmi il collo.

Cerco di scrollarmelo di dosso, ma lui continua e comincia a toccarmi il sedere.

A quel punto ho perso completamente la pazienza e gli mollato un pugno sul naso.
Lui si è leggermente alzato per il dolore e allora gli ho mollato anche un calcio nelle palle.

Me ne sono andata subito e l'ho lasciato lì piegato in due dal dolore che mi bestemmiava contro...

Che fantastike vacanze..."

Io invece eliminerei dal mondo tutte le ragazze stronze come te, a costo di dovermi riprodurre con uteri artificiali e di dover scopare con bambole-robot programmabili. Il mondo sarebbe comunque migliore e in ogni caso purificato dalla stronzaggine e dalla menzogna.
Ora ti dico io come vanno raccontati i fatti al di fuori della tua prospettiva distorta dalle menzogne femminee e dalla stronzaggine imperversanti in occidente.

Tu, sfruttando come sempre le disparità di numeri e desideri nell'amore sessuale volute dalla natura e favorevoli grandemente alle donne, hai usato l'illusione del disio (scambiata troppo spesso con la bellezza) per attirare, con (s)vestimenti, movenze, sguardi, ammiccamenti, esplicite esposizione silente di grazie o implicite parole non proferite tutti i msachi presenti attorno a te e poterti poi permettere (con calma e senza impegno) di scegliere fra tutti chi eccelle nelle doti da te pretese per un eventuale rapporto. Magari hai potuto, come spesso accade nella disgraziata Italia, ove anche fanciulle di bellezza men che mediocre sono circondate da stuoli di amici, corteggiatori, ammiratori, pronti a tutto per un sorriso, permetterti di scegliere persino un ragazzo affascinante, bello, simpatico e intelligente, pur essendo tu (con ogni probabilità) di bellezza non mai alta e di comportamento sempre altezzoso.
Lo hai indotto ad arte a farsi avanti, a sopportare la fatica psicologica del fare la prima mossa a farsi carico del dover agire senza sapere se il tentativo avrà successo (ovvero sarà gradito), senza poter chiedere alla controparte dove gradisce l'attacco, nè potendosi arrendere alle prime difficoltà (poste anzi spesso come prova del reale grado di interesse), ma dovendo, come in guerra, inventare, sorprendere, insistere (ai dinieghi) e resistere (nel tentativo) e regolandosi solo in seguito se e come proseguire o ritirarsi, intuendo le intenzioni del "nemico" dalle sue reazioni o da messaggi cifrati e captati in maniera non verbale.
Dopo aver usato gli altri come come freddi specchi su cui testare la tua avvenenza, come pezzi di legno innanzi a cui permetterti di tutto o come pupazzi da sollevare nell'illusione e lasciar cadere nella delusione con il massimo del dolore fisico e mentale e dell'umiliazione pubblica e privata possibili, hai usato lui come attore costretto a recitare da giullare cui disio ridere e da seduttore volto a compiacere la tua vanagloria, o addirittura come cavalier servente disposto ad offrire e soffrire di tutto, in pensieri, parole, opere (recite, sincerità e dignità) per la sola speranza, come mendicante alla corte dei miracoli d'amore che, in attesa della sportula, guardi e preghi dall'alto verso il basso colei dal cui sì e dal cui no dipendono il sopravvivere e lo sperare o il perire e il disperarsi, ed ogni paradiso come ogni inferno.
Lo hai costretto a passare per le forche caudine del corteggiamento (in cui, magari senza neppure accorgertene, hai poi potuto permetterti a capriccio qualsiasi inflizione di tensione psicologica o addirittura qualsiasi perfidia sessuale, qualsiasi tirannia erotica, qualsiasi avvelenamento sentimentale), a sforzarsi di intuire, attuare e indovinare ogni tua pretesa, ad attendere ed assecondare ogni tua mossa ed ogni tuo capriccio, a parlare non per comunicare (chè già sai qual sia il suo disio) ma per compiacere, ad adeguare le sue parole, i suoi pensieri, i suoi sguardi, i suoi gusti e le sue abitudini e persino i suoi desideri a quanto appare conforme alla tua anima, a mostrarsi come tu sentivi di volerlo (magari figurando o anticipando interessi non, ancora, esistenti e dissimulando o negando quelli presenti sinceri), ad agire per soddisfare solo te, a mostrarsi disiante quanto basta per farti sentire bella e disiata ma al contempo non frettoloso per non farti sentire “pressata”, ad agire come se il suo desiderio, la sua anima, la sua sensibilità non esistessero o dovessero subordinarsi ai tuoi.

Già è oltre le possibilità delle persone più sensibili quanto precede il cosiddetto corteggiamento: il dover tentare n volte con n donne diverse sapendo di dover sperimentare con ogni probabilità ogni volta l'illusione e la delusione (non si può sperare di essere accettati dalla prima la cui bellezza ci attrae). Già è al limite della sopportazione psicologica quanto accade nelle prime fasi del corteggiamento: il sentirsi riguardati con sufficienza se non con aperto disprezzo da colei verso la cui bellezza si è mossi da ingenuo trasporto, da cui si è stati esplicitamente o implicitamente attratti (o addirittura indotti ad arte a farsi avanti) e a cui ci si è sforzati di rivolgere un complimento, un invito o un gesto pensato per essere gradevole. Già è oltre la capacità di sopportazione della psiche il venire implicitamente considerati, mentre si guarda, si parla o si agisce con disio, disturbatori, molesti, impuri,
(ovvero disprezzati nella parte più delicata, profonda e vera del proprio essere proprio da chi si sta sinceramente, irresistibilmente e profondamente apprezzando) da chi si mira, mentre la si mira e proprio perché la si mira.
Si pensa dunque che quando finalmente si ha modo di mettere in luce eventuali qualità di sentimento ed intelletto apprezzabili dalla donna e si ricevono i primi segni di accettazione e si entra in un primo grado di confidenza, se non sentimentale, almeno pre-amorosa, si possa beneficiare di un allentamento della tensione psicologica tipica delle prime fasi.

Tu invece non ti sei accontentata di averlo fatto soffrire all'inizio (misurando da ciò il suo reale grado di interesse e il tuo reale grado di avvenenza), ma hai voluto proseguire a tenerlo in tensione per tutta la durata di quella condizione chiaramente impari nella quale tu sei (e ti senti) apprezzata immediatamente e a priori per quello che sei (bella, o presunta tale) mentre lui resta obbligato a "fare qualcosa" (in forme moderne o convenzionali non ha importanza) nella speranza di conquista (lo si capisce dalla stizza con cui noti che anche chi ha superato le tue prove ti abbia poi “deluso”)..
E non ti sei contentata neppure di questo: anche quando ti sei sentita “conquistata” (quando hai capito che ti piaceva veramente) hai preteso (facendo prevalere l'istinto di vanagloria e di tirannia sull'apprezzamento per l'uomo e il suo sentimento) di prolungare all'infinito (nascondendoglielo, e non concedendoti) quella situazione chiaramente dispari nella quale lui, angustiato dal desiderio, è costretto alla tensione di una prova quando vorrebbe abbandonarsi alle onde della voluttà, sa di doversi mantenere in sé, concentrare, controllare e costringere all'azione per mostrare il meglio di sé e superare le prove da te imposte proprio quando vorrebbe uscire da se stesso, farsi rapire da una bellezza divina lasciando sia lei a fare tutto, e comunque si sente come sotto esame (in ciò che dovrebbe per entrambi essere un divertimento ed un rilassamento) innanzi a te che invece puoi con calma valutare (la presenza o meno di questa o quella dote voluta), decidere (se accettare o meno questo o quell'invito da questo o quell'uomo) e divertirti (ad apprezzare questa o quella dote, a godersi o meno questa o quella scena, a vedere dove finisce questa o quella offerta, a pretendere questa o quella prova e a infliggere per diletto questa o quella situazione irridente, umiliante o psicologicamente o fisicamente dolorosa).

Con le note scuse del sentimentalismo femmineo (ben lontano dal vero sentimento, il quale conoscerebbe la pudicizia del non far pubblica professione di sé, del non gettarsi a manate, del non gridarsi al mercato, del non vendersi a staia, ed il sacrificio di non mostrarsi neanche, quando richiesto dalla necessità di mantenersi puro per il proprio ideale), prima gli hai fatto aspettare i tuoi comodi e le tue vanità, subire i tuoi capricci e le tue tirannie e poi lo hai accusato di averti ingannata solo perchè, non potendoti ancora avere, si vantava con gli amici di averti ormai conquistata.
Se anche fosse, si tratterebbe di aver ingannato un'ingannatrice nata. Chi corteggia è costretto a seguire attentamente le mosse dell'altra, deve occuparsi dei suoi capricci, prevedere i suoi desideri, parlare per compiacere, pensare a dove invitare e a cosa proporre, non essere mai banare, far ridere senza esser ridicolo e parlar di sentimento senza esser sentimentale. Deve dunque esser un attore. Deve avere un grado di concentrazione degno dell'entrata in scena, o essere, come certi grandi attori, un artista nato. Non tutti sono disposti a farlo. Non tutti lo sentono come proprio. Non tutti ritengono dignitoso farlo. Non tutti, soprattutto, vogliono sentirsi obbligati a farlo. E, quando li si obbliga, magari (e giustamente) approfittano dell'arte che sono stati costretti (fra sofferenze e frustrazioni) ad apprendere per conquistare l'una dopo l'altra le tiranne (ovvero le prime che hanno preteso di introdurre la falsificazione dell'anima e la recitazione del sentimentale nell'ars amandi, per capriccio, vanità e tirannia). Si tratterebbe di ripagare le dame con la loro stessa (falsa) moneta.
Non credo però sia questo il caso. Molto probabilmente egli era davvero invaghito delle tue grazie e bisognoso del tuo apprezzamento (fisico come sentimentale) e perduto al punto tale da aspettare i tuoi comodi e le tue vanità, di accettare ogni tuo capriccio ed ogni tua tirannia, di sopportare letteralmente di tutto da te in termini di tempo, fatica, sincerità, dignità, recite, sofferenza di corpo e psiche, frustrazione fisica e mentale. Evidentemente era in una situazione tale di debolezza di fronte a te da risultare ridicolo agli occhi di un osservatore esterno (specie di chi lo conosceva da libero). Per questo, per difendersi, almeno momentaneamente, dall'umiliazione pubblica e privata, ha dovuto atteggiarsi a conquistatore e fingere di considerarti una semplice “preda”. Tu lo hai insultato e menato solo perchè ha usato le vanteria per difendersi dalle prese in giro degli amici (giustificate dal fatto che in effetti era da te sessualmente dipendente e quindi tiranneggiato) Tu stessa però lo hai messo tu in quella situazione. Voi donne, rendendo (per i vostri interessi oligopolistici) l'appagamento del disio naturale di bellezza e piacere dei sensi quanto di più raro, difficile, faticoso, costoso (in ogni senso materiale e morale) e pure umiliante possa esistere al mondo, lo rendete anche motivo di vanto e competizione fra uomini.
E' stupido (specie perchè dà a voi immeritatamente il potere di stabilire un criterio di valore fra gli uomini) ma la causa siete sempre voi.
Il ballbusting che hai poi praticato è quanto di più grave ed ingiusto possa essere immagianto nei rapporti amorosi fra i sessi. La giustificazione dell'autodifesa non regge a un soffio. Egli non era un violentatore né un attentatore alla tua incolumità fisica (tu invece sì per la sua). Egli, mosso da ingenuo trasporto per la bellezza e avvelenato nei sentimenti dal tuo precedente comportamento seduttivo, sentiva di non poter più sorridere, respirare e vivere senza almeno la speranza di tangerti, di baciarti, di stringerti a sé, giacere con te, di confidarsi con te nei teneri sensi e nei tristi e cari moti del cor e quindi, una volta sentitosi perduto (per l'errore commesso nel corteggiamento), ha tentato il tutto per tutto come un amabile disperato. Anche se fosse stato violento, non avresti potuto reagire con la violenza. Chi agisce per incontinenza di un profondo disio di natura non può essere considerato colpevole come chi scientemente agisce per infierire su un più debole o per ingannare la controparte (come invece tu hai ampiamente dimostrato di fare).
In questo caso poi non c'era manco alcuna intenzione violenta o ostile, ma solo labbra che cercavano il contatto con la pelle agognata dell'amata, dita che cercavano la carezza sulle membra di chi avevano abbracciato nel sogno, mani che cercavano ingenuamente non di afferrare, costringere e strappare, ma solo di sfiorare e tangere l'incarnazione di un sogno inattingibile appena sfiorato nel reale e subito svanito.
La tua violenza fisica è stata il simbolo doloroso di una parimenti dolorosa violenza mentale.
Tu meriti dunque quanto segue. Immagina che lui non sia un ragazzo solo, ma il membro di un'armata occupante. Di una Armata Rossa. Ecco che i suoi commilitoni lo vogliono vendicare, chiamano il capitano, organizzano una spedizione punitiva, ti vengono a trovare a casa. Sono cento e cento. Il capitano ordina a quattro fra i più muscolosi: “tenetala ferma per mani e piedi”. E a quel punto prima lui, poi tutto il resto della compagnia sale su di te e ti monta per quella vacca puzzolente che sei. Tu a quel punto puoi scegliere fra pregare che ti sparino in testa rinunciando alla giostra o aspettare di venire violentata nel corpo e nella psiche da centinaia di uomini per una giornata. Questo è quanto meritate tu e le tue “sorelle” virtuali. Ed è quanto accadrà non appena questo timido occidente cadrà sotto i colpi virili dell'Asia non corrotta dal femminismo.
Non sono io a fare sogni violenti, sei tu ad essere stata violenta nel reale.
E poi voi donne (con qualche eccezione la quale, per citare un'altra stronzetta del forum, conferma la regola), prive come siete di forma, di regole, di limiti e di remore, avete bisogno, per essere ricondotte alla coerenza ed alla ragione, di una violenza totale-totalizzante.

CAPITOLO VI.
Ecco infine qual è il modo di (s)ragionare delle stronze abituate a sovvertire ogni diritto ed ogni ragione, ogni etica ed ogni logica! Ecco quanto mi fa concludere per la violenza come unica soluzione coerente e razionale alla “questione (stronzaggine) femminile” pur non essendo io un violentatore!
"mercoledì 26 luglio 2006 16.58

Il bello è ke poi magari se le cose vanno oltre il palpeggiamento, si dice che magari la colpa era della ragazza che indossava una mise troppo sexy. ma come si può??



Ho un'amica turca che mi ha spiegato perchè le donne musulmane indossano il velo: proprio per evitare di infiammare gli animi degli uomini.
Lei non è obbligata a metterlo, ma dice che quando ce l'ha addosso si sente "buona"...
Io le ho detto che sarebbero gli uomini che dovrebbero imparare a controllarsi, e a portare rispetto verso l'altro sesso."
E perchè io devo girando per strada essere bersaglio alla stronzaggine femminile?
Perchè io devo in ogni luogo pubblico provare frustrazione, irrisioni eal disio e senso di nullità (da sessuale ad esistenizale) per effetto di vanità, capriccio interesse economico sentimentale o gratuito sfoccio di preminenza erotica da parte dell'occidentale di turno (espressa tramite movenze, vestimenti e atteggiamenti) ?

Parlate tanto di libertà e di liberà nel sesso, ma ivi, al diritto delle donne di mostrare liberamente, nel modo che vuole e per il tempo che vuole le proprie grazie in pubblico non corrisponde, secondo voi (come sarebbe invece secondo ragione), il diritto dell'uomo di guardare altrettanto liberamente, nel modo che vuole e per il tempo che vuole, quanto da lei pubblicamente mostrato, bensì l'obbligo di non spogliare troppo con gli occhi o comunque di distogliere lo sguardo entro un certo tempo, pena la denuncia. Al diritto della donna a suscitare disio (perchè questo istinto vi è dietro le mode occidentali di svestirsi, il mito del piacere a se stesse e il diritto "a vestirci come ci pare") non corrisponde, secondo voi (come sarebbe invece secondo ragione), il diritto dell'uomo ad esprimere naturalmente (nonchè pacificamente e senz'armi) il disio suscitato, ma il dovere di reprimersi persino col pensiero e lo sguardo (pena essere incolpati anche quando il disio suscitato non è stato dall'uomo nè chiesto nè voluto?) . Al diritto della donna di sfogare, consciamento o meno il proprio naturale istinto di sentirsi in ogni dove bella e disiabile non corrisponde, secondo voi (come corrisponderebbe invece secondo ragione), il diritto dell'uomo ad esprimere con lo sguardo, la parola e il gesto il proprio naturale apprezzamento o commentare quanto il disio fa venire alla mente, ma il dovere di tacere, guardare dall'altra parte e non muovere le mani (anche una toccata involontaria può costare 18 mesi di carcere!) . Al diritto della donna di passeggiarmi innanzi (per via o, peggio, sul lavoro) mostrando liberamente le sue fattezze e suscitando consapevolmente o meno disio non corrisponde, secondo voi (come corrisponderebbe invece secondo ragione), il mio diritto ad altretanto liberamente mirare, seguire e disiare e cercare di ottenere come sarebbe in natura (ovvero gioiosamente e senza intenzioni ostili), ma il dovere a pensarci due volte se e come farmi avanti, per non rischiare l'accusa di molestia. All'illimitate licenza vostra nell'esprimere la vostra natura (nel poter suscitar disio, attirare e mostrarsi) dovrebbe corrispondere il mio obbligo (nel disiare, seguire e mirare), a reprimere, limitare, nascondere la mia natura corrispondente. Nonostante, partendo da presupposti di uguaglianza e libertà, la ragione porterebbe a considerare uguali diritti e doveri nelle libertà sessuali, e comunque a non infierire su chi si "prende qualche libertà di troppo" con l'altro sesso (almeno fino a quando non diviene oggettivamente violento, minaccioso o ostile) secondo voi si dovrebbe imporre questa visione della sessualità politicamente corretta in senso puritano-femminista. Nonostante, partendo da presupposti uguale dignità umana, la ragione porterebbe a considerare ugualmente degni i diversi comportamenti naturali femminili e maschili, bisogna per voi ragionare come negli usa ove qualsiasi espressione della sessualità viene vista come segno di libertà, bellezza e progresso quando è femminile e oppressione, volgarità, crimine quando è maschile, ove qualsiasi comportamento sessuale femminile viene considerato segno di emancipazione, di moda da proporre, di naturalità da esaltare, di costumi evoluti e raffinati, mentre i corrispettivi comportamenti maschili vengono condannati addirittura come reati.

Invece no! Io non ci sto!
Non sono io a dovermi costringere ad uno sforzo contronatura (nel non dover liberamente guardare quanto dall'altra parte liberamente mostrato, nel non dover spontaneamente e gioiosamente esprimere disio quando dall'altra parte lo si è diffuso senza limiti nè remore sugli astanti, nel dover reprimere il mio istinto a mirare, seguire, carezzare, con le parole, gli sguardi, i gesti e gli inviti, e cercare di ottenere, la bellezza quando dall'altra parte non vi sono regole nell'espressione dell'istinto femmineo a sentirsi in ogni dove belle e disiate per attirare consciamente o meno tutti) in una situazione generante comunque (riesca o meno nelle rinuncie) disagio psicologico e frustrazione fisica e mentale, ma è lei a non aver diritto a fare le stronza infinitamente e con scientificità, ad aggiungere con intenzione calcolata inganni e sofferenze a quanto già presente per natura nell'amore sessuale, a dilettarsi senza limiti nè remore nel suscitare ad arte il disio per compiacersi della sua negazione (e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche del malcapitato da una raffinata, pianificata e sessualmente sadica perfidia, possa provocare le pene dell'inferno della negazione dopo le implicite promesse del paradiso della concessione).
Non sono io a commettere chissà quale crimine nel non saper trattenere l'ingenuo trasporto per la bellezza o la spontaneità nel mostrare disio, interesse e voglia di perdermi fra le onde della voluttà o di abbandonarmi ad un rapporto erotico-sentimentale con chi, innanzi a me, suscita ad arte o secondo natura il mio disio, nel tentare magari maldestramente di carpire i suoi favori (dopo che per prima ha studiato di tutto per attirarmi ad arte, mostrandomi esplicitamente le proprie grazie o inducendomi implicitamente a farmi avanti con sguardi, parole sorrisi o movenze), nel lasciarmi andare a gesti, parole, sguardi e toccate non aventi nulla di violento od ostile, ma la sola colpa di esprimere gioiosamente disio per il corpo della donna (e di non essere da questa gradita dopo che però magari li ha implicitamente indotti o addirittura socialmente pretesi), ma è lei a compiere per prima una grave violenza psicologica quando sfrutta l'arma della bellezza (o, meglio, dell'illusione del desiderio) per infliggere tensione psicologica, ferimento intimo, irrisione al disio, senso di nullità, umiliazione pubblica e privata, dolore del corpo e della psiche, inappagamento fisico e mentale (degenerante se reiterato in ossessione) e disagio da sessuale ad esistenziale (con conseguenze variabili, quando protratto e diffuso a tutta la vita, dall'anoressia sessuale alla perdita di ogni altro interesse per la vita e di ogni residua speranza di felicità, dal precoce bisogno di prostitute ad un malessere psichico a volte celato con apparente e fanciullesca autoironia, a volte esplodente in accessi d'ira e di disperazione, dall'incapacità di approcciarsi alle ragazze o anche solo di sorridere alla vita e al sesso al possibile suicidio).

A scanso di equivoci, per chi mi vuole accusare di minacciare, giustificare o incotare lo stupro, ribadisco quanto detto in altra sede:
[quote]
Concordo con il "femmiinsmo" che ogni donna (come ogni uomo del resto) abbia diritto a scegliere autonomamente se, come, quando, con chi, perché e in che modo “accoppiarsi” e a non essere costretta da chicchessia a compiere o subire atti sessuali contro la propria volontà, ma non posso concordare con certe pretese femministe d'oltreatlantico o d'oltremanica di imporre all'uomo l'obbligo di "dimostrare di aver avuto un consenso esplicito". Per motivi probabilmente tanto di natura quanto di cultura, le donne per prime in genere pretendono che sia l'uomo a sopportare i rischi e le fatiche della cosiddetta conquista (ad agire o inscenare e indovinare quanto a loro gradito), e poichè in una sfera tanto soggettiva come quella amorosa quanto piace all'una dispiace all'altra (e prima di conoscerlo per esperienza non lo si può indovinare per speculazione) bisogna sempre tentare senza sapere a priori se il tentativo avrà successo (ovvero sarà gradito), poichè una preventiva dichiarazione, una richiesta esplitica, o comunque un rigido schematismo comportamentale fugherebbero ogni effetto sorpresa, ogni atmosfera erotica ed ogni spontaneità necessaria alla riuscita dell'amor naturale, non si possono dichiarare tutte le intenzioni, richiedere tutte le autorizzazioni, o domandare ove la controparte gradisca "l'attacco" (come non lo si potrebbe fare con il "nemico"), ma si deve procedere per tentativi regolandosi poi su come procedere o ritirarsi in base alle reazioni (a come si vienea accettati o respinti), tentando di indovinare dalle parole dette e da quelle non dette quali siano le reali intenzioni della donna, e poichè la donna pretende di sentirsi conquistata non è accettato arrendersi ai primi dinieghi, ma bisogna (come nelle battaglie) insistere, resistere e continuare nel rischio e nello sforzo, e se già il primo tentativo può essere considerato a posteriori molestia e la riuscita in quella schermaglia amorosa pretesa dalle donne per sentirsi "conquistate" (e nella quale all'uomo spetta di inseguire chi, fuggendo, vuol essere seguita e di vincere le resistenze di chi, lottando, vuole essere vinta) addirittura stupro, allora, come ha un po' animatamente sostenuto il nostro amico, si dice a tutte le "normali" grazie e arrivederci e ci si rivolge solo e soltanto alle prostitute, le cui modalità sono chiare ed esplicite, le cui pretese sono soltanto economiche e con le quali sono dunque possibili accordi razionali, consensuali e noti a tutti a priori su cosa fare e non fare, senza inganni, ferimenti o fraintendimenti.
Non si è mai visto nessuno avere successo con donne che non siano prostitute dichiarate semplicemente chiedendo in maniera esplicita all’oggetto del suo disio di poter godere delle sue grazie corporali. Chi facesse così potrebbe suscitare solo o ilarità o sdegno, se non altro per il fatto di voler imporre un meccanicismo da stato burocratico nell’atto più naturale della vita. Obbligare (con la minaccia di pesanti pene detentive) un uomo a richiedere sì espliciti dalle donne significa dunque nella realtà dei fatti imporgli la castità a vita (sex-workers a parte).
Concordo con il "femminismo" che non possano l'iniziale assenso, l'abbigliamento discinto e il comportamento disinibito costituire giustificazione per la violenza, ma prima pretendo che la gravità e la realtà violenza siano state, nei singoli casi concreti, oggettivamente dimostrate e non basate sul soggettivo sentire della donna e sulla sua parola accusatrice priva di riscontri come prove mediche o indizi e testimonianze di lotta, resistenza e tentativi di fuga. Non vi dovrebbe essere neanche bisogno, quando non vi siano riscontri scientifici della violenza, per un uomo di citare a propria difesa consenso iniziale, abbigliamento e comportamento.
Quando invece questo ancora accade? Nei casi in cui una donna sollecita per prima l'incontro, si veste come per far colpo, non si ribella agli approcci dell'uomo, ma anzi li incoraggia, e poi, quando questo si fa avanti, non lo respinge con risolutezza, non gli fa chiaramente capire di non volere, non chiama aiuto, non cerca di fuggire e poi, per un qualsisi motivo (per un litigio successivo, per capriccio, vendetta arbitraria, ricatto, interesse o gratuito sfoggio di preminenza sociale nell'essere creduta a priori mentre l'altra campana è tenuta a tacere, diletto sadico, rancore verso gli uomini, paura di svelare un tradimento, o semplice timore di apparire "leggera" per aver accettato un rapporto temuto compromettente per uno stupido concetto di "rispettabilità" o per vari motivi economico-sentimentali) denuncia di esservi stata costretta.
In uno stato di diritto dotato di presunzione di innocenza dovrebbe essere la donna a dimostrare di aver subito violenza, non l'uomo a provare a convincere della consensualità del rapporto (essendo reato la mancanza di consenso al rapporto, non già, come nel medievo talebano, il rapporto stesso). E se non vi è alcun riscontro oggettivo (nè un referto medico, nè testimonianze di tentativi di fuga o di lotta disperata) elementi quali il comportamento disinibito, l'abbigliamento discinto e soprattutto l'iniziale accettazione o proposta dell'invito dovrebbero rendere più probabile l'ipotesi della consensualità che non quella della costrizione (o perlomeno non far apparire quest'ultima come certezza tale da portare alla condanna).
Invece, pur di sostenere il diritto (generico e per me pure moralmente dubbio) della donna a permettersi davanti all'uomo qualunque provocazione, qualunque inganno, qualunque perfidia o comunque qualunque ambiguità , senza doverne affrontare le conseguenze poichè protetta da uno status di "dama intangibile" (prodotto da un misto di stupidità cavalleresca e demagogia femminista), quando non vi sono prove certe si crede sempre alla tesi della violenza, anche nei casi specifici (vedi il rapporto fra fidanzati) in cui ogni buon senso la dovrebbe vedere come la più improbabile. Perchè accade questo? Perchè evidentemente, se si lasciasse uno spiraglio di dubbio alla tesi opposta (ovvero a quella secondo cui vi sarebbe stato consenso) la propaganda femminista avrebbe troppo timore di lasciar credere che il possibile o implicito assenso iniziale, l'abbigliamento discinto o il comportamento disinibito costituiscano un permesso per l'uomo a "farsi avanti" sessualmente (l'obiettivo delle "femministe" è infatti quello di non dare mai all'uomo, di fatto, la possibilità di sentirsi certo del consenso, per permettere alle donne l'onnipotenza giudiziaria su di lui).
In tal modo, per affermare in abstracto il diritto della donna persino a (per usare il linguaggio del nostro amico) "fare la stronza" si distrugge nei singoli casi concreti il Diritto in quanto tale (che è presunzione di innocenza e necessità di provare tutte le accuse, non accettare per vera tutta la storia solo perchè vi sono riscontri sulla prima parte).
Ed ' così, fraintendendo in maniera sistematica ed ideologica il pensiero di molti fra gli uomini attuali, che, oggi, chiunque reclami l'oggettività del diritto viene tacciato di voler continuare a violentare/molestare le donne e chiunque pretenda la presunzione di innocenza passa per chi vuole a tutti i costi difendere/giustificare gli stupratori.
Quello che forse con troppa veemenza verbale i "vostri nemici" stanno tentando di dire, è che il "fare le stronze" (ormai divenuto costume nei luoghi di divertimento come in quelli di lavoro, negli incontri brevi e occasionali per via o in discoteca come in quelli più lunghi e sentimentali), ovvero trattare con sufficienza o aperto disprezzo chiunque tenti un qualsiasi avvicinamento erotico-sentimentale, mostrare pubblicamente, per capriccio, vanità , aumento del proprio valore economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza, le proprie grazie solo per attirare, illudere e sollevare nel sogno chi poi si vuole far cadere con il massimo del fragore, della sofferenza e del ridicolo, diffondere disio agli astanti e attrarre a sè (o addirittura indurre ad arte a farsi avanti e a tentare un approccio) sconosciuti che non si è interessate a conoscere ma solo a ingannare, far sentire nullità e frustrare sessualmente, dilettarsi a suscitare ad arte disio per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche da una raffinata, intenzionale e premeditata perfidia, possa far patire le pene infernali della negazione a chi è stato dapprima illuso dal paradiso della concessione, attirare e respingere con l'intenzione di infliggere continuamente tensione psicologica, ferimento intimo, senso di nullità , irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, inappagamento fisico e mentale degenerante se ripetuto in ossessione e disagio scivolante da sessuale ad esistenziale (con rischio di non riuscire più a sorridere nel sesso e di avvicinarsi ad una donna senza vedervi motivo di patimento, tirannia e perdita di ogni residuo interesse per la vita), usare insomma sugli l'arma della bellezza in maniera per certi versi ancora più malvagia di quanto certi bruti usino sulle donne quella fisica) non è un diritto, è una vera e impunita forma di violenza sessuale psicologica ai nostri danni, perchè i danni (piaccia o no al femminismo) esistono (e vanno dalla cosiddetta "anoressia sessuale" al suicidio, dal precoce bisogno di prostitute ad un disagio psichico ora celato con l'ironia ed ora pronto ad esplodere in eccessi di aggressività: che per millenaria consuetudine "cavalleresca" o per moderno appiattimento sul femminismo, gli uomini tendano a negare spesso anche a loro stessi le proprie sofferenze, non toglie che essi in tali casi siano davvero vittime). E quello che rende accesi i termini della discussione è la constatazione che proprio per affermare questo assai dubbio "diritto" (peraltro sempre e solo imposto dall'alto da certe lobbies culturali e mai espresso come volontà di questo o quel popolo) si pongano in dubbio persino oggettività e dimostrabilità del confine fra lecito e illecito e presunzione di innocenza.
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Per chiarire però anche quanto penso sulla “Imparzialità della legge” aggiungo quanto segue.

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Se l'istinto dell'uomo è disiare (con la rapidità del fulmine e l'intesità del tuono), seguire (superando le difficoltà, le negazioni e le prove spesso intenzionalmente imposte dalla femmina) e cercare di ottenere (quanto prima e nella più vasta moltitudine possibile di creature femminee apparse davanti agli occhi) la bellezza appena questa si fa sensibile,
mentre l'istinto della donna è mostrarsi in ogni dove bella e disiata per attirare tutti e selezionare chi eccelle nelle doti volute,
se insomma l'uno per natura e cultura è costretto ad agire per primo mentre l'altra può astutamente e beatamente limitarsi ad indurre ad agire, aspettare e giudicare,
e la legge punisce chi fraintende, esagera, o sbaglia (colposamente o dolosamente) nell'atto del farsi avanti, dell'esprimere disio, dell'inseguire, del cercare di ottenere (vincendo, come vogliono tanto la natura quanto le donne nella cosiddetta "conquista", le resistenze di chi vuol essere vinta) e, pur di godere delle grazie corporali, con la sua azione (potenzialmente frutto tanto di vero e proprio intento di sopraffazione quanto di fraintendimento o esagerazione) provoca un trauma fisico e psicologico alla donna, mentre non fa nulla per sanzionare chi (per capriccio, vanità, interesse economico-sentimentale, gratuito sfoggio di preminenza erotica, o addirittura sadico diletto o cosciente volontà di sopraffazione psicosessuale), tramite il disio suscitato ad arte (per poi magari compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche del malcapitato da una premeditata e affinata perfidia, infligga pene degne dell'inferno della negazione dopo la promessa implicita del paradiso della concessione), può comunque, nel semplice mostrarsi (che può generare frustrazione e senso di nullità innanzi a ciò che viene fatto disiare ma non può essere appagato e a chi può avere tutto da tutti ma non può essere raggiunta), nell'attirare e nel respingere (con l'intento di ferire emotivamente, frustrare sessualmente e far sentire vittima della propria onnipotenza l'astante di turno), nell'essere ambigua (per accrescere e desiderabilità e potere), nell'indurre scientemente l'altro a farsi avanti (per poi magari irriderlo, insultarlo, accusarlo di essere uno dei tanti scocciatori, un uomo senza qualità, un animale di cui vendicarsi o un molesto da denunciare, e farlo così soffrire fisicamente, mentalmente, moralmente o legalmente, farlo sentire ridicolo innanzi a sè o agli altri o addirittura giustificare il provocargli poi conseguenze spiacevoli e dolorose per il corpo, la psiche, la rispettabilità sociale, il portafoglio o la fedina penale), a illudersi (secondo le debolezze erotico-sentimentali indotte dalla disparità di desii e da quelle psicologiche), a umiliarsi (facendo il giullare da irridere nel disio, l'attore che recita da dongiovanni per compiacere la vanagloria femminile, il cavalier servente pronto a tutto per la sola speranza, il mendicante alla corte dei miracoli in attesa della sportula amorosa, il freddo specchio su cui misurare l'avvenenza o il pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto) o a fare quanto altrimenti non farebbe (come ad esempio lasciarsi sbranare in senso economico-sentimentale), non con un'azione diretta, ma con una violenza indiretta non per questo meno intenzionale e reale, provocare ferimenti, inganni e fraintendimenti aventi come conseguenza traumi alla di lui vita e alla di lui psiche, è chiaramente a senso unico antimaschile.

Per non dire del "ragionamento probatorio" con cui chiunque può finire in galere per la sola parola della donna (purchè ritenuta credibile anche con criteri non certo scientifici ma sofistici, ovvero basati non sui fatti ma sulle parole, sulla loro presunta coerenza interna pretesa quale "segno di verità", sulla loro apparente mancanza di astio per l'accusato, sulla loro capacità di mostrarsi circostanziate, consonanti, ricche di particolari, concordi con alcune parziali verità, come appunto ogni bugia ben inventata, sul loro raccontare qualcosa di verosimile, almeno in astratto e preso dunque per attendibile)
anche prima ed anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza!
Contro la presunzione di innocenza!
Per non dire della definizione vaga e omnicomprensiva, potenzialmente includente non solo e non tanto quanto ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e punito come stupro, ma anche e soprattutto tutto ciò di cui a posteriori e secondo i proprio soggettivi parametri una donna può accusare un uomo, a prescindere dall'aver concesso (come nel caso della dipendente che intrattiene una relazione sessuale con il capo per ottenere favori e poi, scontenta dell'accordo o offesa per la sua cessazione, dice di esservi stata costretta) o lasciato credere di concedere (come nel caso della ragazza che prima, magari per la particolare "atmosfera" o per il corteggiamento assiduo, oppure in preda all'ebbrzza dell'alcool o della trasgressione, lascia al fidanzato, oppure ad uno o più coetanei, il godimento delle proprie grazie senza opporsi e poi dice di aver subito violenza) il consenso, anche per fatti le cui effettive gravità e soprattutto realtà sarebbero tutte da dimostrare, anche per qualsiasi atto, gesto, detto, toccata o persino sguardo non abbia in sè nulla di oggettivamente violento nè molesto, ma abbia la sola colpa di esprimere disio naturale per il corpo della donna e di non risultare da questa a posteriori gradito (dalla stessa che però magari lo ha implicitamente indotto, come nel caso del mostrare apprezzamento per le forme e interesse alla conoscenza, o addirittura socialmente preteso, come nel caso del corteggiare)!
Contro ogni oggettività del diritto!
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Ma ora basta! Sono stanco di essere rispettoso con chi (quasi tutto il genere femminile in occidente) non ha rispetto di me!

E parla di rispetto?
Quale rispetto mostra quando stronzeggia su di me?
Quando prosegue a "fare la stronza"
(ovvero: - suscitare ad arte il desiderio per poi compiacersi della sua negazione e infliggere così tensioni psicologiche, ferimenti intimi, sofferenze emotive, irrisioni al disio, umiliazioni pubbliche o private, dolori d'ogni sorta nel corpo e nella psiche, inappagamenti fisici e mentali fino all'ossessione e disagio da sessuale ad esistenziale, al solo fine della propria vanagloria, del proprio patologico bisogno d'autostima, del proprio sadico diletto, del proprio interesse economico-sentimentale o del proprio gratuito sfoggio di preminenza erotica,
- trattare l'uomo come uno specchio su cui testare la propria avvenenza, un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto, un giullare da far impazzire e illudere per crudele scherno e poi deludere, un burattino da manovrare per divertimento e poi gettare a piacere dopo averlo irriso,
- addirittura affermare esplicitamente con le parole e i fatti il vostro ruolo essere quello di usare l'illusione della bellezza come arma per far patire gli uomini fisicamente e mentalmente, per tenerli ad arte nell'inappagamento corporale e psicologico, per farli sentire un nulla innanzi a loro, per tiranneggiarli in ogni ambito, per rendere la loro vita un susseguirsi di irrisioni d'ogni sorta, di umiliazioni private e pubbliche e di frustrazioni sempiterne d'ogni disio, per gettarli in un abisso di pene da inferno dopo aver promesso il paradiso, per sbranarli in ogni senso economico e sentimentale, per privarli di ogni bene materiale e morale, per renderli deserti in terra, senza più patria (intesa come luogo in cui essere ben voluti ed accettati), famiglia, amici, quasi come esuli ottocenteschi o personaggi verghiani privati della casa, degli affetti, della "roba", della posizione e della rispettabilità sociali, e a volte della stessa libertà (con le accuse false per vendetta arbitraria, capriccio o ricatto o gratuito sfoggio di preminenza nell'esser credute a priori mentre l'altra parte è tenuta a tacere e se parla tacciata di irrisione e infamia a priori o addirittura sadico diletto nel mostrare al mondo di poter rovinare la vita di un uomo in qualsiasi con la sola parola senza alcun riscontro oggettivo), e sempre e comunque della fiducia in loro e nel loro valore "amoroso" (senza cui nulla di costruttivo è iù possibile non solo nella sfera erotico-sentimentale),
per rendere loro impossibile vivere la sessualità in maniera tranquilla e appagante, e far dimenticare il sorriso e la libertà dei giorni in cui ancora non si amava, per togliere ad essi ogni altro interesse per la vita ed ogni residua speranza di gioia,
e voler imporre come ruolo dell'uomo quello di accettare sorridendo senza fiatare tutto questo e tutto faticare, tutto pagare (in ogni senso) tutto offrire, tutto soffrire per voi nella vana speranza.)
o comunque "la stronzetta"
(ovvero: - trattare con sufficienza o aperto disprezzo chiunque tenti un qualsiasi avvicinamento erotico-sentimentale, mostrare pubblicamente, per capriccio, vanità, aumento del proprio valore economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza, le proprie grazie solo per attirare, illudere e sollevare nel sogno chi poi si vuole far cadere con il massimo del fragore, della sofferenza e del ridicolo
- diffondere disio agli astanti e attrarre a sè (o addirittura indurre ad arte a farsi avanti e a tentare un approccio) sconosciuti che non si è interessate a conoscere ma solo a ingannare, far sentire nullità e frustrare sessualmente, dilettarsi a suscitare ad arte disio per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche da una raffinata, intenzionale e premeditata perfidia, possa far patire le pene infernali della negazione a chi è stato dapprima illuso dal paradiso della concessione,
- attirare e respingere con l'intenzione di infliggere continuamente tensione psicologica, ferimento intimo, senso di nullità, irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, inappagamento fisico e mentale degenerante se ripetuto in ossessione e disagio scivolante da sessuale ad esistenziale (con rischio per il giovane maschio di non riuscire più a sorridere nel sesso e di avvicinarsi ad una donna senza vedervi motivo di patimento, tirannia e perdita di ogni residuo interesse per la vita), usare insomma sugli uomini l'arma della bellezza in maniera ancora più malvagia di quanto i bruti usino sulle donne quella fisica.)
Quando, seguendo una "moda" cinematografica, adolescenziale e culturale femminile avente come simbolo giovani donne in vesti discinte ed atteggiamenti aggressivi, sexy-guerriere nelle cui grazie corporali (e nella cui ostilità psicosessuale verso l'uomo) si cela il messaggio di sopravvalutazione estetico-filosofica della figura femminile e di irrisione, annullamento e disprezzo di quella maschile (attraverso l'esposizione di grazie e accrescimento di desiri i quali, non potendo essere appagati, generano negli astanti frustrazione intima, irrisione al disio, senso di nullità, sofferenza di corpo e di psiche, e alla lunga devastazione dell'autostima, inappagamento fisico e mentale degenerante in ossessione, sentimento di impossibilità e inadeguatezza riguardo non solo al sesso ma alla vita, in cui non ci si sente universalmente mirati, anzi e quindi nemmanco amorosamente disiati e socialmente accettati, disagio da sessuale ad esistenziale, attraverso l'esibizione motivata da capriccio, vanità, interesse economico-sentimentale o gratuito sfoggio di premienza erotica, per non dire sadico diletto, e sfociante in una "divinizzazione" della donna come unico simbolo della bellezza, della grazia, dell'intelligenza, della sensibilità e di ogni altra dote nobilmente umana, al bisogno delle quali l'uomo appare risultare fin nel profondo, del corpo come della psiche, subordinato e asservito o comunque per natura dipendente) mostra "divertente" la violenza fisica e psicologica sugli uomini e doverosa la loro umiliazione nel profondo ed irrisione nel disio,
quando mi tratta o come bruto e violento da punire in ogni modo o come un freddo specchio su cui provare l'avvenenza, un pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi inflizione di tensione emotiva, irrisione al disio, umiliazione sessuale, riduzione al nulla davanti a sè o agli altri, dolore nel corpo e nella psiche, inappagamento fisico e mentale se reiterato fino all'ossessione e all'impossibilità di sorridere alla vita e al sesso, disagio da sessuale ad esistenziale con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale al suicidio), un giullare da far impazzire e illudere per crudele scherno e poi deludere, un burattino da manovrare per divertimento e poi gettare a piacere dopo averlo irriso, un vuoto pupazzo da sollevare nell'illusione solo per farlo cadere nella delusione con il massimo possibile di sofferenza fisica e mentale e di umiliazione pubblica e privata?
Quando, sfruttando sia le disparità naturali di desideri sia quelle maschere di servità e quelle reali corvè amorose imposte a tutti gli uomini verso tutte le donne da quel medieovo di cui le stesse pretendono di fatto ancora i privilegi in maniera proporzionale a quanto a parole la condannano come "oppressiva per le donne",
mi considera come un attore costretto a compiacere con recite da dongiovanni la vanagloria femminile o un giullare cui irridere nel disio, uno fra i tanti pronti a dare tutto in pensieri, parole e opere (per non dire dignità, recite, offerte materiali e morali e sopportazioni di patimenti e inappagamenti) in cambio della sola speranza, un cavalier servente pronto a tutto per un sorriso, un orante che miri dal basso verso l'alto chi in maniera imperscrutabile può decidere del suo paradiso e del suo inferno, un mendicante alla corte dei miracoli che attende di ricevere ciò di cui sente bisogno)?
Quando afferma esplicitamente il proprio ruolo essere quello di usare l'illusione della bellezza come arma per far patire gli uomini fisicamente e mentalmente, per tenerli ad arte nell'inappagamento corporale e psicologico, per farli sentire un nulla innanzi a loro, per tiranneggiarli in ogni ambito, per rendere la loro vita un susseguirsi di irrisioni d'ogni sorta, di umiliazioni private e pubbliche e di frustrazioni sempiterne d'ogni disio, per gettarli in un abisso di pene da inferno dopo aver promesso il paradiso, per rendere loro impossibile vivere la sessualità in maniera tranquilla e appagante, e far dimenticare il sorriso e la libertà dei giorni in cui ancora non si amava, per togliere ad essi ogni altro interesse per la vita ed ogni residua speranza di gioia,
e il ruolo dell'uomo dover essere quello di accettare sorridendo senza fiatare tutto questo e tutto faticare, tutto offrire, tutto soffrire per loro nella vana speranza?

Parlano di diritto?
La liceità di un comportamento dovrebbe misurarsi non poi solo su quanto esso ci appaghi (fisicamente o psicologicamente), ma anche su quanto provochi nel corpo e nella psiche altrui.
La libertà del proprio fare e non fare (e quindi anche del vestirsi de dello svestersi, dell'attirare e del respingere, del suscitare disio per poi dire di no) ha, in uno stato di diritto, un limite in quanto
Altrimenti che dialoghiamo a fare? A che pro cerchiamo di immaginare la situazione emotiva dell'altro?
Giustificare la stronzaggine con il "fa sentire bene le donne con loro stesse" equivale, come schema concettuale, a giustificare i bruti con il "li fa sentire forti e sani". Quindi il tuo è femminismo parimenti degenere quanto un certo maschilismo, in quanto allo stesso modo legittima atti unilaterali (peraltro agiti sfruttando situazioni di debolezza psicofisica nella sfera sessuale) che, se appagano una certa componente naturale in un sesso, feriscono la controparte.

Che diritto ha ella di generarmi frustrazione?
Perchè tale rimane il mio sentimento sia che secondo natura continui a guardare (giacché la situazione mi fa sentire un puro nulla innanzi a colei che tutto può poiché da tutti è disiata) sia che costringendomi contro natura guardi dall'altra parte (poiché comunque il disio è già stato suscitato e anche la semplice consapevolezza di esser vicini a quanto non si può raggiungere fa permanere lo stato di frustrazione)!

Che diritto ha la donna, per capriccio, vanità, autostima o diletto sadico, di sfruttare la situazione per infliggermi ferimento intimo suscitando ad arte il disio compiacendosi poi della sua negazione (e di come questa, resa da una scientifica e pianitifaca perfidia massimamente beffarda per il disio, umiliante per l'animo e dolorosa per il corpo e la psiche dei malcapitati, possa provocare le pene dell'inferno della privazione dopo le promesse del paradiso della concessione)?

Che diritto ha di provocarmi intenzionalmente sofferenza emotiva, irrisione al disio, frustrazione nel profondo, umiliazione pubblica o privata, inappagamento fisico e mentale, disagio degenerante da sessuale ad esistenziale
(con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale alla perdita di ogni altro interesse per la vita e di ogni residua speranza di felicità, fino al possibile suicidio, passando per l'incapacità futura di sorridere ancora alla vita e al sesso o di poter approcciare una donna senza sentirla come potenziale fonte di ferimenti, inganni, tirannie e perfidia d'ogni sorta)?

Che diritto ha la donna a trattare con sufficienza o aperto disprezzo chiunque tenti un qualsiasi avvicinamento erotico-sentimentale, mostrare pubblicamente, per capriccio, vanità, aumento del proprio valore economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza, le proprie grazie solo per attirare, illudere e sollevare nel sogno chi poi si vuole far cadere con il massimo del fragore, della sofferenza e del ridicolo?

Che diritto ha di rendermi ridicolo davanti a me stesso o agli altri qualora tenti un qualsiasi approccio,

Che diritto ha di causarmi dolore fisico o psicologico nell'attirarmi e nel respingermi?
Che diritto ha di trattarmi come uno qualunque, un banale scocciatore, dopo avermi scelto fra tanti e illuso solo per farmi patire l'inferno dopo la speranza di paradiso?

Che diritto ha di appellarmi molesto dopo avermi appositamente attratto e indotto implicitamente a farmi avanti in maniera da lei considerata magari maldestra?

Che diritto ha insomma di usare l'arma erotico sentimentale per infierire su chi psicologicamente si trova in svantaggio nei primi momenti di incontro (occasionale e breve come sentimentale e lungo) con l'altro sesso?

Che diritto ha a trattare con sufficienza o aperto disprezzo chiunque tenti un qualsiasi avvicinamento erotico-sentimentale, mostrare pubblicamente, per capriccio, vanità, aumento del proprio valore economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza, le proprie grazie solo per attirare, illudere e sollevare nel sogno chi poi si vuole far cadere con il massimo del fragore, della sofferenza e del ridicolo?

Che diritto ha a diffondere disio agli astanti e attrarre a sè (o addirittura indurre ad arte a farsi avanti e a tentare un approccio) sconosciuti che non si è interessate a conoscere ma solo a ingannare, far sentire nullità e frustrare sessualmente, dilettarsi a suscitare ad arte disio per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche da una raffinata, intenzionale e premeditata perfidia, possa far patire le pene infernali della negazione a chi è stato dapprima illuso dal paradiso della concessione?

Che diritto ha ad attirare e respingere con l'intenzione di infliggere continuamente tensione psicologica, ferimento intimo, senso di nullità, irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, inappagamento fisico e mentale degenerante se ripetuto in ossessione e disagio scivolante da sessuale ad esistenziale (con rischio per il giovane maschio di non riuscire più a sorridere nel sesso e di avvicinarsi ad una donna senza vedervi motivo di patimento, tirannia e perdita di ogni residuo interesse per la vita), ad usare insomma sugli uomini l'arma della bellezza in maniera ancora più malvagia di quanto i bruti usino sulle donne quella fisica.

Una donne intellettualmente onesta dovrebbe riconoscere come il fare la stronza, ovvero l'approfittare di una situazione di debolezza (in questo caso psico-sessuale) della controparte per infierire su di essa, ingannarla, ferirla, umiliarla per qualsiasi motivo (dal capriccio, alla vanità, all'interesse economico-sentimentale, al gratuito sfoggio di preminenza al gusto sadico o alla vendetta arbitraria verso un intero genere) è un atto di prevaricazione non qualitativamente dissimile da quello compiuto dal bullo più grosso nei confronti dello studentello più piccolo, e
non trincerarsi dietro all'ovvio diritto (ed io non lo metto in discussione) a dire di no (specie se i no non sono dei "no grazie", ma dei "forse" pronunciato con il massimo dell'ambiguità e della perfidia sessuali).

Non metto dunque in dubbio il diritto a "dire di no" senza essere minacciate o violentate, ma non riconosco il "diritto" a definire a posteriori e secondo i priopri soggettivi, indomostrabili, impredicibili (a priori) e inconoscibili (dall'esterno) parametri il confine fra lecito e illecito (il quale deve essere secondo il diritto oggettivamente definito, dimostrabile e chiaro a tutti a priori: la mancanza di consenso deve essere tangibilmente provata), e soprattutto mi rifiuto di considerare penalmente rilevante qualunque atto, gesto, detto, toccata e persino sguardo (pur non avendo nulla di oggettivamente violento o molesto, ma la sola colpa di esprimere disio naturale per il corpo della donna e di non essere da questa a posteriori e soggettivamente gradito) produca (secondo la dichiarazione sempre a posteriori di quella stessa donna che magari prima o altrove lo ha implicitamente indotto o addirittura socialmente preteso) il minimo o presunto danno alla soggettività femminile nella sfera sessuale, mentre quanto ferisce in maniera assai più evidente (dalle conseguenze: dall'anoressia sessuale al suicidio, dall'incapacità a sorridere ancora alla vita e al sesso all'impossibilità di approcciarsi normalmente ad una donna senza vedervi una potenziale fonti di tirannie, inganni e perfidie) e profonda (l'abbiamo vissuto tutti) la nostra diversa (e non già inesistente) sensibilità nella stessa sfera è ancora considerato "normalità", "gioco" "invenzione maschile in realtà inesistente", o comunque qualcosa di "trascurabile", "divertente", "sopportabile" o addirittura "dovere di cavaliere da sopportare", "diritto della donna a infliggere" e "bello dell'essere donna".

Io dovrei controllarmi? Controllati tu prima di dire stronzate. Io uso la ragione e l'autocontrollo per affermare i miei diritti e predisporre la guerra a chi come te li calpesta, non per accettare dalle donne di tutto e ridurmi a vivere nella negazione e nella repressione di ogni mio disio naturale. Nel tuo senso controllarsi significa solo reprimere e negare la propria natura.
I propri desideri naturali vanno invece liberamente espressi ed appagati, altrimenti degenerano in altrettante sofferenze e frustrazioni che dimezzano la vita e provocano disagi da sessuali ad esistenziali (oltre a poter esplodere in maniera violenta o autodistruttiva).
Con tutto l'autocontrollo del mondo, con tutto il dominio possibile delle proprie passioni, con tutto l'intelletto, la cultura e la raffinatezza immaginabili, resta il dato oggettivo che almeno periodicamente, di quando in quando, i bisogni naturali (fra cui quelli, tanto sensitivi quanto intellettivi, di bellezza e di piacere) devono essere soddisfatti, a pena di ossessione e di infelicità profonda. Per questo, data la naturale disparità di numeri e desideri fra maschile e femminile, indipendentemente dalle mie qualità intellettive o di autcontrollo, giunge sempre il momento in cui, per appagarli, sono costretto a "pagare" (se non in denaro, comunque in regali, doni, inviti o altre utilità economiche, oppure in tempo, corteggiamenti e rinunce varie, o ancora in sincerità e affetto, per non dire in dignità quando dovrei fare da giullare o da cavalier servente), faticare, rischiare (in ogni senso), a volte anche subire (in termini di ferimento psicologico, dolore fisico e mentale, disagio da sessuale ad esistenziale, con rischio di ossessione, frustrazione intima, umiliazioni pubbliche o private, irrisione nel desiderio, tensione emotiva e tutto quanto alle femmine piace infliggere per capriccio, vanagloria o aperta dimostrazione di preminenza). Anche nei casi migliori ho comunque uno svantaggio. Ne consegue che tale disparità debba essere necessariamente compensata (come nel caso delle civiltà tradizionali) socialmente, oppure che mi sia lasciata la possibilità di compensarla personalmente con l'impegno, le qualità dello spirito, il merito, il prestigio, il successo o il denaro (come nel caso delle civiltà liberali), altrimenti la mia sarà una vita terribilmente infelice.
E non mi si dica che posso evitare tutto non essendo un animale. Sono comunque un essere vivente.
La differenza fra lo stato di autocoscienza proprio dell'uomo e quello inconsapevole dell'animale non è che gli impulsi vitali e i desideri di natura siano meno forti, meno importanti o possano essere negati, trascurati, inappagati, ma solo che non è sufficiente appagarli per essere felici (sorgono infatti bisogni spirituali e quelli corporali si sublimano in estetici, artistici, intellettuali e così via). Se però non vengono soddisfatti, l'infelicità è certa e immediata, sia sensitivamente, sia intellettivamente, poiché la continua frustrazione d'ogni disio naturale degenera in ossessione, nella quale non vi sono né libertà né pensieri grandi e belli. Inoltre, contrariamente a quanto pare suggerito, nell'uomo l'inappagamento reiterato è meno sostenibile che nell'animale, poichè proprio l'autocoscienza lo acuisce, rendolo uno stato peggiore della morte.
L'uomo, pur essendo distinto dall'autocoscienza, ha in comune con gli animali i bisogni naturali (il cibo, il sonno, il sesso), che devono ovviamente essere soddisfatti, a pena di infelicità profonda, frustrazione intima, disagio da sessuale ad esistenziale, ossessione.
Tutto ciò, in quanto natura, non ha alcuna valenza morale (né in positivo, né in negativo). E non ha pure nessuna relazione con l'intelligenza, con la cultura o con la sensibilità personale. Si tratta semplicemente di pure necessità di natura.
Se non si mangia si muore di fame, se non si dorme si deperisce fino a divenire fantasmi, se non si beve ci si disidrata come foglie morte. E se non si appaga di quando in quando il proprio naturale bisogno di bellezza e di piacere dei sensi, la vita si dimezza in altro modo: dapprima vi è una tristezza occasionale, una malinconia diffusa, una rassegnazione, poi una vera sofferenza che partendo dalla sfera sessuale, come ampiamente spiagato da Freud, influenza il rapporto con l'altro sesso in genere e la vita tutta (con chiaro rischio di autodistruzione), e con i meccanismi ben noti dalla psicoanalisi, è destinata a scoppiare prima o poi in qualche modo (contro sé o gli altri). In ogni caso (anche senza giungere a conseguenze estreme) alla lunga, si conosce l'infelicità sia sensitiva sia intellettiva, la frustrazione intima, e l'inappagamento da fisico diviene mentale e, se reiterato, degenera in disagio non più solo sessuale ma esistenziale, con anche il rischio di generare ossessione (nella quale non vi sono né libertà né possibilità di agire lucidamente in imprese grandi e belle).
Per questo serve l'appagamento facile e scorrelato all'obbligo di passare per le forche caudine del corteggiamento o per il capestro del matrimonio monogamico (per non dire degli obblighi "religiosi"): per non essere né infelici né tiranneggiabili.
vedi perché sono misogino?
Perché ella può dire che gli uomni sono tutti maiali ed io non posso dire che le donne sono tutte stronze?
Lasciamo stare il fatto che le debolezze carnali si trasmutino sovente in altrettante debolezze sentimentali (sono entrambi momenti diversi dello stesso inganno) rendendo noi più vicini a quella debolezza o sensibilità d'animo erroneamente attribuita al sesso femminile, ma perché chi mostra il bisogno di godere carnalmente in maniera periodica viene definito maiale, mentre chi periodicamente deve dormire non è detto ghiro e chi periodicamente ha appetito non è detto cinghiale?
Si può essere le persone più spiritualmente elevate e sentimentalmente pure di questo mondo, ma prima di essere persone siamo esseri viventi e pertanto, per vivere e per vivere felicemente dobbiamo, come prerequisito (ovvero certo non basta, ma è necessario), soddisfare i bisogni naturali, fra i quali, oltre al mangiare, al bere e al dormire vi è (non so per le donne, lo so per gli uomini) quello di godere tanto nei sensi quanto nelle idee della bellezza.
Lo hanno dimostrato i poeti, che hanno sublimato il proprio desiderio naturale per la donna nelle immagini e nei suoni in grado di eternarla al pari degli dèi, e lo dimostrano più prosaicamente gli uomini normali i quali sentono periodicamente il bisogno di godere almeno nel corpo della bellezza.
A questo dato oggettivo segue il comportamento di alcune caste privilegiate, per natura le donne, per cultura i preti, le quali creano consapevolmente divieti, obblighi, "peccati", "norme galanti" per rendere il più possibile difficile o comunque "costoso" (in tutti i sensi) l'appagamento di tale bisogno al fine di tiranneggiare con esso gli uomini, attraverso desideri repressi, brame suscitate ad arte e poi condannate, accrescimento dell'interesse con il fascino del proibito, artifizi, raggiri, desiri inappagati degenerati in ossessione e soprattutto sensi di colpa.
Non spiega nulla quanto dicono loro, poiché la spiegazione, semplice e vera, è quella schopenhaueriana.
Il fatto che le femmine lo neghino dimostra non solo la loro totale mancanza del criterio dell'oggettività, cosa risaputa, ma anche la loro infinita (e infame) brama di perpetrare scientemente con la falsità perfida e l'accusa infondata le loro tirannie e le loro prepotenze, si chiamino esse matrimonio, unione, amore, fidanzamento, fedeltà o dignità sessuale.
Se lo si facesse con qualunque altro bisogno si sarebbe detti "affamatori", visto che lo si fa con quello sessuale la società galante e cristianeggiante lo chiama "sentimento" o "dignità sessuale". In realtà è solo sentimentalismo nel migliore dei casi e strumento di tirannia nel peggiore, o comunque strumento per trarre un profitto economico sentimentale per le donne ed economico religioso per i preti.
Anche la religione e l'erotismo, come tutto quanto ha valore, possiedono in sè un'economica (e possibilità di scambio e di ottenere o tiranneggiare) quanto viene chiamato dignità sessuale è sempre stato solo e soltanto uno strumento per aumentare il valore economico sentimentale delle donne o per rendere difficile l'accesso al godimento della bellezzza e tiranneggiare l'uomo attraverso il bisogno di ciò (donne e preti si copiano a vicenda in questa pratica). Concedersi raramente e solo a prezzzo di gravi difficoltà e sacrifici (materiali e morali) da parte dell'uomo (fra recite da seduttore, comportamenti da giullare, giostre medievali più o meno ammodernate, "combattimenti" e sopportazione di dolori e umiliazioni d'ogni sorta) non è una questione di dignità: è una questione di mantenimento di potere e di privilegio. Vogliono con ciò aumentere il proprio il loro "valore" eroticosentimentale perché forse sanno di non averne altro.
Le donne invidiose delle creazioni intellettuali del desiderio sublimato e i preti irati per il benessere conseguente l'appagamento del desiderio del corpo (uomini che non soffrono sono meno influenzabili, dominabili e ingannabili) si sono inventati la "morale sessuale" per negare agli uomini l'appagamento sensitivo e quello intellettivo e le opere grandi e belle discendenti da ciò.
è oggettivo, il resto è illusione.
Ciò è vero nell'oggettività della natura e chi lo nega è o irrimediabilmente imbecille come molti uomini o perfidamente tirannica come molte donne. la tirannia coi sensi di colpa dopo aver creato mitologie erotico-religiose (come l'amore, il matrimonio ecc.) è la più classica e la più squallida. I preti citano il peccato originale per far sentire tutti in colpa e obbligati alla sofferenza e all'espiazione per il semplice fatto d'esser nati, mentre le donne parlano di "uomini maiali" per lo stesso motivo (farli vergognare della propria natura e con ciò ottenere tutto). Spesso gli stessi iimbecilli ci credono. Le donne seguono solo il fine della natura che è propagare la vita senza altro scopo e rivestono ciò di nomi diversi il cui principale è "amore". Propriamente umano è invece tentare di vivere sopportabilmente la vita ormai dataci e per questo è necessario sia stare lontano dalla tirannia e degli inganni delle donne sia appagare i bisogni naturali. Per fortuna esiste il commercio a provvedere a ciò.
L'amore sessuale è istinto, non sentimento. Il vero sentimento propriamente umano è l'amicizia.
E anche fosse possibile, perché dovrei limitare il piacere e l'appagamento? Perché dovrei crearmi sofferenza e frustrazione? Per far piacere alle donne e ai preti?
Fanculo entrambi!
L'intelletto serve per liberarsi dalla loro tirannia e godere il più pienamente e liberamente possibile, mica per autocostringersi.
Altrimenti che illuminismo è?
Emanciparsi dai re per cadere schiavi di donne e preti?
Ma decapitiamo anche loro!
Con la scimitarra turca!

Queste stronze che si lamentano delle molestie altrui quando sono le prime a molestare sessualmente i coetanei, che giustificano la propria violenza con l'autodifesa quando sono le prime ad attaccare o ad usare violenza (psicologica e alla fine anche fisica), che gridano allo stupro per quanto con ciò che ogni mondo civile ha da sempre riconosciuto e puniti come tale non ha nulla a che fare meritano solo e soltanto di trovarsi innanzi ad una nuova armata affamata di sesso e di bottino! Così capiscono la differenza fra la vera violenza e ciò di cui si lamentano.
Meritano di incontrare veri violentatori (e non poeti arrabbiati come il sottoscritto), così imparano a colpire duramente come tale (addirittura nelle palle!) chi violentatore non è!
E meritano anche di essere sottomesse alla legge islamica: così imparano a pretendere per sé ogni libertà (persino quella di girare nude senza nessuno osi alzare gli sguardi o altro) e ad imporre agli altri ogni costrizione (persino quella di castrarsi nell'immaginazione , nello sguardo e nella parola).

Addio stronze. Addio alle vostre grazie. Un burqua le coprirà. E per le altre sarà violenza.

P.S.
Vi chiedete perchè trovate donne che maltrattano bambini ma non donne che stuprano uomini nei bagni?
Chiedetevi prima: quante tipologie esistono di stupro? Capirete che ne esistono essenzialmente due. La prima colposa, ovvero motivata dall'incapacità di uomini deboli di testa di trattenere le proprie pulsioni, la seconda dolosa, ovvero motivata dalla volontà cosciente di infliggere dolore e umiliazione all'altro attraverso la sfera sessuale. Quanto alla prima, la donna ne è esente in quanto non è costretta (a pena di infelicità, frustrazione, sofferenza del corpo e della psiche, inappagamento fisico e mentale, ossessione) quei bisogni naturali che a volte spingono gli uomini deboli di testa a cercare disperatamente di strappare con la violenza le grazie femminili. Quanto alla seconda, la donna può attuarla (ed anzi normalmente la attua senza manco accorgersene, chiamandola magari “gioco della seduzione”) senza dover esporsi nel campo dell'agire violento e diretto, in cui sarebbe sia fisicamente svantaggiata sia legalmente perseguibile.
Ecco allora perchè trovate donne che maltrattano bambini ma non donne che stuprano uomini nei bagni! Semplicemente perchè la donna usa altri metodi per raggiungere gli stessi risultati, con il vantaggio di non risultare penalmente perseguibile. Non si tratta di maggiore bontà, ma di maggiore perfidia. Che la malvagità e la violenza delle donne non siano inferiori a quelle dei peggiori fra gli uomini è peraltro riconfermato dal fatto che quando esse si trovano davanti creature più deboli (ovvero i bambini) non abbiano remore ad usare la brutalità fisica (così come non hanno remore ad usare quella psicologica contro gli uomini nelle sfere in cui questi sono, per natura, più vulnerabili, come appunto quelle sessuali e sentimentali).
Quelle stesse disparità di desideri che motivano a volte un atteggiamento violento o molesto nei vostri confronti danno a voi la possibilità di produrre (nel corpo e nella psiche della vittima, attraverso il ferimento della sfera sessuale) lo stesso effetto malvagio delle violenze delle molestie e persino degli omicidi senza la fatica e il rischio di agire, e la maggior perfidia viene fatta passare per superiorità morale! l'uso del veleno al posto della brutalità onesta come una maggior civiltà!
In cosa consiste lo stupro? Nel provocare tramite la sfera sessuale un trauma incancellabile nella vita nella psiche. Le donne possono attuarlo anche senza violenza fisica, tramite le proprie armi (stupro psicologico).
Ogni stupratore sfoga il proprio tipo di bestialità sessuale volgendo all'estremo negativo i propri istinti. Gli uomini (il cui isstinto è disiare la bellezza) nello strappare con la forza la concessione delle grazie corporali,
le donne (il cui istinto è essere belle e disiabili) nel negare la concessione a chi hanno ad arte reso incapace di vivere sereno ed integro senza quella speranza e nell'infierire poi, con illusioni, sbranamenti (economici e sentimentali), inganni, perfidie, sofferenze fisiche e mentali, disagi da sessuali ad esistenziali (dall'incapacità di sorridere alla vita e al sesso fino al suicidio), umiliazioni (pubbliche e private) e delusioni, su quanto resta della sua vita e della sua psiche.
Sarebbe impensabile che gli uomini stuprassero da donne (beh, in effetti i dongiovanni lo fanno, ma quelli sono come donne ) e le donen da uomini (ovvero con la violenza fisica, nella quale sarebbero pure svantaggiate nonchè penalmente persegubili, quando più appropriato alle loro armi e alle loro pulsioni femminee è la violenza psicologica, cnella quale possono sfruttare le disparità naturali di desiri e manco rischiano nulla di fronte alla legge).
Stesso discorso per l'omicidio. Perchè si uccide? per soldi o per vendetta. ma le donne possono ottenere entrambe le cose sfruttando le loro armi (ad esempio la tirannia erotica, il veleno sentimentale e l'uso strumentale delle persone, con i quali possono sempre trovare chi è disposto o ad uccidere per loro o a manovrare per loro le cose) e le leggi in loro favore (a senso unico su aborto, divorzio e violenza sessuale), senza rischiare nulla e infierendo spesso (in maniera peggiore di quanto immaginabile dai più efferati killers) sulla vittima costretta a sopravvivere al proprio omicidio sentimentale, economico, psicologico e sociale. Ecco perchè le donne condannate come omicide sono meno degli uomini! Altro che sesso debole e pacifico. Sesso perfido e manipolatore!

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