Domani gli Italiani (o almeno molti di loro) festeggeranno il 25 Aprile. Io non trovo nulla da festeggiare e conosco invece tre motivi per consigliare di non farlo. Il 25 aprile 1945 sancisce infatti tre punti cardine nella storia per cui, rispettivamente, da europei, da italiani e da cittadini non si ha proprio nulla di cui gioire. Essi sono i seguenti.
1. La fine della potenza europea. Stati Uniti e Unione Sovietica sono i soli veri vincitori del secondo conflitto mondiale. Essi si spartiscono il vecchio continente con logica coloniale, pongono le loro basi militari laddove vi erano le caserme dei gloriosi e millenari eserciti nazionali d'europa, le loro basi culturali dove si formano le ideologie (capitalismo, comunismo) per indottrinare le masse e guidarle con i fumi e i miraggi della politica e le loro basi commerciali ed economiche là dove si decide invece la vita reale dei popoli. Le nazioni europee vincitrici, Gran Bretagna e Francia, lo sono soltanto formalmente. Il loro soccombere militarmente di fronte alla Germania le ha rese umili ancelle della nuova potenza a stelle e strisce, determinante per la vittoria e determinata ad imporre alle vecchie potenze un nuovo ordine (comprendente la decolonizzazione ed il subordinamento dell'europa occidentale ai propri interessi). La Gran Bretagna e la Francia post belliche sono soltanto il pallido ricordo dell'Impero britannico prima potenza mondiale sotto ogni aspetto che occupava un terzo delle terre emerse e della grande Francia vincitrice della prima guerra mondiale. Paradossalmente la Germania è la nazione cha ha perso meno: sconfitta a umiliata dalla prima guerra mondiale ha tentato di rifarsi e tornare al rango di prima potenza che stava già raggiungendo, economicamente e militarmente, prima del 1914 (quando le vecchie potenze, accorgendosi del pericolo, si accordarono per distruggerla). Le è andata male, ma comunque non poteva peggiorare dopo Versaiiles.
2. La fine del sogno di potenza italiano. Il tentativo dell'italia post unitaria di proseguire il Risorgimento con la Prima Guerra Mondiale (combattuta dalla nostra naziona quale quarta guerra d'indipendenza contro l'Austria, ché se avessimo dovuto combatterla come prima guerra mondiale, seguendo interessi geopolitici, avremmo dovuto schierarci con gli imperi centrali, come infatti era prima del famoso "giro di valzer") per assicurarsi appropriati e storicamente soddisfacenti confini territoriali (poi non totalmetne soddisfatti dal trattato di pace: mancava la Dalmazia!) nonché adeguati ingrandimenti coloniali (prospettiva disattesa da Francia a Gran Bretagna che nulla concessero in tal senso all'Italia nonostante le promesse) finisce ingloriosamente con lo spoglio di tutte le colonie e la privazione della Venezia Giulia e dell'Istria che tante vite erano costate durante la Grande Guerra del 1915-1918.
L'Italia dalla fine dell'Ottocento (e non certo da Mussolini) aveva tentato, dopo la sua unità, di assurgere al rango di potenza di primo ordine e per questo tentava (come era assolutamente e al di là di ogni considerazione morale, necessario nella geopolitica dell'epoca) di partecipare alla pari delle altre potenze (in primis Gran Bretagna e Francia) alla spartizione della "fetta" coloniale. Nel 1919 non solo all'Italia non furono concesse tutte le terre proprie per tradizione e cultura (Fiume, la Dalmazia) ma non venne nemmeno considerata nella spartizione delle colonie tedesche. Per questo si parlò di vittoria mutilata. Mussolini, come altri reduci, non mentiva su questo. Al governo disse che i trattati, una volta firmati, vanno rispettati, ma che la storia non finiva a Versailles. Ha mantenuto la promessa di cercare una rivincita e lo ha fatto alleandosi con i nemici di un tempo (gli austro-tedeschi poi diventati terzo reich) una volta provata l'infedeltà degli ex-alleati anglofrancesi. E' andata male, ma l'intenzione non era malvagia.
3. Il trionfo dell'opportunismo italico, dell'interesse particulare e del trasformismo. Praticamente tutti coloro i quali per vent'anni avevano idolatrato Mussolini ed avevano gioito quando il duce del fascismo aveva "messo in ordine" la disastrata ed insatabile Italia del primo dopoguerra cambiarono più velocemente di un camaleonte il colore delle loro camicie dal nero al rosso. Ho rispetto di chi è sempre stato comunista, ma molto poco di chi (e sono la maggioranza) si vanta di aver "fatto la resistenza" dopo aver goduto di diversi benefici materiali e ideali del regime fascista. Tutti gli ideali nazionali in cui gli italiani avevano creduti e per cui tanti, nelle due guerre mondiali, erano caduti vennero svenduti agli angloamericani per un pezzo di cioccolata e un posto in prima fila nel nuovo ordine "democratico". Il bello è che protagonisti di tale politica trasformista furono figure eminenti della cultura, della politica e dell'intelligenza fascista. Oggi sono idolatrati come "anti-fascisti". E' anche per colpa loro che presso i cittadini italici il senso di nazione, l'amore per essa, la voglia di affermarne l'identità, la fedeltà alla parola data e la coerenza ideale sono confusi oggi per provincialismo, sciovinismo, nazionalismo, cecità storico-politica, mancanza di furbizia.
Il fatto che si festeggi la "Liberazione" è una dimostrazione di come gli stessi fondatori di questa repubblica abbiano compreso l'impresentabilità della sua storia e della sua nascita "sic ut ea est".
Capisco profondamente la necessità di un mito, come quello della Resistenza, per dare agli italiani una giustificazione ideale per continuare ad esistere ed a lottare, essendo propriamente inaccettabile continuare a sussistere "per accidente" o accettare di aver sbagliato tutto e di non poter far nulla per rimediare. Si doveva creare un fine nobile e ideale, una volta fallito (con la sconfitta storica) quello politico e reale. Venne individuato nella "Liberazione" (ma da chi? da noi e dai nostri alleati?). Si doveva inventare un nemico esterno, una volta che si erano traditi gli alleati e ci si era alleati con i nemici. Venne individuato nel "nazifascismo" (ma non eravamo sempre noi con i nostri alleati?). Non si può però, in nome dell'illusione, e della vulgata edificante, continuare ad ignorare la realtà effettuale della storia.
Un governo che ignori questi tre punti e pretenda festeggiamenti non merita che i suoi cittadini paghino le tasse. Se non vi è un interesse generale valido non vi è motivo di sacrificare quello individuale. Una volta svenduti gli interessi e gli ideali nazionali, per quale motivo gli italiani dovrebbero privarsi di una parte dei propri introiti? Per permettere a dei mondialisti con la fascia tricolore di far entrare in scuole, ospedali e servizi di ogni genere italiani gente di ogni risma e di ogni cultura e di ogni lingua? Per accelerare la caduta definitiva dell'idea di nazione italiana? Per far sì che dopo la potenza militare e marittima spariscano anche la cultura, la lingua e persino la stirpe?
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