La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Perşembe, Mart 08, 2007

MA SE DAVIDE ERA COSI' STOLTO E CREDULONE, COME HA FATTO AD UCCIDERE GOLIA?

CITO DA UN BRUTTO SOGNO (non posso citare il link, in quanto i commenti del blog di Chiara di Notte nei quali appare ciò a cui si fa riferimento sono stati soltanto frutto di un incubo):
"..e questo dimostra che le donne sono più intelligenti perché valutano più cose nel partner etc. etc. bla. bla." -by: un tale davide.

No, dimostra solo che per i cinque sesti gli uomini sono composti da creduloni come voi, che abboccate a qualunque pseudofilosofia vi venga proposta da labbra femminili o sia conforme al politicamente corretto pensiero odierno (quello che Godel chiamerebbe "spirito del tempo").

Non sapete distinguere ciò che è dato dal genio della specie da ciò che è dato dal libero arbitrio. E' sciocco valutare l'intelligenza in base a ciò che la natura rende irresistibile per noi (alla nostra vista, ai nostri sensi, al nostro sentire profondo e financo al nostro intelletto) secondo i suoi fini. Più saggio valutare l'intelligenza secondo quello verso cui ognuno di noi volge gli istinti (ossia che uso NOI facciamo delle forze e delle pulsioni dateci dalla natura)

NELLA SESSUALITA' gli uomini e le donne non sono mossi dal LIBERO ARBITRIO, ma dal GENIO DELLA SPECIE.
I primi sono spinti dalla brama di bellezza e di piacere a disiare al primo sguardo il maggior numero possibile di femmine, fatalmente attratti dalle loro forme (ivi comprese appunto quelle rotonde dei seni) e dalle loro chiome, mentre le seconde sono parimenti spinte a farsi desiderare dal maggior numero possibile di maschi, in modo da poterli mettere alla prova e selezionare colui che fra tutti eccelle nelle qualità da lei volute (se fosse mossa da ugual desiderio non potrebbe selezionare efficacemente).
Tutto ciò non è voluto dalla Società, ma dalla Natura (la quale persegue i propri fini, che attendono alla conservazione, alla prosecuzione e all'evoluzione della specie e della vita e non coincidono con quelli degli individui, i quali si volgerebbero invece alla Felicità, ad un concetto diverso). La società al massimo può variare i concetti di bellezza e di eccellenza cui naturalmente donne e uomini saranno portati a desiderio e perseguimento, ma non lo schema di cui sopra, che è semplicemente NATURA e non ha nulla a che vedere neppure con l'educazione, la cultura, il gusto e l'animo individuale e tanto meno con l'intelligenza I desideri di natura non cambiano per contratto sociale, né per volontà del singolo (e neppure in base al grado intellettivo, a meno di non ammettere che le persone più intelligenti sono coloro che affrontano l'endura, la morte per fame come distacco dai desideri carnali).

Non possiamo infatti scegliere chi e cosa ci deve piacere, altrimenti non si chiamerebbero passioni (dal latino "patior": subire). E' la natura che, tramite i desideri più veri e le pulsioni più profonde, ci fa bramare con tutto il nostro essere le doti a lei più utili. Non è dato sentirsi appagati nell'ambito amoroso senza seguire e soddisfare tali desìi.

Anche tutte le contro-argomentazioni fondate sul fatto che (ovviamente) uomini e donne si cerchino senza pensare alla riproduzione non hanno valore in quanto, nell'ambito sessuale, è la natura (e non certo il pensiero o il libero arbitrio), a far sì che al nostro sguardo, al nostro tatto, ai nostri sensi tutti e persino al nostro intelletto, risultino in genere desiderabili gli individui del sesso opposto con determinate caratteristiche, immancabilmente correlate alla sfera riproduttiva e utili non a noi ma alla nostra discendenza("che ci corrispondono individualmente", direbbe il filosofo di Danzica). Ad esempio:

"Un seno femminile turgido esercita un'attrattiva straordinaria sul sesso maschile perché, stando esso in rapporto diretto con le funzioni riproduttive della donna, promette nutrimento abbondante al neonato. Invece le donne eccessivamente grasse suscitano in noi repulsione: la causa è che una tale costituzione indica atrofia dell'utero: cioé sterilità; e non è la mente, ma l'istinto a saperlo".

Si dice che l'uomo, oltre a fissare sempre le tette, "pensa al sesso ogni dieci minuti" e questo fa trarre false conclusioni agli stolti ed alle facilone superbe. Anche la donna è parimenti mossa dal genio della specie, ma in maniera diversa e complementare, che solo agli sciocchi pare "più intelligente" in quanto tale (così come a chi non conosceva l'astronomia perevano dotati di volontà i pianeti che erravano per il cielo in maniera apparentemente casuale anziché ruotare come le stelle).
Magari non pensa direttamente al rapporto sessuale, ma la natura, con la stessa forza con la quale induce un uomo a disiare le belle forme e le lunghe chiome al primo sguardo e ad immaginare, tiene la donna occupata in una "sessualità indiretta" spingedola ad agire e a pensare in modalità e per fini vicini molto più alla specie che non all'individuo.
Conservare e difendere la bellezza a prezzo di sacrifici, curare le faccende mondane e gli amorini terreni, essere sensibile ad ogni vaghezza terrestre e ad ogni particolare del quotidiano, curare di essere in ogni dove ed in ogni momento sommamente ammirata e disiata da tutti, cogliere ogni sfumatura erotico-sentimentale o ogni inclinazione d'animo altrui senza parole, provvedere ai bambini ed accudirli, ragionare in maniera utilitarista o comunque volta più al pragmatismo che alla speculazione astratta, sfruttare un raffinato intelletto per cogliere ogni vantaggio materiale, dedicarsi alle feste, alle creme, ai vestiti, e financo allo shopping sono tutte attività solo apparentemente dettate dal libero arbitrio o dall'individualità, ma in realtà ispirate dalla volontà della natura di propagare e conservare la vita senz'altro scopo.

Colei che nella sfera erotico-sentimentale sembra mossa da minor brama (il suo modo è infatti il farsi desiderare più che il desiderare, e il selezionare più che il bramare e per questo il suo desiderio non può essere il medesimo) diffonde la potenza del genio della specie (che nell'uomo par concentrata nella sola sessualità) ad ogni aspetto della vita, per cui, allo stesso modo con cui sceglie e valuta i maschi da lei attratti ad arte e con cui mette a frutto il loro desiderio per fini utili o graditi a lei (o alla specie), naturalmente cerca di trarre da ogni domanda il maggior utile concreto.

Il modo proprio della donna di indagare il reale è "petere" (chiedere per ottenere), giacché ogni aspetto della vita (non solo il sesso in senso stretto) è in lei spinto dal genio della specie e correlato agli interessi di questa, e soltanto espresso, soltanto detto, soltanto presentato, in modi "socialmente + accettati" (leggasi: sessualmente più sfumati) di quelli maschili. Se ben si guarda attraverso il velo di apparenza, che fa sembrare sessuato l'uomo e asessuata la donna, si può scoprire che la verità è quasi il contrario, essendo, in essa, tutto legato al farsi desiderare, all'accudire e al selezionare (che sono i modi della loro sessualità, complementare alla nostra), ai bisogni corporali, alla valutazione ed allo sfruttamento delle situazioni pratiche ed al bene della futura prole.

Anche la decantata razionalità sentimentale delle donne (ben lungi dal significare intelligenza) altro non è che un'espressione affinata del genio della specie (legata alla necessità di selezionare il miglior padre per la prole). E visto che le donne passano la loro vita a giudicare gli uomini, a farsi desiderare (o detestare) da loro, a tentare di interagire (anche in maniera non esplicitamente sessuale, come invece quasi sempre vorrebbero gli uomini) con loro, a metterli alla prova, o comunque ad interessarsi di rapporti umani, di relazioni, di inclinazioni d'animo, posso a buon diritto dire che loro "pensano al sesso non una volta ogni dieci minuti, non ogniqualvolta sono d'innanzi ad un bel corpo o ad un bell'animo, ma sempre, ogni volta usano il loro cervello".

L'uomo, invece, una volta appagati i propri bisogni naturali (e solo quanto basta per non provare la frustrazione fisica e psichica e non rischiare il disagio dapprima sensuale, poi emotivo, poi esistenziale della reiterata delusione e del continuo inappagamento e per non divenirne ossessionato) può innalzarsi libero da legami mondani alle più alte speculazioni filosofiche oppure sublimare i desideri (perché non svaniscano nell'appagamento terreno e quindi finiti) nelle più intense estasi artistiche. E tutto ciò in maniera tanto più intensa, alta e nobile quanto più profonda è stata la discesa negli inferi della carne.
Così come Dante è dovuto scendere fin nel profondo dell'Inferno per poter poi elevarsi, dopo la lunga salita purgatoriale, al Paradiso Terrestre e infine ai Cieli ed alla Visio Dei, così l'uomo deve sprofondare negli abissi primordiali della carne per poter poi, con miracoloso atto ascetico e metafisico della propria volontà, attraverso una lunga e paziente costruzione intellettuale, giungere alle vette dello spirito, cioè alla produzione artistica nella sublimazione ideale della donna amata (o anche solo carnalmente desiderata).

Così l’Uomo degno di questo nome (= colui che valuta) ha nel corso dei secoli, da Guinicelli a Dante, da Cavalcanti a Petrarca, da Tasso a Parini, da Foscolo a D’Annunzio, plasmato l’inestinguibile incanto dell’eterno femminino.E così ha potuto elevarsi alle grandi opere dello spirito, come la filosofia, la religione, la matematica, la speculazione intellettiva, la letteratura, la poesia, la musica, ove non spaventa la povertà, non atterrisce la fame, non attanaglia la sete, e l'uomo può essere davvero guidato dal libero arbitrio e non più dal genio della specie.

I dati biologici dimostrano solo che la donna è una creatura mondana che vive e si appaga della sfera terrena, e nel corpo deve prosperare: deve dunque attendere che un cantore, mosso a desiderio per la sua bellezza, la eterni nelle immagini e nei suoni dei versi.
L’uomo è destinato a ricercare nello spirito la propria “lunga vita”, in tutte le ose che necessitino di un distacco ascetico dalla dimensione mondana, un vivere “in astratto” , in un universo di idee e di pensieri, alieno dalle cose e dalle gioie del mondo.
Gli uomini vivono sospesi fra cielo e terra, come dice Contini del Petrarca. Poi, per la produzione artistica come missione eternatrice della Bellezza, serve quella riconciliazione con la vita di natura che è data, nell’uomo, proprio dal desiderio carnale e profondo per la femmina il quale (negli individui nati per le cose d’intelletto) si sublima in pensiri, parole, rime, suoni e immagini della poesia.
Tutto questo non è alieno dall'origine biologica di maschi (che devono desiderare, e spesso sublimano ad un livello ideale il desiderio di ebbrezza e di piacere dei sensi, creando una bellezza più che terrena, e, spesso, non dovendo essere "madri" possono vivere e pensare in maniera totalmente astratta dalla realtà sensibile) e femmine (che sono madri e quindi devono essere, come dice madonna chiara "pratiche) e si riflette nella differenza di atteggiamento verso la vita.

La donna è il trionfo della natura sullo spirito
come l’uomo è il trionfo dello spirito sulla morale (O. Wilde)

I sentimenti di una donna si volgono verso gli accadimenti della quotidianità, gli affetti materiali, il trac trac giornaliero, le relazioni proprie della dimensione mondana, i mutevoli conforti forniti dagli strumenti che conservano e difendono la bellezza, le piccole vaghezze e le gioie della normalità, i rapporti che legano la mente alle cose del mondo, le transeunti leggiadrie degli amorini terreni, i particolari della sfera sensibile, le consolazioni fornite dalle riviste e dalle mode e dagli oggetti come le creme e i vestiti. Le più forti virtù dello spirito nascono, per merito e per necessità, dal bisogno nelle ristrettezze e nelle condizioni di svantaggio.
Il naturale disio dell’uomo per il corpo della donna è da sempre il motore della Vera arte. Al mondo non v’è motivo più forte che infonda negli animi degl’uomini gentili quel sentimento da cui germoglia la vita dell’arte.

La donna si appaga dalla sfera terrena e perciò ad essa si volgono i suoi sentimenti più profondi. Quelli di un uomo d'intelletto, invece, non si appuntano sulle vicende terrene o sui particolari del quotidiano, ma tendono ad elevarsi alla sfera lirica ed eroica del sogno e dell'Arte, a sublimarsi in quel mondo nobile ed omerico che ci balena innanzi scaldandoci il petto al leggere o all'udire le gesta degli illustri e de' grandi. Un Uomo può bellamente rimanere insensibile alle sofferenze proprie e altrui dovute a fatti mondani e personali, ma il languore e il fremito, l'odio e l'amore, l'abbandono al soave e la tensione verso la meta Ideale non cesseranno mai di inondargli l'anima allo svolgersi (nella sua mente) delle azioni e delle musiche, delle gesta e dei discorsi compiuti e realizzati dalle sublimi creature dell'arte.

L'uomo, proprio perché percepisce, fin nella sessualità, l'inadeguatezza dell'appagamento terreno all'infinità del suo desiderio, e, psicologicamente, non si sente totalmente a proprio agio nella sfera mondana (nella quale invece prospera la donna, predisposta biologicamente per essere madre e quindi attenta a cogliere ogni sfumatura, ogni affetto ed ogni vaghezza del mondo sensibile) brama eternare il proprio desiderio naturale per la Bellezza in rime, versi, suoni e immagini e marmi, cantando le donne e sublimando le femminee grazie terrene in opere immortali, ed esprimere massimamente se stesso nell'arte, nella cultura, nelle belle lettere e in tutte le espressioni dello spirito in genere (ivi comprese la matematica, la filosofia et ogni altra speculazione intellettiva, ogni tensione ascetica di distacco dagli interessi terreni).

La donna ha il privilegio di essere desiderata in sè e per sè, per la propria mondanità, per la propria grazia, per la propria leggiadria, non ha bisogno di imporsi nel mondo del lavoro o nella società. Un uomo invece non può essere apprezzato se non è avvolto dall'aurea si successo data soltanto dall'aver mostrato la capacità di raggiungere i propri obiettivi. Quello stesso fascino che a una donna è attribuito dalla bellezza a un uomo è donato dal successo, inteso proprio come capacità di ottenere i risultati proposti. A meno che un uomo non sia cinto dall'aureola dell'artista, la quale anche qualora immeritata, fa dire alla donna "in lui brilla la pura fiamma dell'arte alla quale mi scaldo io sola (G.d'A)" egli, come cavaliere, è obbligato a mostrare quanto vale.
Difficilmente una donna ammira un uomo esclusivamente per la bellezza, più facilmente lo apprezza se egli ha la capacità di imporre il proprio valore, anche sul campo delle battaglie economiche, dato il capitalismo imperante in questo mondo. Se nel mondo eroico ed omerico la gloria era conseguita mostrando la propria virtù sul campo di battaglia, in un mondo capitalista come quello moderno la stessa stima è raggiunta con la capacità di produrre ricchezza. Quel medesimo fascino che a una donna è donato dalla bellezza a un uomo è attribuito dal successo, inteso come capacità di ottenere i propri obiettivi. Non è assolutamente escluso che in futuro il valore di un uomo venga attribuito da altro (in un mondo utopico nel quale gli uomini, emancipati dalle occupazioni terrene e soddisfatti al contempo nel proprio desiderio di beltade e di ebbrezza e di piacere dei sensi grazie ad una sessualità emancipata, potranno dedicarsi totalmente alla creazione di opere immortali, nell'arte, nella cultura, nelle belle lettere, nella matematica, nella filosofia ed in ogni altra espressione della speculazione intellettiva o della sublimazione ideale della Bellezza e del desio per la donna, potrà essere, forse, anziché il denaro, il puro spirito) ma rimarrà il fatto che le donne cercheranno in lui l'eccellenza e gli uomini la bellezza muliebre. Perché questo è natura.

E' naturale che le donne trovino affascinanti gli uomini migliori (ognuna nel campo che ritiene soggettivamente più importante, ovviamente, virilità, bellezza, soldi, cultura, intelligenza, cuore, cc.) mentre per l'uomo conta primieramente la bellezza e il desiderio profondo, istintuale (ma al contempo tanto soggetto ad essere elevato dall'intelletto e sublimato in pensieri, parole, versi e rime) da essa suscitato.

Il di lei privilegio sorge dunque dalla natura, e sempre dalla natura deriva anche la nostra possibilità di compensarlo (o addirittura di ribaltarlo), tramite quello stesso desiderio da cui nasce.
Non sarà biologica, ma sempre al natural disìo per il corpo della donna è collegata la causa cui gran parte degli artisti sono uomini (e non è un nemmeno un caso che la massima poetessa donna sia stata lesbica, anche se, generalmente, nell'uomo quel desiderio è più presente, perché profondo, atavico ed insito nelle carni).

Mentre una giovane donna è apprezzata e disiata, come Beatrice, al primo sguardo ("benigna sen va sentendosi laudare") un giovinotto ha necessità di una "occasione" per dare sfoggio di quelle virtù che potrebbero renderlo gradito agli occhi dell'amata. Non sempre i modi e i tempi della vita moderna permettono, soprattutto ad una animo pudico, sensibile e profondo, di rendere palese la propria essenza.

Raramente una donna desidera un uomo per la bellezza e se ne invaghisce al primo sguardo, più facilmente ella vuole prima sondarne il valore per ammirarvi altre virtù, quali la bravura nel creare sogni e illusioni, nel far vivere all'amata "la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude", e non ultime la cultura e l'eloquenza, tutte virtù che si esplicano primieramente attraverso la capacità e l'ordine del dire, senza le qual cose la ragione stessa sarebbe vana.
Per questo ogni uomo d'animo nobile è portato ad essere poeta o scrittore e ogni poeta e scrittore brama eternare la donna in prosa o in rima nella perfezione dell'opera d'arte.

So che molti non saranno d'accordo, ma basta pensare al mondo della natura. Non è forse il maschio del pavone a ricreare con la sua coda l'arcobaleno per attirare la femmina all'accoppiamento? Non è forse il maschio del passero a far vibrare l'aere di dolci canzioni dall'armonia oltre-umana nella stagione degli amori? Non è forse il maschio delle fiere ad inseguire gli esemplari femminili non appena zefiro esala il soffio della Primavera?
Perchè allora non si potrebbe, anzi non si dovrebbe pensare che anche nella specie umana sia il maschio a creare cose mirabili per rendersi bello agli occhi della femmina che desidera?

Proprio il naturale desiderio dell’uomo nei confronti del corpo della donna ha creato l’arte, mentre il gusto delle donne boccaccesche l’ha affinata e consegnata alla Storia.
"Chi è questa che vien c'ogn'om la mira/ che fa tremar di chiaritate l'aere/ e mena seco amor sì che parlare/ null'omo pote ma ciascun sospira" esclama, con Guido Cavalcanti, chi vede la bella signorina.
Il privilegio "stilnovista" di essere amate dall'anima nel momento stesso in cui si rendono visibili dovrebbe far capire alle ragazze come il naturale disio dell’uomo per il corpo della donna sia da sempre il motore della Vera arte.

Tutto quello che di bello e di sublime esiste al mondo, quei sogni soavi, quell’ incantate parvenze, quelle gioie dell'anima che condensate in immagini il volgo chiama poesia, quelle felicità pure e intellettuali che suscitano l'ebbrezza inesausta dei sensi e delle idee, tutto ciò che, ultimativamente, si staglia dai gesti banali della quotidianità per elevarsi all'eterno, all'azione eroica e superba, alla sfera dell'ideale, del perfetto e dell'imperituro è stato plasmato dalla mente di uomini illustri ispirati da splendide donne, la cui visione eternamente emana divina bellezza e Meraviglia.
Reputo non trattarsi né di superiorità né di inferiorità, ma di un differente modo di contribuire alla Cultura che ha nome Humanitas, nel più vasto significato. La prima vera forma di significato del termine rispetto non è l'uguaglianza, ma il rispetto dei ruoli che la natura e la tradizione hanno consegnato. La concezione di donna come musa ispiratrice, che tu sembri criticare, ha creato quelle meraviglie che il mondo ammirerà in eterno. Si pensi, ad esempio, all’opera tutta di Padre Alighieri, il quale ha posto la donna ad effigie della beatitudine d’animo sorgente dalla conoscenza (sublimata dalla figura di Beatrice - Filosofia) o al Neoplatonismo di Pietro Bembo che nei dialoghi “gli Asolani” rimira la bellezza femminile come tramite verso la contemplazione delle Idee.
La cosiddetta cultura di genere a confronto di queste scompare come la luna al sorgere del sole. La vera cultura non può essere di genere, ma è frutto di un incontro fra i generi nel quale il maschile, grazie al proprio desiderio, partecipa come artefice e la donna, grazie alla propria beltà, come musa ispiratrice. Nessuno dei due ruoli è inferiore all'altro, giacché entrambi sono parimenti indispensabili. Chi sarebbe Petrarca senza Laura, Boccaccio senza Fiammetta, Cavalcanti senza Vanna: sarebbero qual Orfeo senza Euridice. Questo è il messaggio del "Dolce Stilnovo ch'i odo" e la vera parità fra i sessi: rinnegarlo, come fa una parte della sinistra marxista, equivale a rinnegare l'arte e a distruggere la civiltà italiana. Chi misconosce questi concetti per conformità con il falso sapere dei moderni, dei sociologi, dei sacerdoti, delle femministe, dei cartecei schiavi del giorno (ovvero giornalisti) meriterebbe la scomunica da parte della ideale comunità dei dotti di ogni epoca.
Come nella Donna è gravido il corpo, così lo spirito nell'Uomo è gravido. E' un fatto che i creatori delle opere immortali che con la loro armonia vincono di mille secoli il silenzio siano principalmente uomini mossi dalla volontà di eternare il proprio desiderio di bellezza nel mondo delle idee e deificare la donna nella più perfetta delle forme: l'interpretazione di questo fatto cade nel campo delle opinioni. Non credo ciò sia perché le donne non siano capaci (come credono i maschilisti) o perché siano state impedite a svolgere attività artistiche (come pensano le femministe), ma semplicemente perché hanno un desiderio naturale differente e un differente atteggiamento verso la vita il quale crea interessi diversi.
Chi infatti ha impedito alle amate da Catullo, Properzio, Orazio, tra le quali vi erano certamente "doctae Puellae" di ricambiare in versi l'amore dei poeti? Chi ha vietato alle sorelle di Leopardi di accedere alla biblioteca paterna per essere germane anche intellettualmente dell'Infelice? Chi ha impedito alla coltissime e raffinate dame ottocentesche di comporre per amore di un uomo romanzi degni di Flaubert, Stendhal, Dumas, Hugo? Evidentemente tutte costoro amavano essere cantate in versi più che cantare.

Fortuna o sfortuna, io non mi lamento. Per me quel desiderio è creativo e, negli uomini nati per le cose dell'intelletto, costituisce motore di grandezza ed eternità, quale mai altra forza al mondo potrebbe essere.

L'arte secondo me, come secondo Freud, ha profondi legami con la sublimazione dell'impulso sessuale (sia che si tratti di un modo per appagarsi di qualcosa che non si può raggiungere, sia che si configuri come un tentativo di elevare all'eterno o comunque ad una sfera più nobile nella quale la durate e l'intensità sono maggiori, l'appagamento terreno, il quale è sempre finito confronto all'infinità del desiderio)
negli uomini è naturalmente più sviluppato quel punto

Ciò è evidente quando (come nelle sacerdotesse di Venere a pagamento) si ricerca, sopra ogni cosa, il piacere assoluto, il piacere erotico, cioè, liberato e discinto dai normali rapporti fra individui vigenti nel mondo "apollineo", e ridonato invece alla profondità e all'immediatezza del desiderio di natura, al substrato antico e profondo, nobile e immortale, della vita cupida di sé restituita alla unità primordiale antecedente la frammentazione in individui, a quella dimensione che Federico Nietzsche, nostro devoto ammiratore, volle chiamare "mondo dionisiaco".

Grande progresso nella conoscenza della vita e del mondo si sarà fatto quando non solum la luce della ragione sed etiam l’immediatezza dell’intuito, chiariranno alle genti quanto il disire di natura dell'uomo verso il corpo della donna sia connaturato a quella voluptas cinetica che muove in mondo cantata da Lucrezio nel De Rerum Natura e sia parte di quello stesso palpito della vita universa che mai cessa di generare bellezza, che mai rinuncia ad ispirare le opere e le azioni dei Grandi.

“Aeneadum Genitrix, hominum divumque voluptas, Alma Venus caeli subter labentia signa, quae mare navigerum, quae terre frugiferentis…”:
“Desìo degli uomini e piacere degli dèi, Alma Venere che sola dai alimento alla vita, senza Te nulla può sorgere sotto le stelle scorrenti del cielo o alle radiose piagge della luce. Tu fai che il mare sia sparso di navi e le terre siano feconde di messi: tra i viventi di ogni essere nuovo Tuo è il merito se viene concepito, se ha nascita e se vede la luce; Te, o Dea, fuggono i venti quando arrivi, e le nubi del cielo; ai Tuoi piedi ad arte la terra fa spuntare fragranti i suoi fiori, a te sorridono le distese marine, e nel cielo fatto sereno una chiara luce e diffusa sfavilla. Cosi’, non appena un giorno rivela Primavera, e dischiuso lo Zefiro fa sentire il suo soffio fecondo, sono primi gli uccelli dalle candide piume, o Divina, a dar segno di te e del tuo arrivo, il cuore scosso dalla tua forza.”
Un fanciullo brama la donzella avvenente così come un fiore sboccia, un usignolo canta, un prato fiorisce, una cascata irrompe, e quando il suo desire si volge in attività d’intelletto allora i versi e le rime scorrono con quella medesima magia propria dei prodigi di natura, come l’avvento della Primavera o il riflesso sull’onda lucente di quella conchiglia d’argento che chiamiamo Luna.
Un uomo che vede la bella dama e tosto la brama con tutto il sue essere, è pervaso da quello stesso fremito che mosse Jacopo da Lentini, notaio del Grande Federico II di Svevia, a inventare il metro perfetto del sonetto per celebrare la sua divina bellezza, è inondato da quello stesso languore che rende sublimi e inimitabili le Rime del Tasso, è permeato di quello stesso desire che spinse Catullo a comporre i carmi immortali di Lesbia, è invaso da quello stesso ardore che generò le novelle Rinascimentali e le rime petrarchiste di schiere di dotti dalle raffinate squisitezze intellettuali.

Come diceva Papa Borgia, quando ancora scriveva nei forum di escort, un uomo bramoso e d’intelletto non può pero’ accontentarsi di una sola musa, di una sola dea, di un solo mondo. Egli ha bisogno di un intero Pantheon cui volgere il proprio irrefrenabile, puro, nobilissimo desiderio di Bellezza e di Piacere. L’uomo che vuol essere tale e vuol vivere come tale non può appagarsi della singolarità. Non cedete, fratelli, al pregiudizio monogamico imperante nell’antivitalistica visione del mondo occidentale, ove tutto ciò che è natura e vita viene condannato limitato dalle leggi o dal moralismo. Uomini quali noi siamo hanno necessità di fecondare con la propria brama di bellezza e di sapienza l’intera multiforme vastità dell’universo femminile, non limitarsi ad un solo mondo, una sola donna. Se è vero, come è vero, che una donna vera, finchè è tale, con il suo mistero e la sua natura rappresenta un intero mondo, è altrettanto vero che diverse donne significano diversi mondi. Per questo chi, mosso da infinito desiderio, da incommensurabile brama, dal puro intento di consacrare il proprio intelletto alla celebrazione eternatrice della bellezza femminile in rime, suoni, opere e parole, si riconosce mosso da quell’Eroico furore (eroico da Eros) di cui con tanto core si scrive nelle visioni di Giordano Bruno, non può non desiderare Infiniti Universi e Mondi. Come nell’Infinito Universo et Mundi, chi desidera è simile, nella sua infinita volontà creatrice, a un dio che non può e non vuole limitarsi a un mondo, ma ne pensa, ne genera, ne ama infiniti. “Est deus in nobis”, per chi brama una donna, per cui in realtà, nella realtà dionisiaca, le brama tutte.

Anche le donne sono sessuate, ma generalmente, nell'uomo quel desiderio è più presente, perché profondo, atavico ed insito nelle carni e l'arte è, deve essere per essere vera, profondamente legata alla sessualità, o almeno a quanto di più profondo e intimo alberghi nell'essere umano, alle pulsioni innate, agli istinti primordiali alla natura primigenia cupida di sé antecedente la frammentazione in individui, a quanto di più puro e nobile sia dato ancora alle umane genti.

Questa dimensione "dionisiaca" comunica a noi per tramite degli istinti profondi, delle pulsioni insopprimibili, degli slanci violenti e dei desideri puri e primordiali, non corrotti dalla società, come il coinvolgimento irresistibile del coro, per sottolineare il nostro legame di esseri viventi con la furia e la gioia della vita, e la sua manifestazione in noi è pura ebrezza, come quella del vino o della velocità.

Vi sono momenti, come la danza, l'ascolto di un coro tragico, il furore del tifo, l'ebrezza della velocità, la tensione agonistica di una sfida sportiva, il rapimento estatico e l'attrazione fisica dinnanzi a una donna, nei quali la vita brama di uscire dalla sfera della persona per abbandonarsi ai flutti della voluttà, alle onde del desiderio, alla furia dei sensi, all'impeto dell'eroismo, a trasporre se stessa in un mondo simbolico, omerico e fantastico, ove si agisce come su un palcoscenico, si sente come i sublimi personaggi della tragedia, si palpita della medesima vita da cui sono animate le supreme creature della Grande arte.

Io non mi offendo essere paragonato all'animale, giacché per me non è basso e vile appagare i propri instinti, coltivarli, accrescerli, affinarli alla dimensione intellettuale ed elevarli alla divina grandezza dell'arte, ma alto e nobile, e degno dell'uomo libero (soprattutto dalla morale).

Ho chiamato quegli istinti puri e nobili: puri in quanto ridonati alla furia primigenia della vita cupida di sé, non nascenti da nulla che non sia la natura genitrice e il desiderio profondo, e non influenzati dalla credenza secondo cui l’istinto sarebbe meno importante della ragione, la passione meno degna del calcolo, la pulsione più vile dello slancio ideale (e si sarebbe, secondo questa malata coscienza, tanto più nobili quanto più si negano i propri istinti, si cancellano le proprie passioni, si inibiscono le proprie pulsioni); e nobili in quanto veramente nobile è (come dovrebbe essere in una coscienza non malata), saperli sublimare, affinare ed accrescere alla nobile grandezza dell’arte, eternare le proprie passioni in atti, fatti e detti memorabili, elevare le proprie pulsioni nella produzione di opere mirabili dell’intelletto o dell’ingegno ispirate dal desiderio carnale per la donna e fattesi suono, rima, immagine. La nobiltà non è nel non avere istinti, o nel limitarli, ma nell'esprimerli con raffinato stile, nel soddisfarli con arte superba, e soprattutto, nel non vergognarsene, giacché l'anima nobile è innanzitutto colei che ha venerazione per se stessa.

E’ naturale che primieramente l’uomo ricerchi ed ammiri in una donna le sue belle forme, l'armonia del corpo, la vaghezza del viso e l'altre grazie corporali, Ad ogni modo, sin dal primo istante, si vede, nella donna, la femmina, il che non è dispregiativo
(almeno in un contesto in cui si parla di sessualità, non di lavoro, di studio, ecc.) e la si sceglie in base alla bellezza e i desideri profondi che sa suscitare (ma in questo caso profondo è sinonimo di istintuale, naturale, insito nelle carni, di ciò che è antico, e non di intellettuale ed elevato e frutto del pensiero). Con gli occhi dell’immaginazione e i sensi del corpo si desidera subito, con la stessa naturalità di una cascata irrompente nella calura dell’estate o di un’aurora sorgente sull’onde lucenti del mare, vivere momenti di ebbrezza e di piacere discinto da tutto e tutti (o, per chi non pone fiducia alla fugacità delle gioie terrene, di sublimare gli istinti e i desideri nella divina grandezza dell'arte, o comunque ad un livello intellettivo, in opere, suoni, immagini, nel quale possano dare piacere per più tempo di qualche minuto, e tramandare il ricordo ai posteri, ma questo sarebbe già un discorso successivo fatto più e più volte).

Per questo grande ammirazione deve essere rivolta a quegl’ Uomini che grazie alla forza del proprio intelletto e della propria volontà riescono ad elevare quelli che nelle belve sono puri istinti a una dimensione di armonia perfetta e quieta grandezza sublimandoli in speculazioni filosofiche o produzioni artistiche.
Pensiamo agli elegiaci latini, che per primi portarono in Roma il metro della poesia amorosa nato sulle sponde del greco mare, al Tibullo delle elegie "umide di pianto" e al Properzio della "nequitia".
Pensiamo ad Ovidio, maestro dell'Ars Amandi, che oltre a redigere il primo trattato in esametri sulla conquista amorosa, rese immortale nei suoi perfetti distici la sua Corinna.
Pensiamo ai poeti siciliani della corte di Federico II iniziatori della , fra cui spicca Jacopo da' Lentini, il Notaro, celebre inventore del divino metro c'ha nome sonetto.
Pensiamo agli stilnovisti, all'uno e all'altro Guido e a Padre Dante, che introducendo il tema filosofico resero la lirica amorosa qualcosa di tanto alto e sublime da non poter essere raggiunto dai contemporanei nè superato dai posteri.
Pensiamo a "quel dolce di Calliope labbro" che "amor nudo in Grecia e Nudo in Roma pose in grembo a Venere Celeste" e che, nomandosi Petrarca, rese i propri sonetti, dallo stile puro e rarefatto, il modello ideale di Poesia.
Pensiamo al grande gaudente Boccaccio, che, per far tornare il sorriso sul volto delle proprie amanti, inventò quelle novelle ispirate alla ricerca del piacere ed al culto della bellezza tramite le quali si forgiò, nel periodare ampio ed armonioso, il modello ideale di prosa.
Pensiamo ad Angiolo Poliziano, che nei versi soavi e delicati delle "Stanze della Giostra" rende eterna la figura di Simonetta, non mortale e non terrena nella sua tenue soavità agli occhi umani, più che ninfa, dea, simbolo d'ogni ideale estetico femmineo quattrocentesco (“nell’atto regalmente è mansueta e pur col ciglio le tempeste acquieta”) ed effigie della primavera fuggente e di tutte le gioie indefinite e caduche della vita.
Pensiamo al Cardinal Bembo, il quale, nello splendido dialogo platonico "Gli Asolani", vede la bellezza femminile quale tramite per la contemplazione del mondo delle idee, vera e propria copula mundi, "fra le cose inferiori, che sono terrene, e quelle superiori, che sono divine".
Pensiamo a Ludovico Ariosto, che narrando di donne, d'armi e cavalieri riuscì a parlare, nei larghi modi di un'ottava dall'armonia perfetta, della vera commedia umana del Cinquecento.
Pensiamo a Torquato Tasso, capace di effondere, nel madrigale, toni di tenue musicalità e di indicibile languore, eternando così nelle sue "Rime", nella loro malinconica tristezza, nel loro indimenticabile chiaroscuro, le proprie amate.
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Pensiamo soprattutto al Foscolo dell'Amica Risanata, sul quale più volte in passato mi è piaciuto soffermarmi..


Il fatto di disiare primieramente la bellezza di una donna non fa l'uomo meno intelligente, semmai lo fa più creativo in quanto più profondo.

"L’intelletto femminile. L’intelletto delle donne si manifesta come perfetta padronanza, presenza di spirito, sfruttamento di tutti i vantaggi. Esse lo trasmettono come loro qualità fondamentale ai loro figli, e il padre vi aggiunge il fondo piú oscuro della volontà. L’influsso del padre determina per cosí dire il ritmo e l’armonia, secondo cui si svolgerà la musica della nuova vita; mentre la melodia di essa proviene dalla donna. – Detto per coloro che sanno trarre profitto da qualcosa: le donne hanno l’intelletto, gli uomini il sentimento e la passione. Ciò non è contraddetto dal fatto che gli uomini giungano in realtà tanto piú lontano con il loro intelletto: essi hanno gli impulsi piú profondi e piú forti; sono questi che portano cosí lontano il loro intelletto, che di per sé è qualcosa di passivo. Spesso le donne si meravigliano segretamente della grande venerazione che gli uomini tributano al loro sentimento. Se gli uomini, nella scelta della loro compagna, cercano soprattutto un essere profondo, pieno di sentimento, e le donne invece un essere intelligente, fornito di presenza di spirito e brillante, si vede in fondo chiaramente come l’uomo cerchi l’uomo idealizzato e la donna la donna idealizzata, ossia non l’integrazione, bensí il perfezionamento dei propri pregi." FRIEDRICH NIETZSCHE

Sono le pessime letture moderne, le credenze femministe e l'analfabetismo post-sessantottino che fanno invece l'uomo (un certo ultimo uomo) più stupido.

SALUTI DALLA SUBLIME PORTA

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