La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Çarşamba, Kasım 08, 2006

A PROPOSITO DI PULSIONI COMPLEMENTARI

Che la bellezza fisica di una donna si debba accompagnare ad altra bellezza fisica (maschile) è un'idea "moderna", "televisiva", "politicamente corretta" (ripresa e sfoggiata da talune donne come segno di emancipazione e sostenuta da taluni uomini come mera speranza di essere apprezzati pur senza eccellere in nulla al di fuori della palestra), e piuttosto ingenua. Io, invece, cresciuto alla scuola del Dolce Stilnovo, penso che la beltà corporale di una donna si accompagni piuttosto alla conoscenza ("biltà di donna e di saccente core", diceva Guido de' Cavalcanti), ad una bellezza non corporale chiamata "cor gentil", alla cultura, alla squisitezza intellettuale, all'abilità di creare, con le parole, suoni e immagini tali da perdere la mente negli imperi dell'illusione e del sogno e di donare a chi ascolta, come nel rapimento estatico dell'arte, un'ebrezza inesausta dei sensi delle idee. Non dunque ad altra bellezza corporale associo la fisicità di una donna, ma all'amore per la Bellezza stessa, ossia per tutto ciò che essa ha ispirato nei secoli agli uomini dotati d'intelletto e di sentire nobile, e, sopra ogni cosa, per l'idea immortale del Bello in tutte le espressioni attraverso le quali si rende sensibile agli occhi, alle orecchie, alle menti dei mortali: la poesia, la scultura, la pittura, il bel canto, la musica, le belle lettere e, ovviamente, le Donne.

Se la Donna è come un verso, non può e non deve essere apprezzata dalla Ragione, ma deve essere amata dall’anima nell’istante in cui si fa visibile,
allora l’uomo è come la prosa ampia, elegante ed armoniosa del Boccaccio: ha bisogno di tempo e di spazio per esplicare tutto il suo fascino e deve soprattutto comunicare un senso.
Una Donna potrà apprezzare un uomo dopo averlo conosciuto nel fondo dell’animo, così come si apprezza un romanziere, il suo pensiero e il suo stile, dopo aver letto le sue opere, ma per un Uomo non esiste fiamma d’amore vero che non scaturisca dalla vista, il più nobile dei sensi, come sosteneva Cavalcanti. Dall’ammirazione per la Bellezza l’uomo dotato di intelletto si eleva alla contemplazione di quel mondo Ideale dello spirito a cui ha anelato a lungo nelle sue speculazioni filosofiche o nelle sue estasi artistiche. La Donna, sacerdotessa di Citera sulla Terra, proprio come un verso perfetto, deve rispettare, nel corpo e nello spirito, nel vestire e nel guardare, nel comportamento e nelle movenze i canoni classici di armonia, di compostezza e di equilibrio, raffigurando al contempo l’elegante slancio della bellezza terrena verso quella divina con la grazia dello stelo di un giglio proteso verso la luce.
La donna ha il privilegio di essere desiderata in sè e per sè, per la propria mondanità, per la propria grazia, per la propria leggiadria, non ha bisogno di imporsi nel mondo del lavoro o del successo. Un uomo invece non può essere apprezzato se non è avvolto dall'aurea si successo data soltanto dall'aver mostrato la capacità di raggiungere i propri obiettivi. Quello stesso fascino che a una donna è attribuito dalla bellezza a un uomo è donato dal successo, inteso proprio come capacità di ottenere i risultati proposti. A meno che un uomo non sia cinto dall'aureola dell'artista, la quale anche qualora immeritata, fa dire alla donna "in lui brilla la pura fiamma dell'arte alla quale mi scaldo io sola" (G.d'A) egli, come cavaliere, è obbligato a mostrare quanto vale. Difficilmente una donna ammira un uomo esclusivamente per la bellezza, più facilmente lo apprezza se egli ha la capacità di imporre il proprio valore nel mondo. Se nel mondo eroico ed omerico la gloria era conseguita mostrando la propria virtù sul campo di battaglia, in un mondo capitalista come quello moderno la stessa stima è raggiunta con la capacità di produrre ricchezza. Non è assolutamente escluso che in futuro il valore di un uomo venga attribuito da altro (in un mondo utopico nel quale gli uomini, emancipati dalle occupazioni terrene e soddisfatti al contempo nel proprio desiderio di beltade e di ebbrezza e di piacere dei sensi, potranno dedicarsi totalmente alla creazione di opere immortali, nell'arte, nella cultura, nelle belle lettere, nella matematica, nella filosofia ed in ogni altra espressione della speculazione intellettiva o della sublimazione ideale della Bellezza e del desio per la donna, potrà essere, forse, anziché il denaro, il puro spirito) ma rimarrà il fatto che le donne cercheranno in lui l'eccellenza e gli uomini la bellezza muliebre. Perché questo è natura.
“Desìo degli uomini e piacere degli dèi, Alma Venere che sola dai alimento alla vita, senza Te nulla può sorgere sotto le stelle scorrenti del cielo o alle radiose piagge della luce. Tu fai che il mare sia sparso di navi e le terre siano feconde di messi: tra i viventi di ogni essere nuovo Tuo è il merito se viene concepito, se ha nascita e se vede la luce; Te, o Dea, fuggono i venti quando arrivi, e le nubi del cielo; ai Tuoi piedi ad arte la terra fa spuntare fragranti i suoi fiori, a te sorridono le distese marine, e nel cielo fatto sereno una chiara luce e diffusa sfavilla. Cosi’, non appena un giorno rivela Primavera, e dischiuso lo Zefiro fa sentire il suo soffio fecondo, sono primi gli uccelli dalle candide piume, o Divina, a dar segno di te e del tuo arrivo, il cuore scosso dalla tua forza.” (Lucrezio, "De Rerum Natura")
Un fanciullo brama la donzella avvenente così come un fiore sboccia, un usignolo canta, un prato fiorisce, una cascata irrompe, e quando il suo desire si volge in attività d’intelletto allora i versi e le rime scorrono con quella medesima magia propria dei prodigi di natura, come l’avvento della Primavera o il riflesso sull’onda lucente di quella conchiglia d’argento che chiamiamo Luna.
Un uomo che vede la bella dama, e tosto la brama con tutto il sue essere, è pervaso da quello stesso fremito che mosse Jacopo da Lentini, notaio del Grande Federico II di Svevia, a inventare il metro perfetto del sonetto per celebrare la sua divina bellezza, è inondato da quello stesso languore che rende sublimi e inimitabili le Rime del Tasso, è permeato di quello stesso desire che spinse Catullo a comporre i carmi immortali di Lesbia, è invaso da quello stesso ardore che generò le novelle Rinascimentali e le rime petrarchiste di schiere di dotti dalle raffinate squisitezze intellettuali.

Raramente invece una donna desidera un uomo per la bellezza e se ne invaghisce al primo sguardo, più facilmente ella vuole prima sondarne il valore per ammirarvi altre virtù, quali la bravura nel creare sogni e illusioni, nel far vivere all'amata "la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude", e non ultime la cultura e l'eloquenza, tutte virtù che si esplicano primieramente attraverso la capacità e l'ordine del dire, senza le qual cose la ragione stessa sarebbe vana.

E' naturale che le donne trovino affascinanti gli uomini migliori (ognuna nel campo che ritiene soggettivamente più importante, ovviamente, virilità, bellezza, soldi, cultura, intelligenza, cuore, cc.) mentre per l'uomo conta primieramente la bellezza e il desiderio profondo, istintuale (ma al contempo tanto soggetto ad essere elevato dall'intelletto e sublimato in pensieri, parole, versi e rime) da essa suscitato.
"Chi è questa che vien c'ogn'om la mira/ che fa tremar di chiaritate l'aere/ e mena seco amor sì che parlare/ null'omo pote ma ciascun sospira"
esclama, con Guido Cavalcanti, chi vede la bella signorina.

Senza voler pretendere di racchiudere in queste parole l'intero multiforme universo femminino, e circoscrivendo il discorso alle interpreti di quel sogno estetico dell'anima moderna quale viene ricercato e bramato dalla massima parte degli uomini (nei forum di escort e in altri siti), dirò quanto segue.
Le belle donne (almeno quelle che piacciono a me, poiché la loro beltà è tanto alta e nova
da poter essere, in condizioni ordinarie, soltanto vagheggiate di giorno, nel sogno ad occhi aperti di chi le mira gir per via, o castamente disiate di notte, come l'imminente luna e le stelle palpitanti, dall'anima sospesa di chi, nel silenzio e nello stupore, eleva a loro lo sguardo sospirando), non cercano invero un uomo la cui primaria qualità sia la bellezza fisica. Dato che nella vita "normale" fanno magari le modelle, non sentono necessità di accompagnarsi ad un uomo che sia come loro "fisicità", giacché non vogliono sentirsi competere con lui in questo. Più facilmente cercano un uomo che, come esse eccellono nella bellezza, eccella in altri campi quali la capacità di dimostrare il proprio valore, di affermarsi, la capacità di far sentire alla fanciulla di vivere in una favola, l'abilità di perdere la donna negli imperi
occulti del sogno, la brama di erudizione e di squisitezze intellettuali, la sete di cultura, la tensione all'eccellenza nel fare come nel dire ed altre infinite virtù che si esprimono soltanto con
l'uso della parola, con la modulazione della voce, con il tempo dato al corteggiamento e che in un giovane ed inesperto non possono per forza di cose svilupparsi in quella prima età nella quale sulle donne fiorisce la bellezza. Non ultima, nel mondo odierno, deve essere la capacità di eccellere in campo economico.

Ecco spiegato il tutto. Non c'entrano (almeno qui) il cinismo, l'opportunismo o il plagio sociale (magari la società cambierà il concetto di "uomo affermato o virtuoso", così come cambia il modello estetico di bellezza muliebre, ma non il fatto che si desideri ciò). E' solo natura.

CONCLUDENDO
E' assolutamente naturale (ossia derivante direttamente dalla biologia) che l'uomo ammiri la bellezza di una donna e inizi a bramarla dal primo sguardo, mentre è prodotto della cultura, comunque nascente da ciò, e della forza della sua volontà e del suo intelletto, il voler elevare questa sete di bellezza e di piacere alla produzione di opere immortali, per eternare nei versi, nelle rime, nei suoni e nelle immagini della poesia l'oggetto del proprio desiderio e il desiderio stesso (non accettandone, dentro di sé, la sua finitezza, la sua morte, il suo dissolversi) per prolungare i momenti di estasi dei sensi nella sfera nobile del pensiero, o nell'infinito dell'arte, quasi a vincere nella grandezza dell'ideale artistico il distacco fra l'infinito del desiderio e la finitezza del suo appagamento terreno, che nella sessualità maschile è massimamente evidente. E' altrettanto naturale che la donna, la cui sessualità si è evoluta dal bisogno di bellezza carnale fino a rendere indipendente l'orgasmo dall'accoppiamento in sé (come dice la biologa), finisce (almeno nelle sue espressioni meglio riuscite) per desiderare nell'uomo la sua stessa bellezza, ma sublimata a livello intellettuale. Le donne eternamente (e naturalmente, non solo culturalmente) preferiscono un uomo colto (anche se magari coltivato in cattività), raffinato, gentiluomo, capace di tenere il petto un cor gentil, quella bellezza non corporale la quale sola racchiude quelle virtù d'animo e quelle doti d'intelletto in grado di permettere ad un mortale di accostarsi ad una donna di bellezza celeste ("Biltà di donna e di saccente core", diceva Guido de' Cavalcanti), rispetto ad uno stallone bruto.

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