La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Cuma, Şubat 04, 2011

ELISA DI NOTTE: IL LIETO FINE

Un tempo al liceo un mio amico ed io, per farci forza nelle difficoltà fisiche e mentali dell'inverno scolastico, avevamo un motto: "il freddo purificatore". Come il fuoco, bruciando, purifica, così il gelo, aggredendo le membra, fortifica le menti dei forti.
A Città di Castello oggi tutti gridano alla tragedia. I soliti preti addirittura parlano di "grido di lamento lasciato inascoltato". Io sostengo il lieto fine. E, tanto per tirare in ballo la religione, parlo di "menzogna spenta dalla giustizia divina".
Cosa sarebbe successo infatti se la bella "Elisa" non fosse morta assiderata dopo aver denunciato una violenza mai subita (come ha chiaramente mostrato l'autopsia)?
Cosa sarebbe successo se fosse stata in compagnia del fidanzato, di un amante occasionale, di un amico, o semplicemente di un uomo colpevole di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato?
Stando a quanto accade in tanti altri casi simili fino a quel punto, e soprattutto a quel che il femminismo vuole sempre più far accadere per prassi, il "maschio violentatore" sarebbe stato arrestato e imprigionato sulla sola parola di lei, anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza. E magari, anche dopo le verifiche mediche e il processo, sarebbe pure stato condannato con l'argomento "l'assenza di segni di penetrazione violenta non necessariamente esclude la possibilità di forme di coercizio e di violenza meno invasive". E la Cassazione (omettendo come sempre di notare che prima di provare oggettivamente la violenza la vittima è soltanto presunta e che se è la stessa persona a poter fungere al contempo da accusa e da testimone-fonte di prova, la presunzione di innocenza è violata clamorosamente) avrebbe confermato la condanna ribandendo (come se la lezione di Kant sull'impossibilità di dimostrare per via logico-sintattica l'esistenza o meno di qualcosa fosse passata in vano) che "nei reati sessuali la testimonianza della vittima può costiture fonte di prova su cui fondare anche esclusivamente il convincimento di colpevolezza dell'imputato, purchè il giudice ne dia adeguata motivazione" (con argomentazioni degne dei sofisti, ovvero fondate sulle parole e non sui fatti).
Questa volta la Divina Provvidenza ha invece allungato le proprie mani sulla mentitrice evitando che l'ennesimo uomo innocente
fosse trattato da tutti come un mostro, dovesse ipotecare i propri beni per pagare le spese processuali, finisse da innocente alla gogna mediatica e sociale, dovesse ragionevolmente temere di avere rovinata per sempre sotto ogni punto di vista sentimentale, economico, morale e relazionare, nonché con la psiche e a volte anche il corpo segnati indelebilmente dall'esperienza del carcere, con tutto quanto consegue secondo il codice barbarico dei carcerati per gli accusati di violenza sulle donne, ma anche secondo la mentalità politicamente corretta per cui mettere in dubbio la parola di una donna è già prova di colpa e "seconda violenza" (e quindi la terribile sensazione di chi è accuasato sapendosi innocente è simile a quella di una vittima della santa inquisizione).
Ecco perchè parlo di Freddo Purificatore.
Voi piangete pure la morte di una stronza. Io sorrido per il salvataggio di un fanciullo innocente.
E lancio dal mio pulpito un monito: questa sia la fine per tutte le troiette mentitrici dell'occidente, che prima, in balia dell'alcool o della trasgressione, ne combinano di tutti i colori e poi, per incapacità di rispondere delle proprie azioni davanti ai genitori, ai fidanzati, agli amici, al mondo, dicono di essere state "violentate".
Se l'uomo occidentale è tanto stupido da lasciarsi distruggere dal femminismo lo stato di diritto (con tassatività delle definizioni e presunzione di innocenza) e tanto vigliacco da non usare più la giusta dose di brutalità contro le femmine ingannatrici e corruttrici, ci deve pur pensare un Dio a bruciare, questa volta con il gelo, le STREGHE!


P.S.
Se non vi sono riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta violenza e chi, con la sua testimonianza, funge da fonte di prova, parla nella stessa persona della parte accusatoria (che solo nell'artificio giudiziario è considerata distinta dalla teste, come se le persone, e i loro interessi, si potessero sdoppiare fra "parte interessata" e "parte imparziale"), allora l'accusato ha di fatto subito come prova contro di sè il fatto stesso di essere accusato (esattamente come nella vituperata inquisizione), e diviene suo onere cercare nei fatti e nei testimoni riscontri alla propria versione. Non può più, come vorrebbe lo stato di diritto, pretendere che sia l'accusa a dimostrare, con prove oggettive e testimonianze imparziali, che quanto racconta sia vero.
Basta che la storia raccontata dall'accusa appaia più credibile di quella raccontata dalla difesa. Non è più necessario, come vorrebbero ogni diritto ed ogni ragione di un mondo civile, che ogni versione che veda l'imputato innocente sia oggettivamente dimostrata come impossibile.

E non mi si venga a dire che "la giurisprudenza ha trovato modi per permettere all'accusa di fare anche da teste senza pregiudicare l'equilibrio fra le parti". Non mi si parli di "verifica della credibilità oggettive e dell'attendibilità soggettiva" come "condizione sufficiente" per salvare la presunzione di innocenza.

La credibilità oggettiva non sussiste mai.
Vero è che una testimonianza falsa può essere riconosciuta come tale per eventuali incoerenze ed illogicità, o per assenza di certi particolari e per gli eccessi nel dipingere negativamente l'imputato e nel raccontare fatti tanto cruenti e malvagi da parere al limite del parossismo, ma è altrettanto vero che è perfettamente possibile inventare qualcosa di mai esistito ma dotato di tutte le caratteristiche di coerenza, logicità, consonanza, ricchezza di particolari, assenza apparente di volontà di infierire sull'imputato.
Come insegnato da Kant nella dimostrazione sull'infondatezza della prova ontologica di Sant'Anselmo ("fra tutti gli attributi di un essere perfetto deve esistere l'esistenza quindi dio esiste), l'essere non è un predicato. Come nell'esempio dei talleri immaginati e di quelli veri, la differenza fra una cosa vera e una immaginaria non è necessariamente qualitativa (non c'è alcuna differenza infatti tra i talleri: quelli immaginati sono identici a quelli reali), ma risiede nel semplice fatto (verificabile solo e soltanto con l'esperienza) che l'una esiste e l'altra no. Quindi è assolutamente impossibile stabilire con certezza se un fatto sia vero o meno basandosi solo sulle parole.

L'attendibilità soggettiva non può esistere nel caso la teste sia parte in causa.
Già la "rigorosa verifica positiva sull'assenza di motivi di astio o interesse per cui calunniare l'imputato" richiederebbe, per assurdo, non solo di dimostrare per falsi i motivi più plausibili (vendetta sentimentale, ricatto, rancore generalizzato verso gli uomini, volontà di risarcimento, patologico bisogno di sentirsi vittima per avere attenzioni, timore di essere sgridate dai genitori, di lasciar scoprire un tradimento o di rendere pubblico un comportamento giudicabile come troppo disinibito),
ma di verificare che nessun altro possibile motivo (anche il più incredibile e nascosto, dallo sfogo capriccio di giornata alla riproduzione di una situazione da film, dalla decisione di guadagnare come una meretrice senza esserlo, ricattando gli uomini di volta in volta adescati -"se non paghi quello che dico dico che mi hai stuprata", al sadico diletto di vedersi creduta a priori mentre la controparte è messa alla gogna, trattata da mostro e tenuta a tacere o presa se parla degna solo del riso o del disprezzo, finoanche alla scommessa alla don rodrigo con un'amica sulla possibilità di rovinare la vita al primo che passa con la sola parola) sia sussistente. E per fare ciò servirebbe un viaggo nel profondo della psiche umana, da cui nessuno potrebbe comunque trarre conclusioni certe (data la varietà, la mutevolezza e la fantasia della mente maschile come femminile).
Ma anche se ciò fosse possibile e desse esito negativo, il motivo per cui la teste-presunta vittima potrebbe mentire risiede proprio nel fatto di essere colei che, con la denuncia, sostiene l'accusa. Se c'è una cosa certa provata dalla denuncia in sè è proprio (a prescindere dall'effettiva realtà e gravità dei fatti denunciati) il fatto che la denunciante voglia (per un motivo o per l'altro) che il denunciato sia condannato (altrimenti non denuncerebbe). Non si può venire a dire che ciò non viola la necessaria oggettività richiesta alle prove. E non si può neanche sostenere, con argomenti da sofisti, che sia possibile, dalla dichiarazione di chi è persona interessata eventualmente a mentire, discernere con esattezza il vero dal falso in assenza (non di rado) di riscontri oggettivi e testimonianze terze.
E tutto ciò trascurando il fatto che se la denunciante è parte civile ha banalmente almeno l'interesse economico per mentire!

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