La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Pazartesi, Temmuz 26, 2010

La repubblica delle stronze.

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VIDEOGAME

Le donne si vendicano
delle molestie giocando

L'eroina uccide gli uomini che infastidiscono le passanti: appena uscito "Hey Baby" già suscita polemiche. Ideato da una trentenne canadese dopo essere stata apostrofata nella metropolitana di New York L'ambientazione è pulp. Le frasi grevi usate in strada per abbordare sono prese dalla realtà di JAIME D'ALESSANDRO

DICEMBRE di tre anni fa, una mattina qualsiasi nella metropolitana di New York. Suyin Looui, trentenne studentessa canadese di origini asiatiche che a quei tempi seguiva un master di Integrated Media Arts, sta andando a lezione. "Ero sola e imbacuccata in pesanti vestiti invernali", racconta. "Scendo alla fermata e mi avvio verso l'uscita passando davanti a un uomo. Lui mi guarda e mi sussurra piano: "hot ching chong" ("hot", calda, è un riferimento sessuale, "ching chong" invece è un modo dispregiativo per definire gli orientali, ndr). Ho tirato dritto, ma per il resto della giornata non ho fatto altro che immaginare il modo di farla pagare a quell'uomo". Così è nato Hey Baby, videogame che sta facendo molto parlare di sé in America. La vendetta in pixel per tutti quegli abusi verbali, quegli approcci sgarbati, quelle occhiate sconce che le donne di mezzo mondo subiscono ogni giorno. Una mattanza digitale feroce e tecnicamente di basso profilo, ma che comunica un messaggio chiarissimo ai maschi: è ora di saldare i conti.

La grafica sembra quella di Half Life, vecchia gloria per pc uscita ormai più di dieci anni fa. Si percorrono le strade di una città piena di passanti e alcuni di loro si avvicinano al nostro alter ego con richieste improbabili. Si va da "dovresti mollare il tuo uomo e venire con me" a "lasciati leccare da capo a piedi", fino ai più garbati "dio ti benedica" o "quanto sei bella". Epitaffi che compaiono sulle pietre tombali degli incauti che li hanno pronunciati, dopo esser stati fatti fuori a colpi di mitra o direttamente con il lanciafiamme. Non è possibile aprire il fuoco sulle donne né sugli uomini che non ci rivolgono la parola. Ma la maggior parte lo fa. E così, proseguendo nel gioco, la città intera si trasforma in un cimitero.

"Lo sviluppo di Hey Baby è stato difficile", ci spiega Suyin Looui, che nel frattempo da New York si è trasferita a Londra. "Non avevo nessuna esperienza e ho dovuto imparare tutto da sola. Certo, non è un videogame professionale alla Grand Theft Auto, ma dice quel che deve dire sulle esperienze delle donne negli spazi pubblici". Tutto il campionario di frasi che i maschi sfoggiano nel videogame è preso dalla realtà, garantisce Looui. Raccolto, suo malgrado, da lei stessa o da sue amiche camminando per New York, Parigi, Londra, Toronto, Montreal, San Francisco, Pechino e Roma.

"È un modo di attirare l'attenzione su un problema che in tante vivono. L'ironia sta nell'aver usato un genere tipicamente maschile di gioco elettronico, quello dei cosiddetti sparatutto in prima persona", continua Suyin Looui. "Per adesso la risposta del pubblico sembra sia positiva. Lo hanno giocato già 50 mila persone. Sta provocando un dibattito sul web, nelle radio, in tv. Una minoranza, voci anonime su Internet, si è sentita offesa e lo ha attaccato. Buone o cattive che siano le critiche, l'importante è che se ne discuta". Per qualcuno mettere sullo stesso piano un tizio che chiede semplicemente "posso aiutarla?" con uno che commenta "che bel culo che hai" o, peggio, uno stalker o un potenziale violentatore non è serio. Soprattutto se tutti vengono poi condannati alla pena capitale inflitta da un giustiziere in gonnella. Eppure è possibile che Hey Baby, nella sua rozzezza, riesca a far pensare un po' di più al tema delle molestie e, magari, a evitarne alcune. Tutto sommato basterebbe questo a farne un gioco di successo.

(21 luglio 2010)

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sono io che voglio saldare i conti con le stronze di tutto il mondo.

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SI INTENDONO CON STRONZE LE DONNE APPARTENENTI ALLE SEGUENTI CATEGORIE
1) coloro le quali, essendo appagate del semplice sentirsi ammirate da schiere di corteggiatori, senza che questo necessariamente si traduca in un vero rapporto umano, sincero e appagante, poiché la vanità, naturale nelle femmine, si mostra manifestamente soddisfatta dal ricevere quelle cure, quelle riverenze, quelle attenzioni che i plurimillenari privilegi della Galanteria impongono di tributarle, sfruttano la situazione per attirare ad arte ammiratori e poi respingerli, con l'unico scopo del proprio diletto e del rendere loro ridicoli agli occhi degli amici e dei presenti, dell'offendere il loro desiderio di natura, del farsi gioco del loro purissimo ed ingenguo trasporto verso la bellezza
2)coloro le quali dimenticano come non tutti siano commedianti nati al pari di loro, che si sforzano con ogni mezzo di suscitare ad arte il desiderio negli uomini per poi compiacersi della sua negazione ed infoltire così le schiere di ammiratori, ed alla fine guardano tutti dall'alto al basso, arrivando addirittura a deridere gli approcci, o ad appellare molestatori quegli aspiranti corteggiatori che ingenuamente o maldestramente cercano di conquistarne i favori
3) coloro le quali trattano con sufficienza, se non con aperto disprezzo, coloro i quali tentano un qualsiasi tipi di approccio con loro, atteggiarsi come chi ha tanti ammiratori e può fare a meno di tutti, e far così sentire colui, il quale dal trasporto verso la bellezza sarebbe portato ad affinare la propria anima e il proprio intelletto, uno dei tanti, un uomo senza qualità, un banale “scocciatore”.
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Sono io che voglio vendicarmi di quanto di psicologicamente violento e molesto nella sfera sessuale i miei simili devono sopportare dalle stronze (perchè la legge non li difende).

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Se l'istinto dell'uomo è disiare (con la rapidità del fulmine e l'intesità del tuono), seguire (superando le difficoltà, le negazioni e le prove spesso intenzionalmente imposte dalla femmina) e cercare di ottenere (quanto prima e nella più vasta moltitudine possibile di creature femminee apparse davanti agli occhi) la bellezza appena questa si fa sensibile,
mentre l'istinto della donna è mostrarsi in ogni dove bella e disiata per attirare tutti e selezionare chi eccelle nelle doti volute,
se insomma l'uno per natura e cultura è costretto ad agire per primo mentre l'altra può astutamente e beatamente limitarsi ad indurre ad agire, aspettare e giudicare,
e la legge punisce chi fraintende, esagera, o sbaglia (colposamente o dolosamente) nell'atto del farsi avanti, dell'esprimere disio, dell'inseguire, del cercare di ottenere (vincendo, come vogliono tanto la natura quanto le donne nella cosiddetta "conquista", le resistenze di chi vuol essere vinta) e, pur di godere delle grazie corporali, con la sua azione (potenzialmente frutto tanto di vero e proprio intento di sopraffazione quanto di fraintendimento o esagerazione) provoca un trauma fisico e psicologico alla donna, mentre non fa nulla per sanzionare chi (per capriccio, vanità, interesse economico-sentimentale, gratuito sfoggio di preminenza erotica, o addirittura sadico diletto o cosciente volontà di sopraffazione psicosessuale), tramite il disio suscitato ad arte (per poi magari compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche del malcapitato da una premeditata e affinata perfidia, infligga pene degne dell'inferno della negazione dopo la promessa implicita del paradiso della concessione), può comunque, nel semplice mostrarsi (che può generare frustrazione e senso di nullità innanzi a ciò che viene fatto disiare ma non può essere appagato e a chi può avere tutto da tutti ma non può essere raggiunta), nell'attirare e nel respingere (con l'intento di ferire emotivamente, frustrare sessualmente e far sentire vittima della propria onnipotenza l'astante di turno), nell'essere ambigua (per accrescere e desiderabilità e potere), nell'indurre scientemente l'altro a farsi avanti (per poi magari irriderlo, insultarlo, accusarlo di essere uno dei tanti scocciatori, un uomo senza qualità, un animale di cui vendicarsi o un molesto da denunciare, e farlo così soffrire fisicamente, mentalmente, moralmente o legalmente, farlo sentire ridicolo innanzi a sè o agli altri o addirittura giustificare il provocargli poi conseguenze spiacevoli e dolorose per il corpo, la psiche, la rispettabilità sociale, il portafoglio o la fedina penale), a illudersi (secondo le debolezze erotico-sentimentali indotte dalla disparità di desii e da quelle psicologiche), a umiliarsi (facendo il giullare da irridere nel disio, l'attore che recita da dongiovanni per compiacere la vanagloria femminile, il cavalier servente pronto a tutto per la sola speranza, il mendicante alla corte dei miracoli in attesa della sportula amorosa, il freddo specchio su cui misurare l'avvenenza o il pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto) o a fare quanto altrimenti non farebbe (come ad esempio lasciarsi sbranare in senso economico-sentimentale), non con un'azione diretta, ma con una violenza indiretta non per questo meno intenzionale e reale, provocare ferimenti, inganni e fraintendimenti aventi come conseguenza traumi alla di lui vita e alla di lui psiche, è chiaramente a senso unico antimaschile.
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E per fare questo ideerò e implementerò un videogioco in cui mi vendico delle “stronze” uccidendo e violentando tutte quelle che (anche con il loro mostrarsi pubblicamente “all'occidentale”) se la tirano troppo (del resto se in quel videogioco si uccide anche chi dice un innocente “ciao bella” perchè non posso violentare e uccidere chi si mostra bella e disiabile?), che per prime pretendono dall'uomo la prima mossa (ovvero proprio ciò per cui qui si “vendicano” e che nella realtà mette l'uomo e non la donna in una condizione di tensione psicologica), le fatiche e i rischi della conquista (di cui gli uomini farebbero spesso volentieri a meno ma che le donne pongono come condizione per qualunque rapporto con loro, salvo poi presentarne in casi come questo il solo tentativo come “molestia”) e le forche caudine del corteggiamento (il quale inizia sempre con un complimento: e prima di formularlo non si può sapere, con tutta la buona volontà, se sarà gradito), che giocano perfidamente ad attirare chi vogliono respingere, a disprezzare chi le apprezza, a studiare di mostrarsi ad ogni costo belle e disiabili per poi insultare, irridere o ferire chi le mira, che chiamano "scocciatore o "molesto" chi tenta un qualsiasi approccio con loro ma poi, quando non hanno corteggiatori, si lamentano dei "maschi pavidi nel corteggiamento", che rendono questo quanto di più difficile, duro, doloroso e faticoso (da ogni punto di vista fisico e morale) possibile possa esistere e poi (dopo aver addirittura minacciato virtualmente di morte e realmente di denuncia) ogni possibile corteggiatore, si lagnano di come nessuno abbia voglia di farsi avanti, che addirittura si dilettano a suscitare ad arte il disio (con sguardi, movenze, esposizioni di grazie, sorrisi e (s)vestimenti) per poi compiacersi della sua negazione , e di come questa, (resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche del malcapitato da una premeditata e affinata perfidia) infligga pene degne dell'inferno della negazione dopo la promessa implicita del paradiso della concessione e provochi a tutti i maschi (incontrati casualmente e fugacemente per via, o continuativamente e sentimentalmente nella vita) tensione psicologica, ferimento intimo, irrisione al disio, senso di nullità, umiliazione pubblica e privata, dolore del corpo e della psiche, inappagamento fisico e mentale (degenerante se reiterato in ossessione) e disagio da sessuale ad esistenziale (con conseguenze variabili, quando protratto e diffuso a tutta la vita, dall'anoressia sessuale alla perdita di ogni altro interesse per la vita e di ogni residua speranza di felicità, dal precoce bisogno di prostitute ad un malessere psichico a volte celato con apparente e fanciullesca autoironia, a volte esplodente in accessi d'ira e di disperazione, dall'incapacità di approcciarsi alle ragazze o anche solo di sorridere alla vita e al sesso al possibile suicidio)?

Parlando fuori dalle provocazioni, solo la menzogna femminista può definire scorretto (“maschilista” o addirittura “molesto” e “meritante sventagliate di mitra, sia pure solo virtuali”) tutto quanto, nell'uomo, è (ancora prima che della volontà individuale o della cultura) pura espressione di desiderio naturale (in questo caso abbandonarsi con lo sguardo e la mente alle onde della voluttà ed esprimere con le parole tale ingenuo trasporto per la bellezza) , mentre tollera ampiamente (o addirittura definisce "raffinatezza culturale, segno di progresso, diritto della donna") i corrispettivi comportamenti naturali femminili (in questo caso comportrsi e vestirsi all'occidentale, suscitare disio e mostrare passando per via le proprie grazie, sotto le parvenze del "diritto a vestirci come ci pare").

E soltanto la perfidia femminile può chiamare cattivo e far sentire come una colpa o un difetto o comunque come qualcosa di cui vergognarsi e per cui essere irrisi profondamente e pubblicamente e addirittura virtualmente uccisi in maniera barbara, la reazione spontanea, ingenua e inoffensiva (e natuale al pari di un augello che canta, di un fiore che sboccia, di una primavera che si stende pei prati o del riflesso sull'onde d'argento del mare di quella conchiglia che chiamiamo luna) dell'uomo all'apparire innanzi ai suoi sensi di quelle grazie corporali che la natura gli fa desiderare immediatamente e al primo sguardo (con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono) e che la donna stessa per prima espone (nella maniera prolungata finchè vuole ed esplicita finchè vuole, ritenendo ciò un suo diritto in occidente), in situazioni nelle quali la donna è la prima a porre in atto (per capriccio, vanità, interesse econimico sentimentale oppure gratuito sfoggio di preminenza erotica) un comportamento potenzialmente molesto ed invasivo della sfera sessuale (maschile).

Quanto al primo punto, non è logicamente, eticamente e naturalmente ammissibile che il mondo femminile presenti sotto le spoglie di "bontà" e "purezza" il proprio comportamento naturale (e quindi di origine chiaramente animale come quello dell'uomo) consistente nel mostrarsi in ogni modo tempo e luogo belle a disiabile (inconsciamente, per attirare più maschi possibile e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute, consciamente per pura vanità, supina accettazione di mode e costumi, patologico bisogno d'autostima o gratuito sfoggio di preminenza erotica) e pretenda al contempo di far apparire "più animale" o comunque "impuro" e "malvagio" e addirittura "vergognoso e colpevole" il corrispondente comportamento naturale maschile consistente nel mirare, disiare (con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono) e cercare di ottenere la bellezza nella varietà multiforme delle creature femminine, poichè entrambi le tendenze (tanto il suscitare disio, il rifuggire e il negarsi per attirare tutti e selezionare solo chi mostra eccellenza nelle doti qualificanti la specie, quanto l'esprimere subitaneo disio e voler godere della bellezza di tutte) concorrono al fine naturale di propagazione e selezione della vita, entrambi, in quanto natura, sono di là dal bene e dal male (almeno fino a che la cattiva coscienza di chi agisce per capriccio, vanità, interesse economico sentimentale o gratuito sadismo non introduca un'intenzionale perfidia e un scientifico inganno) e nessuno dei due potrebbe esistere senza l'altro.
E cercare di dipingere come pure e giutso il proprio comportamento naturale (in questo caso monogamo, non concedersi facilmente, apparire belle e disiabili per attrarre quanti più contendenti e selezionare fra tutti chi eccelle nelle doti volute, rimanendovi poi fedele) bollando al contempo come impuro e malvagio il suo opposto complementare (in questo caso poligamo, mirare, disiare e seguire con l'intensità del tuono e la rapidità del fulmine la bellezza e cercare di ottenerla nella varietà delle forme viventi), che non solo parimenti è naturale (e quindi di là dal bene e dal male), ma che è anche assolutamente necessario, perchè senza di esso lo stesso comportamento decantato come buono non potrebbe essere agito, è la forma più grave di immoralità.

Quanto al secondo punto, non è accettabile che la donna possa passeggiarmi innanzi (per via o, peggio, sul lavoro) mostrando liberamente le sue fattezze e suscitando consapevolmente o meno disio ed io non possa altretanto liberamente mirare, seguire e disiare e cercare di ottenere come sarebbe in natura, o (se da umani non si ha alcuna voglia di corteggiare), semplicemente esprimere con lo sguardo, la parola e il gesto il proprio naturale apprezzamento o commentare quanto il disio fa venire alla mente.
Quanto non accetto è che quando si parla di comportamenti in un modo o l'altro legati alla sessualità alla sua illimicata licenza nell'esprimere la propria natura (nel poter suscitar disio, attirare e mostrarsi) debba corrispondere il mio obbligo (nel disiare, seguire e mirare), a reprimere, limitare, nascondere la mia natura corrispondente. Perchè poi deve valere solo la sensibilità della donna?
Anche per la mia corrispondente e non già inesistente sensibilità maschile potrebbero risultare molesti certi atteggiamenti definiti "diritto della donna" o "bel gioco dell'essere donna" da demagogia femminista e stupidità cavalleresca.
Si sente offesa nella dignità di donna ad essere vista come oggetto di disio (il che è natura)? E allora io perchè non dovrei sentirmi ancora più offeso nella mia dignità di uomo ad essere trattato come un freddo specchio innanzi a cui le donne testano la loro avvenenza, come un pezzo di legno innanzi a cui si possono permettere di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi tensione psicologica, qualsiasi derisione al più profondo disio) o addirittura un pupazzo da attirare e respingere, da sollevare solo per farlo poi cadere con il massimo del dolore e del disprezzo?
Certi comportamenti suscitano disagio? Quanto suscita disagio è soggettivo.
Io mi sento a disagio anche solo quando la donna appare nel mio campo visivo ponendomi innanzi (senza io lo chieda) le proprie grazie corporali, poiché suscita un disio che non potendo essere almeno in quel caso appagato genera frustrazione.
E tale rimane il mio sentimento sia che secondo natura continui a guardare (giacché la situazione mi fa sentire un puro nulla innanzi a colei che tutto può poiché da tutti è disiata) sia che costringendomi contro natura guardi dall'altra parte (poiché comunque il disio è già stato suscitato e anche la semplice consapevolezza di esser vicini a quanto non si può raggiungere fa permanere lo stato di frustrazione).
E se la donna di turno, per capriccio, vanità , autostima o diletto sadico, sfrutta la situazione per infliggere ferimento intimo suscitando ad arte il disio compiacendosi poi della sua negazione, per provocarmi intenzionalmente sofferenza emotiva, irrisione al disio, frustrazione nel profondo, umiliazione pubblica o privata, inappagamento fisico e mentale, per rendermi ridicolo davanti a me stesso o agli altri qualora tenti un qualsiasi approccio, per causarmi dolore fisico o psicologico nell'attirarmi e nel respingermi, per trattarmi come uno qualunque, un banale scocciatore, dopo avermi scelto fra tanti e illuso solo per farmi patire l'inferno dopo la speranza di paradiso, per appellarmi molesto dopo avermi appositamente attratto e indotto implicitamente a farmi avanti in maniera da lei considerata magari maldestra, se insomma usa l'arma erotico sentimentale per infierire su chi psicologicamente si trova in svantaggio nei primi momenti di incontro (occasionale e breve come sentimentale e lungo) con l'altro sesso, allora mi suscita un disagio da sessuale ad esistenziale.

CRETINISMO DAL NORD AMERICA AL SUD ITALIA
Solo le demagoghe d'oltratlantico possono chiamare "atto molesto" o "importuno" il farsi semplicemente avanti (anche senza parole offensive o volgari, anche con un ingenuo "sei bellissima") con le passanti e solo le cretine sud possono parlare di "violazione del consenso" per chi rivolge alle sconosciute un complimento. Come si fa a sapere in anticipo se esso sarà o no gradito (e quindi voluto)? Come possiamo sapere se ella non vuole assolutamente perdere tempo a parlare o se è disposta a flirtare con eventuali ammiratori, se non ha in alcun modo intenzione di conoscere nessuno o se in fondo desidera verificare anche in noi l'eventuale presenza di quelle particolari doti di sentimento o intelletto da lei ritenute indispensabili per un rapporto?

In ogni caso, a meno che il complimento verso di lei non sia apertamente volgare o offensivo, la donna (anche in considerazione del fatto che solo per volontà sua e della natura l'uomo è costrettp a tentare sempre la prima mossa senza sapere se sarà gradita) dovrebbe sentirsi obbligata a ringraziare anche qualora nient'affatto interessata, non solo perchè la buona educazione suggerirebbe di rispondere con la gentilezza e non con il disprezzo a chi comunque esprime un apprezzamento (non costa nulla dire "sei gentile, ma non sono interessata"), ma anche perchè un minimo di umana capacità femminile di mettersi nei panni dell'altro dovrebbe far comprendere come (in tanti casi, anche insospettabili) questo abbia dovuto vincere la timidezza del proprio animo (a tentare per primo senza sapere se il tentativo sarà gradito), i timori della propria ragionevolezza (a farsi avanti quando le probabilità di piacere proprio a colei apparsa alla vista sono quasi nulle, perchè è altamente improbabile possedere eccellenza proprio nelle specifiche doti soggettivamente sentite importanti da quella donna), le remore del proprio intelletto (ad esporre la parte più fragile, preziosa e sincere di sè, ovvero il proprio desiderio, con la quasi sicurezza di non poter essere accettato, giacchè difficilmente in un breve e casuale incontro si ha tempo e modo di mostrare il meglio delle proprie qualità di sentimento o intelletto anche qualora queste combaciassero con quelle desiderate dalla donna), le titubanze della propria emotività (ad accettare di provare tensione psicologica laddove si vorrebbe un divertimento o un abbandono soave alle onde della voluttà, e di sentirsi sotto esame davanti a colei tramite cui si vorrebbe amare il corpo di venere stessa e da cui ci si vorrebbe lasciar rapire come da una furia divina) e fare uno sforzo anche solo mentale per formulare quel complimento, il quale, per quanto goffo, banale, scarsamente poetico, prevedibile, privo di immaginazione o pieno di luoghi comuni possa essere, rimane comunque un segno di interesse personale profondo per la donna, un tentativo sincero di risultare graditi a colei che è vista come bella, un'ammissione del proprio ingenuo trasporto verso di lei.

Offendere, irridere o disprezzare tale disio di natura equivale a ferire profondamente (e immotivatamente) la parte più profonda e vera di un uomo e ritenerlo "censurabile", "impuro", "indegno dell'inizio di un qualunque rapporto umano" significa avere una morale antivitale.

La necessità di esprimere con immediatezza e sincerità, attraverso la parola, lo sguardo, il gesto, il proprio disio (o comunque il proprio apprezzamento) per le lunghe chiome, il chiaro viso, la figura slanciata, le membra marmoree, la pelle liscia ed indorata come sabbia baciata dall'onda e dal sole, le braccia scolpite, le gambe lunghissime e modellate, le rotondità del petto, il ventre piatto e levigato e l'altre grazie ch'è bello tacere è qualcosa di puramente naturale, che si sente prorompere dal profondo come una primavera che irrompe, come un fiore che sboccia, come un fiume che si getta a valle dalle rocce, come le stelle che forano l'oscurità notturna con lo splendore divino ed è un diritto naturale dell'uomo non doverla reprimere ogniqualvolta la bellezza si mostra ai suoi sensi, ma mostrarla pubblicamente senza per questo essere offeso o colpito, esattamente come è naturale diritto della donna mostrarsi in ogni dove (consciamente o inconsciamente) bella e disiabile senza essere offesa o aggredita.

Trattare con disprezzo o addirittura con rabbia (come si fosse state offese) chi sta con immediatezza d'animo e purità di disio esprimendo (in maniera più o meno raffinata, più o meno esplicita, più o meno poetica, più o meno scontata, più o meno imaginifica, più o meno comune) il proprio sincero apprezzamento, proprio mentre mira e disia e proprio perchè mira e disia, nel momento stesso del suo abbandono ingenuo al puro disio (puro perchè non motivato da altri fini che da sè) e dell'esposizione sincera dalla parte più fragile e preziosa di lui (perchè in balia di quel disio si può essere feriti, ingannati o tiranneggiati) e per il motivo stesso del suo abbandonarsi con lo sguardo e il pensiero, è, da parte della donna, un atto non solo di ingratitudine (si disprezza chi apprezza e proprio mentre apprezza e proprio perchè apprezza), non solo di perfidia (si sfrutta l'occasione del diniego, in sè legittimo, per ferire l'altro in quanto di più intimo e vulnerabile abbia in sè), non solo di ipocrisia (per quanto detto e quanto dirò), ma pure di violenza psicologica tale da provocare nella psiche dei maschi più sensiibili un trauma irreversibile dalle conseguenze (impossibilità futura di sorridere alla vita e al sesso e di avvicinarsi all'altro genere senza vedervi fonte di sofferenza fisica e mentale) paragonabile a quello cagionato dai bruti sulle fanciulle con le violenze fisiche.

Essere posti a meta di disio da un'altra persona ci eleva a prescindere, accresce la nostra autostima e costituisce una lusinga anche se questa persona non ci interessa (io stesso non potrei non essere comunque lusingato dal venire considerato "uomo ideale" da una donna, anche se questa mi dovesse fare ribrezzo). Ecco perchè si deve ringraziare. E' chi sta disiando che si espone, rischia di abbassarsi o comunque di mirare dal basso verso l'altro chi è disiata.

Non si tratta affatto, come credono le "femministe a sud", di un dire "mi piaci, ti ho scelta, vieni con me e ringrazia" come se "la donna camminante per via fosse merce esposta in un supermercato", bensì di cercare, attraverso un complimento, un'invocazione, quasi una preghiera, di attirare l'attenzione e la benevolenza di chi colei che il desiderio ci fa vedere tanto in alto e tanto bella come le stelle scorrenti del cielo nelle sere estive, di provare con le parole a renderci graditi,
neanche tanto per una improbabilte "conquista", bensì per il desiderio di interagire con colei la cui bellezza sta tanto in alto da apparire simile a quella irraggiungibile e intatta della luna, nella cui aurea di idealità armoniosa e beata la fantasia dei fanciulli figura nascosto ogni desiderio impossibile da raggiungere sulla terra: se questa interazione in qualche modo riesce si prova lo stesso stupore che proverebbe un fanciullo se la luna, verso cui ha con occhi sognanti confidato i teneri sensi e i tristi e cari moti del cor, principiasse a rispondergli.
Poter dialogare con la luna è già un'intima gioia anche prima e anche senza che questa necessariamente esaudisca le preghiere di felicità che le sono state rivolte.

Se così non fosse, in effetti, nessuno si rivolgerebbe alle ragazze "normali" (data la ovvia scarsa probabilità di successo) e tutti cercherebbero contatti solo con le "puttane".
Se talvolta appare che lo stato d'animo dei "ragazzi provoloni" sia diverso da quello descritto, il motivo è da ricercare negli stereotipi culturali che all'uomo impongono il ruolo del "conquistatore" (il quale non deve lasciar trasparire debolezze o tentennamenti): quando si è in compagnia nessuno vuole mostrarsi davvero mosso da ingenuo trasporto per la bellezza (poichè in ciò si mostrerebbe sentimentale, fragile e più conquistato che conquistatore) e tutti ostentano di poter trattare la ragazza disiata come "una delle tante prede" da "prendere, usare e gettare". E' un atteggiamento stupido, ma ancora più stupide sono coloro che lo prendono per vero (scambiandolo per il reale sentimento dei maschi)
Se poi talvolta talune espressioni di disio sembrano volgari, il motivo risiede nell'insofferenza alle regole sociali e sessuali che molti fanciulli maturano a causa di un mondo gerontocratico che rende loro spesso impossibile godere della bellezza in maniera quantitativamente e qualitativamente sufficiente al loro bisogno naturale. Tale insofferenza (rivolta più contro i padri che contro le donne) si manifesta nella aperta violazione delle norme di "buon gusto". Ma questo non implica una reale volontà di fare della donna un "oggetto sessuale".
Infine vi sarà pure qualche maschio che approccia le femmine con intenti offensivi, ma in tal caso si tratta spesso di fanciulli già feriti nella parte più pura e ingenua del loro disio dalle solite stronze, i quali per il resto della loro vita non usano l'offesa come "autodifesa preventiva" contro chi potrebbe ferirli ancora. Ed è sempre colpa della stronzaggine di quelle che disprezzano chi le apprezza se questi ragazzi non riusciranno mai ad approcciarsi all'altro sesso senza vedervi potenziale fonte di perfidie sessuali, veleni sentimentali e tirannie erotiche.

Passi per le volgarità, ma perchè odiare chi esclama con la purezza di disio di un madrigale del Tasso "come sei bella!"?. Se una donna mi dice che non gradisce alcun complimento io taccio per sempre, ma poichè come genere le femmine pretendono da chiunque sia loro interessato ogni complimento verbale e materiale (leggi: regali e qualunque cosa possa testimoniare quanto si è disposti ad offrire e soffrire per loro), io ho (mio malgrado) il "dovere" di tentare l'apprezzamento (per avere la speranza di farmi apprezzare). Solo le cretine a sud possono parlare in questo caso di "riduzione ad oggetto da supermercato". E non re-inizio a discutere sul fatto che essere oggetto di disio è naturale ed in sè non offensivo, mentre essere ridotti a nullità (come esse fanno disprezzando chi le rimira) provoca un disagio da sessuale ad esistenziale. Ho già ampiamente dibattuto altrove su come l'obiezione della "riduzione ad oggetto" sia insussistente al confronto della "riduzione a specchio per misurare l'avvenenza" o a "pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto" che le femminil-femministe fanno dell'uomo oggi in occidente. Un conto è dire di no gentilmente (legittimo), altro conto è illudere o temporeggiare con i forse (discutibile), altro conto ancora è sfruttare l'occasione del diniego per umiliare, irridere ed offendere (stronzaggine) e usare le illusioni e i no per ferire (violenza psicologica).
Chi si fa avanti per primo non sta facendo una molestia (ovvero qualcosa per cui la controparte ha espresso fastidio), ma sta agendo proprio NEL SENSO del volere della donna (la quale, come genere, PRETENDE dall'uomo il corteggiamento). Solo se questa comunica con chiarezza di non volere essere da lui corteggiata allora può essere molesto continuare. Altrimenti un uomo ha il dovere prima ancora che il diritto a fare la prima mossa, non consentendogli le donne (per natura e costume) altra via per iniziare un'interazione erotico-sentimentale.

Fuori dalle menzogne femministe, le donne per prime, IN GENERE (ovvero come genere) pretendono che sia l'uomo a sopportare i rischi e le fatiche della cosiddetta conquista (ad agire o inscenare e indovinare quanto a loro gradito), e poichè in una sfera tanto soggettiva come quella amorosa quanto piace all'una dispiace all'altra (e prima di conoscerlo per esperienza non lo si può indovinare per speculazione) bisogna sempre tentare senza sapere a priori se il tentativo avrà successo (ovvero sarà gradito), poichè una preventiva dichiarazione, una richiesta esplitica, o comunque un rigido schematismo comportamentale fugherebbero ogni effetto sorpresa, ogni atmosfera erotica ed ogni spontaneità necessaria alla riuscita dell'amor naturale, non si possono dichiarare tutte le intenzioni, richiedere tutte le autorizzazioni, o domandare ove la controparte gradisca "l'attacco" (come non lo si potrebbe fare con il "nemico"), ma si deve procedere per tentativi regolandosi poi su come procedere o ritirarsi in base alle reazioni (a come si vienea accettati o respinti), tentando di indovinare dalle parole dette e da quelle non dette quali siano le reali intenzioni della donna, e poichè la donna pretende di sentirsi conquistata non è accettato arrendersi ai primi dinieghi, ma bisogna (come nelle battaglie) insistere, resistere e contiunuare nel rischio e nello sforzo, e se già il primo tentativo può essere considerato a posteriori molestia e la riuscita in quella schermaglia amorosa pretesa dalle donne per sentirsi "conquistate" (e nella quale all'uomo spetta di inseguire chi, fuggendo, vuol essere seguita e di vincere le resistenze di chi, lottando, vuole essere vinta) addirittura stupro, allora si dice a tutte le "normali" grazie e arrivederci e ci si rivolge solo e soltanto alle prostitute, le cui modalità sono chiare ed esplicite, le cui pretese sono soltanto economiche e con le quali sono dunque possibili accordi razionali, consensuali e noti a tutti a priori su cosa fare e non fare, senza inganni, ferimenti o fraintendimenti.

Del resto, se fossero loro nella condizione di dover, per natura e cultura, farsi avanti per prime (di tentare n volte con n uomini diversi sperando l'n+1 esimo sia quello giusto, sperimentando ogni volta, anche in caso di non stronzaggine, l'illusione e la delusione) capirebbero subito e inizierebbero campagne contro la stronzaggine dell'altro sesso.


MIA CONCLUSIONE

La soluzione è semplice. Nessuno seguirà più il costume cavalleresco di aiutare una femmina. Nessuno accetterà più il dovere “poetico” di ideare un complimento per omaggiare la bellezza di una passante o per iniziare con lei il rito del corteggiamento (o, meglio, date le innominabili fatiche fisiche e mentali, e i rischi di frustrazioni, ferimento, inganni, umiliazioni, patimenti e tirannie, l”e forche caudine” del corteggiamento).

Dopo questo videogioco nessuna si lamenti più se i giovani di oggi non vogliono più corteggiare (perchè il corteggiamento inizia sempre con una parola, con un complimento, e in questo gioco si viene uccisi per qualsiasi parola di interesse verso le grazie femminili, anzi, per il fatto stesso di essersi fatti avanti con una donna, ovvero proprio per quanto le donne pretendono da un uomo come pre-condizione per qualunque tipo di rapporto) e preferiscono accompagnarsi alle sacerdotesse di venere disposta a ricoprire, sia pure dietro compenso, la parte dell'amante, senza pretendere la cosiddetta “conquista” (e quindi senza rischio di fraintendimenti, inganni e ferimenti e di prendersi pure smitragliate virtuali e disprezzo reale).
Se proseguirà questa deriva (che voi sospingete) di leggi e costumi circa la cosiddetta “molestia sessuale” nessun uomo dabbene mai più corteggerà. Come si fa infatti a sapere a priori se un complimento, un atto, uno sguardo sarà considerato molesto o meno? Nel dubbio un uomo savio non farà assolutamente nulla. Non ci si lamenti allora se gli uomini non vogliono più corteggiare: ora alla naturale timidezza, alla razionale considerazione di non convenienza (nel dare tutto in pensieri, parole e opere per ricevere come funzione di variabile aleatoria), all'emotiva ritrosia a doversi sentire "sotto esame", al rifiuto psicologico a trovarsi nella condizione del cavalier servente pronto a tutto per un sorriso e potenzialmente vittima d'ogni tirannia, umiliazione e inganno, si aggiungono pure il pericolo del carcere e la consapevolezza di venire trattati (sia pure per ora solo virtualmente) con la violenza e l'odio spettanti semmai a veri violentatori, o comunque di venire considerati "molesti" per il fatto stesso di aver espresso (senza alcuna intenzione violenta o molesta) il proprio disio di natura (e quindi di essere condannati o all'eterno disprezzo dall'altro sesso o ad un continuo nascondimento di sè), anche quando non si sono usate parole volgaro o offensive (non lo sono nè "dio ti benedica", nè "come sie bella"). Le sventagliate di mitra resteranno pure virtuali, ma l'uccisione della spontanietà nei maschi è ormai reale.

Anche senza denuncie e sventagliate di mitra, quanto ferisce profondamente e fa perdere per il futuro la capacità di sorridere alla vita e al sesso o comunque di esprimere con spontaneità la gioia del (principio di) disio amoroso e di approcciarsi alle ragazze senza vedervi sorgente di perfidia, inganno o tirannia
è il fatto stesso di sentire contro di sè (proprio da parte di chi si sta immediatamente, irresistibilmente e profondamente apprezzando, ingenuamente e soavemente mirando, probabilmente amorosamente disiando), disprezzo, rabbia, addirittura odio proprio mentre si apprezza sinceramente (con la parola, lo sguardo, o il gesto), ci si abbandona ingenuamente al disio (senza alcuna intenzione ostile o violenta) e si è mossi almeno da un principio di attrazione amorosa (la quale, almeno per l'uomo, sorge sempre dalla vista, come direbbe Cavalcanti, il più nobile dei sensi: "chi è questa che vien c'ognom la mira, che fa tremar di chiaritate l'aure, e mena seco amor sì che parlare null'omo pote ma ciascun sospira").
E quel disprezzo, quella rabbia e quell'odio non son virtuali, sono il motore del gioco. E delle 50.000 che lo hanno comprato.

Come si può pretendere che un uomo addirittura corteggi quando anche solo la prima naturale espressione (più o meno raffinata, più o meno poetica, più o meno esplicita a seconda delle inclinazioni, degli stili e delle conoscenze di ciascuno) del suo desiderio per le grazie femminili può essere ad esclusivo arbitrio della presunta “vittima reputata un reato da accostare agli atti persecutori (chi dice un innocente “ciao bella” è già chiamato stalker) o addirittura agli stupri (si dice “un videogioco contro le violenze sessuali”) o comunque ad un'offesa tanto grave da far scattare la voglia di rivalsa a colpi di mitra?
Questo porterà ad una uccisione sul nascere della spontaneità di ogni uomo (soprattutto se giovane) in ogni rapporto con le donne e un conseguente progressivo allontanamento di ogni uomo dotato d'intelletto dal genere femminile. Sarà anche vero che la maggioranza delle donne non denuncerà un ammiratore per un complimento osè (né desidererà virtualmente di sparargli quando dice “come sei bella”) e si limiterà a segnalare i casi davvero molesti , a prendere questo gioco come una satira provocatoria (per fustigare casi ben più estremi di "approcci molesti") e ad adirarsi per le frasi davvero offensive, ma se si supponessero tutte le persone buone e giuste non servirebbero le leggi e gli insegnamenti.

Ma non vi chiedete mai, voi donne moderne, da cosa si generino e cosa comportino le leggi e gli insegnamenti che vorreste imporre? Non pensate mai che ci sia qualcosa di innaturale, paranoico e profondamente “immorale” (nel senso pieno di “contrario al costume secondo natura) nel fatto di chiamare potenzialmente violenza o molestia qualunque atto, gesto, detto e persino sguardo non abbia nulla in sé di violento o molesto ma abbia la sola “colpa” di esprimere disio naturale per il corpo della donna (e di non essere da questa a posteriori gradito, dopo che però magari lo ha implicitamente indotto o addirittura socialmente preteso, come nel caso del corteggiamento)? Non sospettate mai che dietro al paravento del “rispetto della donna” si celi un effettivo “disprezzo dell'uomo”, di quanto di più profondo e vero (e quindi fragile, prezioso e sincero) sia nella sua natura (ovvero l'ingenuo trasporto per la bellezza, di cui la frase di apprezzamento per le grazie corporali femminili (sia che divenga armonia di rime immortali e creazione di immagini e suoni nei versi dei poeti, o sia che resti semplice parola nelle labbra degli altri mortali) è un'espressione naturale al pari di un augello che canta, di un fiore che sboccia, di una primavera che si stende pei prati o del riflesso sull'onde d'argento del mare di quella conchiglia che chiamiamo luna)?
Perchè l'espressione gioiosa, diretta, spontanea, e comunque priva di intenzioni violente ed ostili, di un desiderio di natura deve essere ricambiata con la violenza o comunque con l'ostilità?
Perchè chi esprime con il gesto, lo sguardo e la parola un sincero trasporto verso la bellezza, e dunque un sincero interesse ed un immediato apprezzamento per chi ne è portatrice, deve essere trattato con disprezzo, irritazione e addirittura rivalsa?
Perchè chi mira e parla con disio deve essere ricambiato con sguardi di disprezzo e con parole di odio proprio da chi desidera, proprio mentre desidera e proprio perchè desidera?
Perchè il disio diviene dunque in sè una sorta di crimine giustificante la vendetta e la sua prima espressione una molestia?
Non avete mai pensato che queste domande urlano nell'emotività ferita di qualunque giovane maschio si sia abbandonato con lo sguardo, la parola o il gesto all'ingenuo trasporto verso la bellezza (senza alcuna intenzione di offendere, costringere o violare) e sia stato trattato con malcelata sufficienza, aperto disprezzo o addirittura con quell'ostilità rabbiosa ben rappresentata dal videogioco?
Non avete mai pensato che proprio questo disagio inconfessato eppure evidente, e non assurde ed astruse teorie sul “non accettare un rapporto paritario con la donna” o sul “piacere di sottomettere pagando” muova gran parte dei giovani clienti di sacerdotesse di Venere?

Se qualche scrupolo sull'abbandonare la filosofia escortistica e sul pensare ad incontri normali è rimasto in me, esso è subito fugato dall'udire discorsi siffatti. Quando infatti immagino che, anche dovessi riuscire a vincere la mia naturale timidezza, il mio insormontabile disagio emotivo d'innanzi al corteggiamento, la mia scarsa fiducia sul poter essere apprezzato e la mia infinita razionalità calcolatrice a priori (la quale mi fa rinunciare a rischiare cose certe per premi improbabili), mi trovere innanzi uno sguardo di sovrano disprezzo verso me che desidero suspiciente (e proprio perché desidero) e un pensiero quasi di disgusto per le fole del mio disio naturale (e proprio nell'essenza più profonda e vera di esso), il mio impulso non si volge più alla copula, bensì al pianto.

Se le donne, specialmente quelle tanto belle da poter avere qualsiasi rapporto con qualsiasi uomo, pensano così, allora sarò sempre disprezzato al primo sguardo
come loro saranno apprezzate da me per grazia e leggiadria?
Se voi diffondete questo implicate per me nel reale essere guardato con sospetto o con aperta sufficienza da chi ammiro al primo sguardo per beltà di donna?
Quando guardare con disio significa ricrere in me lo stupore che ebbe il mondo vedendo la nuda Venere nascer dall'onde del greco mare sulla sua bianca conchiglia, risentire quella brama che fu di Callimaco, di Catullo e di Properzio, e che rimane eterna nei carmi greci e latini, riprovare quel trasporto che rapì Guido, Lapo e Dante al mirar passeggiare “monna Vanna, monna Lagia e colei ch'è nel numer de' le Trenta”, rivivere quel distacco fra cielo e terra che in Petrarca fece germogliare lo stile puro e rarefatto dei sonetti perfetti senza uguali nel mondo, lasciarsi prendere dal quella tensione al mondo ideale e perfetto propria dei poeti Rinascimentali, primo fra tutti il cardinal Bembo, e che portarono a compiuta perfezione la lingua e lo stile della vera poesia italiana, abbandonarsi come il Tasso alle onde della voluttà dell'Aminta e al languore delle Rime, lasciarsi infine prendere dalla cupida volontà di bellezza divinamente effusa dal D'Annunzio nei versi immortali del Poema Paradisiaco?

Essere disprezzato nell'intimo del mio essere uomo proprio nei primi momenti in cui sono mosso da desiderio verso la bellezza femminile (che poi cerco di sublimare ma in speculazioni filosotiche ed estasi artistiche ed eternare in pensieri parole ed opere ma questo è un altro
discorso) non può da me essere accettato: questo proprio no.

Sono sempre più rafforzato nella mia conclusione (e godo delle mie scelte).

Come voi potete provare ferimento psicologico nell'essere continuamente inseguita da una muta di maschi insistenti e bramosi (anche se ciò è pienamente natura), ed è vostro dire a costoro "non mi interessa nessuno, lasciatemi in pace" e vivere in altro modo la vostra sessualità, così io posso sentirmi profondamente a disagio, nei sensi e nei pensieri, nel dover corteggiare o sentire ferite emotive in gran parte delle occasioni di contatto "naturale" con le pulcelle.

Infine vi svelo un segreto. Anche dedicare sonetti disinteressatamente (quelli che di solito si userebbero per far omaggio) alle puttane (che scoperebbero lo stesso e sono considerate male dalle altre donne) e trattare la puttana come la più delicata e nobile delle amanti (proprio perché vilipesa dalla società delle altre donne) avviene in me per mostrare disprezzo verso le "oneste" che non hanno saputo o voluto apprezzare (pretendendo recite ridicole o volendomi da principio ingannare per mero diletto e sadismo) e far veder loro quanto di bontà e gentilezza si siano perse facendo le stronze, trasformandola in altrettanta stronzaggine di chi, come me, per protesta versa le "libagioni sentimentali e galanti" sotto i loro occhi (sempre disiosi di esse come lo è un viaggiatore nel deserto), nel "deserto sentimentale" del meretricio, lasciandole a bocca asciutta (un po' una corrispondente rivalsa).

E' amore a queste per odio a quelle. A chi vorrebbe tiranneggiarmi sfruttando le mie debolezze erotico-sentimentali, a chi vuol solo provocarmi frustrazione e farmi sentire una nullità, a chi dall'alto delle sua posizione di privilegio data dalla bellezza mi guarda con sufficienza o aperto disprezzo, a chi mediterebbe di irridermi e deridermi, intimamente o pubblicamente, suscitando ad arte in ogni modo il desiderio per poi compiacersi della sua negazione, a chi vorrebbe dilettarsi a prendersi gioco di me o a mostrare il proprio potere attirandomi sottilmente e poi respingendomi, con l'unico scopo del proprio diletto e del rendermi ridicolo agli occhi degli amici e dei presenti, dell'offendere il mio desiderio di natura, del farsi gioco del mio purissimo ed ingenguo trasporto verso la bellezza, a tutte coloro che insomma sono avvezze a provare su di chi le mira il proprio fascino, non già per vivere il proprio normale e legittimo corteggiamento, ma solo e soltanto per deridere l’aspirante corteggiatore di fronte a sé o ad altri, per farsi gioco e beffe di lui per ribadire con pura vanagloria la propria posizione di preminenza su di lui, e mostrargli quanto lui è insignificante e banale e sostituibile mentre lei è invece unica e da tutti idolatrata, a tutte le donne che esprimono la propria stronzaggine suscitando ad arte il desiderio carnale in un uomo quando il loro obiettivo non è avere un rapporto con lui, e nemmeno verificare nel corteggiamento se egli avrebbe o meno le doti per piacere (ché non si può capire al primo sguardo), ma solo compiacersi del proprio potere, illuderlo, deriderlo o sbeffeggiarlo o misurare la di lui capacità di sopportazione della tensione psicologica da loro indotta, a tutte costoro io posso dire:
"non mi avrete, non riuscirete a infliggere le vostre violenze psicologiche su di me a irridermi nella mi essenza di uomo, a molestarmi sessualmente in ciò che per voi è un gioco, io non ho bisogno di voi e me ne vo' con le mie puttane".

Per concludere, al di là di questo videogioco, è il comportamento intriso di stronzaggine delle femmine moderne a rendere il corteggiamento non più qualcosa di naturale e sopportabile nei suoi rischi, nelle sue fatiche e nelle sue sofferenze, ma qualcosa di massimamente doloroso (e umiliante) e potenzialmente intollerabile da ogni punto di vista fisico, psicologico, economico, legale e soprattutto emotivo. (anche prima che apparissero questi spari contro chiunque dica “come sei bella?”)

Se le ragazze "normali" si contentassero del comportamento gentile e sincero tenuto da noi di fronte alle prostitute di un certo livello, con le quali è possibile chiedere esplicitamente e a priori (immediatamente e in una sola volta) se, come, quando (e ovviamente in cambio di che cosa) sono disposte a concederci le loro grazie e lasciarci amare attraverso la loro divina bellezza il corpo stesso di venere citera, godendo quindi della bellezza se si viene accettati e andandosene se si viene rifiutati,
potrebbero essere prese sul serio nelle loro lamentele sulle insistenze maschili.

Poichè invece esse, non solo e non tanto con coloro verso i quali non provano alcun interesse, ma anche e soprattutto verso chi percepiscono come interessante (potenzialmente eccellente nelle doti da ritenute importanti per un eventuale rapporto e non sempre evidenti al primo sguardo) pongono sempre e comunque avanti i dinieghi come prime risposte, e spesso si lanciano ad oltranza, insensibili ad ogni fatica (materiale e morale), difficoltà (interpretativa) e sofferenza (fisica e psicologica) maschile, in un negarsi soltanto apparente (e in realtà volto solo ad accrescere disio, a testare interesse e a guadagnare tempo per valutare e godersi le eventuali doti che si costringe l'uomo a mostrare), fino al punto di usare a bell'e posta i dinieghi a mo' di prove imposte all''uomo per dimostrare il suo reale grado di interesse verso di loro (perchè dalla capacità di un uomo di sopportare ciò molte verificano la loro avvenenza),
poichè esse pretendono che l'uomo si faccia avanti senza sapere se il suo tentativo avrà successo (ovvero sarà gradito), senza poter chiedere alla controparte dove vorrebbe l'attacco (come non lo si potrebbe fare con il nemico), senza poter dichiarare tutte le intenzioni e richiedere tutti i permessi (ciò fugherebbero ogni effetto sorpresa, ogni atmosfera erotica ed ogni spontaneità necessaria alla riuscita dell'amor naturale), ma rischiando alla cieca, tentando la sorpresa, e verificando solo per prova la bontà della sua azione, valutando solo a posteriori se, come e quando proseguire nell'attacco o ritirarsi, in base alle reazioni (tutte da decifrare, o comunque da valutare di là dalle apparenze, esattamente come le intenzioni del nemico) e ai segnali (quasi mai espliciti e verbali, spesso codificati o dissimulati, proprio come in guerra) captati dalla controparte femminile (le parole non dette spesso in contrasto con quelle proferite dalla voce, i segnali del corpo, i sorrisi, gli sguardi, le movenze, il fare e il non fare, da decifrare con la stessa attenzione e la stessa incertezza con cui si decifrerebbero i messaggi captati al nemico), poichè le stesse finiscono sistematicamente per disprezzare alla morte e bollare a vita come pavido (nel corteggiamento, e quindi, nella vita) chi interpreta sempre i "no" per "no definitivi", chi cortesemente si arrende di fronte ai primi dinieghi, chi non agisce come nelle battaglie in cui proprio la resistenza iniziale offerta dal nemico non è motivo per battere in ritirata, ma la norma e semmai il motivo per insistere, resistere e contiunuare nel rischio e nello sforzo, mostrando il proprio valore, chi "fugge" alle prime diffocoltà e ai primi respingimenti (ovvero alle prime prova di interesse imposte dalla donna), chi si rifiuta di agire come in una guerra, di continuare la sua azione ad onta delle difficoltà e delle resistenze (della donna), regolandosi solo di volta in volta (se avanzare o ritirarsi, se insistere o lasciar perdere), chi rifiuta quella schermaglia amorosa pretesa dalle donne per sentirsi "conquistate" (e nella quale all'uomo spetta di inseguire chi, fuggendo, vuol essere seguita e di vincere le resistenze di chi, lottando, vuole essere vinta), esse non hanno alcun diritto di lamentarsi di chi, da esse naturalmente e socialmente costretto a tutto ciò, per ingenuità, disattenzione, colpa o dolo, sbagli o esageri nel corteggiamento o mostri in esso mancanza d'esperienza o di abilità (interpretando male i segni o agendo in maniera maldestra o non gradita).

Dimostrano solo la loro perfidia e la loro malvagità d'animo
infierendo psicologicamente o addirittura fisicamente su chi, già in posizione psicofisica di svantaggio (in quanto angustiato dal desiderio per le grazie corporali) e di difficoltà (per la disparità di numeri e desideri favorevole alle donne nell'amore sessuale, per la sofferenza emotiva del dover farsi avanti e del sentirsi sotto esame di fronte a chi, con calma e senza esporsi, può valutare, scegliere, rilassarsi, godersi le eventuali doti che l'uomo è costretto a mostrare, e pure divertirsi, con lui o su di lui, magari sadicamente), sia costretto dalla natura e dalle donne comunque ad agire e non abbia alcuna colpa diversa dall'esser mosso dal naturale trasporto per la bellezza e dalla necessità di seguire la legge dei grandi numeri (tentando con n donne diverse sperando la n+1 esima sia quella giusta).

STRONZE. Esco a smitragliare di insulti la prima che passa in gonnella. Se ciò basterà ad avitare che un solo giovane maschio sia ferito da una stronza sarà già un mio successo!

P.S.
ulteriore STRASCICO del 2011 :
Seth Schiesel sul New York Times sostiene che il gioco è ammirevole come le donne ammirate.
Seth Schiesel evidentemente è un coglione schiavo della morale femminista. (ed è fiero di autoreprimersi mentre le donne occidentali possono suscitare disio in ogni modo, tempo e luogo).
Trova normale che le donne considerino come violenza il fatto che gli uomini debbano per disparità di desideri e convenzioni sociali farsi avanti nel corteggiamento. Trova addirittura ammirevole che non solo non apprezzino lo sforzo che dobbiamo fare, ma addirittura vogliano vendicarsi di esso! Dov’è la linea di separazione "fra complimento e minaccia di stupro" si chiede il coglione, "visto che tutti si fanno avanti"? Ecco la stupidità e l’antimaschilità del gioco.

E una puttanella d'intellettuale (detentrice del blog "disambiguando") dice pure che tale commento apparso sul NT è acuto!

Dove sta l'acume, nell'argomentare, contro l'obiezione secondo cui non è giusto equiparare un'attenzione (magari gentile, come "posso aiutarla" o comunque galantemente non offensiva) ad una minaccia di stupro che "non è realistico rispondere sorridendo e dicendo - grazie buona giornata - a chi ci viene incontro e ci guarda come ci volesse saltare addosso e nasconde le proprie intenzioni con le buone maniere".
Vedo solo la demagogia femminista che vuol far sentire il colpa gli uomini per natura e considera violenza/molestia tutto quanto, pur non essendo oggettivamente nè violento nè molesto ha la "colpa" di esprimere o lasciar trapelare (in maniera più o meno schiettamente esplicita o raffinatamente implicita, più o meno poeticamente vaga o spontaneamente diretta) il natural disio dell'uomo per il corpo della donna. Come se qualsiasi rapporto, dal più fugace e casuale al più sentimentale e duraturo non nascesse da quel trasporto per la bellezza comune agli augelli canori del bosco nella soavità della primavera e ai poeti cantori delle grazie femminili nelle rime eternatrici!
Dove sta l'acume nel replicare, alle critiche secondo le quali non si può considerare licenza di uccidere un complimento spontaneo e non volgare come "quanto sei bella" dicendo "tanto cosa cambia? gli uomini si fanno avanti lo stesso".
Vedo solo la stupidità americana che non distingue l'intenzionalità molesta dei bulli dall'ingenuità ardita degli ammiratori.
Come se il farsi avanti degli uomini (dovere a noi imposto dalla natura, spesso contro la nostra volontà e la nostra indole, e peraltro ancora preteso dalle donne in ogni forma di corteggiamento) fosse di per sè un atto ostile!

Il gioco considera un complimento o un interessamento come intenzione di stupro!
Ecco il grave.
Ciò equivale a far sentire tutti i maschi "colpevoli" per natura, per il "peccato originale" del disio verso il corpo della donna.
Viene considerata "violenza" (reale o potenziale) ogni atteggiamento maschile diverso dal mortificare la propria natura (volta a disiare la bellezza con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono non appena si mostra nelle grazie ch'è bello tacere, e a cercare di coglierla così com'è diffusa nella vastità multiforme delle grature femminine) girando con lo sguardo basso e la bocca chiusa (mentre il corrispondente istinto femmineo di mostrarsi in ogni modo tempo e luogo belle e disiabili, d'origine non certo meno "animale", presente anche quando la volontà cosciente non ha intenzione di conoscere uomo alcuno, e solo nascosto da parvenze culturali quali "esprimere la nostra femminilità", "piacere a noi stesse" o "esercitare il diritto a vestirci come ci pare", viene considerato non solo socialmente accettabile ma pure culturalmente raffinato e intellettualmente evoluto): anche un complimento non volgare e non offensivo viene definito da questo maschiopentito angloamericano come "maschera di buone maniere per nascondere l'intenzione di saltare addosso alla vittima".

Come se l'essere colpiti da un disio profondo nascente per natura e provocato (consciamente o meno) dalla donna nel suo "vestirsi all'occidentale" fosse frutto di una nostra intenzione criminale (anche quando il nostro intento sarebbe semplicemente quello di procurarci un'occasione di conoscenza non banale o anche solo quello di esprimere con la parola, il gesto, il guardo, l'invito il nostro apprezzamento con la stessa naturalità di un usignuolo che canta, di un fiore che sboccia, di una primavera che soffia di zefiro, di una cascata che irrompe, di una fiera che segue la femmina nei boschi, del riflettersi sull'onda lucente del mare notturno di quella conchiglia d'argento che ha nome luna, lo stesso intento con cui Jacopo da Lentini ideò il metro immortale delle rime con suoni con cui Guido Cavalcanti esclamò "chi è questa che vien c'ognom la mira, che fa tremar di chiaritate l'aere e mena seco amor sì che parlare null'omo pote ma ciascun sospira", con cui Petrarca forgiò i sonetti perfetti dallo stile puro e rarefatto, senza eguali nel mondo, con cui il Tasso sognò nell'alto silenzio di una notte bruna le languide rime in cui l'amata tornava a fargli visita, e con cui il Foscolo immaginò di rendere dee le donne mortali pel canto de' poeti)!

A parte l'inaccettabile disparità logica ed etica fra il "diritto" della donna a suscitare (consciamente, per moda, capriccio, vanità, interesse economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica, o inconsciamente, per attirare quanti più maschi possibile al fine di selezionare chi eccelle nelle doti volute) disio e il nostro "dovere" a non esprimere nemmeno in maniera giosa, pacifica e non certo offensiva quanto esso fa venire alla mente, vi è una conseguenza psichica incancellabile.

Se qualunque tentativo di approccio (anche il più educato e delicato, come "posso aiutarla" o "quanto sei bella!") viene trattato in questo modo, allora non ci si meravigli se nessuno dei giovani maschi vuole più corteggiare le coetanee e se la maggioranza cerca solo sacerdotesse di venere prostituta: ogni occasione di incontro dovrebbe essere sfruttata nella speranza di incontrare chi può volere per un rapporto proprio quelle doti di sentimento o intelletto da noi possedute, e se i luoghi (come la pubblica via, l'autobus, il lavoro) in cui il numero di sconosciute che potrebbero interpretare il nostro sogno estetico è maggiore vengono considerato "off-limits", se ogni nostro primo tentativo di esprimere disio, di creare con la parola una bellezza non corporale e non mortale (a similitudine della poesia eternatrice) da contrapporre a quella corporale e mortale delle donna, e procurarci un incontro solus ad solam viene colto come occasione per infierire nel corpo e nella psiche di chi mira e disia e proprio mentre mira e disia e proprio perchè mira e disia (come se il disio naturale fosse una colpa, come se portare alla luce la parte più profonda, vera e quindi anche ingenua e delicata di sè, quale appunto la debolezza erotico-sentimentale, di cui il guardare una donna con la bocca rotonda dallo stupore e gli occhi spalancati come in un sogno ad occhi aperti sono la prima espressione, costituisse un'offesa), allora non resta che chiudere ogni speranza di rapporto umano e rivolgersi al professionismo. Se la natura e le donne pretendono sia l'uomo a fare la prima mossa, questo deve giocare sui grandi numeri nel corteggiamento ed ogni corteggiamento nasce da un approccio e ogni approccio da un complimento, ed ogni complimento ha possibilità di andare a segno solo se espresso con ingenuo trasporot e spontanea immediatezza, non certo con filtri culturali o censure politicamente corrette (per paura di denunzie reali o sventagliate di mitra virtuali).
E' significativo che la chiosa dell'articolista maschiopentito sia "non sono mai stato sessualmente molestato (-evidentemente o non vive in occidente o non riconosce come molestia la stronzaggine femminile da me descritta - n.d.r) e non ho mai abbordato una donna per strada. E dopo questo videogioco non inizierò a farlo ora."
Si ammette dunque che il fine culturale del gioco è far desistere uomini e ragazzi da qualsiasi tentativo di abbordaggio con le sconosciute. Ma allora, se per conoscere nuove persone è ovviamente necessario fare la prima mossa quando queste sono ancora sconosciute e se per avere una minima speranza di carpire interesse toccando la vanità è necessario il complimento (il quale, per avere effetto, deve essere spontaneo), e tanto l'approccio quanto il complimento vengono considerati socialmente inaccettabili, perchè non si legalizza coerentemente la prostituzione (unico ambito a questo punto in cui un uomo normale possa avere speranza realistica di trovare fanciulle disposte ad appagare il disio di bellezza e piacere dei sensi e delle idee)? E' ovvio che quindi il fine è rendere l'uomo impotente nel corpo e nella psiche, sessualmente frustrato, mentalmente oppresso da sensi di colpa e psichicamente ferito dall'inappagamento d'ogni disio e dal disprezzo di ogni sua espressione.

Dicono che il gioco è una provocazione che ha il merito di porre in evidenza il problema della "violenze anche se qui solo verbali subite quotidianamente dalle donne". Merito? Lo sarebbe se ponesse in evidenza gli opposti complementari problemi dei giovani maschi!
Il presunto problema delle violenze/molestie così come inteso dalla mentalità femminil-femminista sottesa videogioco è comunque, direbbero i matematici, un "o piccolo" rispetto a quello della stronzaggine femminile che devono subire quotidianamente i maschi (in quanto ormai divenuto costume nei luoghi di divertimento come in quelli di lavoro, negli incontri brevi e occasionali per via o in discoteca come in quelli più lunghi e sentimentali).
Se toccare un culo(o un seno) costa anni di carcere e esclamare un complimento qualche mese nella realtà (e la vita nel virtuale), allora il fare le "stronze", ovvero trattare con sufficienza o aperto disprezzo chiunque tenti un qualsiasi avvicinamento erotico-sentimentale, mostrare pubblicamente, per capriccio, vanità , aumento del proprio valore economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza, le proprie grazie solo per attirare, ingannare e sollevare nel sogno chi poi si vuole far cadere con il massimo del fragore, della sofferenza e del ridicolo, diffondere disio agli astanti e attrarre a sè (o addirittura indurre ad arte a farsi avanti e a tentare un approccio) sconosciuti che non si è interessate a conoscere ma solo a ingannare, far sentire nullità e frustrare sessualmente, dilettarsi, con (s)vestimenti, movenze, sguardi espliciti e atteggiamenti impliciti, silenzi eloquenti e parole ambigue, a suscitare ad arte disio per compiacersi della sua negazione (e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche da una raffinata, intenzionale e premeditata perfidia, possa far patire le pene infernali della negazione a chi è stato dapprima illuso dal paradiso della concessione), attirare chi si vuole solo respingere, illudere chi si vuole solo deludere, fingere di apprezzare chi si vuole solo disprezzare, attrarre intenzionalmente, scegliere fra tanti e invitare all'approccio chi si vuole poi trattare come uno qualunque, un uomo senza qualità, un banale scocciatore, chi poi si vuole far sentire un puro nulla davanti a sè e agli altri, chi si vuole poi chiamare "molesto" quando, in maniera magari maldestra, comunque sincera, cerca di carpire i favori, attirare e respingere con l'intenzione di infliggere continuamente tensione psicologica, ferimento intimo, senso di nullità , irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, inappagamento fisico e mentale degenerante se ripetuto in ossessione e disagio scivolante da sessuale ad esistenziale (con rischio, per il giovane maschio, di non riuscire più a sorridere nel sesso e di avvicinarsi ad una donna senza vedervi motivo di patimento, tirannia e perdita di ogni residuo interesse per la vita), usare insomma sugli l'arma della bellezza in maniera per certi versi ancora più malvagia di quanto certi bruti usino sulle donne quella fisica) dovrebbe essere punito con decenni di reclusione e centiniaia di migliaia di euro di multa, perchè il danno alla psiche è notevolmente maggiore (e va dalla cosiddetta "anoressia sessuale" al suicidio, da una quasi patologica timidezza al farsi avanti con le ragazze alla completa impossibilità futura a sorridere e volere in tema di corteggiamente in particolare e di "amore" in generale, e quindi anche di "vita" in senso pieno, dal precoce bisogno di prostitute ad un disagio psichico ora celato con l'ironia ed ora pronto ad esplodere in eccessi di aggressività).
Il fatto che gli uomini, per obbligo culturale a mostrarsi forti e cavalieri e per plagio psicologico femminista (che li dipinge come carnefici anche quando sono vittime) in genere non lo ammettano non significa non esista.

Si dice che il gioco abbia il merito di assumere un punto di vista femminile. E perchè ciò dovrebbe essere un merito mentre l'assumere un punto di vista maschile sarebbe una colpa? I videogiochi classici non assumono alcun punto di vista, nè quello maschile, nè quello femminile, sono spesso stupidi e basta. Sarebbe ora, qui e altrove, che qualcuno considerasse il problema dell'approccio dal punto di vista dei giovani maschi, i quali spesso, per pudore personale o costruzione/costrizione culturale non vogliono o non sanno parlare delle proprie debolezze psicosessuali e delle proprie sofferenze emotive., rispetto a cui atteggiamenti come quello della protagonista del gioco danno il colpo di grazie.
Già è difficile la condizione esistenziale maschile nella quale l'appagamento dei naturali desiri è reso quanto di più raro e costoso (sotto ogni punto di vista materiale e morale) possa esistere sulla faccia della terra da un comportamento femminile degno dell'opec.
Già è frustrante essere sottoposti (per via dell'esercizio femminil-femminsta del "diritto a (s)vestirci come ci pare") alla continua diffusione di un disio di natura che, per non poter essere (almeno in quel momento) appagato, genera inganno ai sensi, frustrazione alla psiche, senso di nullità alla mente (nella consapevolezza di non avere davanti alla bellezza nulla da contrapporre per essere parimenti mirati, disiati e accettati al primo sguardo e quindi per evitare di guardare dal basso verso l'alto colei che essendo da tutti bramata può promettere, infliggere e prendere tutto a tutti, su tutti e da tutti), con disagio se prolungato da sessuale ad esistenziale.
Già è psicologicamente "pesante" avere l'obbligo di fare sempre la prima mossa senza poter sapere a priori se il tentativo avrà successo ovvero sarà gradito dalla sconosciuta controparte.
Già è emotivamente doloroso trovarsi nella condizione di chi deve "fare qualcosa" per mostrarsene degno della "dama" posta sul piedistallo dal disio, o comunque si sente "sotto esame" di fronte a colei che può già rilassarsi, valutare con calma (l'eventuale eccellenza in noi di quelle qualità individuali d'apprezzamento soggettivo e arbitrario, non visibili al primo sguardo ma da lei ritenute indispensabili per un rapporto, principiarle a godersele se presenti o irriderne l'assenza in caso contrario) e scegliere se divertirsi con noi o su di noi.
Volete pure infierire su chi si trova in tale situazione ed ingenuamente e magari maldestramente prova a risolverla iniziando con una battuta?

La reazione non è eccessiva negli effetti, è proprio sbagliata nell'intento.
Solo viziate femmine possono lamentarsi del privilegio naturale d'esser universalmente mirate, amorosamente disiate e socialmente accettate di per sè per la bellezza, senza bisogni di "compiere imprese" come i cavalieri i quali senza esse restano puro nulla socialmente trasparente.
Solo perfide femmine possono chiamare molesto chiunque in qualsiasi modo tenti un qualsiasi approccio (dopo magari essere stato attirato o illuso ad arte o comunque indotto a farsi avanti con sorrisi e ammiccamenti, sguardi, espressioni, movenze, vestimenti o, meglio, svestimenti, parole dette e non dette) nell'amor naturale.
Solo malvagie femmine possono ritenere di doversi "vendicare" di chi (per volontà non propria, ma della natura e della stessa donna) ha la sola colpa di essere mosso da ingenuo e subitaneo trasporto per la bellezza e di avere su di sè l'obbligo di farsi avanti per primo senza sapere cosa la sconosciuta consideri più o meno vagamente poetico o volgarmente esplicito, più o meno apprezzabilmente ardito o banalmente irritante.
Solo bastarde femmine possono ritenersi "violate" per il fatto che il complimento, l'apprezzamento, l'approccio ricevuto (agito dall'uomo con l'intenzione non di offendere o irridere, ma di compiacere o indurre al desiderio di conoscenza, e spesso a lui costato un travaglio emotivo contro la timidezza naturale e la ragione pessimista) non coincida con quanto di volta in volta segretamente preteso (e sconosciuto all'uomo).

Quanto agli americani, possono tentare di convicermi con mille film e mille norimberga, ma nè il vituperato nazismo, nè lo stalinismo coerentemente egalitario (anche verso le donne, lavoratrici in miniera prima che titolari di privilegiate quote rosa nei cda) hanno mai instaurato un totalitarismo così psichicamente devastante e socialmente invasivo come tale morale femminil-femminista sulla "molestia" (avente l'intento di far sentire in colpa o comunque "in dovere di nascondersi, di reprimersi nella natura più profonda" gli uomini ogniqualvolta mirino, ogniqualvolta desirino, in ogni momento della loro vita quotidiana, in ogni contatto vero o virtuale o visivo con l'altro sesso). La guerra contro di loro, al di là dell'Islam. è dunque santa nel senso tutto umano del termine (per ridare agli uomini la loro umanità, di cui la criminalizzazione del desiderio li sta privando culturalmente e giuridicamente).
Quanto alle donne, non meritano più i miei commenti. Le pantofolaie (stronze virtuali che in chat agiscono come la femmina del videogioco addirittura adescando malcapitato disianti) sono state colpite ieri con qualche messaggio che non ammetterà da parte mia repliche.
Non vi lamentate se d’ora in poi andremo solo a puttana: ogni corteggiamento nascerebbe da un complimento. E se il rischio è l’avere ostilità andate pure a…

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