Oggi è il Sessantaseiesimo anniversario dell'inizio della invasione tedesca dell'Unione Sovietica. Poiché il 6 è il numero del diavolo ed Hitler è unanimamente considerato un diavolo assoluto ritengo opportuno festeggiare l'evento (e questo doppio sei).
Si può disquisire infinitamente sul fatto che tale fama del Fuhrer fosse effettivamente TUTTA motivata da crudeltà assassina, unica al mondo e fine a se stessa o, più semplicemente e materialmente, ANCHE dal fatto di essere stato il primo e l'unico capo politico intenzionato a porre effettivamente un freno deciso e spregiudicato (e anche brutale) allo strapotere internazionale delle lobbies finanziarie (che per Ezra Pound durava dai tempi dell'istituzione della Banca d'Inghilterra nel Seicento e che era riuscito ad impadronirsi nell'Ottocento anche degli Stati Uniti, fondati invece in principio da spiriti liberi e veramente democratici che avevano tentato di sottrarvisi) . La sua decisione di ripagare i debiti di guerra tedeschi con il lavoro e non più con gli interessi, e facendo così ripartire l'economia tedesca (ossia il vero motivo per cui la Krupp, la Rheinmetall, la Man, la Opel, la Daimler, la Heinkel, la Messerschmidt, la Siemens e tutti quanti rappresentavano l'industria tedesca soffocata dai debiti e dai finanzieri internazionali che su essi guadagnavano, lo presero di peso dalla gattabuia di Monaco, trascurarono le sue origini plebee e populiste, e lo misero di forza sulla poltrona di cancelliere) fu qualcosa di molto più spregiudiato della stessa Rivoluzione d'Ottobre. Nemmeno i Sovietici infatti avevano mai osato mettere il dubbio il potere della finanza (Marx stesso glissa ripetutamente sull'argomento, confondendo nella sua critica il capitalismo sano, creativo, vitale, con la sua degenerazione in Usurocrazia, ovvero potere tirannico e sterile del denaro che produce altro denaro con l'interesse senza nulla creare di positivo per l'uomo).
Le critiche che si muovono all'Operazione Barbarossa tendono a vedere in Hitler uno sciocco ripetitore degli errori Napoleonici. Io ritengo che non furono gli errori ma le situazioni a risultare simili. Entrambi erano stati precedentemente vincitori dappertutto sulla terraferma, in Europa. Entrambi avevano nell'Inghilterra della banche e degli affari internazionali un avversario irriducibile. Entrambi avevano tentato la carta dell'alleanza con il colosso Russo, dimostratosi però troppo infido (o, meglio, troppo sensibile alla corruzione britannica). Entrambi, non potendo direttamente colpire l'inghilterra, troppo forte sui mari, hanno deciso di costringerla alla resa con l'assedio economico (Hitler in particolare con gli attacchi sottomarini ai convogli provenienti dalle colonie) e con il terrore che sarebbe derivato da una distruzione totale dell'unico alleato per loro ancora possibile (ovvero la Russia). Entrambi erano odiati per avere, nei fatti, unito l'Europa e dunque costituito sul Vecchio Continente una potenza tale da sminuire l'Impero Britannico (o, dopo, quello Americano).
Chi contesta la validità dell'Operazione Barbarossa si basa su due assunti:
1) che la Russia sia, per la vastità delle proprie risorse naturali e umane, imbattibile in guerra
2) che Stalin non avrebbe mai rotto il patto del '39 per primo.
La prima obiezione è semplicemente smentita dal ricordarsi come nella prima guerra mondiale il Reich del Kaiser Guglielmo sia comunque riuscito a sconfiggere militarmente la Russia (prima di perdere un anno dopo ad occidente, ma questa è un'altra storia). La seconda è annullata in questi giorni dalla scoperta da parte degli storici russi dei documenti dei piani segreti di Stalin per invadere la Germania nel 1942.
Giudicando bene questo, l'OKW, considerò nell'autonno del 1940 che, poiché la guerra con l'URSS era inevitabile, avrebbe dovuto svolgersi al più presto, finché la potenza militare dell'Asse era all'apice e finché l'esercito russo era male equipaggiato e peggio comandato (come dimostravano gli insuccessi clamorosi nella guerra in Finlandia e come conseguente le cervellotiche purghe di Stalin contro i migliori generali dell'Armata Rossa). Aspettare avrebbe significato scontrarsi con una Unione Sovietica imbattibile, contro la quale non vi sarebbe stata alcuna concreta possibilità di compensare con la qualità militare l'enorme superiorità quantitativa dei russi (giova ricordare che, mentre la Russia dello Zar era ancora un paese agricolo, dove il numero dei soldati non era solo forza militare ma anche quantità di bocche da sfamare, quella di Stalin era una russia pesantemente industrializzata a suon di piani quinquennali, nella quale il maggior numero di persone significava maggiore produzione bellica).
Poiché, non considerando l'ipotesi di imitare il Kaiser (ossai di liberare dalla Germania un qualche dissidente russo di Stalin per far scoppiare una rivolta popolare) e non potendo far colassare economicamente il gigante stalinista (troppo forte a causa dell'efficacia dei piani quinquennali) con una guerra di logoramento (come invece avvenuto nel 17 con la Russia zarista), il feldmaresciallo Keitel e il generale Jodl (rispettivamente capo e vicecapo dell'OKW) dovettero incaricare in generale Halder di elaborare un complesso piano per replicare su scala molto quanto era magistralmente riuscito con la Francia: la blietzkrieg. L'unica speranza tedesca di vittoria era quella di annientare l'Armata Rossa prima della linea Dvina-Dniepr, con rapide avanzate in profondità da parte dei Panzergruppe e manovre di accerchiamento e distruzione della fanteria su larga scala.
Potete leggere qui un dettagliato resoconto di tutti i particolari.
E' facile col senno di poi giudicare se il piano fosse fattibile o meno e se e quanto sia stato seguito fedelmente. E' controverso poi stabilire se la mancata capitolazione dell'URSS sia stata dovuta ad un fallimento dell'operazione in sé o, semplicemente, dal fatto che Stalin riuscì a mobilitare (trasportando attraverso la Siberia con carri americani, armando con sussidi occidentali e rifornendo con petrolio britannico proveniente dell'Iran attraverso un oleodotto costruito apposta) un'altra Armata Rossa in sostituzione di quella distrutta dalla travolgente avanzata della Wermacht (fatto non previsto dai Tedeschi). E' infinitamente inutile disquisire se la scelta tedesca di 66 anni fa sia stata giusta o sbagliata.
In ogni caso, dalla prospettiva tedesca, per resistere all'assedio mondiale e alla guerra totale che chi aveva umiliato la Germania nel '18 e tiranneggiata con i debiti dopo avrebbe sicuramente continuato fino alla morte, il III Reich doveva creare un impero tanto grande e tanto potente da fermare con il terrore i propri nemici mortali.
Sotto la specie dell'eternità (e dalla prospettiva di chi, come me, valuta il mondo non con l'arbitraria piccolezza della morale ma con la grandezza eternante dell'arte) non è rilevante avere vinto o perso. L'importante è aver fatto tremare il mondo. Come Tamerlano. Cosa importa se poi Timur ha fallito nell'invasione della Cina, morendo nel tentativo senza lasciare un impero capace di sopravvivergli? Le sue gesta risuonano comunque nell'eternità. Non è poi detto che deperire lentamente, per consunzione, come l'Impero Romano (d'Occidentre, ma soprattutto d'Oriente, similmente ad una cortigiana decrepita) sia tanto meglio di una fine immediata e tragica immediatamente successiva al massimo splendore.
Visto che poi, pur non avendo simpatie per Hitler o per l'ideologia nazista, ho fortissime simpatie per il Popolo Tedesco in quanto tale (in quanto artefice degli immortali capolavori filosofici di Schopenhauer e di Nietzsche, i quali pure avevano il vezzo di parlarne male e di avversarne il nazionalismo), ulteriormente motivate dal constatare come anche oggi, dopo due guerre mondiali perse e dopo l'Unione Europea incombente, siano capaci (contro il resto del mondo "politicamente corretto" contrario) di mantenere leggi e usanze favorevoli ad ogni grande spirito vitale e futurista (grandi bordelli senza limiti di gnocca e grandi autostrade senza limiti di velocità, le mie due maggiori passioni), oggi dico con voce sonante
PANZER, VORAN!
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