A PROPOSITO DI "TIGRESSE"
Quanto splendidamente descritto da Madonna Chiara riassume il motivo per cui prediligo pagare l'attrice del mio sogno estetico ed abbandonarmi alla sua arte piuttosto che dover per forza "conquistare" una cosiddetta donna "normale".
Nel primo caso infatti posso abbandonarmi alle onde della voluttà e lasciarmi condurre da colei che recita così come lo spettatore si abbandona alla bellezza della scena, all'intensità dei desideri, alla forza della musica, così come la mente si lascia condurre dalla soavità dei suoni, dalla pienezza della melodia,dalla catena del ritmo, così come l'occhio si lascia vincere dalla claritade angelica del viso, dalla figura alta, dalle chiome fluenti e lunghe, dalle linee scolpite delle membra, dalle forme dei seni rotonde, dallo slancio statuario della persona, dalla piattezza d'un ventre perfetto, dalla liscia pelle e levigata, dalle fattezze tutte d''un corpo dea, e dall'altre grazie che, come diceva Dante, "è bello tacere", così come un rivo si fa condurre dai flutti insino al mare
("Chiedi al rio perché gemente
dalla balza ov'ebbe vita
corre al mar, che a sé l'invita,
e nel mar sen va a morir:
ti dirà che lo strascina
un poter che non sa dir." Elisir d'Amore)
o come, se vogliamo seguitare con Dante, questi si faceva condurre per mano da Beatrice per le vie del Paradiso.
Nel più terrestre paradiso dell'escorting (che talvolta nasconde selve oscure popolate non solo di lonze ma anche di "tigresse") è possibile vivere il proprio sogno estetico senza avere l'obbligo di "recitare", sperimentare la più profonda estasi carnale e la più cupida furia della natura senza essere costretti a tenere una parte "attiva", raggiungere l'ebbrezza dei sensi e delle idee data dalla sensazione di godere di una beltà divina, lasciando che sia lei a fare tutto.
Le sacerdotesse permettono, attraverso il loro corpo, di amare quello di Venere e di essere da lei rapito. E' come essere posseduti per sublimi interminabili attimi dalla divinità: una momentanea interruzione del regno apollineo nella quale è dato all’uomo sperimentare le ebbrezze e le follie dell’insondabile regno dionisiaco senza rompere per sempre l’ordine razionale di cui è parte, provare la furia orgiastica della vita primordiale cupida di sé e antecedente la frammentazione in individui senza esserne annientato per sempre, attingere insomma dal substrato profondo e terribile dell’esistenza senza venirne distrutto; le escort sono come grandi attrici sulla scena, permettono all’uomo di vivere l’estasi senza che il relativo tormento sconvolga la vita fuori dal palco: se poi uno si fa prendere la mano pretendendo di proseguire la finzione anche fuori da "teatro" peggio per lui.
Grazie all'opera della escort, si gode poi realmente di quella bellezza ideale, prima soltanto rimirata e sospirata in cielo nelle più alte speculazioni filosofiche e nelle più intense estasi artistiche (o disiata e vagheggiata alla luce della luna, nel suo corteo di zefiro e di stelle) la quale si fa sensibile a noi mortali proprio nelle belle forme della sua figura (la quale diviene così sacerdotessa di Venere Citerea).
Avendo già adempiuto al mio obbligo pagando il biglietto, non sento incombere su di me il "dovere" del corteggiamento.
Per questo tutto quanto segue, le parole, i gesti, le movenze, le carezze, gli sguardi e financo i pensieri, non sono affettati, non hanno un secondo fine, ma la schiettezza delle gioie ingenue e pure, come quelle di chi vede al mattino il riso dell'acque sulla rosea sabbia baciata dal nascente sole o a sera il riflesso del plenilunio sull'onde argentine del mare, e sono piacevoli come gocce che dolcemente e naturalmente scivolino sulla pelle verso il basso (mentre le stesse cose nei rapporti "gratuiti" hanno la forzature degli idranti per disperdere le folle).
Nel secondo caso, invece, chi corteggia è obbligato a seguire attentamente le mosse dell'altra, deve occuparsi dei suoi capricci, prevedere i suoi desideri, parlare per compiacere, pensare a dove invitare e a cosa proporre, non essere mai banare, far ridere senza esser ridicolo e parlar di sentimento senza esser sentimentale. Deve dunque esser un attore. Deve avere un grado di concentrazione degno dell'entrata in scena, o essere, come certi grandi attori, un artista nato. Non tutti sono disposti a farlo. Non tutti lo sentono come proprio. Non tutti ritengono dignitoso farlo. Non tutti, soprattutto, vogliono sentirsi obbligati a farlo.
Le donne intanto possono divertirsi perché a loro basta cedere, mentre un uomo deve sempre "fare qualcosa" per rendersi gradito agli occhi dell'amata (comunque disiata al primo sguardo: "chi è questa che vien c'ognom la mira che fa tremar di chiaritate l'aere e mena seco amor
sì che parlare null'omo pote ma ciascun sospira") o almeno (per aver speranza) recitar da giullare per far divertire la donna, o da seduttore per compiacere la sua vanagloria (anche se magari in forme moderne o anticonvenzionali).
Mentre una giovane donna è apprezzata e disiata, come Beatrice, al primo sguardo ("benigna sen va sentendosi laudare") un giovinotto ha necessità di una "occasione" per dare sfoggio di quelle virtù che potrebbero renderlo gradito agli occhi dell'amata. Questo fa sì che vi sia una chiara disparità nel rapporto (tale disparità è il vero motivo della ricerca di sacerdotesse di Venere da parte degli uomini gaudenti). Non sempre l'occasione esiste (e se esiste, proprio per la sua cruciale rarità, ha spesso la tensione di un esame, non certo il piacere di un divertimento). Non sempre l'occasione è facile (per valutazioni numeriche e di circostanza). Quasi mai: più probabile che le virtù possedute, anche se reali, non siano la vera chiave del consenso di lei (bisognerebbe essere fortunati ad avere in tasca proprio la chiave della porta desiderata) o che, anche qualora lo siano, non riescano ad essere estratte dalla tasca, o vengano perdute nel buio della mediocrità dei divertimenti di massa o nella confusione delle banalità moderne. Spesso dunque il disio resta unilaterale ed allo stadio di illusione. Eppure l'incantamento estetico-amoroso rimane reale per l'uomo, giacché è parte della natura.
Un fanciullo brama la donzella avvenente così come un fiore sboccia, un usignolo canta, un prato fiorisce, una cascata irrompe, e quando il suo desire si volge in attività d’intelletto allora i versi e le rime scorrono con quella medesima magia propria dei prodigi di natura, come l’avvento della Primavera o il riflesso sull’onda lucente di quella conchiglia d’argento che chiamiamo Luna.
La donna, al contrario, proprio perché raramente desidera un uomo per la bellezza e se ne invaghisce al primo sguardo, e più facilmente ella vuole prima sondarne il valore per ammirarvi altre virtù, quali la bravura nel creare sogni e illusioni, nel far vivere all'amata "la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude", e non ultime la cultura e l'eloquenza, tutte virtù che si esplicano primieramente attraverso la capacità e l'ordine del dire, senza le qual cose la ragione stessa sarebbe vana, non rimane ammaliata da principio (lo sarà forse dopo), e resta libera di decidere senza incantamenti.
Per questo, almeno all’inizio della conoscenza, ed al contrario di quanto, secondo voi, è da un punto di vista fisico, è l’uomo e non la donna a trovarsi in una condizione di debolezza. E questo voi ben sapete avendo fatto la escort (è il motivo della vostra forza contrattuale). L’uomo è già invaghito e agisce secondo i riflessi condizionati dell’istinto (seppur filtrati dalle convenzioni sociali), ed il suo intelletto e la sua immaginazione sono angustiati dal desiderio, non permettendogli, spesso, di mostrare il meglio delle proprie virtù intellettive, culturali e oratorie, né di sentirsi a proprio agio e rilassato, mentre la donna si deve ancora invaghire e la sua mente è pronta per lasciarsi inebriare “dalle parole che dici umane” o per capire l’inadeguatezza dell’aspirante amante, comunque più libera di scegliere.
E' infatti evidente che, mentre un uomo mira alla bellezza, una donna ama altre virtù, quali la capacità di dimostrare il proprio valore, di affermarsi, la capacità di far sentire alla fanciulla di vivere in una favola, l'abilità di perdere la donna negli imperi occulti del sogno, la brama di erudizione e di squisitezze intellettuali, la sete di cultura, la tensione all'eccellenza nel fare come nel dire ed altre infinite virtù che si esprimono soltanto con l'uso della parola, con la modulazione della voce, con il tempo dato al corteggiamento e che in un giovane ed inesperto non possono per forza di cose svilupparsi in quella prima età nella quale sulle donne fiorisce la bellezza.
Questo mi fa preferire le famigerate "tigresse" alle "gattine", giacché le prime, come sotteso da Madonna Chiara, normalmente "feroci" (specie con chi mostra loro spade e lance), non sono vinte mai dalla forza delle armi, ma possono essere incantate dal suono dolce del flauto (come appunto le fiere da Orfeo), mentre le altre, le presunte "docili", si conquistano solo con la spada e sono pericolose per chi non è "armato di lancia". Se chi crede d'essere lupo ama la debolezza della pecora, chi non è un cacciatore, ma un indifeso sognante fanciullo, trova nel flauto incantatore l'arma più potente, per non farsi dilaniare, e per ottenere quanto non otterrebbe nessuno con il più potente dei fucili da caccia.
E' innato in me il desiderio di congiungermi a colei che pare in grado di interpretare il mio "sogno estetico" e di rendere sensibile, con la sua bellezza corporea, ciò che provo in ogni più alta speculazione filosofica e in ogni più profonda estasi artistica. Altrettanto innata è in me la tensione all'eccellenza, nel fare come nel dire, dal primo giorno di prima elementare.
Per questo desidero avere come amante una di quelle donne dalla bellezza tanto "alta e nova" da poter essere, in condizioni ordinarie, soltanto vagheggiate di giorno, nel sogno ad occhi aperti di chi le mira gir per via, o castamente disiate di notte, come l'imminente luna e le stelle palpitanti, dall'anima sospesa di chi, nel silenzio e nello stupore, eleva a loro lo sguardo sospirando, le quali nella vita "ufficiale" fanno magari le modelle, e per avere un'esistenza molto agiata sono disposte ad arrotondare concedendosi per una notte a clienti, invaghiti dalle loro fattezze e dalla loro classe, disposti a pagarle cifre ben superiori allo stipendio medio di un impiegato.
Sono rafforzato in questa considerazione teoretica dal vedere, praticamente, come anche le pulcelle con la più vaga somiglianza con le belle donne di cui sopra godano in realtà di una posizione di assoluto privilegio nella sfera erotico-sentimentale, e possano vantare stuoli di ammiratori e di cavalieri, i quali, compagni di classe, coetanei, conoscenti, finiscono per tollerare in ogni dove l'intollerabile.
A me fa soffrire questa situazione, mi fa sentire sempre guardato con sospetto o addirittura sufficienza e, dato che già mi trovo a disagio in tutte le situazioni nelle quali una donna può mostrare la propria avvenenza mentre io non posso rendere evidenti le doti d'intelletto, la cultura e l'eloquenza che sole mi renderebbero degno di star di pari alla sua bellezza o eventuali virtù che potrebbero farmi gradito agli occhi di chi miro, non posso né voglio avere approcci nel mondo di oggi con donne non-escort.
Si tratta infatti di una situazione chiaramente impari, in quanto lei è apprezzata immediatamente e a priori per quello che è (bella) mentre io sono obbligato a "fare qualcosa" (in forme moderne o convenzionali non ha importanza) nella speranza di conquista. Questo fa sì che non mi senta proprio a mio agio per disvelare la parte più gradevole di me ed anzi mi senta costretto proprio dove vorrei invece un abbandono alle onde della voluttà.
Poiché anche la chiara disparità di numeri e di desiderio non gioca a mio favore, e attorno alle ragazze non dico belle, ma lontanamente assomiglianti a qualcosa in grado di suscitare un palpito di desiderio, circola la corte dei miracoli, ed io ho ben studiato il calcolo delle probabilità, nemmeno prendo in considerazione l'ipotesi.
Non voglio fare come coloro i quali, pur di avere una speranza, sopportano i comportamenti psicologicamente molesti di quelle che si sforzano con ogni mezzo di suscitare ad arte il desiderio negli uomini per poi compiacersi della sua negazione ed infoltire così le schiere di ammiratori, ed alla fine guardano tutti dall'alto al basso, arrivando addirittura a deridere gli approcci, o ad appellare molestatori quegli aspiranti corteggiatori che ingenuamente o maldestramente cercano di conquistarne i favori.
Io disprezzo profondamente coloro le quali sfruttano la situazione per attirare ad arte ammiratori e poi respingerli, con l'unico scopo del proprio diletto e del rendere loro ridicoli agli occhi degli amici e dei presenti, dell'offendere il loro desiderio di natura, del farsi gioco del loro purissimo ed ingenguo trasporto verso la bellezza. Ho dunque, verso queste donne non escort (che dovrei chiamare oneste ma non lo meritano) un comportamento di indifferenza cordialmente ricambiata. Per togliere loro ogni occasione di compiacere la vanagloria con me e di irridermi intimamente, di farsi gioco di me e del mio disio, di sbeffeggiarmi, di tiranneggiarmi col desiderio indotto, di umiliarmi in privato o in pubblico, di ingannarmi apertamente o implicitamente, o anche solo di ferirmi emotivamente o di indurmi tensione psicologica ad arte, mi dissocio da coloro i quali si dilettan nell'atto di corteggiar pulzelle.
Qualcuno (soliti psicanalista da strapazzo, che qui a Costantinopoli faccio strapazzare davvero per mano del boia) parlerà in proposito di paura o insicurezza. Io rispondo che sono assolutamente SICURO di ciò che ho scritto e di ciò che penso e su questa sicurezza si fonda il mio comportamento. La paura si ha dell'ignoto, mentre io conosco perfettamente la situazione. Perciò non ho paura.
Non si tratta di voler essere timidi o impauriti: io voglio solamente essere realista (più realista del re? dopotutto sono un Sultano....).
Lasciando perdere i casi idilliaci di ricerca dell’anima gemella e focalizzando l’attenzione sugli incontri in cui si cerca il divertimento tipico della giovinezza, il cogliere le gioie schiette che la natura concede, devo osservare la disparitù di numeri e di desiderio che mi mette in una posizione non certo di forza.
Ciò è vero soprattutto quando l'uomo brama di riconciliarsi alla vita di natura tramite una donna disposta a concedersi in maniera apparentemente "gratuita". E' ovvio che quando non voglio pagare subito ed in moneta mi trovo poi (o prima) a dover pagare in altro modo e in altro tempo e senza sicurezza di un corrispettivo: permetterei così che una donna, bella o meno bella, possa sfruttare il mio desiderio di natura per farmi recitare da giullare o da seduttore, a seconda che voglia divertirsi o che brami compiacere la propria vanagloria, o, come avviene spesso con quelle che si ritengono dame corteggiate, per spingermi a far da "cavalier servente" disposto a priori ad affrontare rischi e sacrifici degni, come diceva Ovidio nell'ars amandi, delle campagne militari, a sopportare, insomma, rinunce e privazioni, per non ricevere in cambio nulla se non la sola speranza.
Pretendere che una donna giovine e bella si conceda spontaneamente, facilmente e senza corrispettivo (in utilità economica o attrazione data da atteggiamenti, parole, atti soavi alle donne, e strani a ciò che nelle stesse situazioni piace primieramente agli uomini) è sinceramente irrealistico (dato soprattutto l'impari rapporto numerico fra le belle e i loro ammiratori) e chi ci crede è ingenua preda di donne che da lui e di lui potrebbero tollere ogni cosa.
Il compenso da fornire alla donna in cambio del piacere dei sensi, quando non è materiale (come nel meretricio), è "spirituale" (ammesso si possa invocare qualcosa di nobile come lo spirito in quel gran giuoco di società che è l'ars amandi): sovente consiste nel ricoprire, grazie alla propria capacità di far vivere alla donna quella "favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude", la parte del seduttore per compiacere la bella donna nella sua vanagloria, mostrando l'abilità di perdere la sua mente negli imperi occulti del sogno, la brama di erudizione e di squisitezze intellettuali, la sete di cultura, la tensione all'eccellenza nel fare come nel dire ed altre infinite virtù che si esprimono soltanto con l'uso della parola, con la modulazione della voce, con il tempo dato al corteggiamento.
A volte, invece, pur essendo disposti a portare quella maschera di dongiovanni, o perché non se ne hanno le doti, o perché non si sa recitare bene, o semplicemente perché le donne sono così incapricciate, non si ottiene nulla se non di far la figura di mendicanti alla corte dei miracoli, o di giullari, o di farsi deridere intimamente o pubblicamente. Va bene, loro non saranno solo un buco per il nostro piacere (non l'ho mai sostenuto), ma io non sono il giullare per risollevare il loro animo nei momenti di sconforto (magari lasciandole irridere in vari modi al mio desiderio di natura per provare la loro avvenenza o sostenere la loro autostima) o l'attore per far sensibili i loro drammi sentimentali (sulla mia pelle!).
Mi pesa davvero la situazione di debolezza in un rapporto non mercenario, in quanto sono dalle convenzioni sociali costretto ad "attaccare" e a mostrare virtù quando invece vorrei "difendermi" ed abbandonarmi alla lussuria.
Vi sono momenti, come la danza, l'ascolto di un coro tragico, il furore del tifo, l'ebrezza della velocità, la tensione agonistica di una sfida sportiva, il rapimento estatico e l'attrazione fisica dinnanzi a una donna, nei quali la vita brama di uscire dalla sfera della persona per abbandonarsi ai flutti della voluttà, alle onde del desiderio, alla furia dei sensi, all'impeto dell'eroismo, a trasporre se stessa in un mondo simbolico, omerico e fantastico, ove si agisce come su un palcoscenico, si sente come i sublimi personaggi della tragedia, si palpita della medesima vita da cui sono animate le supreme creature della Grande arte. Essere costretti a ritornare nell'angusta gabbia dell'individuo da richiami alle regole che definiscono i rapporti e dall'obbligo di "fare l'uomo", o il seduttore o comunque una parte stabilita a priori e voluta dalla società o pretesa dalla donna come "compenso" è quantomeno limitativo.
Non si può concedere che la tensione lirica alla bellezza, lo slancio eroico, eroico da Eros, come diceva Giordano Bruno, il furore del desiderio animante i lirici erotici greci, per via delle tradizioni, delle consuetudini e di altri particolari accidentali e mondani imposti dalla quotidianità divenga un altro mestiere, appunto la "gestione del rapporto" tanto cara alle signore, in aggiunta a quel mestiere di vivere del quale già il grande Pavese aveva colto la drammatica e insostenibile leggerezza.
Quanti criticano senza considerazioni approfondite il rapporto mercenario, non considerano questo.
Con le escort è possibile (almeno che lo si voglia) essere naturali, non nascondere nulla di sé, nella parte più intima, naturale e profonda del desiderio, e non fingersi altro da sé per motivi "di convenzione sociale".
Bisogna inoltre tenere conto di come, non avendo l'obbligo della finta galanteria interessata al risultato e del dover "dimostrare qualcosa" per conquistare da dama (la quale, nel caso, si concede invece per puro interesse), con le escort si abbiano molte più possibilità di svelare le virtù più sincere e profonde dell'animo, la cultura e l'eloquenza e l'altre doti dello spirito e tutto quanto ho voluto chiamare "cor gentile" , come mai, in un incontro in cui si sarebbe "sotto esame" si potrebbe o si oserebbe.
Il comportamento tipico del seduttore con la propria "amata" non è con loro una atto dovuto. E questo è un fatto.
Dovuti sono la gentilezza, il rispetto, la pulizia e la puntualità, ma non certo lo sguardo incantato, il trasporto emotivo e gli atti galanti tipici di chi è invaghito di una dama.
Ciò non significa che si possa "trattarla peggio" di qualunque altra donna, ma semplicemente che, una volta pagato il dovuto e tenuto un comportamento corretto e rispettoso (come in ogni ambito lavorativo), non si hanno gli obblighi di galanteria di una "conquista" normale.
Tanto è vero ciò che dico, che molti si rivolgono ad una escort proprio per evitare di dover ricoprire il ruolo di seduttore, di armarsi di falsità settecentesca (sia pur "modernizzata") e adoprarsi a recitare da odierno Don Giovanni al fine di compiacere la vanagloria femminile, sostenendo i disagi e le privazioni, i digiuni, le lotte e le astinenze (non materiali ma morali) tipici delle campagne militari e caratteristici, come ha immortalato Ovidio nei suoi esametri, dell'Ars Amatoria.
Tutto ciò non toglie che, quando una terrena (in questo caso magari non celeste) corrispondenza di "amorosi sensi" (quello che gli amanti della lingua di Shakespeare chiamano "feeling") si instaura fra il cliente e la professionista (i quali, al di là del rapporto contrattuale, rimangono sempre due persone), sia piacevole, per un uomo di cor gentile,
lasciarsi andare ad un trasporto emotivo, ad un apprezzamento sincero, ad una citazione poetica, e rivolgere alla donna tutte le attenzioni e le galanterie che l'amante rivolge all'amata.
Spesso le donne "normali" danno per scontato che un uomo debba, per giungere a loro, faticare e penare come un paladino in un torneo, fare sacrifici e recitare da seduttore, e non apprezzano veramente i complimenti, i gesti galenti e le frasi poetiche. Esse li ritengono banali mezzi per giungere al fine. Una escort, invece, sapendo bene di essere pagata per quel fine, ed essendo ben conscia di come, oltre la gentilezza, il rispetto e il denaro, nulla in più sia dovuto dal cliente per ottenere piacere, apprezza molto più profondamente una frase gentile, un baciamano, un aprire lo sportello dell'auto, un sussurrare poetico di rime, uno sguardo incantato, proprio perchè, in questo caso, li vede indubitabilmente sinceri e privi di secondi fini: un puro omaggio alla sua bellezza.
Chi è abituata a farsi palpare come un frutto da mani bramose apprezza la delicatezza di tocco da "inesperto amante" di un cliente gentile, più della fanciulla intoccabile.
Chi è avvezza a sentire parlare di "rai2", "prestazioni", "bj" più facilmente si commuoverà all'udire risuonare per lei i sonetti puri e rarefatti di Petrarca, l'ottava armoniosa del Poliziano, i languidi madrigali del Tasso o i versi inebrianti di D'Annunzio, rispetto ad una donna abituata ad essere riverita.
Chi sente tutto il giorno telefonate oscene o apprezzamenti del genere "che gnokka, che culo", sarà più propensa a guardare con tenerezza chi le dice che la sua bellezza è unica, la sua figura è splendida come l'aurora, la sua pelle è liscia come la sabbia baciata dall'onda, i suoi lunghi capelli sono soavi come la brezza di una notte d'estate e il suo viso è claro come luna di maggio, molto più delle ragazze "normali" che ricevono complimenti galanti in ogni dove.
Questo è quanto percepisco io, e se non è vero poco mi cale.
Chi nega questo motivo fondamentale, forse non ha capito perchè davvero gli uomini, e fra di essi gli uomini d'intelletto, i leopardiani, coloro i quali rimirano ancora, col candore di un fanciullo in preghiera, il volto della loro donna ideale nell'etereo chiarore della “notturna lampa” sì vagamente circonfuso di sogni e di speranze, gli spiriti insomma più puri ed elevati, quelli più “eroici” e fedeli a loro stessi, nel senso più vero che il Leopardi dava alla parola eroismo, si rivolgano alle escort. Il motivo, almeno per quanto mi riguarda, è la possibilità di un incontro con una donzella capace di interpretare i nostri sogni estetici senza pretendere la recita, da parte nostra, del contrasto “Rosa fresca aulentissima” di Cielo d'Alcamo, ove messere insiste, giura e spergiura, fra iperboli e promesse impossibili, mentre madonna nega 20 volte, poi dice un forse e poi alla fine cede.
E' la ricerca di un incontro basato sulla sincerità e l'abbandono ai sensi, sul tentativo di un rapporto immediato con il mondo ed il piacere, sulla speranza di un oblio dolce de' mali fra le braccia e fra le parole di una fanciulla dal viso d'innocenza. Si tratta di una brama di gioie semplici e schiette, pure e soavissime, anche quando carnali, di una brama aliena da ogni falsità, estranea a quella dura e spietata competizione per la preda, a quel delicato equilibrio di calcoli, sguardi, parole sussurrate e frasi non dette, a quella lotta di astuzie fatta di inganni, tattiche, intrighi, a quel ginepraio insomma di futili cose, di mondanità, vanagloria e pensieri vacui nel quale appunto si è trasformata nei secoli l'arte di amare.
Non è tollerabile dover sentirsi obbligati a recitare la parte ogniqualvota si voglia legittimamente soddisfare il proprio desiderio di natura. Talvolta conviene cogliere dalla vita la propria parte di piacere come si trae un pomo da un albero carico. Ciò con le sacerdotesse di Venere a pagamento risulta possibile. Le donne non possono pretendere che un uomo indossi sempre la maschera del seduttore, dell'infallibile Don Giovanni. Il ricercare un'accompagnatrice da parte di uno spirito leopardiano come il mio si configura come la riconquista dell'Eden, di una dimensione di purezza irrimediabilmente perduta, di quell'espressione da fanciullo innocente, che ha “l’inesperto amante” de “La Sera del dì di festa” figurandosi in cielo la disiata effige, avvolta dall’aurea dell’irraggiungibilità. Si tratta di riconciliarsi con quel candido palpito di desiderio che sorge in petto ai giovani quando prime rimirano le grazie delle dame, le loro forme, le loro bellezze ed i loro femminei sorrisi. E' la speranza che viene certata, la “promessa arcana di felicità”.
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