La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Pazartesi, Nisan 11, 2011

LE (COSIDDETTE) MOLESTIE E LE VIOLENZE SULLE DONNE COME DIFENDERSI...(dalle donne)

Rispondo alle stronze che difendono le porcherie legislative sulle cosiddette "molestie".

http://www.wjjf-italia.it/ita/eventi/2008_09_molestie_sessuali.html

PREMESSA SULLA DONNA OCCIDENTALE
Noi non ci lamentiamo del fatto che nessuna si senta in dovere di concedersi al primo di noi che la miri e la desii, ma perchè
1) ad onta della sbandierata parità, pretendono che siamo sempre noi ad assumerci rischi e fatiche della cosiddetta "conquista" e quindi inevitabilmente a trovarci nella condizione di chi, dovendosi far avanti alla cieca, finisce quasi sempre per essere respinto (se fossimo in un mondo di eguali toccherebbe una volta per uno rischiare i due di picche)
2) per capriccio, vanità, interesse economico-sentimentale, gratuito sfoggio di preminenza, moda o sadico diletto, attraggono intenzionalmente, scelgono fra tanti e invitano all'approccio chi vogliono poi trattare come uno qualunque, un uomo senza qualità, un banale scocciatore, chi poi vogliono far sentire un puro nulla davanti a sè e agli altri, chi vogliono poi chiamare "molesto" quando, in maniera magari maldestra, comunque sincera, cerca di carpire i favori, fingono di apprezzare chi vogliono solo disprezzare, illudono chi vogliono poi deludere, attirano chi vogliono poi respingere e sfruttano l'occasione del respingimento per ferire, irridere, umiliare.

QUANTO AL PUNTO 1)
Sono perfide perchè non solo pretendono di mantenere, in un'epoca in cui blaterano di uguaglianza e di moderni diritti, l'antico privilegio di quella maschiera di servitù (imposta a tutti gli uomini verso tutte le donne) chiamata galanteria, retaggio del medievo e indegna di un uomo libero (di cui tutto l'oriente ride come ne avrebbero riso i greci)
ma soprattutto perchè anche quando mi vorrebbero non respingere ma attrarre
pongono dei dinieghi, della ambiguità e delle difficoltà a mo' di prova
per testare l'interesse
accrescere il disio
prolungare il momento di preminenza psicosessuale (in cui esse sono accettate per quello che sono -belle- mentre io sono costretto a fare qualcosa per sperare di essere considerato degno di accettazione, in cui esse possono già rilassarsi, abbandonarsi se vogliono alla voluttà o al sentimento, e divertirsi - a scelta con me o su di me - mentre io sono sottoposto alla tensione di un esame o comunque costretto a rimanere in me per mostrare di me quanto penso che per esse possa essere "il mio meglio")
valutare con calma la presenza o eccellenza in me delle doti da loro volute per un rapporto
iniziarsele a godere se presenti o a sbeffeggiarle se assenti.
E se sbaglio in un senso (prendendo per inviti a riprovare, insistere e resistere dei no veri) rischio il codice penale, se sbaglio nell'altro (prendendo per no veri i dinieghi appositamente escogitati per mettermi alla prova ed attrarmi ulteriormente) sono sicuro di ricevere l'eterno disprezzo per i "pavidi nel corteggiamento".
Non è una situazione sostenibile!

QUANTO AL PUNTO 2)
E' già psicologicamente difficile per non dire doloroso il fatto di dover fare il primo passo senza sapere se il tentativo sarà gradito.
Non si tratta di un semplice due di picche, ma di una situazione esistenziale insostenibile in cui si deve (per la legge dei grandi numeri, a pena delal certezza dell'infelicità e dell'inappagamento) ad ogni contatto con l'altro sesso tentare n volte con n donne diverse
sperando che la n+1 esima sia quella giusta, e sperimentando ogni volta l'illusione (senza autoconvincersi di avere innanzi il proprio sogno estetico e sentimentale non risulterebbe possibile superare le remore di timidezza naturale e calcolo razionale sull'inopportunità del farsi avanti)
e la delusione (non si può pretendere che proprio la prima donna dalle cui grazie siamo colpiti cerchi per un rapporto proprio quelle doti di sentimento ed intelletto da noi eventualmente possedute e che, anche se così fosse, si possa avere l'occasione di incontro solus ad solam in cui renderle evidenti con calma e sincerità).
Non bisogna infierire su chi si trova in tale condizione di debolezza psicosessuale: chi lo fa mostra non solo perfidia, ma violenza psicologica paragonabile a quella del bullo che sfrutta la forza fisica per umiliare, tiranneggiare, sbeffeggiare il ragazzo più piccolo. E' un crimine non meno grave di quelli per cui gli uomini vengono puniti per aver violato il corpo o la psiche femminile nella sfera sessuale, provocando danni magari non visibili ma non certo trascurabili.

RISPOSTE PUNTO PER PUNTO

LEGGE

Chi sottovaluta o contesta all’esistenza del problema, di solito, invoca la difficoltà di stabilire il confine tra corteggiamento e molestia sessuale. E rivendica la necessità di definire il limite invalicabile per non correre rischi, adducendo l’ambigua pericolosità della valutazione individuale. Valga per tutti la risposta della psicanalista Gianna Schelotto a una domanda sulla forma più controversa di molestia sessuale, quella verbale, sempre in bilico tra corteggiamento e offesa:
Lasciamo gli psicanalisti alla psicoanalisi (anti-scienza per eccellenza in quanto non ammette falsificazione, Popper docet). La giurisprudenza (se vuole essere scienza) non può prescindere da criteri di oggettività e non può lasciare il confine fra lecito e illecito alla soggettiva sensibilità della presunta vittima definita senza riferimenti oggettivi e a posteriori (il confine deve essere chiaro a tutti a priori).
E che, se per gli stessi motivi per cui le persone normalmente mentono (ricatto, vendetta, odio personale, interesse economico, gratuito sfoggio di preminenza sociale nell'esser creduti, volontà di nascondere qualcosa o di risolvere con una bugia un imbarazzo) una donna accusasse falsamente un uomo di molestie? Come ci sono gli incidenti inventati (senza con ciò negare la gravità di quelli veri) possono benissimo esserci pure le molestie inventate. E se le assicurazione spesso cascano nei primi, come fanno i giudici a non cadere nelle seconde, se manca nel codice penale una definizione oggettiva ed una altrettanto oggettiva e indubitabile metodologia di rilevamento?

FALSO
"Gli uomini sanno benissimo quale sia la differenza fra complimenti e molestie.
Non possiamo saperlo, perchè siete voi a deciderlo. E noi non siamo nella vostra psiche, nè abbiamo la sfera di cristallo (non potreste sapere nemmeno voi, nel vostro suscitare disio, il confine fra quanto noi sentiamo come ferente la nostra soggettiva sensibilità e quanto possiamo prendere come divertente, provocante, gradito, se fosse consentita anche a noi una tale valutazione soggettiva a posteriori e priva di riferimenti oggettivi).

Le donne per prime in genere pretendono che sia l’uomo a sopportare i rischi e le fatiche della cosiddetta conquista (ad agire o inscenare e indovinare quanto a loro gradito), e poichè in una sfera tanto soggettiva come quella amorosa quanto piace all’una dispiace all’altra (e prima di conoscerlo per esperienza non lo si può indovinare per speculazione) bisogna sempre tentare senza sapere a priori se il tentativo avrà successo (ovvero sarà gradito), poichè una preventiva dichiarazione, una richiesta esplitica, o comunque un rigido schematismo comportamentale fugherebbero ogni effetto sorpresa, ogni atmosfera erotica ed ogni spontaneità necessaria alla riuscita dell’amor naturale, non si possono dichiarare tutte le intenzioni, richiedere tutte le autorizzazioni, o domandare ove la controparte gradisca “l’attacco” (come non lo si potrebbe fare con il “nemico”), ma si deve procedere per tentativi regolandosi poi su come procedere o ritirarsi in base alle reazioni (a come si vienea accettati o respinti), tentando di indovinare dalle parole dette e da quelle non dette quali siano le reali intenzioni della donna, e poichè la donna pretende di sentirsi conquistata non è accettato arrendersi ai primi dinieghi, ma bisogna (come nelle battaglie) insistere, resistere e contiunuare nel rischio e nello sforzo, e se già il primo tentativo pu essere considerato a posteriori molestia e la riuscita in quella schermaglia amorosa pretesa dalle donne per sentirsi “conquistate” (e nella quale all’uomo spetta di inseguire chi, fuggendo, vuol essere seguita e di vincere le resistenze di chi, lottando, vuole essere vinta) addirittura stupro, allora si dice a tutte le “normali” grazie e arrivederci e ci si rivolge solo e soltanto alle prostitute, le cui modalità sono chiare ed esplicite, le cui pretese sono soltanto economiche e con le quali sono dunque possibili accordi razionali, consensuali e noti a tutti a priori su cosa fare e non fare, senza inganni, ferimenti o fraintendimenti.
D'altronde, anche se (per assurdo) fosse vero che gli uomini sanno benissimo quale sia la differenza fra complimenti e molestie, resterebbe comunque il fatto che la mancata oggettività della definizione impedirebbe ad una persona terza (in primis l'eventuale giudice) di decidere sulla colpevolezza o meno dell'accusato in qualcosa di aleatorio tanto nella definizione generale quanto nella rilevazione del caso particolare.
INDECIDIBILE
Nel dubbio, suggerisco ai maschi un test rapidissimo quanto infallibile. Prima di rivolgere le loro attenzioni a una collega o a una segretaria, si chiedano se lo farebbero anche in presenza della moglie.
Non è una risposta valida la tua, perchè persone diverse, con mogli diverse (o senza moglie)
potrebbero giudicare diversamente il confine fra complimento ardito e fastidio inaccettabile.
E siamo d'accapo.
D'altronde anche un complimento mirante all'inizio della "corte" o, nel caso estremo, una dichiarazione amorosa, non sarebbero fatti in presenza della moglie/fidanzata, eppure non può essere in sè molesta (se l'altra parte non ha prima detto di non voler avere più niente a che fare con noi). Se lo fossero, non vi sarebbe più alcun possibile avvicinamento fra i sessi.

Per natura (e volontà della donna) prima ancora che per cultura (e volontà propria, chè spesso ne faremmo a meno) l’uomo è costretto (a volte contro il proprio disagi psichico a doversi far avanti alla cieca) alla fatica della conquista, per cui non può né aspettare che la donna si faccia avanti per prima né chiedere a priori ed esplicitamente un permesso formale e scritto per questo o quello come fosse in un ufficio burocratico - giacché tal meccanicismo burocratico rovinerebbe qualsiasi naturalità dell’amore- ma deve tentare, deve agire per primo senza sapere se il suo gesto, la sua parola, il suo tentativo di contatto, saranno graditi: deve di volta in volta fare il primo passo - con il gesto, la parola e il tatto - e vedere le reazioni. E queste non sono quasi mai esplicite e dichiarate o verbali (le parole in certi momenti sono di troppo), ma quasi sempre implicite, nascoste in sguardi, sorrisi, gesti, movimenti di tacita accettazione, respingimenti finti o finte lotte di chi non vuol vincere, o addirittura, come fra gli animali, fughe di chi vuol essere seguita e “parole” e suoni che sembrano di diniego e invece invitano a insistere e vincere le resistenze. Come chiunque in guerra sia costretto a dare battaglia, l’uomo deve agire senza sapere se la propria azione avrà successo, non pu l’uomo chiedere al “nemico” quale attacco gradisca, ma deve provare, rischiare, sorprendere, insistere e resistere, per scoprirlo, regolandosi poi in base alle reazioni. Solo l’esito della prova può dirgli se procedere nell’attacco o ritirarsi. Prima del contatto (sia esso con la parola, lo sguardo, il gesto o il tocco), infatti, neppure la donna pu sapere se volere o non volere, giacché certe cose si valutano per esperienza, non per speculazione: non esiste donna, che non sia dichiaratamente "escort", pronta a concedersi a prescindere da tutte quelle sfumature di luci, parole, sospiri, sguardi, carezze, labbra sfiorate, frasi non dette e pensieri non mai immaginati che solo la situazione ambientale crea e nessun ragionamento aprioristico pu far realmente provare. E prima di poter valutare la reazione della donna nemmeno l’uomo pu essere sicuro di essere stato accettato o meno. E se lo stesso primo tentativo vale come molestia e addirittura l’errore nell’interpretare la reazione della donna come stupro, allora tutti gli uomini andranno giustamente a puttane.

E non dite che esagero. Quella della Schelotto è nulla più che una provocazione.
Provocazione per provocazione, è per non dover subire discorsi come quello della Schelotto che tutti i grandi popoli fondatori di città e civiltà e amanti del diritto hanno escluso le donne dalla vita pubblica: la cara Gianna dimostra quanto il sesso femminile sia alieno da ogni criterio di oggettività e misura!
E quanto il mondo femminista sia contronatura e assassino della spontaneità maschile.
Oltre che di ogni futuro possibile per una simpatia fra i sessi.

NON VI LAMENTATE
Se la risposta è no, meglio che rinuncino".
Se proseguirà questa deriva (che voi sospingete) di leggi e costumi circa la cosiddetta “molestia sessuale” nessun uomo dabbene mai più corteggerà. Come si fa infatti a sapere a priori se un complimento, un atto, uno sguardo sarà considerato molesto o meno? Nel dubbio un uomo savio non farà assolutamente nulla. Non ci si lamenti allora se gli uomini non vogliono più corteggiare: ora alla naturale timidezza, alla razionale considerazione di non convenienza (nel dare tutto in pensieri, parole e opere per ricevere come funzione di variabile aletaoria), all'emotiva ritrosia a doversi sentire "sotto esame", al rifiuto psicologico a trovarsi nella condizione del cavalier servente pronto a tutto per un sorriso e potenzialmente vittima d'ogni tirannia, umiliazione e inganno, si aggiunge pure il pericolo del carcere.
Come si può pretendere che un uomo addirittura corteggi quando anche solo la prima naturale espressione (più o meno raffinata, più o meno poetica, più o meno esplicita a seconda delle inclinazioni, degli stili e delle conoscenze di ciascuno) del suo desiderio per le grazie femminili può essere ad esclusivo arbitrio della presunta vittima reputata un reato da accostare addirittura agli stupri (è nella stessa legge!)?
Questo porterà ad una uccisione sul nascere della spontaneità di ogni uomo (soprattutto se giovane) in ogni rapporto con le donne e un conseguente progressivo allontanamento di ogni uomo dotato d'intelletto dal genere femminile.
Sarà anche vero che la maggioranza delle donne non denuncerà un ammiratore per un complimento osè, e si limiterà a segnalare i casi davvero molesti, ma se si supponessero tutte le persone buone e giuste non servirebbe neppure la legge.
Quanto rende questa legge abominevole è il fatto di permettere a quel sottoinsieme di donne false e perfide di denunciare chicchessia per capriccio, vendetta arbitraria, ricatto, interesse o gratuito sfoggio di preminenza erotico-sociale (nel poter far finire nei guai un uomo con l'arma dell'attrazione sessuale e nell'esser creduta a priori mentre l'altra parte è tenuta a tacere e se parla reputata indegna d'ascolto e degna solo o del riso o del disprezzo)
Non sto dicendo che le donne siano tutte perfide e sadiche, sto solo esprimendo il mio sdegno per una giurisprudenza tale da permettere a chi lo sia di infierire massimamente sul primo uomo incontrato per strada. Sarebbe come una giurisprudenza che permettesse agli stupratori di infierire sulle vittime (le donne se ne lamenterebbero anche senza considerare tutti gli uomini stupratori).

Se la definizione del confine fra lecito e illecito è lasciata alla arbitraria interpretazione e alla irriproducibile (e spesso inconoscibile) sensibilità della presunta vittima, come sarà possibile anche per chi non ha fatto nulla di male dichiararsi innocente? Se una donna dichiarerà di essersi sentita molestata, come farà l'uomo accusato a sostenere il contrario, non essendo nelle sue facoltà entrare nella psiche della controparte e mostrare che non vi è stata sensazione di molestia? Che la donna menta o meno, l'uomo potrà soltanto dire di non aver avuto intenzione di molestare e di non aver compiuto nulla di oggettivamente molesto.
Se però l'oggettività del diritto è sostituita dalla soggettività femminile la condanna risulterà sistematica (poichè il reato verrà definito a posteriori e a capriccio della presunta vittima).
Bella prospettiva per uno stato di diritto.
Chiunque cammini per strada e incontri una donna rischia due anni di carcere anche senza aver intenzione di farle nulla, anche senza compiere alcuna molestia.
Avendo infatti voluto definire con tale parola anche quanto non lascia alcun segno oggettivamente riscontrabile , sarà sovente impossibile dimostrare l'esistenza o meno della molestia. E se si prosegue quanto si sta affermando in termini di violenza sessuale, si finirà per credere a priori alla donna (considerata de facto unica fonte di verità e sensibilità umane da difendere e proteggere ad ogni costo, anche a quello dello stato di diritto) pur senza testimonianze di terzi o riscontri oggettivi, e fidandosi soltanto del suo racconto "credibile" (qualcuno ha forse confermato o provato il presunto sguardo molesto costato 10 giorni di carcere ad un povero malcapitato viaggiatore?).
Ciò che davvero è molesto (così come pure ciò che davvero è violento) erano puniti anche prima. Qui si sta solo allargando la definizione ad esclusivo capriccio delle presunte future vittime. Peccato il contrario non valga per gli uomini. La stronzaggine non solo non è reato, ma è pura vantate dalle donne come "diritto".

SIETE FALSE E PREPOTENTI

In generale, chi molesta adotta comportamenti abbastanza riconoscibili: apprezzamenti verbali, sguardi insistiti, battute pesanti e allusive, linguaggio volgare o scurrile, ammiccamenti, inviti pressanti a uscire insieme, richieste implicite o esplicite di rapporti sessuali, magari, con la promessa di effetti positivi sulla carriera. Ed ancora: strusciate o toccamenti apparentemente casuali o amichevoli, come prendere a braccetto una collega o cingerle le spalle con un braccio. Meno abituali sono i messaggi scritti o gli oggetti allusivi, magari, appoggiati su una scrivania, oppure forme più o meno accentuate di esibizionismo, di solito lontano da occhi indiscreti, come nell’ascensore o nel chiuso di un ufficio. Non favoriscono certo un ambiente bonificato le foto pornografiche, i manifesti con donne nude o altro materiale analogo esposto a volte nei luoghi di lavoro.
Volete rendere potenzialmente reato anche il primo complimento? Perchè "non richiesto"? Ma se si deve aspettare che la controparte chieda un apprezzamento si passa la vita muti.
Un apprezzamento può avere effetto se è spontaneo (oltre che ovviamente non offensivo). E se si deve pensare prima se può essere considerato molesto o no, si finisce per far svanire il momento dell'ispirazione. E allora non lamentatevi che gli uomini non vogliano più corteggiare (ogni corteggiamento nasce da un complimento).

Non fraintendetemi apposta con menzogna ideologica femminista: non sto affatto sostenendo sia in qualche misura “accettabile” che una donna, vestita come le pare, sia fatta oggetto di molestie o addirittura violenze (o comunque intimidazioni), bensì che non posso accettare consideriate “molestia” un semplice complimento (almeno fino a quando non contiene elementi di offesa o minaccia chiaramente voluti). Posso capire che non tutti gli apprezzamenti possano risultare graditi quando vengono dal primo che passa, ma voi dovete capire che nessuno può sapere cosa davvero voi vi aspettiate da uno sconosciuto ammiratore (e tutti coloro che prim vi mirano sono giocoforza all'inizio sconosciuti) per concedergli l'opportunità di mostrare in un incontro solus ad solam l'eventuale eccellenza nelle doti da voi ritenute importanti per un eventuale rapporto. Se non è manifesta l'intenzione offensiva e prepotente non avete alcun diritto a lanciare virtualmente sventagliate di mitra e a comportarvi realmente da stronze e avete invece a mio avviso il dovere di ringraziare comunque, declinando. E non potete pretendere che l'uomo, prima di aprire bocca o spalancare lo sguardo, si metta a “pensare” cosa possa essere considerato gradito e cosa molesto. Non solo perchè impossibile, ma anche e soprattutto ucciderebbe la spontaneità. Un complimento, un invito, un guardo, un verso o un'espressione qualunque, implicita o esplicita, poeticamente vaga o banalmente diretta che sia, di desio, valgono (come possibile inizio di un rapporto eventualmente amoroso) solo quando sorgono spontaneamente, dal profondo del proprio essere, senza mediazione razionale. In caso contrario rappresentano solo o affettata galanteria o perfido calcolo di seduttore (o addirittura pedante educazione) e giammai possibilità di instaurare un primo rapporto empatico eventualmente sfociante in desiderio reciproco di conoscenza amorosa. Rendere manifesto quel disio che sorge con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono pone l'uomo in una condizione di debolezza, o comunque di potenziale disagio emotivo, perchè ammette ella è immediatamente mirata, disiata e accettata per quello che è (bella), mentre lui è costretto a “fare qualcosa” per mostrarsi alla di lei altezza, o comunque a restare sotto esame mentre lei può valutare con calma e scegliere se divertirsi con lui o su di lui. Se un uomo pensa, pensa anche a ciò e allora non rivolge più alcun complimento. E voi, innanzi a chi comunque si fa avanti per cercare di carpire i vostri favori (ponendovi di fatto con ciò su un piedistallo checché ne dicano le menzogne femministe pronte a confondere donna-oggetto con persona oggetto di desiderio), ponete le immagini proposte da questo videogioco? Non ho più parole. Ho fatto bene a lasciarvi perdere. Io stesso, prima di essere psicologicamente violentato dalla propaganda mediatica femminista, ero ancora tanto ingenuo da lasciarmi andare ogni tanto a complimenti rimati, anche nei confronti delle sconosciute (ricevendo per la verità sempre atteggiamenti, anche da parte di coloro cui non interessavo affatto, assai più gentili di quelli sostenuti come giusti in questo forum). Ora che nel mio inconscio si è iscritto il vostro “vendichiamoci di chi ci approccia con complimenti a sfondo sessuale” (anche il canzoniere di Petrarca è a “sfondo sessuale”), la mia reazione è stata quella di tramutare i “o soave fanciulla, o dolce viso di mete e circonfusa alba lunar” e i “cortese damigella il prego mio accettate, dican le dolci labbra come vi chiamate” in “vanagloriosa tiranna che attiri chi vuoi respingere, infierisci su chi ti mira e tratti con malcelata sufficienza quando non con aperto disprezzo chiunque tenti un approccio verbale o visivo, non meriti la benchè minima attenzione da me, meglio le puttane dichiarate” e in “stronza occidentale, che con con tale sprezzo dell'uomo fai uso della tua libertà, meriteresti di vivere in Afghanistan” . Forse le donne reali sono migliori di quelle virtuali, o forse no. In ogni caso, a tutte voi del sito, ADDIO.

Cari i miei difensori di donne, non è ammissibile (per la stessa ragione prima ancora che per l'istinto) che al loro diritto a suscitare disio corrisponda il nostro dovere a reprimerlo, che al loro mostrarsi debba corrispondere il nostro non guardare (troppo), che al loro esprimere liberamente il naturale istinto di sentirsi belle e disiate debba corrispondere il nostro non poter mirare (disianti), seguire (con lo sguardo e l'azione) e cercare di ottenere (come sarebbe in natura) la bellezza, esprimendone il disio in maniera gioiosa, spontanea e per nulla ostile o violenta, che al loro esagerare a piacere nel diffondere disio, nell'illudere e persino nell'irridere, nell'umiliare e nel far patire nel corpo e nella psiche debba corrispondere il nostro obbligo assoluto a non uscire di un millimetro da limiti stabiliti peraltro non in maniera chiara ed oggettiva a propri, ma, a posteriori, in maniera vaga, soggettiva e dipendente dal loro solo capriccio, che quanto provoca il minimo e presunto ferimento alla loro soggettiva sensibilità sia punito da leggi e costumi nella maniera più vasta e dolorosa possibile mentre quanto in maniera ben più profonda ferisce la nostra diversa e non già inesistente psiche sia considerato inesistente o irrilevante come gravità, normalità da sopportare da parte nostra, diritto della donna o addirittura bello di essere donna!

Se tu chiami violenza/mancanza di rispetto il guardare con disio a fanciulle discinte (per volontà loro) perchè non dovrei considerare violenza maggiore e mancanza di rispetto più grave il mostrare (implicitamente o esplicitamente) agli astanti le grazie da parte di queste fanciulle, essendo non solo l'atto corrispondente del guardare, ma anche, fra i due, quello che avviene per primo quale causa prima non causata? Si esercita violenza in quanto si impone qualcosa senza possibilità di scelta a chi non l'ha richiesto (chi si trova poste innanzi le grazie femminili non può scegliere di non disiare quanto la natura gli mostra disiabile: può al massimo girarsi dall'altra parte, ma non può evitare nè la distrazione della mente, nè la frustrazione del corpo, per aver suscitato nel profondo quanto almeno in quel momento non può essere appagato - e, per inciso, è sempre raro, difficile, faticoso, costoso da ogni punto di vista materiale e morale appagare - nè il disagio della psiche, per trovarsi di fronte, senza armi per contrastarne la bellezza, a colei che essendo da tutti subitaneamente disiata potrebbe permettersi e ottenere tutto su tutti a da tutti).
Si manca di rispetto all'uomo, ridotto a freddo specchio su cui provare la propria avvenenza o a pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto (perchè quasi considerato privo di sensibilità).

E non mi venire a dire che con questo discorso sono "medievale".
Non c'entra il medioevo (delle cui presunte “oppressioni” vi lamentante femministicamente ma dei cui reali privilegi cavallereschi pretendente il mantenimento), stronza!
C'entrano le corrispondenze logiche, cretina!
Mi rifiuto di continuare a discutere con chi disconosce la verita’ evidente e naturale che PRIMA esiste il farsi disiare e guardare della donna POI il disio e lo sguardo dell’uomo, e MAI (il che sarebbe illogico) VICEVERSA (prima vi e' chi si fa seguire, poi chi segue, prima vi è quanto attrae l'attenzione e poi chi segue con lo sguardo, prima vi è la fonte di desiderio, poi chi desidera, così come prima vi è un campo gravitazionale e solo dopo l'attrazione di un grave). E cio’ non e’ “colpa” ne’ degli uomini ne’ delle donne, ma della natura. Guardate I corteggiamenti degli animali! Gli impulsi maschili e femminili sono complementari ed è menzognero dire che i nostri (disiare e seguire) sono "immorali e violenti" e i vostri "esser disiate e farsi seguire" sono puri e pacifici.
E non mi venire a dire che solo con questo “giustifico lo stupro” (se parlerò io dopo di stupro non è per “animalità” nostra, o perchè come pensano gli stolti il mirare e disiare la bellezza conduca allo stupro, bensì per stronzaggine vostra, nel comportamento prima che nel vestimento, per giusta e razionale vendetta verso le stronze mentitrici e perfide come te, negatrici di ogni natura e di ogni ragione e perciò meritevoli di vera violenza quando chiamano con quel nome qualcosa di naturale e di pacifico come uno sguardo o una carezza! Quindi non c'entra con quanto stiamo dicendo).
Non mi venire a parlare di stupri in questo caso. Si parlava di qualcosa di naturale come guardare quanto per istinto attira l'attenzione. Lo stupro invece non e’ natura! Nessun animale stupra. E’ una deviazione del desiderio naturale. Non nasce affatto dallo sguardo, nasce da deformazioni mentali indotte dalla societa’ o dal perverso sviluppo della psiche individuale (magari da eccessiva repressione da un lato o eccessiva malvagita’ intenzionale dall’altro), non certo dal disio naturale in se’ (solo una femminista antimaschile puo’ sostenere cio’).

Medievale è il discorso che impone agli uomini l'obbligo di trattenersi mentre dà alla donna la libertà di "esprimere se stessa", che crea con ciò disparità, privilegi, e quindi ingiustizie, arbitrii, frustrazioni e corvèe amorose (di cui il corteggiamento è l'espressione classica e le leggi sulla cosiddetta molestia quella moderna), che concede alla donna di potersi permettere letteralmente di tutto senza prendersi la responsabilità delle proprie azioni (poichè protetta dal vittimismo femminista), senza dover temere le reazioni (poichè protetto dallo status di dama intangibile), senza dover pensare a quanto (in questo caso in termini di inganno, irrisione, ferimento e disagio da sessuale ad esistenziale) il suo agire "libero" provoca sulle emotività altre da sè.
Il mio è un discorso fondato sulla natura, sulla ragione e sulle logiche corrispondenze. Che poi gli istinti, la razionalità e le implicazioni logice, morali e naturali siano "maschiliste" quando le donne vogliono affermare la propria prepotenza sessuale al di là di ogni etica, di ogni ragione e di ogni logica è un altro discorso.

Ma che cavolo di discorso è il vostro? Tu puoi mostrare e io non guardare? Tu puoi sfoggiare liberamente (per vanità, capriccio, moda, autostima, accrescimento di valore economico-sentimentale, o gratuito sfoggio di preminenza erotica) le tue grazie, nel modo che vuoi e per il tempo che vuoi ed io non posso altrettanto liberamente guardare quanto (da te) mostrato (secondo natura)? Tu puoi "tenere le cosce di fuori" passando sulla pubblica via ed io non posso, nel medesimo luogo, rivolgere ad esse lo sguardo e il disio (da te per prima oggettivamente suscitato con il fatto stesso di mostrare pubblicamente quelle fattezze che, in conseguenza non della mia volontà, ma delle disparità di desideri volute dalla natura, hanno valenza sessuale)?
E perchè il tuo mostrare è raffinato e il mio guardare porco?
Sono entrambi desideri di natura! E' solo ipocrisia il fatto che tu presenti il "mostrare le belle gambe depilate" non come istinto (qual è) ma come "cultura" ( mentre al contrario chiami "fare il porco" il guardare secondo natura le stesse forme da te mostrate).
Come si fa a negare che nel diritto a “vestirsi come ci pare” si nasconda il legittimo e naturalissimo disio femminile (magari inconscio) di farsi guardare (anche quando la mente cosciente non ha intenzione di incontrare o conoscere uomo alcuno, perchè l'istinto non può saperlo)? Mi considerate stupido? Sappiate che odio la vostra ipocrisia! Vestitevi e agite come vi pare! Posso accettare cio’, ed evitare il burqua e l’altre cose e restrizioni talebane, se ovviamente si riconsoce il corrispondente diritto a guardare cio’ che la donna per sua decisione autonoma ha deciso di mostrare. Altrimenti si tratta di uno squilibrio inaccettabile. Se io devo “trattenermi” dal guardare (e non si capisce perche’) la donna si deve “trattenere” dal mostrarsi (secondo me non e’ giusto neanche questo in un mondo non talebano, ma segue coerentemente dal primo divieto), come avviene presso gli Arabi. Io speravo in un occidente emancipato in cui le donne potessero farsi guardare senza essere violentate e gli uomini guardare senza essere accusati.
Non ho motivo per ritenere che essere oggetto di disio sessuale sia piu’ offensive per una donna di quanto non lo sia per un uomo essere considerato un freddo specchio su cui provare la propria avvenenza (e questo sta dietro la pretesa di vestirsi e svestirsi o addirittura provocare come vogliono), o, peggio, un pezzo di legno davanti a cui permettersi letteralmente di tutto sapendo che non puo’ e non deve reagire (come invece magari farebbe nelle corrispondenti situazioni con un altro uomo). Perche’ questo attualmente succede in occidente! Questo e’ quanto succede per le strade, nelle discoteche e persino a volte nei luoghi di lavoro! E diro’ di piu’: mentre il comportamento dell’uomo e’ spesso soltanto naturale, quello della donna ha in piu’ la stronzaggine premeditata.

Essere (con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono) mossi da disio per la bellezza non appena questa si mostra ai sensi è del tutto naturale (e a volte persino poietico) e non ha nulla "da curare con lo psicologo" (il che significherebbe solo "de-naturarsi").
E' l'essere sottoposti allo sfoggio sfacciato e insistente delle grazie corporali (attraverso vestimenti e svestimenti) e alla costante, volontaria o involontaria, esplicita o implicita, provocazione di disio in modi e tempi ben superiori alle intensità e alle frequenze naturali a provocare potenzialmente qualcosa di patologico.
E' il dover continuamente trattenere, nascondere, frustrare (e addirittura, secondo quanto vorresti tu, condannare moralmente come "violenza") tale disio suscitato a generare sofferenze nel corpo e nella psiche.
Il tuo dire: "non è colpa mia/non mi interessa che la tua natura sia repressa/sofferente e il tuo corpo e la tua psiche si sentano feriti e alla lunga danneggiati, perchè io mi vesto, mi muovo e mi comporto con gli altri come mi pare" è simmetrico nella sua prepotenza individualistica e sessista ad un discorso maschile del genere: "non è colpa nostra se vi dà fastidio quando vi tocchiamo o se state male quando siete costrette ad un rapporto non voluto!". Se la libertà delle proprie azioni ha un limite in quanto esse generano nel corpo e nella psiche del prossimo, ciò deve valere anche per il vostro "vestirvi come vi pare" (e non solo per il nostro "non toccare").
Non è accettabile che la donna possa passeggiarmi innanzi (per via o, peggio, sul lavoro) mostrando liberamente le sue fattezze e suscitando consapevolmente o meno disio ed io non possa altretanto liberamente mirare, seguire e disiare e cercare di ottenere come sarebbe in natura, o (se da umani non si ha alcuna voglia di corteggiare), semplicemente esprimere con lo sguardo, la parola e il gesto il proprio naturale apprezzamento o commentare quanto il disio fa venire alla mente.
Quanto non accetto è che quando si parla di comportamenti in un modo o l'altro legati alla sessualità alla sua illimicata licenza nell'esprimere la propria natura (nel poter suscitar disio, attirare e mostrarsi) debba corrispondere il mio obbligo (nel disiare, seguire e mirare), a reprimere, limitare, nascondere la mia natura corrispondente. Perchè poi deve valere solo la sensibilità della donna?
Anche per la mia corrispondente e non già inesistente sensibilità maschile potrebbero risultare molesti certi atteggiamenti definiti "diritto della donna" o "bel gioco dell'essere donna" da demagogia femminista e stupidità cavalleresca.
Si sente offesa nella dignità di donna ad essere vista come oggetto di disio (il che è natura)? E allora io perchè non dovrei sentirmi ancora più offeso nella mia dignità di uomo ad essere trattato come un freddo specchio innanzi a cui le donne testano la loro avvenenza, come un pezzo di legno innanzi a cui si possono permettere di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi tensione psicologica, qualsiasi derisione al più profondo disio) o addirittura un pupazzo da attirare e respingere, da sollevare solo per farlo poi cadere con il massimo del dolore e del disprezzo?
Certi comportamenti suscitano disagio? Quanto suscita disagio è soggettivo.
Io mi sento a disagio anche solo quando la donna appare nel mio campo visivo ponendomi innanzi (senza io lo chieda) le proprie grazie corporali, poiché suscita un disio che non potendo essere almeno in quel caso appagato genera frustrazione.
E tale rimane il mio sentimento sia che secondo natura continui a guardare (giacché la situazione mi fa sentire un puro nulla innanzi a colei che tutto può poiché da tutti è disiata) sia che costringendomi contro natura guardi dall'altra parte (poiché comunque il disio è già stato suscitato e anche la semplice consapevolezza di esser vicini a quanto non si può raggiungere fa permanere lo stato di frustrazione).
E se la donna di turno, per capriccio, vanità , autostima o diletto sadico, sfrutta la situazione per infliggere ferimento intimo suscitando ad arte il disio compiacendosi poi della sua negazione, per provocarmi intenzionalmente sofferenza emotiva, irrisione al disio, frustrazione nel profondo, umiliazione pubblica o privata, inappagamento fisico e mentale, per rendermi ridicolo davanti a me stesso o agli altri qualora tenti un qualsiasi approccio, per causarmi dolore fisico o psicologico nell'attirarmi e nel respingermi, per trattarmi come uno qualunque, un banale scocciatore, dopo avermi scelto fra tanti e illuso solo per farmi patire l'inferno dopo la speranza di paradiso, per appellarmi molesto dopo avermi appositamente attratto e indotto implicitamente a farmi avanti in maniera da lei considerata magari maldestra, se insomma usa l'arma erotico sentimentale per infierire su chi psicologicamente si trova in svantaggio nei primi momenti di incontro (occasionale e breve come sentimentale e lungo) con l'altro sesso, allora mi suscita un disagio da sessuale ad esistenziale.
Altro che molestia!

MA AVETE UN BARLUME DI SINCERITA'
(che però evidenzia ancora più la vostra prepotenza)
C’è anche chi si sente gratificato da questi atti o situazioni. Li considera apprezzamenti o forme di corteggiamento. Un po’ spinte, alquanto grevi e ruspanti, ma, tutto sommato, le gradisce. La valutazione soggettiva della molestia sessuale è giustificata proprio dalla volontà di non introdurre forme di repressione nel libero gioco dei rapporti tra i sessi.
Se questo è vero, allora non la legge, ma la soggettiva sensibilità della singola donna può devinire a posteriori, secondo i propri parametri, senza alcun obbligo di riferimento oggettivo o fattuale, il confine fra lecito e illecito. Questo significa che, con buona pace della Schelotto (che pretendeva di sostenere esista un confine culturalmente noto a tutti e conoscibile dagli uomini con il suo test), non esiste alcun modo certo, per l'uomo, di conoscere a priori se un complimento, un gesto, uno sguardo, una parola o un invito saranno considerati corteggiaemento sopportabile (o addirittura gradito) o molestia intollerabile (addirittura passibile di denuncia).
Poichè nemmeno Casanova potrebbe leggere nella mente delle donne sconosciute, questa definizione vaga e omnicomprensiva di molestia permette a qualunque donna di far finire in galera o sul lastrico per risarcimento danni qualunque uomo, per quanto non avente nulla di oggettivamente violento nè molesto, ma avente la sola colpa di esprimere disio naturale per il corpo della donna e di non essere da questa a posteriori gradito (dalla stessa che però magari lo ha implicitamente indotto, suscitando ad arte disio e introducento, nelle parole, negli sguardi, nei vestimenti e nei comportamenti tutti, volute ambiguità, o addirittura socialmente preteso, come nel caso del corteggiamento). Basta a posteriori chiamare molestia quello che a priori l'uomo poteva ingenuamente (e non del tutto a torto, dato quanto tu stessa ammetti) credere gradito. Non si può infatti non tenere conto che chi agisce per primo (quasi sempre, l'uomo) non può mai sapere se il tentativo avrà successo (ovvero sarà gradito). E se la controparte può sfruttare la legge che tu sostieni, può, in buona fede, far finire nei guai i corteggiatori inesperti (essere abili nel corteggiamento non è un obbligo giuridico), e, in mala fede, esprimere la propria prepotenza sull'intero genere maschile.

ROVESCIAMENTO DELLA REALTA'
In realtà, si tratta di ben altro che un semplice fatto individuale o un malinteso distorto costume: è la negazione della dignità della persona molestata, è la fonte della discriminazione che essa subisce sul lavoro.
Essendo quasi sempre le donne a essere molestate, ne deriva che, per arrivare al cuore della discriminazione che generalmente colpisce le lavoratrici, il punto chiave è proprio eliminare la molestia sessuale e la sua variante peggiore: il ricatto a sfondo sessuale.
Anche se colpisce soltanto una parte delle donne che lavorano, la molestia di un capo, di un collega o del proprietario dell’impresa interpreta nelle sue conseguenze estreme ciò che la donna rappresenta nella cultura diffusa e nell’immaginario maschile: un corpo da conquistare. Di conseguenza, colei che si rifiuta alle avances è una donna che “merita una lezione”. Cioè, ricatti, ritorsioni e anche persecuzione.
Vuoi presentare come nostra colpa l'essere investiti, dalla natura e sopratutto dalle donne (le quali, senza eccezione, pretendono, spesso nostro malgrado, sia l'uomo a sopportare i rischi e le fatiche della conquista), del ruolo di chi mira, disia e deve inseguire ciò che fugge e di cui sente bisogno. Lo volete capire una volta per tutte che per noi questa non facile condizione psicologica diventa davvero molestia appena una donna ne approfitta in qualche modo per irridere, umiliare, ingannare, ferire o anche solo svilire?
Se tu ti senti in ansia per chi magari in maniera insolita ma comunque non violenta nè offensiva, ti apprezza (con fiori, omaggi e telefonate), come ti sentiresti se, essendo uomo, rischiassi (come rischia ogni maschio sin dalla pubertà) di essere oggetto di odio e di disprezzo proprio da colei verso le cui grazie si è mossi da quel desiderio che, avendo la naturalità come di una primavera che irrompe, di un fiore che sboccia, di un fiume che si getta a valle dalle rocce, di una stella che fori l’oscurità notturna con lo splendore divino, è germoglio di ogni amor naturale e motore d’ogni poesia, proprio da colei verso cui si è tentato di esprimere con il guardo, la voce, il gesto, il suono, apprezzamento immediato e sincero (in maniera più o meno raffinata, più o meno esplicita, più o meno poetica, più o meno scontata, più o meno imaginifica, più o meno comune, comunque non violenta, non offensiva e semmai “volgare” solo nel senso di “comune anche al volgo”), e proprio perchè la sì è disiata e proprio mentre la si desia, e soprattutto se dovessi subire la stronzaggine di chi usa l’occasione del respingimento per ferire, irridere e umiliare?
Già che dobbiamo (nostro malgrado) sempre fare la prima mossa senza poter sapere a priori se il tentativo sarà gradito (e rischiando di essere trattati con malcelata sufficienza o addirittura con aperto disprezzo, quando non con una dose di violenza fisica e psicologica spettante piuttosto a veri e propri assalitori, se con immediatezza e sincerità, attraverso la parola, lo sguardo, il gesto, esprimiamo il disio spontaneo -o comunque l’apprezzamento subitaneo – per le lunghe chiome, il chiaro viso, la figura slanciata, le membra marmoree, la pelle liscia ed indorata come sabbia baciata dall’onda e dal sole, le braccia scolpite, le gambe lunghissime e modellate, le rotondità del petto, il ventre piatto e levigato e l’altre grazie ch’è bello tacere, o comunque di essere chiamati “molesti” se, dopo magari essere con fatica e buona volontà riusciti, nella speranza di compiacervi e di stabilire un contatto sia pur solo momentaneo ed emotivo con voi, a vincere la naturale timidezza, la razionale considerazione di non convenienza (nel dare tutto in pensieri, parole e opere per ricevere come funzione di variabile aleatoria), l’emotiva ritrosia a doverci sentire “sotto esame”, il rifiuto psicologico a trovarci nella condizione del cavalier servente pronto a tutto per un sorriso e potenzialmente vittima d’ogni tirannia, umiliazione e inganno, a farci avanti, continuiamo con complimenti formulati e inviti meditati),
già che non possiamo arrenderci ai primi dinieghi (pena il vostro eterno disprezzo per i “pavidi nel corteggiamento”) ma dobbiamo (per pretesa vostra) insistere, resistere ai dinieghi (da voi una buona metà delle volte appositamente posti come prova, dal significato del tutto opposto ad un invito ad andarsene), inventare nuovi modi, nuove proposte, offrire e soffrire sempre di più (per permettervi di verificare il nostro interesse, accrescere il nostro disio, valutare con calma l’eventuale presenza in noi delle doti da voi volute, pregustarle se presenti o irriderle se assenti, indugiare in tale condizione di preminenza psicosessuale),
già che dobbiamo (per disparità naturali) sottostare alla condizione psicologicamente critica di chi è costretto a fare qualcosa (o comunque ad essere “sotto esame”) innanzi a chi invece è già mirata, disiate e accettata per quello che è (bella, quando non vi è la bellezza supplisce l’illusione del desio) e può già rilassarsi e scegliere se divertirsi con noi o su di noi, dando con ciò la possibilità alla dama di turno di usarci (per capriccio, moda, vanità, interesse economico-sentimentale, gratuito sfoggio di preminenza erotica, patologico bisogno di autostima o sadico diletto) come freddi specchi su cui testare l’avvenenza, pezzi di legno innanzi a cui permettersi di tutto, come giullari del cui disio irridere, come attori condannati alla parte dei dongiovanni per compiacere la vanagloria femminile, come cavalier serventi costretti a dare tutto in pensieri, parole ed opere per la sola speranza, come mendicanti d’amore alla corte dei miracoli indotti, nell’attesa della sportula a guardare e implorare dal basso verso l’alto colei dal cui gensto dipendono il paradiso e l’inferno, o addirittura come pupazzi da scegligere fra tanti, sollevare per gioco nell’illusione (fingendo apprezzamento) e gettare poi con il massimo del disprezzo, dell’umiliazione e del dolore, punching ball insomma per gli allenamenti delle stronze,
vieni pure a dire che se anche in buona fede sbagliamo la non immediata interpretazione delle vostre intenzioni nel corteggiamento dobbiamo andare in galera?

EUROPA
La soglia di tolleranza della molestia sessuale, come dice la Raccomandazione C.E.E., è lasciata alla sensibilità individuale. Il ricatto determinato dal rifiuto della molestia, invece, è un insieme di azioni che lo rendono un fatto oggettivo, incontestabile e indipendente dal limite di tolleranza individuale della persona che ne è fatta oggetto.
Certo che è soggettivo cosa è tollerabile, ma deve essere oggettivo che per essere reato la presunta vittima debba prima mostrare chiaramente di non gradire. Altrimenti si inibisce qualsiasi approccio non solo nel corteggiamento (chi agisce per primo non può sapere se il tentativo avrà successo ovvero sarà gradito).
La donna deve dichiarare PRIMA che non gradisce, non denunciare DOPO. Quante di voi sono davvero chiare con gli amici/colleghi/ammiratori e non usano ambigui dinieghi per misurare il reale grado di interesse dell’uomo o il loro reale potere di attrazione, per accrescere il di lui disio o la loro vanità e il loro valore “erotico-sentimentale”?

Io per primo sono favorevole a che i no siano no e i sì sì espliciti. Purtroppo sono le donne che amano usare un altro linguaggio (quello, appunto del forse).
Non si è mai visto nessuno avere successo con donne che non siano prostitute dichiarate semplicemente chiedendo in maniera esplicita all’oggetto del suo disio di poter godere delle sue grazie corporali. Chi facesse così potrebbe suscitare solo o ilarità o sdegno, se non altro per il fatto di voler imporre un meccanicismo da stato burocratico nell’atto più naturale della vita. Obbligare (con la minaccia di pesanti pene detentive) un uomo a richiedere sì espliciti dalle donne significa dunque nella realtà dei fatti imporgli la castità a vita (puttane a parte).
Chi ha avuto successo con le donne ha insistito e ha avuto la fortuna che la dama di turno ha interpretato l’insistenza come prova di interesse e non come molestia. Ma questo è soggettivo e soprattutto inconoscibile a priori!
Chi aspetta dei sì espliciti finisce come me a cercare l’amata con il telescopio fra le vaghe stelle dell’Orsa e, come il Leopardi, a confidare i teneri sensi e i tristi e cari moti del cor alla luna ed alle stelle.

C’è per voi una differenza fra corteggiamento e molestia, fra perseveranza amorosa o anche solo amichevol e stalking?
Ma l’uomo non può vedere, prima di provare, la differenza, perchè essa sussiste solo nel soggettivo gusto della donna inconoscibile a priori. Non è forse disprezzato chi, come me, se ne andrebbe al primo dubbio? Chi nega questo o è un’eccezione o è una falsa.
Esiste (in tali casi) almeno 1/2 di possibilità che i no della donna significhino non già inviti a desistere e ad andarsene, bensì a restare, riprovare, sorprendere con nuovi diversi tentativi, poichè da tale capacità di resistere ai dinieghi la donna misura il reale grado d’interesse dell’uomo (e quindi la propria avvenenza, appagando la vanità), accresce il di lui desio (e quindi il proprio potere), prende tempo per valutare con calma e senza impegno l’eventuale presenza o eccellenza in lui delle doti di sentimento e intelletto volute per un rapporto, per goderne già la presenza o dileggiarne l’assenza e per indugiare in quella situazione di preminenza erotica e di vantaggio psicologico data dall’essere sul piedistallo in quanto mirata e disiata di per sè per la bellezza innanzi a chi, messo alla prova con la tensione di un esame, deve offrire e soffrire di tutto per mostrarsi alla sua altezza (chi sostiene le donne non si comportino così quando sono davvero interessate ad un uomo mente per la gola): in tal caso l’uomo pu benissimo aver agito in buona fede (tanto più che chi interpreta quei no per dei veri no subisce il disprezzo a vita dalle donne quale pavido nel corteggiamento e finisce costretto a cercare la propria amante col telescopio fra l’intatta luna e le scintillanti stelle).
Qui si sta difendendo l’ipocrisia delle donne.
Le donne per prime pretendono che un uomo sia “insistente” e bollano come pavido chi (come me) non lo è (non lo vuole essere perchè non ama sentirsi disiante prima che disiato).
Le donne per prime non concedono sì espliciti ma usano i no come prova per chi a loro interessa di più!
Esisterà sicuramente il vero molesto e il vero violento disinteressato al consenso della donna e desideroso solo di costringerla, ma esiste anche il corteggiatore inesperto che, in tutta buona fede, non pu sapere se la donna si sta negando perchè non interessata o…proprio perchè interessata. Solo andando avanti e scoprendo le carte potrà saperlo (e cercare di intuire se e come insistere o ritirarsi).
E chi agisce in buona fede (e senza fare nulla di oggettivamente violento o minaccioso) non può essere considerato colpevole di un reato solo perchè non possiede quelle doti seduttive e quelle abilità diviniatorio-corteggiatorie pretese da quella singola donna!
Chi corteggia deve giocoforza agire per primo. Non si può sapere in anticipo in una sfera tanto soggettiva se il tentativo avrà successo (ovvero se sarà gradito). E se i primi tentativi (la cassazione ha sostenuto che per considerarea “reiterate” le molestie bastano due sole volte) sono già potenzialmente reato, nessuno proverà più. Già così, per come se la tirano le occidentali si era fino a ieri al limite della sopportabilità.
Ora alla naturale timidezza, alla razionale considerazione di non convenienza (nel dare tutto in pensieri, parole e opere per ricevere come funzione di variabile aleatoria), all’emotiva ritrosia a doversi sentire “sotto esame”, al rifiuto psicologico a trovarsi nella condizione del cavalier servente pronto a tutto per un sorriso e potenzialmente vittima d’ogni tirannia, umiliazione e inganno, si aggiunge pure il pericolo del carcere.
La natura falsa di certe donne moderne come te non finisce mai di stupire.
Natura ipocrita al massimo grado, perchè ti lamenti di chi insiste per tramutare in sì i tuoi no quando chi non insiste e sbaglia nell’altro senso (ovvero interpretando per un no vero un negarsi soltanto apparente e in realtà volto solo ad accrescere disio, a testare interesse e a guadagnare tempo per valutare e godersi le eventuali doti che si costringe l’uomo a mostrare, viene punito con l’eterno disprezzo delle donne per gli uomini “pavidi” nel corteggiamento e, quindi, con la castità a vita, puttane escluse), perchè ti lamenti di chi non ti lascia tranquilla quando chi lascia “tranquille” le ragazze, è definito “pauroso” e “non uomo”, perché dici di essere tranquilla quando il tuo agire consiste nell’indurre l’altro all’azione alla cieca (e poi giudicare se questa non ti piace).


MOLESTIE FEMMINILI

Le storie finora conosciute, cioè quelle raccontate dai media, così come le moltissime che rimangono consegnate al silenzio individuale o alla confidenza riservata, indicano sempre che la molestata è donna e il molestatore è uomo.
Qualcuno ci ha provato e ci prova a raccontare l’opposto, cioè della la donna che molesta l’uomo, ma ha finto di non vedere un particolare che fa la differenza: la donna che insegue un uomo si dichiara, rende esplicito il suo interesse e le sue brame. Nel caso l’uomo la rifiuti, ci sono casi di donne che assumono atteggiamenti fastidiosi e persino patologici. A volte c’è chi diventa aggressiva, una vera e propria ossessione che insegue ovunque. Tutto, però, avviene alla luce del sole. Per difendersi da questi inseguimenti è sufficiente ricorrere al codice civile o al codice penale. Non derivano, infatti, né ricatti né ritorsioni sul lavoro.
Questa, almeno, è la situazione ad oggi. Complice il fatto che il capo, il padrone, il dirigente, il titolare di una qualsiasi responsabilità di comando sul lavoro di altre persone è ancora quasi sempre di sesso maschile. Le donne che comandano sono troppo poche perché si possa parlare di molestatrici e, ancora di più, di ricattatrici.
Le molestie sessuali femminili (fino al caso estremo dello stupro psicologico) esistono eccome (per via delle disparità di desideri e psicologiche presenti soprattutto nella prima fase dell'approccio), ma sono impunite.
Se toccare un culo(o un seno) costa anni di carcere e esclamare un complimento qualche mese, ed ora fare qualche telefonata di invito o complimento fino a 5-6 anni di carcere e decine di migliaia di euro di ammenda, allora il fare le “stronze” (come ormai divenuto costume nei luoghi di divertimento come in quelli di lavoro, negli incontri brevi e occasionali per via o in discoteca come in quelli più lunghi e sentimentali), ovvero trattare con sufficienza o aperto disprezzo chiunque tenti un qualsiasi avvicinamento erotico-sentimentale, mostrare pubblicamente, per capriccio, vanità , aumento del proprio valore economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza, le proprie grazie solo per attirare, ingannare e sollevare nel sogno chi poi si vuole far cadere con il massimo del fragore, della sofferenza e del ridicolo, diffondere disio agli astanti e attrarre a sè (o addirittura indurre ad arte a farsi avanti e a tentare un approccio) sconosciuti che non si è interessate a conoscere ma solo a ingannare, far sentire nullità e frustrare sessualmente, dilettarsi, con (s)vestimenti, movenze, sguardi espliciti e atteggiamenti impliciti, silenzi eloquenti e parole ambigue, a suscitare ad arte disio per compiacersi della sua negazione (e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche da una raffinata, intenzionale e premeditata perfidia, possa far patire le pene infernali della negazione a chi è stato dapprima illuso dal paradiso della concessione), attirare chi si vuole solo respingere, illudere chi si vuole solo deludere, fingere di apprezzare chi si vuole solo disprezzare, attrarre intenzionalmente, scegliere fra tanti e invitare all’approccio chi si vuole poi trattare come uno qualunque, un uomo senza qualità, un banale scocciatore, chi poi si vuole far sentire un puro nulla davanti a sè e agli altri, chi si vuole poi chiamare “molesto” quando, in maniera magari maldestra, comunque sincera, cerca di carpire i favori, attirare e respingere con l’intenzione di infliggere continuamente tensione psicologica, ferimento intimo, senso di nullità , irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, inappagamento fisico e mentale degenerante se ripetuto in ossessione e disagio scivolante da sessuale ad esistenziale (con rischio, per il giovane maschio, di non riuscire più a sorridere nel sesso e di avvicinarsi ad una donna senza vedervi motivo di patimento, tirannia e perdita di ogni residuo interesse per la vita), usare insomma sugli l’arma della bellezza in maniera per certi versi ancora più malvagia di quanto certi bruti usino sulle donne quella fisica) dovrebbe essere punito con decenni di reclusione e centiniaia di migliaia di euro di multa, perchè il danno alla psiche è notevolmente maggiore (e va dalla cosiddetta “anoressia sessuale” al suicidio, da una quasi patologica timidezza al farsi avanti con le ragazze alla completa impossibilità futura a sorridere e volere in tema di corteggiamente in particolare e di “amore” in generale, e quindi anche di “vita” in senso pieno, dal precoce bisogno di prostitute ad un disagio psichico ora celato con l’ironia ed ora pronto ad esplodere in eccessi di aggressività).
Il fatto che gli uomini, per obbligo culturale a mostrarsi forti e cavalieri e per plagio psicologico femminista (che li dipinge come carnefici anche quando sono vittime) in genere non lo ammettano non significa non esista.

Non volermi fraintendere apposta. Una donna (come un uomo) può sia rifiutare subito sia cambiare idea dopo, ma non può partire con l’intenzione di usare l’occasione del respingimento per ferire, irrire, umiliare. QUELLA è violenza sessuale psicologica (che sfrutta una debolezza psicosessuale dell’uomo con la stessa prepotenza con cui il ragazzo più grande sfrutta la debolezza fisica del più piccolo per tormentarlo). Spero tu riesca a capirlo.

La differente posizione sociale ed economica (di cui tu ti lamenti come "discriminazione di genere") è ciò con cui l'uomo bilancia quella situazione di debolezza psicosessuale in cui rischia (anzi, è sicuro, come lo è chi non è nè ricco nè potente e subisce la stronzaggine femminile per strada, in disco, per via o sul lavoro) di essere molestato molto più e molto più profondamente di quanto non siano oggi le donne.

Ma voi fingete di non vedere la realtà. In questa come in altre questioni principali. Prova ne sia che consideriate "alla luce del sole" l'atteggiamento femminile in ambito sessuale, quando è vero l'esatto opposto, sia nel caso dei rapporti "normali" sia nel caso della vendette e dei ricatti. Quante volte le donne si fanno avanti per prime apertamente, rischiando l'irrisione e l'umiliazione o comunque la delusione cui siamo costretti noi uomini tentando n volte e sperando la n+1 esima sia quella giusta? Quante volte invece, anche quando sono interessate, preferiscono limitarsi a "lanciare un amo" attendendo che la loro "preda" abbocchi, per poi fargli recitare la parte (e subire i rischi e i sacrifici) del predatore? Se non vedete questo siete ciechi. Se non capite questo siete stupidi. Se non vedete e non sentite siete consciamente o meno deformati dalla grande menzogna femminista. La realtà è l'esatto opposto, specie in questo ambito, da quanto da voi descritto. E il medesimo atteggiamento sottile, obliquo e sotterraneo è proprio delle donne anche nei rapporti "non normali", ovvero quelli instaurati per vendetta. Esse, quando si sentono rifiutate (o anche solo non desiderate nei modi, nei tempi e con le intensità pretese) "puniscono" i mancati amanti in maniera tanto perfida e profonda (per danno inferto alla vita e alla psiche) da superare di gran lunga i peggiori ricatti maschili (uno dei modi è proprio quello di accusare di violenza/molestia coloro da cui si sono sentite respito o semplicemente "offese", ben sapendo dell'esistenza di coglioni come voi pronti a crederle sulla parola per pregiudizio ideologico), ma senza ancora una volta nulla esporre di sè e delle proprie intenzioni. Se una donna punterà le sue brame verso di voi lo capirete per prova: se un uomo cede, viene poi accusato di aver "approfittato" di una debolezza femminile, se un uomo non cede, viene disprezzato e quindi punito per essere stato troppo timido o troppo altezzoso. E questo risponde ad un principio generale che nessuna menzogna culturale e nessuna porcheria legale potrà mai cancellare.
Poichè la donna è meno dotata in genere di forza, poco vantaggioso risulterebbe per lei, nell'ambito del bellum omnim contra omnes, impiegare la violenza fisica per affermare sul resto del mondo la propria tirannica vanità e la propria vanagloriosa prepotenza. Ai fini della prevericazione sul prossimo le risulta assai più efficace l'utilizzo di quelle armi di cui la natura l'ha dotata in ipercompensazione della presunta debolezza fisica: la perfidia sessuale, la tirannia erotica, l'avvelenamento sentimentale, l'istillamento della follia amorosa, l'ambiguità voluta, l'inganno dei sensi, il raggioro delle menti, il ferimento sentimentale, la mozione degli affetti, la provocazione e l'utilizzo della sensibilità d'animo altrui, l'uso scientifico dei sentimenti più delicati e più forti, l'intrigo sociale e il complotto sotterraneo, la manipolazione degli animi, la violenza della debolezza, il vittimismo, l'uso strumentale della persona (e delle leggi) a qualsivoglia livello, l'instaurazione di sensi di colpa, lo sfruttamento della gentilezza di core o della debolezza sentimentale, il capovolgimento sistematico della verità e l'intorpidimento dei sensi e delle idee come da nero di seppia. In ciò non vi è minore prepotenza, ma solo maggiore perfidia. Non più amore della pace ma meno chiarezza e coraggio nel proprio dire e nel proprio agire. La dimostrazione è costituita dal fatto che quando si trovano a dover agire su minori le donne sono ancora più violente (anche fisicamente) degli uomini (ditte americane consigliano baby-sitter maschi) e che quando invece devono far fronte agli uomini giocano a fare le deboli (pretendendo "protezione", fino al punto da divnire, nell'arroganza, del tutto simili a quelle scimmie sacre del templi di Benhares le quali possono permettersi di tutto sugli uomini senza dover temere le reazioni in quanto protette dal loro status di intoccabili) e poi utilizzano le disparità naturali (di desideri e di psiche) per sbranare in senso economico-sentimentale gli uomini (fino al punto da indurli al suicidio o alla perdita di ogni interesse vitale), quando non le leggi a senso unico per rendere la loro vita simile a quella degli esuli ottocenteschi privati di famiglia, casa, roba, degli affetti, dei figli, delle ricchezze, del frutto di ogni lavoro passato e futuro, di ogni bene materiale e morale, di ogni possibilità economica e psicologica di rifarsi una vita e a volte pure della libertà e della salute con accuse false o strumentalmente esagarate ad arte (conducenti alla galera preventiva grazie a stupidità cavalleresca e demagogia femminista applicate alla giurisprudenza, per la quale si può finire in galera sulla sola parola di una donna anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimonianze terze della presunta "violenza"). Non sono le donne meno assassine degli uomini, lo sono (per forza di cose) in maniera diversa: possono (per tutti i motivi variabili dal capriccio all'interesse economico-sentimentale, dal rancore generalizzato al patologico bisogno di sentirsi vittime, dalla vendetta arbitraria al gratuito sfoggio di preminenza sociale) distruggere (materialmente, moralmente, socialmente, economicamente, giudiziariamente, psicologicamente o anche fisicamente) la vita di chi vogliono (fino ucciderlo o a renderlo un morto vivente) senza doversi esporre in prima persona, ma semplicemente inducendo un altro uomo ad uccidere per loro o (sfruttando a fini personali le leggi a senso unico su aborto, divorzio e violenza sessuale) inducendo l'intera società ad essere l'esecutrice della volontà di assassinare socialmente la vittima designata.

P.S.
Anche volendo accettare la vostra concezione ristretta al lato esplicitamente sessuale (ed implicitamente antimaschile) di molestia, non si capisce come il presunto numero esiguo di potenziali molestatrici possa impedire che, nel caso queste davvero molestino, il problema non si ponga. E' sottesa una minore attenzione alla psiche e alla vita dell'uomo a parità di molestia subita. Il fatto che la molestia come da voi definita sia più rara nei confronti dell'uomo non può implicare una sua minor gravità una volta avvenuta. Se poi un uomo venisse ricattato dal suo capo donna nulla renderebbe tale ricatto una violenza minore del caso inverso solo perchè nella vostra accezione quest'ultimo è molto più probabile. Una volta che c'è la certezza del caso singolo che conta il fattore probabilistico? O voi siete di quelli che passano dal reato al costume, dalla colpa singola a quella collettiva? Mera strategia nazifemminista! E mera menzogna il vostro negare che con le leggi da voi sospinte qualsiasi donna può (essendo ovviamente abbastanza perfida e falsa da farlo, ma tale eventualità è probabile almeno quanto quella di un uomo abbastanza cialtrone da molestare le sottoposte) ricattare qualsiasi uomo minacciandolo (per motivi di interesse economico o di personale rancore o anche di capriccio di giornata alla Don Rodrigo) di accusarlo di uno psicoreato la cui vaga e omnicomprensiva definizione (che per voi non può manco essere contestata pena essere tacciati di "negare o sottostimare il problema") include tutto quanto, pur non avendo, come detto, nulla di oggettivamente violento nè molesto (ma anzi rientrando spesso nella norma dei costumi correnti e spesso accettati o addirittura pretesi dalle "dame"), è semplicemente denunciato come tale dalla presunta vittima senza necessità di riscontro oggettivo o di comunicazione preventiva al presunto colpevole, il quale, qualora non solo non abbia fatto nulla di diverso da quanto altrimenti non sarebbe reato, ma non abbia magari neanche fatto ciò di cui è accusato, non ha perciò modo di "dimostrare" la propria innocenza (cosa teoricamente non necessaria in uno stato di diritto cui spettasse all'accusa l'onere della prova), non essendo possibile dire che è avvenuta o no una cosa che di oggettivo non solo non ha la definizione, ma nemmeno la rilevazione.


PROPOSTE PER IL FUTURO: il reato di stronzaggine

Con le stesse argomentazione che tu usi per rompere l'oggettività del diritto e la presunzione di innocenza per introdurre le molestie (difesa delle tante donne psicologicamente vittime), io propongo l'introduzione del reato di stronzaggine come da me precedentemente definito.
Proprio in tale suscitare disio solo per compiacersi della sua negazione (e di come essa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa possibile per il corpo e la psiche del malcapitato, possa suscitare le pene della negazione dopo il paradiso della concessione) dovrebbe integrarsi il reato di violenza psicosessuale femminile. Perchè? Per lo stesso identico motivo per cui si considera reato sessuale tutto quanto viola la psiche della donna nella sfera sessuale (anche se magari all'uomo non darebbe fastidio)! Perchè ferisce, irride, umilia nella sfera sessuale la psiche del soggetto (secondo i parametri propri del sesso cui appartiene, ovviamente).
Se dici “per fortuna ciò non è reato” evidentemente sei una stronza patentata che giustifica la propria prepotenza sessuale. E vuoi affermare il diritto delle donne a fare le stronze contemporaneamente al dovere dell'uomo di non fare “il molesto”. Vuoi che il danno subito dall'uomo (sentirsi “oltraggiati”, ma io direi piuttosto “feriti, irrisi, umiliati, annullati nella psiche “dal fatto che la presunta avance non dia poi quel che sembra promettere prima”, ma io direi “dall'intenzione della donna di usare la debolezza erotico-sentimentale maschile per ferire, irridere, umiliare, far sentire nullità l'uomo attratto e disprezzato, al solo scopo di testare la propria avvenenza, compiacersi del proprio potere o addirittura godersi la sofferenza di corpo e psiche altrui) per via di una “libertà sessual-comportamentale femminile” (attirare tutti per poi selezionare chi eccelle nelle doti volute è inscritto nell'istinto femmineo, anche quando la parlantina o la coscienza lo nascondono o lo ignorano, e per questo viene presentato come “diritto della donna”, “liberta' di essere noi stesse , di esprimerci e vestirci come ci pare” o “bello dell'essere donna” o “gioco della seduzione limitata ai sensi e non estesa al sesso”) non sia penalmente rilevante, mentre lo sia quello subito da una donna (sentirsi “molestata” da “advances maschili troppo insistenti”, ma io direi, poiché nessuno puo' sapere a priori se il tentativo sara' alla fine gradito e se la singola donna pretenda o meno una dimostrazione di tenacia e costanza dal corteggiatore anche a fronte di apparenti e apposite manifestazioni di non gradimento da parte di lei, “oggetto delle attenzioni naturalmente proprie al gioco della parti in cui il maschio fa la prima mossa, insiste, resiste ai dinieghi, insegue chi fugge per farsi seguire e vince nella lotta amorosa chi lotta per essere vinta”) per via di una “libertà sessual-comportamentale” maschile (mirare, disiare e cercare di ottenere la bellezza è parimenti inscritto nell'istinto maschile e quindi parimenti spacciabile per “diritto d'espressione dell'uomo”). Bella parità.
Per non considerare poi come generalmente nel primo caso il danno a lungo termine per la psiche del soggetto sia non irrilevante (dall'anoressia sessuale al suicidio), mentre nel secondo sia risibile (non conosco donne suicidatesi per le troppe advances degli uomini, anche se tutte strillano per una mano morta o un complimento ose'). Quanto ferisce voi ma generalmente non noi dev'essere reato, quanto ferisce noi ma generalmente non voi no (per motivi ben comprensibili dalla biologia) no. Una legge paritaria dovrebbe o condannare o assolvere entrambi i comportamenti (ritenendoli “non rilevanti perchè afferenti una materia troppo privata e soggettivo” o viceversa “rilevanti perchè producenti nelle vittime tensione emotiva, sofferenza psicologica, potenziale disagio da sessuale ad esistenziale) e non DISCRIMINARE fra essi (come tu fai dicendo “per fortuna per la legge è così).
La tua affermazione ha lo stesso valore di chi dicesse “grazie a dio in certi paesi costringere una moglie al rapporto non è reato”. Fai del tuo giudizio arbitrario la base secondo cui dire “questo deve essere reato e questo no”. Ma è proprio del fatto che anche il sentire maschile dovrebbe essere ascoltato dal legislatore e non solo quello femminile che si sta parlando!
Non si sta ovviamente dicendo che debba esistere un obbligo di concedersi per tutte quelle che lo lasciano credere, ma un obbligo a non lasciarlo credere intenzionalmente se non lo vogliono: non è la stessa cosa! Come dire: “io non sono obbligato a trasferire un bene a tuo favore, ma se te lo prometto, magari in cambio di qualcosa – e nel caso dell'allumese il qualcosa possono essere fatiche, attenzioni, complimenti, regali, concessioni materiali o morali, sudditanze psicologiche, tensioni emotive, esposizioni sentimentali ecc. – e poi non lo attuo perché così, per vanità, disonestà, interesse in denaro o autostima, o sadico diletto, ho pianificato fin dall'inizio, allora commetto reato, esattamente come lo commette chi non mantiene quanto promette in qualunque ambito di scambio -e anche la sfera erotico-sentimentale ha un'economia (con l'aggravente che le sua monete sono la nostra vita, la nostra felicità, la nostra psiche).
Il fatto che, fino a quando l'inganno non sia scoperto, la vittima maschile non si mostri (in genere) contraria agli atti seduttivi femminili non elimina affatto la gravità della stronzaggine, ma anzi, come su detto, la circostanzia. Anche la vittima di truffa prima di sapere della natura delle promesse altrui sembra contenta di accettare il "rapporto di scambio". Questo non impedisce l'integrazione del reato di truffa (aggravata). Nel mio caso non perdo soldi, ma qualcosa di ancora più prezioso (specie se la stronzaggine è reiterata): la possibilità per il resto della vita di sorridere nel sesso o guardare con naturalità a una donna e alla di lei bellezza, o comunque di approcciarmi alle ragazze senza vedervi una potenziale fonti di tirannie, inganni e perfidie, senza essere arrestato dal provare senso di nullità o di irrisione al disio davanti alla prima donna che mi mostri le grazie guardandomi poi con sufficienza o con aperto disprezzo (per non dire con ostilità minacciosa di denuncia) proprio mentre la miro e proprio perchè la miro (considerando con ciò colpa o difetto la parte più profonda, vera, delicata e sincera di me e della mia natura).
Inoltre, il fatto che la natura mi spinga a disiare qualcosa non significa affatto che la mia mente e la mia psiche siano contente di essere sottoposte (senza che me lo sia stato chiesto) a tale disio (sia che secondo natura indugi nel mirare ed attendere, sia che, contro-natura, mi sforzi di guardare e pensare ad altro: ma perchè devo essere costretto ad uno sforzo contro natura per sopravvivere o evitare guai giudiziari o psicologici?). Sostenere il principio contrario (come fanno le femminil-femministe) porterebbe (applicato al caso duale della violenza sulle donne) ad affermare l'assurdo secondo cui una donna la quale avesse un orgasmo durante una violenza dovrebbe essere considerata consenziente.
Lo so che tutti i casi da te immaginabili sono per la legge attuale eventualmente solo violenza/molestia (se vi è una reazione maschile) e non stronzaggine, ma solo e soltanto perchè la legge attuale, parto di stupidità maschilistico-cavalleresca (nemmeno prima del femminismo è mai esistito il reato di "stronzaggine") e demagogia femminista, considera tutto quanto urta la particolare sensibilità femminile (atti, detti, sguardi o toccate) come oggettivamente offensivo e quindi punibile dalla legge e quanto invece ferisce (in maniera spesso assai più grave, come si può oggettivamente rilevare dal numero di suicidi cagionati da una donna o, senza arrivare agli estremi, dalla diffusione fra i maschi di problemi come l'anoressia sessuale o il precoce bisogno di prostitute,certamente più sviluppati dei fantomatici problemi di chi deve “respingere troppe advances”) l'altrettanto particolare (e non già inesistente) sensibilità maschile (ad esempio il comportamento intriso di stronzaggine, divenuto regola nelle femmine moderne, anche quando non usano le mani, e spesso motivato da prepotenza, vanagloria, necessità di autostima o sadismo o comunque volontà di provocare sofferenza emotiva) sia trascurabile, appartenente alla normalità, alla tollerabilità o comunque al "diritto della donna" (addirittura alla “gioiosa comunicazione”) e non provocante oggettivamente in sé offesa o umiliazione (anche se è quanto l'uomo prova, di fronte a sé o agli altri, quanto sente come intima ferita nella sessualità e può provocargli traumi, blocchi psicologico e metterlo a disagio emotivo, momentaneo e poi esistenziale), potenziale fonte di disagio solo in seguito a “condizioni soggettive non causate dalla donna” e quindi penalmente “non punibile”. Pura demagogia femminil-femminista! Stai svolgendo un ragionamento circolare nel momento in cui accusi di ciò gli uomini (ovvero: “il comportamento della "stronza" non deve essere molestia/violenza perchè per le donne non lo sarebbe, il comportamento del corteggiatore petulante o dell'uomo dalle mani lunghe deve essere molestia/violenza perchè per le donne lo è”).
Io voglio invece che anche il sentire maschile (e non solo quello femminile) venga valutato nel formulare le leggi e nello stabilire cosa è molesto e cosa violento nella particolare sfera sessuale, che anche quanto mette sessualmente a disagio gli uomini, ferisce la loro emotività e genera tensione nella loro psiche (anche qualora ciò non sia vero a parti invertite) venga considerato penalmente rilevante alla pari di quanto produce disagio, ferimento ed ansia alle donne (che è penalmente rilevante anche quando non produrrebbe quasi nulla a parti invertite). Ecco cosa voglio dall'ordinamento e dai giudici! Voglio che anche la condizione psicologica “media” degli uomini sia limite civile alla libertà di comportamento e vestimento delle donne così come limite alla libertà di comportamento e vestimento degli uomini è la sensibilità psicologica “media” femminile. Altrimenti significa che ci considerate tutti insensibili!

Non è accettabile venga stabilito un diritto per le donne a fare le stronze, poichè per gli uomini (che non valgono umanamente certo di meno e non sono affatto meno sensibili nonostante le apparenze contrarie cui sono stati costretti ed educati nel corso dei secoli dalla società "cavalleresca" e dalle donne) l'essere ridotti a freddo specchio su cui provare l'avvenenza, a pezzi di legno innanzi a cui permettersi di tutto, a burattini da manovrare e poi gettare dopo averlo irriso,
il sentirsi insignificanti innanzi a colei che tutti vogliono e tutto può, l'essere attirati solo per esser fatti apparire innanzi a sè e agli altri puro nulla, l'esser trattati come molesti, noiosi o privi di qualità dopo essere stati attratti ad arte, l'esser additati come banali scocciatori dopo essere stati indotti a tentare un approccio, il subire sofferenze fisiche o mentali come conseguenza dell'ingenuo trasporto verso la bellezza, o addirittura il venire scelti fra tanti solo per patire l'inganno più forte, l'illusione più dolorosa, l'umiliazione più profonda, l'esser sollevati per un attimo dalla turba dei disianti, l'essere ingannati da una promessa di paradiso e poi venire sadicamente dichiarati indegni, stupidi e dannati, gettati nell'abisso più profondo della frustrazione sempiterda d'ogni disio, nell'inferno dei patimenti fisici e mentali, nel girone dei senza speranza delle cui pene ridere, e, se l'inganno va anche oltre, l'essere oggetto di perfidie sessuali, tirannie erotiche e sbranamenti economico-sentimentali,
provoca almeno alla lunga nella psiche danni paragonabili a quelli subito da chi per un trauma sessuale non può più vivere quella sfera serenamente e felicemente.

Anche volendo sorvolare su come certi "comporatmenti da animali" e certe "violenze senza scuse" possano interpretarsi come brutali ma legittime reazioni umane alla stronzaggine femminile**, le donne moderne si mostrano come incoerenti quando allargano la definizione di violenza per porsi fra le "vittime innocenti". Prima affermano come diritto un costume consistente nell'andare per via, per discoteche o per uffici, mostrando liberamente le proprie grazie e suscitando sempre, comunque ed ovunque, negli astanti, un disio che non possono, almeno in quei frangenti, appagare e quindi sono causa di frustrazione (e di potenziale degenerazione in ferimento intimo, irrisione al disio, senso di nullità, umiliazione pubblica e privata, se la dama di turno si diletta ad usare tutte le sue arti per attirare chi vuole respingere, per suscitare in lui, attraverso quanto mostrato agli occhi della vista e a quelli dell'immaginazione, attraverso gli sguardi eloquenti, le parole dette e non dette, le movenze del corpo, gli ammiccamenti del viso e tutte le possibili ambiguità sensuali, il disio nel profondo solo per potersi appagare della sua negazione davanti a sè e al mondo, in inappagamento fisico e mentale degenerante in ossessione, se ciò viene troppo spesso reiterato, in sofferenza fisica e mentale, se una raffinata e studiata perfidia si compiace di prolungare e rendere massimamente beffarda, umiliante e dolorosa possibile la pena dell'inferno della negazione dopo il paradiso della concessione, o addirittura, se anche il veleno sentimentale entra nel gioco, in disagio da sessuale ad esistenziale, con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale alla perdita di ogni altro interesse per la vita e di ogni residua speranza di felicità, fino al possibile suicidio, passando per l'incapacità futura di sorridere ancora alla vita e al sesso o di poter approcciare una donna senza sentirla come potenziale fonte di ferimenti, inganni, tirannie e perfidia d'ogni sorta: ecco perchè sin da principio non si dovrebbe transigere su certi comportamenti "emancipati" e "disinibiti", altro che moralismo o "caccia alle streghe") e poi si lamentano se qualcuno in maniera più o meno implicita o esplicita, più o meno maldestra o poetica, più o meno coinvolgente le mani o l'intelletto, più o meno volgare o raffinata, tende verso di loro con ingenuo trasporto per la bellezza e cerca di carpirne i favori. Inaccettabile!

Le leggi rilevano sistematicamente e puniscono duramente lo stupro (a volte anche senza o anche prima che l'effettiva gravià e l'effettiva realtà della presunta violenza sia chiaramente dimostrata ed oggettivamente rilevata nei fatti), ma con altrettante sistematicità e durezza non è invece punita la denuncia falsa o esagerata ad arte (sebbene il crimine sia parimenti mostruoso: il subire l'accusa ingiusta, la pubblica gogna, le violenze fisiche e psicologiche del carcere, il sentire da innocenti il mondo intero, spesso amici e conocenti compresi, come nemico implacabile pronto solo a distruggere senza sentire ragioni, il non riuscire ad essere ascolati e il venir bollati a priori degni del riso o del disprezzo, il non avere nessuno al di fuori forse dei famigliari disposto a credere alla verità vissuta e il subire un lungo processo o una lunga detenzione costituscono uno stupro psicologico non certo meno grave di quello fisico e capace di infliggere alla vita, alla mente, all'animo e alla residua speranza di felicità e tranquillità nella sfera quotidiana e in quella sessuale danni paragonabili a quelli subiti dalle donne realmente violentate) .

Come detto, per una pacca sul sedere si prendono ormai anni di carcere, mentre per quelle toccate che con mezzi diversi dalle mani e capaci di violare e molestare la sessualità in maniera molto più profonda, le ragazze si permettono sui coetanei (provocando ferimenti molto più gravi alla psiche,
facendo le stronze *** (infliggendo irrisione al disio, ferimento intimo, umiliazione pubblica e privata, sofferenze infernali del corpo e della psiche, inappagamento fisico e mentale degenerante se continuato in ossessione, o comunque in problemi a lungo termine, dall'anoressia sessuale all'incapacità di approcciarsi alle ragazze o anche solo di sorridere alla vita e al sesso o addirittura disagio da sessuale ad esistenziale, conducente a volte persino al suicidio) non vi è alcuna figura di reato.

Se comunemente la si meno grave della violenza inversa è solo perchè :
1) il pensiero virile detesta introdurre strumenti legislativo su quanto non risulta oggettivamente dimostrabile e chiaro a tutti a priori (ma questa obiezione cade nel momento in cui dall'altra parte la legge viene piegato alla soggettiva sensibilità della presunta vittima e alla "empatia" femminile, permettendo di definire confini fra lecito e illecito a posteriori e secondo parametri personali)
2) siamo per costume antico (ed eroico) abituati a nascondere e negare la realtà di tutto quanto possa far patire un uomo (sentimenti e parole compresi, di qui le apparenti laconicità e insensibilità maschili, in realtà spia dei loro contrari nascosti nel giardino concluso dell'animo) e a misurare il valore di questi proprio da quanto sa sopportare sorridendo persino da una donna (ma anche qui, essendo la morale moderna fondata su compassione e vittimismo e non più su durezza, eroismo e stoicismo, non ha più senso)
3) il pactum sceleris fra due millenni di stupidità cavalleresca e due decenni di demagogia femminista (fa ritenere massimamente grave tutto quanto anche solo lontanamente urta in maniera potenziale e presunta la soggettività femminea, anche il semplice non dare a questa la precedenza in ogni occasione materiale e verbale o il non anticipare/interpretare i suoi desideri/capricci sentimentali, e normale, divertente o appartenente al diritto della donna quanto in pensieri, atti o toccate psicologiche provoca nella vita e nella psiche dell'uomo ferite e danni ben più gravi e spesso anche più tangibili e) consente alle donne di permettersi di tutto davanti all'uomo senza dover temere le reazioni poichè protette dal loro statusi di dame intoccabili al pari della arroganti scimmie sacre del templio di benhares.
(e qui c'è poco da fare se non distruggere quel tempio dell'idolatria estetico filosofica della figura femminile che sono la cultura ufficiale politicamente corretta e lo stile pubblciitario) .


POST SCRIPTUM
Adesso sono io (e non la Gianna) che do consigli. E che dirimo la questione del limite fra molestia femminile e seduzione/corteggiamento
Un conto è il naturale istinto femminile di sentirsi in ogni dove belle e disiabili, altro conto è il patologico bisogno di autostima consistente nel diffondere sistematicamente disio agli astanti e nell'attrarre a sè (o addirittura indurre ad arte a farsi avanti e a tentare un approccio) sconosciuti che non si è interessate a conoscere ma solo a ingannare, far sentire nullità e frustrare sessualmente.
Un conto è il piacere di sentirsi universalmente belle e disiate, altro conto è trarre piacere dall'attirare e respingere e dal poter con ciò infliggere continuamente tensione psicologica, ferimento intimo, senso di nullità, irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, inappagamento fisico e mentale degenerante se ripetuto in ossessione e disagio scivolante da sessuale ad esistenziale (con rischio di non riuscire più a sorridere nel sesso e di avvicinarsi ad una donna senza vedervi motivo di patimento, tirannia e perdita di ogni residuo interesse per la vita).
Un conto è il piacere di farsi piacere, altro conto è trattare con sufficienza o aperto disprezzo chiunque tenti un qualsiasi avvicinamento erotico-sentimentale.
Un conto è l'istinto naturale di sfoggiare la bellezza (consciamente per moda o vanità, inconsciamente per attirare quanti più maschi possibili e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute), altro conto è mostrare pubblicamente, per capriccio, vanità , aumento del proprio valore economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza, le proprie grazie solo per attirare, illudere e sollevare nel sogno chi poi si vuole far cadere con il massimo del fragore, della sofferenza e del ridicolo.
Un conto è il gioco di sedurre per conoscere la controparte (e, magari inconsciamente, valutare senza fretta e senza impegno la presenza e l'eccellenza delle doti di sentimento o intelletto ritenute indispensabili per un rapporto e non conoscibili al primo sguardo), o anche solo per apprezzare in essa (anche senza alcuna prospettiva di rapporto) quanto può emergere soltanto nel flusso di un dialogo solus ad solam, altro conto è dilettarsi a suscitare ad arte disio solo per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche da una raffinata, intenzionale e premeditata perfidia, possa far patire le pene infernali della negazione a chi è stato dapprima illuso dal paradiso della concessione.
Un conto è insomma mettere a frutto la bellezza per procurarsi occasioni di dialoghi, il che non implica necessariamente gettare nel disprezzo nella frustrazione e nell'inganno la controparte,
ma può invece darle modo e tempo di sfoggiare eventuali qualità di sentimento o intelletto
con cui "bilanciare" la bellezza, anche a prescindere dal fatto di volere o meno un rapporto,
altro conto è sedurre per distruggere la psiche dei sedotti, o comunque per provocare in essa ferimenti, irrisioni e umiliazioni incancellabili usando l'arma della bellezza in maniera per certi versi parimenti malvagia rispetto a quella con cui i più malvagi fra gli uomini usano la brutalità fisica.
Qui si sta dando della stronza solo nel secondo caso, non nel primo (che pure può provocare ferimento, ma non per colpa della donna bensì della natura del desiderio).
E’ vero che nel concreto ci si può trovare in una condizione di mezzo, ma confondere le due cose già in abstracto significa voler negare che esista l’intenzionale stronzaggine femminile. Sarebbe come voler negare l’intenzionale violenza di certi uomini con la sola argomentazione che (fra violenza/molestia e corteggiamento/apprezzamento) esistono tante zone grigie che le femministe voglioni punire ingiustamente.

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