FATWA CONTRO I LAPIDATORI DELLA MESOPOTAMIA
Io, Beyazid II Othman, che sono il sultano e il padisah del Mediterraneo, del Mar Nero, della Rumelia, dell'Anatolia, dei paesi di Rum e Karaman, del paesi di Zu'l-kadr, di Diyarbakir, e di Adana, figlio di Muhammed II Othman "il Conquistatore", che già distrusse l'Impero Romano d'Oriente, discendente di Osman Gazi Othman fondatore della dinastia Ottomana, per volontà di Allah il clementissimo Comandante dei Credenti e Successore del Profeta, dai posteri detto il Giusto,
EMETTO
una fatwa nei confronti di coloro che nella terra dell'antica Babilonia hanno osato, contro ogni norma di giustizia umana e divina, lanciare pietre su pietre contro una donna interrata accusata di adulterio e contro coloro che ciò hanno voluto e ordinato.
CAPITOLO I.
Non v'è necessità alcuna di spiegare i motivi (i quali sono ovvi a chiunque abbia cara la libertà personale e la salvezza dei regimi statuali in grado di riconoscano i diritti individuali), meno ovvio è perché la scriva su questo blog.
Io affliggo questa fatwa sulla porta del mio imperial palazzo perchè i lapidatori contro cui è rivolta rappresentano il caso estremo di ciò contro cui combatto, ossia
"la pretesa di decidere, giudicare, legiferare e di proibire sulla vita privata e sessuale dei cittadini, uomini o donne (o trans) che siano, di imporre comportamenti virtuosi e proibire quelli "immorali", di imporre cioé la propria morale, pretesa assoluta, con forza di legge."
Non solo in oriente vi sono cotesti "talebani", ma anche in occidente, pur non potendo (grazie ai meriti dell'epoca napoleonica) esercitare tale violenza, i moderni "western talebans" avanzano le loro illiberali pretese di proibizione e imposizione, presentandole in maniera "politicamente corretta".
Basti pensare a quello che si proporrebbero di fare e legiferare la casta sacerdotale, i proibizionisti di ogni genere (politici di sinistra o di destra come Amato i la Gardini) in ambiti come il meretricio, promuovendo pene, sanzioni e divieti su base moralistica (emendare il "vizio" ritenuto "male" di per sé) e facendo sì che le persone, non potendo soddisfare il propri bisogno (che esiste oggettivamente e per natura) legalmente, debbano rivolgersi al "mercato nero" (e ciò fa il bene non dei cittadini onesti, ma della malavita, come già avvenne con l'alcool ai tempi di Al Capone, ma qui voglio tralasciare i risvolti pratici e tenere il discorso su un piano di principio teoretico).
Prime di questa orrida schiera sono le talebane occidentali, le vetero-femministe, con il loro distorto concetto di parità che chiama ingiustizia o discriminazione o retaggio culturale i diversi desideri e bisogni naturali (o i semplici e legittimi capricci intellettuali o estetici o consumistici), e quindi le diverse scelte, di uomini e donne [Nota 1], con la loro assurda visione illiberale contraria al Sacro Antichissimo Culto di Venere Prostituta, contraria al desiderio dell'uomo per il corpo della donna (il desiderio carnale verso la donna, divenendo in vari modi e forme un desiderio eterno e sublimato, è il vero creatore di Bellezza ed il vero artefice della sola eternità possibile: quella dell’Arte) e pronta a colpevolizzarne l'espressione più schietta, cioà la ricerca del piacere, anche nella sua più sfrenata espressione, ossia quella orgiastica, e in quella più immediata, quella a pagamento, senza passare per le falsità e gli intrighi dell’ars amandi, per le lunghe procedure del corteggiamento, per le inevitabili complicazioni sociali e sentimentali dei rapporti di coppia.
Esse vorrebbero impedire le scelte private e sessuali degli individui non conformi alla loro ideologia, andando contro l'evidenza, contro la volontà delle libere sacardotesse di Venere (che esistono ed hanno anche un sito) e non solo contro i loro gaudenti seguaci (che hanno comunque il diritto a decidere sulla propria sessualità se soddisfarla con la supplica del corteggiamento o il mercato della prostituzione).
[NOTA 1] Piccola precisazione. Resta inteso che i diritti giuridici devono essere uguali fra uomini e donne. La diversità di natura e di desideri deve essere riconosciuta (e tutelata da proibizionismi e moralismi tanto di genere maschilista quanto di genere femminista) nell'ambito della libertà di espressione e di scelta individuale, ma non può dar motivo di limitazioni o privilegi o ingiustizie ai vari individui.
Quindi io non voglio obbligare nessuna donna a comportarsi in un certo modo in quanto donna, ma parimenti pretendo di avere la mia libertà, che in un mondo in cui la poligamia de iure non esiste coincide con l'andare a puttane (quelle libere s'intende, anche se molto care), con il ricercare chi, sia pur per interesse, interpreti il mio sogno estetico e appaghi il mio profondo desire, sensitivo e intellettivo, di bellezza e di piacere.
CAPITOLO II.
Tutti questi talebani e talebane fanno e dicono tutto ciò con il pretesto di "mantenere il senso morale" della società, di "proteggere" le donne e di "salvarne il corpo e la dignità".
Ebbene: sono gli stessi motivi che danno i lapidatori delle adultere per giustificarsi (infatti tutte le ingiustizie talebane esistono formalmente "per difendere la virtù", "combattere il vizio" e "proteggere l'onore femminile").
BASTEREBBE INVECE garantire che ognuno avesse diritto a "proteggersi" da solo e a scegliere cosa per lui sia "meglio", "più giusto", "più sopportabile", "più dignitoso", senza aspettare protezioni dall'alto: senza protettore sia le prostitute e senza protettori statali i siano singoli individui, le singole donne e i singoli uomini.
Essi chiamano oppressione o retaggio il frutto di libere scelte e oppressione e malvasia l'espressione di desideri naturali.
La prostituzione sarà oppressiva per le donne che vi sono costrette d'altrui, ma per coloro le quali la intraprendono volontariamente come mestiere (o come saltuaria attività per "arrotondare") si deve parlare di libera sceltà. Qualunque siano i motivi che spingono una donna a questa scelta (materiali, come emanciparsi dalla povertà, o raggiungere in fretta il benessere, o evitare i "normali" problemi economici della vita delle classi medie, o potersi permettere capricci lussuosi e costosissimi, o vivere nella ricchezza e nello sfarzo come moderne principesse, oppure "spirituali" come sostenere l'autostima nel vedere molti uomini disposti a pagare pur di avere la loro compagnia e quindi nell'avere la conferma "oggettiva" di essere belle fra le belle, o sentire cosa si prova a mettere economicamente a frutto, di propria iniziativa, il desiderio di natura provocato altrimenti "gratis" negli uomini, o provare l'emozione di poter avere rapidi guadagni in modo da permettersi auto sportive, vestiti firmati, gioielli sontuosi, oggetti alla moda e vita di gran lusso, o appagare la vanità di sentirsi desiderate e valutate cifre degne di grandi artisti, e di vedere uomini ricchi che fanno follie per loro o uomini "medi" che sacrificano, per loro, interi stipendi, o ancora vivere in ambienti raffinati e costosi, o poter incontrare i "primi" fra gli uomini per ricchezza, cultura, gusto o livello sociale, o comunque uomini molto abbienti che, si suppone, abbiano raggiunto l'eccellenza in campo socio-economico d'eccellenza in virtù di doti personali e intellettuali, di carattere e di ingengno, apprezzabili nel mondo moderno, come la determinazione, la capacità di imporre il proprio valore nel mondo, la costanza, l'impegno, l'arguzia, la genialità ecc. in tutti i tempi apprezzate dalle donne nell'uomo più della bellezza) essi non possono essere chiamati costrizione o oppressione quando la scelta è stata autonoma e consapevole e chi la fa è persona adulta e consenziente.
Altrimenti significherebbe dire che le donne sono delle eterne minorenni incapaci di decidere per il proprio interesse e bisognose di una tutela politicamente corretta "statale" (che si sostituisce a quella vecchia del patriarcato ma non è meno oppressiva) tale da impedire loro scelte "sessualmente scorrette". Ha scritto su questo pagine illuminanti la femminista individualista Wendy McElroy.
Voler negare alla donna il diritto a scegliere anche di prostituirsi, anche se (o forse proprio perché) fatto da una prospettiva vetero-femminista contraria al desiderio maschile in quanto tale, equivale a considerare le donne delle "eterne minorenni" incapaci di prendere le decisioni "giuste" sulla propria vita, e bisognose di una tutale dello stato (che, come notano le cosiddette i-feminists, le femministe individualiste, assomiglia tanto alla vecchia tutela del marito o del fratello) che impedisca loro di "nuocere a loro stesse".
Dire che le prostitute (o le lavoratrici del porno) sono “poverine da difendere” non solo è una falsità, sed etiam è un insulto alla loro dignità di persone adulte e consenzienti che dispongono a loro piacimento del corpo e della mente. Pensare infatti che una donna non possa mai decidere di vendere il piacere dei sensi, e inventarsi sempre che è costretta, rappresenta una malcelata misoginia, in quanto nasconde una visione di donna pretenziosamente “asessuata” (la quale diventa sessuale solo per “colpa” dell'uomo) e in definitiva incapace di decidere autonomamente.
La prostituzione non è un mestiere come un altro solo perché riguarda una sfera intima della persona, quella sessuale, e proprio per questo solo il singolo individuo ha diritto a stabilire cosa per lui/lei è giusto, dignitoso, morale. Lo stato non ha diritti ad intervenire se non per sancire che del proprio corpo ogni cittadino è il solo padrone. Cosa sia la propria identità sessuale può essere deciso solo dalle persone interessate, non dallo stato. Che un atto sia dignitoso o avvilente può essere giudicato solo dai singoli individui, e non dai preti o dalle femministe.
CAPITOLO III.
Rispondo ai talebani d'oriente e d'occidente, in merito al rapporto fra libertà personali e stato, negli atti riguardanti la vita privata e sessuale, con le parole che avevo preparato per alcuni loro simili comparso un altro immondo forum:
"Ma lo vuoi capire che uno stato liberale ha il compito di far convivere pacificamente e nel rispetto delle loro identità (private e sessuali) persone con concezioni morali, gusti sessuali, visioni del mondo e percezioni della vita differenti?
E non quello di imporre a tutti una sua morale decisa da chissà chi o presa da chissà quale libro sacro di filosofo?
E nemmeno quello di riconoscere una "pratica morale" (che poi, come notato a Kant, non è altro che il vecchio assolutismo teocratico uscito dalla porta con la critica della ragion pura fatto rientrare dalla finestra con quella della ragion pratica) da ritenere valida per tutti, e che non sia quella (la quale da tutti dovrebbe invece davvero essere condivisa, se non come valore "assoluto", almeno come minimo accordo consensuale indispensabile alla prassi del vivere civile) della non violenza e della pacifica convivenza fra le diversità?
Uno stato liberale dovrebbe riconoscere l'esistenza di una sfera privata (all'interno della quale ricade ovviamente la sessualità) nella quale non si permette di legiferare al di là del suo dovere di assicurare ad ognuno il diritto a disporre a piacimento del proprio corpo (e quindi anche di usarlo come "mezzo" di arricchimento, se così decide) e a non essere costretto da "violenza, minaccia, inganno o mediante abuso di autorità". Uno stato liberale dovrebbe altresì lasciare liberi i singoli individui di stabilire arbitrariamente le proprie regole nella loro vita privata, e di seguire la concezione morale e la visione del mondo da loro ritenuta più opportuna, almeno finché si tratta di persone adulte e consenzienti (consenzienti per qualsiasi personale motivo, razionale o irrazionale, di calcolo o di piacere), le quali non danneggiano sensibilmente ed oggettivamente il prossimo.
E' tipico dello stato totalitario invece voler legiferare fin nella camera da letto, anche quando le persone coinvolte non sono oggettivamente costrette, sono consenzienti e non danneggiano sensibilmente ed oggettivamente il prossimo, ma vengono perseguitate perché il loro comportamento sarebbe "immorale" rispetto all'ideale imposto dalla legge. E' questo infatti un metodo (legiferare sulla sessualità fra persone adulte e consenzienti) per controllare le anime, utilizzato da tutti i totalitarismi, dalla controriforma al nazismo, dal comunismo fino al nuovo capitalismo-totalitario della Cina.
Quindi non sono io, che predico il relativismo come modo per diminuire la violenza fra individui e popoli portatori di valori diversi e lascio come guida intersoggettivamente valida le regole della civile e pacifica convivenza e del rispetto reciproco ("la mia libertà finisce dove inizia la tua", "ognuno fa ciò che vuole della propria vita finché non danneggia oggettivamente e sensibilmente l'altro", ", qualsiasi siano i motivi della loro scelta") ad essere un potenziale Hitler, ma tu, che sbandieri invece la necessità di conformare i comportamenti umani ad un modello di "pratica morale" valido per tutti (che tu dica discendere dalla prassi e non dalla teoria è irrilevante, dato che lo consideri a priori valido per tutti, trascurando le diversità di concezione di ciascuno: come unico valore pratico si può concedere solo, come detto, il minimo oggettivamente indispensabile per la pacifica convivenza fra individui con diverse concezioni morali e della vita) e apri la via ad uno stato che si senta in diritto di legiferare anche sulla sfera privata e sessuale dei cittadini, anche quando si tratta di persone adulte e consenzienti, indagando e giudicando sulle loro privatissime scelte e sulla loro personale morale, anche quando non sono costrette né da violenza, né minaccia, né da inganno, né da abuso di autorità, anche quando non danneggiano sensibilmente ed oggettivamente nessuno, ma solo perché il loro comportamento è "immorale".
Si tratta degli stessi motivi per cui in società più arretrate della nostra si imprigionavano i gay, o per i quali il predetto adolfo si sentiva in diritto di rinchiudere in recinti tutti coloro che, per motivi religiosi, razziali ecc., avevano comportamenti che non danneggiavano certo nessuno, ma venivano ritenuti "inaccettabili" solo perché "diversi" e non conformi ai pretesi valori assoluti dello stato (che venivano fatti valere anche nella sfera privata e sessuale). Per questo dico che lo stato non può legiferare sulla morale e dunque ogni morale, nella sfera privata, può essere liberamente stabilita, almeno finché non prevede di danneggiare oggettivamente il prossimo, di limitare la sua libertà o di imporsi su altre morali. Ma tu no.
Quindi, secondo te, noi siamo individui deviati, quindi pericolosi per la società, e quindi da "correggere". Mi ricorda un ragionamento già seguito da Stalin, Hitler e altri riguardo a coloro che non rientrano nel loro "modello ideale" di società umana. Se governassero i tuoi amici finiremmo in Siberia o in un luogo di "rieducazione". E magari le prostitute vengono considerate o vittime prive di volontà (e quindi la loro scelta non deve contare perchè compiuta, secondo te, in una situazione di "devianza") o arriviste di "VALORE ZERO" (lo hai scritto nel 3D sparito parlando alla nostra Amica). In ogni caso, sono per te persone la cui parola non deve contare. Come la nostra. Ma allora perchè tu, integerrimo homo novus, sei qui fra i deviati?"
CAPITOLO IV.
Questo è ciò che Nietzsche chiamava "volontà di potenza": una libera, personale, arbitraria attribuzione di valori al mondo e alla vita.
La società, la tradizione, il clero hanno voluto imporre una morale pretesa assoluta per giustificare sottilmente il proprio potere e per esercitare un sottile ma profondo controllo sin sulle intime esigenze dell'individuo. Ora ciò non deve essere ripreso dallo stato liberale, né sotto forma di clericalismo, né di moralismo travestito da veterofemminismo. L'uomo liberale deve invece essere in grado di stabilire egli stesso i criteri secondo i quali valutare la coerenza della propria vita e il valore delle proprie azioni e del proprio pensiero, senza riferirsi a quello che stabiliscono altri, senza sottomettersi a una morale costituita. Chi si sente libertino e dissoluto ha diritto a vivere di conseguenza la propria sessualità, così come i preti vivono la loro castità. Questa è la vera libertà intellettuale: "Fare della propria vita come si fa di un'opera d'arte" .
Se viene a mancare questo, questa libertà della propria coscienza e della propria mente, allora divengono inutili le libertà civili, politiche, di pensiero.
CAPITOLO V.
O lapidatori, O moralisti! O voi che usate lo stato per punire presunte colpe relative a fatti privati!
Non è colpevole né l'uomo né la donna, quando tradiscono, né l'uomo che fa il dongiovanni, né la donna che "se la tira" e impone fatiche e tornei agli ammiratori, perché entrambi seguono il desiderio di natura, che va al di là del bene e del male. Colpevole è invece chi razionalmente sfrutta le debolezze erotico-sentimentali o i sensi di colpa per tiranneggiare, o chi vuole imporre, come la casta sacerdotale e le western talebans, un controllo totalitario tramite la repressione delle pulsioni naturali.
Per me la morale sessuale può solo essere di concedere a TUTTI GLI INDIVIDUI, siano essi donne o uomini o trans, il diritto a ricercare la propria felicità (o l'illusione di essa) nei modi e nei tempi ad essi più consoni, secondo i loro desideri, intellettuali o sensitivi, senza che alcuno, prete o femminista o uomo o donna altrui osi criticarli, condannarli, svilirli per questo.
Saggio è per me non negare di avere dei bisogni naturali o ignorarne il soddisfacimento limitando la propria volontà (altrimenti sarebbero saggi i seguaci dell'endura, ma io non seguo schopenhauer-filosofo in questo, come non lo seguì lo schopenhauer vero), bensì appagarli, se possibile nel modo più nobile, raffinato e gaudente, e agire affinché ciò sia di facile accesso, in modo da poter volare con la mente negli spazi dell'iperuranio, una volta appagati i bisogni terreni, senza lasciarsi guidare, attraverso di essi, dal genio della specie (che ha interessi diversi, coincidenti con quelli della natura e non con quelli dell'individuo (vale per l'appagamento sessuale quanto vale per l'appagamento del sonno o dell'appettito).
Vero che la guida deve essere il libero arbitrio e non l'istinto incontrollato, ma è altrettanto vero che un libero arbitrio saggio e non autolesionista o limitativo non può scegliere di non appagare i propri bisogni naturali. Un libero arbitrio poetico poi ne fa motore di creazione poetica in immagini e suoni de' versi e sublimazione artistica in opere immortali (e magari, per qualcuno, immorali).
CAPITOLO VI.
Così come una donna deve poter scegliere (escludiamo perché fuori tema i rapporti "sentimentali") se concedersi "gratis" per sola vanagloria o "a pagamento" anche per interesse, se svolgere un mestiere "normale" avendo la vita comune coi problemi quotidiani di gran parte dei suoi coetanei, o se preferire, in alternativa o in aggiunta, quello del meretricio con le annesse soddisfazioni economiche e le possibilità di agiatezza fra "cani, cavalli e belli arredi" (degni di una principessa rinascimentale), allo stesso modo un uomo ha il diritto di scegliere se corteggiare ed affrontare i rischi e i sacrifici, tipici delle campagne militari e caratteristici, come diceva Ovidio nei suoi perfetti esametri, dell'Ars Amandi, o se invece pagare in moneta anziché in tempo, in sacrifici o in ciò che ritiene meno dignitoso, come perdita di sincerità, recite, comportamenti "servili" o abbandono o nascondimento di una parte di sé, e cercare dunque una sacerdotessa di Venere, disposta a interpretare il suo sogno a pagamento, facendogli vivere momenti di ebbrezza dei sensi e di piacere estatico pretendendo in cambio un'utilità econimica.
Io personalmente preferisco pagare in moneta piuttosto che in sincerità, e veder recitata a pagamento una parte che la donna non ritiene indegna piuttosto che recitare io una parte gratis (giullare, o seduttore) o comunque ricoprire un ruolo (cavalier servente, anche se magari in forme moderne e anticonvenzionali) da me ritenuto poco dignitoso.
Non ne faccio una questione di soldi ma di possibilità di scelta.
Vorrei sempre vivere in un mondo in cui decidere se pagare o meno nel sesso sia sempre lasciato a me, e non deciso dallo stato. Questa mia libertà è speculare a quella che riconosco alle donne di scegliere se concedersi per amore, vanagloria, divertimento o appunto interesse (e quindi soldi).
L’importante è non essere costretti in un senso o nell’altro.
Una donna deve poter scegliere fra un lavoro “normale” e l’alternativa di recitare il sogno estetico in cambio di un compenso (spesso molto più elevato dei compensi “normali”); un uomo deve poter scegliere fra il cercare di ottenere la compagnia di una donna con un “normale” corteggiamento e l’alternativa di pagare per godere delle grazie di una donna disposta a concedersi per interesse (spesso di bellezza superiore a quella delle donne “normali”)
Non è corretto farne solo una questione di soldi e di bellezza. E’ un principio.
Da un lato non si può pretendere che la scelta sia fatta dalla donna a parità di guadagno, giacché non è un diritto inalienabile guadagnare tanto e in fretta (lo è avere la possibilità di un lavoro “normale”, più o meno remunerato, o comunque in linea con quello di altre persone non certo definite costrette o sfruttate) e non sarebbe sensato e corretto nei confronti di chi si sacrifica per lavori poco pagati o pagati male rispetto alla preparazione scolastica e alla fatica fisica o intellettuale (persone che non hanno la possibilità o la volontà di prostituirsi): se una persona nasce ricca o riesce a raggiungere nel lavoro un grande guadagno buon per lei, altrimenti o ha la possibilità di arricchirsi accompagnando dietro compenso o si accontenta di vivere come le persone dignitose ma non ricche.
Dall’altro lato non si può pretendere nemmeno che la scelta fatta dall’uomo sia a parità di bellezza e di “spesa”, giacché non è un diritto inalienabile accompagnarsi a donne bellissime (lo è invece poter scegliere fra pagare e corteggiare in generale) come non è un diritto guadagnare abbastanza da potersi permettere accompagnatrici di lusso: se uno ha le doti del corteggiatore o i denari del ricco avrà certe donne, altrimenti no e si acconterà delle possibilità degli uomini normali.
L’importante è nel primo caso (la donna) che l’alternativa “normale” esista e la prostituzione sia una scelta in più rispetto a quella della maggioranza delle altre persone (non dette costrette) (la scelta se sfruttarla o meno e se ne valga la pena e quale prezzo sia da attribuire a tal pena è ad esclusivo carico della persona interessata) e nel secondo caso (l’uomo) che esista la possibilità di pagare e il corteggiamento sia una libera alternativa (la scelta se pagare per ottenere sesso, se pagare per ottenere i favori di una donna più bella e se la cifra richiesta sia accettabile o se valga la pena risparmiare dal proprio guadagno normale per poter togliersi un capriccio da ricco sono ad esclusivo carico della persona interessata).
CAPITOLO VII.
Tutte le considerazioni negative sulla prostituzione volontaria derivano dal presupposto secondo cui chi vende momenti di sesso attraverso il proprio corpo venda una parte di sé. Ciò è errato, in quanto esistono persone per le quali il sesso è un'attività umana come le altre (senza necessariamente avere coinvolgimenti sentimentali o implicazioni "terribili") e non ha nulla di "sacro e pericoloso" per cui le persone (adulte e consenzienti) non dovrebbero essere libere di farne ciò che vogliono (sentimento, coinvolgimento o, al contrario, recita e straniamento).
Chi o che cosa ha diritto ad entrare nella vita privata delle persone e indagare, quando non vi sono violenze e costrizioni, sui motivi per cui si accoppiano (eros "apollineo", legato all'innamoramento e all'affinità di coppia, o al contrario "dionisiaco", piacere puro, assoluto discinto da ogni legame sentimentale e da ogni dovere di corteggiamento, o ancora, per gli uomini, ricercare l'anima gemella oppure un'attrice che interpreti, a pagamento, il proprio sogno estetico, e, per le donne, concedersi per divertimento o passione, per amore, amicizia oppure, perché no, interesse e quindi soldi)? In base a quale principio (o a quale legittimità di interpretazione) si dovrebbero vietare ad esse determinati comportamenti attenenti la sfera privata e sessuale?
Dov'è il diritto divino?
Ricada sui lapidatori e sul suo sangue, fino alla fine dei Tempi, l'estrema ed eterna dannazione. La loro casa si sfaccia, la malattia li impedisca, i loro nati torcano il viso loro. Ogni Credente eviti loro il cibo, il riparo, il riposo. Ogni virtuoso cerchi di ottenere la morte loro e di ogni componente della loro famiglia. In sha' Allah
FATWA Emessa dal Sultano di Costantinopoli
Beyazid II
Comandante dei Credenti e Successore del Profeta
Çarşamba, Ekim 25, 2006
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