La Sublime Porta

"Signori e cavallier che ve adunati/ Per odir cose dilettose e nove,/ Stati attenti e quieti, ed ascoltati/ La bella istoria che 'l mio canto muove;"

Salı, Haziran 24, 2008

Domande e risposte, Chaos contro Kosmos, tutti contro Chiara, io contro tutti.















Chi e’ l’uomo?

"L’animale piu’ coraggioso", diceva Nietzsche, "e anche il piu’ fragile", aggiungeva. Come capiscono persino quegli illusi dei darwinisti, piu’ l’animale e’ complesso, piu’ e’ raro che una mutazione casuale possa migliorarlo, ergo e’ fondamentale che i sempre piu’ rari individui ben riusciti emergano e siano selezionati per la loro eccellenza, imponendo nuovi valori e facendo evolvere la specie, e che la preponderanza ed il primato sociali spettino nell’insieme a chi ha il compito di competere, e individualmente a chi in cio’ e’ piu’ forte.

Chi e’ l’essere umano migliore?
Il piu’ pericoloso. Una specie, e in particolare una specie caratterizzata da ricchezza e complessita’ di spirito come quella umana, non evolve, si qualifica e si giustifica per la massa normale ma per gli individui eccellenti (che per mostro e miracolo nascono e si differenziano), i quali, se possono nella competizione accrescersi, elevarsi affermarsi e dominare (nel senso di imporre i propri valori, di costruire nuove grandezze e bellezze, di generare nuove opere di potenza e durata), elevano la specie tutta al gradino superiore di magnificenza vitale.
Poiche’ la maggioranza degli uomini non possiede tali doti eccellenti e creative, la maggioranza degli uomini non deve ne’ avere potere decisionale ne’, tanto meno, poter stabilire i valori superiori e decidere cosa sia la liberta’.
Ne consegue che segno dell’essere migliori e’ sempre e comunque l’essere additati quali “pericolo per la democrazia, per l’uguaglianza o (la perla e’ di un nero virtuale e puzzolente prete predicatore) per i minori da educare alla salvezza dell’anima”.

Cos’e’ la democrazia?
La lega dei molti mediocri contro i pochi eccellenti, volta a limitare o addirittura opprimere ed emarginare gli individui eccezionali, e fondata sul timore che questi possano fare quanto i piu’ forti farebbero in natura: accrescersi, affermarsi, dominare, imporre nuovi valori, nuove grandezze, nuovi significati, e far cose’ evolvere la specie nella selezione e nella lotta.
Ovvio che volendo essere democratici si ritorna allo stato delle speci inferiori in cui la semplicita’ non rende necessaria la lotta per la selezione dei migliori, si regredisce al verme (e in effetti in molti degli uomini ancor oggi e’ molto del verme, diceva Zarathustra, e conferma chiunque abbia seguito la vicenda virtuale di cui si tratta qui).
Si rinuncia insomma a quanto ci contraddistingue: la ricchezza e la complessita’ di spirito, le quali, ancora piu’ di tutte le altre doti degli animali complessi, richiederebbero severa e attenta selezione degli individui eccellenti, e massima importanza per il concetto di lotta (o, spiritualizzato, di guerra).

Cosa e' dunque la democrazia virtuale?
Il luogo in cui, esattamente come nella democrazia reale, non i migliori, ma i peggiori ed i piu’ deboli e perfidi, che hanno sviluppato il veleno, la dissimulazione, il calcolo e la menzogna, quale compensazione per la mancanza di bellezza e di forza e di coraggio, eliminano ogni valore non riducibile in moneta e materia, riducono la politica ad un fatto quantitativo (e dunque al nulla), il popolo ad un tutto indistinto fatto di sola massa, e tramite amministratori pupazzi gestiscono il mondo (ovviamente avviato all-impoverimento di ogni significato e di ogni bellezza).
Nel reale e’ la casta mercantile a usare come pupazzi i politici che la gente crede di votare e a imporre col denaro il proprio potere sul mondo (compreso su cio’ che in esso vi sarebbe di superiore).
Nel virtuale sono certi levantini del commercio (sessuale e non) a muovere da pupazzi amministratori e nick, in certi siti (dove comunque I soldi circolano) al fine di proteggere I propri interessi. Il popolo bue, ovviamente, acconsente e plaude in entrambi I mondi (reale e virtuale), lanciandosi poi per primo in crociate contro quei pochi individui eccezionali in grado di far balenare ai cuori ancora palpitanti di vita e desiderio di grandezza una diversa visione del mondo.
E’ avvenuto nella storia, avviene ora sul Web.

E’ chiaramente, a prescindere da quanto possa essere pensato delle sue idée (o ideologie), il caso di Chiara di Notte. Quando e’ stato evidente che nessuno era in grado di tenerle testa in qualsivoglia dibattito, qualsivoglia blog, qualsivoglia sito, sono giunti il bando (pardon, il ban), la scomunica (beh, per quella Papa Borgia potrebbe intervenire), l’interdizione perpetua da tutto quanto e’ “democrazia del virtuale”. Ovvero: per “salvare” la massa dei deboli e dei mediocri, che nello scontro sarebbe perita o avrebbe evidenziato la propria assoluta mancanza di valore e significato, si e’ scelto di limitare, anzi, eliminare, dannare e condannare proprio colei che possedeva al massimo grado le doti in grado di dare al mondo (in questo caso virtuale) nuove bellezze, nuovi valori, nuovi significati e di rendere, con proprie opere esprimenti ricchezza, grandezza e durata, certi siti degni di essere letti (e non gia’ per consigli su come riempirsi la pancia o soddisfare la verga, bensi’ per amore verso quanto e’ ricco e complesso di spirito, inarrivabile e magnifico per significato).

Vi sarebbero sette magnifiche qualita’, ognuna delle quali potrebbe definire Madonna Chiara quale “tipo umano virtuale superiore”:
  1. motivazioni estetiche: La sua capacita’ di evocare la bellezza, di renderla quasi sensibile pur attraverso lo schermo, di farla presente attraverso i suoi effetti sul mondo (una tecnica degna del sonetto dantesco “tanto gentil tanto onesta pare”) la pone al di sopra di ogni cortigiana virtuale o reale voglia dirsi meta di disio (e l-invidia distruttiva di cui e’ oggetto ne costituisce una dimostrazione incontestabile)
  2. motivazioni letterarie: il suo stile, mai prevedibile, ricco di significati eppure asciutto di forma (quasi un neoatticismo applicato alla visione boccaccesca della contemporaneita’), chiaro come una mattinata di prima estate e capace di fulminee intuizioni di vasta portata, vago e leggiadro e licenzioso all’apparenza ma in realta’ dominato da una superiore, necessaria e spietatamente giudicatrice ironia piu’ che ariostesca, pare una perfetta trasposizione di quella “sapienza dal piede leggero” di cui parlava Nietzsche.
  3. motivazioni intellettuali: la sua abilita’ nel dire cose profonde e universali attraverso racconti apparentemente fiabeschi , fanciulleschi (alla pari di Fedro), o addirittura boccacceschi, e comunque sempre all’interno di una gaia scienza, la eleva sia rispetto alle ormai noiose storie dalle pretese “erotiche, peccaminose e trasgressive”, sia rispetto ai risibili filosofi che della serieta’ di temi e di modi fanno il loro unico nichilistico contenuto.
  4. motivazioni filosofiche: la sua capacita’ di rovesciare le prospettive consolidate, di sconcertare il mercato capovolgendo I suoi valori, di costernare il mondo mostrandosi la leonessa che spezza le vecchie tavole , anche quando parla semplicemente di escorting (e l-inversione, o, meglio, la reversione del significato dei termini leone/gazzella in relazione alle escort ed ai loro clienti e’ un esempio eterno nella sua emblematicita’) la presenta quale stimolo insostituibile ad un autentico sviluppo dell’intelletto umano virtuale.
  5. motivazioni artistiche: Chiunque sostenga che, nell’attuale mondo mercantile improntato unicamente ai criteri inferiori dell'utile e del tempo, il creare attorno a se’, da parte di una ex-escort, un interesse sconosciuto persino alle escort in attivita’, e tale addirittura da rendere credibile una proposta indecente di decine di migliaia di euro solo per incontrarla dal vero (senza alcuna sicurezza non solo sul "dopo cena", ma nemmeno sul fatto sia una donna giovane), e il tutto soltanto attraverso un racconto “mitico” del se’ (quando per il solo mito gli studiosi accademici non volevano neanche credere all’esistenza di Troia), non sia arte puo’ cancellare il termine “arte” del proprio vocabolario.
  6. motivazioni tecnico-scientifiche: anche se nessuno lo ha notato, o lo ha notato solo quale ulteriore argomento di denigrazione e di negazione, e’ stata la prima a introdurre tecniche forumistiche innovative e avanzate quali I titoli variabili nei 3d (di chiaro valore pubblicitario) e la discussione pilotata (lasciare l’apparente liberta’ agli interlocutori di dire e fare tutto perche’ divengano sempre piu’ costretti, dalle mosse di un gioco da loro stessi agito, ad evidenziare la propria nullita’ e la propria contraddizione: tale modo di mettere in scacco gli avversari deriva da una profonda comprensione del precetto vedico alla base degli scacchi, secondo cui la vera liberta’ e’ nella conoscenza e nella conformit’ dell’ordine cosmico, mentre l’apparente liberta’ del fare tutto secondo l’impulso del caos conduce alla peggiore delle costrizioni)
  7. motivazioni etico-cavalleresche: si potra’ girare per terra e per mare l’universo del web. Non si incontrara’ mai un altro blogger capace di non censurare commento alcuno, anche qualora si tratti di insulti o critiche assurde e gratuite. Dai piccoli di spirito cio’ e’ stato scambiato per “voglia di rissa”. A persone men piccole cio’ pare chiaramente una fedelta’ assoluta ai principi della “giusta guerra virtuale” che non conosce censure. I tempi in cui solo per tener fede alla parola Attilio Regolo si riconsegnava ai cartaginesi sapendo di andare incontro al martirio, o in cui anche a costo di essere ucciso o perdere la battaglia un cavaliere onorava I principi su cui aveva giurato non sono trascorsi in vano.
Anche tutte queste sette magnifiche doti prese insieme non raggiungono pero’ l’importanza di un principio vitale che Chiara di Notte ha per prima affermato: l’unicita’ del personaggio.
In virtu’ di tale affermazione fondamentale, ella e’ molto piu’ che “semplicemente superiore” rispetto agli altri esseri virtuali: e’ l’individuo eccezionale che costringe (o, meglio, costringerebbe, se non vi fosse l’innaturale sovversione dei malriusciti) la specie ad evolvere al gradino superiore di potenza.

L’interazione fra virtuale e reale (ovvero, fra l’uomo e la macchina, o meglio, fra l’uomo e l’intelligenza meccanica e artificiale che ne costituisce il prolungamento) sara’ in un futuro prossimo tale che continuare a giocare con i nick come con i soldatini o le bambole, nascondendosi dietro identita’ mutevoli, estemporanee, fittizie e incoerenti, o agendo come se il personaggio virtuale fosse uno dei tanti fumetti da inventare a piacere e per diletto, sara’ tanto sciocco quanto divenne, nel mondo storico, continuare ad esistere disorganicamente come insieme di impulsi incontrollati, incoerenti e privi di autocoscienza.
Nel continuo superamento di se’ dell’essere umano, che nel prossimo millennio passera’ necessariamente anche per quanto oggi definiamo "virtuale (questo termine dal sapore cosi’ “irreale” o “surreale” solo perche’, come ebbero gia' a notare un Evola o un Michelstaedter, la nostra attuale ottusita’ illuminista, razionalista e sensista ci ha abituati a concepire come realta’ solo una parte minima e oserei dire infera di essa, come testimonia pure l'errata comprensione, da parte del mondo moderno, di concetti tradizionali quali sovra-naturalita’, dimensione dello spirito, mito, esclusivamente nei termini distorti o riduttivi di magia, o fumosita’ o fiaba), la generazione di una identita’ virtuale coerente (nella struttura intima e irriducibile di cui il nome, come ben sappiamo da Omero, e’ simbolo sensibile), non astratta dal reale ma radicata in esso, e di esso prolungamento verso l’alto (tramite una superiore comprensione dei fatti, delle azioni e dei pensieri, della saggezza insomma della Vita, come direbbe Nietzsche), e’ un passaggio non minore per importanza di quanto fu la comparsa (a partire ad istinti, paure e bisogni ancestrali, da pulsioni senza nome e da miriadi di sensazioni senza identita’) dell’autocoscienza cosi’ quale oggi la conosciamo (o, meglio, la sentiamo).
Non ho tema di smentita nel sostenere a viva forza che la genesi di un personaggio quale Chiara di Notte, vita virtuale che sa di vivere per forza propria una vita al di la’ del reale comunemente inteso, ma non per questo falsificazione di esso (al contrario dei miliardi di nick simulanti, da parte dei loro autori, un se stesso non esistente e solo desiderato o sperato invano da una volonta’ debole e malata), bensi’ suo completamento, sintesi e superamento poetico (nel senso di “poietico”, relative al creare un nuovo mondo) dovrebbe essere salutata dal mondo virtuale come si saluterebbe la comparsa sulla terra del primo tipo umano dotato di “ragione” o comunque di capacita’ di “capire di esistere”.
Certo non posso pretendere che coloro I quali, pur pensando di esistere, sono pure nullita’ gia’ nel mondo infero del “reale” attuale, concepiscano o riconoscano il valore dell’esistenza autocosciente anche nel virtuale.
Potrei pero’ sperare nell’avvento non di barbari che distruggono per invidia quanto non possono creare, ma di Elleni che distruggono in quanto sanno di ricostruire meglio.
Pur non condividendo che il 20% (abbandono per principio le guerre sulle cifre e adotto la percentuale concessa da Madonna Chiara) dei concetti di Chiara di Notte, fintantoche’ non sorgera’ una civilta’ virtuale capace di creare oltre quanto ha creato ella (ovvero fino a che non sorgeranno uomini capaci di creare nell’oltremondo virtuale I corrispondenti del Codice di Manu, delle leggi di Licurgo, delle Dodici Tavole di Roma), dovro’ considerare conforme alla mia natura di combattente delle forze del Kosmos contro quelle del Chaos lo schierarmi dalla parte di Chiara (una scelta di campo, come ella ormai sa, fondata sul sentire pria che sul pensare, sulla visione innata del mondo prima che sull’ideologia acquisita, essendo le seconde cose opposte in noi).

Il principio del Kosmos contro il Chaos e’ tanto superiore al resto che mi fa porre fine ad ogni altra guerra con chiccessia, allo stesso modo in cui il principio Olimpico poneva fine (momentaneamente) alle guerre fra Greci.

SALUTI DALLA SUBLIME PORTA

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4 Comments:

At Pazartesi, Haziran 30, 2008 11:29:00 ÖÖ, Blogger michail tal said...

Salve Beyazid,

ho apprezzato il tuo panegirico filosofico su Chiara.

Giusto se hai tempo e voglia, un paio di domande.

1) Mi interessa il tipo di scenario futuro che ti immagini in questo stralcio:

"L’interazione fra virtuale e reale (ovvero, fra l’uomo e la macchina, o meglio, fra l’uomo e l’intelligenza meccanica e artificiale che ne costituisce il prolungamento) sara’ in un futuro prossimo tale che continuare a giocare con i nick come con i soldatini o le bambole, nascondendosi dietro identita’ mutevoli, estemporanee, fittizie e incoerenti, o agendo come se il personaggio virtuale fosse uno dei tanti fumetti da inventare a piacere e per diletto, sara’ tanto sciocco quanto divenne, nel mondo storico, continuare ad esistere disorganicamente come insieme di impulsi incontrollati, incoerenti e privi di autocoscienza.
"

e soprattutto

2)il significato di questa tua affermazione, che ha il sapore di una sorta di manifesto programmatico di un'esistenza
(e nella quale, in un certo senso, mi riconosco anch'io)

"mia natura di combattente delle forze del Kosmos contro quelle del Chaos "

e

"Il principio del Kosmos contro il Chaos e’ tanto superiore al resto che mi fa porre fine ad ogni altra guerra con chiccessia, allo stesso modo in cui il principio Olimpico poneva fine (momentaneamente) alle guerre fra Greci"


A margine:

ti piace Evola? ho letto gli uomini e le rovine molti anni fa.

buona giornata

 
At Pazartesi, Haziran 30, 2008 5:40:00 ÖS, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

Io invece ho letto gli “Uomini e le Rovine” di recente. Si nota molto?
Non e’ mai tempo perso dialogare con chi condivide il sentire, per cui rispondero’ ampiamente ai due quesiti.

1) La credenza secondo cui chi pensa conforme agli immortali canoni della Tradizione debba per forza essere un amante della stabilita’ e della conservazione fini a loro stesse, un laudator temporis acti ed un negatore di ogni miglioramento umano ha una smentita nella frase da voi evidenziata.
Come i primi indoeuropei, gli Ittiti, usarono il carro per aumentare la velocita’ della guerra, come i primi futuristi, del gruppo di Marinetti, amarono l’automobile per ampliare verso una terza dimensione (il divino della velocita’) il mondo spazio-temporale in cui l’uomo viveva, come oggi i migliori ingegneri forniscono l’uomo di strumenti artificiali, sia per riparare alle sventure della sorte (come nel caso delle protasi per invalidi), sia per estendere le potenzialita’ umane (nel caso dei mezzi di locomozione), come ormai si usano intelligenze artificiali per incrementare le potenzialita’ di calcolo e di scienza (liberando la mente dell’uomo per compiti piu’ degni rispetto ai “calcoli della serva” affidati ora all'elettronica), cosi’ nulla vedrei di strano o di male se un giorno le stesse potenzialita’ intellettive della coscienza umana venissero ampliate per mezzo di strumenti oggi detti “virtuali”.

Conforme all’insegnamento del Maestro e’ distinguere l’accidentale dall’essenziale, “il presente, che e’ transeunte, dall’eterno, che e’ attuale”. Gli strumenti di cui ogni “Zivilisation” si serve sono accidentali, mutabili e sostituibili e sottoposti alle leggi del divenire, quindi privi in se’ di valore etico (positivo o negativo). E’ lo spirito con cui essi vengono usati a identificare invece la Kultur, ovvero cio’ che fa si’ una civilta’ sia quella che e’.
I Romani non erano “Romani” per il fatto di utilizzare o meno l’arco di derivazione etrusca, o gli stilemi epici mutuati dai greci, ma per il fatto di servirsi dell’arco etrusco e dell’epica greca per costruire monumenti “piu’ eterni del bronzo” a quell’opera di potenza, grandezza e durata che era il loro Imperium e che sola conferiva significato, valore e bellezza superiori e unitari a tutto il resto.

Qui, come in altro, e’ lo stile secondo cui si da’ significato alle cose a contare, non le cose in se’. Le creazioni artificiali, alla pari dell’economia o delle armi, non sono ne’ buone ne’ cattive in partenza (come vorrebbero marxisti o pacifisti, ecologisti della limitazione o sostenitori della decrescita), ma prendono valore in base a chi le usa.

Un’automobile usata per evitare la fatica di camminare, per ridurre gli uomini alla lentezza ed alla mansuetudine di un gregge di pecore e permettere a masse incolte e incivili di spostarsi con la stessa noncuranza e banalita’ con cui si usano gli elettrodomestici e’ negativa, in quanto impoverisce il significato del vivere, migliora la vita dei pigri, appiattisce il valore degli uomini.
Un’automobile nata e votata invece al Culto della Divina Rapidita’, all’accrescimento delle meraviglie, delle bellezze e delle potenzialita’ conoscibili e sperimentabili dall’uomo, al far sorgere in lui l’amore e la capacita’ di tendere alla perfezione di guida ed alla conoscenza della velocita’, al creare fra uomini nuove gerarchie in base all’eroismo e all’abilita’ mostrati tramite il nuovo mezzo e’ invece positiva, in quanto arricchisce la magnificenza del mondo.

Una calcolatrice che non introduca nessuna nuova potenzialita’ ma semplicemente permetta agli uomini di dimenticare le tabelline, o strumenti informatici che rendano anche gli sciocchi capaci di apparire sapienti sono negativi, in quanto bassamente “democratici” e volti alla decadenza dell’intelletto, mentre
strumenti elettronici creati per eseguire calcoli lunghi e complessi altrimenti impossibili ed estendere cosi’ la sfera raggiungibile dall’umano intelletto sono positivi, perche’ accrescono le potenzialita’ intellettive e creano nuove gerarchie fra chi le sa volgere verso l’alto e chi le ignora o le usa “guardando in basso” (e in rete gli esempi di tali “guardono e segaioli dello spirito” sono innumerevoli).

Allo stesso modo, un virtuale avente l’unica ragion d’essere nell’evasione dal reale da parte di persone mediocri o frustrate e’ negativo e sterile, mentre un virtuale creato per ampliare le possibilita’ conoscitive o intellettive dei migliori fra gli uomini e’ positivo e creativo.

Anche qui vale quanto Evola disse a proposito delle macchine, dell’economia e degli altri strumenti di vita: le capacita’ di dominio e di mantenere quanto e’ strumentale rinchiuso nell’ordine di mezzi, senza confonderlo con quanto attiene l’ordine dei fini (ovvero di fare il contrario del mondo moderno che ha permesso alla sfera infera dell’economia, in ogni ordine normale puro mezzo di esistenza, di stabilire valori e scopi esistenziali!). Chi sa usare attivamente il virtuale per dominare la realta’, per ampliare le proprie conoscenze e le proprie sensibilita’, per estendere la potenza dei propri mezzi sul mondo dominando innanzitutto su se stesso (e quindi evitando di lasciarsi guidare dalle lusinghe o dai dolori del virtuale) e’ uomo superiore. Chi invece si lascia usare del virtuale per compensare una mancanza di senso e significato nel reale (come chi cerca costantemente amori e amorini per dare valore al vivere), chi subisce passivamente la trasformazione del proprio vivere ad opera di quanto il virtuale gli infligge mentalmente e’ un uomo debole e dipendente (dipendente da qualcosa di altro da se’, senza cui non sa splendere), incapace di dominare su di se’ e quindi destinato ad essere servo.

Tale discrimine puo’ essere descritto sia dal motto dannunziano “habere, non haberi”, sia da quello evoliano “si puo’ volere di tutto, a patto di poterne anche fare a meno”.
Su cosa invece debba considerarsi piu’ particolareggiatamente come scenario futuro rimando, nel miglior spirito tradizionale di riconoscimento dei migliori, a chi piu’ di me e’ esperto di tematiche “transumaniste”: mi riferisco al prof. Stefano Vaj, di cui e’ disponibile in rete l’assai interessante (ne ho letto qualche estratto sui temi di mio maggior interesse) testo “Biopolitica, un nuovo paradigma”
(http://www.uomo-libero.com/index.php?url=%2Fautore.php%3Fid%3D7&hash=) e grazie alla cui opera di divulgatore ho fra l’altro conosciuto un filosofo altrimenti “nascosto” come Giorgio Locchi, autore di quell’opera (“Nietzsche, Wagner e il mito sovrumanista”) che mi ha aperto gli occhi sul significato piu’ “cosmico” del poeta di Sils Maria.

Alla luce di questa distinzione, e’ proprio di ogni uomo veramente degno di tal nome non temere e non ostacolare tutto quanto l’uomo fa per superarsi (ivi compresa l’estensione della propria vita dal reale al virtuale o l’ampliamento, grazie a conoscenze virtuali, delle proprie facolta’ sensoriali o intellettive).
Chi teme la scienza e le sue invenzioni applicate all’uomo, chi avversa il virtuale come sradicamento dal reale, chi identifica una civilta’ con gli strumenti esteriori della sua Zivilisation (e per conservare l’una mummifica l’altra), chi avversa ogni scoperta e vede nell’introduzione di nuove tecniche, di nuove macchine, di nuovi miglioramenti (ivi compresi quelli della genetica) delle “rotture dell’ordine cosmico” mostra di non saper distinguere l’accessiorio dall’essenziale, di confondere i mezzi con i fini e di mancare di scorgere quanto davvero rende superiore ogni civilta’ tradizionale: il non contentarsi della dimensione “vegatativa” del vivere, il sentire l'essenza, il significato ed il fine della vita non nell'accontentarsi del sè bassamente umano, nel rircercare la illusoria felicità individuale e la patetica fuga dal dolore, nel conservare la vita senza altro scopo, ma nel superarsi e nel volere il grande, il nobile, l'eroico, nel tendere al generare oltre se’ e nel pretendere la grandezza ad ogni costo, al di la’ di ogni bene e di ogni male, di ogni dolore e di ogni colpa, persino al di la’ di se’ stessi come individui.
Rispetto a tale etica della necessita’ tutto il resto, comprenda esso i mezzi materiali di esistenza, le ricchezze monetarie o ideali, le tecniche scientifiche, le espressioni della cultura o le morali, il reale o il virtuale e’, e deve rimanere, relagato ad un ruolo strumentale, per cui non esiste alcun valore etico indipendente.

2) Non esageriamo. Diciamo che ho compreso un principio vitale, ma prima che sia capace di applicarlo coerentemente devo ancora superare molte prove, affrontare molto dolore e trovare molto coraggio.

Come ho tentato di spiegare nel mio commento al primo intervendo di Chiara, e’ stata la riscoperta di Nietzsche attraverso Evola, o, meglio, attraverso la visione tradizionale indoeuropea di cui Evola e’ eminente portatore (senza dimenticare l’influenza della massima interprete vivente di Meister Nietzsche: Anna K Valerio) ad avermi reso consapevole di una nuova e al contempo antichissima visione del mondo:

“La vera consonanza fra questi miei due maestri (ed in fondo anche fra noi), differenti nel pensare, identici nel sentire, risiede nell'aver compreso che vi è un modo plebeo, superficiale, banalmente razionale e materialistico di sentire e vivere le cose e uno nobile, profondo, superrazionale, o spirituale o artistico o eroico di sentire e vivere più intensamente e più altamente le stesse cose.

Per Nietzsche questo mondo superiore è l'arte, la bellezza, la creazione di valori, per Evola la superumanità eroica, la gloria solare, la libertà da ogni vincolo mondano e l'accesso all'eternità apollinea della virilità incorporea della luce .
Poi le motivazioni razionali di tutto ciò sono diverse. Ad esempio, l'origine della nobiltà, della civiltà, della superiorità, per Nietzsche è naturale e proveniente dal basso ed emersa con la volontà di potenza e la selezione, per Evola originaria, proveniente dall'alto e sempre tendente verso l'alto, staccata dalle forze infere del divenire e del bramare. L'inizio della decadenza per Nietzsche è il cristianesimo per Evola invece la separazione fra autorità regale e sacerdotale (e il cristianesimo ha anche parti positive nel ghibellinismo imperiale). Per Nietzsche era nobile il rinascimento vitalistico, per Evola il medioevo ghibellino, imperiale e cavalleresco. Per Nietzsche è nobile tendere alla grandezza tramite la forza degli istinti coltivati, potenziati, accresciuti ed elevati insino al vertice dello spirito, per Evola invece vincere la propria natura puramente terrena ed ascendere con la parte non umana ad una gloria solare non turbata da tutto quanto caratterizza le leggi della brama e del divenire.
Entrambi però non si accontentano del banalmente umano, ma vogliono l'oltreuomo: per Nietzsche esso è l'Ubermensch, quale non si è mai visto, per Evola la superumanità eroica, quale si è vista nelle origini mitiche delle civiltà indoeuropee. Il modo in cui guardano oltre l'uomo, all'oltre-uomo e alla più che vita è, nonostante ogni divergenza di pensiero, il medesimo.”


Diverso, anzi, opposto, e’ il pensare (fatto estrinseco), medesimo il sentire, ovvero la qualita’ innata. Per questo dell’ordine cosmico Evola e Nietzsche sono per me, rispettivamente, l’Apollineo e il Dionisiaco, dal cui necessario contrapporsi (similmente alla dualita’ dei sessi per la vita) nasce ogni possibilita’ metafisica di grandezza: la contrapposizione e’ feconda proprio perche’ avviene fra esseri dotati della medesima qualita’ divina.

Nietzsche e’ dionisiaco nel suo creare continuamente valori e bellezze di tremendo impatto, nel suo porre alla luce prospettive e intuizioni geniali e profonde, nel suo costante generare significati spesso contraddittori, sempre grandiosi, mai banali. E’ una forza divina infinitamente generatrice ma, potenzialmente, anche distruttiva (per chi non sia capace di penetrarne l’essenza originaria e primigenia, al di la’ del valore apparente delle parole in ogni discorso razionale cui noi moderni siamo abituati).
Evola e’ invece apollineo per il suo ordinare il piu’ profondo sentire e intuire di Nietzsche e di altri (Weininger, Michelstadler, Guenon, De Maistre, Bachofen, Titus Burckhardt, Mircea Eliade) in maniera organica, per il suo essere in grado di conferire alle idée piu’ originali, grandiose e all’apparenza isolate e discordanti una forma unica e coerente, per il suo saper riunire in un unico, grande, stile (e sia detto in senso pienamente nietzscheano), i piu’ disparati elementi di filosofie e di tradizioni. Egli non inventa nulla, ma rende d’un tratto chiaro e coerente tutto quanto il lettore (nei suoi studi pregressi) aveva percepito per vero in maniera disordinata e oscura. Se Nietzsche si manifesta come una profonda ebbrezza dell’anima che prende coscienza di qualcosa di grande e di terribile, Evola e’ come una illuminazione che renda subito chiari tutti I contorni di quanto, nel buio e nella penombra, si era percepito in modo assai poco apollineo.

Senza Nietzsche anche la piu’ chiara delle visioni cosmiche non avrebbe valore (nel senso di: “non sarebbe sentita come valida”), senza Evola anche il piu’ profondo sentire e valutare rimarrebbe privo di ordine e consapevolezza di se’.

La consapevolezza di tale visione del mondo non e’ pero’ ancora sufficiente a farne il “manifesta programmatico di un’esistenza”.
Lo stesso Evola, in “cavalcare la Tigre”, si mostrava assai pessimista su una possibilita’ di restaurazione del “Kosmos” tramite la “via della mano destra”. Dopo aver sperato inutilmente che la riproposizione, da parte di certi movimenti militari e politici, di simboli cosmici, sia pure ormai svuotati del loro signficato originario, potesse, in una seconda fase e per opera di valenti “superuomini”, rianimarli e farne il centro radiante di una “Konservative Revolution”, dopo aver invano tentato di mutare il Fascismo nel tentativo di ridare il mondo in mano ad una aristocrazia guerriera (passaggio necessario, anche se non sufficiente, ad invertire quel processo che ha visto decadere il potere dalla casta sapienziale a quella guerriera, e da questa alle caste inferiori dei mercanti e degli schiavi) ed averne constatato il fallimento (ancora prima che per l’esito della guerra, per quello del fascismo stesso, ridotto troppo spesso a conservazione di interessi piccolo-borghesi), egli riconosceva in un dignitoso “individualismo” capace di negare valore alla sovversione egalitaria l’unica via realistica di resistenza da parte “dell’uomo sano”.
Per quanto mi riguarda, resto molto piu’ vicino alla via della mano sinistra proposta da Nietzsche, la quale fu sintetizzata nel motto “dalla nuova barbarie la nuova civilta’”. Nietzsche aveva capito da subito quanto Evola ha sperimentato in seguito: ormai millenni di sovversione sempre piu’ ramificata hanno reso l’esistente tanto rovesciato nei valori e malato nei suoi significati piu’ profondi da mostrare impossibile qualsivoglia opera di restaurazione: l’unica via d’uscita e’ la distruzione rigeneratrice. Dalle rovine e con le rovine di un mondo che DEVE cadere (del resto, quale altro significato avrebbe il verbo nietzscheano: “dai una spinta a quanto sta per cadere”?) nuovi artisti e nuovi sapienti sapranno rigenerare un cosmo “in ordine”.
Come si puo’ restaurare o costruire se gli stessi concetti di ordine e di costruzione sono viziati dall’inversione di ogni valore?
Del resto anche la mia opera in difesa di visioni libertarie e libertine e in offesa degli ultimi residui piu’ o meno laicizzati della morale cristiano-paolina (che ritengo essa stessa inversione dell’ordine cosmico) si inquadra in questo contensto di “sano nichilismo”.

Qual e’ dunque il significato ultimo delle affermazioni da voi citate? E’ uno solo. Ed e’, per l'ultimo uomo, (per il discendente dei pelasgi, per chi vive piu' come ilota che come spartiato, piu' come femmina mancata che come vir compiuto o da compiere, per chi ama le societa' matriarcali e pacifiche piu' di quelle improntate al vichiano "naturale diritto delle genti eroiche"), il piu’ pericoloso.

Rispetto al tutto indistinto del caos primordiale, al fluire indifferenziato degli uomini e delle cose, al “piccolo anno” del nascere e del morire dopo un’esistenza effimera,
chi sa con una violenza creatrice e formatrice ordinare il tutto secondo un senso piu’ alto, secondo il senso del “grande anno” dell’eterno ritorno che nobilita ogni vita capace di grandezza, chi sa creare un ordine in grado di donare alla vita valore, bellezza e significato superiori a quel conservarsi senza altro scopo, piu’ a lungo possibile e con maggior benessere possibile, caro “alle plebi e alle mucche”, acquisisce di per se’ ogni diritto, anzi, e’ egli stesso il diritto. Ecco perche’ in ogni stato non sovvertito il diritto non viene dal basso, ma dall’alto, anzi, dagli dei. E gli dei, come insegna Meister Friedrich, sono sempre la venerazione dell’anima nobile per se stessa.
E una morale o una legge che neghino o limitino cio’ sono non “piu’ giuste”, ma nichiliste, in quanto, subordinando il diritto (o la giustizia) di chi nobilita ed accresce la vita ad un “tu devi” astratto dalla vita e preteso universale, negano proprio l’esistenza di quei valori superiori che sia danno senso al mondo (a questo mondo, non ad un altro inventato per meglio calunniare l’al di qua), sia stabiliscono conformemente le differenze fra gli uomini.
Prima che vi siano infatti significati, differenze e ordini non si puo’ affatto parlare di diritti: vi sono solo oscurita’, disordine, caos.
Come si parla di statua solo dopo che il genio violento dell’artista ha battuto piu’ volte sul blocco iniziale fino distinguere il marmo che nella sua visione creatrice deve appartenere all’opera da quello che invece le deve essere estraneo, solo dopo che il primo ha assunto una forma avente significato, valore e bellezza e il secondo e’ stato ridotto in polvere, cosi’ si puo’ parlare di giusto e di ingiusto, di diritto e di rovescio, solo in seguito all’opera formatrice dei grandi popoli e dei loro grandi sapienti (nel senso posseduto da tale parola secondo Zarathustra).

Non dunque da un significato immobile di tradizione derivo il senso del “Kosmos”, bensi’ da quello sfondo sempre vivo (vogliamo chiamarlo “Rita” come lo chiamavano gli Indogermani?) da cui, dall’india dei Veda alla Grecia di Omero, da Wagner a Nietzsche, continuamente nascono gli dei, ad opera di quegli uomini che sono abbastanza grandi da volerlo (anzi: da sentire cio’ come necessario).

Buona giornata a voi.

 
At Cuma, Temmuz 04, 2008 5:33:00 ÖS, Blogger michail tal said...

Salve Beyazid

Mi sono tempo e l’attenzione che la tua risposta meritava, dunque ti rispondo solo ora.
Prima di tutto grazie per il tempo speso nel rispondermi. Secondariamente, mi sono permesso di darti del tu, poco avvezzo al dialogo virtuale, lo avevo dato per scontato, ma se preferisci posso passare subito al voi senza imbarazzo alcuno. Forse dovrei chiamarti Maestro… lo dirà il tempo.



Per quanto riguarda il mondo virtuale, per me è troppo presto fare dei bilanci, è da poco che ne vivo la dimensione relazionale, finora il mio è stato un uso della rete esclusivamente strumentale, tecnico. Probabilmente sono ancora immaturo in merito, l’ho sempre percepito come un complemento, seppur potenzialmente molto utile, della ricerca di conoscenza pratica. Ma pur sempre un accessorio. Sono sempre stato convinto che la conoscenza e la cultura vera si costruisca con i libri e nell’esperienza del proprio io in mezzo agli altri, non certo nelle chat e nei forum.
Una prima impressione è che a fronte di ottime opportunità di interazione dialettica, la rete sia porto sicuro per mondi tanto belli quanto artificiali. Un mondo piuttosto autoreferenziale. Tante belle torri d’avorio da cui lanciare anatemi senza passare attraverso la prova del fuoco della realtà, del tangibile.
Se devo imparare leggo libri, se devo comunicare preferisco farlo guardando negli occhi la persona che mi interessa. Ho ancora troppa fame di esperienze reali. Vale piu’ un minuto in compagnia di migliaia di amenità scritte in una chat, questo è certo (secondo l’ultimo Olmi anche dei libri!). Ma probabilmente è una questione anche anagrafica. Forse un blog come il tuo potrebbe farmi cambiare idea.

Quanto al secondo punto, se non ho frainteso le tue parole credo che il mio pensiero, o meglio forse parlare di sensibilità, abbia piu’ di un punto in comune con la tua.
Era da molto che non sentivo una energia e una coerenza simile. Forse ormai per professione e formazione sono intriso di razionalismo in forma esasperata, ma so ancora riconoscere un uomo che sa cosa sia l’onore e il valore spirituale.

Ciao

 
At Cumartesi, Temmuz 05, 2008 2:19:00 ÖÖ, Blogger Beyazid II Ottomano - Sultano di Costantinopoli said...

La vostra risposta è molto meno banale e molto più profonda di quanto vorrebbe, nel suo tono dimesso, sembrare.


"Per quanto riguarda il mondo virtuale, per me è troppo presto fare dei bilanci, è da poco che ne vivo la dimensione relazionale, finora il mio è stato un uso della rete esclusivamente strumentale, tecnico."

Questo è il modo in cui TUTTI entriamo in contatto con i nuovi strumenti, sia del pensiero, sia della vita.
Fu così persino per la stessa ragione (se vogliamo seguire il Nietzsche della "Gaia Scienza"): il debole animale uomo, privo di armi proprie per difendersi dagli altri predatori, eppure coraggioso, trovo' in un'insieme di suoni, immagini mentali e percezioni sensoriali l'humus da cui far nascere la capacità di vedersi come un io e relazionarsi con gli altri per difendersi ed attaccare. E' proprio solo dell'illuminismo scientista fare della ragione, anzichè appunto un utile (anzi, utilissimo, praticamente indispensabile) strumento di vita, l'identità stessa dell'uomo quale concetto universale (e Nietzsche dirà: non esistono gli universali, e l'uomo è più della sua ragione, in questo poi confermato per tutt'altra via e, ironia del destino, a partire da premesse positivistiche, da Freud).

Lo stesso discorso vale per la "ragione virtuale". Giusto è vivere le relazioni come uno dei tanti possibili modi in cui ci si esprime e da cui si apprende, assurdamente erroneo risulta invece identificarsi in toto con tale modo (come capita a molti giovani oggi letteralmente "risucchiati" dalla rete giorno e notte anima e corpo).


"Probabilmente sono ancora immaturo in merito, l’ho sempre percepito come un complemento, seppur potenzialmente molto utile, della ricerca di conoscenza pratica. Ma pur sempre un accessorio."

Quando l'interazione fra uomo e macchina o addirittura fra intelligenza umana e software o hardware permetterà di muovere (come già oggi in parte si può) oggetti a distanza, percepire le tre dimensioni, essere (ovviamente in senso fenomenico: ovvero ai fini del rapporto con chi ci osserva) in più luoghi contemporaneamente, oltrepassare le proprie capacità di pensiero, nonchè percepire il reale oltre quanto la nostra sensibilità puramente biologica può oggi permetterci il cosiddetto virtuale dovrà essere considerato molto più che un accessorio. La distinzione sarà fra chi, rafforzato da una conoscenza superiore del cosmo, sarà pronto ad usare tutto ciò e chi, non essendolo, si farà da ciò usare: esattamente come oggi accade per la ragione. Vi è chi la usa per scopi superiori ad essa e chi soggiace alle ideologie razionaliste pensando la realtà hegelianamente coincidere con il razionale e questo poter stabilire in sè significati, valori e scopi esistenziali. Al nichilismo porta il razionalismo oggi, all'alienazione porterà il lasciarsi disorientare dalla nuova dimensione virtuale domani.


"Sono sempre stato convinto che la conoscenza e la cultura vera si costruisca con i libri e nell’esperienza del proprio io in mezzo agli altri, non certo nelle chat e nei forum."

Se io vi dicessi che ho conosciuto Evola, e con lui le vie della Tradizione, proprio attraverso la rete, i blogs e gli e-books? Se vi aggiungessi che lo stesso Nietzsche, primo critico radicale della modernità e dei suoi falsi idoli, fu anche il primo a scrivere direttamente a macchina? Se puntializzassi pure che io stesso scrivo ormai da anni solo con la tastiera?
Anche qui, per l'ennesima volta, è lo spirito da cui si genera l'azione a contare, non già lo strumento in cui essa si esprime.
Al contrario dell'opinione comune, io non ritengo che il valore e il significato si "costruiscano" per riflesso altrui: mi pare un sentire troppo lunare. Credo che chi valga e ponga significati in modo solare brilli di per sè, da solo come attorniato da pianeti. La retorica del "dialogo" che forma e arricchisce lascio volentieri alle femmine da scuola. Per me alla perfezione non si giunge affatto per "arricchimento" dall'esterno, bensì per "sottrazione" da sè di quanto di non necessario, artificioso e impuro nasconda la propria forma. Un genio non si può infatti COSTRUIRE, ma solo SCOPRIRE. Ovviamente l'ambiente esterno, la cultura e i maestri hanno il non banale compito di fornire le condizioni per tale emersione della forma pura. Cionondimeno non la determinano. Solo la sovversione liberal-marxista può far credere che, a partire da zero, le persone, con tutte le loro qualità, possano essere "costruite", nulla curandosi delle doti innate ed ereditarie. Magari si possono costruire così gli automi per le società materialiste, ma non gli uomini veri. E proprio tale sistema di formazione culturale (giustificativo di uno stato basato sull'annullamento di ogni differenza non misurabile in moneta o produzione) impedisce di diventare veri uomini, privilegiando il tipo comune e senza forma. Per questo, salvo eccezioni, non è molto utile spendere tempo con il cosiddetto prossimo. Megli aspettare, nietzscheanamente, "colui che è più lontano".

D'altronde, persino Eraclito schivava gli uomini comuni per poter pensare oltre la loro stupidità e per distaccarsi dal mondo del trac trac quotidiano (dal frastuono delle idee moderne, direbbe Nietzsche). Oggi si aggiunge il vantaggio di potere, tramite le nuove tecnologie informatiche, in contatto con i pensatori di ogni epoca ostracizzati dal sistema demo-liberale.

Se fosse stato per i libri che la scuola mi ha fatto leggere e per le persona che la vita mi ha fatto frequentare, io sarei ancora convinto, nell'ordine:
1) Che gli Americani siano sempre i buoni, a prescindere
2) Che i Tedeschi siano cattivi e barbari, ab eterno
3) Che nella storia vincono sempre i più buoni e i più altruisti ed "essere liberati e spartiti" sia il sommo bene per cui ringraziare in eterno.
4) Che il sistema americano sia il più giusto, il più saggio, il più libero
5) Che viviamo nel migliore dei mondi possibili
6) Che prima di Jefferson, Robespierre e la nostra Costituzione il mondo ignorasse il diritto, la giustizia e la libertà
7) Che termini come eroismo, bellezza, grandezza, eternità esistano solo nelle favole
8) che il medio evo fosse l'età oscura
9) che l'umanità vada gioiosamente verso un eterno progresso o un nuovo eden tecnologico, libertario e appagante ogni possibile desiderio (manco fosse Aladino)
10) Che Nietzsche fosse intelligente ma un po' pazzo.

Solo potendo usufruire di libri, opinioni, testimonianze diffuse in rete ed ovviamente non presentabili nella "cultura ufficiale" ho iniziato ad avere il sospetto che
1) gli Americani, fin dalla loro nascita, abbiano iniziato ad esportare semplicemente il mercantilismo, l'individualismo, la distruzione di ogni identità di sangue e di spirito, e un imperialismo travestito da "libertà e uguaglianza",
2) che l'elemento germanico (dagli ultimi di Roma in cui i Germani, simili per etica e stile ai romani antichi, rafforzavano le legioni, all'anno mille in cui l'europa riebbe con Ottone il suo impero sacro, dal "ghibellinismo" cantato da Dante, all'era moderna in cui gli eredi dell'ordine teutonico costituivano, nel tanto democraticamente vituperato "militarismo prussiano", l'ultimo scorcio di aristocrazia guerriera degna del nome), abbia rappresentato, non già la barbaria, ma uno degli ultimi baluardi della civiltà europea, ancorata alle sue tradizioni millenarie (non solo e non tanto cristiane), informata (nella società, nell'etica, nel costume, nella vita comunitaria) a quei valori della differenza tipici delle potenze di terra (e opposti al "tutto indifferenziato" delle potenze marittime mercantili) e ordinata nella gerarchia secondo i precetti platonici di uno stato organico,
3) che forse la storia viene scritta dai moderni non per conoscere il passato ma per giustificare il presente, fino a far apparire ogni altra alternativa come impossibile o infernale e che, al di là di ogni aspetto "morale" legato alle vittime innocenti (che lo stato di massa introdotto dai giacobini rende ahimè inevitabili in caso di guerra, che al di là di ogni propaganda si equivalgono ad opera di ambo le parti e che in ogni caso non possono decidere sulla scelta di campo di chiunque, in quanto kosmos, anteponga l'etica della necessità a quella della morale, la quale finirebbe nel nichilismo) una Germania al centro dell'Europa in una Europa all centro del mondo non fosse affatto una situazione peggiore, per noi, della spartizione coloniale usa/urss,
4) che il sistema demo-liberale è semplicemente il modo in cui le caste inferiori dei mercanti e dei servi (mosse dai criteri dell'utile e del tempo) hanno strappato il potere a quelle superiori dei guerrieri e dei sacerdoti (agenti invece secondo il sacro e l'eterno), con la conseguenza che tutti i valori semplicemente materiali (e in ogni tempo non dico assenti o rinnegati, ma semplicemente subordinati alle facoltà più alte) paiono l'unico motore della storia e degli uomini,
5) Che il mondo attuale è l'inversione quasi esatta di quello tradizionale, ovvero normale (nel senso di dotato di una norma che non lo lasci degenerare al caos)
6) Che civiltà millenarie sono vissute ignorando bellamente gli "immortali principi" eppure conoscendo molto più dei giacobini il diritto, la giustizia (non come uguaglianza, ma come suum cuique tribuere) e la libertà (non licenza di fare ed essere di tutto, e quindi di ridursi al nulla senza forma, ma compimento perfetto della propria natura);
7) Che il nobile, il bello e l'eroico sono stati a fondamento di ogni reale civiltà, dalla Roma repubblicana alla grecia di Omero, dalla persia iranica all'india dei veda, e solo oggi paiono fiabeschi perchè impossibili anche solo da concepire per la qualità umana dei contemporanei
8) che l'età oscura è ora
9) che una visione più sensata della storia, rispetto alla favola progressista, è quella di Esiodo, ossia di decadenza ciclica da uno stato di perfezione via via verso gradi sempre più degenerati e informi, finchè qualcosa di più che umano non produca un nuovo inizio;
10) Che Nietzsche fosse più lucido di tutti i suoi odierni commentatori messi assieme e che la sua follia fosse l'unico metodo intelligente di testimoniare la sanità e la rettitudine in un mondo che aveva ormai sovvertito ogni valore.

Certamente avrei potuto reperire le stesse fonti in qualche libreria, ma come posso pensare sarebbe stato possibile interessarmi ad Evola, Pound, Schmidt, Von Leers, Guenon, Locchi, Romualdi, Freda, e persino Khomeini, quando da principio, ai miei occhi di onesto liberale, venivano mostrati quali "pericolosi fascisti"? E che dire di tutto il filone futurista, sbrigativamente bollato dalla scuola come "pazzia di esaltati sanguinari e senza costrutto", quando fu invece l'unico tentativo di attribuire alla tecnica le stigmati dell'arte e di utilizzarla per la creazione di opere di bellezza, grandezza e durata tali da portare l'uomo all'autosuperamento? E senza le illuminazioni di quella divinità femminile della scrittura che risponde al nome di Anna K. Valerio (curatrice di uno splendido blog), come avrei potuto capire davvero Nietzsche?
La breccia nelle mie vecchie certezze di "liberal-conservatore-patriota" vennero non già dalle prime letture del maestro tedesco, ma dalla visita, nell'ormai lontano 2000, di un sito dei reduci della Decima Mas, dai cui racconti capii che la storia ha sempre più di una prospettiva. Di lì fu un tutt'uno lo srotolare il filo di arianna che, pur nel labirinto delle diverse filosofie e idee del mondo, e pur fra mille contraddizioni e ripensamenti, mi condusse, attraverso lo smascheramento della menzogna contemporanea, a "vedere" le verità di Nietzsche e di Evola.

E' proprio il caso di dire che uno dei mezzi di cui la società contemporanea crede di rappresentare la glorificazione ha invece contribuito a minarne (almeno in me) le fondamenta.


"Una prima impressione è che a fronte di ottime opportunità di interazione dialettica, la rete sia porto sicuro per mondi tanto belli quanto artificiali. Un mondo piuttosto autoreferenziale. Tante belle torri d’avorio da cui lanciare anatemi senza passare attraverso la prova del fuoco della realtà, del tangibile."

Questa e' una lettura perfetta, ma non è forse valida anche per il cosiddetto reale? E' la società egalitaria che, volendo distruggere ogni legame tradizionale ed ogni valore su cui si fondano le differenze fra uomini, produce l'individualismo e rende ciascuno di noi autoreferenziale, non internet. Senza internet l'isolazionismo dell'individuo era e sarebbe esattamente uguale.
Come scopre per primo Nietzsche, è il cristianesimo, con la sua pretesa di fare dell'individuo, di ogni individuo, a prescindere dal suo valore intrinseco, il centro del mondo, il luogo escatologico di salvezza e di perdizione, il parametro di giudizio e di condanna per ogni opera superiore, ad aver distrutto ogni possibilità di ordine sociale organico, di ogni impresa che tenda verso l'alto, di ogni significato nobile della vita la quale, proprio in quanto tale, deve tendere continuamente all'autosuperamento, quindi anhe al sacrificio dell'individuo. Non solo la "rivolta dei malriusciti" impedisce di sacrificare l'individuo meno vitale per coloro che maggiormente esprimono forza, bellezza e potenza di vita, ma rende questi isolati fra loro e impossibilitati a ricreare una casta, o anche solo una idea di stato non sovvertito.
Quello di cui Nietzsche accusa il cristianesimo è molto più della caduta dell'impero di Roma: è la impossibilità stessa per i secoli avvenire di ricreare qualcosa di simile e l'impossibilità attuale di concepire un sistema di valori fondato non sulla negazione, la limitazione, la rinuncia, il piccolo egoismo (quello dell'interesse "lecito"), ma sul "grande egoismo" (quello che non prende, ma dona, che non conserva il sè ma lo sacrifica per generare oltre), sull'affermazione, sulla forza, sull'accrescimento, sulla rettitudine dell'istinto, sulla lealtà, sul coraggio, sull'etica guerriera.
Non è allora un caso se oggi nessuno se la senta di "passare attraverso la prova del fuoco".
Non si dia però la colpa ad uno strumento informatico!

L'intera "morale dei diritti umani" cui pare poggiare l'unico sistema di valori non caduto nel nichilismo, e per cui si fanno pure guerre, si fonda infatti sul concetto assolutamente astratto ed arbitrario di individuo dato "di per sè", a prescindere dalla sua comunità, dalla sua origine, dalla sua appartenenza ad una identità di sangue o di spirito, dal suo rappresentare un movimento ascendente o discendente della vita, e dotato di diritti a priori: un concetto contronatura e contrario ad ogni visione tradizionale di uomo (animale politico, e non animale da laboratorio morale) mutuato pari pari dal cristianesimo.

Anche volendo pietosamente lasciar perdere il fatto che, come sostiene Nietzsche, i diritti "sono proporzionali ai doveri di cui un uomo sa farsi carico e ai compiti cui si sente all'altezza" e non possono darsi "a prescindere" e che "la maggioranza degli uomini non ha alcun diritto ad esistere, ma costituisce solo una disgrazia per gli uomini superiori", tale concetto di uomo astratto farebbe inorridire qualsiasi greco, per il quale non esisterebbe l'uomo senza la sua poleis e il suo diritto senza il suo stato.

Con la concezione greca si poteva concepire lo stato di Platone (che in parte fu quello di Sparta e, in toto, la società castale indiana), con la concezione odierna si possono concepire al massimo isolate "torri d’avorio da cui lanciare anatemi".

Una volta che si è posto l'individuo quale fine supremo dell'essere e dello stato, e la sua felicità come diritto, con quale altro diritto e soprattutto convinzione si può indurre qualcuno anche solo a sacrificare una parte del proprio tempo o del proprio interesse per un'opera che lo trascenda? Il suo piccolo egoismo avrà sempre modo di trovare una sacrosanta giustificazione nel sistema di valori demo-liberale e sarà non la coerenza con i principi, ma la bruta voracità del "freddo mostro" statale a costringerlo a pagare imposte o a rispettare regole. Da qui segue non solo la crescente autoreferenzialità degli indiivdui, ma anche la parimenti crescente repressività della macchina statale (i sistemi e le scuse ideologiche, dal terrorismo alla protezione dei minori per finire con la sicurezza stradale, non mancano).
Uno stato tradizionale non avrebbe bisogno di ciò.

"Se devo imparare leggo libri, se devo comunicare preferisco farlo guardando negli occhi la persona che mi interessa."

Sul fatto che un libro, per il solo motivo di essere scritto con l'inchiostro, debba contenere più insegnamento di un sito internet ho già risposto prima. E' pur vero che un rapporto diretto era preferito, a Sparta, alla scrittura stessa (vietata, per la casta degli spartiati), ma per un altro motivo dal discorso reale/virtuale (il virtuale di allora era la scrittura e la possibilità di comunicare in mancanza di un incontro fisico, anche a distanza di generazioni). Il motivo era la volontà di insegnare tramite esempi e non tramite parole. L'esempio del coraggio, infatti, non può essere scritto, deve essere constatato. Non sarebbe stata adatta ad uno spartiato l'educazione (tipica ad esempio degli ebrei, e poi dei cristiani) basata "sul libro", ossia su precetti astratti, cui obbedire a priori, senza averne una visione del mondo ma considerandosene servi. Lo spartiato combatte in conformità ad una data visione del mondo: aristocratica, eroica, guerriera. E' disposto a sacrificare la propria medesima vita pur di superarsi e compiere la propria opera di grandezza, coraggio, severità. Per realizzare tale opera non valgono precetti morali, non valgono istruzioni "universali", non servono "morali a priori" non dettate dalla sapienza della vita, non serve una virtù come debolezza (rispetto di una legge altra da sè). Vale e serve solo la morale che si deriva dagli esempi degli eroi, o semplicemente dei superiori e dai camerati coraggiosi. E tali esempi, per essere efficaci, dovevano essere continuamente presenti e continui, conferiti senza interruzione da una classe di leva all'altra (se possiamo chiamare così il lungo addestramento spartano), da una generazione all'altra.
Introdurre la parola scritta sarebbe stato pericoloso in quanto si sarebbe rischiato di fissare un modello ideale di soldato da considerare lontano e irraggiungibile, anzichè improntarsi ad un concetto vivo di tradizione militare. L'azione a Sparta doveva valere più della parola. Si può ben dire, che se la parola non poteva essere scritta, era l'azione a scrivere.
Ai fini di mantenere questo primato dell'esempio vivo rispetto alla parola spesso menzognera fate bene a voler guardare negli occhi la persona che vi interessa, anzichè comunicare e valutare in base alle parole.

"Ho ancora troppa fame di esperienze reali."
In realtà la distinzione reale/virtuale in termini di esperienze esiste solo per chi è fermo sul paradigma sensista che limita la parola reale a quanto può essere esperito con i 5 sensi. Per chi, conformemente ad ogni pensiero tradizionale, è abituato a considerare con il termine reale molto più di quell'insieme di fenomeni banalmente dimostrabili e misurabili che la scienza moderna (anzi, lo scientismo) ci induce a considerare quale unica realtà oggettiva, ivi comprendo la superiore oggettività dello spirito, non costituisce problema pensare alle esperienze virtuali quali "altra forma di realtà" rispetto a quelle consuete. Come da sempre l'uomo tradizionale vive contemporanemente nelle tre dimensioni di corpus, anima e mens (corpo, anima, spirito), senza per questo chiamare "irreale" quanto esce dalla prima di esse, così oggi l'uomo a contatto con il virtuale potrà conoscere il nuovo mondo quale ulteriore dimensione della realtà, non già negazione di essa.

"Vale piu’ un minuto in compagnia di migliaia di amenità scritte in una chat, questo è certo"
Questo è vero, soprattutto se la compagnia è di amici veri.

"(secondo l’ultimo Olmi anche dei libri!).
Io lascerei stare Ermanno Olmi, regista d'animo assai pelasgico, che nel suo film esalta il femminile e condanna i libri proprio per condannare la fedeltà incrollabile a principi ordinatori di un mondo che, a suo dire, genera guerre e infelicità. Ma la guerra permanente per sostenere l'ordine cosmico contro il costante assalto delle forze del caos è esattamente il significato alto che della vita dà qualsiasi società virile e aristocratica. Lasciamo stare il fatto che magari i libri che Olmi crocefigge sarebbero banditi volentieri pure da noi: è il principio per cui vengono crocefissi che è contrario al nostro sentire. A lui non piace che per un'idea ci si mobiliti, a noi non piace che sia la parola astratta di un libro a dettare la morale anzichè l'esempio vivo dei forti e dei coraggiosi, le dure leggi della magnifica Necessità e la Sapienza della Vita. Egli crocefigge per non combattere, noi per combattere meglio e con maggior consapevolezza. Ad ogni modo il caro Olmi ha già il suo bel mondo da cui i libri e il sapere sono ormai banditi, in cui non esistono nè regole nè valori che discriminino le persone (neppure i virtuosi dagli sciagurati) e giustifichino lotte e grazie al quale i più valorosi e desti devono vergognarsi delle proprie qualità che li rendono disiosi di grandezza e non permettono loro di appiattirsi sul gregge: la scuola italiana dominata dalle donne. Peccato che poi subentri la violenza nichilista, solo distruttrice. E' questa una legge generale: se la violenza formatrice di civiltà non ordina il mondo in forma di cosmos, esso degenera nel tutto indifferenziato (a volte in forma di esplosione incontrollata, a volta come appiattimento e tranquillità di morte). E' quanto sta accadendo alla società tutta: oggi crediamo di essere tutti liberi e siamo tutti controllati da un sistema cieco e appiattente, crediamo di essere tutti al sicuro e siamo tutti preda della paura, crediamo di essere tutti diversi e siamo tutti uguali, diciamo che tutti possono essere artisti e nessuno è davvero artista. Se tutti creano, nessuno crea, se tutti sono belli, nessuno è bello, se tutti hanno valore uguale, nessuno ha vero valore, e senza una gerarchia di valori superiori a distinguere fra persona e persona, a "discriminare" (nel senso positivo del termine di discernere, distinguere, far chiarezza, fra persona e persona, fra valore e valore, facoltà principe della vera ragione apollinea) non vi è alcuna possibilità di ordinare il mondo secondo un senso compiuto, di dare alla vita bellezze, significati e valori superiori a quelli di un benessere da bestiame bovino, nè di creare opere capaci di grandezza, maestà e durata.
Inutile dire che a gente come Olmi più che il bello, il grande e l'eroico interessa la pace campestre. Gli auguro di incarnarsi in un grillo o, meglio, in una formichina, così forse delle femmine capisce la verità....

"Ma probabilmente è una questione anche anagrafica."
Conta l'età virtuale. In quella reale forse siamo coetanei.

"Forse un blog come il tuo potrebbe farmi cambiare idea."
Qualora vi avessi indotto mutare a idea solo per le parole, vi avrei reso un pessimo servigio.

"Quanto al secondo punto, se non ho frainteso le tue parole credo che il mio pensiero, o meglio forse parlare di sensibilità, abbia piu’ di un punto in comune con la tua.
Era da molto che non sentivo una energia e una coerenza simile. Forse ormai per professione e formazione sono intriso di razionalismo in forma esasperata, ma so ancora riconoscere un uomo che sa cosa sia l’onore e il valore spirituale."

Quanto al razionalismo, essendo un "quasi collega" di Evola (nel senso che io, non possedendo titoli nobiliari cui rinunciare, ho accettato, al contrario di lui, quello di ingegnere), non posso certo considerarmi alieno da deformazioni professionali. Quanto mi salva è proprio l'insegnamento del Maestro di non confondere MAI i mezzi e i metodi con i fini e le visioni del mondo fondanti. La coerenza non è tanto del pensare (quante volte ho dovuto cambiare idea per restare fedele al sentire: il caso di Chiara è un esempio!) bensì nel dare valore e significato al mondo. Se il mio discorso vi pare coerente lo è solo nella misura in cui rispecchia o cerca di riprodurre il pensiero evoliano, il quale solo ha dato ordine al caos dionisiaco della mia precedente fase nietzscheana (che certo in ciò non si cancella: anzi, si chiarifica). Come sapevano gli Spartani di prima, onore e valore si misurano solo sul campo e non possono essere dimostrati a parole.
Personalmente ho solo avuto modo di spiegare, tramite Evola e Nietzsche, cosa una visione retta del mondo dovrebbe concepire come onore, valore e spirito.

SALUTI DALLA SUBLIME PORTA

 

Yorum Gönder

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